“Il grafico della fede” - predicazione di Nino Plano
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“Il grafico della fede” - predicazione di Nino Plano
Nino Plano Firenze, 12 marzo 2016 Testo: I Re 19. 1- 12 Oggi definiremmo codardo un uomo che scappa di fronte al pericolo. Elia addirittura scappa a causa di una minaccia formulata da una donna, potente, sicuramente, ma comunque donna. Siamo abituati ai Braveheart, ai super-eroi, ai super-uomini (che sanno schierarsi in maniera decisiva e impavida contro il male) o (che si schierano a favore della malavita nel nome della dignità, o ancora meglio dell’onore). Questo testo scombussola gli schemi all’interno dei quali abbiamo costruito il nostro ideale di uomo, soprattutto di uomo di Dio. Elia scappa, non dopo una vicenda triste o in seguito al rifiuto di Dio di aiutarlo, Elia, scappa addirittura dopo una grande vicenda che lo aveva visto protagonista contro i profeti di Baal. Scappa dopo la grande risposta di Dio sul monte Karmel. In questo testo siamo di fronte ad un uomo in panico, pervaso dalla paura, pronto anche morire per propria mano e che fugge lontano dalla città nel deserto. Un luogo solitario dove è ricercato sia da Iezebel sia da Dio. Elia ricercato da Jezebel e da Dio: vv. 1- 8 La prima parte del capitolo e più in specifico i primi 3 versetti narrano della fuga di Elia a Beer-sheba, una regione desertica al di fuori dell’effettivo controllo del re. Il pericolo per Elia è concreto, viene considerato da Jezebel un nemico dello stato. Per Elia era arrivato il momento quindi di decidere se affrontare l’ennesima sfida come profeta di Dio o fuggire. La paura lo pervade, infatti la sua reazione è irrazionale ripensando solamente a ciò che poco tempo prima aveva vissuto col suo Dio sul monte Karmel. I primi versetti del cap.19 stridono con quelli appena citati, Elia passa dall’alto del monte Karmel simbolo della sua vicinanza a Dio e prova di grande fede, a Beer-sheba, città situata nella tribù di Giuda in pianura in prossimità del deserto, simbolo di scoraggiamento e di poca fede. L’immagine concreta che il testo ci vuole comunicare è che Elia, uomo e profeta di Dio, passa dalle stelle alle stalle. I vv. 4-8 ci mostrano un Elia abbattuto, depresso, addirittura disperato, Si sente uno sconfitto e soprattutto indegno, forse, confrontandosi con l’eredità lasciatagli dai suoi predecessori. La sua vita non ha più senso, al v.4 chiede letteralmente di morire: “Egli invece si inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a sedersi sotto una ginestra e chiese di poter morire dicendo: «Ora basta, o Eterno! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Questi pochi versetti ci dimostrano la contraddizione di Elia: Nel v.2 la regina vuole la vita di Elia; nel v.3 Elia fugge appunto per salvarsi la vita; nel v.4 egli dispera della propria vita e vuole morire. La stessa persona è pronta a togliersi la sua vita e tuttavia non vuole che le sia tolta. Elia vuole morire, ma ha paura di essere ucciso. Il testo ci dimostra che a cercarlo non era solo Jezebel, ma era anche Dio. Non a caso in pochi versetti il termine Dio ricorre una quindicina di volte. La maggioranza delle volte con Yehowah e poche volte con Eloim. Nel deserto, nel luogo del bisogno, nel luogo dove non c’è vita, luogo per antonomasia di silenzio, Elia dormiva. In questo luogo difficile, con la sua fede sonnecchiante Elia incontra Dio. Invece di reagire e di cercare di far fronte al deserto, Elia prende forse la via più facile, cioè quella di lasciarsi vincere dalle difficoltà, di cui il deserto è simbolo. Dopo momenti di grande eccitazione, anche spirituale, proprio come quella che aveva vissuto Elia, c’è il rischio della grande caduta, spesso molto dolorosa. Ecco che un uomo, preso dalla paura, fugge nel deserto pensando di allontanarsi sia dai soldati incaricati da Jezebel, sia da se stesso ed infine da Dio. Elia si rende conto che è possibile solamente sfuggire ai soldati, ma per un uomo di Dio, non è possibile fuggire da se stessi e soprattutto da Dio. Nel momento della più assoluta solitudine, quando la fede sta per raggiungere lo stadio di assoluta sordità, Dio stimola Elia alla vita. Fratelli osservate bene, Dio non incita Elia a riprendersi dicendogli di andare subito da Jezebel, Dio dà senso e valore alla vita di Elia dicendogli di mangiare. Dio ricorre alle necessità primarie, fondamentali per avere vita e vitalità, il cibo. Questo elemento non può passare inosservato perché nei vv. 5-8, in ben quattro versetti, Dio insiste nell’alimentazione. Elia che cerca Dio: vv. 9- 13 La paura di Elia svanisce e la reazione non è quella di andare ad affrontare Jezebel, lo farà dopo, il suo obiettivo è quello di andare dalla parte opposta: va sul monte Horeb o Sinai. Luogo molto famoso non solo per i Dieci comandamenti, ma luogo che esprime l’incontro tra Dio e l’uomo. Alla ripresa fisica coincide una risalita spirituale. Elia s’incammina alla ricerca di una nuova relazione col suo Dio. Ritornare immediatamente da Jezebel avrebbe significato, forse, vendicarsi, fare spazio alla propria ambizione di profeta. Elia comprende che prima di affrontare Jezebel, deve avere fede in Dio e non in se stesso altrimenti sarebbe potuto ricadere nel panico. Il percorso che compie Elia disegna un grafico che riguarda prevalentemente il suo andamento spirituale. Egli passa dall’eccitazione della grande risposta di Dio sul Monte Karmel, alla grande paura della minaccia di Jezebel, per ritornare su un monte, l’Horeb, dove non c’è esaltazione ma la riscoperta di una sana relazione con Dio. Elia adesso è realmente alla ricerca di Dio. Non a caso questa ricerca viene fatta in luogo significativo per qualsiasi Ebreo, l’Horeb. Li riscopre le radici della propria fede: così come Dio si rivelò ad un grande uomo e soprattutto profeta come Mosè alla stessa maniera Elia è certo che Dio si rivelerà a lui. Il v.9 sottolinea che la ricerca di Dio nei confronti di Elia si era conclusa a Beer-sheba, infatti Dio si esprime cosi: «Che fai qui, Elia?». Però Dio, a differenza di Elia che sonnecchiava nel deserto, non si fa attendere, si rivela immediatamente e lo invita a fermarsi ad aspettarlo al suo passaggio. Questa rivelazione di Dio è simbolo della grazia divina: Egli si dona a quell’uomo la cui vita era stata devastata. Dio lo si potrebbe confondere con eventi straordinari naturali come il vento forte, il terremoto o il fuoco, ma Dio si rivolge all’uomo con un dolce sussurro. In questo testo vediamo un Dio che lascia l’uomo fare il suo percorso buono o brutto che sia, Dio interviene, ma lo fa in punta dei piedi, in maniera discreta, senza intimorire o imporre la propria volontà. Dio e il fatto che sia chiamato quasi sempre Yehowah, ci esprime di un Dio che vuole entrare e partecipare alla storia umana. Dio non è indifferente, non è sordo al contrario è pronto ad intervenire nei momenti difficili sia fisicamente (Dio sfama Elia) sia spiritualmente (Dio sussurra, parla a Elia). L’insegnamento che il testo esprime all’uomo è l’illusione di essere indipendenti e capaci di affrontare senza Dio i vari momenti, positivi e negativi della vita. Prima o poi l’uomo si trova a dover fare i conti con le proprie emozioni, esse sono ingovernabili e soprattutto possono portare a reazioni sconsiderate di paura o di grande esaltazione. Elia è caduto nella trappola, ma purtroppo riguarda ognuno di noi. Anche la fede fluttua, non è un’ascesa in una linea retta continua verso Gesù, ma la vita spirituale spesso è una parabola che sale e scende. Solo la grazia di Dio può scongiurare gli effetti negativi della vita umana vissuta in questi continui sbalzi. Stringiamoci uniti attorno alla croce e intraprendiamo un cammino vero il monte di Dio, verso l’Horeb facendo attenzione al comando che dolcemente Dio ci sussurra. Amen