Il mostro di Firenze, un caso ancora aperto
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Il mostro di Firenze, un caso ancora aperto
«Il mostro di Firenze, un caso ancora aperto» di Enrico Balducci Firenze, 11 maggio 2010 Ore 8.30 del mattino, 8 maggio. A Roma sta diluviando, una giornata che non ha niente di sereno e di bello, come l'argomento del convegno che mi accingo a seguire. La dottoressa Chiara Camerani, insieme ad altri colleghi, ha organizzato in nome del Cepic, centro europeo psicologia investigazione criminologia, questa riunione aperta al pubblico (pagante s'intende) per affrontare il caso del Mostro di Firenze, il serial killer più importante del '900, almeno in Italia, almeno per metodologia di crimine. Otto coppie, o 7, a seconda della teoria che uno nel tempo ha seguito, caddero nell'arco di 17 anni, o 11, tra il 1968 o 1974 e il 1985 sempre a seconda delle teorie menzionate, sotto i colpi di questa misterioso omicida che con una beretta calibro 22 ed un coltello, nelle bellissime campagne intorno a Firenze, fece scempio di giovani amanti nei loro momenti di intimità. Forse sarebbe il caso di parlare di assassini balordi, al plurale, che a suon di merende e qualche bicchiere si ritrovavano, secondo la magistratura nei numerosi processi tenuti, per poi trasformarsi in belve assetate di sangue. I condannati ci sono stati, sono morti tutti. Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Pietro Pacciani. Ma il caso è ancora aperto, molti lo pensano, troppe cose non sono venute a galla, lo recita lo stesso titolo del convegno. Ospiti illustri, da Fabio Sanvitale, giornalista investigativo della rivista Detective, a Ruggero Perugini, il superpoliziotto lo chiamavano all'epoca, capo della Sam la squadra antimostro che fu fondata nel 1984, dopo l'ennesimo delitto del maniaco, quello di Vicchio, colui che inchiodò Pietro Pacciani. «Per me il caso è chiuso», così ha detto Perugini ad uno degli invitati, ma nonostante questo ha accettato di buon grado l'invito del Cepic per ritornare al passato. Dopo l'ottima ricostruzione dei delitti, condotta da Sanvitale e da un esponente delle forze dell'ordine di Roma specializzato in sopralluoghi sulle scene del crimine, la dottoressa Camerani e il suo staff che da due anni lavorano sullo studio del satanismo e di riti particolari, hanno smontato con argomenti più che convincenti le tesi per cui le stesse procure di Firenze e Perugia hanno lavorato per un decennio, ovvero quelle che collegherebbero i delitti dei mostri di Firenze a rituali per invocare il principe del male. Il mostro uccide a mezzanotte, perchè la mezzanotte è l'ora di Satana si è detto nelle indagini. In realtà il mostro uccideva ad orari sempre differenti, uno di questi delitti avvenne addirittura prima delle 22, e la mezzanotte per i satanisti è un'ora che non si può paragonare nemmeno al rituale del caffè del mattino. Le tre del mattino è l'ora del diavolo, perchè alle tre del pomeriggio Cristo è risorto. Ed il mostro alle 3 del mattino era forse già a delirare per il suo successo di qualche ora prima. Questo uno dei tanti argomenti. La professionalità e l'entusiasmo di questo staff quasi tutto al femminile di criminologi ha reso chiaro tante cose che forse, in fase di indagini sono state prese per buone al primo respiro. Tutti, nell'auditorium, ne siamo rimasti convinti. Poi arriva il gran momento, quello di Ruggero Perugini. Ammetto che in quel momento ero turbato già da aver visto i luoghi di "casa mia", la Toscana, in foto inedite dei delitti. Quando il "superpoliziotto" comincia a parlare, lo divento ancora di più. Lui ha preso Pacciani. Da studioso dilettante ma appassionato del caso ormai da anni, ho sempre titubato molto sulla colpevolezza del contadino di Mercatale. La curiosità però è pari al mio disagio. E con l'aiuto di slide e foto di omicidi efferati spiega la sua esperienza e il suo metodo di indagine adottato nel caso mostro. «La Sam, squadra antimostro, già messa così chissà cosa la gente pensa e ha pensato… Eravamo cinque disperati senza metodo, senza una pista da seguire, avevamo solo dei profili psicologici su cui basarci». Ma Perugini parte per l'America, l'unico luogo in cui è possibile capire come gli investigatori lavorino su casi del genere, perchè solo là può esserci una casistica simile a quello che sta accadendo a Firenze. E torna in Italia con definizioni, con studi vari, con una nuova capacità acquisita oltre oceano: da qualcosa bisogna partire, una base va data per certa, per forza. Si cerca tra gli uomini single tra i 35 e i 60 anni in Toscana, si cerca chi tra questi ha avuto precedenti criminosi di natura sessuale. Escludendo sempre tra questi le donne, quelli già morti, quelli ancora detenuti, rimangono 80 persone. Meglio 80 che 1 mila, adesso si può lavorare. Poi il caso vuole che una lettera anonima segnali Pacciani. Pacciani (foto a destra) è in quegli 80, ci rientra per 15 giorni nei parametri presi come base investigativa. Due poliziotti vengono messi in un appartamento non lontano da quello del contadino, lo seguono, lo studiano. Ma no! Non può essere lui, un sessantenne infartuato, che però secondo il rapporto dei suoi due nuovi angeli custodi percorre chilometri a piedi, a volte con salite spacca gambe, a volte con fascine di legna sulle spalle pesanti non si sa quanto. Pesanti forse come quel Severino Bonini che nel lontano 1953 aveva ucciso quando lo aveva scoperto mentre faceva l'amore con la sua preda agognata di allora, Miranda Bugli. Lei si scoprì il seno sinistro (il mostro lo asportò alla vittima femminile nel 1984 e nel 1985 ), Pacciani non ci aveva visto più. Massacrò il rivale a coltellate, abusò della donna, e poi, a notte fonda, con una torcia in bocca trasportò appunto sulle spalle il cadavere dell'uomo per chilometri in mezzo ad un bosco prima di abbandonarlo tra le sterpaglie del Mugello. Partono le perquisizioni in casa del buon Pietro, che ha appena finito di scontare, nel 1989, una condanna per violenza sessuale sulle figlie. E' dentro dal 1986. L'ultimo omicidio del mostro è del 1985. «Sono suggestioni queste» - dice Perugini - «il fatto che in concomitanza con la sua galera il mostro non avesse più colpito non voleva dire niente, ma un investigatore deve pensarci, certamente non deve farlo un giudice, che deve lavorare sui dati di fatto». Tante le suggestioni di questo tipo, come quelle lunghe "girate" che le figlie dovevano fare forzatamente col padre, in campagna, anche lontano da casa. Le lasciava in auto e anche dopo due ore tornava. Sopralluoghi per gli omicidi? Può darsi, ma sempre suggestioni. Come quella vagina contrassegnata col pennarello su una foto che Pacciani teneva in casa (il mostro asportò il pube delle donne uccise in 4 casi ). Suggestioni? Può darsi, ma anch'io, ho cominciato a pensare che fossero troppe. Poi si arriva agli indizi, il blocco da disegno Skizzen-Brunnen trovatogli in casa e provato dopo accurate ricerche che appartenesse a Horst Meyer, uno dei due tedeschi uccisi a Giogoli nel 1983. Il portasapone rosa coi segni di sigaretta, perchè il Meyer, disse la sorella, lo usava come posacenere. E infine quel proiettile, trovato dopo una delle perquisizioni più lunghe della storia, durata 12 giorni, nel 1992, in casa di Pacciani a Mercatale. Un proiettile calibro 22, serie H, come quelli del mostro. Pacciani venne arrestato e rinviato a giudizio. Nel 1994 venne condannato all'ergastolo. A questo punto del racconto Perugini prende fiato, nonostante gli occhiali però si vede che ha gli occhi lucidi. «Un mio amico dell'FBI - racconta - mi disse You got it, lo hai preso!». «Gli risposi che come mostro però era improponibile, non lo sembrava. Al che lui replicò laconicamente, come sembra un mostro?». Si chiude alle 18, con un grande applauso per quest'uomo e per questa giornata di alto livello grazie al Cepic; quest'uomo non è stato un superpoliziotto, è stato un poliziotto onesto, che forse è molto più importante. Lui è convinto davvero che il caso sia chiuso e che Pietro Pacciani sia il mostro, l'unico mostro, senza compagni di merende nè di bevute. Per 15 anni, a detta sua, ha cercato di dimenticare il caso e tutto quello che ha circondato quell'indagine, fatta di notti insonni, di dubbi, di incertezze. Un professionista serio, il dott. Perugini. Se prima dubitavo fortemente della colpevolezza di Pacciani, devo dire che il beneficio del dubbio da dare a chi Pacciani lo ha catturato è giusto concederlo... Forse anche qualcosa di più.