«Perché un uomo dovrebbe essere disprezzato se,

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«Perché un uomo dovrebbe essere disprezzato se,
«Perché un uomo dovrebbe essere disprezzato
se,
trovandosi in carcere, cerca di uscirne e di
tornare a
casa? Oppure, se non lo può fare, se pensa e
parla di
argomenti diversi che non siano carcerieri e
mura di
prigione? Il mondo esterno non è diventato
meno reale
per il fatto che il prigioniero non lo può
vedere.
Usando Evasione in questo senso, i critici
hanno
scelto la parola sbagliata e, ciò che più
importa,
confondono, non sempre in buona fede,
l'Evasione del
Prigioniero con la Fuga del Disertore.»
(J.R.R.Tolkien)
Esposizione d’arte
Tolkieniana
Con la partecipazione di:
Simona Calavetta
Enrica Paresce
Linda Sartini
Marina Sussa
Cinzia Zonta
Rappresentare Tolkien, una vicenda, un
personaggio, una scena o una poesia, può
sembrare semplice. La potenza espressiva del suo
linguaggio e, spesso, la puntualità del suo
descrivere, possono rendere un'immagine tanto
vivida da richiedere solo una mano ferma ed una
pronta tecnica per essere fissate nella materia.
Tuttavia illustrare non è solo questo.
«Over the lip of the little dell, on the side away
from the hill, they felt, rather than saw, a shadow
rise, one shadow or more than one. They strained
their eyes, and the shadows seemed to grow. Soon
there could be no doubt: three or four tall black
figures were standing there on the slope, looking
down on them. So black were they that they
seemed like black holes in the deep shade behind
them.»
(J.R.R.Tolkien, The Lord of the Rings, Book I Chapter 11, a Knife in the dark)
«Luthien was the most beautiful of all the children
of Illuvatar. Blue was her raiment as the
unclouded heaven, but her eyes were grey as the
starlit evening; her mantle was sewn with golden
flowers, but her hair was dark as the shadows of
twilight. As the light upon the leaves of tree, as the
voice of clear waters, as the stars above the mists
of the world, such was her glory and her
loveliness; and in her face was a shining light.»
(J.R.R.Tolkien, The Silmarillion – Chapter 19, Of
Beren and Luthien)
Se la chioma di Luthien è tanto visibile nella
descrizione di Tolkien, esiste un mondo di
sensazioni, di figure e di vicende che scorrono al
di sotto del testo e che sono la linfa di un altro tipo
di illustrazione. Ciò che differenzia gli artisti
dell'esposizione, e che spesso li può dividere
nettamente in due categorie, è proprio nella
differenza della loro impostazione, nell'essere
cantori della chioma di Luthien o interpreti del
volto di un nazgul. Chi sa illustrare l'esistente e
chi sa interpretare il nascosto è complementare
all'altro e, con il testo, fa vibrare la lettura di una
nuova visione, perché la ricchezza di Tolkien è
tale che la scena, per quanto dettagliatamente sia
descritta, sussurra voci diverse a ciascuno di noi.
S.
ENRICA PARESCE
[cit.]
Eclettica artista romana, disegnatrice e scrittrice
con uno spiccato talento teatrale, Enrica Paresce
di sé scrive, con una sorta di scanzonata prosa
poetica: «Nata, ma non per sua volontà e ci tiene
a sottolinearlo, il 3 novembre 1958. Portatrice
insana e distratta dei ricordi di una famiglia
scomparsa che la fanno inciampare spesso nel
vivere quotidiano e nelle innumerevoli buche del
selciato romano, continua a prendere l'autobus, o
se non ha vesciche ai piedi e non ha fatto
orrendamente tardi, a camminare per qualche
chilometro sino all'impiego che consente alla sua
carcassa (e altri aggregati koala) di sopravvivere.
Scrive Scrive e scrive... Legge legge e legge....
ascolta musica (sempre la stessa per giorni) per
ipnotizzarsi e sognare di essere qualche altra
cosa
ma qualche volta la cambia e allora sono guai
cucina e dipinge...
ricama e compra roba peggio che madame
Bovary
si infelicita la vita come la signorina Felicita
pignola senza essere precisa
comprensiva senza pietà
solitaria se in compagnia
stanca sempre proprio quando ha deciso
irrevocabilmente di scalare l'Everest
priva di una valida linea temporale (e parlate con
qualche psicorobo per sapere quanto ciò è
importante per non prendere storte nel domani)
possiede altresì un ottimo circadian interno che la
fa svegliare alle 5,45 anche domenica 15 agosto...
decisa a emigrare da se stessa non ha ancora
trovato la porta per il fuori
però non demorde
nel frantunque ha organizzato per 7 anni festival
di musica classica, scritto una cifradi romanzi
poesie racconti eccc... ha pubblicato un paio di
robe, ha dormito scoperta e si è fatta pizzicare da
tutte le zanzare tigre del circondario.
ha anche studiato... tutto quel che non era
previsto nel suo corso di studi universitari
quindi non avendo mai raggiunto il DOTT... si
limita a fare la SEGR. senza DOTT
e ride vedendo le altre SEGR dotate di DOTT.
tanto dove lavora i titoli validi sono altri...
al momento ammorbo qui per un po'
ma spero di sloggiare per arrecare danno oltre
l'orizzonte quanto prima.»
La sua tecnica preferita è la china, che usa
sfruttandone brillantezza ed uniformità nella
campitura. Le sue opere accostano spesso colori
complementari e contrastanti, si caratterizzano per
i contorni definiti e marcati e l’espressione di un
sentimento cromatico che attraversa la pagina e va
oltre l’immagine rappresentata.
Tra i suoi disegni non tolkieniani, spiccano alcune
tavole di ispirazione orientaleggiante, come la
bellissima Genio, o di ispirazione medievale come
Gotica (nelle due pagine successive), carte dei
tarocchi (sotto, La Temperanza, La ruota della
fortuna e La Sacerdotessa).
Enrica Paresce, Genio
Enrica Paresce, Gotica
Enrica Paresce, Interno
Enrica Paresce, Luthien, china, 21 x 30 cm
Bellissima immagine della dama danzante, trascina con sé in un vortice la nuvola di neri
capelli, l’oscurità che con essi si confonde ed una pioggia di petali scuri. L’aria stessa del
tramonto, oltre la nube di notte, è avvolta su se stessa come se, materia densa, fosse
trascinata dai movimenti di Luthien.
Enrica Paresce, Yavanna, china, 21 x 30 cm
«The spouse of Aulë is Yavanna, the Giver of Fruits. She is the lover of all things that grow in the
earth, and all their countless forms she holds in her mind, from the trees like towers in forests long
ago to the moss upon stones or the small and secret things in the mould. In reverence Yavanna is
next to Varda among the Queens of the Valar. In the form of a woman she is tall, and robed in
green; but at times she takes other shapes. Some there are who have seen her standing like a tree
under heaven, crowned with the Sun; and from all its branches there spilled a golden dew upon the
barren earth, and it grew green with corn; but the roots of the tree were in the waters of Ulmo, and
the winds of Manwë spoke in its leaves. Kementári, Queen of the Earth, she is surnamed in the
Eldarin tongue.»
«La sposa di Aulë‚ è Yavanna, la Dispensatrice di Frutti. Essa ama tutte le cose che crescono sulla
terra, e ne conserva nella propria mente le in numeri forme, da quelle degli alberi simili a torri
nelle foreste d'un tempo, al muschio sulle pietre o alle piccole e segrete cose nell'argilla. Tra le
Regine dei Valar, Yavanna è riverita quasi quanto Varda. In forma di donna è alta, vestita di verde;
a volte però assume anche altri sembianti. Certuni l'han vista starsene come un albero sotto il cielo,
coronata dal Sole; e da tutti i suoi rami stillava una rugiada dorata sulla terra spoglia, che si
rivestiva di verde grano; le radici dell'albero s'affondavano però nelle acque di Ulmo, e i venti di
Manwë parlavano tra le sue foglie. Kementári, Regina della Terra, così è soprannominata nella
lingua degli Eldar.»
(The Silmarillion – Valaquenta)
Enrica Paresce, Eowyn in attesa, matita, 21 x 30 cm (a sinistra)
Enrica Paresce, Nienna, Matita, 21 x 30 cm (a destra)
Estremamente malinconica ed evocativa, la tavola si discosta leggermente dalle altre opere
dell’artista per la sua natura descrittiva, quasi uno studio realistico in vista di altro. Analoga ad essa
è solo l’opera Nienna.
Enrica Paresce, Galadriel, china, 21 x 30 cm (a sinistra)
Enrica Paresce, Galadriel e Frodo, china, 21 x 30 cm (a destra)
«So bright was it that the figure of the Elven-lady cast a dim shadow on the ground. Its rays glanced
upon a ring about her finger; it glittered like polished gold overlaid with silver light, and a white
stone in it twinkeled as if the Elven-star had come down to rest upon her hand.»
«She lifted up her hand and from then ring that she wore there issued a great light that illumined her
alone and left all else dark.»
(The Lord of the Rings, Book II – Chapter VII, The Mirror of Galadriel)
Le due immagini non sono tanto complementari per la loro concomitanza di soggetto (Galadriel)
quanto per il modo in cui è trattato un effetto di luce. Nella Galadriel, dalla mano alzata della dama
e dal suo anello si sviluppa una luce bianca che si allarga ai riflessi scuri del cielo notturno. Di
contro, nell’immagine della tentazione, l’anello offerto da Frodo si allarga su di lei, con un’ombra
scura e rossastra.
Enrica Paresce, Gandalf, china, 21 x 30 cm
L’immagine rappresenta un’idea, una scena non narrata direttamente in Il Signore degli Anelli ma
riportata dal racconto di Gandalf: la sua prigionia sull’osservatorio di Isengard. Dall’alto, si scorge
la corona di montagne che circonda la torre di Saruman, il cielo notturno sfregiato da lembi di nubi e
da un generico crepuscolo. La torre si staglia nera, resa attraverso una campitura completamente
piatta, mentre la figura di Gandalf il Grigio, sulla cima, si confonde con le nuvole.
Enrica Paresce, Morte di Arwen, china, 21 x 30 cm
Una delle immagini più interessanti e suggestive dell’artista, rappresenta una Arwen languidamente
adagiata sotto uno degli alberi d’oro di Lorien, mentre su di lei e sul panneggio del suo vestito,
cadono le foglie del tempo. Le stelle che mancano in cielo – nuvoloso, denso, tutt’uno con la chioma
quasi spoglia – sono sulle maniche del suo abito; come Luthien, i capelli sono nerissimi e la pelle
bianca, non campita. Tipici dello stile di Enrica sono le sovrapposizioni tra nuvole e chioma
dell’albero ed i fregi sul tronco dell’albero, a renderne la corteccia.
MARINA SUSSA
«Ciò che muove gli uomini d'ingegno o meglio ciò che ispira il loro lavoro, non sono le idee nuove,
ma l'ossessione che quello che è stato già detto non è ancora abbastanza.»
Eugène Delacroix
Marina Sussa è un’artista triestina di grande
sensibilità e talento che si esprime principalmente
attraverso la tecnica dell’acquerello. Le sue
immagini non si limitano alla resa delle scene e
dei personaggi, ma attraverso cornici e
sovrapposizioni in trasparenza trasmettono tutta la
poeticità e la suggestione del testo: per questo, la
sua arte è un disegno del cuore che non ritrae
l’osservabile, ma osa spingersi nell’ombra
dell’immaginario.
«…ogni volta che faccio un disegno io sento me
stessa e il mio corpo. Questo vale sempre. Mi è
successo la prima volta a quindici anni, quando
volevo disegnare un cavallo meraviglioso che
avevo sognato…e mi sono accorta che per
disegnare ci si deve immedesimare nella forma,
comprenderla e…..amarla. Sì, si deve amare una
curva per disegnarne le imperfezioni che la
rendono più bella di un cerchio perfetto, più
perfetta del cerchio che è l’unica curva pura.
Questo vale per il corpo umano, per i rami di un
albero che è una creatura viva anch’essa…lo sai
che i rami del noce (quelli più sottili, le estremità)
hanno una curva che mi fa pensare alle mani
delle danzatrici di Bali? Il disegnatore non
guarda soltanto, il disegnatore “sente” le forme,
le “tocca” con lo sguardo, le accarezza con mani
invisibili.
«…dipingendo, io attraverso cupe foreste di abeti
dove tra i tronchi grigi passi e voci si perdono
attutiti dal pavimento di rossi aghi, mi affaccio su
specchi d’acqua oscuri di stagni nascosti tra alte
canne, su cui si aprono radure erbose, seguo le
pieghe di un vestito rosso come il sangue, e le
onde di capelli intrecciati, il gesto di un braccio
che ricade, la curva delle labbra e degli occhi di
un volto triste di colei che dipingerò nella
prossima illustrazione, ma intanto cerco il colore
bianco rosato di una ninfea da rendere come lo
smalto su un gioiello d’oro, intarsiato su bronzo,
e farne la cornice; la musica che ascolto richiama
le nebbie che svelano paesaggi misteriosi, interni
di castelli tra archi romanici sorretti da colonne
d’alabastro, dove si snodano le vicende di
racconti dimenticati. Ah, come vorrei avere il
tempo
per
disegnare
tutto!
In questo modo esco dalla realtà, ma è un angolo
di mondo dove guarisce il mio cuore.»
(Marina Sussa)
Le illustrazioni di Marina sono delicate, leggiadre:
le linee ed i riempimenti sfumano e si confondono
in andamenti sinuosi che sembrano quasi una
vetrata d’art decò.
«Qui a Trieste il mare si vede dall’alto, e
l’orizzonte ospita tramonti invernali meravigliosi.
Da casa mia si vede Venezia nelle giornate
limpide. Vedere questo mare sotto di sé,
quest’orizzonte che pare di poter raggiungere al
volo se solo si possedessero ali, le navi andare e
venire e scomparire nei riflessi del sole, fa venire
una voglia di partire per chissà dove seguendo le
scie sulle onde portati dal vento che soffia da
terra. Ed io che mi sento in gabbia....amo
disegnare orizzonti.»
Marina Sussa, Goldberry, acquarello su carta, 50 x 70 cm
«Su una sedia all’altra estremità della stanza sedeva una donna. La lunga chioma bionda le scendeva sulle
spalle; la sua veste era verde, del verde dei giovani germogli, tempestata di argentee perle di rugiada; e la
cintura d’oro pareva una catena di candidi gigli incastonata di non-ti-scordar-di-me. Ai suoi piedi, migliaia
di candidi gigli galleggiavano in vasi di ceramica verde e marrone, pari a un piccolo lago intorno a un
trono.»
«In a chair, at the far side of the room facing the outer door, sat a
woman. Her long hair ripples down her shoulders; her gown was
green, green as young reeds, shot with silver like beads of dew;
and her belt was of gold, shaped like a chain of flag-lilies set with
the pale-blue eyes of forget-me-nots. About her feet in wide vessels
of green and brown earthen-ware, white water-lilies were floating,
so that she seemed to be enthroned in the midst of a pool.»
(The Lord of The Rings, Book I – Chapter VII: In the House of
Tom Bombadil)
Dettaglio: il vecchio salice che,
in “The adventures of Tom Bombadill”,
sembra quasi il padre di Goldberry.
Marina Sussa, Monte Fato, acquerello, 50 x 70 cm
«Fra tutti gli schiavi dell’Oscuro Signore, i Nazgul erano gli unici che potevano avvisarlo del pericolo che
avanzava, piccolo ma indomabile, verso il cuore del suo inespugnabile reame. Ma i Nazgul e le loro ali
nere volavano lontani verso un’altra destinazione: venivano radunati per seguire la marcia dei Capitani
dell’Ovest, verso la quale era rivolto il pensiero della Torre Oscura.»
«Of all the slaves of the Dark Lord, only the Nazgul could have warned him of the peril that crept, small
but indomitable, into the very heart of his guarded realm. But the Nazgul and their black wings were
abroad on other errand: they were gathered far away, shadowing the march of the Captains of the West,
and thither the thought of the Dark Tower was turned.»
(The Lord of the Rings, Book VI – Chapter III, Mount Doom)
Dettaglio: parte del complicato fregio ed uno dei nove
anelli rappresentati in cornice superiore. I fregi laterali
sono molto più duri e scolpiti di quelli che ornano molte
altre opere della stessa artista e sembrano evocare sia la
natura fredda e spietata del nazgul che la sua appartenenza
ad un’epoca molto più antica.
Marina Sussa, Gandalf e Saruman, acquerello, 50 x 70 cm
«Delle montagne giganteggiavano cupe in lontananza contro un pallido cielo. Una lunga
strada grigia serpeggiava a perdita d’occhio. Una figura distante percorreva lenta la strada;
da principio era piccola ed imprecisa, e man mano che avanzava diveniva sempre più grande.
D’un tratto Frodo si accorse che rassomigliava a Gandalf. Stava per gridare ad alta voce il
nome dello stregone, quando vide che la figura non era vestita di grigio ma di bianco, d’un
bianco che brillava lievemente nel vespero; in mano teneva un bastone bianco. La testa era
troppo curva perché egli potesse vedere il volto; infine la figura seguì una svolta del sentiero e
scomparve dalla visuale dello Specchio. Il dubbio colse Frodo: era quella un’immagine di
Gandalf durante uno dei suoi numerosi viaggi del passato, oppure una visione di Saruman?»
«Mountains loomed dark in the distance against a pale sky. A long grey road, faint and small at
first, but growing larger and clearer as it approached. Suddenly Frodo realized that it
reminded him of Gandalf. He almost called aloud the wizard’s name, and then he saw that the
figure was clothed not in grey but in white, in a white that shone faintly in the dusk; and in its
hand there was a white staff. The head was so bowed that he could see no face, and presently
the figure turned aside round a bend in the road and went out of the Mirror’s view. Doubt came
into Frodo’s mind: was this a vision of Gandalf on one of his many journeys long ago, or was it
Saruman?»
(The Lord of the Rings, Book II – Chapter VII, The Mirror of Galadriel)
Spezzata in due dai draghi con le code intrecciate, l’immagine pone Gandalf e Saruman l’uno di
fronte all’altro nelle loro vesti bianche; tra di loro, il palantir di Orthanc è una lente per la torre
stessa e viene definito nei suoi contorni dalle code delle due creature. In basso, la cornice è
completata dalle altre sei torri ed i due bastoni completano simmetricamente il bordo.
.
Marina Sussa, Luthien, acquarello su carta, 50 x 70 cm
«Luthien era la più bella di tutti i figli di Illuvatar. Azzurro era il suo abito come il cielo senza
nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; il suo mantello era conteso di fiori dorati, ma i
capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo. Simili alla luce che resta sulle foglie degli
alberi, alla voce di acque chiare, alle stelle che stanno sopra le brume del mondo, tali erano il
suo splendore e la sua grazia; e il suo volto era luminoso.»
«Luthien was the most beautiful of all the children of Illuvatar. Blue was her raiment as the
unclouded heaven, but her eyes were grey as the starlit evening; her mantle was sewn with
golden flowers, but her hair was dark as the shadows of twilight. As the light upon the leaves of
tree, as the voice of clear waters, as the stars above the mists of the world, such was her glory
and her loveliness; and in her face was a shining light.»
(The Silmarillion – Chapter 19, Of Beren and Luthien)
Una delle più significative opere della raccolta, Beren e Luthien sembra quasi un manifesto dello stile di
Marina: la sovrapposizione di due immagini, con Luthien che danza e strisce dei suoi capelli a dividere
la tavola dalla scena di Beren morente, è incorniciata da un fregio insieme architettonico ed appartenente
al gusto del gioiello. La cornice, non così spesso utilizzata da altri illustratori e presente in maniera
significativa forse solo nell’opera di John Howe, è senza dubbio uno dei tratti caratteristici delle tavole
di Marina.
Marina Sussa, Eowyn, acquarello, 50 x 70 cm
« The woman turned and went slowly into the house. As she passed the doors she turned and
looked back. Grave and thoughtful was her glance, as she looked on the king with cool pity in
her eyes. Very fair was her face, and her long hair was like a river of gold. Slender and tall she
was in her white robe girt with silver; but strong she seemed and stern as steel, a daughter of
kings. Thus Aragorn for the first time in the full light of day beheld Éowyn, Lady of Rohan, and
thought her fair, fair and cold, like a morning of pale spring that is not yet come to
womanhood.»
« La giovane donna ritornò lentamente nel palazzo. Sulla soglia si voltò per guardarsi indietro.
Nel suo sguardo grave e pensoso, posato sul re, si scorgeva una tenera pietà. Splendido il suo
volto, e i lunghi capelli pari ad un fiume d'oro. Era bianca ed esile nella bianca veste cinta
d'argento; ma pareva forte e severa come acciaio, una figlia di re. Così Aragorn mirò per la
prima volta alla luce del giorno Eowyn, Dama di Rohan, e la trovò bella, bella e fredda, come
una mattina di pallida primavera, e non ancora maturata in donna.»
(The Lord of the Rings, Book III – Chapter VI, The king of the Golden Hall )
Forse l’opera più amata dall’artista, è un intrecciarsi d’oro, armi, gioielli e paesaggio malinconico,
fondendo in pochi elementi ciò che caratterizza l’anima della dama di Rohan. Lei stessa è raffigurata di
spalle, lo sguardo verso l’orizzonte, e poi voltata verso lo spettatore, con in mano uno stendardo ed uno
scudo. Lo scudo stesso, sovrapponendosi all’immagine di sé voltata, incornicia la figura in primo piano e
diventa l’unica superficie a dividere i due piani.
Marina Sussa, Faramir, acquarello, 50 x 70 cm
Altra opera significativa dell’artista, concepita insieme alla Eowyn, raffigura Faramir contro un cielo
uniforme e notturno, che occupa quasi i due terzi della tavola.
L’opera è di proprietà della Società Tolkieniana Italiana.
CINZIA ZONTA
«Few can foresee wither their road will lead them, till they come to its end.»
Artista di Jesolo laureata a Venezia in
Pianificazione Territoriale Urbanistica ed
Ambientale, Cinzia Zonta è architetto d’interni,
caricaturista, fumettista, disegnatrice, pittrice.
«Fin da piccolissima – scrive di sé – ho sempre
disegnato su qualsiasi superficie che mi
assicurasse di non incorrere nelle ire materne.»
La sua produzione qui esposta spazia dai disegni,
fortemente vivaci e fumettistici, ai dipinti
“omaggio a Tolkien”, prodotti dopo l’incontro
dell’artista con la Società Tolkieniana Italiana.
Tra le sue opere più interessanti, alcune strisce
umoristiche su Ombre – Buon tempo a Bassano e
lo stemma del gruppo tolkieniano locale (a lato).
I suoi quadri, non esposti, sono caratterizzati da
grande matericità e la loro particolarissima tecnica
li rende un elemento rarissimo nel panorama
artistico tolkieniano.
Balrog
La Contea
Cinzia Zonta, Bestia Nazgul, china, 20 x 20 cm
Cinzia Zonta, Nazgul a cavallo, china, 26 x 20 cm
Quasi completamente nera, la figura è resa vivace e materica dall’intervento del bianco sia sul
mantello dello spettro che sulle finiture del cavallo. La spada e la mano del nazgul sono
lasciate bianche, il resto della figura si perde e si smaterializza nello scuro panneggio.
Cinzia Zonta, Eowyn, china, 15 x 21 cm
Cinzia Zonta, Gollum, china, 10 x 12 cm
Cinzia Zonta, Legolas a cavallo, china, 26 x 20 cm
Pulita ed elegante, l’immagine unisce la tensione della corsa all’innata eleganza sia del
cavallo che dell’elfo, rendendole una cosa sola. Come il disegno, la criniera del cavallo cui
Legolas è appoggiato, senza finimenti, alterna bianco e nero. Molto diversa è la resa
dell’animale, rispetto al cavallo nero del nazgul o all’Ombromanto con Gandalf in sella
(sotto).
Cinzia Zonta, Merry e Pipino, china, 36 x 22 cm
L’opera è emblematica dello stile di Cinzia, sia per quanto riguarda lo stile – un’alternanza di
bianco su sfondo nero e nero su sfondo bianco, campitura piatta e tratteggio – sia per quanto
riguarda la caratterizzazione dei personaggi. I due hobbit, nelle diverse armature di Gondor e
Rohan ma ammantati dello stesso abito elfico con la spilla di Lorien, mostrano qui tutta la
loro diversità: Merry, orgoglioso ed audace; Pipino, quasi a disagio e teso ad osservare l’altro.
Cinzia Zonta, Orchi, china, 18 x 11 cm (a destra)
Cinzia Zonta, Orchetto in catene, china, 10 x 13 cm (a sinistra)
Analoghi per soggetto, questi due disegni sono opposti per stile. L’orchetto a sinistra è in
bianco su uno sfondo di campitura nera: in prossimità di alcuni tratti salienti, come la bocca o
la catena attorno al collo, la campitura invade la figura, riempiendola e creando ombre.
Al contrario, i due orchi sono in nero su bianco e le ombre, sui loro abiti neri e logori, sono
date dal bianco tra un tratteggio e l’altro. Il tratteggio interviene anche sulle armi, per
accentuare un’impressione di usurato e lacero.
Cinzia Zonta, Saruman, china, 11 x 15 cm
Perfettamente bianco, non campito ad esclusione di una leggera striatura di matita sul bastone,
il punto da cui è visto lo stregone è ruotato di lato e scorciato dall’alto, in un senso obliquo
opposto all’inclinazione del bastone. La rappresentazione risente evidentemente della
concezione di Alan Lee, soprattutto per quanto riguarda il bastone dello stregone di Isengard,
che emula l’aspetto della sua torre.
Alan Lee, Isengard
SIMONA CALAVETTA
«Nessun artista vede le cose come realmente sono.
Se lo facesse, cesserebbe di essere un artista.»
(O. Wilde, La Decadenza della Menzogna)
Simona Calavetta, romana, è diplomata in
Illustrazione all’Istituto Europeo di Design e
studia cinema all’università di Roma Tre.
Collabora come scrittrice e sceneggiatrice di
fumetti ed ama definirsi «riflessiva, libertaria,
umorale ed eclettica». Tra le sue passioni, oltre
all’arte, spiccano l’ecologia e la mitologia.
Nelle sue opere predilige l'acquerello,
accompagnato da tratti a penna. Stilisticamente,
risente dell'influenza d'illustratori come Kay
Nielsen, Alan Lee e Lisbeth Zwerger, mentre la
passione per i movimenti Preraffaelliti ed il
Liberty è come un filo rosso che corre sotto la
patina delle sue illustrazioni. Nel 1997, l’artista ha
vinto il premio Silmaril per l’opera Canzone della
locanda.
There is an inn, a merry old inn
Beneath an old grey hill,
And there they brew a beer so brown
That the Man in the Moon himself came down
One night to drink his fill.
The ostler had a tipsy cat
That plays a five-stringed fiddle;
And up and down he runs his bow,
Now squeaking high, now purring low,
now sawing in the middle.
The landlord keeps a little dog
That is mighty fond of jokes;
When there’s good cheer among the guests
He cocks an ear at all the jests
And laughs until he chokes.
They also keep a hornéd cow
As proud as any queen;
But music turns her head like ale,
And makes her wave her tufted tail
And dance upon the green.
And O! The rows of silver dishes
And the store of silver spoons!
For Sunday there’s a special pair,
And these they polish up with care
On Sunday afternoons.
The Man in the Moon was drinking deep,
and the cat began to wail;L
A dish and a spoon on the table danced,
The cow in the garden madly pranced,
and the littel dog chased his tail.
The Man in the Moon took another mug,
and then rolled beneath his chair;
And there he dozed and dreamed of ale,
Till in the sky the stars were pale,
and dawn was in the air.
Simona Calavetta, Canzone della locanda.
L’opera è di proprietà della Società Tolkieniana
Italiana
Now quicker the fiddle went deedle-dum-diddle;
the dog began to roar,
The cow and the horses stood on their heads;
The guests all bounded from their beds
And danced upon the floor.
Then the ostler said to his tipsy cat:
‘The white horses of the Moon,
They neigh and champ their silver bits;
But their master’s been and drowned his wits,
With a ping and a pong the fiddle-strings broke!
And the Sun’ll be rising soon!’
The cow jumped over the Moon,
And the little dog laughed to see such fun,
So the cat on his fiddle played hey-diddle-diddle,
And the Saturday dish went off at a run
a jig that would wake the dead:
With the silver Sunday spoon.
He squeaked and sawed and quickened the tune,
While the landlord shook the Man in the Moon:
The round Moon rolled behind the hill
‘It’s after three!’ he said.
As the Sun raised up her head.
She hardly believed her fiery eyes;
They rolled the Man slowly up the hill
For though it was day, to her surprise,
And bundled him into the Moon,
they all went back to bed!
While his horses galloped up in rear,
And the cow came capering like a deer,
and a dish ran up with the spoon.
(The man in the moon)
«Su una sedia all’altra estremità
della stanza sedeva una donna. La
lunga chioma bionda le scendeva
sulle spalle; la sua veste era verde,
del verde dei giovani germogli,
tempestata di argentee perle di
rugiada; e la cintura d’oro pareva
una catena di candidi gigli
incastonata di non-ti-scordar-di-me.
Ai suoi piedi, migliaia di candidi
gigli galleggiavano in vasi di
ceramica verde e marrone, pari a un
piccolo lago intorno a un trono.»
(The Lord of the Rings, Book I –
Chapter VII, In the House of Tom
Bombadill)
Simona Hirilaelin, Baccadoro, acquarello, [23 x 30,5 cm] (2002)
Una delle opere favorite dall'autrice, che segue le parole di Tolkien per definire il solo personaggio, al di là
degli eventi narrati. La misteriosa Figlia del Fiume è ritratta sola, come in un quadro antico. Sullo sfondo,
parole in bianco citano la presentazione che Tolkien dà di Goldberry nella casa di Tom Bombadil.
Rispetto all’illustrazione di Marina Sussa, l’immagine è meno ieratica, con l’abito verde che aderisce ad un
corpo snello, quasi ossuto. La trasparenza discreta della gonna non evoca sensualità del personaggio, ma una
sorta di infantile brio, accentuato dalla leziosa curvatura del piede sinistro e da quello destro, immerso nella
bacinella d’acqua. Le ciocche di capelli, disegnate come linee, incorniciano la figura fino alla curva del seno,
con una linea simmetrica a quella della schiena.
«Down a long flight of steps the Lady went into a deep green hollow, through which ran murmuring a
silver stream that issued from a fountain on the hill. At the bottom, upon a low pedestal carved like a
branching tree, stood a basin of silver, wide and shallow, and beside it stood a silver ewer.
With water from the stream Galadriel filled the basin to the brim, and breathed on it, and when the water
was still again she spoke. “Here is the Mirror of Galadriel” she said. “I have brought you here so that
you may look into it, if you will.”
«Scese una lunga scalinata Dama Galadriel, e mise piede in una profonda conca verde, attraversata dal
mormorante ruscello d'argento che sgorgava dalla fontana sulla collina. Sul fondo, una vasca d'argento
bassa e poco profonda poggiava su un piccolo piedistallo scolpito come un albero frondoso; accanto vi
era una brocca d'argento. Con l'acqua del ruscello Galadriel riempì la vasca sino all'orlo, e vi soffiò, e
quando l'acqua fu nuovamente calma, disse: “Questo è lo Specchio di Galadriel. Vi ho portati qui affinché
possiate guardarvi, se lo desiderate”.»
(The Lord of the Rings – The Mirror of Galadriel)
Simona Hirilaelin, Lo Specchio di Galadriel, acquarello, [23 x 30,5 cm] (1999)
Prima confronto con l'opera tolkieniana, l'immagine riporta l'interesse dell'autrice per i punti di
vista insoliti. Così, Galadriel, Frodo e Sam diventano essi stessi immagini riflesse nello specchio
d'acqua. Allo stesso tempo, un bordo immateriale incornicia l’immagine dando armonia ed
equilibrio.
Simona Hirilaelin, Nienor nel Brethil, acquarello, [17 x 23 cm] (2003)
«Quivi la trovò Turambar, come venne ai Guadi di Tieglin avendo udito gli Orchi che
scorrazzavano nei pressi; e, scorgendo alla luce dei lampi il corpo che gli parve quello di una
fanciulla uccisa giacente sul tumulo di Finduilas, si sentì stringere il cuore dell’angoscia.»
«There Turambar found [Nienor], as he came to the Crossing of Tieglin, having heard rumour
of Orcs that roamed near; and seeing in a flare of lightning the body as it seemed of a slain
maiden lying upon the mound of Findulias he was striken to the heart.»
(The Silmarillion – Chapter 21, Of Turin Turambar)
Al contrario degli altri lavori dell’autrice, l'opera si sofferma su un momento del racconto, più
che sui personaggi. La reazione di Túrin, Nienor stessa, sono elementi di contorno: protagonista
è l'attimo, il bagliore di un fulmine fermato in un’immagine.
LINDA SARTINI
Toscana di nascita, laziale di adozione ed
appartenente al gruppo tolkieniano di Eldalie,
Linda Sartini è un veterinario che dedica
all’illustrazione il proprio tempo libero, con
particolare attenzione al fascino leggiadro degli
elfi e di alcune particolari suggestioni figurative
della Terra di Mezzo tolkieniana.
Esprime il proprio talento figurativo
principalmente attraverso il bianco e nero ed è
un’artista principalmente “illustrativa”. Il suo stile
particolare, quasi fumettistico, tende alla
caratterizzazione dei personaggi, più che
all’astrazione simbolica, ma spesso rifugge
l’illustrazione di una scena precisa. Si può quindi
considerare un’illustratrice di Luthien,
dell’esistente e definito, ma l’ispirazione spesso
deriva da un testo riportato sotto forma di
racconto (L’interrogatorio di Gollum, La regina
Beruthiel). Il suo stile, sotto alcuni punti di vista,
ricorda i disegni di Vicky Alliata di Villafranca
per l’edizione italiana di The adventures of Tom
Bombadil, ma il tratto di Linda è più marcato ed i
volti espressivi.
Ombromanto
La formazione e la sensibilità dell’artista, si esplicitano
spesso nell’attenzione e nell’amore che riserva alla
rappresentazione degli animali presenti nell’opera di Tolkien
(Ombromanto, non esposto, La regina Beruthiel, Gandalf ed
il Re stregone, Galadriel a lato, non esposto)
Linda Sartini, Aragorn e Arwen, matita e carboncino, 21 x 30 n° 2 affiancati
«So it was Frodo saw her whom few mortals had yet seen; Arwen, daughter of Elrond, in whom it
was said that the likeness of Luthien had come on earth again… Such loveliness in living thing
Frodo had never seen before nor imagined in his mind.»
(The Lord of the Rings. Book II, Chapter I – Many Meetings)
«Frodo turned and saw Strider, and yet not Strider; for the weatherworn Ranger was no longer
there. In the stern sat Aragorn son of Arathorn, proud and erect, guiding the boat with skilful
strokes; his hood was cast back, and his dark hair was blowing in the wind, a light was in his eyes:
a king returning from exile to his own land.»
«Frodo si voltò, e vide Grampasso; eppure non era Grampasso, perché il Ramingo logorato dal
tempo era scomparso. Al timone sedeva Aragorn figlio di Arathorn, orgoglioso ed eretto, e con
mano sicura conduceva la barca; il cappuccio gli ricadeva sulle spalle; il vento gli moveva i neri
capelli e una luce brillava nei suoi occhi: un re tornava nel suo paese dopo un lungo esilio.»
(The Lord of the Rings, book II – Chapter IX, The Great River)
Com’è nello stile dell’artista, le due figure tendono alla caratterizzazione del personaggio. Aragorn
è insieme il ramingo ed il re, ritratto con il nastro della stella del vespro ed il fermaglio di
Lothlorien per il mantello, ma barba e capelli sono ancora quelli del ramingo.
Arwen risente di un taglio giunonico e quasi mediterraneo, con grandi occhi e labbra carnose che
indulgono più alla sua parte umana, ma le poche decorazioni del suo abbigliamento, come le perle
tra i capelli ed al collo, ne sono un elfico ingentilimento.
Linda Sartini, La Terza Era, matita e carboncino, 50 x 70 cm
La Terza Era nasce con la sconfitta di Sauron ad opera dell'Ultima Alleanza, una sconfitta che
pure non è definitiva. Gli Elfi si estraniano sempre di più dalle altre Razze e il richiamo
dell'Occidente si fa sempre più forte: a piccoli gruppi si recano ai Porti Grigi e salpano per le
Terre Immortali, senza più fare ritorno nella Terra di Mezzo. Quest’opera risulta
particolarmente interessante per il suo simbolismo, quindi; interessanti sono i raffinati dettagli
nella lampada tenuta dall’elfa in primo piano, nella capigliatura e nei panneggi.
«E’ più sicuro nel ritrovare la via
di casa in una notte cieca, che
non i gatti della regina
Beruthiel.»
«He is surer of finding the way
home in a blind night than the
cats of Queen Beruthiel.»
(The Lord of the Rings, Book II
chap IV – A journey in the dark)
Linda Sartini, La Regina
Beruthiel, matita e carboncino, 21
x 30 cm
Uno degli esempi più lampanti nello
stile dell’artista: l’austerità della
regina
attraversa
la
figura,
allungandone il volto e la figura,
facendo ricadere i drappi della veste
quasi attorno ad un corpo
immateriale e dando ancor più
drammaticità al nero dei suoi occhi.
Attorno a lei, il paesaggio è quasi
romano, con uno scorcio di rovine
marmoree, i gatti ed i cipressi del
giardino.
«Even the story of Queen Berúthiel does exist, however, if only in a very "primitive" outline,
in one part illegible. She was the nefarious, solitary, and loveless wife of Tarannon, twelfth
King of Gondor (Third Age 830-913) and first of the "Ship-kings", who took the crown in
the name of Falastur "Lord of the Coasts," and was the first childless king (The Lord of the
Rings, Appendix A, I, ii and iv). Berúthiel lived in the King's House in Osgiliath, hating the
sounds and smells of the sea and the house that Tarannon built below Pelargir "upon
arches whose feet stood deep in the wide waters of Ethir Anduin;" she hated all making, all
colours and elaborate adornment, wearing only black and silver and living in bare
chambers, and the gardens of the house in Osgiliath were filled with tormented sculptures
beneath cypresses and yews. She had nine black cats and one white, her slaves, with whom
she conversed, or read their memories, setting them to discover all the dark secrets of
Gondor, so that she knew those things "that men wish most to keep hidden," setting the
white cat to spy upon the black, and tormenting them. No man in Gondor dared touch them;
all were afraid of them, and cursed when they saw them pass. What follows is almost wholly
illegible in the inique manuscript, except to the ending, which states that her name was
erased from the Book of the Kings ("but the memory of men is not wholly shut in books, and
the cats of Queen Berúthiel never passed wholly out of men's speech"), and that King
Tarannon had her set on a ship alone with her cats and set adrift on the sea before a north
wind. The ship was last seen flying past Umbar under a sickle moon, with a cat at the
masthead and another as a figure-head on the prow.»
(Christopher Tolkien, Unfinished Tales – note 7 concerning Istari)
«In una lettera scritta nel 1956 mio padre affermava che “punti o pochi sono, nel Signore
degli Anelli, i riferimenti a cose non effettivamente esistenti sul piano che gli è proprio (di
realtà secondaria ovvero di subcreazione)”, e in una nota a pie' di pagina aggiungeva: "I
gatti della Regina Berùthiel e i nomi degli altri due Stregoni (cioè i cinque meno Saruman,
Gandalf e Radagast} è tutto quanto mi viene alla mente”. (In Moria, Aragorn disse di
Gandalf che «è più certo che tro vi lui la strada di casa in una notte buia, che
non i gatti della Regina Berùthiel», La Compagnia dell'Anello, II, 4.) Tuttavia, anche la
storia della Regina Berùthiel in realtà esiste, sia pure soltanto in un abbozzo assai
“primitivo” e in parte illeggibile. Berùthiel era la perfida, solitaria e non amata moglie di
Tarannon, dodicesimo Re di Gondor (Terza Età, 830-913), e primo dei “Re Navigatori”, il
quale assunse la corona con il nome di Falastur, “Sire delle Coste” e fu il primo Re senza
eredi (Il Signore degli Anelli, Appendice A, I, 2 e 4). Berùthiel viveva nella casa del Re a
Osglliath, detestava i suoni e gli odori del mare e la casa che Tarannon aveva costruito
sotto Pelargir “su arcate i cui pilastri sprofondavano nelle ampie acque di Ethir Anduin”;
odiava orpelli, colori e ornamenti elaborati, indossava solo vesti color nero e argento e
viveva in stanze spoglie; i giardini della casa di Osgiliath erano pieni di contorte sculture
ai piedi di cipressi e tassi. Aveva nove gatti neri e uno bianco, che erano suoi schiavi e con i
quali conversava o nelle menti dei quali leggeva, servendosene per scoprire gli oscuri
segreti di Gondor, sicché conosceva le cose “che gli uomini desiderano soprattutto tenere
nascoste”. Usava il gatto bianco per spiare i neri che tormentava. Nessuno a Gondor osava
toccarli; tutti ne avevano paura e imprecavano quando li vedevano passare. Quel che segue
in questo manoscritto unico nel suo genere, è quasi completamente illeggibile, se non verso
la fine dove si apprende che il nome di Berùthiel venne cancellato dal Libro dei Re (“ma la
memoria degli Uomini non è tutta quanta rinchiusa nei libri, e i gatti della Regina Berùthiel
non sono mai scomparsi dai detti”), e che Re Tarannon l’aveva caricata su una nave, sola
con i suoi gatti, abbandonandola al vento del Nord. La nave era stata vista passare veloce
davanti a Umbar sotto una falce di luna, con un gatto sull’albero maestro e un altro a far
da polena.
(Christopher Tolkien, Racconti Incompiuti, nota 7 al capitolo sugli Istari)
L’emblematicità di quest’opera risiede anche e soprattutto nel testo che illustra, e che si è
scelto di riportare per intero: si nota ancora una volta una rappresentazione fedele, puntuale
degli elementi, nella quale l’interpretazione non risiede in una trasfigurazione di essi ma in
una caratterizzazione particolare del volto e della figura.
Linda Sartini, Aule e Yavanna, china, 21 x 30 cm
Aulë has might little less than Ulmo. His lordship is over all the substances of which Arda is
made. In the beginning he wrought much in fellowship with Manwë and Ulmo; and the
fashioning of all lands was his labour. He is a smith and a master of all crafts, and he
delights in works of skill, however small, as much as in the mighty building of old. His are
the gems that lie deep in the Earth and the gold that is fair in the hand, no less than the
walls of the mountains and the basins of the sea. The Noldor learned most of him, and he
was ever their friend. […] The spouse of Aulë is Yavanna, the Giver of Fruits. She is the
lover of all things that grow in the earth, and all their countless forms she holds in her
mind, from the trees like towers in forests long ago to the moss upon stones
or the small and secret things in the mould.
Aulë è dotato di potenza poco inferiore a quella di Ulmo; Il suo dominio si esercita su tutte
le sostanze onde è fatta Arda. All'inizio, molto ha operato di conserva con Manwë e Ulmo; e
sua fattura è la plasmazione di tutte le terre. Egli è un fabbro e maestro in tutti i mestieri, e
trae diletto da lavori d'abilità, ancorché‚ minuti, non meno che dalla possente edificazione
d'un tempo. Sue sono le gemme che giacciono nel profondo della Terra, suo l'oro bello da
tenere in mano, non meno delle pareti dei monti e dei bacini dei mari. I Noldor hanno
imparato soprattutto da lui, che è sempre stato loro amico. […] La sposa di Aulë‚
è Yavanna, la Dispensatrice di Frutti. Essa ama tutte le cose che crescono sulla terra, e ne
conserva nella propria mente le in numeri forme, da quelle degli alberi simili a torri nelle
foreste d'un tempo, al muschio sulle pietre o alle piccole e segrete cose nell'argilla.
(The Silmarillion – Valaquenta)
Campitura piatta, linea sinuosa e ben definita e tratteggi marcati sono elementi tipici dello
stile di Linda che caratterizzano anche quest’opera. La trascendenza dei due personaggi, è
qui resa da un’orbita vuota che li smaterializza, nonostante siano entrambi raffigurati nella
forma umana.
Linda Sartini, Gollum interrogato, china, 30 x 21 cm
«He only wept and called us cruel, with many a gollum in his throat; and when we pressed him
he whined and cringed, and rubbed his long hands, licking his fingers as if they pained him, as
if he remembered some old torture.»
(The Lord of the Rings. Book I, Chapter II – The Shadow of the Past)
Sviluppata con la tecnica della china, e per questo più “graffiante” e striata, quest’opera è la
rappresentazione diretta di una scena che nel The Lord of the Rings è semplicemente raccontata
da Gandalf.
Linda Sartini, Il Nazgul, china, 50 x 70 cm
«Il Signore dei Nazgûl entrò sul suo cavallo. Si ergeva immenso, un’enorme figura nera
contro il bagliore degli incendi, una terribile minaccia di disperazione. Il Signore dei Nazgûl
si fece avanti, varcando l’arco che mai nemico aveva oltrepassato, e tutti fuggirono innanzi a
lui. Tutti eccetto uno. In attesa, immobile e silenzioso in mezzo allo spiazzo del Cancello,
sedeva Gandalf su Ombromanto: Ombromanto, l’unico dei liberi cavalli della terra capace di
tollerare il terrore, impassibile, risoluto come un’immagine scolpita a Rath Dínen. “Non puoi
entrare qui”, disse Gandalf, e l’enorme ombra si fermò. “Torna negli abissi preparati per te!
Torna indietro! Affonda nel nulla che attende te ed il tuo Padrone. Via!”. Il Cavaliere Nero
fece scivolare il cappuccio e, meraviglia! portava una corona regale; eppure sotto di essa vi
era una testa invisibile, poiché fra la corona e le grandi e scure spalle ammantate brillavano
rossi i fuochi. Da una bocca inesistente proruppe un riso micidiale. “Vecchio pazzo!”, disse.
“Vecchio pazzo! Questa è la mia ora. Non riconosci la Morte quando la vedi? Muori adesso,
e vane siano le tue maledizioni!”. E con ciò levò alta la spada e delle fiamme ne percorsero
la lama.»
«In rode the Lord of the Nazgûl. A great black shape against the fires beyond he loomed up,
grown to a vast menace of despair. In rode the Lord of the Nazgûl, under the archway that no
enemy ever yet had passed, and all fled before his face. All save one. There waiting, silent and
still in the space before the Gate, sat Gandalf upon Shadowfax: Shadowfax who alone among
the free horses of the earth endured the terror, unmoving, steadfast as a graven image in Rath
Dínen. ‘You cannot enter here,’ said Gandalf, and the huge shadow halted. ‘Go back to the
abyss prepared for you! Go back! Fall into the nothingness that awaits you and your Master.
Go!’ The Black Rider flung back his hood, and behold! he had a kingly crown; and yet upon
no head visible was it set. The red fires shone between it and the mantled shoulders vast and
dark. From a mouth unseen there came a deadly laughter. ‘Old fool!’ he said. ‘Old fool! This
is my hour. Do you not know Death when you see it? Die now and curse in vain!’ And with
that he lifted high his sword and flames ran down the blade.»
(The Lord of the Rings, Book V – Chapter IV, The Siege of Gondor)
4 giugno 2005
Le Rive dell’Anduin
Tolkien nella Città Eterna
http://anduin.altervista.org/
Il Comitato Organizzatore della manifestazione ed in particolare la curatrice della mostra,
Chiara Rizzarda “Shelidon”, vorrebbe esprimere il suo più sentito ringraziamento agli espositori
Simona “Hirilaelin” Calavetta
Enrica “Fennisse” Paresce
Linda “Melinde” Sartini
Marina “Gaerhauthad” Sussa
Cinzia “Cinthowen” Zonta
Un ringraziamento personale inoltre alla
direzione del Teatro Arciliuto, ospite della manifestazione
Un pensiero speciale va infine ad Alberto Vigolo,
artista di grande talento recentemente scomparso.
C.R.Shelidon