il lavoro dei breeders
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il lavoro dei breeders
Il Divulgatore N.6/ 2003 Patata Dalla genetica al marketing le innovazioni in corso IL LAVORO DEI BREEDERS Da sei anni è in atto a livello nazionale un progetto di miglioramento genetico della patata, allo scopo di colmare quella grave lacuna del settore pataticolo, che è la carenza di varietà adatte agli ambienti di coltivazione e alle tipologie produttive del nostro paese. Risultati importanti sono già stati ottenuti anche sul fronte della qualità del prodotto, della tolleranza alle avversità e delle nuove metodiche di diagnosi e di selezione. Domenico Carputo, Luigi Frusciante DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL SUOLO, DELLA PIANTA E DELL'AMBIENTE, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” BREEDERS’ RESEARCH Since six years breeders have been involved in a project on potato genetic improvement aimed at rectifying the lack in varieties, by selecting new ones able to adapt to Italian cultivation methods and soil characteristics. Important results have been already obtained in the field of product quality, plant resistance to diseases, tests and selection methods. Concerning Emilia-Romagna region, the genetic research activity run by the RCVP (Research Centre for Vegetable Production) involved in field top cross tests also producer associations, such as the Appe and Assopa ones. Nowadays, public opinion is particularly interested in genetic selection of organic products as well as in biotechnological program on processed product quality. Per maggiori dettagli sulle attività svolte nell’ambito del Progetto “Miglioramento genetico della patata”: http://hpimof.imof.na.cnr.it/ Nonostante il valore e le potenzialità di mercato, la pataticoltura italiana è essenzialmente basata sulla coltivazione di varietà selezionate in altri Paesi, dove le condizioni ambientali sono diverse da quelle italiane. Oltre ai problemi legati ai costi per l'acquisto di tuberi seme, ciò determina una serie di conseguenze che si ripercuotono negativamente sulle produzioni. Per le coltivazioni extra-stagionali, ad esempio, gli agricoltori “adattano” a questo tipo di produzione varietà selezionate per il ciclo primaverile-estivo, caratterizzato da clima continentale e fotoperiodo lungo. Ci sono anche altri aspetti negativi legati a questa situazione;tra gli altri,lo stato fisiologico e sanitario - spesso scadente - dei tuberi seme acquistati, la disponibilità di varietà, il rinnovo del patrimonio varietale, ove ci sono ancora varietà di vecchia costituzione che spesso non rispondono alle esigenze dei produttori e dei consumatori. Coordinati tutti i gruppi di ricerca Per fare fronte a questa realtà è necessaria un’azione concertata delle figure che, direttamente o indirettamente, sono coinvolte nel settore pataticolo (Università e Istituti di ricerca, associazioni dei produttori e dei consumatori, rappresentanze politiche). Senza dubbio la ricerca sperimentale può fare molto.Come tutte le produzioni vegetali, infatti, anche quella pataticola può essere migliorata, in termini di quantità e di qualità, modificando le condizioni di allevamento, identificando le epoche e le dosi ottimali degli apporti idrici e nutrizionali, ponendo le piante nelle situazioni di crescita ideali, panificando metodi adeguati di lotta a patogeni e parassiti. Tuttavia le caratteristiche di ogni organismo sono strettamente legate al patrimonio genetico; in tutte le specie di interesse agrario questo patrimonio può essere migliorato identificando opportune strategie di breeding finalizzate all’ottenimento di nuove varietà con una costituzione genica in grado di garantire le performance desiderate. Nel caso della patata, quindi, il miglioramento genetico ha enormi potenzialità; può, infatti, portare alla creazione di nuova variabilità genetica e, successivamente, alla selezione nei nostri ambienti di nuove varietà di patata adatte agli ambienti italiani e alle varie tipologie produttive. L'attività di miglioramento genetico della patata in Italia è iniziata negli anni '30 ed è successivamente proseguita con alterne fortune fino agli inizi degli anni '80, quando si è registrato un crescente interesse nei confronti del miglioramento genetico di questa importante coltura. Allo scopo di selezionare nuove varietà di patata adatte alle condizioni pedoclimatiche delle regioni italiane e alle tipologie produttive maggiormente richieste dal mercato, nel 1997 il Mipaf si è fatto promotore di una importante iniziativa finanziando il Progetto Finalizzato “Miglioramento genetico della patata”, progetto ancora in corso. Esso ha consentito di sviluppare una ricerca coordinata fra i gruppi italiani impegnati nei diversi aspetti del miglioramento genetico della patata e della validazione agronomica dei nuovi cloni sviluppati. Frutto di questa attività coordinata e finalizzata è stato l’ottenimento di nuove varietà e l’inizio della registrazione di altri cloni (box a fianco). La costituzione di varietà “italiane”,competitive con le varietà commerciali più diffuse, rappresenta un grande successo per la nostra ricerca, nonché un’occasione storica perché il sistema patata in Italia possa finalmente basarsi su cultivar selezionate per le nostre produzioni. I risultati più interessanti Sebbene la produzione di nuove varietà sia il risultato più eclatante del progetto citato, vi sono state ricerche altrettanto interessanti che hanno contribuito a chiarire aspetti legati alla genetica, all'agronomia e alla fisiologia della patata. Molti dei risultati ottenuti sono stati pubblicati su riviste internazionali e sono stati oggetto di comunicazione in importanti convegni internazionali. Di seguito sono riproposti brevemente quelli più significativi. Nell’ambito del Sottoprogetto “Miglioramento genetico” sono stati ottenuti risultati pregnanti per aspetti qualitativi e di adattabilità agli ambienti mediterranei e alle diverse esigenze produttive (mercato fresco, industria nelle varie destinazioni), nonché aspetti più specifici come la tolleranza a stress abiotici (freddo, siccità) e biotici (dorifora,tignola,marciumi fungini e batterici,nematodi, PVYntn). Risultati interessanti sono stati ottenuti sia nella quantificazione di importanti patogeni sia nella messa a punto di nuove metodiche di diagnosi e di selezione. Sono significativi anche i risultati ottenuti nello sviluppo di strategie innovative di miglioramento genetico per l’utilizzazione della variabilità genetica presente in specie selvatiche di Solanum incompatibili. Quelle basate sulla produzione di ploidie ponte e sulla fusione somatica interspecifica hanno consentito l’utilizzazione di germoplasma finora poco valorizzato, grazie anche all’impiego di marcatori molecolari, biochimici e fisiologici nel lavoro di selezione. I lusinghieri risultati ottenuti dovrebbero spingere ora a valorizzare questi materiali e a promuoverne l'utilizzazione su scala nazionale. È necessario pertanto un intervento coordinato tra soggetti pubblici e privati impegnati in vari aspetti della promozione e della commercializzazione, così come tra ricercatori e utilizzatori dei prodotti della ricerca stessa. I risultati ottenuti fanno ben sperare anche per il futuro della ricerca sulla patata in Italia, che si auspica possa ricevere risorse e stimoli che vanno al di là del progetto stesso. Applicazioni di biotecnologia Il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, cui afferiscono gli autori di questa nota, è impegnato nel Progetto “Miglioramento genetico della patata” sia per l’attività di coordinamento nazionale sia per attività di ricerca, nell’ambito del Sottoprogetto “Miglioramento genetico”. Il Dipartimento vanta una tradizione ventennale nel settore del miglioramento genetico della patata. I programmi attualmente svolti si avvalgono delle numerose competenze nei settori della genetica e del miglioramento genetico, della biologia molecolare, delle colture in vitro disponibili presso il Dipartimento. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un crescente interesse nei confronti delle biotecnologie, settore in cui la ricerca scientifica ha fatto enormi progressi. Presso il Dipartimento sono state quindi sviluppate metodologie innovative di miglioramento genetico basate sull’ingegneria genomica e su tecniche di biologia molecolare. La prima si basa sull’utilizzazione della variabilità genetica presente nel germoplasma selvatico attraverso i gameti 2n o la fusione somatica interspecifica. Nel primo caso sono prodotte le cosidette “ploide ponte” e proprio queste hanno consentito di superare barriere di incompatibilità interspecifica e di introdurre nel “gene pool” coltivato geni di interesse provenienti dalla specie sud-americana S. commersonii. Gli ibridi prodotti sono oggetto di valutazione e selezione proprio nell'ambito del progetto suddetto. Nel secondo caso, l’isolamento di protoplasti (cellule prive della parete vegetale) di due genitori, la loro elettrofusione e la produzione di calli ibridi consente di ottenere ibridi che combinano i genomi nucleari dei due genitori e che presentano fenomeni di riarrangiamento e ricombinazione di DNA citoplasmatico.Attraverso ibridazione somatica, a Portici sono stati ottenuti ibridi tra S. tuberosum (la patata coltivata) e le specie selvatiche S. commersonii, S. cardiophyllum e S. bulbocastanum. La caratterizzazione del germoplasma e, soprattutto, la selezione dei nuovi materiali genetici prodotti da ibridazione interspecifica si basa sull'utilizzazione dei marcatori molecolari, che consentono di studiare la variabilità genetica direttamente a livello del DNA, superando le difficoltà dell’analisi fenotipica dovute all’effetto ambientale. Le ricerche sono state finalizzate essenzialmente all’identificazione di marcatori molecolari speciespecifici da utilizzare nella selezione assistita negativa. L’analisi di ibridi interspecifici F1, BC1, BC2 e BC3 con marcatori RAPD e AFLP specifici ha consentito di scegliere, tra i genotipi con le migliori performance produttive e con caratteri utili provenienti dalla specie selvatica, quelli con un minor contenuto di genoma selvatico. I marcatori molecolari sono stati utilizzati, inoltre, per evidenziare gli eventi di riassortimento o riarrangiamento del DNA mitocondriale degli ibridi somatici e per studiare la possibilità e il livello di ricombinazione tra i cromosomi omeologhi di ibridi interspecifici. Obiettivo resistenza agli stress ambientali Da molti anni presso il Dipartimento sono in corso studi sull’espressione e l’isolamento dei geni coinvolti in meccanismi di resistenza a stress ambientali.Particolarmente studiati sono stati i geni legati alla resistenza a stress osmotici.Sono stati clonati geni da una libreria cDNA di S. commersonii che codificano due differenti desaturasi, enzimi che regolano il livello di insaturazione degli acidi grassi di membrana. La sovraespressione di uno di questi geni in piante transgeniche ha evidenziato un aumento del livello di insaturazione dei lipidi di membrana e un'accresciuta capacità di acclimatamento.Da S.commersonii sono stati recentemente isolati tre geni codificanti per le calmoduline, proteine coinvolte nella trasduzione del segnale calcio-mediata. È stato dimostrato che l'espressione dei geni isolati avviene in maniera differenziata in risposta a stress da alte e basse temperature. I risultati conseguiti nel campo della biologia cellulare e molecolare hanno stimolato lo svolgimento di programmi di ricerca finalizzati alla produzione di nuovi genotipi attraverso trasformazione genetica mediata da Agrobacterium. La trasformazione genetica rappresenta la procedura più veloce per il trasferimento di nuovi geni in pianta; si basa, infatti, sul trasferimento di singoli geni utili codificanti caratteri interessanti, e quindi il genotipo dell'organismo ricevente rimane praticamente intatto. In collaborazione con i patologi della Facoltà di Agraria di Portici, un gene proveniente da Trichoderma harzianum (fungo antagonista) è stato introdotto nella varietà Désiréee. Le piante transgeniche ottenute sono risultate altamente tolleranti o completamente resistenti a Alternaria solani, A. alternata, e Rhizoctonia solani. Analisi biochimiche hanno dimostrato che l’inserimento di questo gene non determina alcun effetto né sulle caratteristiche delle piante trasformate, né sulle caratteristiche organolettiche dei tuberi prodotti. DICIANNOVE UNITÀ COINVOLTE Il progetto finalizzato “Miglioramento genetico della patata”, finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, si articola in due sottoprogetti e vede la partecipazione di 19 unità operative siapubbliche che private. Bruno Parisi, Paolo Ranalli ISTITUTO SPERIMENTALE PER LE COLTURE INDUSTRIALI, BOLOGNA SOTTOPROGETTO “Miglioramento genetico” Vi afferiscono 8 Unità Operative, che si occupano prevalentemente del breeding della patata, sia mediante incroci convenzionali a livello tetraploide, che con reincroci tra varietà coltivate e ibridi interspecifici, attraverso l’implementazione di metodologie tradizionali e innovative; queste ultime prevedono anche l’utilizzo di marcatori molecolari associati a caratteri di interesse (selezione assistita) per poter accelerare le varie fasi di selezione che in patata sono piuttosto lunghe e dispendiose. Per quanto attiene questo sottoprogetto l’attività di miglioramento genetico viene effettuata da: • Istituto Sperimentale per le Colture Industriali (ISCI), Bologna; • Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e dell’Ambiente (DiSSPA), Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Portici (NA); • Istituto per il Miglioramento Genetico delle Piante da Orto e da Fiore(IMOF), CNR, Portici (NA); • ENEA, Dipartimento Innovazione, Divisione Biotecnologie e Agricoltura (ENEA), Roma; •CRPV di Cesena. Tali centri di breeding, nell’ambito di propri piani di costituzione varietale, hanno ottenuto al dicembre 2002 ben 111 nuovi cloni italiani di patata migliorati per caratteristiche di produttività, indici morfoestetici dei tuberi, attitudini culinarie e industriali, resistenza a stress biotici e abiotici, ampliamento della variabilità genetica. SOTTOPROGETTO “Produzione di tuberi seme e utilizzazione” Aquesto sottoprogetto fanno capo 11 Unità Operative aventi come attività principale la validazione agronomica, in diverse zone d’Italia, dei nuovi genotipi in fase avanzata di selezione forniti dai diversi gruppi di breeders operanti nel primo sottoprogetto. La valutazione dei nuovi cloni italiani avviata sin dal 1998 è organizzata nel modo sottodescritto. • Allestimento di campi di confronto clonale con protocollo operativo unico, in 4 località del Sud Italia (Angri, SA; Arborea, OR; Cassibile, SR; Monopoli, BA) vocate alla produzione di patata extrastagionale; la scelta di siti di osservazione meridionali è stata dettata dalla necessità di individuare sin da subito nuovi cloni adatti a tali zone, vista la penuria di nuove varietà per i pataticoltori e l’assenza di interesse del breeding estero. I campi, seminati in ciclo verninoprimaverile ed estivo-autunnale, sono stati organizzati in due livelli di osservazione: un 1° livello in cui confluiscono i cloni alla prima verifica di pieno campo e un 2° livello in cui vanno a confluire in parcelle più grandi e replicate i materiali genetici più interessanti e promettenti del 1° livello. Punto di forza e di importante qualificazione di tale attività è che, per consentireun confronto reale e veritiero sulla validità agronomica dei genotipi nei due cicli di coltivazione, si è scelto di uniformare l’età fisiologica dei tuberi seme da utilizzare mediante moltiplicazioni ad hoc effettuate in due diversi siti: in zone di montagna (Val Pusteria, BZ) per il seme destinato alle colture primaticce, in zone di pianura meridionali (Piana del Sele, SA) per il seme destinato alle colture bisestili. Tale approccio operativo è risultato vincente e particolarmente azzeccato considerata la strategica importanza, ai fini della caratterizzazione produttiva e quindi della selezione dell’età fisiologica del seme. Questa attività di moltiplicazione, se nel caso della Val Pusteria ha consentito di affinare alcune conoscenze sull’idoneità di tale zona di montagna, realtà tra l’altro già attiva e conosciuta nella produzione di tubero seme di patata, nel caso delle moltiplicazioni di pianura ha definitivamente dimostrato che in Italia, in specifiche zone litorali meridionali, è possibile produrre, con accorgimenti tecnici ormai definiti e codificati, dell’ottimo seme sia dal punto di vista fitosanitario che fisiologico; ciò può essere propedeutico in vista di un trasferimento su scala ampia di tale acquisizione con lo scopo di risolvere in modo strutturale la storica carenza di tuberi seme per le coltivazioni bisestili. • Allestimento di campi dimostrativi (ben 24 effettuati al dicembre 2002) a cura delle Unioni Nazionali dei Produttori di Patate (Unapa ed Italpatate), in 7 regioni italiane (Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Molise, Piemonte e Sicilia), in cui sono transitati i migliori cloni provenienti dalle valutazioni di 1° e 2° livello.Tale attività ha consentito di estendere su scala nazionale le osservazioni sui nuovi genotipi con la possibilità data alle Unioni Nazionali di poter giudicare “dal vivo”la validità delle costituzioni italiane, aprendone poi la strada alla successiva iscrizione nei Registri varietali e compartecipazione nella diffusione presso i pataticoltori soci. IN RISPOSTA ALLE ATTESE DEI PRODUTTORI Nell’ambito del progetto ministeriale, sono già state validate otto nuove varietà destinate a soddisfare le esigenze dei pataticoltori italiani, assolutamente trascurate dai costitutori nordeuropei. Bruno Parisi Paolo Ranalli ISTITUTO SPERIMENTALE PER LE COLTURE INDUSTRIALI, BOLOGNA L’Italia grazie alla sua felice posizione geografica e al clima da essa derivante, è in grado di offrire al consumatore patate fresche per oltre dieci mesi all’anno. Le diverse tipologie italiane di prodotto, però, richiedono la scelta di cultivar che presentino attitudini specifiche all’ottenimento di: • produzioni extrastagionali (da marzo a giugno le primaticce e da dicembre a febbraio le bisestili), per le quali si richiedono cultivar a elevata lavabilità dei tuberi, tolleranti condizioni di temperatura, luce e disponibilità di risorse idriche del suolo molto divergenti nei due cicli di coltivazione; • produzioni per il frigostoccaggio da luglio a settembre (patata comune) per le quali si richiedono cultivar con tuberi lavabili, con elevata concentrazione di calibri commerciali, periodo di dormienza lungo, resistenza all’addol cimento e quindi alto valore culinario; • produzioni per la trasformazione in lavorati industriali (prefritti, chips, cubetti, ecc.), che interessano una percentuale sempre più alta di prodotto coltivato, per le quali sono richieste cultivar con elevata attitudine alle diverse tipologie di processamento industriale; •produzioni biologiche per le quali si richiedono genotipi muniti di tolleranze e resistenze alle più pericolose avversità biotiche della patata (peronospora e alternariosi in primis). Il disinteresse dei costitutori nord-europei Fino ad oggi i tradizionali costitutori di varietà di patata europei (Olanda, Germania, Francia) non hanno riservato grande interesse alla selezione di cultivar specificamente adatte ai diversi agroambienti italiani, probabilmente per la scarsa ricaduta che tali investimenti avrebbero sortito. Di fatto tali costituzioni sarebbero state utilizzate in bacini di coltivazione abbastanza ridotti o comunque di interesse locale; basta ricordare, a titolo di esempio, che in Italia i bacini di produzione della patata extrastagionale localizzati nella parte meridionale e insulare della nostra penisola, con circa 25.000 ettari annui investiti, pur rappresentando circa il 30% dell’intera superficie nazionale investita a tale specie agraria, risultano essere pur sempre un’inezia (3%), rispetto agli oltre 750.000 ettari investiti a patata comune nel 2002 nei quattro principali paesi produttori dell’Unione Europea a 15 membri (Germania, Olanda, Regno Unito e Francia). Se a ciò si aggiunge anche qualche difficoltà di tipo logistico, dovendo effettuare la selezione in situ, cioè nelle stesse zone in cui il costituendo genotipo è poi destinato alla coltivazione su ampia scala, si comprende come l’interesse prevalente dei breeders esteri sia stato orientato all’ottenimento di cultivar per gli ambienti continentali del centro-nord Europa. Nel caso specifico poi della pataticoltura extrastagionale oltre al problema della scarsa disponibilità di varietà adatte, è ancora irrisolta la fondamentale tematica dell’idoneità fitosanitaria e fisiologica dei tuberi seme utilizzati dai pataticoltori che, per questo tipo di coltivazioni, si autoapprovvigionano, facendo ricorso a tuberi (principalmente il calibro di sottomisura) provenienti dalle coltivazioni primaticce, che sfuggono quindi a qualsiasi certificazione sementiera. Quest’ultimo è il problema cardine della coltivazione delle patate bisestili perché in tale epoca di semina (agosto-settembre) è praticamente introvabile prodotto certificato in quanto i produttori di seme tradizionali (Olanda, Francia, Belgio, Germania, Scozia), operando in zone con limitazioni climatiche precise, in tale epoca non hanno ancora iniziato le operazioni di scavo; se ne deduce che quindi i canali sementieri storici non possono soddisfare le richieste dei nostri pataticoltori meridionali. Un bilancio delle innovazioni ottenute Dai primi cinque anni di valutazioni, ripetute come indicato in diversi ambienti, i risultati in termini di costituzione varietale, sono stati brillanti con l’iscrizione al Registro varietale (si veda tabella sottostante) di ben 8 nuove cultivar italiane, ognuna collocabile in peculiari segmenti di produzione come si evince dalle singole schede di descrizione varietale. Questo primo quinquennio di ricerche tra i vari aspetti positivi ha avuto il merito di rimarcare l’elevata professionalità dei gruppi coinvolti, accumulata anche in pregresse esperienze sugli argomenti di studio, mettendo insieme una notevole massa critica con competenze complementari (miglioramento genetico, agronomia, difesa, economia, ecc.) nel settore della patata. I risultati raggiunti consentono di fare alcune considerazioni: • il lavoro dei breeders italiani è avanzato e qualificato; • i produttori di patata extrastagionale potranno contare finalmente su cultivar italiane costituite proprio per soddisfare la richiesta di nuovi materiali genetici più idonei di quelli stranieri ai comprensori di produzione del meridione, inoltre la validazione agronomica in situ dei nuovi cloni, effettuata direttamentein alcuni ambienti del Sud Italia, ha avuto il pregio di evidenziare con immediatezza le selezioni migliori, consentendo di abbandonare prontamente quelle non meritevoli; • i produttori biologici potranno presto utilizzare tre nuove varietà più rispondenti alle esigenze di tale segmento produttivo (Igea, Sibari e Sila), in quanto resistenti o tolleranti a importanti avversità biotiche della patata (peronospora e nematodi). Nel caso poi dei nuovi cloni per le produzioni extrastagionali, si può ipotizzare con fiducia una ricaduta dell’innovazione anche oltre i confini nazionali, perché tre delle nuove cultivar italiane ottenute in questo progetto (Elmas, Rubino, Zagara), potrebbero trovare sbocchi anche in altre aree del bacino del Mediterraneo meridionale, nelle quali si sta sviluppando una pataticoltura avanzata (basti pensare solo all’Egitto e al Nord Africa), principalmente basata sull’impiego di aggiornate tecniche di coltivazione e di cultivar di pregio. Ora, nella misura in cui il nostro Paese saprà sviluppare un’attività di moltiplicazione del seme e renderà disponibili tuberi seme con età fisiologica adatta ai vari cicli di coltivazione, potranno attivarsi circuiti commerciali di varietà italiane con altri paesi mediterranei, con grandi benefici per le imprese nazionali del settore sementiero. LE VARIETÁ GIÀ REGISTRATE Dall’attività sinora svolta sono scaturite ben otto cultivar italiane già iscritte al Registro nazionale delle varietà ortive ELMAS . ZAGARA PUKARA SIBARI Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione interessate alle produzioni di patata a buccia rossa Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Resistenze e/o tolleranze Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca media Tipologia culinaria Resistenze e/o tolleranze ISCI 67 Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Bologna Liseta x (Concorde x Wn 106-81) Sicilia, Puglia, Sardegna extrastagionale (primaticcia e bisestile) novella, consumo fresco precoce allungata-ovale giallo chiaro (elevata lavabilità) giallo 17-18% BA MN 326 Cisa Mario Neri, Imola (BO) Timate x MN 1290 E Sud Italia semine in agosto novella precoce ovale giallo brillante (ottima lavabilità) giallo 17% AB ITALPATATE - INIA (Cile) Cleopatra x Yagana tutte le zone italiane, semine primaverili consumo fresco, frigostoccaggio medio-tardivo tonda-ovale rosso chiaro giallo 17-18% B PLRV CS 8621 Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e dell’Ambiente, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Portici (NA) – ARSSA Calabria Vivax x Rosalie tutte le aree italiane normale (semine primaverili) consumo fresco, frigostoccaggio, industria (cubettato, prefritti) medio ovale-allungata giallo giallo intenso 21-22% BC resistente a nematodi cisticoli(Globodera rostochiensis patotipo RO2) IGEA Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione DAYTONA RUBINO SILA Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Resistenze e/o tolleranze Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Sigla del clone Costitutore Industriali, Bologna Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca Tipologia culinaria Sigla del clone Costitutore Incrocio Aree di coltivazione Epoca di coltivazione Utilizzo Ciclo di maturazione Forma del tubero Colore della buccia Colore della polpa Sostanza secca media Tipologia culinaria Resistenze e/o tolleranze ISCI B 26 Istituto Sperimentale per le Colture Industriali, Bologna Turbo x (Wn 233-69 x Monalisa) tutte le zone italiane, interessate alle produzioni di patata biologica semine anticipate in Sicilia (novembre), altrove semine primaverili consumo fresco e frigostoccaggio medio-tardivo ovale giallo chiaro (buona lavabilità) giallo chiaro 18-19% B altamente tollerante alla peronospora MN290 Cisa Mario Neri, Imola (BO) Spunta x Colmo Nord e Centro Italia Normale (ciclo primaverile-estivo) Patata comune da medio a medio-tardivo tonda-ovale giallo chiaro (discreta lavabilità) bianco 23% C ISCI 4052 Istituto Sperimentale per le Colture (Agata x Jaerla) x (Cilena x Wn 106-81) Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania extrastagionale (primaticcia e bisestile) novella, consumo fresco, esportazione(polpa soda) medio-precoce tondo-ovale giallo chiaro (buona lavabilità) giallo 17-18% AB CS 8617 Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e dell’Ambiente, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Portici (NA) – ARSAA Calabria DTO 14 x W 879 Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania normale (semine primaverili) consumo fresco, frigostoccaggio, industria (cubettato, prefritti) medio tonda-ovale giallo giallo intenso 21-22% BC resistente a nematodi cisticoli(Globodera rostochiensis patotipo RO2) e galligeni (Meloidogyne javanica) IL PUNTO SULL’EMILIA ROMAGNA L’attività di ricerca genetica condotta con successo dal Crpv ha visto l’intervento dei produttori emiliano romagnoli attraverso le loro associazioni Appe e Assopa, nella fase di valutazione dei cloni in campo. Grande interesse riveste inoltre il lavoro di selezione per il biologico, così come il programma biotecnologico sulla qualità del prodotto trasformato. Luca Lovatti CISA MARIO NERI, IMOLA Il progetto di ricerca genetica sulla patata del Centro Ricerche Produzioni Vegetali, finanziato con continuità dal 1983 dalla Regione Emilia-Romagna, ha riscosso in questi ultimi anni un rinnovato interesse da parte della produzione, rappresentato dalle Associazioni dei produttori (Appe e Assopa). Nello specifico, sono emersi problemi di ricambio varietale, in un momento in cui la comunicazione e la valorizzazione del prodotto bolognese sono al massimo dell’investimento. In questi ultimi anni si è avuta una diminuzione della produzione della varietà Primura, considerata per molti decenni (dal 1968) la vera patata di Bologna, per le sue caratteristiche peculiari: lunga conservabilità e buona qualità organolettica. Negli ultimi cinque anni è emersa la varietà Agata, ben accettata dai produttori, perché più facile da coltivare e produttiva, con una maggiore quota di prodotto commerciale e di pregiate caratteristiche estetiche (uniformità di forma e buccia liscia), ma con caratteristiche organolettiche non all’altezza della produzione tipica. Inoltre, da pochi anni la distribuzione organizzata richiede tipologie estetiche e culinarie diverse, per la segmentazione della gamma offerta al consumatore. È necessario quindi identificare nuovi materiali, che possano soddisfare il mondo della produzione, del commercio, del marketing (formazione dei valori e dei plus) e il consumatore finale. Procedure più veloci L’obiettivo della selezione varietale è la costituzione di nuove varietà di patata attraverso un programma di miglioramento genetico classico. Nel 1996 lo schema di selezione è stato modificato, in funzione del nuovo modo di selezione, già attuato in altri programmi di breeding europei, con la selezione definitiva dei cloni dopo 6-7 anni dall’incrocio anziché 10 dello schema classico, accorciando sensibilmente i tempi di lavoro. Dal 1998 l’attività di selezione è prevalentemente consumer-oriented, attraverso l’analisi precoce delle caratteristiche culinarie e organolettiche. La qualità estetica, culinaria e organolettica è considerata ormai un fattore indispensabile per il futuro della commercializzazione della patata nella distribuzione organizzata. Gli altri obiettivi della selezione, oltre ai caratteri produttivi e qualitativi, sono: resistenza all’addolcimento dei tuberi durante la conservazione, tolleranza nei confronti della peronospora, resistenza al virus PVY e adattabilità alla coltivazione in produzione biologica. Da rimarcare che nel citato progetto non si utilizzano metodologie transgenetiche (OGM), ma solamente incroci naturali, sfruttando la variabilità genetica esistente. I principali risultati della selezione varietale sono ovviamente le nuove varietà che si costituiscono. L’iscrizione al Registro nazionale delle varietà ortive rappresenta solo l’ultimo passo di un processo complesso, che vede impegnate le Associazioni dei produttori, nella valutazione finale dei materiali per la coltivazione nel territorio dell’Emilia Romagna. Quest’organizzazione, successiva al lavoro di selezione, è essenziale per trasferire il più velocemente possibile i risultati alla produzione e al commercio. Infatti, uno dei principali limiti del passato è stata la scarsa capacità di ottenere una quantità di seme sufficiente alla diffusione delle varietà in tempi brevi. Sono da ricordare diverse varietà costituite nell’ambito del progetto regionale: Imola del Cisa Mario Neri, a pasta bianca e cottura farinosa, moltiplicata in Olanda; Merit dell’Isci di Bologna e Teodora del Cisa Mario Neri, moltiplicate e coltivate in Belgio, la prima come patata a polpa soda di elevata qualità e la seconda come patata comune. Novità in fase di valutazione Per l’ambiente emiliano, Appe e Assopa stanno valutando, su ampie superfici, alcune novità interessanti. Alcuni dati sintetici della sperimentazione del 2002 di queste novità, sono presentati nelle tabelle a fianco. In particolare, il clone precoce MN 319, possiede tolleranza all’addolcimento da conservazione a bassa temperatura. Questa caratteristica, abbinata ad una dormienza fisiologica lunga e alle buone caratteristiche estetiche della buccia e organolettiche, rendono questo clone molto interessante per il sistema bolognese. È così possibile prolungare la conservazione, senza l’utilizzo di antigermoglianti, di 3-4 mesi rispetto alle varietà coltivate, permettendo l’estensione d’utilizzo per alcuni capitolati di commercializzazione. Sarà inoltre valutato il clone tardivo MN 339, di qualità estetica e culinaria interessante, che riesce a coprire uno spazio importante nella programmazione delle aziende agricole, dopo l’uscita di varietà come Arsy e Monalisa; presenta inoltre caratteristiche interessanti per la trasformazione industriale in prefritti surgelati. Sempre in quest’epoca di maturazione, viene testato anche il clone MN 399, in quanto ha una buona adattabilità nei terreni più difficili per la formazione di una buccia liscia, come per le tessiture francolimose e franco-sabbiose, la qualità culinaria è del tipo B, con una pezzatura media (40-55 mm) e un numero elevato di tuberi per pianta. Nell’ambito delle varietà a pasta bianca, si propone la coltivazione del clone MN 395, più adatto della varietà Imola alla coltivazione nel territorio emiliano, in terreni a tessitura franco-argillosa, perché presenta una migliore precocità e caratteristiche organolettiche molto elevate, nella tipologia culinaria B (per tutti gli usi). Tra i cloni che possono avere un utilizzo speciale, si valuta il clone precoce MN 475, di tipologia culinaria AB (insalata e cottura al forno), di buone caratteristiche organolettiche, buccia gialla e screziata di rosa. Tutti questi cloni citati sono i più avanzati che si stanno moltiplicando nella regione Vallonia in Belgio, alla Gembloux Plants, con l’obiettivo di ottenere tuberi seme d’elevata qualità genetico-sanitaria. Gli obiettivi per il biologico Dal 2001 è stato possibile avviare una piccola attività di selezione per il biologico (organic breeding), orientata alla valutazione dei materiali in condizioni di agricoltura biologica. È da evidenziare l’attività di conservazione del germoplasma, che si esegue in collaborazione con altri centri di ricerca europei, nonché il lavoro di recupero e valorizzazione di antiche varietà di patata. Tutto questo lavoro è importante per trovare quella variabilità, che è utile per il miglioramento dei caratteri interessanti per la produzione biologica, utilizzando le tecniche consentite. Per quanto riguarda la produzione biologica, è di estremo interesse disporre di tolleranze nei confronti della peronospora (Phytophtora infestans) ed è per questo motivo che sono stati introdotti dei materiali dal Centro Internazionale della Patata di Lima con tolleranza orizzontale, senza la presenza di geni d’ipersensibilità (geni R), da inserire nel pool di parentali da utilizzare nell’attività d’incrocio. Per tutti i parentali utilizzati negli incroci, si conosce esattamente il pedigree, che, per il biologico, non deve presentare materiali ottenuti con tecniche non consentite (es. fusione di protoplasti) allo scopo di avere una completa rintracciabilità dello schema. La selezione clonale deve essere effettuata in produzione biologica, fuorché la moltiplicazione in vitro, prima della produzione del seme prebase, che viene ceduto ai produttori di seme biologico. I caratteri in corso di selezione sono: velocità di sviluppo iniziale della pianta, capacità di copertura del terreno, sensibilità a peronospora e alternariosi, epoca di maturazione, produzione totale e commerciale, qualità culinaria e organolettica dei tuberi. Anche se non è possibile indicare con sicurezza i cloni che possono essere utilizzati in biologico, è possibile trarre alcune conclusioni di carattere generale. Lo schema di lavoro utilizzato può essere sottoposto a certificazione così come viene raccomandato dagli standard provvisori di Ifoam, in modo che, se in futuro per la coltivazione biologica si richiederanno varietà costituite solo con metodologie biologiche, potrà essere sfruttato il lavoro fin qui svolto, visti i tempi lunghi che occorrono per arrivare a una produzione di seme certificato con questo metodo; attualmente i progressi compiuti sembrano abbastanza interessanti, è però necessario migliorare la tolleranza nei confronti della peronospora, fungo sempre più aggressivo e in continua evoluzione, in special modo per le varietà precoci. Le biotecnologie per aumentare l’amilosio Per quanto riguarda le biotecnologie il Cisa Mario Neri ha lavorato in questi anni nell’ambito del Progetto finalizzato del Mipaf “Biotecnologie vegetali”, con l’obiettivo di verificare la variabilità naturale del contenuto in amido e dei suoi composti amilosio e amilopectina. Rispetto al contenuto in amido, si sono chiariti alcuni aspetti di base sulla localizzazione dei geni che ne controllano la quantità. Si confermano alcuni dati che riguardano l’influenza del contenuto in amilosio sulla qualità dei tuberi di patata dopo trasformazione industriale in prodotti fritti. Infatti alcuni brevetti internazionali tendono a operare aggiungendo amilosio durante la fase di lavorazione, allo scopo di diminuire l’assorbimento d’olio. Lavorando sulla variabilità naturale è stato possibile modificare il contenuto di amilosio fino a livelli del 42% sul totale dell’amido presente (di norma è il 22-25%).Anche se è risaputo che l’assorbimento d’olio, e conseguentemente la croccantezza (crispness) del prodotto fritto, è direttamente correlato con il contenuto in amido, è stato possibile ridurre del 30% il contenuto in olio incrementando la quota naturale d’amilosio. Dalle nostre analisi statistiche la percentuale di olio del prodotto fritto è meglio correlata con il contenuto in assoluto di amilosio piuttosto che con la sua percentuale. In particolare il clone 9757-MNB-19 si contraddistingue nettamente da tutti gli altri cloni in prova e dai testimoni, per avere prodotto chips con contenuto in olio ridotto (15%), una buona croccantezza (valori superiori a 4 in scala 1-5) e un buon colore da imbrunimenti non enzimatici (zuccheri riduttori). Alla fine di questo progetto si sono raggiunti interessanti risultati soprattutto nella produzione di materiali che possono essere sviluppati in un programma di breeding che tenga in considerazione le caratteristichequalitative del prodotto trasformato. Lavoro eseguito nell’ambito del Progetto di Ricerca del Crpv “Miglioramento genetico della patata” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e del Progetto finalizzato “Biotecnologie vegetali” finanziato dal MiPAF ALLA SCOPERTA DI UN PATRIMONIO ANTICO Alcune significative esperienze di recupero e valorizzazione di antiche varietà di patata. Una pista molto interessante per la promozione economica di alcune nicchie produttive. Luca Lovatti CISA MARIO NERI, IMOLA Vincenzo Vecchio DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRONOMICHE E GESTIONE DEL TERRITORIO DI FIRENZE La coltivazione della patata in Italia ha subito un notevole cambiamento dopo gli anni ’50, con l’introduzione di nuove varietà, più produttive rispetto alle selezioni locali diffuse a quell’epoca. I grandi cambiamenti introdotti nei sistemi agricoli dopo la seconda guerra mondiale, agirono da potente livellatore e cambiarono il modo in cui gli alimenti erano prodotti e scambiati. Come risultato, le varietà locali scomparirono dalla maggior parte degli areali agricoli europei e purtroppo l’erosione genetica è ancora attiva. Del resto gli obiettivi primari di quell’epoca non erano sicuramente la qualità e la sicurezza dei prodotti agricoli, temi oggi di grande attualità, ma la produttività, per poter dare reddito all’agricoltore e sfamare una popolazione in crescita. Le razze locali hanno potuto salvarsi solo grazie al mantenimento, per motivi di ordine personale ed affettivo, di qualche agricoltore nelle aree più marginali del nostro Paese. Oggi il ritorno ai sapori tradizionali e alla curiosità, suscitata dalle vecchie varietà tende a stimolare il ritorno alla coltivazione del germoplasma abbandonato, sia a livello di hobbisti che di azienda agricola. Inoltre, a livello locale, la coltivazione di queste vecchie varietà rappresenta un esempio concreto di valorizzazione economica del territorio, com’è avvenuto nell’entroterra genovese con il Consorzio della Quarantina. Quando diventa un business Nel caso della patata sono diversi gli esempi che si possono citare in Europa. Alcuni di questi hanno costituito la base di un vero e proprio lavoro di marketing a livello nazionale, come nel caso del recupero delle varietà a chair ferme in Francia. È noto il caso della varietà Ratte, di gusto e forma particolare, che è stata la base per un lavoro di miglioramento genetico e di comunicazione, che ha coinvolto prima la Francia e poi il resto d’Europa. Infatti ormai le varietà a chair ferme rappresentano, in Francia, il 30% del mercato complessivo. La varietà Ratte è in ogni modo poco coltivata, anche se è apprezzata per la sua forma bizzarra, tanto che è chiamata con diversi nomi: corne de mouton, cornichon hâtive, quenelle de Lyon. La sua tessitura è simile alla castagna con un aroma delicato di nocciola, che conferisce delle qualità organolettiche interessanti. Per quanto riguarda l’origine si distinguono: la Ratte di Touquet o la Ratte d'Ardèche. In altri paesi, il recupero e la valorizzazione di vecchie varietà sono diventati una vera e propria attività vivaistica, come per le associazioni HDRA in Gran Bretagna (sponsorizzata dalla catena di distribuzione Waitrose), Arche Noah in Austria e sementieri specializzati nel mercato hobbistico come Thompson & Morgan in Gran Bretagna. Tra gli altri esempi in Europa di valorizzazione di varietà locali, che sono sfociati poi in sistemi di protezione dell’identità geografica, si può citare la Finlandia con la varietà Lapin Puikula e l’Olanda con Opperdoezer Ronde. Altre realtà, pure essendo nate come protezione di germoplasma locale, come Jersey Royal in Gran Bretagna e Ile de Re in Francia, sono solamente delle piccole aree che sfruttano una posizione climatica favorevole per la produzione di patate novelle, senza però una caratterizzazione varietale specifica. Diverso è il discorso per varietà antiche, ma che vengono valorizzate localmente, come la Bonnotte de Noirmoutier, prodotta in piccoli quantitativi (100 t), venduta presso la catena Monoprix e offerta all’asta (è riuscita a spuntare il prezzo di 457 •/kg), che s erve più che altro da “lancio” per le altre 13.000 t di patate di altre varietà precoci prodotte nell’isola di Noirmoutier. Anche per l’agricoltura biologica e biodinamica sono diversi i casi riportati di rivalutazione delle vecchie varietà, perché possiedono delle caratteristiche particolari (es. tolleranza alla peronospora). Da un lavoro recente, attuato per tre anni in Germania, Austria e Gran Bretagna, si è evidenziato che alcune varietà locali di patata, coltivate secondo metodo biologico, non sono inferiori, per produttività, resistenza e qualità, alle più moderne. La riproduzione dei tuberi seme di queste vecchie varietà è purtroppo scoraggiata dalle leggi sulla registrazione, quindi dalla necessità di corrispondere agli standard imposti dall’Upov e dalla brevettazione delle novità vegetali. Comunque la Comunità Europea ha emanato la Direttiva 98/95/Ce che dovrebbe risolvere i problemi di gestione delle “varietà da conservazione”. Del resto la Direttiva, dopo l’implementazione nei paesi membri, dovrebbe richiedere una lista o un Registro apposito delle varietà da conservazione esistenti, che deve essere compilato dopo un esaustivo lavoro di ricognizione in tutte le regioni. Una grande banca del germoplasma Per quanto riguarda la patata, visti i problemi di carattere fitosanitario, sarebbe importante poter risolvere la situazione. In questo senso, già da diversi anni il Cisa Mario Neri di Imola e il Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale (DiSAT) dell’Università di Firenze si sono attivati per recuperare, mantenere e valorizzare varietà di patata tradizionali e antiche. Col termine varietà tradizionale s’intende un genotipo conosciuto, di recente costituzione, ma del quale non esistono più forme di protezione da privativa. Per varietà antica s’intende un genotipo d’origine genetica sconosciuta, ma di cui si hanno notizie certe riguardo all’origine, intesa dal punto di vista geografico ed etnobotanico. Da questo punto di vista è necessario citare il lavoro di Massimo Angelini (2001) che ha ricostruito egregiamente il vissuto storico, nell’entroterra ligure, di sei varietà antiche: Quarantina Bianca Genovese, Cabannese, Cannellina nera del Tigullio, Giana Rionda, Morella e Prugnona. Tra queste, sicuramente la Quarantina rappresenta l’unico esempio di valorizzazione concreta, sia in Italia sia in Europa, con la costituzione di un Consorzio di tutela e un disciplinare di produzione e commercializzazione ben definiti. Per quanto riguarda la conservazione del germoplasma, presso il Cisa Mario Neri e il DiSAT sono mantenute in vitro: 8 nuove varietà, 49 varietà tra antiche e tradizionali, 95 selezioni clonali, 51 ibridi tbr x specie selvatica e 63 specie selvatiche. Complessivamente, la banca del germoplasma di Solanum spp., mantenuta in vitro dai due Centri, è composta da 260 accessioni e rappresenta una delle più importanti raccolte presenti in Italia, particolarmente per la presenza di un numero consistente di varietà antiche e tradizionali di patate italiane ed europee (landraces). Questo fatto ha permesso di partecipare allo sforzo europeo di mantenimento della biodiversità in patata (Reg. Ce 1467/94) e all’armonizzazione delle collezioni a livello europeo. Altre varietà “salvate” in Italia In Italia esistono altri esempi di recupero di antiche varietà: si può citare il lavoro portato avanti dal DiSAT di Firenze per la Viola Calabrese e la Rossa di Cetica, in collaborazione rispettivamente con l’Agenzia Regionale Servizi e Sviluppo Agricolo (Arssa) della Regione Calabria e l’Amministrazione Provinciale di Arezzo. La prima varietà antica è ormai oggetto di programmi di riproduzione da parte dell’Arssa calabrese e la seconda è stata già risanata e caratterizzata e nel corso del 2003 sarà fatta in loco una prima moltiplicazione di tubero seme. La Viola Calabrese rappresenta, probabilmente, una selezione locale calabrese di una varietà tradizionale dell’Appennino centrale (Abruzzo e Molise), con il nome di Turchesa o Turchese diffusa ampiamente in questi territori dal 1840 fino alla prima guerra mondiale. Si tratta di due varietà significativamente diverse da quelle attuali, con caratteristiche sensoriali specifiche e adatte a differenti usi culinari locali, dagli gnocchi, ai tortelli alla patata arrostita sotto la brace. Perqueste loro caratteristiche sonomolto richieste localmentee possono svolgere lo stessoruolo sopra ricordato della Noimoutier; cosa che sta giàaccadendo in Casentino per la Rossa di Cetica. Nei riguardi della Viola Calabrese, vista la tolleranza osservata alla peronospora, il DiSAT e l’Arssa hanno avviato un’interessante attività sperimentale sulla produzione biologica di tuberi. È stato inoltre fatto un accordo di collaborazione con i Vivai Raggi di Cesena, per una prima fornitura di mini- tuberi da inserire nella piccola distribuzione a livello hobbistico e familiare. Altra varietà, simile alle precedenti, recuperata in Trentino, è la Bluona, sempre con tuberi a buccia viola e pasta bianca. La larga diffusione di questa tipologia è probabilmente legata al gusto particolare e alla buona tolleranza nei confronti delle malattie e della degenerazione. Il recupero fase per fase La varietà antica Turchesa, è oggetto di un programma specifico di recupero e valorizzazione da parte del Cisa Mario Neri, in collaborazione con il DiSAT di Firenze e il Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università dell’Aquila, con il coinvolgimento e il finanziamento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Il progetto è stato distinto in fasi temporali, in relazione alla tipologia dell’intervento. Nella prima fase si procede al risanamento, al controllo del rispetto della Direttiva 77/93 per la presenza di patogeni a tolleranza zero (virus, viroidi, batteri e funghi) e alla prima conservazione in vitro del materiale raccolto. Contemporaneamente si procede alla conservazione in vivo sia ex situ (serre del Cisa) che in situ (all’interno del Parco), in modo da assicurare la mancata perdita di materiale, e al mantenimento delle caratteristiche fenotipiche delle accessioni. Sempre nella prima fase si esegue la caratterizzazione etnostorica e s’inizia la valutazione geopedologica degli ambienti destinati ad accogliere il materiale da riproduzione e da consumo. Nella seconda fase si procede alla moltiplicazione del materiale conservato in vitro con la produzione finale di mini-tuberi completamente sani e si termina la caratterizzazione geopedologica. Nella terza fase, si esegue la moltiplicazione dei tuberi all’interno del Parco, in zone particolarmente vocate per l’assenza di voli afidici portatori di virosi e si valutano al meglio le aree ed i produttori di tuberi seme. Nella quarta fase si prosegue nell’attività di moltiplicazione e si producono i tuberi destinati al consumo. Auspicabile un coordinamento interregionale Queste iniziative rappresentano un modo per valorizzare economicamente l’ambiente montano che non ha alternative, se non la produzione di alimenti di nicchia di elevato valore aggiunto. Oltre alla salvaguardia della biodiversità, un obiettivo generale è quello di affermare che la coltivazione della patata non è solo una tradizione dei paesi nord europei, ma che da tempi antichi la specie si è affermata nel nostro paese, contribuendo alla diversificazione del nostro patrimonio culinario e nutrizionale, con tipologie ben distinte dagli altri paesi europei, soprattutto dal punto vista organolettico. Le iniziative avviate delle due strutture Cisa Mario Neri e DiSAT di Firenze dovrebbero essere accompagnate da conformi iniziative del MiPAF per risolvere il problema dell’iscrizione al Registro nazionale delle varietà. Solo così saranno garantiti i produttori e i consumatori, con riflessi sulla valorizzazione territoriale legata alla tipicità dei prodotti. Sembra altresì interessante poter avviare un progetto coordinato a livello interregionale, orientato al recupero di antiche varietà di patata, con l’obiettivo di caratterizzare il prodotto, di individuare elementi di tracciabilità, di definire disciplinari di produzione e di ottenere il riconoscimento Dop o Igp da parte dell’Unione Europea. Obiettivi che sono in sintonia con lo sviluppo rurale di aree sensibili del nostro territorio nazionale. Ricerca eseguita per conto del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.