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UNIVERSITA’ DI VERONA
FACOLTÀ DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE
L'APPRENDIMENTO DEL SISTEMA BRAILLE
18 MAGGIO 2010
DOCENTE: LORENZA VETTOR
E-MAIL: [email protected]
FINALITÀ E OBIETTIVI
1. Fornire informazioni storiche sulla nascita e la diffusione del Braille dalle sue origini ai giorni nostri;
2. Fornire le informazioni di base sul sistema di lettura e scrittura Braille;
3. Spiegare quali sono gli strumenti utilizzati per la scrittura braille;
4. Dare alcune importanti informazioni sulle strutture ed istituzioni deputate alla fornitura di servizi
connessi all’integrazione scolastica degli alunni con minorazioni visive;
5. Accennare ai Centri di consulenza tiflodidattica esistenti in Italia.
PARTE 1 - IL BRAILLE E LA SUA STORIA
GLI ANTENATI DEL BRAILLE
Nonostante vi siano alcuni grandi studiosi ciechi come Nicholas Saunderson che eredita la cattedra di
Newton, leggere e scrivere senza la vista rimane un ostacolo insormontabile. Fin dalla seconda metà del
XVI secolo, si ha notizia di tentativi di escogitare un sistema che consenta ai ciechi di leggere e scrivere.
L’abate italiano Lana-Terzi idea un complicato sistema di fili intrecciati e annodati che rappresentano le
diverse lettere dell’alfabeto. Nel 1640, il tipografo francese Pierre Moreau mette a punto un metodo di lettura
per i ciechi basato sulla combinazione di lettere mobili. Molti altri tentano, con successo più o meno
eclatante, ricorrendo a ogni sorta di sistemi e strumenti per ottenere una rappresentazione tattilmente
riconoscibile dell’alfabeto.
Il primo impiego sistematico di un alfabeto tattile si haa Parigi verso il 1780 quando Valentin Haüy mette in
opera un metodo per tracciare le lettere su fogli di carta spessa mediante una penna con punta dotata di
rotellina dentellata. Lo stesso Haüy, direttore dell’istituto dei ciechi, sperimenterà ben presto con successo
una modalità di impressione delle lettere sulla carta inumidita, servendosi di lastre metalliche sulle quali le
lettere stesse vengono incise preventivamente.
Il primo libro prodotto con questa tecnica - una sintesi delle teorie sull’educazione dei ciechi - viene
pubblicato a Parigi nel 1787.
Haüy sostiene che occorre mantenere la massima analogia nei metodi e nelle tecniche di educazione delle
persone vedenti e delle persone non vedenti.
Nel 1845, William Moon, un inglese divenuto cieco all’età di 21 anni, mette a punto un sistema tattile che da
lui trae il nome. Il Moon si basa sulla rappresentazione in rilievo delle normali lettere dell’alfabeto, ma
modificate e semplificate per consentirne una migliore percezione. In pratica, otto lettere rimangono
identiche; quattordici risultano parzialmente modificate, mentre cinque sono totalmente ridisegnate.
Il primo libro nel sistema Moon viene pubblicato in Gran Bretagna nel 1847 e per l’epoca, l’idea incontra un
vasto e duraturo successo. Qualcuno sostiene ancora che i ciechi divenuti tali in età avanzata,
incontrerebbero minori difficoltà nell’apprendere una modalità di lettura basata sul sistema Moon piuttosto
che sul Braille.
Ma il vero precursore dell’alfabeto Braille è senza dubbio il sistema messo a punto da Charles Barbier, un
capitano di artiglieria dell’esercito napoleonico. Per giustificare il suo sistema ed il conseguente alfabeto
puntiforme, che realizza definitivamente nel 1815, egli parte, dall’esatta constatazione che i punti risultano,
all’identificazione tattile, più consoni delle linee.
Si tratta di due colonne verticali di sei punti ciascuna: un massimo di dodici punti per ogni simbolo, per
rappresentare non tanto le singole lettere dell’alfabeto, quanto piuttosto le combinazioni dei suoni della
lingua francese; di qui la definizione di "metodo sonografico".
Tale sistema, al quale va riconosciuto l’indubbio merito di aver aperto la via al moderno metodo di lettura e
scrittura dei ciechi, risulta tuttavia piuttosto complicato nella decodifica dei segni e nella loro traduzione in
parole. Barbier inoltre, per scrivere con il proprio codice, concepisce prima e realizza poi la tavoletta e il
punteruolo, quasi del tutto simili a come oggi li conosciamo.
LOUIS BRAILLE E LA SUA RIVOLUZIONARIA INVENZIONE
Appare evidente, già da questa seppur sommaria analisi, come il metodo messo a punto da Barbier non è
stato pensato per la lettura tattile dei ciechi, ma per la decifrazione al buio di messaggi militari. Esso tuttavia
trova efficace, sebbene sporadica applicazione tra un ristretto numero di ciechi dell’istituto di Parigi. Tra
questi, Louis Braille. Quando Barbier introduce il proprio metodo, tra gli ospiti dell’istituto, Louis Braille,
ancora giovanissimo, si rivela tra gli allievi più abili e ed efficienti.
Ma chi era Louis Braille? Scopriamolo attraverso queste note biografiche…
Louis Braille nasce a Coupvray il 4 gennaio 1809 e muore a Parigi il 6
gennaio 1852, dove è sepolto presso il Pantheon.
Quarto figlio di una famiglia povera, il bambino è gracile ma pieno di
curiosità. Spesso, si avvicina al tavolo da lavoro del padre, Simon-René
Braille, un sellaio, incuriosito dai suoi strumenti. Più volte il padre gli
proibisce e lo rimprovera perché non si avvicini, ma purtroppo il piccolo Louis
non ascolta mai. Un giorno, all’età di tre anni, durante un’assenza dei suoi
genitori, il bambino comincia a prendere dal tavolo gli strumenti di suo padre
per scrutarli ben bene. Malauguratamente, uno di questi colpisce un occhio
del piccolo Louis. Quando i genitori arrivano trovano il bambino che piange
per il dolore ed il viso pieno di sangue e capiscono immediatamente che per
l’occhio di Louis non c’è più nulla da fare. Ad aggravare lo stato di salute, arriva una congiuntivite che
colpisce l’altro occhio, fino a produrre pus. Le cornee dei due occhi sono distrutte ed il piccolo Louis non ci
vede più; ricordiamo che allora medicinali e soprattutto antibiotici erano del tutto inesistenti.
Ma in paese l’abate Palluy, il maestro Becheret e perfino il marchese d'Orvilliers prendono a cuore la sorte
di questo piccolo bimbo curioso e interessato al mondo.
E’ così che, a 10 anni, Luis vince una borsa di studio alla Institution des Jeunes Aveugles (Istituto per
giovani ciechi) a Parigi. Si tratta di uno dei primi centri specializzati per persone non vedenti, dove gli ospiti
vengono avviati a diversi mestieri, come ad esempio l’impagliatore di sedie.
Nell'Istituto parigino, Louis riesce a perfezionarsi nello studio della musica e soprattutto dell'organo,
strumento in cui ben presto inizia a primeggiare, tanto da essere invitato a tenere concerti in varie chiese
della città.
Nello stesso Istituto, grazie al vecchio sistema dei caratteri da stampa in rilievo, può frequentare un corso
regolare di studi e diplomarsi, diventando a sua volta insegnante.
Leggere però le pagine di un libro, seguendo con il dito il contorno delle lettere dell'alfabeto in rilievo, è un
lavoro estenuante. Dalla diretta esperienza di un utilizzatore assiduo e intelligente, emerge infatti palese il
limite maggiore del metodo di Barbier: la scarsa duttilità tattile dovuta a una percezione difficoltosa, a causa
delle dimensioni dei singoli segni: colonne di sei punti infatti, si colgono a fatica nell’esplorazione tattile del
polpastrello del dito indice, rallentando così il processo di identificazione e l’intero fluire della lettura. E così,
mentre un cieco legge una riga, un ragazzo dotato della vista ha già finito un paio di pagine…
Louis comprende che lo studio, per sé e per gli altri che hanno perduto la vista, diverrebbe più facile se
avvenisse mediante un sistema più semplice. Ci vorrebbe un alfabeto per ciechi. Louis pensa e ripensa; fa
vari tentativi, e finalmente appena ventenne inventa il nuovo sistema di scrittura Per ciechi. Le dita saranno
ancora i loro occhi. Infatti il sistema Braille, poi perfezionato dal Foucault, impegna sempre il polpastrello
dell'indice, col quale il cieco sfiora il foglio. Ma la lettura è estremamente semplificata e facile. Sulla carta le
parole sono formate da puntini in rilievo, variamente disposti e in numero diverso, per rappresentare le
lettere dell'alfabeto e i
numeri. Più tardi Louis applicò il suo metodo anche agli spartiti musicali, traducendo le note del
pentagramma in puntini.
Louis Braille pone rimedio a tale inconveniente mediante la riduzione della matrice di ciascun segno, che
passa da due colonne di sei punti, a due colonne di tre punti, dando origine al sistema così come oggi noi lo
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conosciamo.
Louis Braille pubblica il suo "Metodo" sistematico nel 1829, ricevendo subito una favorevole accoglienza da
parte degli allievi dell’istituto di Parigi che cominciano a praticare il nuovo sistema. Il prof. Pignier, direttore
del tempo, accoglie con entusiasmo il nuovo metodo e incoraggia Louis Braille in ogni modo, nominandolo
perfino insegnante nell’istituto. Vengono realizzate le tavolette per la scrittura che Louis Braille ha progettato
correggendo gli originali strumenti ideati da Barbier e si comincia a leggere e scrivere in Braille con ottimi
risultati per gli allievi.
Grazie al nuovo metodo, Louis Braille in persona e una cinquantina di altri frequentatori dell’istituto studiano
musica fino a diventare organisti professionisti e trovare impiego in molte chiese di Parigi e dintorni,
nonostante la diffidenza palesata dagli insegnanti e dagli educatori vedenti che tuttavia viene tenuta sotto
controllo dal direttore Pignier. Ma quando questi viene sostituito da Dufau, un feroce avversario dell’uso del
Braille, la situazione muta radicalmente e il sistema di Louis Braille viene additato come strumento di
segregazione e perfino come elemento di disturbo dell’attenzione in classe, per via del ticchettìo del
punzone, in fase di scrittura.
Dufau sostituisce così il Braille con il sistema messo a punto da Johon Alston presso il ricovero per ciechi di
Glasgow, una sorta di alfabeto normale molto semplificato e riprodotto in rilievo e dà ordine di eliminare
sistematicamente le tavolette di scrittura e i pochi testi disponibili, tra i quali una "storia della Francia" in tre
volumi, che risulta essere il primo vero libro riprodotto in Braille. Gli studenti tuttavia resistono a tanta furia
distruttiva e continuano a praticare il metodo Braille, servendosi di ogni sorta di utensile: coltellini, forchette,
spilloni, ecc…. I più anziani insegnano ai più giovani e l’alfabeto di Louis Braille continua ad esistere
nonostante la sorveglianza, le punizioni corporali e le vessazioni d’ogni genere che si abbattono sugli allievi
ribelli. E’ un giovane assistente di Dufau, Joseph Gaudet, ammirato dalla resistenza dei ciechi ospiti
dell’istituto e favorevolmente impressionato dal metodo Braille, che comincia a praticarlo e insegnarlo, e a
convincere infine il direttore dell’opportunità di incoraggiare piuttosto che ostacolare. Con lusinghe e
adulazioni, egli riesce a persuadere Dufau a farsi difensore e promotore del metodo Braille, allettandolo con
la prospettiva di una pubblica notorietà, ove l’istituto da lui diretto fosse risultato fucina di invenzioni e
innovazioni che possono avere eco in tutta la Francia e forse nel mondo intero. Così, grazie alla vanità
sapientemente stuzzicata di un miserabile personaggio chiamato a un posto troppo elevato per la sua
intelligenza, il metodo Braille può superare il primo e forse il più grave ostacolo alla propria diffusione. Di
opposizioni ve ne sono state altre e consistenti, come vedremo in seguito, ma intanto la battaglia per
l’esistenza era vinta, grazie alla sagacia di un giovane maestro cieco e alla resistenza degli allievi ciechi
dell’istituto di Parigi.
Il sistema Braille, sebbene lentamente, comincia a diffondersi e ad affermarsi in Francia e all’estero. Già
nella seconda edizione del suo metodo, Louis Braille adatta l’alfabeto alle sei maggiori lingue parlate e
scritte in Europa e in America: inglese, francese, spagnolo, tedesco, italiano e portoghese.
Nel 1852, il Braille viene introdotto nella scuola per ciechi di Losanna dove, nel 1860, sorge una vera e
propria copisteria che produce volumi in francese e in tedesco. Nel 1854 il sistema viene adottato
ufficialmente in Francia e, nello stesso anno, viene realizzata la prima edizione del metodo in lingua
portoghese per espressa volontà dell’imperatore del Brasile, Don Pedro II. Nei Paesi di lingua tedesca, il
Braille si afferma con qualche variante segno-grafica, che per alcuni decenni, costituisce un motivo di
confusione e di disorientamento, come certificato nel primo congresso degli educatori per ciechi tenutosi a
Lipsia nel 1873 e nel secondo congresso tenutosi a Dresda nel 1876. Su 25 scuole per ciechi, quattordici
adottano il Braille modificato e soltanto undici quello originale, derivante dal francese.
Nel contempo, celebrati educatori quali Klein e Knie continuano ad avanzare forti riserve sull’impiego
esclusivo del Braille per l’istruzione dei ciechi, ritenendolo un sistema emarginante e totalmente inadatto
all’occhio. In Inghilterra all’epoca erano in voga quattro sistemi di lettura e scrittura di caratteri normali a
rilievo (Moon, Fry, Alston, e Gall), più due sistemi di tipo stenografico (Lucas e Frère). Thomas Ermitage,
fondatore dell’associazione per l’educazione dei ciechi in patria e all’estero, propone che siano direttamente
1
La sua curiosità e il suo spirito di iniziativa lo portano a continuare la ricerca e ad
inventare un macchinario che permette ai non vedenti di scrivere esclusivamente per i
vedenti. Si tratta del “rafigrafo”, che però non avrà grande applicazione perché
piuttosto complicato nell’utilizzo. Sarà invece l’invenzione della macchina da scrivere
a permettere questo tipo di comunicazione.
gli interessati, cioè i ciechi, a decidere circa il sistema da adottare. Viene costituito un comitato di
valutazione composto solo da ciechi che conoscono almeno tre dei sistemi citati. Il comitato, nel 1870, si
pronuncia in favore del Braille, che già nel 1883 risulta ufficialmente adottato nella stragrande maggioranza
delle scuole inglesi per ciechi. Nel 1878 finalmente, nell’ambito del primo congresso internazionale per
l’educazione dei ciechi svoltosi a Parigi, dopo aspre e prolungate dispute, il 27 Settembre in seduta plenaria,
il Braille è universalmente adottato come metodo di scrittura e lettura per i ciechi, nella sua forma originale
francese: sono infatti ben 800 attualmente i dialetti e le lingue che utilizzano il metodo Braille per la
comunicazione tra i non vedenti.
Soltanto gli Stati Uniti d’America, tra i grandi paesi evoluti, seguoniranno un percorso diverso che
ugualmente porterà all’affermazione del Braille, ma dopo controversie laceranti tra gli educatori, che
provocarono ritardi e incertezze nel processo di istruzione dei ciechi.
Nel 1949, l’UNESCO ha promosso la diffusione del Braille in tutto il mondo, perché i non vedenti di tutti i
continenti se ne possano giovare.
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Con legge3 agosto 2007, n. 126, il Parlamento ha istituito la Giornata Nazionale del braille “quale momento
di sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti”. “Nell'ambito di tale
giornata (che si celebra il 21 febbraio), le amministrazioni pubbliche e gli altri organismi operanti nel settore
sociale possono promuovere idonee iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, nonché studi, convegni,
incontri e dibattiti presso le scuole e i principali mass-media, per richiamare l'attenzione e l'informazione
sull'importanza che il sistema Braille riveste nella vita delle persone non vedenti e di quanti sono coinvolti
direttamente o indirettamente nelle loro vicende, al fine di sviluppare politiche pubbliche e comportamenti
privati che allarghino le possibilità di reale inclusione sociale e di accesso alla cultura e all'informazione per
tutti coloro che soffrono di minorazioni visive”.
Nel 2009, nel duecentenario della sua nascita, sia l'Italia sia il Belgio gli hanno dedicato una moneta
commemorativa da due Euro.
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Pubblicata in G.U. n. 189 del 16 agosto 2007.
UN CLUB IN ITALIA PER LA DIFFUSIONE DEL BRAILLE
Nel 2002, numerose sono state in tutta Italia le iniziative per commemorare Louis Braille nel 150°
anniversario della morte e, perché l'evento non rimanesse un anno puramente celebrativo, il Coordinamento
nazionale degli Enti dipendenti dall'Unione Italiana dei Ciechi, o ad essa collegati, ha costituito il Club
Italiano del Braille (C.I.B.), i cui Enti Fondatori sono: L'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della
Cecita' Sezione Italiana, la Biblioteca Italiana per Ciechi "Regina Margherita" di Monza, Il Centro Regionale
della Calabria per l'Autonomia del Non Vedente, La Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi,
l'Istituto per Ciechi "Francesco Cavazza", l'Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione, la
Stamperia Braille di Catania, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Principali finalita' del Club Italiano del Braille sono: la raccolta di fondi per finanziare l'adeguamento
strutturale e strumentale della casa natale di L.
Braille, a Coupvray (Francia), oggi museo; la realizzazione di specifiche iniziative di sensibilizzazione
nell'ambito della Giornata mondiale del Braille (4 gennaio); la creazione in Italia di un Museo Braille, per
raccogliere ed esporre materiale di interesse storico-tiflo-tecnologico.
Avere cura della casa dove è nato colui che ha fornito ai ciechi di tutto il mondo lo strumento principe per il
riscatto sociale e culturale da secoli di ignoranza, non è soltanto un dovere morale di tutti noi, ma e' anche
ragione per tenere desta la memoria della nostra storia ed alimentarla in uno spazio fisico da salvaguardare
e valorizzare.
La Giornata Mondiale del Braille è l'occasione importante e preziosa per parlare delle problematiche dei
ciechi: prime fra tutte, quelle del diritto allo studio e dell'accesso alle fonti della Cultura.
La creazione in Italia di un Museo Braille consentirà di avviare una seria ricerca di reperti, strumenti e testi
Braille che hanno scandito le tappe della emancipazione culturale e sociale dei ciechi d’Italia.
PARTE 2 - IL SISTEMA BRAILLE
LA “LOGICA” DEL BRAILLE 3
Com’è costruito il sistema Braille? In modo molto semplice, come vedremo subito, quello stesso modo con
cui viene ancor oggi insegnato. Ed è appunto nella sua semplicità che sta la sua genialità: ad ormai 200
anni – anno più, anno meno – dalla sua introduzione, esso rimane l’unico sistema di letto/scrittura praticato
dai non vedenti di tutto il mondo. Anche l’avvento delle nuove tecnologie non ha fatto venir meno il primato
del Braille, come invece si potrebbe pensare: basti riflettere, per convincersene, sul fatto che l’utilizzo del
display per PC comporta, necessariamente, la conoscenza del Braille.
Prima di addentrarci in lettere e numeri, facciamo alcune premesse di ordine pratico.
Per scrivere si usano fogli di carta pesante (grammatura non inferiore a 180) poggiati sopra una tavoletta di
ferro o di plastica che può essere di varie dimensioni e sulla quale scorre un regolo o righello, anch’esso di
lunghezza variabile, che viene fatto scorrere sul telaio incardinato sulla tavoletta, su cui si blocca il foglio.
Spostando quest’ultimo, si determinano le righe, una sotto l'altra. Si scrive con un punteruolo (anche in
questo caso, la punta può essere più o meno sottile), che solleva piccoli coni di carta rigida nel punto
perforato. Il punteruolo viene orientato da chi scrive entro caselle della grandezza di circa 3 × 2 millimetri,
inserite nel regolo stesso. Il punteruolo va tenuto fra il dito indice ed a polso fermo.
Il regolo si compone di due righe, divise in tante caselle; in ogni casella, si scrive una lettera. Ogni casella
può contenere al massimo sei punti, disposti in due file verticali, una a destra e l’altra a sinistra dello stesso
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casellino. Partendo dall’alto, i punti di destra si denominano “1, 2 3”, quelli di sinistra – sempre partendo
dall’alto – “4, 5, 6”.
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trascrivere non è copiare! Il termine "scrittura" non deve trarre in inganno. Il
Braille è in effetti un modo di scrivere, ma presuppone non solo l'uso di un alfabeto
speciale, di un “codice”, bensì anche di una particolare tecnica nella disposizione
delle parole sulla pagina, in modo che esse acquistino un senso logico sotto
l'esplorazione della mano. Per questo motivo, trascrivere non significa soltanto
copiare, usando un codice in cui a ogni segno grafico ne corrisponde un altro. Significa
anche tradurre un percorso logico concepito per la vista in un altro concepito per il
tatto. La lettura attraverso la mano, infatti, pur permettendo di percepire moltissime
informazioni, pone alcuni limiti che non possono essere dimenticati. La mano legge in
modo analitico, una parola dopo l'altra, una riga dopo l'altra, sempre in due sensi
soltanto, verticale e orizzontale, e non può avere una visione di insieme della pagina
proposta, come consente di fare la vista. L'editoria moderna, continuamente alla ricerca
di stimoli nuovi per la curiosità e l'immaginazione del lettore, rende il lavoro di
trascrizione sempre più difficile. Soprattutto per quanto riguarda i testi scolastici è
diventato quasi impossibile trovare libri che non ricorrano a immagini e soprattutto a
percorsi di lettura paralleli o che comunque si intrecciano e si collegano in vario
modo, con risultati spesso attraenti. Diventa quindi di fondamentale importanza come si
decide di trascrivere questo tipo di pagine in Braille: copiare soltanto le singole
parole restituirebbe una versione quasi incomprensibile e renderebbe obbligatorio
l'intervento di un intermediario tra il libro e l'utente per spiegare lo scopo e la
funzione di quanto viene espresso. Occorre allora "interpretare" e il trascrittore dovrà
prendere consapevolezza, nel suo lavoro, di quali percorsi il suo stesso occhio segue,
per poter dare una intelaiatura comprensibile ai concetti e restituire nel Braille una
analoga struttura, che vesta la lingua di significato e che, nello stesso tempo, la mano
possa seguire senza fatica, secondo le limitate direzioni a cui è abituata.
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Un discorso a parte va fatto per il c.d. “Braille informatico” dove, per ovvi motivi di
spazio – ovvero per evitare di scrivere a pc troppi simboli – le caselline (non della
tavoletta, ma) del display – su cui vedi oltre – sono composte non da 6, bensì da 8
punti.
Il Braille si scrive da destra verso sinistra, poiché per leggere bisogna togliere il foglio dalla tavoletta e
girarlo, per leggere, appunto, nella direzione in cui anche chi vede legge, ovvero da sinistra a destra; il
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senso della lettura è, cioè, speculare a quello della scrittura.
Non esiste un alfabeto maiuscolo e minuscolo: l’alfabeto è unico e per distinguere le lettere maiuscole dalle
minuscole si ricorre ad un apposito segno, composto dai punti 4 e 6 – detto appunto “segno di maiuscola” –
posto davanti alla lettera interessata.
Analogamente, per distinguere i numeri dalle lettere si scrive davanti a questi un apposito segno – detto
“segnanumero”: punti 3, 4, 5, 6 – poiché lettere e numeri si scrivono allo stesso modo: così, A=1, B=2, C=3,
D=4, E=5, F=6, G=7, H=8, I=9, J=0.6
Veniamo, allora, all’alfabeto e alla segnografia…
Per comporre le prime dieci lettere dell’alfabeto francese (A, B, C, D, E, F, G, H, J), Louis Braille inizia dai
quattro punti che compongono le prime due righe della tabella, ovvero da quella che viene ancora chiamata
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la “prima serie” di segni; quindi prosegue – dall’undicesima alla ventesima lettera: L, M, N, O, P, Q, R, S, T
- usando il punto della parte inferiore destra – quello che tecnicamente viene denominato “punto tre”) per
rappresentare le lettere della “seconda serie”; infine, dalla ventunesima alla ventiseiesima lettera (U, V, X, Y,
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Z) completa la segnografia con l’aggiunta dei “punti tre e sei".
Abbassando di un posto le lettere della prima serie (ovvero: punti 1, 2, 4, 5), si ottengono i segni di
interpunzione e quelli aritmetici, che sono quindi tutti formati dalle possibili combinazioni dei punti: 2, 3, 5, 6.
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Finora, abbiamo parlato di scrittura “da destra a sinistra”, ma a scopo meramente
chiarificativo: infatti usare questa dizione crea molta confusione, specie nel bambino
piccolo che deve apprendere. Meglio, allora, parlare di “senso di scrittura” e “senso di
lettura”
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Da quanto appena detto, appare evidente che i numeri si formano usando unicamente le
lettere della “prima serie”.
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Detto in altri termini: le prime dieci lettere dell’alfabeto sono costruite usando sia
i due punti superiori (ovvero: 1 e 2), sia i due punti mediani (ossia: 4 e 5).
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Sta a sé la lettera W, l’unica che si forma aggiungendo il solo punto 6.
GLI STRUMENTI PER LA SCRITTURA BRAILLE
TAVOLETTA BRAILLE
La tavoletta Braille è, ancora oggi, lo strumento più diffuso per la
scrittura Braille ed è largamente utilizzata per insegnare ai ciechi i
primi rudimenti della scrittura.
Si compone solitamente:
•
•
•
di un piano rettangolare in metallo o plastica attraversato da scanalature orizzontali a distanza
regolare (oppure in luogo di esse vi possono essere delle cavette a forma rettangolare, disposte per
righe parallele) di circa 2,5 millimetri
da un telaio che presenta alcuni fori sui lati lunghi, unito al piano da una cerniera posta sul lato
superiore
da un righello composto da due file di casellini di 3X6 mm ciascuno.
Due sono i formati previsti: 24 caselline x 22 righe e 30 caselline x 36 righe.
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Tra il piano e il telaio viene inserito il foglio di carta sul quale, per mezzo di un punteruolo non acuminato si
punteggiano le lettere, associando ad ogni casella una lettera. Terminate le prime due righe si sposta il
righello verso il basso, fissandolo negli appositi fori del telaio. Si ricomincia una nuova riga e così via fino al
fondo della pagina. Il piano scanalato o con le cavette serve per arrestare il punteruolo quando si incide il
foglio di carta, impedendogli di perforarla.
Ogni casellino del righello fa da guida per la scrittura dei caratteri, consentendo combinazioni di puntini posti
su tre file per due colonne.
Con la tavoletta si esegue la scrittura da destra verso sinistra, mentre la lettura avviene sempre da sinistra
verso destra: i puntini impressi con il punteruolo infatti, assumono il loro rilievo nella facciata inferiore del
foglio che deve essere quindi girato per poter leggere.
Per la scrittura i limiti di questo ausilio sono i seguenti: lunghi tempi di preparazione o di controllo, difficoltà
di correzione per eventuali errori.
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In particolare, il sistema di fissaggio della carta può essere costituito da due o quattro
chiodini con punta molto acuminata, posti su uno o entrambi i lati verticali del piano di appoggio;
talvolta in luogo dei chiodini oppure in aggiunta vi è una barretta magnetizzata che si ripiega e
tiene fisso il foglio di carta; il foglio viene fissato sul piano scanalato con la parte ancora da
scrivere a destra dell'utilizzatore; le tavolette a libro di cui un esempio è la Marsella – di cui
parleremo fra poco - non hanno la cornice ma sono costituite da due parti unite insieme da una
cerniera: il piano scanalato e la griglia dei rettangolini; in questo caso una volta inserito e
fissato il foglio la tavoletta si richiude ed è e pronta per l'uso.
TAVOLETTA MARSELLA
E’ costituita da una doppia tavoletta incernierata a libro sul margine
sinistro. Sulla tavoletta superiore sono ricavate 22 righe di caselline
Braille. Il foglio viene fissato sul retro con 2 cerniere magnetiche. La
tavoletta inferiore è scanalata. Questo modello consente di leggere e
quindi di correggere il testo scritto, senza dover estrarre il foglio dalla
tavoletta, come avviene per il primo modello descritto. Tre sono i
formati previsti: 24 caselline x 22 righe; 19 caselline x 6 righe; 24
caselline x 3 righe. La tavoletta è sempre corredata da un punteruolo
con impugnatura sagomata.
E' necessario controllare:
- L'impugnatura del punteruolo. Il bambino tiene il punteruolo (appositamente sagomato) con il pollice e il
medio in opposizione, mentre con l'indice, appoggiato al di sopra dell'impugnatura, esercita in direzione
verticale (quindi perpendicolare al piano) una pressione sufficiente ad incidere il punto sulla carta Braille;
- la coordinazione bimanuale. L'indice della mano sinistra deve guidare e verificare ogni spostamento del
punteruolo impugnato dalla mano destra, sia nello scorrimento progressivo sulla riga da destra verso sinistra
e nel ritrovamento della riga successiva (in queste operazioni intervengono anche le altre dita della mano
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sinistra con funzione anticipatoria), sia nell'individuazione di ciascuna posizione interna al casellino.
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Possiamo allora concludere che i modelli di tabelle Braille differiscono tra
1. il numero di righe che permettono di produrre senza necessità di spostare il foglio;
(da 1 a 30)
2. il numero di rettangolini che contiene ogni riga (da 15 a 36);
3. la concezione, cioè con telaio o a libro. Da questo punto di vista si differenziano
per i seguenti aspetti:
a) la possibilità di controllo dell'azione in corso di svolgimento: Molto spesso
si sente dire che il non vedente deve fare maggiore affidamento alla sua
memoria, deve basarsi su indizi e indicazioni piuttosto che su dati percettivi;
questo è uno dei casi in cui appunto si ha il semplice controllo dell'azione in
corso; sia con la tavoletta a telaio che con quella a libro il bambino può
controllare se sta scrivendo o no, cioè può sapere se il puntino che vuole fare
è stato effettivamente inciso sul foglio o no. Il controllo avviene attraverso
due vie:
1. via uditiva: il punteruolo fa un certo rumore quando incide la carta;
2. via cinestesica: la muscolatura della mano e del polso trasmettono
alcune informazioni sul movimento del punteruolo.;
b) la possibilità di verificare lo scritto: nella tavoletta a telaio occorre
aprire il telaio, togliere il foglio, voltarlo e leggere lo scritto; nelle
tavolette a libro, soprattutto il tipo Marsella da tavolo, il foglio resta
fisso sotto la griglia cosicché basta aprire la tavoletta perchè si giri anche
il foglio; l'operazione di lettura con la tavoletta Marsella perciò è più
semplice che non con le tavolette a telaio o quelle a libro modello tascabile;
c) la possibilità di ricercare l'ultima riga scritta: questa operazione nelle
tavolette a telaio è più facile in quanto è possibile distinguere, scorrendo
leggermente la punta delle dita sul foglio, la parte scritta da quella non
punteggiata; il polpastrello in effetti è sensibile all'altorilievo, ma riesce
a percepire la differenza fra la carta incisa e quella ancora da punteggiare;
in tal modo è possibile, sempre con la tavoletta a telaio, sistemare il
righello subito al di sotto della parte scritta; la tavoletta a libro rende
questa operazione più difficile.
d) ricerca del segno: si intende ricerca dell'ultima lettera scritta; questa deve
avvenire utilizzando il punteruolo; si deve esplorare la riga rettangolino per
rettangolino anche a ritroso, se necessario, passando leggermente la punta del
punteruolo in ogni casellino per rendersi conto se questo è già stato occupato
da qualche puntino o se è ancora libero; i vedenti ovviamente possono
utilizzare la vista, ma è bene che siano capaci di aiutare il bambino che non
vede a compiere questo tipo di operazioni autonomamente e nella maniera più
efficace.
PUNTERUOLO
Il punteruolo può essere di varie forme e dimensioni. In esso comunque distinguiamo:
1. la punta: non deve essere troppo acuminata altrimenti il puntino sarà troppo sottile e quindi facilmente
cancellabile e poco leggibile;
2. il collo: deve rendere comoda l’impugnatura;
3. la testa: dovrà essere preferibilmente non perfettamente rotonda per evitare che il punteruolo, se posato
su di un piano di appoggio, cada troppo facilmente a terra.
I criteri e le modalità da seguire per ottenere una corretta scrittura sono i seguenti:
1. la mano sinistra, mentre si scrive deve precedere la destra tenendo il polpastrello del dito indice nel
casellino successivo a quello in cui si sta scrivendo;
2. il punteruolo deve essere impugnato con la mano destra facendo sì che l'indice sormonti la testa e
tenendo il collo tra pollice e medio;
3. il punteruolo deve essere tenuto sempre perfettamente perpendicolare al foglio in modo da ottenere un
puntino diritto e rotondo;
la posizione deve essere individuata prima di incidere il puntino, cercando l'angolo desiderato basandosi sia
sul rumore che fa il punteruolo battendo contro il bordo interno del casellino sia utilizzando percezioni
propriocettive (l'arrestarsi del punteruolo contro il bordo del casellino rilevato dalla muscolatura del braccio e
del polso). I punti centrali sono quelli più difficili in quanto manca la battuta
DATTILOBRAILLE
E’ abbastanza simile a una macchina dattilografica.
Infatti ha una tastiera, un carrello che avanza, un
rullo attorno al quale si avvolge la carta.
Vi sono diversi tipi di dattilobraille : da scrivania o
portatili, con scrittura a vista o con scrittura nascosta.
Quelle più usate si possono distinguere in due
categorie:
a) con rullo fisso e testina mobile;
b) con testina fissa e rullo mobile.
Le più comode e anche le più costose sono quelle
con testina mobile e rullo fisso.
Le parti principali sono le seguenti:
1. i tasti: sono 7 uno per ogni punto e uno per lo spaziatore più due tasti funzione per l'avanzamento di riga
e per il ritorno carrello;
2. la testina scrivente: è composta da 2 parti cioè i punzoni e la matrice cieca; i punzoni si muovono dal
basso verso l'alto e incidono il foglio di carta; la matrice cieca invece è un rettangolino contenente
appunto i sei fori ciechi ossia senza sfondo; la matrice accoglie il punzone che sbalza il foglio di carta
mentre si scrive;
3. il rullo trascinatore: come nelle macchine da scrivere, serve a trascinare il foglio;
4. il sistema di fissaggio: tiene fermo il foglio.
La dattilobraille funziona nel seguente modo: Ciascuno dei sei tasti corrisponde a uno specifico puntino del
codice Braille. Per scrivere un carattere occorre premere contemporaneamente tutti i tasti corrispondenti ai
puntini che lo costituiscono (l'indice della sinistra sul tasto numero 1, il medio sinistro sul tasto numero 2,
l'anulare sinistro sul tasto numero 3, l'indice destro sul numero 4, il medio sul numero 5 e l'anulare sul tasto
numero 6, il pollice sullo spaziatore).Una volta inserito il foglio si imposta la macchina per iniziare a scrivere
e quindi si avvolge tutto il foglio e si posiziona la testina di scrittura ovvero il carrello sulla prima riga al primo
spazio. Se si vuole scrivere la lettera" a" si premerà una volta il tasto numero 1. Si potrà vedere che il foglio
di carta è stato inciso, è apparsa la lettera "a" che si può leggere subito senza alcuna operazione di
rovesciamento del foglio. Si può vedere anche che la testina di scrittura ovvero il carrello è avanzato di una
posizione proprio come succede nelle macchine da scrivere normali.
La dattilobraille dispone inoltre di un tasto spaziatore, uno di avanzamento riga e uno di battuta indietro. I
punzoni imprimono i puntini nella carta dal basso verso l'alto e quindi il testo risulta immediatamente
leggibile anche durante la fase di scrittura.
Come si correggono i testi incisi con la dattilo braille? Quando si devono fare correzioni semplici si può
procedere in uno di questi modi a seconda della situazione in cui ci si trova:
1. ci si accorge di avere omesso un puntino (b anziché l): in questo caso si torna indietro e si aggiunge il
puntino mancante;
2. ci si accorge di aver fatto un puntino di troppo: in questo caso si toglie il foglio, si cerca l'errore, si
schiaccia il puntino ricacciandolo indietro o con l'unghia del dito indice destro oppure con la punta del
punteruolo; oppure ci si ricorda che si è sbagliato rimandando la correzione a quando si sarà finito di
scrivere il testo;
3. ci sono più puntini da correggere: si può cancellare l’intera lettera sbagliata; incidendo tutti e sei i puntini;
in realtà il segno formato da tutti e sei i puntini rappresenta una “è” ma è invalsa la convenzione secondo
cui quando questo è privo di significato va inteso come segno di cancellatura; ciò è particolarmente
evidente allorché le lettere cancellate sono più di una e sono consecutive;
4. ci si accorge di avere saltato una lettera, una parola, una frase: si può riscrivere il pezzo in fondo al testo
o su un foglio a parte; oppure si può scrivere la lista delle correzioni su un foglio a parte indicando la
pagina e la linea di ogni errore.
Di fronte a uno scritto in braille, l'insegnante vedente, quando dovrà segnalare un errore potrà fare un segno
a matita sull'errore per evitare di rileggere il compito. Quando lo consegnerà al bambino potrà utilizzare il
margine sinistro del foglio (in generale vi sono almeno 2 o 3 centimetri tra il bordo sinistro del foglio e la
parte scritta) facendo dei puntini di riferimento anche a mano libera, incidendo il punto fuori margine in
corrispondenza della riga che contiene l'errore e inviterà poi il bambino a fare scorrere le dita in senso
verticale lungo il margine non punteggiato arrestandosi quando trova un puntino che gli segnala un errore.
Poi lo inviterà ad individuarlo leggendo la riga o le righe circostanti.
La dattilobraille presenta i seguenti vantaggi:
a) consente di scrivere senza pensare le lettere ribaltate;
b) consente di controllare e di verificare costantemente il testo in corso di scrittura;
c) facilita la effettuazione di semplici correzioni: aggiunta o soppressione di qualche puntino;
d) consente di posizionare la testina o il carrello in un punto qualsiasi del foglio con possibilità di controllo e
verifica immediata utilizzando la mano destra per controllare e la mano sinistra per spostare il carrello e il
rullo avvolgitore;
e) facilita la scrittura in rilievo o in colonne, la produzione di semplici tabelle, l'effettuazione di esercizi di
completamento, la trascrizione di problemi e di operazioni in colonna.
Essa presenta però anche alcuni limiti che sostanzialmente sono il suo ingombro e la sua
rumorosità il che non la rende maneggevole e trasportabile come la tavoletta. Il suo utilizzo, inoltre,
presuppone indipendenza tra le due mani e tra le singole dita.
Come si è appena detto, rispetto alla scrittura con la tradizionale tavoletta, quella con la dattilo braille è
assai più rapida, ma i suoi 6 tasti, corrispondenti – come si è detto – ai 6 punti del righello della tabella, sono
posti in orizzontale e quindi non corrispondono, nella modalità di scrittura, alla forma delle lettere. Per
questo motivo, si sconsiglia – tranne casi particolari – l’uso della dattilo braille prima della tavoletta: in tal
modo, infatti, proprio perché la mano non si muove a “disegnare” la forma della lettera, non ne risulta chiara,
appunto, la sua struttura. E’ cioè opportuno che il bambino acquisisca, prima di essere avviato all’utilizzo
della dattilo braille, la perfetta padronanza dell’alfabeto e della scrittura mediante la classica ed
intramontabile tabella.
Display Braille
Il display Braille è un ausilio tecnologico di lettura che funziona senza l’uso della carta; l’analogo di una
piccola porzione dello schermo video del computer o di un display lcd. Collegato a un computer, funziona
come un monitor in Braille e permette ai ciechi un agevole accesso ai testi e alle informazioni, ad esclusione
delle immagini.
Il display Braille è composto di solito da una riga di quaranta caratteri piezoelettrici a otto punti anziché sei –
come sopra si diceva - che consentono la rappresentazione di 255 combinazioni di segni differenti. Ogni
carattere viene riscritto e cancellato milioni di volte, grazie alle caratteristiche elettrodinamiche dei punti
Braille costituiti da barrette piezoelettriche che assicurano un movimento rapido, silenzioso ed efficiente.
Vi sono, in generale, due tipologie di display Braille:
•
apparati utilizzabili solo in connessione con il computer
•
dispositivi "intelligenti" che funzionano anche separatamente dal computer, dotati quindi di tastiera,
memoria e alimentazione autonoma, oltre che del display Braille.
SUSSIDI DI PRESCRITTURA
E’ importante avviare il banbino ad affinare quelle abilità indispensabili all’apprendimento del Braille – quali
l’uso del tatto e la lateralizzazione – già a partire dalla scuola dell’infanzia. Ecco alcuni esempi di sussidi:
CASELLARIO ROMAGNOLI
Dettagli: Piano in legno di cm 50x35, delimitato da bordi alti cm 2,5, suddiviso da strisce orizzontali e
verticali che formano, incrociandosi, caselle a base quadrata (cm 2x2) profonde cm 2,5. Completa il sussidio
una scatola di legno contenente prismi ognuno dei quali misura mm 18x18x4,5. Propedeutico per la scrittura
Braille; sviluppo della coordinazione bimanuale; acquisizione e verifica dei rapporti topologici di distribuzione
e di ordine; sviluppo della prensione; localizzazione sul piano orizzontale delle relazioni spaziali (agli angolo
– riga e fila – alto e basso – ecc.); schematizzazione di ambienti noti. L’insegnante guida l’alunno
all’approccio globale con il materiale. Propone il posizionamento dei pezzi sulla griglia secondo criteri
topologici, di direzione, di lateralità. Il bambino inserisce i prismi nelle caselle per realizzare percorsi diversi
per andamento, direzione e dimensione, ritmi e forme.
CASELLARIO TRIESTE
Dettagli: Peso: piano: 2,5 Kg - cilindri (100) 0,860 Kg Dimensioni: piano: cm 50x40x2; cilindri h
3,7 cm - diam. 1,7 cm Materiale: legno Piano in legno rettangolare con 14 righe di 18 fori cad.. Le
finalità e le modalità d'uso sono simili a quelle del casellario "Romagnoli".
MOSAICO LOGICO
Dettagli: Casellario corredato da prismi a base quadrata e triangolare e da cilindri. Propedeutico per la
scrittura Braille; sviluppo della coordinazione bimanuale; acquisizione e verifica dei rapporti topologici di
distribuzione e di ordine; sviluppo della prensione; localizzazione sul piano orizzontale delle relazioni
spaziali (agli angolo – riga e fila – alto e basso – ecc.); schematizzazione di ambienti noti. La particolare
forma dei pezzi di cui è corredato induce anche attività di discriminazione e classificazione di forme.
ALFABETIERE
Dettagli: Peso: 0,9 Kg (compresa la valigetta) Dimensioni: valigetta: 38,5x27 cm; plancia: 37x25 cm; schede
forate: 12x8 cm; cilindri: h 4 cm - diam. 1,7
cm Materiale: plastica e legno Serie di schede in plastica, forate in corrispondenza delle posizioni dei punti
Braille, riproducenti le vocali, le consonanti
ed alcuni segni di interpunzione. Il sussidio è corredato da 6 cilindri in legno colorati e da una scatola per
posizionare la scheda durante l'uso. Le
schede sono colorate, rispettando le serie delle posizioni Braille (3 serie da 10 segni cad.).
Una scheda base di 6 fori è utilizzabile sia per conoscere
tutte le posizioni che per verificarne l'esattezza.
PARTE 3 – GLI ENTI E LE ISTITUZIONI A TUTELA DEI
DISABILI VISIVI IN ITALIA
L’”UNIONE” E LA SUA STORIA 11
Il riscatto dei ciechi in Italia è, storicamente, opera dell'Unione Italiana dei Ciechi che ha condotto,
nel corso del tempo, battaglie decisive per garantire a questa minoranza di cittadini il diritto
all'istruzione e al lavoro, premessa indispensabile per la loro integrazione sociale.
All'inizio del secolo XX i ciechi, inabilitati dal Codice Civile, erano condannati a vivere in condizioni
di miseria e di povertà. Gli istituti ad essi dedicati, pur presenti in gran parte del territorio nazionale,
erano unicamente dei ricoveri da cui gli ospiti uscivano, tranne rare eccezioni, per suscitare pietà in
occasione di qualche manifestazione di beneficenza o di qualche funerale.
L'Unione Italiana dei Ciechi nasce a Genova il 26 ottobre del 1920 come capolavoro di
12
interpretazione storica e di genialità creativa. Aurelio Nicolodi, insieme con un gruppo ristretto di
amici che, come lui, nella guerra appena conclusa avevano perduto la vista, comprende che la
cecità acquisita nei campi di battaglia costituisce un credito di enorme valore morale e sociale, un
patrimonio ideale la cui consistenza poteva essere facilmente misurata con il metro del sentimento
nazionale e patriottico dominante in quegli anni. Erano da poco terminate le Conferenze della pace
che avevano restituito all'Italia i territori irredenti consentendo il compimento dell'unità nazionale
avviata nel Risorgimento, ma limitando, nello stesso tempo, la realizzazione di aspirazioni
espansionistiche che andavano al di là dell'obiettivo raggiunto. La consapevolezza, sempre più
radicata e diffusa, della "vittoria mutilata", nella sua doppia valenza di esaltazione e di depressione,
rafforza e consolida in molti settori della società civile e dello schieramento politico il prestigio di
coloro che hanno duramente pagato per il bene della Patria. Nicolodi lo comprende lucidamente e,
mentre altri avrebbero strumentalizzato le tensioni crescenti nel Paese per farle confluire nel
calderone nazionalistico e irrazionalistico dell'arditismo e del fascismo, egli avrebbe speso tutto il
suo prestigio al servizio di un progetto ispirato ai valori della solidarietà e della giustizia sociale. In
altri termini, la capacità di comprendere lo spirito del tempo e il senso della storia si traduce in un
progetto geniale di riscatto e di emancipazione di uomini condannati come lui a vivere nell'ombra e
a subire tale condizione - e qui stava la differenza - come stigma di esclusione sociale e di
emarginazione, perché privi di quella luce che in lui derivava dal sacrificio compiuto e dalla
legittimazione che esso assumeva nel contesto dei valori dominanti. Il cieco di guerra, acuto
interprete del suo tempo, avrebbe fatto, dunque, della sua condizione umana ed esistenziale, uno
strumento di generosa condivisione e di costruzione di una alternativa radicale che, negli anni, si
sarebbe rivelata geniale, perché capace di ribaltare la collocazione sociale dei ciechi civili italiani e,
conseguentemente, la loro immagine, il loro vissuto, avviando un irreversibile processo di
superamento dell'emarginazione e di promozione dell'integrazione. Su tale felice interpretazione
11
Sulla storia dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, si vedano, fra gli
altri: Ceppi, E. (1981). I minorati della vista. Roma: Armando.
Galati, D. (a cura di) (1996). Vedere con la mente. Milano: Franco Angeli.
Monti, C. (1994). Quando la cronaca diventa storia: la lezione del '54. Firenze:
UIC.
Monti, C. (a cura di) (1997). Antologia del Corriere dei Ciechi: una voce al
servizio di un'idea. Roma: I.Ri.Fo.R.
Monti C., (1997). Una Presidenza per una società che cambia. Il Corriere dei
Ciechi, 52 (19), 2-10.
Monti, C. (2000). In cammino verso il traguardo delle pari opportunità: la
rivoluzione culturale dell'Unione Italiana dei Ciechi. Roma: UIC.
12
Per una biografia, vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Aurelio_Nicolodi
della realtà storica del primo Dopoguerra si basava, dunque, il coraggioso progetto fondativo
dell'Unione Italiana dei Ciechi, concepita come strumento per traghettare i privi della vista
dall'orizzonte immobile e improduttivo della pietà e della commiserazione alla ribalta di un impegno
attivo e determinante per il proprio avvenire di uomini e di cittadini. Si trattava, insomma, di
abbandonare il terreno franante della sterile filantropia pietistica per concepire un disegno fondato
su una valutazione rigorosamente scientifica delle potenzialità dei ciechi e degli spazi operativi che
ne consentono la piena espressione per la crescita personale e l'integrazione nella società. Con la
fondazione dell'Unione Italiana dei Ciechi, che nel 1923 si sarebbe costituita in Ente morale, i non
vedenti italiani avevano a disposizione uno strumento di aggregazione, di elaborazione, di tutela e
di rappresentanza: erano finalmente in grado di porsi come interlocutori attivi nei confronti delle
Istituzioni e della società civile, di gestire in prima persona i loro problemi, prima affidati
unicamente alla beneficienza di qualche filantropo, e di essere, quindi, protagonisti del loro
riscatto. Su questa strada che conduce, faticosamente, l'impostazione delle problematiche della
cecità dalla pietà alla scienza, particolarmente proficuo fu l'incontro tra Nicolodi e Augusto
Romagnoli. Egli non solo seppe comprendere che la condizione imprescindibile per il riscatto dei
ciechi andava identificata nel superamento dell'ignoranza e nell'istruzione, ma fu in grado di
elaborare una progettualità pedagogica fondata sul rigore del metodo scientifico e, per questo,
dotata di straordinaria efficacia didattica. Gli Istituti per ciechi che, all'inizio del secolo, erano
semplici ospizi privi di aperture verso la società e di sbocchi verso il futuro, diventano luogo di
educazione e di istruzione, strumento, insomma, di crescita, di maturazione e di apprendimento. In
stretta connessione con l'istruzione, il secondo ineludibile passo verso l'integrazione sociale è
rappresentato dal lavoro: a questa esigenza, fondamentale per ogni cittadino, l'Unione fornisce una
prima rilevante risposta con la costituzione dell'Ente Nazionale di Lavoro per Ciechi del 1934, che
costituirà una prima esperienza di lavoro integrato fra non vedenti e vedenti e che consentirà a non
pochi privi della vista di affermare la propria dignità di uomini liberi dal bisogno e dalla beneficenza
altrui.
Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, ormai non più lontana, i laboratori dell'Ente,
specialmente quelli destinati alla fabbricazione di scarpe per i militari, avrebbero funzionato a pieno
ritmo incrementando l'occupazione di lavoratori non vedenti. Ma gli anni della guerra consentono a
Nicolodi di segnalare una qualità, forse insospettata, dei privi della vista, chiamandoli, come
aereofonisti volontari, a collaborare con l'esercito italiano al servizio della contraerea e della difesa
del territorio nazionale dall'aviazione nemica. I ciechi in grigio-verde potevano così offrire una
nuova testimonianza delle loro capacità e del loro impegno ad essere uomini tra uomini anche nella
drammaticità del momento presente. Tuttavia la guerra, come era inevitabile, si avvia verso il suo
epilogo tragico: l'8 settembre '43 avvia la spaccatura del Paese, apre la stagione della Resistenza
e della lotta di liberazione. Il profondo clima di divisione che spacca l'Italia e che contrappone
aspramente i militanti di opposte ideologie si riflette anche nel mondo della cecità: si costituiscono e sono particolarmente attivi nell'ambiente fiorentino dove opera la Sede Centrale dell'Unione e
l'Ente Nazionale di Lavoro - i gruppi antiunionisti che ingenerosamente accusano Nicolodi e la
Dirigenza associativa di collaborazionismo, scambiando una inevitabile contiguità politica con una
adesione ideologica che non fu mai espressa. Alla fine, anche per l'importante opera di mediazione
svolta da alcuni uomini vicini alla base operaia in cui più radicata era la protesta antiunionista, la
ragione
prevale
e
l'unità
si
ricompone.
Il Paese, però, esce dalla guerra materialmente e ed economicamente distrutto: la fase della
ricostruzione avrebbe chiesto a tutti enormi sacrifici, ma anche un radicale mutamento di
impostazione culturale e di visione programmatica. In questo clima generalizzato di trasformazione
in cui, dappertutto, si avverte la sofferenza e la gioia della rinascita, anche l'Unione Italiana dei
Ciechi si rinnova e si affida a uomini nuovi. Si apre così la fase della Presidenza Bentivoglio.
Trasferita la Sede centrale dell'Associazione da Firenze a Roma, per renderla più vicina alle
Istituzioni, avviata la pubblicazione di un organo ufficiale di stampa, Il Tiflologo, ribattezzato, poi,
con la nota denominazione de Il Corriere dei Ciechi, con l'intento di diffondere all'esterno il
programma associativo, l'Unione Italiana dei Ciechi stabilisce proficui contatti con l'Assemblea
Costituente e offre il suo contributo per la definizione di alcuni articoli caratterizzanti della nuova
Carta costituzionale, quali l'art. 3 e l'art. 38, impegnandosi da subito nella individuazione di alcune
linee essenziali del nuovo Stato democratico e solidarista. Tuttavia i contenuti socialmente più
avanzati della Carta costituzionale restano, in quegli anni, una mera enunciazione programmatica
espressione di una rivoluzione promessa, vagamente compensativa di una rivoluzione mancata. La
vita reale dei ciechi italiani resta, pertanto, enormemente lontana da quell'orizzonte di "pari
opportunità" indicato dalla nuova Costituzione e si dibatte nel dramma della miseria e della
disoccupazione.
Venute meno le richieste legate alla produzione bellica l'Ente Nazionale di Lavoro per Ciechi,
costretto, peraltro, ad affrontare le nuove condizioni di mercato determinate dal rientro dei reduci,
riduce notevolmente le sue capacità occupazionali, mentre coloro che escono dagli istituti non
riescono a trovare uno sbocco lavorativo. Né esiste un accettabile riconoscimento economico della
minorazione visiva, al di là del modestissimo assegno alimentare. In questo clima di disperazione e
di consapevolezza si compie la "marcia del dolore" che porterà un gruppo di non vedenti coraggiosi
a sfilare a piedi, per le strade del centro Italia da Firenze a Roma, sorprendendo l'opinione pubblica
e il mondo politico. L'evento era stato avviato da ambienti esterni all'Unione, ma concepito e
concretizzato sotto la sapiente regia di Paolo Bentivoglio e della Dirigenza associativa che, alla
fine, riesce a piegare le ostinate resistenze governative. Sulla base, così, di una maggioranza
politicamente anomala per quegli anni, uno schieramento transpartitico che condivide
l'impostazione di alcuni uomini politici, quali Orazio Barbieri, Giovanni Pieraccini e Giorgio La Pira
determina l'approvazione della prima legge che riconosce l'incidenza economica della minorazione
visiva.
Il primo passo verso il superamento di una concezione pietistica dell'assistenza e verso la
realizzazione dello stato sociale era compiuto. Parallelamente si moltiplicano gli sforzi per
adeguare i programmi di insegnamento degli istituti alle nuove esigenze soprattutto sul piano della
formazione professionale, in vista del raggiungimento di importanti traguardi sul piano
occupazionale. Si perviene così al varo di alcune leggi sul collocamento dei centralinisti telefonici,
dei massaggiatori (come allora si chiamavano) e degli insegnanti, vere e proprie pietre miliari per il
superamento della emarginazione e per l'affermazione della dignità dei non vedenti. Istruzione,
assistenza, lavoro costituivano da sempre il trinomio programmatico dell'Associazione: durante gli
anni della Presidenza Bentivoglio costituiscono anche le coordinate di un percorso che ha condotto
i privi della vista al raggiungimento di significativi traguardi.
La Presidenza Bentivoglio si chiude quando ormai nell'aria si avvertono i prodromi della tempesta
che
per
un
decennio
avrebbe
agitato
e
scosso
la
società
italiana.
Sarebbe toccato a Giuseppe Fucà guidare l'Unione attraverso questa tempesta e cogliere la
direzione verso cui orientare una navigazione difficile, ma sempre sicura nelle mete da raggiungere
e negli obiettivi da conseguire. Le passioni ideologiche del '68, nella loro frenesia rinnovatrice,
puntano a scuotere dalle fondamenta l'edificio politico e sociale esistente in nome di una utopia
egualitaria che spesso rischia di appiattire le differenze e di confondere le specificità all'interno di
un globalismo indistinto e astrattamente totalizzante. La lotta ad oltranza contro il "sistema" si
esprime attraverso una contestazione radicale che mira ad azzerare l'esistente, ma che, spesso,
manca, al di là degli slogans, di una alternativa realistica. Anche l'Unione entra nel vortice della
contestazione e rischia di esserne travolta, in nome di alcune schematiche enunciazioni di
principio: l'handicap in genere e, quindi, anche la cecità non è tanto una limitazione oggettiva
quanto il prodotto di un determinato assetto sociale: è su di esso, pertanto, che occorre intervenire,
ribaltando gerarchie consolidate e concezioni sclerotizzate che espellono ai margini della società
tutti coloro che non incarnano i modelli imposti dai detentori del potere e dell'egemonia sociale.
L'Unione Italiana dei Ciechi è, di fatto, essa stessa una organizzazione sclerotizzata funzionale alla
logica della emarginazione e del mantenimento delle gerarchie sociali precostituite. Il processo di
integrazione sociale deve essere guidato e realizzato dai pubblici poteri in una prospettiva di
omogeneità che sconfigga le pratiche settorialistiche e le tentazioni corporative. Le scuole speciali
sono ghettizzanti e vanno cancellate in nome di un pieno inserimento di tutti i portatori di handicap
nella scuola di tutti. L'epoca dell'autogestione dell'handicap da parte di coloro che ne sono portatori
è finita in nome di una gestione pubblica del disagio sociale che implica la rinuncia dei disabili ad
essere protagonisti delle proprie scelte per diventare destinatari di più eque e competenti scelte
altrui.
L'Unione di Fucà, tuttavia, resiste: accetta la trasformazione da Ente di diritto pubblico ad Ente di
diritto privato; si adegua alla struttura regionalistica che il Paese viene assumendo alla metà degli
anni '70 scorgendo in essa una ricchezza da valorizzare, piuttosto che una sciagura da respingere;
si impegna fortemente per l'integrazione scolastica, pur denunciando la mancanza di una adeguata
strategia politica e pedagogica; strappa, infine, al Parlamento e al Governo una grande vittoria con
il conseguimento dell'indennità di accompagnamento al puro titolo della minorazione.
Quando Giuseppe Fucà lascia la presidenza attiva dell'Associazione, poco prima della sua
prematura scomparsa, il tramonto dell'illusione che aveva attraversato il decennio precedente è
ormai evidente: il primato del pubblico e la filosofia dei servizi, frutto di un sociologismo astratto e
disattento, più che di una mentalità autenticamente solidaristica, stavano naufragando sull'onda di
una disgregazione sociale sempre più vistosa che aveva raggiunto il culmine con le gesta del
terrorismo e alle attese messianiche della palingenesi subentrava l'egoistico riflusso nel proprio
privato, malinconico preannuncio di un progressivo disimpegno delle istituzioni dalle problematiche
più scottanti della società civile. Anche per l'Unione s'imponeva una riflessione, un mutamento di
strategia
capace
di
interpretare
la
transizione
e
di
offrire
risposte
adeguate.
Roberto Kervin, che fu alla guida dell'Associazione nella prima metà degli anni '80, anziché
approfondire i termini di tale interpretazione e formulare una coerente impostazione
programmatica, attraverso gli strumenti del dibattito interno, della comunicazione e del dialogo
all'esterno, preferì optare per la divisione all'interno e lo scontro all'esterno. Il linguaggio
associativo ufficiale si fa aspro ed esaspera orgogliosamente una sorta di patriottismo associativo
che spesso manca di realismo, accreditando un'immagine di forza che rischia, talvolta, di porsi
come il surrogato di una diffusa consapevolezza di disorientamento e di oggettiva debolezza. Non
manca qualche successo, come quello rappresentato dalla ben nota legge 113 del 1985, ma nel
complesso la tenuta associativa appare piuttosto fragile.
Sarebbe toccato a Tommaso Daniele, Presidente dell'Unione a partire dall'86, l'arduo compito di
ricostruire l'unità interna e di rilanciare all'esterno l'immagine dell'Associazione. Il primato del
dialogo, il contatto costante e organico con la periferia, l'attenzione a nuovi soggetti associativi,
quali le donne e i giovani, la comunicazione attiva con l'opinione pubblica e la società civile, il
confronto pacato e convincente con le forze politiche, la mappatura attenta dei bisogni emergenti,
l'apertura alle nuove tecnologie, il senso dell'immagine del non vedente e dell'Associazione, la
ricerca di nuovi spazi che consentano all'Unione di erogare quei servizi che le istituzioni continuano
a negare, la difesa ad oltranza delle conquiste irrinunciabili costituiscono le linee guida di una
presidenza che ha progressivamente modernizzato la struttura associativa affiancando al
tradizionale ruolo di rappresentanza quello della gestione dei servizi. Il fulcro della nuova politica
dei servizi è l'I.Ri.Fo.R. che, nel corso della sua breve vita, sostenuto finanziariamente da una
legge fortemente voluta dall'Unione, ha svolto una ingente mole di lavoro nei tre settori che lo
caratterizzano della ricerca, della formazione e della riabilitazione. Esso ha consentito la diffusione
dell'informatica fra i privi della vista, ha formato gli operatori largamente utilizzati, poi, per la
organizzazione di numerosi corsi di orientamento e mobilità, nonché di autonomia personale, ha
inaugurato, primo nel mondo, un progetto formativo per giornalisti non vedenti, ha sperimentato
nuovi profili professionali, ha aperto, insomma, al centro come alla periferia, nuovi orizzonti e
soddisfatto nuovi bisogni in un momento storico in cui sempre più acuta è da parte dei non vedenti
la sensibilità per la qualità della vita e la soluzione dei problemi legati alla quotidianità esistenziale
e all'autonomia da tutte le forme di condizionamento prodotte dalla minorazione.
Ma, nell'ambito dei servizi determinanti sono stati i risultati conseguiti per il Centro Nazionale del
Libro parlato, sostenuto finalmente da una legge che ne garantisce uno stabile finanziamento, dalla
Biblioteca Italiana per i Ciechi, dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, dalla
Sezione Italiana dell'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, strutture, queste
ultime, esterne all'Unione, ma ad essa legate in uno sforzo sinergico di cui l'Unione stessa
costituisce
il
polo
aggregante.
Né mancano, negli anni che scorrono attraverso gli ultimi tre Congressi nazionali, importanti
successi sul terreno tradizionale della rappresentanza, dalla Legge 120 che apre ai non vedenti le
porte della carriera direttiva, alla Legge 29 che tutela i diritti dei terapisti non vedenti della
riabilitazione in un orizzonte, peraltro bisognoso ancora di una sistemazione organica, alla Legge
284/98 che delinea nuove prospettive per i ciechi pluriminorati e per gli ipovedenti.
Ma questi e altri risultati tanto significativi non sarebbero stati raggiunti senza il consenso che
l'Unione è riuscita a guadagnarsi attraverso la visibilità della propria immagine e alla costante
opera di promozione affidata ai Raid, ai Premi Braille e alla mostra "Dialogo nel buio" e
all'ambulatorio mobile per la prevenzione della cecità. L'Unione di oggi ha saputo, dunque,
felicemente coniugare la modernità dei suoi obiettivi alla modernità della sua impostazione
strategica e alla capacità di comunicare all'esterno, quanto all'interno, attraverso i più efficaci
strumenti, dalla stampa associativa rinnovata ad internet. Muovendo da queste realizzazioni e dalla
consapevolezza delle profonde trasformazioni in atto nel Paese ispirate al principio del pubblico
risparmio, ma anche a concetti come quelli di decentramento e sussidiarietà, il Congresso del '97
ha lanciato la sfida di una Rivoluzione copernicana che ha come fulcro l'efficienza e la funzionalità
delle strutture periferiche chiamate a svolgere compiti nuovi e determinanti. Su questo terreno, ne
siamo certi, si giocherà l'avvenire dell'Unione Italiana Ciechi che ha dinanzi a sé ancora molti
obiettivi da raggiungere specialmente nell'ambito dell'integrazione scolastica e della formazione
professionale, del lavoro, del recupero dei ciechi pluriminorati, della riabilitazione degli ipovedenti,
degli
anziani.
Solo un forte spirito di coesione e uno spiccato senso di appartenenza sostenuti dalla competenza
dei dirigenti periferici potranno garantire il raggiungimento dei risultati e l'efficacia di una regia già
tracciata e lucidamente interpretata dalla Presidenza e dalla Direzione Nazionale.
Scopi dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, che opera senza fini di lucro per l'esclusivo
perseguimento di finalità di solidarietà sociale, sono, ancora oggi:
1. l'integrazione dei ciechi ed ipovedenti nella società;
2. La promozione e l’attuazione, anche mediante la creazione di apposite strutture operative, di
ogni iniziativa a favore dei ciechi ed ipovedenti, in base a specifiche convenzioni con le pubbliche
amministrazioni competenti o, relativamente a tipologie d'interventi non realizzate da queste, previa
comunicazione alle medesime.
In particolare, l’UICI:
a) favorisce la piena attuazione dei diritti umani, civili e sociali dei ciechi ed ipovedenti, la loro
equiparazione sociale e l'integrazione in ogni ambito della vita civile, promuovendo allo scopo
specifici interventi;
b) promuove ed attua iniziative per la prevenzione della cecità, per il recupero visivo, per la
riabilitazione funzionale e sociale dei ciechi ed ipovedenti;
c) promuove ed attua iniziative per l'istruzione dei ciechi ed ipovedenti e per la loro formazione
culturale e professionale;
d) promuove la piena attuazione del diritto al lavoro per i ciechi ed ipovedenti, favorendone il
collocamento lavorativo e l'attività professionale in forme individuali e cooperative;
e) attua iniziative assistenziali rispondenti alle necessità dei ciechi ed ipovedenti, con particolare
attenzione ai pluriminorati e agli anziani;
f) opera nel campo tiflologico e tiflotecnico per garantire la disponibilità di sempre più avanzati
strumenti.
LA BIBLIOTECA PER CIECHI DI MONZA
In Italia la prima biblioteca per i ciechi sorse a Firenze alla fine
del secolo XIX, per iniziativa della regina Margherita di Savoia,
ma
non
riuscì
a
svilupparsi.
Fu l'Unione Italiana dei Ciechi a fondare nel 1928, a Genova, la
Biblioteca Nazionale per i Ciechi "Regina Margherita", che da
allora è sempre stata la principale biblioteca al servizio dei ciechi
in
Italia.
Qualche anno dopo la Biblioteca fu trasferita a Milano, dove
rimase fino al 1943, quando, per sottrarla ai pericoli della guerra,
fu portata a Monza, in alcuni locali della Villa Reale, la
prestigiosa residenza estiva di Casa Savoia. Doveva rimanervi
pochi mesi, ma la sede di Milano fu distrutta dalle bombe e così
la sistemazione provvisoria divenne definitiva.
La sede attuale si trova non lontano dal centro di Monza, in un più ampio e moderno edificio.
Il patrimonio librario della Biblioteca fu pazientemente creato con molta gradualità e pazienza, poiché i libri
per i ciechi, realizzati con il sistema Braille, devono essere copiati dagli originali, per poter essere utilizzati
dai lettori non vedenti.
Per la realizzazione del proprio patrimonio librario, la Biblioteca ricorse, per la trascrizione in Braille, a copisti
che utilizzavano la tradizionale tavoletta per la scrittura a mano. In seguito, furono impiegate speciali
macchine dattilografiche, che resero più confortevole e rapida la trascrizione. Questo lavoro di copisteria era
assai lento e non consentiva la trascrizione di più copie di un'unica opera. Pertanto, la Biblioteca dovette
dotarsi di una stamperia vera e propria, dotata di innovativi strumenti tipografici.
Con l'introduzione delle macchine punzonatrici e delle presse per la stampa poté essere realizzata la
produzione a grande tiratura di libri e periodici in scrittura Braille. La Biblioteca di Monza divenne così il
principale centro di produzione di pubblicazioni Braille in Italia.
Nel 1985 la Biblioteca si dotò della prima punzonatrice elettronica e di una potente pressa automatica in
grado di stampare ad altissima velocità.
L'era del computer si impose rapidamente e furono realizzate le stampanti su carta, che rivoluzionarono i
procedimenti produttivi del libro Braille.
La Biblioteca tiene sempre il passo con l'evoluzione tecnologica, incrementando costantemente la quantità e
la qualità dei libri trascritti.
un
moderno
palazzo
nei
pressi
del
centro
di
Monza.
La Biblioteca Italiana per i Ciechi "Regina Margherita", la principale biblioteca del settore in Italia,
possiede, oggi, un ingente patrimonio librario differenziato (volumi Braille, audiocassette, testi su
supporto informatico, testi a caratteri ingranditi ad uso degli ipovedenti), che ammonta a circa
cinquantamila titoli, frutto di un lungo e paziente lavoro.
utilizzazione del computer.
Lo scopo istituzionale della struttura è identificabile nel soddisfacimento delle esigenze culturali e
di apprendimento dei minorati della vista, le cui richieste vengono evase attraverso un capillare
servizio di prestito che raggiunge gli utenti a domicilio e che si articola attraverso un'offerta vasta e
articolata comprendente testi letterari e scientifici, periodici e spartiti musicali, tutti disponibili, oggi,
in una tiratura adeguata alla domanda dell'utenza. La biblioteca è fortemente impegnata anche
nella diffusione della cultura tiflologica e nel sostegno all'integrazione scolastica.
Nel primo settore occorre ricordare l'istituzione del Centro di Documentazione Tiflologica di Roma,
biblioteca specializzata sul versante della tiflologia, e la pubblicazione di opere tiflologiche in nero
destinate agli specialisti, ai ricercatori e agli operatori scolastici.
Nel secondo settore, occorre ricordare l'istituzione di tredici Centri di Consulenza Tiflodidattica, che
si affiancano ai tre Centri della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e si avvalgono di
personale specializzato, cui è affidato il delicato compito di offrire consulenza alle famiglie, alla
scuola, alle Aziende Sanitarie Locali e agli alunni minorati della vista.
La Biblioteca, inoltre, ha stipulato una convenzione con l'A.N.C.I. (Associazione Nazionale Comuni
Italiani) per la trascrizione dei testi scolastici e con l'Associazione Italiana degli Editori che
consente la diffusione dei prodotti editoriali nei formati più idonei a consentirne la fruizione da parte
dei minorati della vista.
L’ISTITUTO PER LA RICERCA, LA RIEDUCAZIONE E LA
RIABILITAZIONE
(I.RI.FO.R.)
L’Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione (I.Ri.Fo.R. onlus che ora ha personalità giuridica
propria) è stato costituito il 22 febbraio 1991 dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti - onlus –
onlus, per assolvere, con piena autonomia scientifica ed amministrativa, i seguenti compiti:
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svolge studi e ricerche nei settori della formazione, della riabilitazione, dell’istruzione,
dell’orientamento e dell’addestramento, approfondendo anche le problematiche connesse
all’inserimento nel tessuto produttivo dei minorati della vista e di altri portatori di handicap;
svolge studi e ricerche per la individuazione di nuove opportunità lavorative e professionali, con
riferimento alla utilizzazione di nuove tecnologie dirette a consentire l’accesso ai minorati;
organizza e gestisce corsi di formazione, aggiornamento ed addestramento, nonché iniziative dirette
alla riabilitazione dei minorati, anche su incarico di enti pubblici o private istituzioni che ne
assumano in tutto o in parte l’onere;
organizza e gestisce corsi di formazione dei docenti preordinati sia all’istruzione che all’integrazione
degli alunni in situazione di handicap nelle scuole di ogni ordine e grado;
concede borse di studi per la frequenza ai corsi di formazione, aggiornamento ed addestramento
anche presso altre istituzioni o scuole;
fornisce consulenza e presta servizi alle istituzioni pubbliche e private nei settori di competenza;
curare la pubblicazione dei risultati delle ricerche effettuate, nonché di materiale didattico.
Subito dopo la sua costituzione, l’I.Ri.Fo.R. ha ottenuto il riconoscimento quale ente di Ricerca (è iscritto
all’Anagrafe Nazionale degli enti di ricerca con il codice 118913F). Come tale ha svolto le prime e
fondamentali ricerche sugli aspetti statistico-medico-sociali della cecità (riconosciuta dal Ministero della
Sanità, che l’ha finanziata) e sulle esigenze formative dei disabili visivi (in collaborazione con la fondazione
Labos).
Nel 1993, lI.Ri.Fo.R. ha ottenuto il riconoscimento dell’Unione Europea, con l’inserimento nella rete degli
Istituti di Riabilitazione compresi nella iniziativa comunitaria Helios (ora cessata).
Sempre nel 1993 l’attività dell’I.Ri.Fo.R . è stata riconosciuta dal Parlamento che, con legge 23 settembre
1993, ha attribuito all’Istituto un contributo annuo (attualmente di € 1.150.000,00).
Nel 1998 l’I.Ri.Fo.R. ha acquisito la qualità di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) di base
al D.lgs. 4.12.1997 n. 460. Fin dalla sua costituzione l’I.Ri.Fo.R., del resto anche in conformità dei fini
statutari, ha prestato particolare attenzione alle tecnologie innovative, per l’individuazione di nuove
opportunità lavorative e professionali. In particolare, come si vedrà in seguito, l’I.Ri.Fo.R. ha curato il settore
dell’informatica, sia quale strumento per l’autonomia personale che per l’integrazione sociale e lavorativa,
progettando e realizzando percorsi formativi a livelli mai raggiunti prima. Tra le linee guida dell’I.Ri.Fo.R. per
la piena integrazione sociale dei disabili visivi particolare rilievo ha il presupposto dell’accesso
all’informazione ed alla cultura mediante le possibilità offerte, in particolare ai disabili visivi dalle sempre più
raffinate
tecnologie
informatiche.
Ricerche da più parti effettuate hanno del resto dimostrato, infatti, la grande potenzialità di iniziative dirette
all’inserimento professionale dei ciechi ed ipovedenti in quei settori ( in particolare del terziario avanzato) in
cui l’informatica ha assunto un ruolo sempre più dominante, con continua evoluzione dinamica delle aree di
professionalità.
L’I.Ri.Fo.R. ha perciò, fin dall’inizio, avviato una massiccia attività di alfabetizzazione informatica dei disabili
visivi, svolgendo prima, sull’intero territorio nazionale, centinaia di corsi cui hanno partecipato migliaia di
disabili
visivi.
A tale attività di formazione di base si è accompagnata la organizzazione di corsi a contenuti avanzati
(internet, posta elettronica, processing, database, etc.).
Fra le iniziative più innovative possono ricordarsi, fra le molte, l’iniziativa transnazionale Horizon ItaliaGrecia per la formazione di formatori informatici, cui è stato affidato lo svolgimento di corsi di informatica per
non vedenti. Ancora il corso (finanziato dal Fondo Sociale Europeo) per la formazione di tecnologi della
informazione
e
della
comunicazione,
ad
alto
contenuto
avanzato
di
ICT.
Va ricordato anche il corso integrato (disabili visivi-normodotati) per operatori di banche dati (FSE) i cui
partecipanti hanno, tra l’altro, acquisito l’abilitazione ad operare nel CED della Corte di Cassazione.
Si ricorda anche il corso per “Operatori informatici al servizio dei clienti bancari” (FSE).
Tali iniziative formative, e le ricerche connesse, hanno portato alla definizione delle nuove figure
professionali individuate dal decreto 10 gennaio 2000 del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale.
Deve ricordarsi, anche, il rivoluzionario “Corso per giornalisti minorati della vista” (FSE) anch’esso basato
sull’ampia utilizzazione dell’informatica per l’accesso alle banche dati, i notiziari internazionali, alla
elaborazione di testi giornalistici.
Si è detto delle centinaia di corsi informatici di base e di secondo livello svolti dall’Istituto: per raggiungere
questo risultato l’I.Ri.Fo.R. ha formato ed abilitato ben 196 formatori informatici per disabili visivi.
Contemporaneamente sono stati svolti corsi per la conoscenza e l’uso, da parte dei docenti di sostegno e
curriculari, degli ausili informatici per disabili visivi.
Un discorso a parte il “PROGETTO MERCURIO” mirato alla formazione informatica dei sordociechi, in
modo da consentire loro di comunicare fra di loro e con chiunque attraverso l’informatica, per mezzo di
un’apposita apparecchiatura (BRAICOM), messa a punto dal Centro Nazionale Tiflotecnico della Unione
Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti - onlus, sostanzialmente un braille comunication.
Negli ultimi anni l’I.Ri.Fo.R. ha avviato più corsi on line in materia informatica (ECDL, HTML, etc.) cui hanno
partecipato e stanno partecipando centinaia di minorati visivi.
E’ un dato di fatto che nessun ente di formazione in Italia può vantare l’esperienza dell’I.Ri.Fo.R. di
formazione informatica nei confronti dei disabili visivi, formazione cui si è sempre aggiunto un contenuto
riabilitativo e di accrescimento dell’autonomia personale, per la forte preparazione psicologica dei suoi
docenti.
Da ultimo l’I.Ri.Fo.R., in qualità di capofila mandatario di un RTI, ha progettato ed erogato corsi di
formazione informatica per dipendenti pubblici disabili, mirato alla acquisizione della patente europea del
computer (ECDL), da destinare anche ad attività di protocollo informatico.
Il Sistema di Qualità dell’I.Ri.Fo.R. ha ottenuto la Certificazione di Qualità ISO 9001:2000 (Vision 2000) per
la “Progettazione ed erogazione di servizi di formazione destinatati ai minorati della vista, agli operatori del
settore ed ai formatori, progettazione ed erogazione di servizi di reinserimento destinati ai minorati della
vista.
CENTRO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE GIURIDICA
SULL'HANDICAP VISIVO
"GIANNI FUCÀ"
E’ un organo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che opera al servizio di tutte le istituzioni pro
ciechi.
Nel 2000, tale Centro è stato intitolato alla memoria dell'avvocato Gianni Fucà, prematuramente scomparso,
che ne era, oltre che il direttore responsabile, il vero padre fondatore. Il Centro, da lui creato e, nel corso del
tempo, potenziato con cura e intelligenza, si è rivelato una risorsa preziosa non soltanto per l'Unione Italiana
dei Ciechi e degli Ipovedenti, ma per tutti gli enti ed organismi che operano istituzionalmente a sostegno dei
ciechi e degli ipovedenti, vale a dire:
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la Biblioteca Italiana per Ciechi "Regina Margherita" di Monza;
l'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità;
l'Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione (I.Ri.Fo.R.);
la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi.
Un rappresentante di ciascuna di tali istituzioni va a costituire un Comitato che rappresenta l'autorità di
controllo ed indirizzo che sovrintende al funzionamento del Centro e ne monitorizza l'attività.
Il coordinatore responsabile tecnico del Centro è l'avv. Paolo Colombo. Il Centro si avvale anche della
collaborazione di consulenti giuridici esterni, ciascuno operante secondo le proprie specializzazioni, nonché
degli uffici della Presidenza Nazionale dell’UICI, sia della Sede Centrale di Roma, sia degli uffici distaccati di
Firenze. I professionisti operanti per il Centro costituiscono anche un comitato, coordinato dal responsabile,
con il compito di impostare, organizzare e verificare l'andamento delle consulenze, nonché di aggiornare i
criteri di ripartizione interna delle attività.
Per regolamento, l'attività del Centro è sottoposta a continuo monitoraggio, sia per quanto riguarda la qualità
ed entità, sia per quanto riguarda l'efficacia, da valutarsi in base a criteri di customers' satisfaction. Tale
monitoraggio viene effettuato dal comitato composto da un rappresentante di ciascuna delle istituzioni
aderenti, che ha il compito di sovrintendere al funzionamento globale della struttura.
Il Centro svolge la propria attività di consulenza e documentazione, con competenze in tutti i campi generali
del diritto e dell'amministrazione, con particolare riguardo alle problematiche inerenti le persone portatrici di
handicap in generale e i minorati della vista in particolare. Tali competenze attengono in particolare:
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all'ordinamento costituzionale ed amministrativo;
all'ordinamento internazionale;
all'ordinamento civile e commerciale;
all'ordinamento fiscale e del non profit;
alla legislazione sull'handicap;
al drafting legislativo ed amministrativo;
all'organizzazione dello Stato;
alle autonomie locali e delle istituzioni aderenti;
ai profili penalistici connessi alle istituzioni aderenti;
all'illustrazione di novità legislative.
Il Centro svolge principalmente un'attività di consulenza rivolta sia agli enti aderenti, sia direttamente a tutti i
minorati della vista, siano essi soci dell'Unione Italiana dei Ciechi o meno, sia alle istituzioni pubbliche o
private interessate a queste tematiche. I contenuti di questa attività possono così riassumersi:
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ricerche normative su questioni specifiche;
ricerche giurisprudenziali sia di diritto che di merito in ordine a concrete fattispecie;
redazione di proposte di legge con estensione di relative motivazioni e relazioni;
redazione di pareri su singole fattispecie;
redazione di pareri su proposte di atti e convenzioni delle istituzioni aderenti.
Il Centro cura anche la redazione di rubriche specialistiche sulle più importanti riviste associative. In tal
modo, il Centro di Documentazione continua a svolgere, in termini di consulenza e di servizio, per tutte le
strutture associative e per i singoli soci, una attività che si è confermata sugli elevati standard qualitativi
raggiunti
negli
scorsi
anni.
Tutta l'attività del Centro di interesse generale, negli ambiti esposti, è resa di pubblico dominio attraverso il
proprio sito nel rispetto della normativa a tutela della privacy di cui alla legge 675/96 e successive
modificazioni ed integrazioni.
I servizi offerti dal Centro attengono principalmente la consulenza giuridica e la consultazione di banche dati
giuridico-amministrative. In generale, tutte le richieste dell'utenza devono essere indirizzate, rigorosamente
per iscritto e accompagnate da tutta la documentazione di supporto e dagli estremi di riferimento, al
seguente indirizzo: Unione Italiana dei Ciechi – ONLUS - Centro Nazionale di Documentazione Giuridica
sull'Handicap Visivo "Gianni Fucà" Via Ferrarecce, Complesso Sole, palazzo Selenia, 81100 Caserta; fax
0823/216029.
Il Centro provvede, poi, ad inviare i quesiti ai professionisti secondo il settore di competenza ed in
ottemperanza alle indicazioni operative del responsabile. Le risposte sono inviate direttamente
all'interessato e in copia al Centro che ne cura l'archiviazione e la catalogazione.
Per questioni di minore complessità e per qualunque chiarimento sulla normativa di diretto interesse per i
non vedenti, il Centro offre anche un servizio di consulenza on-line, attivabile dalla sezione del sito
denominata "Richiedi parere", nella quale è possibile formulare brevi quesiti sui quali i consulenti giuridici
forniranno il proprio parere direttamente all'interessato via e-mail.
I pareri di maggiore interesse o che riguardano questioni di carattere generale sono raccolti e catalogati per
materia nella sezione "Pareri più richiesti" alla quale si può accedere direttamente con un doppio click sulla
relativa indicazione.
Dal punto di vista dei supporti tecnico-informativi il Centro può disporre, infatti, oltre che della necessaria
attrezzatura informatica, di articolate fonti di documentazione giuridica quali, per la parte cartacea, Guida
Normativa e Guida al Diritto e, per le banche dati, della normativa vigente delle Leggi d'Italia con la
giurisprudenza commentata, del testo vigente dei Codici d'Italia commentati con la giurisprudenza, della
normativa regionale, della Banca Dati Ufficiale del Diritto Comunitario, del repertorio del Foro Italiano, del
Foro Italiano (rivista), della Cassazione Civile e del Codice del Lavoro con relative tabelle, nonché del
repertorio della Giurisprudenza Italiana e della LEX editi dalla UTET.
Il Centro, inoltre, dispone di una propria banca dati legislativa contenente le principali disposizioni normative,
sia primarie che secondarie, che possono interessare direttamente i ciechi e gli ipovedenti. Nella stessa
banca dati è possibile consultare anche la principale normativa regionale, nonché massime giurisprudenziali
concernenti gli argomenti di maggior interesse e alcuni tra i più significativi atti delle amministrazioni statali e
locali comunque riferiti o connessi con l'handicap visivo. Tutta la normativa viene catalogata in un indice
generale in ordine cronologico e secondo un indice per categorie, al fine di agevolare la ricerca
dell'argomento desiderato. È, inoltre, disponibile un motore di ricerca attraverso il quale si possono
individuare i provvedimenti per numero e data, per tipo (legge, decreto-legge, decreto ministeriale, ecc.), per
parole chiave ed effettuare anche ricerche sui provvedimenti direttamente collegati. Tutti i provvedimenti, o
parti di essi, possono essere consultati direttamente sul sito oppure scaricati sul proprio pc nel formato
desiderato.
LA FEDERAZIONE DELLE ISTITUZIONI PRO CIECHI
La sua istituzione avviene il 24 febbraio 1931, ma
già da qualche tempo questa costituisce un
importante obiettivo. Infatti, già dal IV Congresso
Tiflologico Nazionale, tenutosi a Bologna nel 1910, i
più autorevoli studiosi dei problemi connessi
all'educazione, all'istruzione e all'integrazione dei
non vedenti e i ciechi più illustri vogliono trovare una
soluzione al principale problema delle singole
istituzioni per ciechi italiane: la difficoltà di
produzione di materiali didattici speciali per
l'istruzione dei non vedenti.
Al cuore del dibattito, vi è la consapevolezza che
occorre realizzare un processo educativo ritagliato
sulle specifiche esigenze della minorazione visiva.
Queste esigenze, seppur mutate nel tempo anche a
causa dell’avvento delle nuove tecnologie e della didattica, sussistono – a parere di chi scrive – ancora oggi,
posto che le differenze nelle modalità di apprendimento fra alunni con minorazioni visive da un lato ed alunni
“normodotati” dall’altro necessariamente sussistono. Di qui l’attualità, ad ormai un secolo dalla sua
creazione, di questa istituzione che costituisce un importante punto di riferimento per tutti coloro – non
vedenti o meno – che operano nel mondo dell’educazione e dell’istruzione.
Le prime conquiste ottenute dalla Federazione, in un impegno comune con l'Unione Italiana dei Ciechi,
riguardano il profilo degli Istituti. Con la legge 26 ottobre 1952, n. 1463, viene infatti portata a termine la
statalizzazione delle scuole elementari speciali annesse agli Istituti per Ciechi e la Federazione matura
l'opportunità di istituire una propria stamperia per la trascrizione dei testi in Braille e un Centro di Produzione
per la creazione di sussidi didattici, operativi dal 1964.
Grazie a queste strutture, la Federazione può produrre ancora oggi materiali di studio diffusi e apprezzati sia
in Italia che all'estero e un patrimonio librario di rilevante importanza dal punto di vista educativo.
Il 28 agosto del 1997, grazie all'intervento dell'Unione Italiana dei Ciechi, viene promulgata la legge 284, con
la quale il Dipartimento della Solidarietà Sociale garantisce a questo settore il finanziamento da parte dello
Stato, consentendo alla Federazione di continuare a lavorare con rinnovata energia.
Le finalità statutarie che la Federazione è chiamata a perseguire sono:
- Costituire centri di ricerca pedagogica ed educativa, per realizzare studi, progetti e altre iniziative in
materia di minorazione della vista, anche in collaborazione con soggetti pubblici e privati;
- coordinare le iniziative delle Istituzioni federate;
- realizzare sussidi e ausili per i minorati della vista;
- curare l'attuazione di ricerche e studi finalizzati al miglioramento delle strutture educative operanti
nel settore dei minorati della vista;
- promuovere e favorire la scolarizzazione degli alunni minorati della vista;
- interessare i pubblici poteri, ai vari livelli, per promuovere, ove necessario, il raggiungimento di
intese volte a garantire l’applicazione delle leggi vigenti a favore dell'istruzione e dell'educazione dei
giovani minorati della vista;
- contribuire, con apposite iniziative scientifiche, convegni di studio, incontri e seminari di
aggiornamento, alla diffusione della cultura concernente la minorazione visiva;
- instaurare rapporti internazionali, in particolare in ambito europeo, con le Istituzioni che operano a
favore dei minorati della vista;
- collaborare con l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, per una sempre maggiore elevazione
sociale dei minorati della vista;
- promuovere studi e ricerche per l'individuazione di metodologie volte a garantire la migliore
assistenza possibile agli anziani con disabilità visiva, ospiti presso strutture di ricovero.
Per il raggiungimento delle finalità istituzionali, la Federazione ha intrapreso numerose iniziative destinate a
potenziare l'insieme dei supporti rivolti al mondo della scuola e
Tra le molteplici attività della Federazione, sono fondamentali la progettazione, la realizzazione e la
diffusione di sussidi tiflodidattici per gli studenti delle diverse fasce d'età: sussidi che vengono fatti
conoscere, in particolare, mediante l'organizzazione o la partecipazione a mostre e convegni. La
Federazione fornisce gratuitamente materiale (fino a un valore stabilito annualmente) a tutti i ragazzi ciechi
che ne facciano richiesta anche attraverso la scuola; in collaborazione con le Istituzioni federate, si fa carico
anche della rieducazione dei ragazzi disabili visivi pluriminorati e dell'assistenza agli anziani.
Uno dei punti di forza della Federazione è l'istituzione di Centri di Consulenza Tiflodidattica per l'assistenza
educativa e pedagogica agli alunni ciechi e ipovedenti: essi, in simbiosi con i Centri istituiti dalla Biblioteca
Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”, assicurano interventi di consulenza per la progettazione di percorsi
individualizzati di apprendimento e sviluppo educativo, oltre a fornire specifici sussidi didattici, indispensabili
per gli insegnanti nella gestione della programmazione.
Nel Veneto, tale Centro si trova a Padova. I suoi riferimenti sono i seguenti:
Centro di Consulenza Tiflodidattica di Padova
(Province di competenza: Padova, Venezia, Verona, Rovigo, Vicenza, Trento, Bolzano, Treviso)
C/o Istituto L. Configliachi
Via Sette Martiri, 33 - 35100 Padova
Tel. 049.87.26.507 - Fax 049.87.28.806
Responsabile: Dott.ssa Federica Piz
Consulente Tiflologo: Dott. Angelo Fiocco
E-mail: http://www.prociechi.it/fnipc/[email protected]
BIBLIOGRAFIA
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AA.VV.: “Il Braille – Un altro modo di leggere e di scrivere”, Bulsoni editore, 1990;
aA.VV. (2009): “Braille – Il mondo sulla punta delle mie dita”, Unione Europea dei Ciechi, che può
essere ordinato presso l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS, Ufficio Stampa, Via
Borgognona 38, 00187 Roma, fax: 066786815, e-mail: [email protected];
Binlioteca Italiana per i Ciechi “regina Margherita” (1998): “Codice braille italiano”;
Biblioteca Italiana per i Ciechi “regina Margherita” (2002): “L’alfabeto Braille come fondamento
dell’emancipazione culturale e sociale dei ciechi”, Atti del Convegno nazionale, Roma, 16 ottobre
2002;
Capirci Costanzo (1997): “I segni della musica nel sistema Braille”, reperibile presso la Biblioteca
per i Ciechi “Regina Margherita”;
Giacomini Alida (2008): “Passo passo – Schede alfabetiche con letture ed illustrazioni a rilievo per
l’apprendimento rapido dell’alfabeto Braille”, reperibile presso la Federazione delle Istituzioni Pro
Ciechi;
Pierre Henri (2000): “La vita e l’opera di Louis Braille”, reperibile presso la Biblioteca Italiana per i
Ciehchi “regina Margherita”.
SITOGRAFIA
-
-
Unione Italiana Dei Ciechi E Degli Ipovedenti: http://www.uiciechi.it/
BIBLIOTECA PER I CIECHI “REGINA MARGHERITA”: http://www.bibciechi.it/
Club italiano del Braille: http://www.clubitalianobraille.it/
Federazione Delle Istituzioni Pro Ciechi: http://www.prociechi.it/fnipc/
MUSEO LOUIS BRAILLE: http://www.istciechimilano.it/it-it/museolouisbraille.html
CORSO “INVITO AL BRAILLE”: http://www.cisad.it/invitoalbraille/html/invitobraille.html
LA PRODUZIONE DEL MATERIALE TIFLODIDATTICO
Il Centro di Produzione del Materiale Tiflodidattico
Il Centro di produzione del materiale didattico della
Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi con
sede a Roma è una struttura che risponde, per le sue
caratteristiche funzionali e per la sua specifica attività,
alle più profonde esigenze legate all’ideazione, alla
produzione ed alla diffusione dei sussidi didattici
speciali indispensabili all’educazione dei ragazzi ciechi,
ipovedenti o ciechi pluriminorati.
Nell’ambito della ideazione, vengono affrontati sia i problemi legati alla progettazione del nuovo materiale
didattico sia quelli relativi all’aggiornamento dei sussidi esistenti, così da poter offrire risposte sempre più
adeguate alle richieste specifiche espresse dalle scuole, dai Centri di consulenza tiflodidattica o dai singoli
utenti.
Prima che il materiale venga prodotto, un’equipe di
esperti ne valuta l’efficacia tiflo-pedagogica, la qualità e
le scelte realizzative.
La produzione dei sussidi didattici per l’avviamento alla
conoscenza della scrittura e della lettura Braille è
affiancata dalla realizzazione di materiali facenti
riferimento a distinti ambiti educativi: linguistico, logico matematico, immaginativo - motorio, tecnico-espressivo,
storico,
geografico
e
scientifico.
Il laboratorio vuole valorizzare anche in campo tiflologico
l’aspetto ludico, con l’adattamento ad alcuni giochi in
commercio e la creazione di nuovi.
La produzione ha avuto nuovo impulso grazie all’acquisto
di un plotter elettronico tridimensionale, denominato
anche pantografo a controllo numerico; tale sistema
consente di progettare gli stampi e le matrici,
disegnandole con un apposito software di grafica,
mandandole successivamente in lavorazione su una
macchina fresatrice automatica a tre assi.
Tale procedimento, oltre ad un vantaggio di tempo e
ad una maggiore precisione degli articoli realizzati,
consente una rapida riproduzione in serie ed una più
agile modifica in caso di cambiamenti in fase di
esecuzione. La velocità operativa e la flessibilità di
tale apparecchiatura consentono anche di riprodurre
rapidamente immagini, che comunemente si trovano
sui libri di testo in nero, in immagini a rilievo.
Questa nuova tecnologia produttiva ha permesso al
personale di acquisire, tramite un corso di
formazione, ulteriore professionalità e competenza.
Anche il tradizionale reparto di termoformatura è stato recentemente ristrutturato con la messa a norma
delle macchine esistenti, con il rifacimento degli impianti di aspirazione e con l’introduzione di una nuova
macchina per la lavorazione della plastica sottovuoto.
La diffusione del materiale tiflodidattico prodotto viene presentato alle scuole di tutto il territorio nazionale
attraverso “mostre itineranti” organizzate in collaborazione con le sezioni locali dell’UIC e con i Centri di
consulenza della Biblioteca Italiana per Ciechi di Monza. Tale iniziativa è occasione di approfondimento e di
verifica tra gli stessi operatori del laboratorio, tra i responsabili dei Centri di consulenza tiflodidattica e gli
insegnanti. Si configura pertanto come un proficuo momento di incontro fra coloro che producono e coloro
che usufruiscono dei sussidi tiflodidattici.
Il servizio di spedizione del materiale alle scuole e ai singoli utenti occupa parte dell’attività giornaliera del
laboratorio.
Il Centro di produzione, come momento di verifica della propria attività e come occasione per
diffondere il proprio operato, partecipa ad alcune manifestazioni e fiere internazionali, nelle quali
vengono presentati gli ausili destinati al mondo dell’handicap visivo e della riabilitazione.