scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 02 giugno 2014
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
31/05/2014 Corriere della Sera - Milano
Sanità, effetto tangenti in Regione Manager sospesi e società senza vertici
7
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Morbillo, picco di infezioni: in troppi non si vaccinano
9
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Istituto Italiano di Tecnologia e Nikon, alleanza per il supermicroscopio ottico
10
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
la Deriva delle Scartoffie
12
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Visite gratuite per prevenire i tumori del cavo orale
13
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Una molla-ammortizzatore scarica il peso dall'articolazione
14
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Però si proteggono meglio dei maschi
15
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Le donne trascurano i segnali del cuore
16
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Mancanze che penalizzano i bambini, gli anziani e i disabili
18
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Tutte le cure essenziali solo in dieci regioni
19
01/06/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Otto proposte per riformare (senza tagliare) la nostra sanità
20
02/06/2014 Corriere della Sera - Milano
Ambrosoli: il presidente Maroni sfiduci Mantovani
22
02/06/2014 Corriere della Sera - Milano
Emergenza di notte al Fatebenefratelli: ridotti i medici di guardia
24
31/05/2014 Il Sole 24 Ore
Nuova acquisizione per Kos Raggiunte 70 strutture sanitarie
26
01/06/2014 Il Sole 24 Ore
La proteina per l'occhio
27
02/06/2014 Il Sole 24 Ore
La Campania «cura» i conti della sanità
28
01/06/2014 La Repubblica - Bologna
Dal Rizzoli all'Ausl le grandi manovre sui vertici della sanità
30
01/06/2014 La Repubblica - Firenze
Misericordie contro la Regione "La burocrazia ci uccide saremo costretti a chiudere"
32
01/06/2014 La Repubblica - Genova
Una nuvola dal Galliera, ma sono solo lavori in corso
33
31/05/2014 La Stampa - Nazionale
Iene e sanità: vergognose falsità trash
34
31/05/2014 La Stampa - Nazionale
Appalto Asl, processo per cinque controllori
36
31/05/2014 La Stampa - Torino
"Le Asl rispettino gli impegni"
37
31/05/2014 Il Messaggero - Roma
Paziente cade, sanitari a processo
38
31/05/2014 Il Giornale - Nazionale
SPACCIO, ARRESTI SOSPESI
39
01/06/2014 Il Giornale - Nazionale
Nel 43 per cento dei dodicenni italiani si rilevano gravi lesioni da carie dentali
41
01/06/2014 Il Giornale - Nazionale
Incontro a Roma Tor Vergata sulla sindrome di Marfan
42
31/05/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona
Arrivano 34 nuovi infermieri per l'estate
43
31/05/2014 Avvenire - Nazionale
Vermi in rianimazione Taranto.
44
31/05/2014 Avvenire - Nazionale
Senza fili e di 2 grammi per 2 centimetri Impiantato il pacemaker più piccolo del
mondo
45
31/05/2014 Avvenire - Nazionale
Norlevo abortivo? Il Tar dice no
46
31/05/2014 Avvenire - Milano
Madre Franchi beata, Como si prepara
47
01/06/2014 Avvenire - Bologna
Padre Marchesini, chirurgo «fai da te» premiato Onu
48
31/05/2014 Il Gazzettino - Venezia
Nasce il 118 del territorio per chi è stato dimesso
49
31/05/2014 Il Gazzettino - Venezia
«Non distruggete l'ospedale di Dolo»
50
01/06/2014 Il Gazzettino - Venezia
Filo diretto tra paziente e chirurgo anche per le cure post operazione
51
02/06/2014 Il Gazzettino - Venezia
«Dobbiamo trasferirci a Mestre per avere un ospedale che funzioni»
52
02/06/2014 Il Mattino - Napoli
Accesso a Medicina servono più fondi per la selezione
53
01/06/2014 Il Secolo XIX - Genova
«Siamo pochi». I medici denunciano il San Martino
54
01/06/2014 Il Secolo XIX - Genova
IL CENTRO USTIONI DEL VILLA SCASSI È SALVO LA ASL INVESTE 2 MILIONI PER
IL RESTAURO
55
02/06/2014 L Unita - Nazionale
Nel nostro Paese la metà dei malati di Aids non si cura
56
31/05/2014 QN - La Nazione - Firenze
«Ospedale ancora senza medici»
58
02/06/2014 La Repubblica - Affari Finanza
SANITÀ LOMBARDA NELL'ERA MARONI MOLTO "CELESTE" E ANCORA TANTO
NERO
59
02/06/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Amgen: "Sistema sanitario inaffidabile ecco perché non investiamo in Italia"
60
02/06/2014 La Repubblica - Affari Finanza
Medici, la specializzazione è diventata un miraggio
61
02/06/2014 Corriere Economia
Medici Deontologia: il codice della discordia
63
31/05/2014 Osservatore Romano
L'epidemia di ebola non ancora fermata
64
31/05/2014 Osservatore Romano
Missionarie coraggiose
65
31/05/2014 Gente
Bisturi under 18
66
30/05/2014 Innovazione PA
Big Data, opportunità per l'healthcare
68
30/05/2014 Innovazione PA
La rete wireless ali'Asl di Foggia
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
50 articoli
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Corriere della Sera - Milano
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Il terremoto Decine di miliardi di euro ruotano intorno alle holding controllate dal Pirellone
Sanità, effetto tangenti in Regione Manager sospesi e società senza vertici
Da Infrastrutture ad Arca governance da rinnovare. Ieri «silurato» il dg Stucchi
Simona Ravizza
È una corazzata che sta affondando sotto i colpi delle indagini della magistratura, degli arresti e delle
ispezioni di Bankitalia. Il governatore Roberto Maroni non fa in tempo a mettere una toppa, che spunta un
altro problema. Negli ospedali cadono le teste, mentre le società del Pirellone si ritrovano senza governance.
Di ieri l'ennesimo ospedale commissariato. Il direttore generale di Mantova Luca Stucchi, rinviato a giudizio
mercoledì nell'inchiesta di Telemedicina con l'accusa di aver turbato gare d'appalto per favorire aziende
legate alla sua area politica (Comunione e liberazione), è stato sospeso. Al suo posto è stato nominato Luigi
Cajazzo, ex commissario di polizia, dal 2012 direttore amministrativo dell'Istituto dei tumori. Sulla scia delle
indagini che hanno smascherato la (presunta) Cupola trucca-appalti di Gianstefano Frigerio, due settimane fa
erano già stati rimossi i manager di Lecco e di Melegnano, Mauro Lovisari (Lega) e Paolo Moroni (ex Pdl).
Ma siccome ci sono almeno altri otto manager che intrattenevano rapporti con la Cupola, Maroni vuole
togliere agli ospedali la possibilità di fare appalti per concentrare tutte le gare nell'Agenzia per gli acquisti di
Regione Lombardia (Arca). Una società che si troverà a gestire quasi 4 miliardi. Quella dell'Arca diventa,
allora, una poltrona di gran peso. Il desiderio di Maroni è di metterci un uomo di fiducia: all'attuale direttore
generale Andrea Martino è stato dato il benservito. Per sostituirlo è in pole position Luciano Zanelli, manager
della Sanità in fuga - dicono le malelingue - dal Friuli Venezia Giulia a guida Pd. Ma la sua nomina è slittata
ancora ieri, in contemporanea al ricorso presentato al Tar dall'ex dg Marino, convinto di essere stato scaricato
solo per motivi politici.
Altra società del Pirellone, altre contestazioni. Mercoledì è stato rinviato a giudizio pure l'ex assessore alla
Famiglia Giulio Boscagli, attuale vice presidente del Corecom, il Comitato regionale per le comunicazioni,
organo che deve dare garanzia di assoluta indipendenza e che distribuisce i fondi pubblici alle tv locali. Su
questo fronte dichiara battaglia, dai banchi dell'opposizione, Umberto Ambrosoli: «Il curriculum dell'ex
assessore, nonché cognato di Formigoni, già lasciava dubbi sull'esistenza di competenze in tema di
comunicazione, ora quel curriculum ha una nota in più di natura giudiziaria. Il presidente del consiglio
regionale Raffaele Cattaneo deve chiedergli di rassegnare le dimissioni».
Problemi da risolvere - e governance da cambiare - pure in Finlombarda. È la cassaforte di Regione
Lombardia, che muove 1 miliardo e 240 milioni di euro l'anno tra pagamenti ai fornitori degli ospedali e
distribuzione di fondi alle imprese. Oggi sui cinque componenti del consiglio di sorveglianza - come certifica
Bankitalia - solo uno ha competenze specifiche in materia di revisione contabile. Tutto da rifare allora, come
dimostra il bando appena uscito al Pirellone per selezionare revisori contabili che andranno a comporre un
nuovo, vero collegio sindacale. «Quello delle holding del Pirellone è un modello senza contrappesi, tutto da
ripensare», contesta da sempre il Pd, con Enrico Brambilla.
Resta ancora senza direttore generale Infrastrutture Lombarde, la cabina di regia degli appalti per la
costruzione degli ospedali e delle strade. Il suo storico direttore generale Antonio Rognoni è in carcere dal 20
marzo.
SimonaRavizza
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INFRASTRUTTURE LOMBARDE Dipendenti 89 Giro di affari solo per gli ospedali sono stati gestiti appalti
record 2,2 miliardi di euro È l'Agenzia per gli acquisti di Regione Lombardia ARCA Giro di affari nel 2013 ha
stilato bandi e distribuito appalti per 1,36 miliardi di euro È la cabina di regia degli appalti per la costruzione
degli ospedali e, in generale, delle infrastrutture di Regione Lombardia Direttore generale dimissionario
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ANTONIO ROGNONI in carcere dal 20 marzo milioni di euro 134 oltre 500 tra i 220 e i 250 ciascuno 266
(Blocco Sud) 108 (Blocco Nord) oltre 150 quasi 350 Nelle intenzioni del governatore Roberto Maroni dovrà
gestire tutti gli appalti della Sanità totale quasi 4 miliardi di euro Direttore generale ANDREA MARTINO non
riconfermato «per motivi politici». Ha fatto ricorso al Tar Dipendenti 40 Il sistema delle Dipendenti 207
FINLOMBARDA La cassaforte di Regione Lombardia. È la holding che amministra i soldi dei bandi regionali e
paga tutti i fornitori della Sanità Giro di affari 1 miliardo e 240 milioni di euro Attuale Consiglio di sorveglianza:
Ugo Parolo presidente (consigliere regionale LEGA) Luca Corvi commercialista e revisore dei conti (in
rappresentanza minoranza) Roberto Cova (dirigente regionale) Mauro Piazza (consigliere regionale NCD)
Maria Luisa Scalise (funzionario regionale) Vicepresidente GIULIO BOSCAGLI (CL) appena rinviato a
giudizio per turbativa d'asta CORECOM il Comitato regionale per le comunicazioni della Regione Lombardia.
È chiamato a stilare le graduatorie per la distribuzione dei fondi regionali alle emittenti locali Consiglio da
rifare. Per BANKITALIA c'è un solo esponente competente in materia di revisione contabile
Foto: Direttore generale Luca Stucchi a Mantova
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Sanità Colpiti gli adulti tra i 25 e i 44 anni. «Poi le mamme contagiano i bimbi»
Morbillo, picco di infezioni: in troppi non si vaccinano
Epidemia negli Stati Uniti. Cento casi a Bologna
Mario Pappagallo
MILANO - Allerta morbillo. Il movimento antivaccinazione sembra aver fatto toccare un record di casi che
negli Stati Uniti non si raggiungeva da almeno 20 anni. È quanto rivela il rapporto settimanale del Centro per
il controllo delle malattie infettive e la loro prevenzione di Atlanta: 288 casi dall'inizio dell'anno fino al 23
maggio. Il più alto numero di infezioni durante i primi cinque mesi dell'anno dal 1994. Il morbillo torna a far
paura nel Paese che lo aveva dichiarato eliminato nel 2000. In realtà, essendo la malattia endemica in altre
parti del mondo, anche gli Stati Uniti restano esposti al virus di importazione.
Detto questo, gli esperti indicano nel movimento antivaccinazione il principale colpevole di questo ritorno di
fiamma: il 69% dei 288 casi ha riguardato con certezza persone non vaccinate. Di un altro 20% non è stato
possibile determinare se la profilassi antimorbillo sia stata effettuata o no. Comunque, «tra i 195 residenti
negli Stati Uniti che hanno avuto il morbillo e non sono stati vaccinati - spiega il rapporto pubblicato dal Los
Angeles Times - 165 (l'85%) aveva rifiutato la vaccinazione per obiezioni religiose, filosofiche o personali».
Per dirla senza mezzi termini, queste persone si sono trasformate in un rischio per la salute pubblica.
Anche in Italia si sta registrando un'onda anomala. Un centinaio di casi di morbillo in pochi mesi a Bologna.
Un contagio e mezzo al giorno nelle ultime settimane. E anche in questo caso è la vittoria (negativa) degli
antivaccinazione. A essere colpiti dal virus che porta febbre alta e macchie rosate sulla pelle sono gli adulti e
non i bambini. E molti di loro non si erano vaccinati per scelta e non hanno vaccinato i loro figli. Il problema di
Bologna, che sta attirando l'attenzione di esperti anche internazionali di sanità pubblica e malattie infettive, è
che il virus del morbillo, oltre ad aver colpito una ventina di bambini, ha aggredito anche alcuni medici del
policlinico Sant'Orsola-Malpighi e svariati studenti universitari (la maggior parte della facoltà di Medicina). Un
caso analogo si verificò a Torino anni fa con un'epidemia di tubercolosi tra gli studenti di medicina.
Il contagio è, al momento, diventato quasi ingestibile. Si sta cercando di verificare chi è entrato in contatto
con le persone affette dal morbillo allo scopo di ricostruire il percorso del virus tra gli infettati: la maggior parte
dei colpiti ha tra i 25 e i 44 anni, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di non vaccinati o di persone
sottoposte a un solo ciclo, invece dei due consigliati. L'epidemia di morbillo interessa da diversi mesi anche i
bimbi (gli adulti solo nelle ultime settimane): «Inizialmente febbre alta e raffreddore, poi dopo alcuni giorni
compaiono le eruzioni cutanee - spiega Filippo Bernardi, direttore del Pronto soccorso pediatrico del
Sant'Orsola -. Spesso i sintomi non vengono subito riconosciuti e così aumenta la possibilità di contagio». A
proposito dei non vaccinati, mentre prima il virus passava dai bimbi agli adulti, nel caso bolognese sono state
diverse mamme a contagiare i figli. In un caso è stato colpito anche un bebè.
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288
Il numero delle persone contagiate negli Stati Uniti: è il dato più alto degli ultimi vent'anni
68
Percentuale di malati di morbillo negli Usa di cui si sa con certezza che non era vaccinata: l'85% per scelta
Foto: Anni Sessanta
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Istituto Italiano di Tecnologia e Nikon, alleanza per il supermicroscopio
ottico
Il gruppo di Tokyo farà dell'Iit il suo nono centro internazionale della ricerca
Stefano Agnoli
In un film di fantascienza del 1966, Fantastic Voyage , si narra di un gruppo di chirurghi imbarcato su un
sottomarino, ridotti a dimensioni microscopiche e iniettati dal governo Usa nella carotide di un famoso
scienziato per rimuovere un embolo cerebrale che lo sta uccidendo. Ebbene, quasi 50 anni dopo la realtà
potrebbe superare la fantasia di Hollywood, protagonisti questa volta la giapponese Nikon e l'Istituto Italiano
di Tecnologia, il gioiellino nazionale della ricerca attivo a Genova dal 2005.
Ciò che accade è che il colosso nipponico dell'ottica ha scelto l'istituto come sede del suo nono centro
internazionale di ricerca. Genova, insomma, si affiancherà a piazze del calibro di Harvard, Londra, Singapore,
San Francisco, Parigi, Chicago, Hokkaido e Heidelberg. Sotto la Lanterna, Nikon e IIT daranno vita a un
nuovo polo di microscopia ottica, che nei prossimi tre anni si propone di sviluppare una serie di applicazioni
biomediche di nuova generazione, utilizzabili soprattutto nello studio delle malattie neurodegenerative e
oncologiche. Per essere un investimento effettuato nel campo della ricerca, lo sforzo di Nikon è rilevante: per
iniziare 3 milioni di euro, e un team dedicato di 22 scienziati che saranno guidati da Alberto Diaspro, il
direttore del dipartimento di Nanofisica. E' proprio la combinazione di nanotecnologie (dove si opera a livello
atomico e molecolare) e di microscopia ottica ad aver convinto il gruppo giapponese a sbarcare in forze
all'IIT. L'obiettivo, neanche troppo nascosto, è rendere operativa una nuove generazione di microscopi ottici
ultra-miniaturizzati in grado, ad esempio, di realizzare delle analisi biomediche direttamente all'interno del
corpo umano. Con gli effetti che si possono immaginare: se un medico avesse accesso in tempo reale a dati
sulla risoluzione molecolare di alcuni tessuti potrebbe decidere con un elevato grado di certezza se un
paziente debba essere operato, o se una terapia farmacologica sta dando risultati, o se occorra addirittura
progettare un nuovo farmaco. Il nuovo «nano-microscopio» ottico apre cioè un nuovo scenario in termini di
precisione, riducendo la possibilità di errori di valutazione dovuti al basso dettaglio di uno strumento più
«tradizionale». Senza contare poi che allo studio c'è anche un altro salto tecnologico: ridurre ulteriormente
l'impatto della strumentazione utilizzando al posto di un sondino un foglio adesivo in grafene (uno strato di
atomi di carbonio) che conterrebbe la strumentazione, raccoglierebbe le informazioni e le invierebbe wireless
a un computer o a un tablet.
A differenza di un microscopio elettronico, secondo i ricercatori IIT, quello ottico offrirebbe anche un altro paio
di vantaggi: quello di realizzare analisi su materiale vivente (e non sui «fissati» che fermano nel tempo la
situazione del materiale prelevato) e, fattore non del tutto secondario, quello dei costi. Un microscopio di
questo genere avrebbe un costo circa venti volte inferiore a una superattrezzatura elettronica del valore di un
milione di euro. Ecco quindi l'alleanza con i giapponesi: «Ma è una scelta che nasce da lontano ¬- spiega il
presidente di Nikon Instrument Company Toshiyuki Masai - dalla fine degli anni 90, da quando Nikon Italia e il
professor Diaspro hanno iniziato a collaborare. E Nikon riconosce all'IIT la necessaria competenza per
affermarsi come centro all'altezza dello scenario internazionale». Oppure, per dirla con il direttore scientifico
dell'istituto, Roberto Cingolani: «Il motivo per cui un colosso come Nikon viene da noi e non altrove? Intanto
per la nostra capacità di fare ricerca applicata. E poi, oggi, per essere competitivi bisogna essere
multidisciplinari. Noi, all'ITT lo siamo come pochi altri al mondo».
@stefanoagnoli
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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L'accordo L'obiettivo: sviluppare in tre anni applicazioni per la cura di malattie neurodegenerative e
oncologiche
01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 22
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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gli scienziati IIT del team Nikon. L'investimento è di 3 milioni di euro
Protagonisti
Il direttore scientifico dell'Istituto italiano di Tecnologia, Roberto Cingolani
il presidente
della giapponese Nikon Instrument Company, Toshiyuki Masai
Foto: Un immagine del microscopio a super-risoluzione già in uso nel laboratorio congiunto Istituto Italiano di
Tecnologia e Nikon
01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
Un conto è una managerialità etica, altra cosa è ridursi solo a compilare moduli
di ALBERTO SCANNI
Che cosa fa un medico in ospedale oltre a curare
gli ammalati? Stende relazioni per Regione
e amministrazioni su cose che nulla hanno
a che fare con quello per cui ha studiato,
dà informazioni al ministero sull'uso di farmaci particolari, compila i moduli della privacy, fa impegnative per
l'esonero dai ticket, stende certificati Inps e molto altro. Se poi è un primario, deve anche produrre carte su
carte
per rispondere ai quesiti delle varie commissioni regionali, interfacciarsi con il Comitato etico per valutare
comportamenti e progetti di ricerca, con i NOC (Nuclei operativi di controllo) delle Asl per la correttezza delle
diagnosi, con la Joint Commission per valutare procedure sanitarie, deve occuparsi dell'antincendio,
partecipare
a comitati che organizza l'amministrazione per
il raggiungimento degli obiettivi dati dalla Regione
al direttore generale. Poca attività clinica e molta attività burocratica. In tempi andati, le prestazioni sanitarie
venivano pagate a piè di lista e poco importava se un malato stazionava
in ospedale (costando alla comunità) più giorni, visto che faceva un esame un giorno sì e uno no. Giusto,
quindi, oggi richiamare
a sobrietà, organizzazione, risparmio e managerialità. Ma un conto è una managerialità etica che non abiura
le radici della professione, altro è ridursi a compilare carte, partecipando a inutili riunioni, sottoponendosi
a corsi formativi di nessuna utilità. Queste incombenze, imposte dal sistema, sembrano destinate ad
aumentare, mentre il tempo da dedicare ai malati si assottiglia, e spesso riempire una scartoffia diventa più
importante della clinica.
La deriva va bloccata, introducendo figure intermedie
che si occupino di tutti quei problemi che nulla hanno
a che fare col lavoro del medico. Quindi: data manager che verifichino le cartelle, che facciano statistiche e
proiezioni, che controllino se tutte le voci dei vari questionari sono state compilate, che si preoccupino di fare
l'accettazione
dei malati, di reperire documenti, di organizzare le agende, che si occupino, in altri termini, di tutte quelle
attività
che sottraggono tempo alla cura dei malati. Speriamo
che il Ministro affronti prima o poi questo problema,
ne va della qualità della assistenza.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 37
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Visite gratuite per prevenire i tumori del cavo orale
Ottava forma tumorale più diffusa al mondo, il carcinoma della bocca colpisce ogni anno in Italia 6 mila
persone, con un alto tasso di mortalità. Quando però il carcinoma è rilevato e curato nella sua fase iniziale, è
possibile avere un tasso di sopravvivenza dell'80 per cento, e ottenere anche una guarigione completa,
consentendo inoltre interventi meno invasivi per il volto e per il cavo orale. Per questo, oltre 7 mila studi
dentistici Andi (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) saranno disponibili fino al 19 giugno per effettuare
visite di controllo gratuite per la prevenzione, o l'eventuale diagnosi, del tumore del cavo orale. L'iniziativa si
colloca nell'ambito dell'Oral Cancer Day, organizzato da Fondazione Andi onlus per sensibilizzare i cittadini
sull'importanza della prevenzione e della salute orale per la salute generale. Per trovare lo studio
odontoiatrico più vicino e conoscere l'elenco dei dentisti presso cui prenotare le visite basta consultare il sito
www.oralcancerday.it, oppure si può chiamare il numero verde 800 911 202.
7 mila
()
Sono gli studi dentistici disponibili per chi vuole sottoporsi a controlli gratuiti per la prevenzione e la diagnosi
del tumore del cavo orale
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Il numero
01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 39
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Una molla-ammortizzatore scarica il peso dall'articolazione
Risolvere i dolori dell'artrosi al ginocchio senza ricorrere a una protesi, ma con una sorta di ammortizzatore a
molla impiantato con un intervento semplice, di un'ora, che non "tocca" cartilagini, legamenti e ossa. Il
dispositivo, disponibile in Italia da circa due anni, può ritardare o evitare l'uso della protesi, perché diminuisce
il carico sul ginocchio fino a 13 chili durante la fase di appoggio a terra, riducendo il dolore fino all'80 per
cento. Lo dimostrano i dati raccolti su 55 pazienti italiani, presentati ad Amsterdam durante l'ultimo congresso
dell'European Society for Sports Traumatology, Knee Surgery and Arthroscopy: a distanza di un anno la
maggioranza convive bene con la "molla", che conserva il movimento naturale dell'articolazione e consente
un recupero rapido, visto che dopo un giorno o due si può rientrare a casa e nel giro di 6-12 settimane si può
tornare a tutte le normali attività, compreso lo sport.
«Il dispositivo può essere un'alternativa per quei pazienti in cui le terapie conservative sono già poco efficaci
perché l'artrosi è in uno stadio non più iniziale, ma per i quali sarebbe troppo presto ricorrere alla protesi spiega Claudio Zorzi, direttore della Divisione di ortopedia e traumatologia dell'ospedale Sacro Cuore di
Negrar (VR) -. Può essere utile, ad esempio, in chi rifiuta la protesi e in pazienti giovani, fra i 40 e i 60 anni, o
molto attivi, perché grazie all'ammortizzatore a molla si può riprendere l'attività fisica presto e bene».
Il sistema, già utilizzato su oltre 650 pazienti in Europa (di cui circa 200 in Italia, in 23 Centri), è costituito da
due placche di metallo che vengono fissate su femore e tibia, unite da un vero e proprio ammortizzatore che
"scarica" il ginocchio dal peso; tutto il dispositivo è sottocute ma esterno alla capsula articolare, e questo lo
rende facile da togliere, oltre a non compromettere l'eventuale inserimento di una protesi. Tanto che secondo
gli esperti potrebbe contribuire a diminuire la spesa sanitaria correlata al trattamento dell'artrosi: ha infatti
costi simili a quelli della chirurgia standard, ma può ridurre la necessità di antidolorifici, fisioterapia e
soprattutto di revisione delle protesi, costosa e più probabile se il paziente è sottoposto all'impianto da
giovane.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Nuove soluzioni Alternativa alla protesi, anche solo temporanea
01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Però si proteggono meglio dei maschi
La popolazione femminile è più morigerata con il cibo e nel consumo di alcolici
A. V.
Le donne hanno l'infarto come gli uomini, se ne accorgono più tardi ma sono più virtuose nel seguire gli stili di
vita sani: stando agli ultimi dati dell'Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare dell'Istituto Superiore di
Sanità, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e Fondazione Per il Tuo Cuore,
presentati di recente a Firenze al congresso ANMCO, il 13%delle donne fra 35 e 74 anni segue almeno 7
delle 10 "regole salvacuore" dettate dai cardiologi, rispetto ad appena il 7% degli uomini. «Percentuali
comunque scarse, che sottolineano la necessità di puntare molto di più sulla prevenzione - osserva
Francesco Bovenzi, presidente ANMCO -. I dati raccolti dall'Osservatorio indicano chiaramente che siamo
ormai molto bravi a curare il cuore quando si ammala, con pillole e interventi tempestivi e adeguati, ma
evidenziano che i rischi arrivano dal nostro stile di vita, " allergico" alle buone abitudini».
Se da un lato il numero di fumatori è calato negli ultimi dieci anni e problemi come l'ipertensione o il diabete
vengono finalmente gestiti meglio, è infatti in continua crescita il numero di persone con il colesterolo alto,
obese, con il girovita oltre i limiti. Colpa, appunto, dello stile di vita, soprattutto a tavola: accanto all'addio al
fumo e a una buona attività fisica, infatti, nelle 10 regole salvacuore stilate dai cardiologi ci sono soprattutto
consigli per una dieta sana. Regolarmente disattesi dai più: appena il 15,5%degli italiani mangia dolci non più
di due volte a settimana come raccomandato, solo il 30-35 per cento porta in tavola almeno due porzioni di
verdura al giorno e consuma pesce due volte a settimana. Le donne sono più morigerate degli uomini in
materia di salumi (il 40% li mangia meno di due volte a settimana, contro il 22% dei maschi) e alcol (sta alle
regole il 68% contro il 41%), ma tutti dobbiamo migliorare il nostro comportamento a tavola se solo il 50%
consuma frutta a sufficienza e limita i formaggi a tre porzioni a settimana.
Ancor più attenzione servirebbe con l'andare degli anni: l'Osservatorio sottolinea che le donne in menopausa
hanno iniziato a volersi più bene, muovendosi di più e controllando meglio con le terapie ipertensione e
diabete, ma dopo i 75 anni tutti sembrano "gettare la spugna".
Così, accanto a una maggior prevalenza di malattie come obesità, diabete, pressione e colesterolo alto, solo
in parte connesse all'avanzare dell'età, pure le abitudini peggiorano: complice la crisi, pochissimi mangiano
frutta e verdura a sufficienza o portano in tavola il pesce, mentre tanti cedono alla tentazione dei dolci (magari
a basso costo e di scarsa qualità) senza però fare almeno un po' di movimento per smaltirli.
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Prevenzione C'è maggiore attenzione allo stile di vita
01/06/2014
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Le donne trascurano i segnali del cuore
Poco pronte a cogliere i sintomi dell'infarto Il sesso non conta in relazione ai meccanismi che scatenano la
patologia Anche la risposta alle terapie e gli effetti dello stent sono uguali per lui e per lei
Alice Vigna
Gli uomini e le donne sono uguali. Contrariamente a quanto si è creduto finora, di fronte all'infarto il sesso
non è determinante: non sono diversi i meccanismi che lo scatenano, la presenza o meno di aterosclerosi
sottostante o la risposta alle terapie, né cambia la tendenza a sottovalutare i primi segnali di sofferenza del
cuore. Unica differenza, le donne sono ancor meno consapevoli del loro rischio cardiovascolare, quindi, se
possibile, trascurano ancor di più i sintomi. Questi risultati, che cambiano parecchio quanto finora si sapeva in
materia di infarto, arrivano dallo studio OCTAVIA della Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE), il
primo ad aver confrontato davvero i due sessi per questo problema: per ogni paziente donna, infatti, è stato
arruolato un uomo della stessa età, così da poter fare un raffronto realistico fra persone con caratteristiche
analoghe. Inoltre, i 140 casi raccolti in 14 Centri di tutta Italia sono stati analizzati con una delle tecniche più
avanzate, la Tomografia a Coerenza Ottica (OTC): in sostanza, grazie a piccole sonde che emettono fasci di
luce a infrarossi è stato possibile "vedere" l'interno delle coronarie e analizzare i trombi responsabili
dell'infarto. I pazienti sono stati sottoposti all'esame subito dopo l'aspirazione dei trombi, per capire anche se
ne rimanessero frammenti nel vaso, poi dopo l'impianto di uno stent medicato e, infine, a nove mesi di
distanza, per valutare i processi di guarigione nel tempo. Tutti i dati raccolti sono stati analizzati in cieco da
ricercatori indipendenti negli Stati Uniti, per avere garanzia di un'interpretazione accurata e senza pregiudizi.
Il risultato è perciò un identikit molto dettagliato di quel che succede in caso di infarto, e ha riservato non
poche sorprese.
«Il primo dato è la sostanziale uguaglianza dei meccanismi dell'infarto nei due sessi - spiega Giulio
Guagliumi, coordinatore della ricerca e cardiologo interventista all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo
-. La ragione dell'evento è spesso una placca che si rompe, negli uomini e nelle donne; in un caso su quattro
anziché la rottura si ha l'erosione della placca, ma anche in questa evenienza non ci sono differenze di
sesso». Pure l'aspetto delle coronarie non è diverso: nelle donne con infarto, soprattutto dopo la menopausa,
l'aterosclerosi è presente tanto quanto negli uomini di pari età e ciò confuta l'idea che il problema fosse meno
esteso e avesse meccanismi fisiopatologici diversi.
«Il trombo aspirato è stato analizzato e qui abbiamo avuto un'altra sorpresa - prosegue Guagliumi -. Abbiamo
arruolato tutti casi arrivati entro sei ore dai primi sintomi di infarto, così da concentrarci su chi avrebbe potuto
ricevere i maggiori benefici dal trattamento precoce, ma in un terzo dei pazienti i trombi non erano "freschi",
avevano cioè iniziato già a "organizzarsi" e aggregarsi nelle 48-72 ore precedenti all'evento: il flusso di
sangue magari li aveva parzialmente lavati via ma poi hanno ripreso a formarsi, fino a occludere la coronaria.
Questo implica che un paziente su tre ha trascurato segni labili di malessere nei giorni precedenti all'infarto,
come hanno confermato i malati stessi quando glielo abbiamo chiesto. Nella maggior parte dei casi si trattava
di dolori cardiaci del tutto analoghi a quelli che si hanno in corso di infarto, ma di breve durata: chi, uomo o
donna, dovesse avere sintomi simili non deve sottovalutarli perché passano velocemente, ma deve rivolgersi
al medico. Intervenire su un vaso solo parzialmente occluso significa salvare una grossa porzione di muscolo
cardiaco e verosimilmente non andare neppure incontro all'infarto».
I dati mostrano poi che frazioni del trombo (peraltro più ampie di quelle che si supponeva analizzando i vasi
con l'angiografia) restano anche dopo l'aspirazione, a indicare la necessità di migliorare le tecniche; inoltre,
non ci sarebbe nessuna differenza fra uomini e donne nella risposta agli stent, neppure a distanza di tempo.
È, questo, un dato fondamentale, perché evidenzia l'obbligo di intervenire allo stesso modo su entrambi i
sessi, come fa notare Guagliumi: «Le donne hanno vasi più piccoli, per cui si è sempre pensato che gli stent
dessero risultati peggiori, fra cui ad esempio un maggior rischio di restenosi (ovvero una successiva
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Lo studio Il rischio è uguale a quello degli uomini
01/06/2014
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"chiusura" o restringimento del vaso per colpa della proliferazione del tessuto attorno sullo stent, ndr ). Non è
così, i risultati sono altrettanto buoni e alle donne va garantito l'accesso tempestivo alle stesse terapie.
Semmai è importante formare i cardiologi perché sappiano intervenire su vasi di minor calibro. L'unica, reale
differenza fra uomini e donne è la tendenza femminile a non pensare che l'infarto possa riguardarle,
arrivando così ancora più tardi dai medici: soprattutto dopo la menopausa, quando viene meno la protezione
degli estrogeni, il rischio cardiovascolare femminile cresce ed è essenziale saper riconoscere i segnali di un
infarto» conclude il cardiologo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Di solito (ma non sempre) inizia dietro allo sterno, sulla parte sinistra del
torace o alla bocca dello stomaco Tende a irradiarsi a braccia (soprattutto il sinistro), spalle, schiena, collo e
mandibola DOVE INIZIA E DOVE SI IRRADIA IL DOLORE CARDIACO Spesso come un pugno, una morsa
che stringe, come un peso, una pietra che opprime COME VIENE DESCRITTO CON CHE COSA
PEGGIORA? SI PUÒ ACCOMPAGNARE A QUANTO DURA? DITO O MANO APERTA? Se si tocca il petto
con la mano aperta è più probabile che ci sia un problema al cuore Se alla domanda «dove sente dolore?» la
persona che lo avverte indica un punto esatto con un dito, in genere non c'è da preoccuparsi Peggiora con lo
sforzo Non peggiora premendo sul torace Non peggiora con la respirazione Nausea Sudorazione Difficoltà a
respirare In caso di angina (ostruzione temporanea delle coronarie) il dolore passa dopo qualche minuto, se
c'è un infarto in atto non smette, anzi peggiora Le donne hanno un infarto a un'età media di 10 anni maggiore
rispetto agli uomini Dopo i 60 anni, il 30% dei casi di infarto riguarda una donna e la percentuale cresce
all'aumentare dell'età L'incidenza dell'infarto nelle donne è cresciuta dall'11,8 al 25,5% negli anni 1995-2010
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini (fonte GISE)
Dati rilevanti
Un confronto che offre una visione nuovadel problema
L'esperto risponde alle domande dei lettori sulle patologie del cuore e dei vasi all'indirizzo
Internethttp://forum.corriere.it/cuore
01/06/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Mancanze che penalizzano i bambini, gli anziani e i disabili
II più penalizzati sono i cittadini campani: nella loro regione anche nel 2012, l'erogazione dei Livelli essenziali
di assistenza rimane «critica», secondo il rapporto del ministero della Salute, a causa delle insufficienze
riscontrate per la maggior parte degli indicatori della verifica.
Migliorano leggermente, Puglia e Calabria, che da Regioni «critiche» nel 2011 diventano «sorvegliate
speciali» insieme ad Abruzzo, Sicilia e Molise, che già l'anno precedente dovevano recuperare in alcune aree
della prevenzione e dell'assistenza. Il Lazio, avendo assolto gli impegni previsti, risulta «adempiente». Ma
vediamo quali sono le aree critiche per le quali sono richiesti interventi «riparatori» alle regioni.
In Campania sono ancora insufficienti le vaccinazioni contro l'influenza per gli anziani e la diffusione degli
screening per i tumori. Altre note dolenti: l'assistenza ai malati terminali, ad anziani e disabili, l'assistenza
ospedaliera appropriata.
Sul fronte della prevenzione sono sotto osservazione anche Calabria, Abruzzo, Molise, Sicilia e Puglia.
Queste ultime due Regioni devono migliorare anche la copertura delle vaccinazioni dei bambini contro
morbillo, parotite, rosolia.
Per tutte e cinque c'è il rinvio al Piano di rientro sia per l'assistenza residenziale per anziani sia per
l'appropriatezza delle cure ospedaliere; Sicilia e Molise devono recuperare anche rispetto all'assistenza alle
persone con disabilità, l'Abruzzo, invece, per le cure palliative ai malati terminali.
«Se non esistono servizi sul territorio, o sono carenti, aumenta il rischio di prestazioni inappropriate, come nel
caso di anziani che soffrono di più patologie e si rivolgono al pronto soccorso o sono ricoverate in ospedale
anche quando non sarebbe indispensabile - afferma Tonino Aceti, del Tribunale dei diritti del malato - . Come
segnala il rapporto del ministero, in Emilia Romagna l'assistenza domiciliare integrata (Adi) per gli over 65
arriva quasi al 12%, mentre è al 2-3% in altre regioni. Inoltre, il monitoraggio dei Lea dovrebbe riguardare
anche l'Adi per malati «fragili», perché spesso le ore di assistenza domiciliare sono insufficienti a coprire i
bisogni dei pazienti». (M.G. F)
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Le criticità
01/06/2014
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Tutte le cure essenziali solo in dieci regioni
Il Rapporto sui «Lea» però non verifica i tempi di attesa
Maria Giovanna Faiella
Sono cure e prestazioni sanitarie riconosciute «essenziali» e come tali vanno garantite a ogni cittadino,
indipendentemente dalla regione in cui risiede. Ma ancora non sono un diritto «uguale» per tutti, nonostante
l'ultimo rapporto del ministero della Salute sull'erogazione dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, segnali un
miglioramento rispetto all'anno precedente, sulla base degli indicatori analizzati per valutare le attività di
prevenzione, l'assistenza ai malati sul territorio, in ospedale e in situazioni di emergenza-urgenza.
Per il 2012 (anno di riferimento dell'analisi resa nota nei giorni scorsi) salgono a dieci le Regioni «promosse»
(rispetto al 2011 si è aggiunto il Lazio; la Basilicata resta l'unica del Sud, vedi cartina ), mentre altre cinque
(Calabria, Puglia, Sicilia, Abruzzo e Molise) devono assolvere specifici impegni per diventare «adempienti».
Rimane critica la situazione in Campania. Non rientrano invece nel monitoraggio le Province autonome di
Bolzano e Trento, la Valle d'Aosta, il Friuli Venezia Giulia e la Sardegna, in quanto non partecipano alla
ripartizione dei finanziamenti integrativi nell'ambito del riparto del Fondo sanitario nazionale.
Il rapporto del rinistero conferma peraltro differenze nell'erogazione dei Lea tra le diverse regioni, comprese
quelle «adempienti» e quelle non sottoposte a verifica. Sono ancora insufficienti, un po' dappertutto, gli
screening per la diagnosi precoce di tumori a seno, cervice uterina e colon retto. E continua a essere carente,
specie al Sud, l'assistenza territoriale per anziani e persone con disabilità. II posti letto in hospice per i malati
di tumore in fase terminale, invece, sono aumentati nella maggior parte delle regioni.
Quanto all'assistenza ospedaliera, è ancora bassa la percentuale di pazienti con frattura del femore operati
entro due giorni, (quindi con più possibilità di recupero): fanalino di coda sono Campania e Molise con
appena il 14% di interventi nei tempi raccomandati dalle linee guida internazionali, contro il 74% e il 64%
rispettivamente della provincia di Bolzano e della Toscana. Ancora elevato il ricorso ai parti cesarei,
nonostante un calo in alcune Regioni anche meridionali e nella stessa Campania che, però, continua ad
averne il primato, con il 36,7% di cesarei. «Non solo le cure sono garantite in modo diverso ai cittadini, ma
l'estrema variabilità delle compartecipazioni alla spesa sanitaria ha creato ulteriori discriminazioni tra i
pazienti, spesso costretti a pagare più tasse e più ticket - afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del
Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva - . Andrebbe rivisto il sistema dei superticket, ma anche il
metodo per verificare l'accesso ai Lea, che non prevede, per esempio, il monitoraggio sui tempi di attesa
delle prestazioni».
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Quanto rispettano i Livelli essenziali di assistenza Regione adempiente Val D'Aosta Trentino A .A. Piemonte
Liguria situazione critica non sottoposta a verifica Fonte: ministero della Salute, monitoraggio adempimento
dei Lea nel 2012 (2014) Regione parzialmente adempiente* *presenza di alcune criticità, per es. su
prevenzione, assistenza ospedaliera, emergenze Lombardia Emilia R. Toscana Veneto Friuli V. G. Marche
Abruzzo Molise Puglia Umbria Lazio Sardegna Sicilia Campania Calabria Basilicata
Verifica L'indagine annuale del ministero registra piccoli miglioramenti
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Monitoraggio Promosso il Lazio, la peggiore resta la Campania
01/06/2014
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Otto proposte per riformare (senza tagliare) la nostra sanità
Il disavanzo complessivo del Servizio sanitario è stato praticamente azzerato Alcune aree ormai dovrebbero
essere abbandonate, per investire su bisogni emergenti
Sergio Harari
Molti pensano che il nostro Servizio sanitario nazionale sia un sistema universalistico che garantisce cure e
servizi a tutti in modo equanime, però con grandi sprechi: ma è proprio vero?
Il Servizio sanitario nazionale usufruisce oggi di risorse molto limitate (112 miliardi di euro all'anno) che
bastano a garantire le cure per le patologie più importanti, ma lasciano insoddisfatte molte aree di bisogno,
dall'odontoiatria alla ginecologia o all'oculistica, tanto che la cosiddetta spesa out of pocket (letteralmente,
fuori dal portafoglio) ha raggiunto i 30 miliardi di euro all'anno. Già oggi il 55 per cento delle prestazioni
ambulatoriali specialistiche sono pagate dai cittadini privatamente: siamo quindi lontani dall'universalismo
tanto sperato.
La nostra spesa sanitaria ha conosciuto un tasso di crescita bassissimo negli ultimi anni (1,7 per cento nel
periodo 2000-2011) e la spesa pubblica pro capite è oltre il 25 per cento in meno di quella della Francia o
della Germania.
Il disavanzo delle regioni con piani di rientro è sceso moltissimo (nel 2012 quello della Campania si è ridotto a
un decimo di quanto non fosse nel 2005, quello del Lazio a un quinto, ecc.); così, attualmente, il disavanzo
complessivo del Servizio sanitario nazionale è stato praticamente azzerato.
Anche il numero di posti letto ospedalieri per abitante è stato significativamente ridotto e oggi è uno dei più
bassi della Unione Europea, mentre i ricoveri ospedalieri tra il 2000 e il 2011 sono scesi in tutto il Paese del
16,9 per cento. Tutto ciò fa pensare che la tenuta finanziaria del Servizio Sanitario non dovrebbe destare
grandi preoccupazioni a breve e medio termine.
Il nostro è il sistema sanitario più sobrio di tutti i grandi Paesi della Ue, quello con il più basso tasso di
crescita della spesa, e malgrado ciò nel 2012 è riuscito a raggiungere il pareggio di bilancio: questo spiega
perché nella situazione attuale sia difficile individuare altri significativi margini di efficientamento se non di
ordine minore, anche se magari a forte impatto mediatico. Ulteriori tagli determinerebbero molto
probabilmente l'ulteriore riduzione della copertura di alcuni servizi.
Cosa è possibile fare?
1) Dato che sembra impossibile immaginare un aumento del finanziamento pubblico al Servizio sanitario
nazionale nei prossimi anni, almeno si definisca che tutti i risparmi ottenibili e ottenuti rimangano all'interno
del Servizio sanitario stesso.
2) Si operi per priorità: alcune aree di intervento dovrebbero essere abbandonate e altre lasciate a una sola
parziale copertura pubblica, ciò consentirebbe di investire risorse in altri settori oggi emergenti (come, ad
esempio, le malattie croniche).
3) La mancata spesa in innovazione tecnologica di questi anni rischia di penalizzare moltissimo la nostra
sanità; è indispensabile tornare a investire, anche qui facendo scelte di priorità.
4) Bisogna intervenire sul sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini: oggi
l'esenzione per patologia è indipendente da qualsiasi forma di reddito, una situazione da ripensare
radicalmente.
5) Lo sviluppo dei sistemi assicurativi e previdenziali necessita di linee di indirizzo, per evitare una eccessiva
frammentazione del servizio sanitario che altrimenti rischia di tornare indietro di 40 anni, alle vecchie mutue.
6) Lo sviluppo di una rete di strutture ambulatoriali potrebbe, da un lato migliorare l'offerta di visite
specialistiche, l'area più in sofferenza del Servizio sanitario nazionale, dall'altro affiancare la rete ospedaliera
nella gestione dei malati cronici.
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Strategie La spesa pubblica italiana ha il più basso tasso di crescita nell'Ue
01/06/2014
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7) I posti letto in strutture socio-sanitarie, dai quelli post-acuti alle lungodegenze e agli hospice anche non
oncologici, vanno potenziati.
8) Si dovrebbero sperimentare modelli di ospedali di insegnamento, dove coesistano università e ospedale
anche con nuovi schemi di cooperazione che prevedano, ad esempio, il «prestito» da parte dell'ospedale di
figure professionali all'Università, e non solo viceversa come avviene oggi, oltre a una valorizzazione della
rete degli Irccs, gli istituto di ricovero e cura a carattere scientifico.
Oggi, quattro milioni di europei viaggiano per farsi curare all'estero e il loro numero è destinato a aumentare.
Intercettare questo bisogno con politiche di investimento tecnologico e di valorizzazione dei professionisti
potrebbe costituire per l'Italia un importante punto di forza e di potenziale finanziamento aggiuntivo per il
Servizio sanitario nazionale.
Francesco Longo
[email protected];
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02/06/2014
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Ambrosoli: il presidente Maroni sfiduci Mantovani
«L'assessore ha superato ogni limite Subito un segnale di discontinuità»
Elisabetta Soglio
«Nelle ultime settimane, l'assessore Mantovani è andato al di là del bene e del male. Noi ci aspettiamo un
grande segnale di discontinuità anche dalla sua maggioranza e dal presidente Maroni. Se non verrà
sfiduciato, proporremo una mozione di sfiducia anche nei confronti del governatore». Il consigliere regionale
Umberto Ambrosoli, candidato del centrosinistra alle regionali battuto appunto da Maroni, rilancia obiettivo e
motivazioni della mozione che arriverà in aula il 10 giugno prossimo: «Di fronte ai fatti gravi emersi con
l'inchiesta sulla sanità questa maggioranza non è stata messa in sicurezza, nè ha dato segnali di
discontinuità».
A cosa allude, Ambrosoli?
«Parlo della vicenda dei direttori generali delle Asl e degli ospedali finiti nell'indagine. Ci sono voluti più di 10
giorni perché assessore e giunta prendessero atto della gravità di quanto emergeva dagli atti. Anzi, nelle
reazioni emerge un senso di impunità inaccettabile».
Alcune persone sono state rimosse. Cosa chiedeva?
«Anzitutto bisogna cambiare un meccanismo per cui i direttori generali sono scelti dai partiti, sono invitati
d'onore alle cene elettorali dove si fa fundraising. Per non dire della mail con cui si chiedevano loro contributi
economici ai partiti che li avevano nominati. E vogliamo parlare del discorso di Mantovani ad Arconate?».
Mantovani ha spiegato di essere stato frainteso e di non aver mai violato le leggi.
«Io ho ascoltato quel discorso. Lui diceva di essere disponibile ad aiutare qualcuno. E nella sue reazioni in
tutte queste settimane traspare la sua consapevolezza del fatto che non sarà punito per non avere detto nulla
sui dg, per non aver controllato gli appalti delle varie società, per non essersi adoperato in tempo evitando di
far diventare la vicenda Stamina quello che è diventato».
Lei fa riferimento a cose avvenute prima dell'arrivo di questa giunta: perché attaccare Mantovani?
«Perché lui e tutti loro non hanno fatto nulla per cambiare davvero».
E i cambi fatti ai vertici della Regione e negli ospedali?
«Ma i risultati quali sono? Se andiamo avanti così quanto a efficacia dell'azione amministrativa finiremo col
dire che si stava meglio quando si stava peggio».
Quale segnale di discontinuità chiedete?
«Sostituire i soggetti chiamati a ruoli di responsabilità e questo è stato fatto in parte. Per il futuro, bisogna far
prevalere il principio della professionalità su quello dell'appartenenza e i dg devono essere nominati in modo
da togliere ai partiti questo potere».
E la politica, che ruolo ha?
«La politica dà l'indirizzo. Dice cosa deve fare un'azienda ospedaliera e come deve lavorare. È diventata che
le nomine vengano spartite così: ma la maggioranza dei lombardi è contraria a questo sistema».
Ci vuole un magistrato, come Cantone all'Expo, anche per le nomine?
«Non ci vuole Cantone. Ci vuole, come chiede la nostra mozione, un meccanismo di selezione delle
professionalità realizzate da soggetti diversi rispetto ai soggetti politici, che facciano vere e proprie audizioni.
Loro danno una rosa di nomi e la politica a quel punto sceglie sulla base dei nomi ricevuti».
Mantovani sostiene che la vostra sia una polemica molto personale. Risposta?
«Se per personalistico intende il fatto che un cittadino come me si indigna vedendo il video di Arconate, la
viva pure così. O se pretende che tutti tacciano di fronte alle sue non posizioni, faccia pure».
Lei si aspetta che la maggioranza voti la vostra mozione di sfiducia?
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L'attacco Il consigliere del centrosinistra rilancia: dopo la vicenda dei manager Asl è emerso solo un senso di
impunità inaccettabile
02/06/2014
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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«Dalla maggioranza mi aspetto un'assunzione di responsabilità. Se fossero tutti contenti di Mantovani non
direbbero, almeno metà di loro, che la riforma della sanità deve farla l'assessore Cantù».
E se la mozione verrà bocciata?
«Noi avevamo posto a Maroni alcune condizioni per evitare di presentare una mozione contro di lui. Alcuni di
questi punti sono stati assecondati, ma il principale era rimuovere l'assessore alla Sanità. Quindi, se non
passa quella per Mantovani, presenteremo subito dopo una mozione per sfiduciare il Governatore».
Perché?
«Perché è un presidente che non governa e non prende decisioni, sta facendo ordinaria amministrazione e
ha grossi problemi a fare i conti con il passato: non a caso, da inizio legislatura a oggi sono state annunciate
5 comm di inchiesta volute dalla sua giunta su Aler, Stamina, Infrastrutture Lombarde, sulle partecipate, sui
dg della sanità. Senza che nulla sia cambiato».
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Foto: Uomini contro Da sinistra, il consigliere regionale Umberto Ambrosoli, 43 anni, e l'assessore alla Sanità
e vicepresidente della giunta Mario Mantovani, 64 anni
02/06/2014
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Emergenza di notte al Fatebenefratelli: ridotti i medici di guardia
Tutto sulle spalle del Pronto soccorso
Simona Ravizza
Erano tre medici. Due in Pronto soccorso. L'altro nel padiglione delle Medicine, dove sono ricoverate per lo
più persone anziane. Dallo scorso 7 aprile, sono rimasti in due. Turno di notte, ospedale Fatebenefratelli: «Ti
chiamano. Devi correre per un paziente ricoverato in Medicina. Magari, in quel momento, stai trattando
un'emergenza in Pronto soccorso. Ed è possibile, può capitare, che anche l'altro collega del Pronto soccorso
stia lavorando contemporaneamente per un altro caso critico. E in una situazione del genere, cosa
succede?». Quella domanda aleggia ormai da settimane. Appunto, dal 7 aprile: quel giorno è andata «a
regime» la sperimentazione più contestata e osteggiata degli ultimi anni negli ospedali milanesi. Riduzione
della guardia notturna. Per risparmiare. Per «riorganizzare le risorse». Quindici dottori del Pronto soccorso
avevano fatto una denuncia all'Ordine dei medici (luglio 2013). Un inedito. Rimasto senza effetto. Poi, un paio
di mesi dopo, avevano firmato anche una diffida. Il percorso è andato comunque avanti. Alla base di queste
proteste c'era una sola motivazione: «I pazienti correranno più rischi».
La prima lettera inviata ai vertici dell'ospedale quasi un anno fa conteneva già i pericoli che (secondo i medici)
si verificano nella situazione attuale: «...ridurre il numero di internisti di guardia durante le ore notturne... non
è un segnale di buona razionalizzazione delle risorse. Non è logica... l'ipotesi di lasciare sguarnita (anche se
per breve tempo) la postazione di Pronto soccorso - scrivevano al direttore generale, Giovanni Michiara, in
quota con l'ex Pdl - Il medico di Pronto soccorso si troverebbe da solo a fronteggiare l'affollarsi di malati
durante il turno di guardia». È proprio quel che sta accadendo dal 7 aprile. Bisogna chiarire che l'«internista»
è il medico fondamentale per la gestione dei pazienti in emergenza. Un «rinforzo» il nuovo meccanismo del
Fatebenefratelli lo prevederebbe: il terzo medico, quello «soppresso», potrebbe essere chiamato come
reperibile in caso di necessità. Ma dovrebbe comunque venire da casa. Di fatto quindi, se un paziente
ricoverato in Medicina si sente male di notte, l'infermiere chiama il Pronto soccorso e chiede a uno dei due
«internisti» di staccarsi e cambiare reparto. Un meccanismo all'apparenza semplice, in caso di una nottata
«tranquilla», ma che potrebbe avere effetti anche drammatici nel caso in cui più emergenze nei due reparti
vadano ad accavallarsi.
È quel che era scritto nella diffida: «La concentrazione in capo a due medici di guardia dei pazienti del Pronto
soccorso e di quelli del padiglione delle Medicine comporta un evidente depotenziamento del servizio, al
quale non potrà che conseguire una maggiore esposizione a possibili inconvenienti assistenziali», è cioè «un
presumibile aumento del rischio di errori diagnostici».
Gianni Santucci
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15
I medici che nell'estate 2013 hanno firmato un esposto all'Ordine contro il taglio degli specialistinei turni di
notte
95.000
I pazienti che ogni anno si rivolgono al Pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli
La scheda
La sperimentazione
Lo scorso anno i vertici dell'ospedale Fatebenefratelli hanno avviato una sperimentazione che prevede la
riduzione degli «internisti» impiegati durante il turno di notte. Da tre medici, si è passati a due: è stato
«soppresso» quello del reparto di Medicina, che è stato «affidato» all'assistenza dei medici del Pronto
soccorso
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
24
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il caso Il nuovo modello organizzativo punta al risparmio
02/06/2014
Corriere della Sera - Milano
Pag. 2
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
25
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Le proteste
Prima dell'estate del 2013, 15 medici firmano un esposto all'Ordine contro la riorganizzazione dei medici di
guardia al Fatebenefratelli. L'esposto però non sortisce effetti. I dottori evidenziano le possibili situazioni di
rischio per i pazienti
La diffida
Qualche settimana dopo il primo esposto, gli stessi medici inviano anche una diffida ai vertici dell'ospedale, in
cui spiegano: «un evidente depotenziamento del servizio, al quale non potrà che conseguire una maggiore
esposizione a possibili inconvenienti assistenziali».
La sperimentazione
È stata però comunque portata avanti e dallo scorso 7 aprile la nuova organizzazione è andata «a regime»
31/05/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 25
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Nuova acquisizione per Kos Raggiunte 70 strutture sanitarie
MILANO
Nuova acquisizione per il gruppo Kos. La società controllata da Cir (51,3%) e partecipata al 47% da Ardian
Private Equity (ex Axa) attiva nel settore sanitario e socio-sanitario, ha acquisito la totalità del capitale di Villa
Azzurra spa, azienda che gestisce un ospedale privato accreditato a indirizzo neuropsichiatrico da 100 posti
a Riolo Terme (Ravenna). Con questa acquisizione, la società del gruppo De Benedetti guidata
dall'amministratore delegato Giuseppe Vailati Venturi raggiunge le 70 strutture socio-sanitarie nel centro-nord
Italia per un totale di 6.200 posti letto e oltre 4.000 dipendenti.
L'operazione rientra nella strategia avviata da Kos fin dal 2004 di sviluppare un'offerta di servizi nella
riabilitazione psichiatrica con l'acquisizione di strutture in Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e
Toscana. Con l'ingresso di Villa Azzurra nel portafoglio di attività, Kos aggiungerà circa 7 milioni di euro al
proprio fatturato annuo, che nel 2013 è ammontato a 372,5 milioni (+4,8% rispetto al 2012).
Il gruppo Kos è attivo nella riabilitazione funzionale e psichiatrica, nelle residenze sanitarie assistenziali e
nella gestione di tecnologie diagnostiche e terapeutiche. In quest'ultimo settore il gruppo è recentemente
sbarcato anche all'estero con alcuni contratti in ospedali dell'India e del Regno Unito.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
26
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Sanità. Al gruppo il controllo di Villa Azzurra
01/06/2014
Il Sole 24 Ore - Nova
Pag. 9
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La proteina per l'occhio
Scoperta dalla Montalcini, l'Ngf promette la cura di patologie come la cheratite
a Forse Rita Levi Montalcini, quando studiava il sistema nervoso dei vertebrati in un laboratorio costruito in
casa in Belgio dove si trovava per fuggire le leggi razziali, non ipotizzava che a distanza di decenni la sua
intuizione si sarebbe trasformata in una potenziale realtà per curare le malattie degli occhi. Eppure da quella
ricerca, che è valsa alla ricercatrice il Premio Nobel per la Medicina nel 1986, si potrebbe giungere a un
trattamento per la cheratite neurotrofica, malattia della cornea che colpisce meno di una persona su
cinquemila. A dare speranza è la stessa proteina scoperta dalla stessa Montalcini: si chiama Fattore di
crescita nervosa o Ngf, è fatta di 214 piccoli mattoni, gli aminoacidi, e nella sua forma ricombinante che
ricalca quella prodotta nel l'uomo (Rh-Ngf) potrebbe rappresentare una svolta per la cura di questa e altre
patologie oculari, come la retinite pigmentosa. A dire se davvero sarà così dall'intuizione della scienziata e dal
successivo lavoro di sintesi biotecnologica degli esperti in biotecnologie del Centro Dompé de L'Aquila, in una
ricerca completamente "made in Italy", saranno i risultati dello studio Reparo, attualmente in corso in 39 centri
di nove diverse nazioni europee.
L'ipotesi di lavoro è affascinante: la cornea è altamente innervata, quasi 400 volte più della pelle, e quindi si
presta benissimo come modello per una ricerca di questo tipo. D'altro canto, sia nell'uomo sia negli animali la
cornea stessa, la congiuntiva e le ghiandole lacrimali esprimono recettori specifici per l'Ngf. Non solo: i livelli
di Ngf nella cornea stessa e nelle lacrime crescono in caso di patologia della cornea. A fare uno più uno,
provando a utilizzare con risultati molto incoraggianti su oltre cento pazienti con cheratite neurotrofica l'Ngf di
origine murina, sono stati gli studiosi guidati da Stefano Bonini, direttore del dipartimento di Oftalmologia del
Campus Bio-Medico di Roma e allievo della stessa Montalcini, che hanno creato un'azienda di ricerca
chiamata Anabasis. Questa è poi confluita nel 2012 all'interno del Gruppo Dompé che ha sviluppato per la
prima volta una formulazione oftalmica di Ngf ricombinante, attraverso il trasferimento in un batterio di
materiale genetico umano, con il batterio stesso che quindi diventa in grado di produrre Ngf completamente
umanizzato. Così la ricerca ha preso grande velocità, come conferma lo stato dello studio Reparo
attualmente in corso, aprendo la strada anche ad altre possibili indicazioni nelle malattie dell'occhio.
«Ho seguito lo sviluppo di questo potenziale trattamento per le malattie corneali fin dal 1998, quando sono
apparsi i primi risultati sperimentali relativi all'impiego della forma murina di Ngf, impiegando questa soluzione
per un caso compassionevole alla fine degli anni 90 - rivela John Dart, docente all'University College di
Londra -. A oggi ho avuto l'opportunità di trattare cinque casi con Rh-Ngf. In tre pazienti si è osservata una
rapida guarigione delle ulcere corneali, in uno non sono stati rilevati risultati validi. Nel l'unico caso di
trattamento compassionevole, la paziente era già stata sottoposta a quattro mesi di trattamento successivi a
trapianto di cornea per una ulcerazione persistente complicata da infezioni e dopo il fallimento di altre cure, il
trattamento con Rh-Ngf ha permesso di ottenere una rapida stabilizzazione della superficie corneale».
«Stiamo lavorando perché nel prossimo futuro possano essere disponibili i primi farmaci per questa e altre
patologie oculari, continuando a operare nell'ambito di una rete di eccellenza che comprende centri
all'avanguardia su scala internazionale», precisa Eugenio Aringhieri, amministratore delegato del Gruppo
Dompé. (fe.me.)
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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|Medicina|Studi da Nobel |
02/06/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 8
(diffusione:334076, tiratura:405061)
La Campania «cura» i conti della sanità
Vera Viola
La Regione Campania esce dal dramma di una sanità al fallimento. Ci sono voluti quattro anni di austerità,
con un taglio della spesa corrente pari a 500 milioni annui, e finalmente oggi i primi risultati positivi ci sono: la
Regione guidata da Stefano Caldoro può vantare che da un disavanzo sanitario che nel 2009 ammontava a
773 milioni, si è passati a un avanzo di gestione di 6 milioni nel 2013, anche se per migliorare il sistema
sanitario nel suo complesso (conti e qualità dei servizi) c'è ancora molta strada da fare. «Aver prodotto un
avanzo consentirà nel breve periodo - dicono in Regione - di far ripartire gli investimenti, ormai molto urgenti,
se si pensa che dal fondo per l'edilizia sanitaria non vengono attinte risorse da quasi due anni».
I bilanci delle Asl sono uno dei terreni più scivolosi del risanamento. Non riescono a raggiungere l'equilibrio,
nonostante la cura imposta, le Asl Napoli 1 (la più grande del Sud), l'Asl Napoli 3 (riunisce i Comuni vesuviani
e della penisola sorrentina) e l'Asl di Salerno. Le altre Asl, secondo le analisi della Regione, hanno raggiunto
nel 2013 il pareggio, come certificato dalla società di revisione Kpmg. Se questa tendenza verrà confermata,
si potrà considerare un grande risultato, visto che negli anni dell'esplosione della crisi, nessuna Asl faceva i
bilanci nei tempi prescritti dalla legge e, pertanto, era impossibile controllare l'andamento dei conti.
Più complesso il capitolo relativo all'indebitamento della sanità campana. Un paragrafo a parte va riservato al
debito pregresso, ormai consolidato, e per il quale la Regione sta rispettando un piano di rientro. Nel 2005
ammontava a 4,9 miliardi circa e oggi si aggira ancora sui 4 miliardi. Mentre le Asl, che nel 2005 avevano
debiti verso fornitori per circa 7 miliardi, oggi ne registrano 3: cifra che in parte potrà essere coperta con 2
miliardi di crediti che la Regione vanta dallo Stato. Resta un miliardo circa privo di copertura e per far fronte a
questo debito recentemente la Regione ha firmato con il ministero dell'Economia un accordo per ricevere 993
milioni in base al Dl 35/2013 (pagamento dei debiti Pa). Si attende il riparto del Fondo sanitario nazionale.
Negli ultimi anni si è ridotta anche l'attesa delle imprese per vedere onorati i propri crediti: la Regione afferma
che i tempi di pagamento pari a 427 giorni nel 2010, oggi si aggirano sui 138 in media. Soresa, la controllata
regionale, nata proprio per far fronte al grande debito sanitario, continua a pagare, oggi con tempi di 120
giorni circa. «Abbiamo risanato la sanità campana - dice il presidente Caldoro - senza ulteriore incremento
delle imposte e con un anno di anticipo rispetto alle scadenze fissate con il governo. Penso che da fine 2014
potremmo prendere in considerazione una riduzione delle aliquote regionali di Irap e Irpef che da tempo sono
molto alte».
Per gli industriali di Napoli il pareggio certificato dal ministero è un traguardo importante. «Ma allo stesso
tempo - dice il presidente della sezione sanità dell'Unione industriali, Giovanni Severino - mancano
totalmente politiche di programmazione. Finora solo tagli lineari: è stato ridotto del 30% il budget per la sanità
privata. Ma a maggio attendevamo ancora i decreti con i tetti di spesa per la firma dei contratti annuali per i
settori di specialistica, riabilitazione e ospedalità; attendiamo la riorganizzazione della rete dei laboratori che
dovranno accorparsi entro luglio; attendiamo azioni per bloccare l'emigrazione sanitaria e anzi attrarre
pazienti da altre regioni».
Il sindacato, dal canto suo, apprezza i risultati ottenuti, ma chiede altro: «L'obiettivo cui bisogna puntare
adesso - commenta il segretario regionale della Cisl, Lina Lucci - è garantire un'assistenza ai cittadini degna
di questo nome. Gli ingenti tagli ai fondi del sistema sanitario regionale degli ultimi anni hanno reso i livelli
essenziali di assistenza assolutamente inadeguati». La Regione, però, fa presente la certificazione del
ministero, che anche su questo fronte riconosce un lieve miglioramento del 15%. Per la Cisl anche sotto il
profilo del controllo della spesa c'è altro da fare, per non incorrere in una nuova crisi: in molti casi gli
accorpamenti di strutture ospedaliere previsti sono rimasti formali e ancora vengono elargite premialità al
management per gestioni palesemente fallimentari.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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BILANCI REGIONALI
02/06/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 8
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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01/06/2014
La Repubblica - Bologna
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Dal Rizzoli all'Ausl le grandi manovre sui vertici della sanità
L'assessore Lusenti apre il risiko dei direttori generali Baldi verso l'addio, in forse il vice di Ripa di Meana Tra i
papabili per San Michele in Bosco, il direttore dell'agenzia regionale Grilli. Annicchiarico forse a capo di
un'altra provincia
ROSARIO DI RAIMONDO
COMINCIA il grande valzer delle nomine in sanità, con diversi posti da direttore generale da rinnovare a
Bologna (Sant'Orsola e Rizzoli) e nel resto della regione. Un ballo complicato, anche per il numero di attori
coinvolti: dai vertici di viale Aldo Moro, i direttori d'orchestra, ai sindaci e agli assessori, che hanno voce in
capitolo. Una pratica che potrebbe chiudersi già entro l'estate. Sul piatto ci sono posti di prestigio, non solo
dal punto di vista economico (in media 150mila euro netti annui di stipendio più 20mila euro di premi distribuiti
per il rispetto dei vincoli economici). Poltrone dalle quali si gestiscono colossi come il policlinico, che sotto le
Due Torri conta quattromila tra medici, infermieri e impiegati e un bilancio da mezzo miliardo di euro. A
Bologna la novità più grossa è all'Istituto ortopedico Rizzoli. Il direttore generale Giovanni Baldi è in sella dal
2006 e tra poco scadrà il secondo mandato (di quattro anni ciascuno).
È consuetudine, in Emilia-Romagna, che i manager non vengano nominati più di due volte nella stessa
azienda sanitaria, e anche per lo Ior l'orientamento della Regione non appare diverso. A differenza di due
anni fa, quando gli assessori alla Sanità di Comune e Provincia (Rizzo Nervo e Barigazzi, oggi nello staff del
sindaco Merola) fecero le barricate contro il suo trasferimento, oggi anche da Palazzo d'Accursio non ci
sarebbero particolari veti alla successione, pur riconoscendoa Baldi il lavoro svolto in questi anni. Il vero
rebus riguarda chi prenderà il suo posto. Uno dei nomi in campo, al momento, è quello di Roberto Grilli, dal
2006 direttore dell'Agenzia sanitaria, il braccio tecnico della Regione in materia di sanità: il suo nome figura
anche tra l'elenco delle persone che hanno il curriculum per dirigere un'azienda sanitaria. All'attivo di Baldi, in
questi anni, non c'è solo il lavoro svolto in San Michele in Bosco, affiancato dal direttore scientifico Francesco
Manzoli e dai vertici sanitari e amministrativi. Ma anche la scommessa, vinta, dell'apertura di un dipartimento
dello Ior in Sicilia, a Bagheria. Scadono i quattro anni di mandato per Sergio Venturi, direttore generale del
Sant'Orsola. Essendo alla prima esperienza alla guida del policlinico, la sua riconferma fino al 2018 non
sembra essere in discussione.
La sua avventura è stata segnata, come in tanti altri casi, dal taglio dei finanziamenti ma anche dai conti in
ordine, come certificato dalla Regione di recente. Ma ha anche attraversato periodi complicati, primo su tutti il
caso dell'anziano morto sulle scale esterne dell'ospedale, Gino Bragaglia, che ha portatoa un maxi
risarcimentoa favore della famiglia. O ancora, al rapporto a tratti durissimo con i sindacati, tanto che poche
settimane fa lo strappo era diventato definitivo con la rottura di tutte le relazioni (come successo
contemporaneamente con l'Ausl e il Sant'Orsola, evento più unico che raro).
Infine l'Ausl, l'azienda più grande, un bilancio da 1,7 miliardi e 8.500 dipendenti. Francesco Ripa di Meana
finirà il mandato tra due anni e non è in discussione. Ma non è escluso che il direttore sanitario Massimo
Annicchiarico e quello amministrativo Luca Baldino possano fare le valigie verso mete più ambite.
Contemporaneamente a Bologna, infatti, scadono molti mandati in tutta la regione: Reggio Emilia, Parma,
Ferrara (sia l'Ausl che l'azienda ospedaliera) e Modena. Non è un mistero che Annicchiarico "studi" da
direttore generale e possa ambire a un ruolo di primo livello. Mentre il nome di Baldino circola anche nelle
ipotesi del Cup dell'era post-Moruzzi. PER SAPERNE DI PIÙ www.ausl.bologna.it www.ior.it
I POTAGONISTI SANT'ORSOLA Sergio Venturi, da 4 anni alla guida del Sant'Orsola.
Sempre più vicina la riconferma per un secondo mandato al policlinico RIZZOLI Giovanni Baldi, direttore dal
2006, vicino all'addio. Tra i nomi per il successore c'è quello di Roberto Grilli (Agenzia sanitaria regionale)
AUSL Massimo Annicchiarico, direttore sanitario, può aspirare al vertice di una delle aziende sanitarie che
cambiano dg in tutta la regione
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Le nomine
01/06/2014
La Repubblica - Bologna
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
31
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IL CASO MATERNITÀ
Il comitato di Porretta sconfitto al Tar pagherà le spese della causa anti-Regione HANNO fatto ricorso
al Tar contro l'Ausl di Bologna per la chiusura, a febbraio, delle sale parto all'ospedale di Porretta Terme. Ma
il comitato a difesa dell'ospedale ha perso, e adesso dovrà pagare tremila euro di spese legali. Lo ha stabilito
il Tribunale amministrativo dell'Emilia-Romagna, con una sentenza pubblicata il 30 maggio. La chiusura del
punto nascite, scrivono i giudici, non è illegittima, «specie in riferimento alle comprovate esigenze
dell'amministrazione sanitaria di razionalizzare il servizio». In particolare, i giudici si riferiscono «alle superiori,
cogenti direttive regionali e alla accertata mancanza, nell'ospedale di Porretta Terme, del numero minimo di
interventi relativi al parto». La chiusura del punto nascite aveva provocato numerose proteste tra cittadini e
sindaci della montagna. Ma, anche su input della Regione, la decisione è stata presa anche per ragioni di
sicurezza delle donne.
Foto: L'OPERAZIONE Al via le manovre in corsia in vista delle decisioni della Regione sui vertici della sanità
01/06/2014
La Repubblica - Firenze
Pag. 6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Misericordie contro la Regione "La burocrazia ci uccide saremo costretti a
chiudere"
Il presidente Corsinovi: "Per ogni postazione del 118 solo 88mila euro" La replica dell'assessore: "Ritardi nei
rimborsi, ma arriveranno presto" Per lo stesso servizio la Lombardia versa 390 mila euro, il Piemonte 325mila
ERNESTO FERRARA
« BUROCRAZIA asfissiante e rimborsi troppo bassi dalla Regione rischiano di strangolare le Misericordie
toscane». È il grido d'allarme lanciato ieri dal presidente della federazione regionale degli enti di assistenza,
Alberto Corsinovi: «Oggi festeggiamo i 770 anni della Misericordia di Firenze, presto rischiamo di celebrare i
funerali di molte Misericordie in Toscana». Secondo Corsinovi sono i numeri a parlare: «Ognuno dei 140
punti di emergenza sanitaria territoriale della rete del 118, tutti gestiti da volontari, riceve 88 mila euro all'anno
di rimborsi quando il Lazio, per lo stesso servizio, riconosce 288 mila euro, il Piemonte 325 mila, la
Lombardia 390 mila». E alla penuria di fondi si aggiungono pure lungaggini burocratiche, col presidente
italiano Roberto Trucchi, fiducioso di riaprire un dialogo con il governo: «Sono fiducioso che con Renzi si
possa creare una sinergia». Non altrettanto espansivo con la Regione Toscana Corsinovi: «Ci sono tante
Misericordie sul nostro territorio che non ce la fanno più a causa di una burocrazia che fondi, «ci
incontreremo presto per rivalutare i costi», annuncia la vicepresidente regionale Stefania Saccardi. «Siamo
pronti a riaprire una discussione sulle risorse», le fa eco Marroni.
È una polemica che salta fuori proprio nel giorno dell'assemblea nazionale delle Misericordie che si riunisce
ieri a Firenze denuncia il capo delle Misericordie. Ma la Regione getta acqua sul fuoco: «Per noi le
Misericordie sono e restano fondamentali. Ci sono ritardi nelle erogazioni dell'ultimo 6% dei contributi 2013,
ma contiamo di risolvere presto la faccenda», dice l'assessore toscano alla sanità Luigi Marroni. Quanto ai
obbliga tanti dei nostri volontari a inventarsi commercialisti, avvocati, esperti di sicurezza, piuttosto che fare
quello che vorrebbero, cioè aiutare il prossimo». Quanto ai rimborsi per le singole Misericordie, ritenuti
«inaccettabili», dice: «Ogni postazione del 118 riceve 88 mila euro di rimborsi annui dalla Regione. Se quella
stessa postazione, con 18 operatori come viene chiesto a noi, il pubblico dovesse gestirla in proprio, con
personale dipendente, spenderebbe 468mila euro. A cui andrebbero aggiunti i costi per il materiale:
ambulanze, attrezzature, carburanti. Gli 88 mila euro che ci vengono riconosciuti oggi sono gli stessi del
1999, con il semplice adeguamento Istat, a dispetto dei tanti adempimenti e oneri che si sono aggiunti da
allora».
Quasi un de profundis: «Al punto in cui siamo la prosecuzione del nostro impegno è a rischio», dice
Corsinovi.
Marroni non ci sta: «Per i servizi sanitari legati alle Misericordie la Regione eroga 84 milioni di euro l'anno: è
un servizio di cui siamo soddisfatti e di cui abbiano eccezionale rispetto e ammirazione. Ma è legittimo che
per l'erogazione esistano delle procedure che richiedono i loro tempi. Le associazioni territoriali pongono il
problema dei costi del 118? Ampia disponibilità a discutere». Ma secondo gli enti territoriali c'è da parlare
anche di riforma del sistema: «Oggi i contributi vengono erogati alla federazione regionale che poi li gira a
noi: deve essere il contrario», sostiene Raul Caneschi, capo della Misericordia di Rifredi.
PER SAPERNE DI PIÙ www.misericordia.firenze.it
Foto: L'ACCUSA
Foto: PRESIDENTE DELLE MISERICORDIE ALBERTO CORSINOVI
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
La sanità
01/06/2014
La Repubblica - Genova
Pag. 6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Una nuvola dal Galliera, ma sono solo lavori in corso
Fumata bianca in arrivo, effetto dell'evaporazione dell'elio della risonanza magnetica in sostituzione
(s. o.)
ANCHE se da sopra l'ospedale Galliera vedrete uscire una nuvola bianca, state tranquilli: non si tratta di una
scia chimica, ma di un'operazione di "quench controllato", l'evaporazione dell'elio contenuto nella risonanza
magnetica di Neuroradiologia, primo necessario passaggio funzionale per sostituirla con la nuova
apparecchiatura di ultima generazione che entrerà in funzione a ottobre. L'operazione domani produrrà una
fumata bianca che potrebbe essere visibile sopra il padiglione B1 (dall'entrata principale) e verrà "condotta"
dall'ufficio tecnico e dalla Fisica Sanitaria. Sono stati informati, come da prassi, anche i vigili del fuoco, ma la
direzione sanitaria dell'ospedale sottolinea che l'elio non è tossico: «Non costituisce in alcuno modo pericolo
per la salute dei cittadini e dell'ambiente». Questa procedura, che in passato era già stata adottata dalla
Clinica Montallegro e dal Baluardo, prevede l'azzeramento del campo magnetico impiegato per produrre le
immagini diagnostiche. «Ma per farlo - spiega Monica Gambaro, direttore della macro- struttura complessa di
Fisica Sanitaria - abbiamo bisogno di svuotare il magnete di tutto l'elio». Questa tecnologia necessita di un
raffreddamento a bassissime temperature (-260 gradi Celsius) per mantenere le caratteristiche di
superconduttività. L'annullamento del campo magnetico si ottiene quindi provocando una controllata
evaporazione di tutto il liquido criogenico che viene immagazzinato.
Nell'operazione di "quench controllato", l'elio esce attraverso un tubo, il magnete perde la superconduttività e
si può smontare. «Tecnicamente è molto semplice: schiaccerò un bottone e quando verrà aperta la valvola, il
gas prende la strada di un imbuto». Espandendosi in aria, ci sprigionerà una fumata bianca che sarà ben
visibile a Carignano. «L'elio è un gas inerte, non è dannoso per la salute». Importante, invece, sarà il passo
avanti che farà il Galliera per la salute con il nuovo macchinario (fino a ottobre ne resterà solo uno operativo).
«Quella nuova ci permetterà di fare esami funzionali di risonanza magnetica cerebrale, quindi
neuroradiologia all'avanguardia- conclude Monica Gambaro - . Anch'essa per le patologie cerebrali, ma
questa volta con potenzialità molto maggiori». All'operazione di smontaggio come detto saranno presenti i
tecnici dell'ospedale di via Mura delle Cappuccine e il personale sanitario. In tutto per il "quench controllato"
serviranno alcune ore, ma non ci saranno disagi per i pazienti, che non si accorgeranno neppure della fumata
bianca. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: NIENTE PERICOLI L'ingresso del pronto soccorso del Galliera: per visitatori e degenti nessun
problema
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'OPERAZIONE
31/05/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Iene e sanità: vergognose falsità trash
ELENA CATTANEO GILBERTO CORBELLINI MICHELE DE LUCA
Siamo cittadini italiani di una generazione che ha epigeneticamente introiettato la tolleranza, ma non troviamo
un argomento etico valido per giustificare coloro che gettano benzina sul fuoco della sofferenza causata da
gravissime malattie, per generare conflitti tra malati, scienziati, medici e politici. In sostanza, tra scienza e
società. Stiamo parlano degli autori e realizzatori del programma «Le Iene». Dopo aver CONTINUA A
PAGINA 27 «pubblicizzato e dato luce» all'imbroglio di Stamina, coinvolgendo pazienti con gravi patologie
neurodegenerative, il programma di Davide Parenti si è lanciato nell'esplorazione di tutte le possibili
operazioni di disinformazione ai danni dei malati che fossero mediaticamente appetibili. Occorre una buona
dose di malvagità, malevolenza, narcisismo, assenza di vergogna, etc. per perseguire così insistentemente
nell'opera di aggravare le sofferenze altrui. E' per questo, anche, che non troviamo argomenti validi per
evitare di sollevare un problema che Davide Parenti e i suoi hanno già provato a far passare, cosa che non è,
come la richiesta di un bavaglio alla loro libertà di espressione. Infatti, vediamo cosa stanno facendo, ancora,
costoro. Con Stamina, fatti e informazioni rilevanti erano stati omessi o rappresentati in modo distorto, e di
questo abbiamo già scritto lo scorso gennaio su questo quotidiano. La possibilità di spremere audience
usando Stamina, dando una serie di giustificazioni arroganti e ulteriormente fuorvianti alle richieste di
spiegazioni per aver fatto da megafono a un procedimento che è oggetto di un dibattimento processuale per
una serie di gravi reati, si è chiusa. Ma «Le Iene» ha subito individuato utili «vittime» nei malati di cancro,
decidendo di farsi portavoce in Italia delle infondate tesi di T. Colin Campbell degli effetti millantati
«terapeutici» di una dieta alimentare esclusivamente vegetariana, spacciata per «cura» dei tumori. E' stato
un ulteriore pericolosissimo messaggio che può indurre malati ad abbandonare trattamenti scientificamente
provati per inseguire delle mortali illusioni di pseudo-cure. L'ultima vergognosa puntata del programma non
poteva non essere dedicata ai vaccini, mettendo perversamente insieme un disegno che può generare danni
a diversi livelli della salute nazionale. In uno stesso servizio «Le Iene» hanno accostato la vicenda di un
ragazzo con un danno encefalico causato da un vaccino (e per questo risarcito dal sistema sanitario) e la
vicenda di un ragazzo autistico per il quale assumere come scontato un rapporto tra la sua patologia
neurologica e una vaccinazione (trivalente). Quindi hanno fatto sia propaganda contro i vaccini, sia hanno col solito subdolo metodo strisciante - generato il sospetto che esistano interessi di qualche genere per cui
alcune persone danneggiate sono rimborsate e altre no. Prima di tutto va decisamente detto che gli effetti
collaterali dei vaccini sono oggi rarissimi, che nessun vaccino causa o è correlato statisticamente con le
possibili cause dell'autismo e che le istituzioni che presiedono la sanità pubblica italiana seguono le migliori
procedure esistenti per garantire la sicurezza dell'uso dei vaccini. E questo, ovviamente non lo hanno detto.
Così come non hanno detto quante malattie terribili sono state debellate grazie vaccini. Infatti, adagiati su
rendite personali ben più consistenti di quelli di insegnanti e ricercatori, non pochi pseudogiornalisti scientifici
o «racconta-storie» in questo Paese possono pontificare senza sapere e capire alcunché di ciò di cui parlano.
Così offendono la dignità di milioni di malati e cittadini e causano loro danni diffondendo pericolose «falsitàtrash». In aggiunta, questi cosiddetti giornalisti, insultano - probabilmente perché ne disprezzano l'intelligenza
e l'impegno - anche migliaia di giovani e meno giovani ricercatori italiani, dediti allo studio di gravissime
malattie rare o non rare, come il cancro o la Sma («cui non fregherebbe nessuno studiare», sempre secondo
le dichiarazioni di «Le Iene»), con stipendi da fame, senza alcun orizzonte personale, in laboratori che
ricevono nessuna attenzione e pochissimi finanziamenti, ma che comunque producono straordinari risultati su
malattie complesse e in grado di competere nel mondo. Senza dimenticare le centinaia di migliaia di studenti
che a scuola e all'università lavorano con i loro insegnanti per apprendere come separare i fatti dalle opinioni,
dalle preferenze soggettive e soprattutto dalle stupidaggini infondate. Imparano cioè a distinguere la scienza
dalle credenze magico-superstiziose. Vada per i ricercatori e per noi, che ci sappiamo difendere e
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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LA POLEMICA
31/05/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:309253, tiratura:418328)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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riconosciamo al volo gli incompetenti e i ciarlatani, anche se compaiono in televisione e si ammantano
dell'aurea di censori e moralizzatori. Si dovrebbe però, seriamente, intervenire sia con un codice etico
condiviso dagli enti televisivi e d'informazione, sia mettendo sull'avviso i malati e i cittadini di non prender sul
serio certi programmi televisivi o mezzi d'informazione attraverso specifiche avvertenze circa l'assenza di
vaglio scientifico di quanto trasmesso. Così come si fa per i programmi con contenuti pericolosi o inadatti per
un certo genere di pubblico, forse servirebbe un avvertimento del tipo: «Attenzione - in questo programma si
parla a vanvera e anche pericolosamente, senza prova alcuna di ciò che si trasmette». A parlare in tale
direzione è anche l'articolo 661 del Codice Penale, sul reato di abuso di credulità popolare. Anche in ambito
medico. Elena Cattaneo, Università degli Studi di Milano, senatrice a vita Gilberto Corbellini, Sapienza
Università Roma Michele De Luca, Università di Modena e Reggio Emilia
31/05/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 38
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Appalto Asl, processo per cinque controllori
L'appalto era milionario. Per la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi e
a rischio infettivo della Asl Torino 2 - che coordinava anche quello delle altre aziende locali - la cifra
complessiva sfiorava i 43 milioni. Una montagna di soldi. Accompagnata, sostiene la procura, anche da una
montagna di irregolarità nell'iter di aggiudicazione di quel super appalto. Ieri, il Gip ha rinviato a giudizio
cinque persone. Il pm Andrea Padalino contesta loro la turbativa d'asta per un episodio risale alla fine del
2011. Fra i rinviati a giudizio tutti membri della commissione aggiudicatrice - c'è anche anche Pasqualino
Schifano, ex collaboratore della procura di Torino, nonchè membro della Commissione anticorruzione della
stessa Asl To 2. Fu proprio Pasqualino Schifano a dare il via all'indagine presentandosi in Procura e
segnalando la relazione di un consulente contro la ditta « Team Ambiente Ghi.be.ca Technoplus» che aveva
ottenuto un punteggio molto alto. Con lui, nei guai ci sono Claudio Anselmo, Giovanni Leopoldo Comollo,
Michele Morandi e Raffaele Rubino.
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IRREGOLARITÀ DELLA COMMISSIONE
31/05/2014
La Stampa - Torino
Pag. 43
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Le Asl rispettino gli impegni"
ALESSANDRO MONDO
Un richiamo al raggiungimento degli obiettivi previsti, entro fine anno.
Non arriva dal nuovo titolare della delega alla Sanità regionale, ancora nella mente di Chiamparino, ma dalla
sede di corso Regina Margherita, sede dell'assessorato: voci dall'aldilà, verrebbe da dire, considerato che è
iniziata una nuova legislatura e che i vertici di quella uscente sono sempre più rarefatti. Resta Ugo Cavallera,
assessore in scadenza e quindi proforma, impegnato a sbrigare le ultime pratiche prima di passare la mano.
Non c'è più Sergio Morgagni, il direttore, dimessosi prima di essere dimissionato. Le redini della struttura
sono tenute dal responsabile del personale.
Anche così, in pieno crepuscolo politico (del centrodestra), la macchina della sanità regionale non si ferma.
Se ne sono accorte le direzioni generali delle Asl, richiamate con una nota congiunta delle Direzioni Sanità e
Politiche sociali al rispetto degli obiettivi relativi ai servizi residenziali per anziani non autosufficienti stabiliti
con le delibere approvate dalla giunta: quella di Cota, anch'essa in scadenza (e falcidiata dall'esito del voto).
Ma tant'è; gli obiettivi prevedono un incremento complessivo di circa 1.700 posti letto convenzionati in Rsa
per superare la soglia dei 16.500 posti letto convenzionati in tutta la regione. Da qui l'invito, pur nella
consapevolezza «della complessità dell'attuale quadro giuridico». E politico. Altrimenti spetterà al nuovo
assessore, e al nuovo direttore, prendere provvedimenti: sempre che con la vecchia giunta, non scadano
anche gli obiettivi.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Sanità
31/05/2014
Il Messaggero - Roma
Pag. 54
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Paziente cade, sanitari a processo
Adelaide Pierucci
Era il 25 novembre del 2011, quando un paziente morì cadendo da una passerella sospesa all'interno del
reparto psichiatrico del Pertini. Ora, otto camici bianchi - il primario, due medici e cinque infermieri - sono stati
rinviati a giudizio per omicidio colposo. Erano tutti in servizio quando Giovanni Vallocchia, 40 anni, imbottito di
tranquillanti, dopo aver ingoiato delle monete, si era assopito sulla balaustra della passerella, precipitando
per due metri e mezzo. Dopo quattro mesi di coma, la morte. Per il pm Elena Neri visto che soffriva di una
psicosi cronica, in quei giorni riacutizzata, il paziente andava sorvegliato a vista e medici e infermieri
avrebbero dovuto adottare «ogni idonea cautela per neutralizzare il pericolo». Tesi condivisa dal gip Maria
Agrimi. Nessuna colpa della direzione sanitaria dunque. Il padre della vittima, assistito dall'avvocato Antonio
Palumbo, ha pianto: «La vera follia? Il pericolo in un posto così delicato».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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All'ospedale Pertini
31/05/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SPACCIO, ARRESTI SOSPESI
Una legge del ministro Lorenzin ha ridotto a 4 anni la pena massima per chi vende qualunque tipo di
stupefacenti. Così mandare i pusher in carcere diventa impossibile Forza Italia, faccia a faccia di un'ora
Berlusconi-Fitto
Luca Fazzo
Echissà se il signor Dambo Bay, nato in Mali nel 1973, catturato mentre spacciava droga e condannato a
nove mesi di carcere, quando il giudice lo ha scarcerato ha capito che a restituirgli la libertà era un comma
infilato chissà perché dai deputati e senatori italiani in fondo a un articolo di legge. Chissà se l'ha capito
Youssef Bentaja, anche lui catturato in flagrante e condannato a un anno e sette mesi, e anche lui ritornato
miracolosamente libero cittadino. Come loro, sono tornati liberi in una valanga. Solo ieri, il tribunale di Milano
ne ha liberati quaranta. Tutti signori che la polizia e i carabinieri avevano arrestato mentre vendevano droga,
nelle zone della movida, nei giardinetti, un po' ovunque per Milano. La legge (...) segue a pagina 3 servizi da
pagina 2 a pagina 5 dalla prima pagina (...) (...) ora impedisce di arrestar- li. Di fatto, lo spaccio in Italia da
due settimane, silenziosa- mente, è stato depenalizzato. Gli spacciatori di qualunque droga, non solo
l'hashish e la marijuana, da tempo al cen- tro di campagne di legalizza- zione, ma anche l'eroina, la cocaina,
l'ecstasy, possono venire arrestati ma non chiu- si in carcere. Se le forze dell'or- dine li individuano e li
blocca- no, il massimo che rischiano è una notte in guardina. Di fat- to non vengono più arrestati e se la
cavano con una denun- cia a piede libero. Verranno processati, prima o poi, se qualcuno riuscirà a rintracciarli: perché un'altra legge garantista, anch'essa entrata in vigore in silenzio nelle scor- se settimane, rende
quasi im- possibili i processi in contu- macia. È questa, passata sotto silen- zio, la vera legge svuotacarce- ri.
È arrivata quasi in contem- poranea con l'altra decisione buonista, quella della Cassa- zione che - sull'onda di
una sentenza della Corte costitu- zionale - ha deciso che vanno riviste tutte le condanne, an- che se già
definitive, inflitte in base alla legge Fini-Giovanar- di, che metteva sullo stesso piano lo spaccio di droghe leggere e pesanti. Ma perché la sentenza della Cassazione faccia sentire i suoi effetti con- creti ci vorranno
mesi: per- ché la Procura della Repubbli- ca e il tribunale di ogni città verranno investiti da migliaia di
cosiddetti «incidenti di ese- cuzione» istanze di spacciato- ri condannati che chiederan- no di rivedere al
ribasso le pe ne loro inflitte. Invece, il de- creto legge pubblicato sulla Gazzetta del 20 maggio, dal giorno
successivo è legge del- lo Stato. E riguarda tutti: chi vende il breve rimbambimen- to della «canna» o la
bustina che ammazza. La norma liberatutti se ne sta appollaiata nelle pieghe della legge numero 79 di quest'anno, presentata dal gover- no il 21 marzo, approvata dal- la Camera il 30 aprile e dal Se- nato, con
encomiabile spedi- tezza renziana, il 14 maggio, dopo essere passata al vaglio congiunto delle commission
Giustizia e Affari sociali dei due rami del Parlamento. La legge non doveva occuparsi di carcere e pene, ma
solo di «prevenzione, cura e riabilita- zione degli stati di tossicodi- pendenza», e infatti portava la firma solo
del premier Ren- zi e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Ma in sede di conversione, tra l'indifferenza
generale, qualcuno ci ha messo le ma- ni. E confuso nelle massa dei commi e dei rimandi è com- parso
l'articolo che stabilisce che per lo spaccio al minuto la pena è «della reclusione da sei mesi a quattro anni».
Uno sconto di pena sostan- zioso rispetto al vecchio com- ma che puniva lo stesso reato con il carcere da
uno a sei an- ni. E soprattutto una rivolu- zione copernicana per quan- to riguarda il carcere preventi- vo.
Portando la pena massima sotto il tetto dei cinque anni, il comma rende impossibile per legge le misure
cautelari in carcere. I giudici non posso- no fare altro che prenderne at- to, e le forze di polizia anche. Certo,
ci sarebbe la possibili- tà di mandare gli spacciatori agli arresti domiciliari. Ma i venditori di morte, ultimi terminali di organizzazioni po- tenti, sono quasi sempre apo- lidi senza fissa dimora, pronti a riscomparire nel
nulla appe- na gli vengono sfilate le ma- nette. E pronti, salvo rari casi, a tor- nare a spacciare.
Hanno detto Daniela Santanchè (Fi) Chi ha votato Renzi si ritrova complice nel liberare i pusher Matteo
Salvini (Lega)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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IL GOVERNO DEL «FARSI»
31/05/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Una follia, una porcata. La droga è droga, senza distinzioni Giulio Manfredi (Radicali) Le modifiche alla FiniGiovanardi porteranno solo danni ai cittadini
Foto: ALLA SALUTE Il ministro Beatrice Lorenzin (Ncd) [Ansa]
01/06/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Nel 43 per cento dei dodicenni italiani si rilevano gravi lesioni da carie
dentali
XILITOLO È possibile ridurre la concentrazione degli streptococchi
LC
«La carie - ricorda la professoressa Laura Strohmenger, del Centro di collaborazione dell'Organizzazione
mondiale della sanità per l'epidemiologia e l'odontoiatria di comunità - è una delle malattie croniche più
diffuse in tutto il mondo. L'Organizzazione mondiale della sanità sollecita studi epidemiologici nazionali sulla
salute orale. In Italia la carie è presente nel 21,6% dei bambini di 4anni e nel 43,1% in quelli di 12 anni». Una
tale diffusione della patologia evidenzia la necessità di attivare ogni possibile misura preventiva, fin dall'età
pediatrica, anche perché imparare come avere una bocca sana da piccoli, predispone ad una bocca sana da
adulti. È stato pubblicato dal ministero della salute, il documento di revisione delle «Linee guida nazionali per
la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva» alla luce delle più
recenti pubblicazioni scientifiche internazionali, che hanno portato alla riformulazione di nuove
raccomandazioni in tema di prevenzione di carie e gengiviti. Si insiste sull'abolizione degli zuccheri per
prevenire la carie, in realtà va ricordata l'importanza dell'igiene orale con dentifricio e spazzolino dopo ogni
pasto, nell'impossibilità di attuarla è senz'altro utile la masticazione di chewinggum che favorisce la rimozione
dei residui di cibo e della placca dalle superfici dentali, la stimolazione del flusso salivare e l'incremento del
pH della saliva e della placca. Rilievo viene posto sullo xilitolo, i chewinggum che lo contengono possono
essere considerati dei functional foods ( alimenti funzionali) con attività cario-preventiva , anche a lungo
termine, che viene esplicata attraverso la riduzione della concentrazione degli streptococchi mutans.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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PREVENZIONE IN ETÀ PEDIATRICA
01/06/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Incontro a Roma Tor Vergata sulla sindrome di Marfan
Si svolto al Policlinico universitario di Tor Vergata di Roma il Convegno «La sindrome di Marfan: una malattia
rara ma curabile», con la direzione scientifica del professor Luigi Chiariello, ordinario di cardiochirurgia
all'università di Tor Vergata e il coordinamento dalla dottoressa Susanna Grego. Un'occasione di confronto e
informazione sui percorsi diagnostici possibili, le strategie e le indicazioni terapeutiche di una sindrome che
colpisce il tessuto connettivo e ancora spesso difficile da diagnosticare. In Italia ne è affetta una persona su
cinquemila, ma, grazie alla ricerca, negli anni la speranza di vita dei pazienti è quasi raddoppiata, fino a
raggiungere la media della popolazione generale. Al convegno, introdotto e concluso dal professor Luigi
Chiariello, con un intervento sulla chirurgia aortica nella sindrome di Marfan, hanno partecipato la dottoressa
Taruscio, dell'Istituto superiore di sanità e la professoressa Eloisa Arbustini del Centro malattie genetiche
cardiovascolari di Pavia. Ha concluso i lavori una tavola rotonda fra i Centri Marfan di Bologna, Firenze,
Messina, Milano, Pavia e Roma che si occupano della ricerca e terapia della Sindrome. Presenti le
Associazioni dei pazienti.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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MALATTIE RARE
31/05/2014
QN - Il Resto del Carlino - Ancona
Pag. 15
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Boccata d'ossigeno per i due nosocomi, contratti a termine da quattro mesi
- JESI - BOCCATA d'ossigeno nei due ospedali jesini, in arrivo 34 tra infermieri e oss. Saranno assunti con
contratti a termine di quattro mesi per garantire le ferie a tutto il personale, anche quello dei reparti sotto
organico. Buone notizie dal summit di ieri sulla sanità tra Asur Area Vasta 2 e sindacati. Nello specifico per
Jesi saranno 13 i nuovi infermieri e 8 gli oss già acquisiti, più 12 infermieri e un oss ancora da reperire.
GARANTITE dunque tutte le assunzioni necessarie per il piano ferie: almeno 15 giorni di riposo estivo
saranno assicurati a tutti i dipendenti nel periodo che va dal 1 giugno al 30 settembre. Garantiti anche i servizi
per acuti e territoriali a tutti i cittadini, come il pagamento dello straordinario. Esultano i sindacati: «Finalmente
- commenta Giacomo Mancinelli (Rsu Cgil) - si è tornati ad una vera contrattazione, ossia pianificazione e
programmazione sulle risorse umane, sottoscrivendo un piano ferie che in Area Vasta 2 mancava dal 2012,
da quando cioè era direttore Maurizio Bevilacqua». Il personale sanitario ha infatti di fronte a sé un'estate
assai impegnativa con il trasferimento degli ultimi e più delicati reparti dal viale della Vittoria al nuovo
ospedale Carlo Urbani. Ma da quanto emerso al summit di ieri non sono previste nuove risorse umane
aggiuntive per questo, vito che alcune attività saranno ridotte. Previsto invece un «progetto incentivante»
proprio per sostenere gli sforzi e il disagio estivo dei reparti da trasferire in estate. Per il dipartimento materno
infantile che si trasferirà dal 2 agosto arriveranno i due infermieri che mancavano (pediatria). Uno è già in
corsia l'altro arriverà a metà giugno. Garantite le ferie anche per il personale del pronto soccorso e gli autisti
di 118. Questi ultimi sono sotto organico di due unità, ma questo e più in generale il piano assunzioni è
ancora tutto in discussione. Il trasferimento dei reparti dopo il materno infantile (per il quale dovranno
funzionare due delle sale operatorie in via di ultimazione), il 18 agosto sarà la volta di Otorino e Oculistica.
Poi, il primo settembre della Neurologia e Neuroriabilitazione e l'8 settembre dell'Ortopedia. Dal 15 dello
stesso mese si parte con la Cardiologia, attorno al 20 Laboratorio analisi e infine il 27 settembre pronto
soccorso, rianimazione e tutta l'area chirurgica. Il trasferimento che dovrebbe concludersi a fine settembre,
sembra finalmente al rush finale ma visto il cantiere ancora in corso, in ultimo l'impianto di condizionamento
cui si sta mettendo mano in questi giorni, sarà un'estate certamente calda per il personale, i pazienti e gli
utenti dei due ospedali jesini. Sara Ferreri
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Arrivano 34 nuovi infermieri per l'estate
31/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Scoperta choc dei carabinieri nell'Ospedale Santissima Annunziata Il Codacons: ora chiudetelo
TARANTO Grosse macchie di umidità sui muri, porte e finestre non a norma, servizi igienici inadeguati e
infine, una sorpresa ancor più inquietante: i vermi sul pavimento di un bagno d'ospedale. Accade a Taranto,
nel reparto di Rianimazione del Santissima Annunziata dove un paio di settimane fa i carabinieri del Nas
hanno fatto un sopralluogo per poi inviare tutta la documentazione alla procura della Repubblica. Potrebbe
quindi essere aperto a breve un fascicolo sulle condizioni del reparto in cui sono ricoverati pazienti in
gravissime condizioni, persone la cui vita è appesa a un filo e che conducono quotidianamente una disperata
battaglia per la vita. La segnalazione ai militari del Nucleo antisofisticazione di Taranto è giunta da un
anonimo che ha fornito elementi sufficienti perché scattasse l'ispezione. I Nas si sono recati sul luogo in cui
qualcuno aveva notato delle macroscopiche difformità, in materia di tutela della salute e di igiene, rispetto a
quanto previsto dalle norme. Hanno visitato il reparto raccogliendo materiale fotografico e annotando nei
dettagli quanto si è presentato dinanzi ai loro occhi. I vermi si trovavano sul pavimento di un bagno: insetti
morti, di diverse tipologie. La gravità della situazione è stata commentata dal presidente del Codacons, Carlo
Rienzi, che ha chiesto alla Regione Puglia e al ministero della Salute la chiusura dell'ospedale e il
trasferimento dei pazienti in altre strutture. «Quanto riscontrato dai Nas al Santissima Annunziata - si legge in
una nota - è inquietante, ci si chiede come sia possibile che nel 2014 un nosocomio versi in queste
condizioni. Gli ospedali - prosegue Rienzi - dovrebbero garantire il massimo livello di igiene e il rispetto di
tutte le norme in fatto di sanità, considerata la vulnerabilità dei degenti e la precarietà del loro stato di salute».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Vermi in rianimazione Taranto.
31/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
L'intervento fa parte di una sperimentazione internazionale che coinvolge 780 pazienti nel mondo
Pisa. È stato impiantato per la prima volta in Italia il più piccolo pacemaker senza fili al mondo, dal peso di
appena due grammi: L'intervento è stato eseguito a Pisa, nell'ambito della sperimentazione internazionale
Micra, che coinvolge 780 pazienti reclutati in oltre 50 centri in tutto il mondo. Ad eseguire l'intervento è stato il
gruppo di Maria Grazia Bongiorni, direttore dell'unità operativa di Cardiologia 2 dell'Azienda ospedalierouniversitaria pisana. È uno dei primi centri al mondo inclusi nello studio Micra (Micra Transcatheter Pacing
System, ossia sistema di stimolazione intracardiaco transcatetere) e ha ricevuto preventivamente
l'approvazione dal comitato etico competente e dal ministero della Salute, per ottenere il marchio Ce e
l'approvazione dell'ente statunitense per il controllo sui farmaci (Fda). I risultati iniziali sui primi pazienti, a
distanza di tre mesi dall'impianto, saranno resi noti all'inizio del 2015. Realizzato dalla ditta Medtronic, il
piccolo pacemaker misura poco più di 2 centimetri (è poco più grande di una pillola, un decimo della
grandezza di un pacemaker convenzionale) e ha una durata che può variare da 7 a 14 anni. Viene inserito
attraverso la vena femorale e viene agganciato direttamente all'interno del cuore, emettendo impulsi elettrici
in grado di regolarizzarne il battito.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Senza fili e di 2 grammi per 2 centimetri Impiantato il pacemaker più
piccolo del mondo
31/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 8
(diffusione:105812, tiratura:151233)
I giudici respingono il ricorso contro la «pillola del giorno dopo» L'ordinanza non tiene conto che la scienza è
divisa. E le associazioni che avevano impugnato il nuovo «bugiardino» annunciano battaglia
FRANCESCO OGNIBENE
Non occorre una laurea in medicina per intuire che un farmaco ideato allo scopo di impedire una gravidanza
se assunto prima di un rapporto sessuale si chiama contraccettivo ma quando viene assimilato subito dopo
diventa per forza di cose potenzialmente abortivo, visto che la sua azione è orientata a impedire
l'annidamento dell'ovulo eventualmente fecondato e quindi di causare la morte della vita umana appena
sbocciata. Eppure il concetto è tutt'altro che condiviso. Dopo la modifica del foglietto illustrativo del Norlevo la «pillola del giorno dopo», definita con un singolare neologismo «contraccettivo d'emergenza» - a opera
dell'Agenzia italiana del farmaco, che il 17 dicembre 2013 aveva accolto la richiesta dell'azienda produttrice
(la francese Hra Pharma) per togliere dal "bugiardino" l'avvertimento sulla sua potenziale abortività, ora è la
magistratura a intervenire affermando che «recenti studi hanno dimostrato che il farmaco Norlevo non è
causa di interruzione di gravidanza». Il motivo dell'intervento è il ricorso al Tar del Lazio per sospendere gli
effetti della delibera Aifa (operativa dal 4 febbraio) avanzato il 1° aprile da cinque associazioni d'ispirazione
cattolica: Giuristi per la vita, Farmacisti cattolici, Forum delle famiglie, Ginecologi cattolici e Pro Vita. Senza
dettagliare quali siano questi «recenti studi», quanto siano autorevoli e soprattutto ignorando altre 119
ricerche di cui erano stati messi al corrente dai ricorrenti con un corposo dossier, i giudici amministrativi
hanno deciso giovedì di respingere l'istanza cautelare salvando il discusso foglietto che per anni aveva
chiarito che il Norlevo (da assumere entro 72 ore dal rapporto "a rischio" di gravidanza) «potrebbe anche
impedire l'impianto» dell'embrione. «È vero che l'ordinanza del Tar riguarda la fase cautelare del
procedimento e che occorre attendere la sentenza - commenta Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per
la vita -, però questa decisione rischia di apparire come un pesante ostacolo per l'esercizio del diritto di
obiezione di coscienza in tema di interruzione volontaria della gravidanza da parte degli operatori sanitari».
Le cinque associazioni, aggiunge Amato, «stanno comunque valutando l'opportunità di proporre appello al
Consiglio di Stato contro l'ordinanza». La partita dunque non è finita, ma occorre che i giudici siano disponibili
a una valutazione degli esatti termini scientici della questione, o almeno valutino più attentamente il «principio
di precauzione» che, secondo il farmacologo dell'Università di Torino Mario Eandi, dovrebbe valere in un
caso come questo nel quale la comunità scientifica è ancora divisa. «Gli argomenti contro l'abortività del
farmaco sono discutibili - spiega Eandi -, se non altro perché nessuno può seriamente escludere allo stato
delle conoscenze che Norlevo possa essere abortivo vista la sua interazione sul trasporto e l'annidamento
della nuova vita nell'utero materno. Su questioni scientifiche la magistratura dovrebbe essere più prudente,
come insegna il caso Stamina». Di «scienza manipolata» parla senza mezzi termini il presidente dei
ginecologi cattolici Giuseppe Noia: «L'efficienza del farmaco - aggiunge - dipende dai tempi di assunzione:
quanto più ci si avvicina al termine delle 72 ore, e a maggior ragione dopo averle superate, tanto più cresce la
probabilità che si registri una gravidanza. Dunque, è persino banale concludere che se c'è stato un
concepimento il farmaco è abortivo». Alla base del nuovo bugiardino c'è però «l'idea che l'inizio della vita non
coincida col concepimento ma con l'impianto dell'embrione nell'utero. Per sostenerlo si è fatto ricorso negli
anni ad autentiche invenzioni prive di fondamento scientifico, come il pre-embrione e l'ootide, ma la realtà
non si può cambiare con artifici concettuali».
Foto: In Italia il Norlevo può essere acquistato in farmacia solo con ricetta medica. Ogni anno se ne vendono
350mila confezioni. A produrla è l'azienda francese Hra Pharma, la stessa di EllaOne, la «pillola dei cinque
giorni dopo»
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Norlevo abortivo? Il Tar dice no
31/05/2014
Avvenire - Milano
Pag. 3
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Il 20 settembre in Duomo il rito per la fondatrice delle Suore infermiere dell'Addolorata Coletti: ci chiama
all'impegno verso tutte le periferie
ENRICA LATTANZI
Sarà beatificata a Como, in cattedrale, sabato 20 settembre, madre Giovannina Franchi (1807-1872),
fondatrice della Congregazione delle Suore infermiere dell'Addolorata. «La sua è una testimonianza di
impegno per le periferie materiali ed esistenziali chiesto oggi con forza da papa Francesco», osserva il
vescovo Diego Coletti. La Franchi, nata in una famiglia numerosa della buona borghesia comasca di inizio
Ottocento, dopo la giovinezza trascorsa nell'educandato delle suore della Visitazione e la prospettiva di un
matrimonio, poco più che quarantenne aprì la sua bella casa nel centro storico a due passi dal Duomo, per
accogliere, curare e dare sostentamento a poveri e ammalati. «Non ebbe paura di uscire e di prendere
l'odore del gregge - ribadisce la madre generale suor Emanuela Bianchini -: donò agli ultimi le sue sostanze e
se stessa, morendo per il vaiolo nero, contratto per stare vicina ai suoi malati». La causa di beatificazione fu
introdotta nel settembre 1994 dal vescovo Alessandro Maggiolini. L'autorizzazione a promulgare il decreto di
beatificazione è giunta da papa Francesco nel dicembre 2013. Le consulte, medica e teologica, hanno
riconosciuto come miracolosa la guarigione inspiegabile, e senza motivi medici, di una neonata. Il fatto
accadde nel 1982 all'ospedale Valduce di Como, gestito dalla Congregazione. Durante la rianimazione della
piccola, una suora invocò l'intercessione di madre Giovannina e invitò alla preghiera le altre religiose e la
famiglia della bimba. «Negli ultimi anni - aggiunge Coletti - la nostra diocesi ha vissuto anche la
canonizzazione di san Luigi Guanella (ottobre 2011) e la beatificazione dell'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca
(aprile 2012). Abbiamo la responsabilità di accogliere e perpetuare tali testimonianze». Dall'1 al 4 giugno la
diocesi sarà pellegrina a Roma, con oltre 200 persone, per esprimere il proprio grazie al Papa. Fitto il
calendario di iniziative in vista della beatificazione: la prima è l'inaugurazione, il 14 giugno alle ore 17, in
cattedrale, della mostra sulla vita di madre Franchi. Ulteriori informazioni sul sito www.diocesidicomo.it .
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Madre Franchi beata, Como si prepara
01/06/2014
Avvenire - Bologna - bologna sette
Pag. 4
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Padre Ambrosoli, medico comboniano che aveva un ospedale in Uganda, mi disse: «Un missionario medico
deve sempre avere con sé un chirurgo, ma tu non l'avrai mai. Se vuoi, ti insegno l'essenziale, poi ti farai col
tempo». E così fece
Padre Aldo Marchesini, bolognese, dehoniano, missionario medico a Quelimane in Mozambico, ha
presieduto mercoledì scorso in Cattedrale la Messa solenne nella solennità della Beata Vergine di San Luca.
Padre Aldo, chirurgo settantaduenne, ha impegnato tutta la vita ad assistere i malati in Africa ed è stato
insignito quest'anno del «World Population Award», il Premio istituito dalle Nazioni Unite nel 1981, che viene
attribuito a individui e organizzazioni «che si siano distinti nel migliorare la salute della popolazione
mondiale». Gli abbiamo chiesto di raccontarci della sua vita e della sua vocazione... «La cosa principale dice è stato l'inizio. Ho sentito la vocazione alla fine del liceo. Mio babbo mi disse: "ti lascio andare ma devi
fare un anno di università, scegli quello che vuoi, se poi non hai cambiato idea ti lascio partire"». E lei scelse?
Medicina. E dopo l'anno di Università mio padre lasciò partire. Entrai nel noviziato dei sacerdoti del Sacro
Cuore. Allora non era permesso a un sacerdote di essere medico e quindi rinunciai alla medicina
dedicandomi solo alla vita religiosa. Alla fine del noviziato il superiore provinciale venne a dirmi: "il consiglio
provinciale vuole che tu finisca gli studi, abbiamo già chiesto la dispensa a Roma". Così mi laureai, subito
dopo cominciai Teologia, e finita Teologia andai in missione in Mozambico. Quando divenne chirurgo?
Conobbi padre Ambrosoli, medico comboniano che aveva un ospedale in Uganda. Mi disse: "se vuoi fare il
missionario medico devi sempre avere con te un chirurgo, ma ti dico già che non l'avrai mai, devi diventare tu
un chirurgo, se vuoi ti insegno l'essenziale, poi ti farai con il tempo". Rimasi un anno con lui in Uganda, a
Kalongo, mi specializzai in Portogallo in Medicina tropicale, nel '74 partii per il Mozambico, e sono lì da 40
anni. Ci parli delle sue «opere». Opere murarie nessuna, mi sono dedicato a trattare i malati, specialmente
quelli di tipo chirurgico e poi ad insegnare ai giovani medici, agli infermieri. Non ch'io fossi il professore:
l'attività di insegnamento si fa con la vita, con i commenti, le domande questo l'ho sempre fatto». Padre Aldo
Marchesini
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Padre Marchesini, chirurgo «fai da te» premiato Onu
31/05/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 11
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Nasce il 118 del territorio per chi è stato dimesso
Un 118 del territorio, una centrale operativa in grado di tenere sotto controllo il paziente che viene dimesso
dall'ospedale. Lo ha messo in piedi, prima Ulss del Veneto, la 12, che sta testando via via la risposta di
questo servizio ai bisogni dei pazienti. Perchè, chi viene dimesso dall'ospedale, ha bisogno di essere
"protetto", soprattutto se si tratta di personale fragile - un giovane disabile come un anziano cardiopatico. Che
cosa succedeva fino ad oggi? Che ogni reparto ospedaliero in qualche modo si arrangiava a mettere in moto
la trafila della protezione per cui c'era l'infermiere che avvertiva l'assistenza domiciliare, che metteva in moto
il medico di base e che, poi, forniva ai parenti del paziente da dimettere una lista lunga così di numeri di
telefono da chiamare per le emergenze. Il rischio era che il paziente dimesso, nel giro di qualche giorno
venisse ri-portato al Pronto soccorso, magari solo per un catetere che si era bloccato e dava fastidio. Invece
con la Centrale operativa territoriale cambia tutto e tutte le belle parole sulla medicina del territorio diventano
finalmente infermieri e centralinisti, specialisti e assistenza "mirata". Questo consente di utilizzare l'ospedale
solo per il momento acuto - come dovrebbe essere - e poi di tenere a casa il paziente in tutte le fasi del
recupero post ospedaliero. Una volta "stabilizzato", dunque, il paziente è nelle mani del Cot - la Centrale
operativa territoriale - che si occupa di tutte le sue esigenze e controlla che le bombole di ossigeno arrivino
regolarmente, che i familiari del paziente siano istruiti sulle medicine da prendere, che ci sia qualcuno che
controlla le medicazioni, che si preoccupa delle forniture di tutti i materiali possibili e immaginabili. E c'è un
solo numero da chiamare. Inutile dire che il sistema inizia a funzionare perfettamente. Il passaggio ulteriore?
«E' chiaro che con la telemedicina ormai non ci sono più limiti alla possibilità di monitorare il paziente a casa.
Lo facciamo già con cardiologia e con dermatologia. Chiaro che si può fare un tracciato e discutere con lo
specialista via internet senza troppi problemi» spiega il direttore dei Servizi sociali dell'Ulss 12, Claudio
Beltrame, che ha messo in piedi il servizio assieme al dott. Federico Munarin responsabile di Distretto e a
Luigino Schiavon, coordinatore dell'assistenza infermieristica. Pensare che l'Ulss 12 aveva già messo in piedi
il Cot prima ancora che la Regione emanasse la direttiva che invita tutte le Ulss a darsi questo 118
territoriale. Del resto il direttore generale dell'Ulss 12, Giuseppe Dal Ben, è da sempre un sostenitore della
medicina territoriale. E l'esperienza dell'Ulss 12 adesso servirà anche a tutte le altre Ulss del Veneto. Il
futuro? «In ospedale solo per le emergenze e il resto delle cure a casa propria.» © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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ULSS 12 Istituita una Centrale operativa per le cure a casa di chi ha subìto interventi in ospedale
31/05/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 20
(diffusione:86966, tiratura:114104)
«Non distruggete l'ospedale di Dolo»
"Ospedale di Dolo, non distruggetelo!" È l'accorato appello diffuso ieri con un volantino sottoscritto dal
Comitato Bruno Marcato, dai gruppi politici "Ponte del Dolo", Sel di Dolo e Mira, dal Comitato Opzione Zero,
del Prc di Dolo, Mira e Fiesso d'Artico, dall'Anpi di Dolo, dalla "Sinistra per Camponogara", da "Mira fuori del
Comune" e "Mira 2030", "Strada Comune Stra" e "Stra rialzati". I gruppi politici e le associazioni richiamano
l'attenzione sul presidio sanitario dolese: «Ne parliamo ancora perché la voce della Riviera del Brenta arriva
con difficoltà alle orecchie di chi governa la Regione e di chi è seduto in Consiglio regionale, e perfino a
quelle di molti sindaci dei nostri Comuni. Vogliamo ribadire con forza le ragioni che sostengono il rilancio del
nostro ospedale, con spazi e strutture pubbliche male utilizzate, abbandonate e in procinto di essere
vendute». Secondo i vari gruppi rivieraschi "stare zitti significherebbe ignorare, addirittura offendere i
centotrentamila abitanti della Riviera del Brenta che forse non sanno fino a che punto il loro ospedale sia
oggetto di uno scippo lento, graduale, inesorabile, con molti politici che stanno a guardare, rendendosi
complici". E concludono: «L'ospedale di Dolo deve rimanere ospedale per acuti, con l'attuale area chirurgica
e classificato ospedale di rete. Un presidio sanitario di prima qualità per i cittadini della Riviera del Brenta e
dell'Asl 13. Non buttiamo via un tesoro accumulato in 150 anni». © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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SANITÀ Appello di partiti, gruppi ed associazioni di tutta la Riviera contro lo smantellamento
01/06/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 12
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Filo diretto tra paziente e chirurgo anche per le cure post operazione
Dopo un'operazione, non c'è paziente che non desideri restare sempre in contatto con il medico che lo ha
operato. Non con un dottore qualsiasi, ma proprio con quello che è intervenuto in prima persona. La prassi è
però un'altra, con il paziente rinviato alle cure del proprio medico di famiglia o alle visite con il dottore di turno.
Nella nuova sezione di Ortopedia di Villa Salus si è scelto invece di creare un filo diretto tra malato e chirurgo.
Al termine del ricovero, l'ospedale consegna al paziente la mail personale del medico che lo ha operato,
grazie alla quale si possono chiedere consigli e assistenza in tempo reale, anche se a distanza. «Un mio
paziente mi ha persino inviato la foto di una sua ferita, per sapere se stava procedendo tutto alla perfezione»,
racconta il dottor Domenico Amato, referente responsabile di Ortopedia a Villa Salus. Grazie alla mail, il
medico è raggiungibile dovunque e a qualunque orario. Un impegno totale, che, ricorda il professor
Giampiero Giron, anche lui medico di Ortopedia a Villa Salus, riporta indietro nel tempo. «Per me è come un
ritorno al medico condotto - spiega Giron - quando si era in servizio praticamente tutto l'anno, senza badare
troppo agli orari, al tocca me o tocca a te. La mail è un sistema comodissimo per assistere il paziente e per
aiutarlo a non sentirsi disorientato nel momento di cura». (M.Dor.) © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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A VILLA SALUS
02/06/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 11
(diffusione:86966, tiratura:114104)
«Dobbiamo trasferirci a Mestre per avere un ospedale che funzioni»
DOLO - «Per avere un ospedale che funzioni dovremmo trasferirci a Mestre» È questa l'amara
considerazione del consigliere dolese della Lega Nord Giovanni Fattoretto, che aggiunge: «Qualche anno fa
ci avevano assicurato che il reparto di otorino sarebbe ritornato a Dolo trovando sede in una delle due ali del
sesto piano del monoblocco, una promessa che qualche amministratore locale dava come certezza ai
comitati e ai cittadini della Riviera del Brenta. Ora, oltre a non aver visto ritornare quell'importante reparto e
constatare che la parte destinata a accoglierlo è quasi totalmente inutilizzata, scopriamo che con delibera 243
del 22 maggio scorso è stato istituito il dipartimento funzionale interaziendale di otorinolaringoiatria nella
provincia di Venezia, un servizio che consente la valorizzazione della centralità dell'ospedale di Mestre come
"Hub" a scapito di ospedali minori "Spok" come quello di Mirano e Dolo». Una decisione che il consigliere
critica perchè impoverisce il servizio e getta ombre sul futuro dell'ospedale di Dolo. Se le cose stanno così il
prossimo pezzo che se ne va potrebbe essere il Pronto Soccorso «da troppo tempo in attesa di importanti
interventi di ristrutturazione e ammodernamento, mai avvenuti». Fattoretto alla fine conclude: «Mi auguro che
parte dei sei milioni di euro arrivati dalla Regione e destinato all'Ufficio tecnico dell'Ulss 13 possano essere
usati per l'ospedale di Dolo». Lino Perini © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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DOLO Fattoretto dopo il taglio di "otorino"
02/06/2014
Il Mattino - Napoli
Pag. 51
(diffusione:79573, tiratura:108314)
Raffaele Calabrò*
Giannini contro Lorenzin, medici universitari contro ospedalieri, se volete aggiungeteci pure conservatori o
baronie contro riformatori. Non vorrei che fosse così interpretato il dibattito, lanciato sulle pagine del Mattino,
sull'accesso alla facoltà di Medicina. Al di là della diversità di opinione tra il ministro dell'Istruzione e quello
della Salute, mi sembra che il tema sia davvero grosso e richieda una soluzione tempestiva per le migliaia di
studenti che ogni anno tentano di entrare a Medicina. Ritengo che l'idea di abolire il test di ingresso non sia
né fattibile né auspicabile, tanto più che, se si decide di importare il modello francese, non si fa altro che
posticipare il test ad uno o due anni successivi. Un meccanismo di selezione che non gioverebbe né a chi
dopo 1 o 2 anni si troverebbe costretto a cambiare facoltà, incamminandosi in probabili percorsi di
disoccupazione di lusso per eccesso di offerta di lavoro, né al portafogli delle loro famiglie, né tantomeno alla
qualità formativa dei giovani aspiranti medici. La prima vittima dell'ingresso libero sarebbe il percorso
formativo che deve assolutamente essere caratterizzato da un ottimale rapporto docente/studenti. Senz'altro
l'attuale prova a quiz va rivista, essendo - come dice Antonio Galdo - più ridicola di un cruciverba, ma la
resistenza a mantenere il numero programmato non ha alcun nesso, contrariamente a quanto sostiene Galdo
- con l'idea di preservare medici, figli di medici e professori medici. Credere che in Italia la professione medica
sia ancora un settore in piena occupazione vuol dire ignorare i numeri: ogni anno circa 10mila giovani si
laureano in Medicina, di questi solo 5mila accedono alle specializzazioni, l'altra metà è fuori per mancanza di
fondi. Un gap inaccettabile, iniquo ed assurdo che sicuramente va colmato. Non a caso c'è chi da più di un
anno chiede ai Ministeri competenti di battersi per trovare i finanziamenti. È però demagogico pensare di
abolire di colpo un sistema che, ripeto, è migliorabile, ma l'unico che oggi si adatta alle facoltà italiane
attrezzate per ospitare un numero contingentato di iscritti. A Napoli, ad esempio, siamo tarati per un numero
di 440 studenti, la moltiplicazione nel giro di un anno farebbe saltare il sistema. È pericoloso nascondere le
oggettive difficoltà economiche e logistiche: ipotizzare l'utilizzo di spazi dismessi, addirittura le caserme, di
raddoppi di turni come se fossero attuabili a costo zero è fantascienza. Non abbiamo fondi sufficienti per
aumentare i contratti di specializzazione, come possiamo immaginare di trovarli per le strutture e le docenze
che andrebbero incrementate. Battiamoci per reperire finanziamenti affinché quelli che si laureano in
Medicina possano accedere alle scuole di specializzazione o ai corsi di Medicina Generale.
*Deputato del Nuovo Centrodestra
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Accesso a Medicina servono più fondi per la selezione
01/06/2014
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 15
(diffusione:103223, tiratura:127026)
«Siamo pochi». I medici denunciano il San Martino
«A rischio le cure ai ricoverati. Così non si va avanti».
GUIDO FILIPPI
L'OSPEDALE non interviene, il responsabile del reparto fa orecchie da mercante e allora entrano in scena gli
avvocati che denunciano l'ospedale San Martino Ist su temi più mai attuali: mancano i medici, ci sono almeno
venti letti in più di quelli previsti, i carichi di lavoro sono insopportabili e a pagarne le conseguenze sono i
malati. Dopo i mugugni in reparto, le lamentele in direzione sanitaria, ora i medici della Medicina d'Urgenza
del Monoblocco hanno cambiato strategia: si sono rivolti al sindacato Anaao - tra l'altro il segretario nazionale
è il primario allergologo del San Martino Costantino Troise - e hanno fatto intervenire l'avvocato Micaela Conti
che è già passata alle maniere forti. Una forma di protesta inusuale che mette comunque in evidenza le
carenze di organico dell'ospedale di riferimento di tutta la Liguria. Medicina d'urgenza e l'Unità di crisi sono i
reparti che ricevono, più di altri, i malati provenienti dal pronto soccorso - sempre sull'orlo del collasso - e i
letti vengono aggiunti a seconda delle necessità. Posti provvisori, ma soltanto sulla carta, che vanno a
sbilanciare i carichi di lavoro di medici e infermieri come è stato evidenziato nella lettera indirizzata al direttore
sanitario Alessandra Morando, alla responsabile del Personale Claudia Storace e al responsabile del reparto,
Roberto Tallone. Il quadro è chiaro: medici che sono andati in pensione, che hanno cambiato ospedale o
reparto, oppure che si sono dimessi dal San Martino Ist. Un rapporto dettagliato, con nomi e cognomi: Bruno
Ligas (in pensione), Franca Moccia (in organico ma non operativa) e Sonia De Mattei che si occupava delle
"dimissioni protette" e dell'ambulatorio. Non sono mai stati sostituiti. Ora i letti, sotto denominazioni diverse,
sono almeno una cinquantina e in organico ci sono cinque specialisti, più il responsabile. «Oltre all'attività in
reparto, abbiamo le consulenze urgenti, la copertura dei turni di guardia e i festivi». Come se non bastasse
nei prossimi giorni andrà in pensione Annamaria Luisi e l'impegno della direzione di di una sostituzione suona
sempre più come una promessa da marinaio o «il solito fumo negli occhi per farci stare tranquilli». Ma da una
decina di giorni è finita la tregua e dai piani alti del Monoblocco è partita la fronda e la denuncia dell'avvocato
dell'Anaao. «Non è difficile intuire che i medici debbano lavorare costantemente in straordinario, senza una
realistica possibilità di recupero. Aumenta anche la frequenza dei turni festivi e spesso è difficile anche
riuscire a fare le ferie. Noi siamo riusciti a far fronte all'emergenza e questo depone a nostro favore ma è
evidente che non si può andare avanti così». Con meno medici e più letti, i primi a pagarne le conseguenze
sono i ricoverati. «La stanchezza accumulata, il rischio di non poter fare tutti i giorni di ferie previsti e il
persistente stato di stress mettono a rischio la salute psicofisica di ciascuno di noi e sono un'oggettiva
condizione di rischio per i pazienti, sotto tutti i punti di vista». Non ci sono tante soluzioni, anzi ce ne sono
soltanto due: due medici in più in organico, oppure chiudere l'Unità di crisi all'undicesimo piano del
Monoblocco, ma quest'ultima ipotesi è già stata accantonata. In reparto non parla nessuno, ma è noto a tutti
in ospedale che i rapporti tra Tallone e i medici dei due piani del Monoblocco sono da tempo conflittuali e
negli ultimi due mesi sono addirittura peggiorati, ma i medici, prima di chiedere aiuto al sindacato Anaao, lo
hanno più volte sollecitato a intervenire. E i vertici dell'ospedale? Secondo voci interne, il direttore sanitario
Alessandra Morando ha già convocato Tallone per capire cosa sta succedendo al Monoblocco anche perché
una riduzione dei letti metterebbe in difficoltà il pronto soccorso. Ma, almeno per il momento, il quadro non
cambia l'avvocato dell'Anaao e i medici non sono disposti a fare retromarcia. «Per il nostro lavoro e per la
salute dei pazienti».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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CLAMOROSA INIZIATIVA DEI CAMICI BIANCHI DI MEDICINA D'URGENZA DEL MONOBLOCCO IL CASO
01/06/2014
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 15
(diffusione:103223, tiratura:127026)
IL CENTRO USTIONI DEL VILLA SCASSI È SALVO LA ASL INVESTE 2
MILIONI PER IL RESTAURO
I lavori al reparto dovrebbero partire entro dicembre e concludersi dopo almeno un anno
G. FIL.
DUE ANNI FA aveva i mesi contati ed era destinato a chiudere. Poi il vento di tempesta ha smesso di
soffiare, ma non hai spazzato via i timori legati al destino del Centro ustioni dell'ospedale Villa Scassi.
Venerdì è arrivata la tanto attesa conferma ufficiale: il reparto verrà completamente ristrutturato e di
conseguenza non si muoverà da Sampierdarena e di conseguenza decade definitivamente l'ipotesi di un
trasferimento al San Martino. Un'operazione che la direzione della Asl 3 aveva concordato con la Regione e
che rientrava nel pacchetto che prevedeva altri trasferimenti. Due giorni fa è stata firmata la delibera che
autorizza la Asl 3 a investire due milioni di euro per il restyling completo del Centro ustioni che è da tempo il
reparto di riferimento di tutta la Liguria, ma anche di parte del Piemonte, della Toscana ma anche per altre
regioni del Nord : è considerato un eccellenza anche dal ministero della Salute e i risultati delle terapie fanno
spesso il giro d'Italia. Ora la palla passa alla Regione che deve autorizzare l'azienda ad accendere un mutuo
per poter fare i lavori e ampliare il reparto, ma si tratta di un atto formale perché la giunta Burlando ha già
dato il via libera all'intervento. Il progetto è stato firmato a due mani da Bruna Rebagliati, direttrice sanitaria
degli ospedali della Asl 3 e da Mario Fisci che dirige il Villa Scassi.Il reparto, al primo piano del padiglione
dell'emergenza, ha ora tre letti di terapia intensiva, otto di degenza e diversi ambulatori per le visite; si
allargherà su tutto il piano e di conseguenza verrà spostata la piastra ambulatoriale. Avrà almeno quattro letti
in più, uno per i malati gravi e altri tre. Secondo i progetti della Asl 3, nei prossimi mesi verrà presentato il
progetto esecutivo e quindi verrà fatta la gara d'appalto per assegnare i lavori. Il cantiere, se non ci saranno
intoppi e ricorsi, potrebbero partire entro dicembre e concludersi nel giro di un anno. «Il Villa Scassi commenta il direttore generale Corrado Bedogni - sarà sempre di più uno dei centri nazionali più qualificati
per curare le ustioni».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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IL REPARTO ERA DESTINATO A CHIUDERE
02/06/2014
L Unita - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:54625, tiratura:359000)
Nel nostro Paese la metà dei malati di Aids non si cura
Su 130mila, 60mila persone dovrebbero essere trattate e non lo sono. La prevenzione come strumento per
evitare la trasmissione
ENRICO GIRARDI* ROMA
Quando nel luglio del 2011 Roma ospitò la conferenza dell'International Aids Society, si iniziò a parlare della
possibilità di arrivare finalmente a un controllo dell'epidemia da Hiv. L'idea era legata al fatto che c'erano molti
mezzi di prevenzione disponibili: quelli vecchi naturalmente, dal condom alla circoncisione, ma anche alcuni
nuovi. La star della conferenza fu infatti lo studio, condotto su coppie nelle quali un partner è positivo e uno è
negativo, che dimostrava come se si inizia prima il trattamento, si previene un alto numero di infezioni. Già
studi precedenti, meno rigorosi, portavano a pensare che una persona trattata in modo efficace - e quindi che
ha un abbattimento di quantità di virus circolante - diventava poco o addirittura per nulla contagiosa. E anche
studi successivi hanno confermato questa scoperta. Fu lanciata così l'idea del «trattamento come
prevenzione». Trattare in modo efficace le persone con infezione da Hiv non solo migliorava la loro
condizione di salute, ma metteva sotto controllo l'epidemia. Nella conferenza ICAR (Italian Conference on
Aids and Retrovirus) che si è chiusa due giorni fa sempre a Roma, si è notato che, nonostante questo
approccio abbia portato molte più persone alla terapia, anche nei paesi poveri, si stenta a vedere gli effetti
sperati: non sembra che l'aumento delle persone in terapia abbatta la diffusione del contagio. Due esempi: in
Italia ogni hanno ci sono 4.000 nuove diagnosi di Hiv e il numero è costante da anni; negli Usa sono 50.000
ogni anno, stabili nell'ultimo decennio. E quindi ci si è chiesto: perché non si vede l'effetto che ci si aspettava?
Una risposta possibile è: perché ci sono dei «buchi» nel sistema. Non tutte le persone con l'infezione sanno
di esserlo, non tutti quelli che lo sanno vanno a farsi curare, non tutti quelli che si vanno a curare restano in
cura. Inoltre, la terapia, benché funzioni egregiamente, non ha un'efficacia del 100 %. Tutti questi «buchi»
fanno stimare che in Italia solo il 60% delle persone con Hiv sia trattato in modo da ottenere il controllo
dell'infezione virale. Nel nostro Paese 130mila persone hanno l'infezione da Hiv e, nonostante il sistema
italiano sia efficiente, 60mila persone dovrebbero essere trattate e non lo sono. È, la nostra, una situazione
simile a quella del Canada e dell'Inghilterra, ma migliore di quella degli Usa dove si stima che solo il 25%
delle persone ricevano una terapia efficace. Il problema dunque è mondiale. Cosa si può fare? Da una parte
bisogna cercare di intervenire migliorando l'offerta dell'accesso al test. Oggi esistono anche test che
permettono di fare la diagnosi dell'infezione sulla saliva. Si basano sul fatto che anche se il virus non è
presente nella saliva, gli anticorpi contro il virus sì. Si tratta di test molto semplici da eseguire, tanto che in
alcuni paesi ne è autorizzata la libera vendita in farmacia. I primi a dare l'autorizzazione sono stati gli Stati
Uniti, ma da un mese si vendono anche nel Regno Unito e, dalla fine del 2014, dovrebbero essere disponibili
in farmacia anche in Francia. D'altra parte bisogna migliorare l'offerta delle cure, anche se bisogna tener
presente che la cura non si dà per fare un bene agli altri. Migliorare le condizioni per l'accesso alle cure vuol
dire continuare a lottare contro la stigmatizzazione, contro le immagini false che circolano intorno alla
malattia, ma vuol dire anche rendere le cure più facili da gestire e meno tossiche perché possano essere
continuate dalle persone per lungo tempo. Infine, bisogna operare non solo bloccando la trasmissione
dell'infezione, ma anche evitandone l'acquisizione. Tra gli strumenti più efficaci a questo scopo c'è ancora il
condom. Ma rimane una domanda: perché la gente non lo usa? Evidentemente non basta dire: usate il
condom, bisogna trovare un approccio innovativo. La Gates Foundation ha lanciato un bando internazionale
proprio per incrementare l'uso del condom attraverso lo sviluppo di nuovi profilattici che possano diventare
qualcosa di desiderato o attraverso un nuovo design che renda più facile il loro uso corretto. Alla fine del
2013 la Fondazione ha dato 11 finanziamenti da 100mila dollari a ditte che hanno presentato progetti
«innovativi», come un condom rivestito di nanoparticelle che lo rendono molto resistente nonostante sia
sottile, o un condom che a contatto col corpo modifica la forma per essere più aderente, o ancora condom
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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IL CASO
02/06/2014
L Unita - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:54625, tiratura:359000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
fatti con il grafene, un materiale molto elastico e che conduce il calore. * Direttore Dipartimento di
epidemiologia, Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani Roma.
31/05/2014
QN - La Nazione - Firenze
Pag. 29
(diffusione:136993, tiratura:176177)
Denuncia delle opposizioni per il mancato rispetto degli accordi
PAOLO FABIANI
DOPO sei mesi al Serristori aspettano ancora i medici promessi dall'accordo stipulato fra sindaci e Asl: «Noi
crediamo che il nostro ospedale rappresenti un patrimonio e un servizio utile per il Comune Unico - ha detto
Valentina Trambusti ( nella foto ), neo eletta nella lista civica Salvare il Serristori -. Per questo l'azienda
sanitaria e la Regione devono mantenere gli impegni che hanno sottoscritto anche i sindaci di Figline e
Incisa. La nuova amministrazione sarà in grado di far rispettare l'accordo?». «Dall'ultimo sopralluogo
effettuato - aggiungono Andrea Calò consigliere provinciale del Prc e Lorenzo Naimi consigliere comunale di
Figline e Incisa del Movimento 5 Stelle - è emerso che l'ospedale vive in una insostenibile e inaccettabile
precarietà, e in alcune parti risulta fortemente degradato. Il Centro sangue con 4.000 donazioni dirette è
seguito da un medico e due infermieri, in una situazione fatiscente, le barelle non possono accedere
all'ascensore. A Cardiologia e ortopedia non sono mai arrivati i professionisti annunciati; mancano tecnici e
radiologi, le diagnostiche vengono effettuate solo per i pazienti interni. Per quanto riguarda oncologia è tutto
bloccato, medicina e chirurgia sono sotto organico. Sono aumentati soltanto gli accessi al Pronto Soccorso».
Niente è stato fatto neppure a livello di infrastrutture, visto che continua a piovere dal tetto, ci sono crepe
nelle pareti di reparti da poco ristrutturati. Per questo Prc e 5 Stelle lanciano l'appello ai sindaci, all'Asl e
Regione affinchè venga tutelato l'ospedale. «Ci stiamo già muovendo per incontrare la dirigenza dell'Azienda
Sanitaria - ha risposto Giulia Mugnai, appena eletta sindaco del comune più grande della vallata -, e allora
solleciteremo il rispetto degli accordi sottoscritti a dicembre».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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«Ospedale ancora senza medici»
02/06/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.20 - 2 giugno 2014
Pag. 5
(diffusione:581000)
SANITÀ LOMBARDA NELL'ERA MARONI MOLTO "CELESTE" E ANCORA
TANTO NERO
Alberto Statera
In una combinazione di impudenza e insipienza, Mario Mantovani, vicepresidente e assessore alla Sanità
della Regione Lombardia, ha proclamato in un comizio nel suo paese: "Ho trovato tanti posti di lavoro, adesso
per esempio ho nelle disponibilità anche di segnalare delle persone. Ho bisogno di direttori generali, ho
bisogno di persone che me lo chiedono. Io come prima cosa mi vien da segnalare la gente di Arconate". Una
gaffe? Macché. Nel successivo comizio di chiusura della campagna di Forza Italia per le elezioni europee,
con Jerry Calà e Iva Zanicchi che intonava "Zingara", Mantovani ribadiva lo stesso probo concetto: votateci
che io vi raccomando per posti di pregio nella sanità pubblica regionale. Di fronte alle polemiche, alla
mozione di sfiducia del centrosinistra e alla timida irritazione del presidente lombardo Roberto Maroni, il
Mantovani ha replicato che non ha alcuna intenzione di dimettersi perché lui ha "la fiducia di Berlusconi".
L'episodio è interessante perché non solo descrive la qualità di alcuni degli uomini che governano la più ricca
regione d'Italia, ma soprattutto perché rivela meglio di ogni altro discorso lo stato della sanità lombarda dopo
diciotto anni di presidenza di Roberto Formigoni: una terra di saccheggio di potere, di posti clientelari e di
miliardi. Per l'esattezza una mangiatoia su risorse pari a 18 miliardi all'anno, l'uno per cento del Pil italiano.
L'"eccellenza" sanitaria vantata per anni dal Celeste, che pure non manca in qualche struttura medica, è
imbrattata da una gestione "politica" scientificamente delinquenziale che l'ex presidente ha creato e che la
giunta Maroni sembra incapace di smontare. Una delle ultime retate della procura di Milano, quella che ha
portato all'arresto delle vecchie glorie di Tangentopoli Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, ha attirato
l'attenzione soprattutto sulle tangenti per gli appalti sull'Expo 2015. Ma le intercettazioni raccontano meglio di
un trattato di criminologia anche il funzionamento della sanità lombarda. Lo spiega a un interlocutore il
collaboratore di Frigerio Giovanni Rodighiero: "I primari...i primari...i medici che gareggiano vengono e vanno
dai politici...perché la sanità è gestita dai politici...allora se tu hai il santo protettore, il santo protettore ne
prende atto...e poi va a parlare con chi di dovere...fa la gara e vince lui... lui è riconoscente a Gianstefano...
Gianstefano è riconoscente al direttore generale..." Dalle nomine dei direttori generali a quelle dei primari e, a
cascata, agli appalti truccati per i lavori e gli acquisti ospedalieri. I magistrati, con note a margine delle
intercettazioni, descrivono così il meccanismo: "Si provvede in primo luogo al confezionamento dei bandi di
gara e capitolati ad hoc"; "in seguito si concorda preventivamente il prezzo che deve pagare l'imprenditore
avente quale causa la consumata corruzione oltre che l'effettuata turbativa"; "aggiudicato l'appalto, si
effettuano le conseguenti dazioni di denaro corruttive ai dirigenti sanitari, eventualmente scaglionate nel
tempo in caso di appalti pluriennali", con "detrazione" della quota spettante al faccendiere, nella fattispecie
Frigerio. Il quale, in un'intercettazione si lamenta: "per un po' di corruzione (non puoi) distruggere tutto",
"l'illegalità bisogna trattarla con normalità". Se Maroni non vuole perpetuare la "normalità" formigoniana ha
un'ottima occasione per cominciare: licenzi domattina il suo vicepresidente e assessore alla Sanità Mario
Mantovani. [email protected]
Foto: Qui sopra, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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OLTRE IL GIARDINO
02/06/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.20 - 2 giugno 2014
Pag. 22
(diffusione:581000)
Amgen: "Sistema sanitario inaffidabile ecco perché non investiamo in
Italia"
BIOTECNOLOGIE: IL GRUPPO USA, NUMERO UNO MONDIALE CON 18,7 MILIARDI DI RICAVI HA
APERTO IN EUROPA TRE CENTRI DI RICERCA MA NON IN ITALIA. ECCO PER QUALI RAGIONI
Walter Galbiati
Milano Sono le stelle delle biotecnologie, quelle società la cui ricerca costituisce spesso la speranza di vita di
molte persone alle prese con malattie incurabili. La loro storia è recente, hanno al massimo qualche decina di
anni di vita, ma il loro valore è salito velocemente tanto da incalzare da vicino i colossi del farmaco, da Roche
a Novartis, da Pfizer a Merck. La star del momento è la Gilead, perché sull'onda del lancio di un farmaco, il
Sovaldi, in grado di combattere l'epatite C cronica, prevede nell'anno in corso di raddoppiare il fatturato
portandolo dagli 11 miliardi di dollari del 2013 a oltre 21 miliardi. La numero uno per ricavi (18,7 miliardi) è
Amgen che conta di mettere sul mercato nel giro di breve tempo le sue recenti scoperte. «Sono contento che
sia stato sviluppato un farmaco come Sovaldi, perché permette di lottare con ottimi risultati contro una grave
malattia come l'epatite C. Noi abbiamo 14 molecole in fase III, l'ultima prima della commercializzazione»,
spiega Francesco Di Marco, amministratore delegato della Amgen in Italia. I lanci di nuovi farmaci sono la
linfa vitale di queste aziende, ma per svilupparli servono molti anni di studi. Una volta giunti sul mercato, però,
i prodotti garantiscono margini notevoli, fino al 50% dei ricavi. «Noi investiamo 4 miliardi di dollari all'anno in
ricerca. Certo la redditività è elevata, ma va a compensare i tempi di sviluppo, in genere dieci anni. Il costo di
una molecola è in media di un miliardo di dollari». Per Amgen, la molecola attualmente più interessante è
Evolocumab, utile per combattere le malattie cardiovascolari, scoperta attraverso la genetica. «Ci sono
persone che non hanno problemi con il colesterolo e dagli studi è emerso che ciò è dovuto alla mancanza di
un gene. Partendo da qui, abbiamo costruito una molecola in grado di abbassare il colesterolo», spiega Di
Marco. Il passo successivo è rendere possibili a tutti l'accesso al farmaco, perché può capitare che alcune
cure abbiano costi esorbitanti. «In Italia abbiamo legato la spesa farmaceutica all'andamento del Pil e così
viene garantita la copertura. Bisogna, però, creare un sistema in cui i prodotti innovativi possano trovare
ulteriori fondi. Una soluzione potrebbe essere quella di incrementare le risorse dedicate all'innovazione
sostenendo un utilizzo appropriato dei farmaci generici e biosimilari», aggiunge l'amministratore delegato di
Amgen. Secondo Di Marco, lo Stato potrebbe sostenere il mercato del farmaco anche offrendo meno
incertezza: «Negli ultimi sei anni, 11 manovre finanziarie hanno tolto alla farmaceutica 15 miliardi di euro. Il
governo dovrebbe investire sul settore con un piano triennale o quinquennale, attirando gli investimenti
privati». Il panorama italiano ha molte aziende: 235 si occupano di salute, di cui 140 solo di biotech con circa
50mila dipendenti, 5.400 fanno ricerca e sviluppo. «Sono quasi tutti universitari - spiega Di Marco un humus
da cui potrebbe nascere una vera e propria industria. Serve un sistema Italia che dia certezza, in modo da
vedere la spesa nella farmaceutica come remunerativa». Le regole sono importanti. «Non è possibile - si
lamenta Di Marco - che dopo l'approvazione del farmaco a livello europeo con l'Ema e nazionale con l'Aifa,
che garantisce la rimborsabilità, si debba aspettare anche il via libera delle Regioni, sono altri due anni di
attesa con danni per le aziende e i malati». Non è allora forse un caso che Amgen abbia investito in
Germania e Islanda per tre centri di ricerca e ancora nulla in Italia.
Foto: Qui sopra, Francesco Di Marco amministratore delegato della Amgen in Italia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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[ IL CASO ]
02/06/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.20 - 2 giugno 2014
Pag. 30
(diffusione:581000)
AUMENTANO GLI ACCESSI ALLA FACOLTÀ (10.000 NEGLI ULTIMI ANNI, CONTRO I 7400 DEL 2007),
MENTRE DIMINUISCONO I CONTRATTI PER SPECIALIZZARSI: DAI 4.500 DELLO SCORSO ANNO
ACCADEMICO SI PASSERÀ AI 3.500 PREVISTI PER IL PROSSIMO ANNO
Catia Barone
"Io speriamo che me la cavo". Sarà così anche per gli studenti di medicina? Il titolo del libro scritto dal
maestro elementare Marcello D'Orta negli anni Novanta sembra proprio calzare a pennello. Dopo anni di
studio, lunghe giornate di corsi obbligatori e tirocini serali, il futuro dei neolaureati è ancora molto incerto. Sì
perché il passo successivo è vincere il concorso di specializzazione. Nulla di più facile - si potrebbe pensare
per ragazzi abituati allo studio e propensi a un lavoro che richiede una forte vocazione. Eppure, in Italia non è
così. I posti sono troppo pochi e molti laureati cercano altrove. "Il nostro sistema non si è ancora dotato di
strumenti in grado di effettuare un'adeguata programmazione del fabbisogno di professionalità mediche. Lo
dimostra il fatto che aumentano gli accessi a Medicina (10.000 negli ultimi anni, contro i 7400 del 2007),
mentre diminuiscono i contratti di specializzazione (dai 4.500 dello scorso anno accademico si passerà ai
3.500 previsti per il prossimo anno)" - afferma Walter Mazzucco, presidente nazionale dell'Associazione
italiana giovani medici (SIGM). Senza contare, poi, i 3000 accessi in più dovuti agli effetti della sanatoria
parlamentare sul bonus maturità ed agli esiti dei ricorsi al TAR. Il contesto è problematico e non tiene conto
dell'impatto crescente di malattie e disabilità legate al progressivo invecchiamento della popolazione. Nuovi
bisogni che spingono i medici a chiedere una revisione delle tipologie di professionalità da formare.
"Occorrono più medici generalisti e più profili specialistici utilizzabili nel sistema integrato delle cure tra
ospedale e territorio - dice il presidente di SIGM - In Francia, ad esempio, quasi la metà dei contratti di
formazione sono assegnati alle scuole di specializzazione di medicina generale, mentre il resto alle altre 30
tipologie (in Italia sono 53)". Cosa fare dunque? Cercare altre strade, proprio come Marco Mazzotta che ha
appena sostenuto il concorso per terminate il suo percorso in Francia: "La formazione specialistica italiana è
un buon esempio di sfruttamento di manodopera a basso costo, spesso senza turni fissi, limiti di
responsabilità, e poca formazione. Ma visto che il ministro Giannini vuole copiare l'esempio francese per
l'accesso a Medicina, senza tra l'altro considerare le drammatiche conseguenze di questa decisione, perché
non ne ricalca anche il modello post laurea? In Francia tutti i ragazzi che fanno il concorso sanno che
avranno un posto di specializzazione o di medicina generale (sono 7904 per circa 8000 partecipanti).
Considerando le fisiologiche rinunce, tutti avranno un posto". Come mai? "Perché i francesi (e quasi tutti gli
altri paesi europei) - dice Marco Mazzotta - hanno semplicemente programmato gli accessi a medicina e alle
specialità. Peccato che in Italia la parola magica 'programmazione' non sia contemplata". Un altro camice
bianco in fuga è Roberto Pezzutto: "Dopo la laurea ho deciso di fare un esperienza all'estero ed ora mi trovo
Inghilterra per un tirocinio di sei mesi grazie a una borsa di studio. Come mai ho scelto questo Paese?
Perchè da sempre offre agli stranieri la possibilità di fare carriera. Pensi che qui ho incontrato un chirurgo
italiano primario a 42 anni, anche lui scappato anni fa da Roma. I miei sei mesi scadono il 15 di giugno ma ho
già ricevuto offerte di lavoro per continuare". La crescente emorragia di giovani medici verso l'estero
rappresenta un serio campanello d'allarme e i giovani medici promettono battaglia. Il SIGM ha già organizzato
per domani a Roma una mobilitazione, nell'ambito della Campagna #svoltiAMOlaSANITÀ: "Serve un sistema
di programmazione in linea con gli scenari di salute futuri - conclude il presidente Walter Mazzucco - ma
occorrono anche più investimenti per la formazione post laurea e per lo sblocco del turnover nel nostro
Servizio sanitario nazionale". [ LA NOVITÀ ] I commercialisti nelle scuole insegnano la legalità Dal prossimo
anno scolastico gli studenti avranno un insegnamento in più, la "legalità fiscale". "Commercialisti nelle
Scuole" è il progetto dell'Associazione Italiana Dottori Commercialisti e dell'Ordine Dottori Commercialisti ed
Esperti Contabili, entrambi di Milano, che ha il fine di far comprendere alle nuove generazioni come l'evasione
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Medici, la specializzazione è diventata un miraggio
02/06/2014
La Repubblica - Affari Finanza - N.20 - 2 giugno 2014
Pag. 30
(diffusione:581000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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fiscale si possa combattere anche attraverso un diverso approccio culturale. Saranno i volontari di Aidc e
Odcec Milano, con il supporto di un cartoon accattivante e del "Decalogo per il piccolo contribuente", a
spiegare cosa sono e a cosa servono le tasse.
Foto: A sinistra, un confronto tra immatricolazioni in medicina, popolazione residente e contratti di
specializzazione per macro aree geografiche, da cui risulta penalizzato il Mezzogiorno
Foto: Il ministro della Pubblica Istruzione Stefania Giannini (1) e Amedeo Bianco (2), presidente FnomCeo
02/06/2014
Corriere Economia - N.20 - 2 giugno 2014
Pag. 21
Medici Deontologia: il codice della discordia
La categoria divisa sulle norme di correttezza da seguire E soprattutto sulle regole nei rapporti con la politica
ISIDORO TROVATO
C'è tensione e nervosismo nel mondo dei medici italiani. Da poco è stato varato il nuovo Codice deontologico
della categoria e la riforma non ha mancato di sollevare polemiche e contrasti interni. Il mondo dei medici è
scosso dalla crisi economica, dai tagli lineari nel pubblico e nel privato e dall'aumento delle cause per
risarcimento. Forse, anche per questi motivi, l'approvazione del nuovo codice deontologico è stata
l'occasione per riaprire polemiche e innescare «regolamenti di conti».
«Se avessimo voluto vivacchiare non avremmo mai pensato a un nuovo codice deontologico - spiega
Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi -. Ma è proprio in un
periodo di forte fibrillazione che bisogna trovare strumenti adeguati. Una revisione del codice era necessaria
per definire meglio i compiti e i nuovi ruoli di una categoria che oggi ha a che fare con il biotech, con la
tecnologia e con nuove frontiere della ricerca. Abbiamo tracciato un confine netto dell'autonomia dei medici,
esattamente al contrario di ciò che qualcuno vuole sostenere: il nuovo Codice delinea la figura del medico
indipendente dalle aziende pubbliche e private, dalle Università e dalle Regioni. Disponibili al dialogo e
all'interazione ma nel rispetto della piena autonomia».
Le polemiche
Eppure il fronte del dissenso è ampio: dagli Ordini territoriali (Milano su tutti) ai sindacati. «Un'occasione
persa - attacca Salvo Calì, segretario generale Sindacato medici italiani -. Il nuovo Codice deontologico dei
medici è appena nato, ma è già vecchio ed è la fotografia di una categoria che subisce le sfide della
modernità, rifugiandosi su posizioni difensive e conservatrici. Lo dimostra anche l'ampia maggioranza che lo
ha approvato, espressione di un sistema ordinistico che fa fatica sia a difendere i camici bianchi che a
proporsi come bastione della tutela del diritto alla salute dei cittadini. Ma come è possibile che nessuno si
preoccupi di verificare la percezione e il gradimento che hanno gli italiani delle nostre istituzioni locali e
nazionali?».
Interessi e Lobby
Tre le maggiori obiezioni, rimane irrisolto il nodo del conflitto di interessi. «Il Codice non interviene sul tema
del rapporto tra le istituzioni mediche e la politica - continua Calì -. Nonostante non si faccia (a parole) altro
che denunciare l'invadenza della partitocrazia nel governo della sanità pubblica e delle Asl, assistiamo,
invece, a processi emulativi preoccupanti: non diamo il buon esempio e pecchiamo di collateralismo. Non è
possibile che un presidente di Ordine sia anche parlamentare, la rappresentanza istituzionale non si può
identificare con nessun partito o schieramento. Per fare bene lobby, i ruoli devono essere distinti. Ma questo
problema riguarda anche la gestione dell'ente previdenziale (che ha appena riformato con molti punti
fortemente critici, appunto, il proprio statuto): un presidente di Ordine non può concentrare più ruoli, come
essere anche componente del consiglio di amministrazione dell'Enpam o della direzione di fondazioni
immobiliari».
Una posizione che chiama ancora in causa Bianco (senatore del Pd): «Si tratta di polemiche strumentali afferma il presidente -. I consigli nazionali non devono fare lobby, devono agire nell'interesse dei cittadini,
della collettività e della categoria. Devono essere controllori e garanti della professionalità e della deontologia.
Ma si tratta di valori che chi fa polemica forse neanche conosce».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Medici Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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Riforme Tra i punti in discussione la molteplicità degli incarichi
31/05/2014
Osservatore Romano
Pag. 3
(tiratura:60000)
FREETOWN , 30. Quattro decessi ieri per la febbre emorragica provocata dal virus ebola in Sierra Leone,
nella zona di Kailahum, e l'accertamento di nuovi casi di contagio in Guinea, dove la nuova epidemia si era
manifestata nei mesi scorsi, confermano una situazione di persistente pericolosità. Secondo l'O
rganizzazione mondiale della Sanità (Oms), la situazione è ben diversa da quella annunciata alcune
settimane fa dalle autorità della Guinea, secondo le quali l'epidemia era ormai sotto controllo. Per il dottor
Pierre Formenty, esperto dell'Oms appena rientrato dalla Guinea, «si registrano invece altri casi e l'ebola si
sta espandendo geograficamente». Questa settimana due nuovi casi sono stati segnalati a Conakry, mentre
nei distretti settentrionali di Telimele e Boffa, mai colpiti prima dall'epidemia, test di laboratori hanno
confermato una decina di vittime. Altri casi sospetti si sono manifestati nei distretti di Boke e Dubreka, vicini
alla capitale. In base all'ultimo bilancio diffuso dell'Oms, in tutto sono stati documentati 281 casi clinici di
ebola, con 185 morti accertati in Guinea dallo scorso febbraio e 11 in Liberia, prima dei quattro in Sierra
Leone.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
64
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L'epidemia di ebola non ancora fermata
31/05/2014
Osservatore Romano
Pag. 6
(tiratura:60000)
Missionarie coraggiose
LUCETTA SCARAFFIA
Madre Barbara Staley è stata eletta nona superiora generale delle missionarie del Sacro Cuore di Gesù,
fondate da Francesca Saverio Cabrini, la santa proclamata patrona degli emigranti nel 1950. Nata a Buffalo
(New York) l'8 gennaio 1958, laureata in scienze sociali alla New York University, madre Barbara è un
esempio vero e forte di missionaria: dopo un primo apostolato in alcune comunità del Guatemala per lo
sviluppo e la promozione umana, ha lavorato con gli immigrati clandestini a Chicago, ma soprattutto per dieci
anni è stata al servizio dei malati di Aids, di tubercolosi e degli orfani, vittime di queste pandemie, ospitati
nella missione di Saint Philip nello Swaziland. È stata un'esp erienza eroica e coraggiosa quella di madre
Barbara: con il solo aiuto di un'altra missionaria, suor Diane, ha combattuto per anni contro l'epidemia di Aids
in un Paese che è al primo posto nel mondo per l'infezione da Hiv, cercando di contrastarne la diffusione, di
curare i malati e soprattutto di seguire la schiera di orfani che rischiavano di morire perché nessuno se ne
occupava. L'epidemia infatti ha distrutto tutte le forme tradizionali di aiuto comunitario, che non hanno retto
alla vertiginosa serie di morti, al punto che i bambini - spesso anch'essi malati - si trovavano a lottare da soli
per la sopravvivenza. La missione doveva così allevare bambini senza genitori e tutti dicevano alle
missionarie che il problema era impossibile da risolvere, senza sapere che sono donne preparate a non
arrendersi mai, soprattutto quando la gente muore davanti a loro. Ogni giorno dovevano trovare il cibo per i
bambini dell'orfanotrofio in crescita costante, dovevano assistere i malati girando con un vecchio e malandato
furgone per tutto il Paese, cercando di convincerli a fare l'analisi del sangue e a prendere le medicine,
quando c'erano. Barbara ha pianto per la morte di bambini che non si potevano curare - all'Aids si
aggiungeva quasi sempre la tubercolosi e i corpi denutriti non potevano opporre resistenza - e che erano
amati uno per uno. La religiosa ha anche cercato di cambiare la cultura tradizionale per la quale il sesso è un
diritto insindacabile degli uomini, cultura che è all'origine della diffusione incontrollata del virus. La loro
missione non era di convertire, ma di assistere con l'amore cristiano questo popolo sofferente che conosceva
Gesù attraverso i loro occhi e le loro mani pietose. A raccontare la vicenda di questa eroica missione è stato,
nel libro Love and Death in the Kingdom of Swaziland (New London Librarium, 2012), un laico, Glenn Alan
Cheney, che ha vissuto con le due suore, assistendo alle loro lotte quotidiane con i serpenti velenosi, alla
generosità dimostrata nell'esaudire un ultimo desiderio di un moribondo anche se costava tempo e denaro:
«Semplicemente - scrive Cheney - dispensavano amore come meglio potevano e nella speranza che la gente
avrebbe capito che quel tipo cristiano di amore poteva sconfiggere la malattia prodotta dal tipo di amore degli
Swazi». Le due missionarie sono riuscite così a far costruire un sistema decente di irrigazione, ad ampliare
l'ambulatorio medico (arrivato a trattare fino a ottocento malati al giorno) e il direttore dell'O rganizzazione
mondiale della sanità che opera nello Swaziland sostiene che il Cabrini Ministries è un modello per il resto del
Paese proprio per il suo programma originale, che tiene insieme diagnosi, cura ed educazione seguendo
attivamente i pazienti, uno per uno, secondo il motto della missione («Ripristinare la vita, riaccendere la
speranza»). Arrivando dalla difficile missione nello Swaziland alla guida della congregazione, madre Staley
saprà portare coraggio ed entusiasmo, amore e tenacia, non solo alle cabriniane. È senza dubbio una di
quelle donne che dovrebbero essere ascoltate quando viene pensato il futuro della Chiesa. E altrettanto si
può dire della nuova assistente generale per l'Europa, madre Maria Regina Canale, da vent'anni responsabile
di una coraggiosa missione a Dubbo, nel sud dell'Etiopia. Con l'elezione di madre Barbara e di madre Maria
Regina le cabriniane riportano con forza l'attenzione - tante volte richiamata da Papa Francesco - sulle
periferie del mondo e sui più deboli, linea portante del loro programma futuro.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Barbara Staley eletta superiora generale delle cabriniane
31/05/2014
Gente - N.23 - 10 giugno 2014
Pag. 52
(diffusione:372741, tiratura:488629)
Bisturi under 18
«si interviene solo in cAso di GrAvi pAtoloGie», dicono i medici. mA Anche per le orecchie A sventolA.
spieGA lo psichiAtrA: «l'imperAtivo è uno: piAcere»
Alessandra Gavazzi
Quando lo specchio diventa un nemico, si possono scegliere tante strade. Si può far finta di niente o cercare
di migliorarsi. Ma si può anche cambiare radicalmente. Passando dalla sala operatoria, dalle mani del
chirurgo estetico. È successo a 956.483 pazienti solo l'anno scorso in Italia. Compresi, dice l'Associazione
italiana di Chirurgia Plastica Estetica, a 2.603 minorenni. Le richieste, a dire il vero, erano state quasi il
doppio. E fa impressione leggere che tra chi si è sottoposto a un intervento ci siano state 106 liposuzioni,
equamente distribuite tra maschi e femmine. Adolescenti che non si piacciono, per usare un eufemismo, ma
anche bambini appena in età scolare sui quali vengono corrette per lo più le orecchie a sventola. Considerate
un difetto imperdonabile, da risolvere nel più drastico dei modi e il prima possibile. «In realtà, si tratta di un
problema importante per il bambino», spiega il professor Mario Pelle Ceravolo, presidente della Associazione
italiana di Chirurgia Plastica Estetica. «Correggerlo significa evitargli anni di prese in giro da parte degli
amichetti, risparmiargli magari un'infanzia problematica». Sì, ma con un intervento chirurgico. «Si fa in
anestesia locale, se non ci sono complicazioni in tre giorni si esce dall'ospedale», continua il medico. «In
Italia è un intervento effettuato ancora troppo poco», interviene il chirurgo plastico Roy De Vita, «in Inghilterra
si effettua addirittura prima dell'inizio delle elementari, a 5 anni, in modo da eliminare del tutto il problema
delle prese in giro dei compagni». Insomma, il successo sociale garantito dal bisturi. «Ma sono i genitori a
temere l'esclusione sociale del figlio», ragiona Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e anima del centro di
studi Il Minotauro, dedicato al disagio degli adolescenti. «Perché il bambino deve essere felice e per esserlo
oggi deve essere piacevole, popolare, di successo. Quindi bello, prima che bravo, di talento, o
semplicemente buono». C'è da dire che una richiesta su due viene bocciata dallo stesso specialista. «Se la
richiesta è di un intervento di pura estetica su un ragazzino», spiega Roy De Vita, «la mia tendenza è rinviarlo
il più possibile. In alcuni casi, sarebbe opportuno ci fosse un affiancamento psicologico che però di solito i
pazienti non accettano volentieri. Temono di essere considerati "poco stabili"». Concorda il professor Pelle
Ceravolo: «Il filtro lo deve fare il chirurgo. A un occhio allenato, se nel paziente c'è un disagio psichico è
abbastanza evidente. Il problema non è se fare o meno l'intervento». E a tal proposito, ricorda un episodio:
«Una madre mi portò in studio la ragazza appena adolescente perché a suo dire era bruttina. Disse proprio
così, davanti a lei. È chiaro che un genitore che si comporta in questo modo va arginato». Senza
naturalmente mandare in sala operatoria la figliola. «Io divento aggressivo con questo tipo di adulti», ammette
De Vita, «in quei casi, pochi per fortuna, bisogna parlare da soli con il ragazzo. Di solito, è immensamente più
sensato». Anche perché la chirurgia estetica è affare serio. «Bisogna ricordarsi che un intervento estetico
deve essere comunque terapeutico: non risolve un problema funzionale, ma un disagio psicologico forte».
Tanto forte soprattutto se si tratta di intervenire su veri disturbi. «Quando si parla di liposuzione sugli
adolescenti», spiega il professor Pelle Ceravolo, «si allude alla lipodistrofia, ovvero al considerevole
accumulo di grasso in una zona definita del corpo. Non si tratta di perdere qualche chilo o fare ginnastica,
cosa che comunque consigliamo, ma è una vera e propria malattia». In quel caso, continua lo specialista,
«non c'è grossa differenza tra intervenire a 16 anni o a 18 compiuti. Anche perché se in un adulto il problema
estetico può causare un disagio relazionale, figuriamoci nell'adolescente». Lo stesso vale per la
gigantomastia, ovvero un seno cresciuto fuori proporzione. «Può creare patologie alla colonna vertebrale
perché oltre al peso delle mammelle, la ragazzina di solito si vergogna e tende a ingobbirsi per nascondere il
petto. Comunque, solo se il problema è davvero grave si interviene subito». Altrimenti si attende. Come per
l'intervento opposto, ovvero la mastoplasica additiva: in Italia dal 2012 è vietato rifare il seno alle minorenni.
Ci è voluta una legge, però, sintomo che in quel campo c'era un Far West da regolamentare. Sintomo di un
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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inchiesta/ l'escalation di ritocchini sui giovanissimi: perché?
31/05/2014
Gente - N.23 - 10 giugno 2014
Pag. 52
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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altro disagio, ben più profondo. «La chiamiamo "bruttezza immaginaria"», spiega Charmet. «C'è un'enfasi
eccessiva su una parte del corpo alla quale si attribuisce tutto ciò che non funziona nella propria vita». Come
dire: non ho un fidanzato? È perché ho il sedere grosso, facendo la liposuzione tutto si risolverà. Oppure, gli
amici mi prendono in giro? Be', modificando quella gobba sul naso tutti mi vorranno bene. «È chiaro che
questi ragazzi sono figli di una società narcisistica che vede nel corpo la fonte della felicità. A differenza del
passato, nel quale il corpo era l'origine del peccato, dopo la liberazione sessuale l'aspetto è tutto». Adulti e
media, c'è da dirlo, ci mettono del loro. «Dalla pre-adolescenza in poi, il ragazzo si affaccia alla vita avido di
modelli». E capisce al volo che deve farsi carico del proprio corpo. Abbellirlo, allenarlo, vestirlo come si deve.
«In quel momento, il corpo è più importante della mente perché è il veicolo con cui si comunica tutto di sé».
Piacere diventa fondamentale. «Il mondo adulto non aiuta a far capire che il bello è altro ed è naturale che si
inseguano gli ideali persecutori proposti dai media». Persecutori? «Li vede i cartelloni pubblicitari dei costumi
da bagno sparsi in queste settimane nelle nostre città? È chiaro che nessuna donna può essere uguale alla
modella che oltre a essere bella di suo è anche "aiutata" dal fotografo, dalle luci, dai programmi di grafica. Ma
su un'adolescente l'impatto è mostruoso, la rincorsa a quell'ideale diventa forsennata quanto inutile». Se va
bene, la corsa finisce in palestra. Se no, sul lettino del chirurgo. Alessandra Gavazzi
25,4% i pAzienti trA i 19 e i 34 Anni
le richieste per interventi su minorenni nel 2013 in italia
5.100 2.603
gli interventi realmente effettuati (106 liposuzioni)
quanti gli interventi estetici in italia?
2011 872.865 2012 924.465 2013 956.483 L'aumento è lento ma costante grazie agli interventi che oggi sono
meno invasivi
Foto: Gustavo charmet
Foto: roy de vita
Foto: mario pelle ceravolo
Foto: psichiAtrA
Foto: chirurGo plAstico
Foto: chirurGo estetico
Foto: tormentati dall'angoscia di essere "brutti" una giovane si guarda allo specchio, preoccupata del proprio
aspetto. «ogni intervento estetico è anche terapeutico perché sana un disagio psicologico», dice roy de vita.
«ma, nel caso degli adolescenti, è sempre preferibile temporeggiare». miss... senza una ruga una reginetta di
bellezza con il viso fasciato dopo un lifting: «i genitori spingono alla bellezza perché temono l'esclusione
sociale dei figli», dice lo psichiatra charmet.
Foto: pIccOLa, OpERatI! tE LO DIcE MaMMa Sarah Burge, 53 anni, la cosiddetta "Barbie umana", con la
figlia poppy e il buono che le ha regalato per i suoi 7 anni: un voucher da 20 mila dollari per quando sarà
maggiorenne. Sarah ha un'altra figlia, Hanna, alla quale ha personalmente iniettato il botox quando aveva 15
anni. Un'ossessione estetica che mette i brividi.
Foto: «vedono nel corpo la fonte di felicità», dice lo psichiatra
Foto: MANIACI DELLA LINEA Il medico misura la percentuale di grasso corporeo in un paziente.
30/05/2014
Innovazione PA - N.4 - mar/apr 2014
Pag. 11
(diffusione:20000, tiratura:20000)
Big Data, opportunità per l'healthcare
Per analizzare l'impatto che i Big Data avranno nel settore della Sanità, EMC ha commissionato a MeryTalk,
un'associazione americana pubblico-privata fecalizzata sul miglioramento dell'e-government, lo studio The
Big Data Cure', presentandone, lo scorso marzo, i risultati. Il report evidenzia, in particolare, come le
tecnologie emergenti, incluso mHealth (utilizzo dei device mobile e wireless per migliorare i servizi e la ricerca
sanitaria) e Machine-to-Machine (tecnologie utilizzate per raccogliere, monitorare e memorizzare i dati
sanitari senza intervento umano) alimenteranno questo cambiamento. / risultati in percentuale II 63% dei
dirigenti sanitari intervistati afferma che i Big Data aiuteranno a monitorare e gestire più efficacemente la
salute della popolazione, mentre il 60% ritiene che aumenteranno la capacità di fornire cure preventive. Più
della metà degli intervistati, il 59%, dichiara che il raggiungimento dei propri obiettivi, nei prossimi cinque
anni, dipenderà dai saper massimizzare con successo i Big Data. Lo studio sottolinea, inoltre, che le agenzie
federali intervistate guardano con molto interesse al mondo dei Big Data; una su tre afferma di aver lanciato
almeno una iniziativa: in particolare, il 35% dichiara di utilizzarli per migliorare la cura dei pazienti, il 31% per
ridurre i costi di assistenza, il 28% per migliorare i risultati ottenuti e il 22% per aumentare le diagnosi precoci.
Ancora scarsi gli investimenti Non tutte le organizzazioni però si trovano nella stessa condizione: meno di una
su cinque dichiara, infatti, di essere pronta a lavorare con le tecnologie abilitanti per i Big Data; pochi hanno
investito in sistemi IT/soluzioni per ottimizzare il data processing (34%), preparato il personale IT a gestirli e
analizzarli (29%) o a sensibilizzato il management rispetto alla tematica(29%). Rispetto alle tecnologie M2M,
il 15% degli intervistati dichiara di averle implementate e il 53% prevede di farlo nei prossimi due anni. La
sfida della privacy Esiste però una sfida da affrontare: la protezione dei dati dei pazienti. Nonostante questo,
nove intervistati su 10 giudicano positivamente l'impatto che queste tecnologie avranno nel settore
healthcare. Marco Fanizzi, Amministratore Delegato e Direttore Generale di EMC Italia, ha dichiarato: "/ dati
emersi da questo studio americano, Paese da sempre in grado di anticipare le nuove tendenze tecnologiche
rispetto al resto del mondo, fanno riflettere sul futuro che l'utilizzo di tecnologie per la gestione dei Big Data in
ambito sanitario potrebbe avere anche in Italia. Nel nostro Paese, il tema dell'efficienza nel campo della
Sanità è cruciale, ma non solo. Sono convinto che l'ìmplementazione di iniziative legate ai Big Data in tale
ambito potrebbe aiutare significativamente le Aziende ospedaliere e gli Istituti di Ricerca ad intervenire
efficacemente nello studio e nella cura di patologie croniche, con l'obiettivo di migliorare la qualità del servìzio
sanitario nazionale apportando notevoli e concreti benefici ai cittadini".
Foto: Marco Fanizzi - A. D. di EMC
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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NEWS / EVENTI E TENDENZE / RISULTATI DELLO STUDIO MERITALK COMMISSIONATO DA EMC
30/05/2014
Innovazione PA - N.4 - mar/apr 2014
Pag. 12
(diffusione:20000, tiratura:20000)
La rete wireless ali'Asl di Foggia
Per dare connettività alle strutture ospedaliere limitrofe
In un territorio vasto come la zona del Tavoliere Pugliese e difficile come il Promontorio del Gargano, la
comunicazione tra strutture dislocate in diversi luoghi, facenti capo ad un unico ente, è difficile, seppur
estremamente necessaria. L'Azienda Sanitaria Locale di Foggia, costituita dall'Ospedale di San Severo e da
Poliambulatori situati nei territori di Vico del Gargano, Serracapriola, Torremaggiore, necessitava di mettere in
condivisione i documenti sanitari al fine di avere responsi medici più veloci, evitando perdite economiche e di
tempo per lo spostamento fisico dei documenti. Questa problematica ha spinto l'ASL di Foggia a chiedere a
T1A Networks, azienda che opera nella progettazione e realizzazione di sistemi integrati per
Telecomunicazioni, di progettare l'impianto per la trasmissione di dati tra gli enti sanitari. il nuovo impianto TIA
Networks ha progettato un impianto costituito da Nebula N2458 0.03 di Fly Communications, Bridge con
antenna integrata con guadagno di 22dBi, sulla frequenza dei 5GHz. La connessione wireless ha permesso
un trasporto di banda superiore, da 512 Kbps di banda minima garantita a circa 12-18 Mbps con l'architettura
Hiperlan. Obiettivi raggiunti Aver portato la rete wireless permette all'intera zona di giovare di questa
installazione, ampliando la rete ad altri servizi sanitari. Il medico che scrive i responsi radiologici, all'Ospedale
di San Severo, utilizza il collegamento wireless con ì Poliambulatori. Questo permette lo scambio di immagini
hd e dei referti in tempi più rapidi. "Grazie ai nuovo impianto, i\ servizio radiologico deìYASL di Foggia è
decisamente più efficiente e veloce. Prima i tempi d'attesa per avere i referti erano lunghi poiché il Medico
addetto alle diagnosi è solo all'Ospedale di San Severo. Ora, con il collegamento wireless, oltre ai tempi,
anche il piano economico ha trovato giovamento. E potremo dare seguito ad altri progetti di gestione
sanitaria, come il Pronto Soccorso e il CUP, Centro Unico di Prenotazione", spiega l'Ing. Attilio Marrfrini,
Direttore Generale dell'area tecnica della ASL di Foggia. Giuseppe Fìlannino, di TIA Networks, spiega: "Prima
i collegamenti con il CED, Centro Elaborazione Dati, erano garantiti da una rete ISDN e nessun gestore
telefonico assicurava un accesso a banda larga. Grazie alla rete wireless realizzata precedentemente con
apparati Nebula, siamo riusciti a implementare l'infrastruttura installando Nebula Access Point NWAPGIGA300AN-CON-MIMO per collegare il Poliambulatorio di Rodi e l'Ospedale di Lucera, mentre per il
Poliambulatorio di Peschici abbiamo realizzato un ponte radio con Nebula Bridge NWCLBR-300AN-26".
Impianto trasmissione dati tra enti sanitari
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 02/06/2014
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NEWS / EVENTI E TENDENZE / AMPLIATA L'INFRASTRUTTURA CON NEBULA D» FLY
COMMUNICATIONS

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