scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 08 maggio 2014
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
08/05/2014 Corriere della Sera - Milano
Alfieri: sanità, la nuova riforma è la prova del flop di Formigoni
6
08/05/2014 Corriere della Sera - Milano
Le dieci regole per la prevenzione
8
08/05/2014 Il Sole 24 Ore
Sistemi robotizzati ROWA per farmacie e ospedali
9
08/05/2014 La Repubblica - Bari
Nella giungla di pediatria "Bambini come pacchi"
10
08/05/2014 La Repubblica - Bari
Visitano negli ospedali ma con tariffe private ecco la truffa dei medici
12
08/05/2014 La Repubblica - Nazionale
Creata la prima vita artificiale batterio replica il super Dna
13
08/05/2014 La Repubblica - Nazionale
Così sono entrato nel futuro
15
08/05/2014 La Repubblica - Milano
Pd: "Demolito il modello sanità di Formigoni"
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08/05/2014 La Repubblica - Torino
"Dai fondi dell'Europa alla questione lavoro Le mie quattro priorità"
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08/05/2014 La Stampa - Nazionale
La farmacia come non l'avete mai vista
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08/05/2014 La Stampa - Nazionale
Omeopatia, un sogno possibile se i diritti dei consumatori sono tutelati
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08/05/2014 La Stampa - Torino
Morta dopo l'intervento, 5 indagati
24
08/05/2014 Il Messaggero - Ancona
Ospedale pieno, paziente muore Non c'e' una stanza per isolarlo
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08/05/2014 Il Giornale - Milano
Brega Massone: «Ergastolo senza prove»
26
08/05/2014 QN - Il Resto del Carlino - Ancona
«Torrette non è il top, ma è meglio che qui»
28
08/05/2014 Avvenire - Nazionale
Tutti i dubbi della scienza sull'eutanasia legalizzata
29
08/05/2014 Avvenire - Nazionale
Dona all'ospedale ha 5 anni: premiata
31
08/05/2014 Avvenire - Milano
Si cerca riforma condivisa
32
08/05/2014 Avvenire - Nazionale
Over 75, l'assistenza che funziona
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08/05/2014 Avvenire - Nazionale
Fine vita ed eutanasia: l'Europa chiede cure Ma non dice di no
34
08/05/2014 Il Gazzettino - Venezia
Musica, un sostegno alle cure dei malati
35
08/05/2014 Libero - Nazionale
Nella Thailandia dei Travaglio i governi li fa il giudice
36
08/05/2014 Libero - Nazionale
Truffa da 6 milioni Denunciati 48 medici
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08/05/2014 Libero - Nazionale
«La Lombardia non doveva reclutare medici per Stamina»
38
08/05/2014 Il Tempo - Roma
Lite tra fratelli inizia in casa prosegue al pronto soccorso
39
08/05/2014 L Unita - Nazionale
Droghe, rivolta contro la nomina di Giovanardi
40
08/05/2014 L Unita - Nazionale
Marina Militare: «Nessun rischio di malattie»
41
08/05/2014 La Padania - Nazionale
Operazioni al cuore, Vicenza batte gli Usa in quantità e qualità
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08/05/2014 Il Salvagente
Nasce la Slow medicine contro cure e farmaci inutili
43
08/05/2014 Il Salvagente
SE IN NOME DELLA PREVENZIONE SI RISCHIA DI FARE D'ANNI
44
08/05/2014 Il Salvagente
E IN GRAVIDANZA FARE MENO, SPESSO È FARE MEGLIO
46
08/05/2014 Panorama
Le cicatrici che accelerano il tumore
47
08/05/2014 Panorama
I vegetariani sono più malaticci?
48
08/05/2014 Panorama
i paradisi dove vivere low cost
49
08/05/2014 Il Fatto Quotidiano
Formigoni ci prova: "Contro di me un iter del tutto anomalo"
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08/05/2014 La Notizia Giornale
Trattenevano i soldi che spettavano al Servizio sanitario
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08/05/2014 Osservatore Romano
Non è solo una soluzione medica
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
37 articoli
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Corriere della Sera - Milano
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Il dibattito Il segretario lombardo dei democratici: ora serve un passo ulteriore, un solo assessorato per le
politiche socio-sanitarie
Alfieri: sanità, la nuova riforma è la prova del flop di Formigoni
Il Pd: Mantovani si sta avvicinando alle nostre posizioni
Simona Ravizza
Prove di dialogo. Il giorno dopo le prime indiscrezioni sulla riforma della Sanità targata Mario Mantovani
(Forza Italia), il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri rilancia: «Apprendiamo con soddisfazione che
anche il centrodestra sta arrivando sulle nostre posizioni - dice -. Viene sancito il fallimento del modello
formigoniano difeso per vent'anni da Lega, Forza Italia e Nuovo centro destra. Noi siamo pronti a collaborare,
la proposta di Mantovani riprende idee che noi sosteniamo da anni».
In gioco c'è il superamento della separazione tra ospedale e cure territoriali e la scomparsa delle Asl. Con un
sistema sanitario destinato a diventare meno ospedalocentrico e più spostato sul territorio. L'idea
dell'assessore Mario Mantovani è di fare nascere Aziende sanitarie integrate, che per la prima volta
metteranno insieme sotto lo stesso cappello tutti gli attori della filiera sanitaria: quelli che offrono cure
ambulatoriali (medico di famiglia), ospedaliere, sociosanitarie, di riabilitazione e per malati cronici.
Ebbene, anche le linee guida del progetto di legge del Pd insistono sulla necessità di promuovere una stretta
collaborazione tra ospedale e territorio. Cambiano le sigle, ma il concetto è simile: le attuali Asl vengono
trasformate in Aziende socio-sanitarie territoriali sotto il cui tetto vanno a finire sia gli ospedali sia i presidi di
comunità (tipo case della salute). Per le nuove strutture sono previsti un unico bilancio e un'unica direzione
generale con evidente risparmio di soldi pubblici.
L'applicazione concreta di entrambe le riforme - quella targata Mantovani e quella del Pd - farebbe calare le
forbici sull'attuale mappa di Asl e ospedali per accorparli sotto nuove sigle e farebbe diminuire il numero di
direttori generali.
Ma la riforma proposta dal Pd si spinge oltre. «È necessario fare saltare la divisione tra sanità e sociale,
accorpando i due assessorati, il budget e le scelte, con un'unica programmazione che tenga conto dell'offerta
complessiva di cure», spiega il consigliere Carlo Borghetti, capogruppo Pd in Commissione Sanità: «La
continuità delle cure si ottiene solo integrando sanità e sociale». Insiste Sara Valmaggi: «È una questione di
attenzione ai bisogni dei cittadini che sapranno finalmente a chi rivolgersi nel momento del bisogno e della
scelta delle cure. Per questo motivo è importante anche coinvolgere i Comuni che devono avere voce in
capitolo sulla programmazione sanitaria». Quattro, in sintesi, gli slogan della riforma del Pd: collaborazione
ospedale-territorio; integrazione tra sociale, sociosanitario, sanitario; riconoscimento di un ruolo ai Comuni e
una risposta migliore ai problemi dei malati cronici.
I progetti di legge della maggioranza di centrodestra e del Pd sono destinati a camminare parallelamente. Per
quello della maggioranza, ovviamente, è prevista la delibera di giunta che farà avviare il dibattito in
commissione sanità e poi in consiglio regionale. Lì dovranno essere analizzate anche le proposte del Pd.
E i tempi? La delibera di giunta è attesa entro il 25 maggio, data delle elezioni europee. Del resto, uno dei leit
motiv della campagna elettorale per le Regionali del febbraio 2013 - sull'onda degli scandali del San Raffaele
e della Maugeri - era stata proprio la riforma della Sanità. Meglio, dunque, presentarsi agli elettori con in
mano il segnale del cambiamento in un settore che vale oltre 17 miliardi di euro, pari al 75% dell'intero
bilancio del Pirellone.
E sul tema della riforma sanitaria interviene anche il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo.
«Condivido la necessità di una riforma complessiva della sanità lombarda. Credo che, però, si possa
procedere subito, come richiesto in una mozione approvata martedì dal consiglio regionale, all'effettuazione
delle prestazioni ambulatoriali e radiologiche nelle ore serali e nel fine-settimana. Si tratta di un'esigenza
molto avvertita dalla maggioranza dei cittadini e dei pazienti, che in questo modo potrebbero sottoporsi agli
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Corriere della Sera - Milano
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esami senza perdere giornate di lavoro. Seguendo l'esempio del Veneto». E gli elettori è sempre meglio
accontentarli.
SimonaRavizza
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La nuova legge La svolta Lega-Fi
È stata messa nero su bianco la riforma della Sanità targata Mario Mantovani (Forza Italia). In gioco c'è il
superamento della separazione tra ospedale e cure territoriali e la scomparsa delle Asl. Con un sistema
sanitario destinato a diventare meno ospedalocentrico e più spostato sul territorio.
La proposta Pd
Di ieri la presentazione del progetto di legge del Pd. Quattro i punti centrali: collaborazione ospedaleterritorio; integrazione tra sanità e sociale; ruolo ai Comuni e più attenzione ai malati cronici.
Foto: Segretario Alessandro Alfieri, 42 anni, segretario del Pd lombardo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Corriere della Sera - Milano
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Aria di salute
Le dieci regole per la prevenzione
Sergio Harari
È di questi giorni l'allarme lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità sui germi resistenti agli
antibiotici: «Una emergenza reale già in atto in tutte le regioni del globo».
Il problema esiste anche in Italia e in Lombardia, ecco allora alcune regole generali per una attenta
prevenzione e un uso appropriato degli antibiotici.
1) Lavarsi sempre le mani quando si entra in contatto con qualcuno ammalato o quando si rientra da ambienti
«sporchi» (luoghi pubblici, tram, eccetera).
2) Se si tossisce o starnutisce proteggere bocca e naso con la mano: oltre a essere buona educazione aiuta
a diffondere meno virus e batteri.
3) L'uso dei fazzoletti di carta al posto di quelli di stoffa aiuta a evitare contaminazioni.
4) Iniziare una terapia antibiotica solo su indicazione medica.
5) Quando si inizia una cura antibiotica seguire accuratamente le prescrizioni e non ridurre da soli i dosaggi o
la durata.
6) Attendere almeno tre giorni prima di valutare l'efficacia di un antibiotico, prima non ha avuto il tempo di
agire.
7) Non cambiare continuamente antibiotici, se uno funziona usare quello.
8) I vaccini preventivi funzionano, ad esempio quello pneumococcico; ne parli con il suo medico.
9) Le sindromi influenzali passano da sole grazie alle difese del nostro organismo, gli antibiotici vanno assunti
solo in caso di complicanze.
10) I cosiddetti immunostimolanti, polivitaminici e integratori non servono a prevenire o a curare più
rapidamente le infezioni.
[email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Il Sole 24 Ore
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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08/05/2014
La Repubblica - Bari
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
Nella giungla di pediatria "Bambini come pacchi"
ANTONELLO CASSANO
BAMBINI sballottati su e giù tra Policlinico e Giovanni XXIII per eseguire una Taco una risonanza magnetica.
Neonati trasferiti in tutta fretta da un reparto all'altro dei due ospedali. Ambulanze che trasportano i piccoli
pazienti e si ritrovano coinvolte in incidenti nel traffico cittadino. L'assistenza ospedaliera pediatrica
dell'azienda ospedaliero-universitaria barese, che raggruppa Policlinico e il cosiddetto Ospedaletto, è nel
pieno caos. In difficoltà soprattutto il Giovanni XXIII.
Doveva essere il Gaslini del Sud e invece si presenta ancora come un ospedale dimezzato, una speranza
non completamente realizzata. È quanto denuncia la Cgil Medici di Puglia che in un comunicato infuocato
inviato all'assessorato regionale alla Sanità e al direttore generale del Policlinico oltre che alla Corte dei
Conti, mette nero su bianco tutte le storture di quello che sarebbe dovuto diventare il polo pediatrico della
città. «Ora basta - denuncia il segretario Cgil, Antonio Mazzarella - non ne possiamo più di vedere pazienti
neonati trasportati da un ospedale all'altro». < PAGINA MEDICIe infermieri sono costrettia un via vai tra i vari
reparti dell'azienda ospedaliera. Unità operative come neonatologia e oncoematologia pediatrica, a differenza
degli altri reparti pediatrici trasferito al Giovanni XXIII, si ritrovano ancora all'interno del Policlinico. Che ne è
stato del Polo Materno infantile, del cosiddetto Gaslini del Sud?».
Il caos crea disagi a pazienti e operatori.
Neonati o bambini con esigenze mediche o chirurgiche di alta specialità provenienti da tutta la regione e a
volte dallo stesso ospedaletto, vengono ricoverati nelle chirurgie per adulti «in quegli stessi reparti in cui non
è nemmeno assicurato il ricovero per il genitore. Il vero problema - denuncia ancora Mazzarella - è che non
esiste una sala operatoria dedicata ai bambini». Il via vai dei pazienti è complicato già a partire dalla fase del
trasporto. Un mese fa un'ambulanza che faceva la spola tra i due ospedali è stata coinvolta in un incidente:
«Nell'ambulanza c'era un bambino - dice il sindacalista - fortunatamente non è stato ferito. Così non si può
andare avanti. Bisogna riorganizzare l'assistenza pediatrica».
I problemi dell'ospedaletto, secondo il sindacato, sono causati da «approssimazione, mancanza di scelte
lungimiranti, cedimento agli interessi di piccoli potentati all'interno della classe medica». Per questo la Cgil
chiede di rafforzare gli organici e di trasferire al Giovanni XXIII tutti quei reparti ancora allocati al Policlinico:
neonatologia, oncoematologia pediatrica, neuropsichiatria infantile, diagnostiche radiologichee clinica
ostetrica. Trasferimenti che però richiedono tempo. In attesa della riorganizzazione, il sindacato propone una
soluzione temporanea: la realizzazione di una piattaforma all'interno del Policlinico in cui sia accolta una sala
operatoria specialistica pediatrica e dedicata ai piccoli pazienti. Nel frattempo i problemi per l'ospedaletto
restano quelli di sempre. Alla carenza di personale che rischia di bloccare l'attività nelle sale operatorie,
nell'ultimo anno si è aggiunto anche un aumento dell'utenza. È Antonio Grisorio, segretario aziendale della
Cgil a descrivere la situazione all'interno del Pediatrico: «Le sale operatorie sono quasi bloccate, ormai si
opera solo d'urgenza. Non ci sono più anestesisti. Altro che polo d'eccellenza, qui la situazioneè catastroficae
nell'ultimo annoè addirittura peggiorata. C'è una grave carenza di personale non solo infermieristico, ma
anche medico. Almeno il 30 per cento della forza lavoro non c'è più. I dirigenti che vanno in pensione non
vengono sostituiti. Ortopedia e malattie infettive sono ormai in crisi profonda anche a causa dell'aumento
dell'utenza». I numeri sono impressionanti: soltanto il reparto di ortopedia effettua 8mila prestazioni all'anno
con un solo infermiere, mentre l'anno scorso ne faceva appena 4mila. Il punto di primo soccorso che prima si
trovava al Policlinico e effettuava 7mila prestazioni all'anno è stato chiuso. Ora tutta quell'utenza siè riversata
sul Giovanni XXIII che accoglie piccoli pazienti dalla regione, ma anche da Calabria, Basilicata e Campania.
A tutto questo si aggiunge la beffa delle ultime deroghe. «Nei mesi scorsi infatti, dopo i sacrifici del piano di
rientro, erano stati assunti 250 infermieri. Non li abbiamo neanche visti. O meglio, di questi 250 - dice ancora
Grisorio - oggi il saldo conta un aumento di 2 infermieri in tutto l'ospedaletto perché nel frattempo sono andati
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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LA DENUNCIA
08/05/2014
La Repubblica - Bari
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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in mobilità, presso altri ospedali, 248 infermieri».
Il direttore generale dell'azienda che raggruppa Policlinicoe Giovanni XXIII, smorza le polemiche e parla di
un problema temporaneo già risolto: «L'assenza simultanea di4 anestesisti del Pediatrico nel corso dell'ultimo
fine settimana ha creato qualche difficoltà di gestione dei pazienti complessi, per cui si è convenuto
prudenzialmente di trasferirli al Policlinico. Inconvenienti che succedono anche nei grossi ospedali di altre
regioni». Accuse respinte anche sul mancato completamento del Polo pediatrico: «Ci stiamo lavorando, ma
dobbiamo trasferire solo alcune funzioni di tipo ambulatoriale. Bacchette magiche non ce ne sono. Gli altri
reparti segnalati dal sindacato rimarranno all'interno del Policlinico per scelta aziendale. Abbiamo qualche
problema di carenza di organico, soprattutto per quanto riguarda tecnici di radiologia e infermieri. Siamo in
attesa delle deroghe per rinforzare i reparti. Ma ci tengo a ribadire che quanto successo nell'ultimo fine
settimana era imprevedibile. Alla fine l'organizzazione ha reagito bene».
08/05/2014
La Repubblica - Bari
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
Visitano negli ospedali ma con tariffe private ecco la truffa dei medici
I primi nove episodi sono stati scoperti dalla Finanza Indaga la procura. La Puglia in Italia seconda solo al
Lazio
GABRIELLA DE MATTEIS
ANCORA una volta il primato è negativo. La Puglia è al secondo posto (preceduta soltanto dal Lazio) per il
numero di medici che la guardia di finanza ha denunciato perché hanno violato le norme che disciplinano
l'attività di intramoenia. O almeno è quello che emerge da un progetto che le fiamme gialle hanno condotto,
sviluppando un'analisi di rischio preventiva sui dati forniti dalle strutture sanitarie pubbliche.
L'indagine ha riguardato i medici che fanno visite, erogano prestazioni in forma privata, ma senza
corrispondere, così come prevede la normativa, una parte del ricavato alle aziende pubbliche per le quali
lavorano. Così scorrendo i dati dell'attività investigativa condotta dalla guardia di finanza, si scopre come nel
Lazio i medici segnalati alla Corte dei Conti sono stati 14 per un danno erariale complessivo di quasi un
milione e quattrocentomila euro. La Puglia è seconda. Gli specialisti che ora dovranno fornire una
spiegazione alla magistratura contabile sono 9. E sei di loro sono stati denunciati anche alla procura per il
reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e di peculato. Ingente il danno che con il loro comportamento
hanno causato: 942mila euro i soldi che le aziende sanitarie non hanno incassato. «I comportamenti
censurati - spiegano gli investigatori - sono stati realizzati per lo più attraverso il mancato rispetto degli
obblighi di esclusività delle prestazioni da parte dei dirigenti medici pubblici, autorizzati alla pratica di attività
liberoprofessionale intramoenia, e l'indebito introito di somme che dovevano essere versate nelle casse della
struttura sanitaria pubblica». Tra i medici che sono stati denunciati c'è chi è in servizio all'Asl di Bari, all'Irccs
Ospedale Oncologico "Giovanni Paolo II" e al Policlinico.
E il risultato dell'indagine del nucleo Spesa Pubblica della guardia di finanza conferma un fenomeno che in
Puglia già altre inchieste avevano evidenziato. E per questo l'assessorato alla Sanità, nel settembre scorso,
ha avviato una due procedimenti disciplinari nei confronti di due primari, denunciati dalla guardia di finanza
perché non solo i due primari lavoravano anche negli studi privati, omettendo così come prevede il
regolamento, di versare una parte degli introiti alla Regione, ma anche di pagare le tasse. L'assessore Elena
Gentile ha più volte spiegato come comportamenti di questo tipo non saranno più tollerati. Ora i medici,
denunciati in questa indagine della guardia di finanza, saranno chiamati non soltanto dinanzi alla Corte dei
Conti e dinanzi ai giudici penali. Anche la Regione Puglia potrebbe chiedere loro i danni, costituendosi parte
civile in un eventuale processo.
Foto: VERIFICHE Proseguono gli accertamenti della Guardia di finanza sulle prestazioni nel regime di
intramoenia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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LA GIORNATA/Sanità
08/05/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Creata la prima vita artificiale batterio replica il super Dna
SILVIA BENCIVELLI
SILVIA BENCIVELLI Creata la prima vita artificiale batterio replica il super Dna L'ALFABETO della vita si
arricchisce di due nuove lettere. E da quattro basi, quelle con cui da sempre la natura scrive le istruzioni per
la vita nella doppia elica del Dna, passa a sei. Lo annuncia oggi la rivista Nature, che ai risultati della ricerca
di un gruppo di biologi americani dedica copertina e numerose pagine interne. Gli scienziati sono infatti
riusciti a costruire in laboratorio due basi del Dna del tutto artificiali, ma capaci di entrare in una cellula e di
comportarsi come le quattro naturali. Qui non si tratta di Dna artificiali scritti con le lettere di sempre, ma di
nuove lettere con cui scrivere parole tutte da inventare, che finora in natura non erano mai esistite.
Il Dna di tutti gli esseri viventi del nostro pianeta, dai batteri alle balene, è una lunga stringa di istruzioni
scritta con quattro lettere soltanto, tecnicamente chiamate basi, che per semplicità si abbreviano con A, T,Ce
G.
Queste istruzioni, cioè queste lunghe sfilze di ATC e G variamente alternate, servono a costruire le proteine:
proteine che fanno comunicare le cellule, che danno loro una certa struttura o una funzione piuttosto che
un'altra e così via. Sin dagli anni Sessanta si cerca di capire se sia possibile riprodurre in laboratorio un
sistema simile con l'obiettivo di aumentare la complessità dell'informazione genetica, quindi di scrivere
istruzioni per proteine nuove con cui costruire farmaci, materiali, tessuti e carburanti puliti che adesso non
possiamo nemmeno immaginare. Ma solo oggi ci siamo arrivati. O meglio: siamo arrivati a dimostrare che la
strada è buonae un altro alfabetoè possibile. La vera novità di questa ricerca non è tanto l'aver costruito
oggetti chimici similia quelli naturali presenti nel Dna, ma essere riuscitia ingannare una cellula fino a farle
ospitare l'alfabeto espanso della vita. Le due nuove lettere sono state infatti prima di tutto infilate in una
struttura di Dna circolare e vagabonda chiamata plasmide.
Questa, un cavallo di Troia della genetica,è stata fatto entrare in una cellula batterica: un semplicissimo
Escherichia coli di quelli che a milioni di miliardi abitano nel nostro intestino.
Qui il plasmide ha trovato enzimi e strutture cellulari abituate a maneggiare il solito Dna, che da miliardi di
anni operano sempre, piùo meno, nella stessa maniera. Ma non è successo niente di particolare. Anzi: il
pezzettino di Dna scritto coi caratteri nuovi è rimasto al suo posto ed è stato correttamente replicato, come
quello naturale.
Prima di porsi grandi obiettivi - e grandi, e ovvi, problemi di etica o di brevettabilità dei nuovi prodotti biologici
ma artificiali - spiegano cauti gli scienziati, ci vorrà tempo. «Siamo ancora alla ricerca delle leggi universali
della biologia - spiega Diego di Bernardo, dell'Istituto Telethon di geneticae medicina (Tigem) - che sono
ancora più complesse di quelle della fisica».
Ma più nel concreto si tratterà di diventare davvero capaci di costruire nuovi ingranaggi della macchina
cellulare. La strada dell'alfabeto espanso appare una delle più promettenti.
«I batteri artificiali costruiti finora hanno un Dna in quattro lettere che viene manipolato e ricostruito, per
esempio, per far loro produrre biocarburante.
Ma in questo modo si rendono più deboli, perché parte della cellula viene impegnata nel nuovo compito e
non può più assolvere ai suoi compiti normali», spiega di Bernardo. Con l'alfabeto espanso, invece, potremo
costruire batteri sani, che in più fanno quello che vogliamo: «come se parlassero due lingue, invece che una
sola». Non solo, questi pongono meno problemi di sicurezza: «Il fatto che si inseriscano due basi diverse da
ATC e G serve a garantire che i batteri che costruiremo in questa maniera non possano mescolarsi con quelli
naturali». E in più, essendo fatti da lettere artificiali, «la loro replicazione dipenderà da noi: dalla nostra
fornitura esterna di mattoncini della vita costruiti su misura». In questo modo, conclude di Bernardo, «potremo
mantenerne il pieno controllo».La ricerca
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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R2/ LA SCIENZA
08/05/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
In tutti gli organismi viventi, l'alfabeto del Dna è scritto con quattro lettere Gli scienziati sono riusciti a costruire
due nuove lettere artiÞciali (XY) Le lettere (basi azotate) sono state incorporate in un pezzo di Dna, e sono
state replicate da un batterio comune Questo batterio è il primo organismo nella storia della Terra a far
funzionare un Dna di 6 lettere invece che di 4 Le applicazioni Con un Dna a 6 lettere, si potranno produrre
proteine su misura fatte di molti più mattoni di quelli che usa oggi la natura. Con vari scopi: nuovi farmaci e
vaccini nuove possibilità per la diagnostica nuovi materiali nuove possibilità per la chimica verde nuove
etichette per l'anticontra!azione Le controversie Si dovrà decidere a chi appartengono i Dna artiÞciali e
quanto sia lecito intervenire sulla diversità biologica naturale
08/05/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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Così sono entrato nel futuro
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ENRICO FRANCESCHINI
HO VISTO il futuro. Anzi, ci sono entrato dentro. Cosa ho visto e dove sono veramente entrato, in effetti, è
opinabile: questione di sensazioni. Progetto Morfeo si chiama il casco che un tecnico della Sony mi ha infilato
sulla testa, trasportandomi nella realtà virtuale. Un'esperienza ludica. ALLE PAGINE 32 E 33 CON UN
ARTICOLO DI JAIME D'ALESSANDRO HO visto il futuro.
Anzi, ci sono entrato dentro.O almeno così mi è parso. Cosa ho visto e dove sono veramente entrato, in
effetti,è opinabile: questione di sensazioni. Potrei giurare di essere volato nello spazio, tra astronavi, missili e
meteoriti, e poi di essere disceso negli abissi, tra squali e pesci di ogni dimensione, ma potrei anche avere
sognato. "Project Morpheus", Progetto Morfeo, si chiama appropriatamente il casco che un tecnico della
Sony mi ha infilato sulla testa, trasportandomi un attimo dopo nel mondo magico della realtà virtuale.
Un'esperienza ludica, il cui obiettivo principale è rivoluzionare la maniera in cui si gioca ai videogames, visto
che a inventarlaè la società produttrice della Playstation, il gigante giapponese dell'intrattenimentoe
dell'elettronica. Ma già oggi le applicazioni di questo elmetto che si cala sugli occhi e ci conduce dovunque
vogliamo vanno ben oltre i videogiochi, aprendo nuove frontiere dall'istruzione scolastica alla terapia medica.
Ed è lecito credere che in un domani non troppo lontano, fra dieci anni, fra venti, indossando un copricapo
simile (e magari altri accessori dello stesso genere) potremo fare qualsiasi cosa, provare qualunque
emozione, senza muoverci dalla poltrona di casa: o magari dal letto di casa, perché così vestiti teoricamente
potremmo perfino fare l'amore (o credere di farlo). Siamo nei sotterranei di un albergo di Londra, "hip" come
si conviene a un'industria all'avanguardia della tecnologia: da fuori non sembra un hotel e nemmeno da
dentro, le toilette sono delle cellette rivestite di velluto con divani e mensole di fianco alla tazza del cesso.
Così si comincia a uscire dalla realtà reale, dal mondo a cui siamo abituati, ancora prima di iniziare
l'esperimento per cui la Sony ha invitato qui Repubblica e un gruppo di selezionati giornali da tutto il mondo.
Scendiamo nei sotterranei. Ed ecco, dentro una sala semibuia, tre fasci di luce: provengono dalle postazioni
di tre "demo", come si dice in gergo, tre videogiochi ancora allo stato di test dimostrativo. In apparenza,
niente di insolito, tre schermi, tre storie, tre manopole. Ma quando ti cali il casco sulla testa, tutto cambia. Non
sono più nei sotterranei dell'albergo.
Non sono più a Londra. Eccomi (demo numero uno: Eye Valkyrie) dentro un'astronave su una rampa di
lancio. Conto alla rovescia, dieci, nove, otto, eccetera, e boom, mi ritrovo nello spazio.
Basta premere un tasto per cambiare rotta e visuale. Meteoriti mi sfiorano, navicelle nemiche mi attaccano.
Rispondo al fuoco, viro, accelero...e finisco sfracellato contro un'altra astronave.
Demo numero due: "The Deep".
Questo casco mi sembra ancora più avanzato. Se mi piego, vedo le mie gambe che si piegano. Se indico
qualcosa, vedo il mio braccio che si agita. Se guardo in su vedo la superfice dell'acqua da cui evidentemente
mi sono appena tuffato. Se guardo in giù, vedo gli abissi. Sono dentro una gabbia protettrice. Posso sparare
razzi con una pistola per illuminare le tenebre delle profondità marine. Va tutto bene finché non arriva uno
squalo, sbatte il muso sulla gabbia, ne addenta un pezzo, se lo porta via, apre uno squarcio.E adesso?
Fortunatamente la dimostrazione finisce e passo alla successiva, "The Castle": un castello medievale. Un
tecnico mi mette in mano due lampadine colorate. Ma quando indosso l'elmetto virtuale, le lampadine
diventano una spada, uno scudo, un arco con le frecce: mi serviranno per affrontare un cavaliere avversario e
farlo a fette. Sempre che non sia lui ad affettare me.
Anche in qualsiasi videogioco tradizionale si può avere l'impressione di penetrare nella storia: questo è del
resto lo scopo di chi li crea. Ma con il casco del Progetto Morfeo l'impressione è molto più forte. Dopo il volo
nello spazio, ti senti lo stomaco in bocca come se ci fossi stato davvero. Dopo il tuffo negli abissi, ti gira la
testa e ti rintronano le orecchie. Dopo il duello medievale, bè, ti tasti per bene per controllare di essere ancora
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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R2 / IN VIAGGIO CON IL CASCO DELLA REALTÀ VIRTUALE
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La Repubblica - Ed. nazionale
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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tutto intero. «In ogni videogame lo schermo rappresenta un confine e con questo casco diventa possibile
varcarlo», spiega Simon Benson, coordinatore del settore realtà virtuale per la Sony. «Entri a far parte della
storia, con un'esperienza pienamente tridimensionale che coinvolge tutti i sensi». L'azienda giapponese non
rivela quando lancerà sul mercato il suo magico elmetto, «il più presto possibile», dice Benson, forse già
l'anno prossimo. È evidente il modo in cui potrà trasformare i videogiochi: sarà possibile giocare a calcio con
Ronaldo e Messi trovandosi con loro in mezzo al campo, combattere una guerra con un commando di forze
speciali muovendosi al loro fianco, guidare un bolide da corsa su un circuito sentendo le ruote che stridono
sull'asfalto. «Ma la realtà virtuale non trasformerà soltanto l'intrattenimento», osserva il coordinatore della
Sony.
«Potremo portare chiunque da qualunque parte del mondo, a visitare Venezia o la Torre Eiffel o l'Everest,
senza muoversi da casa. Sono già allo studio utilizzi nel settore educativo: potremo portare una scolaresca a
spasso per l'antica Roma o intorno alle piramidi, oppure, per una lezione di geografia, nella giungla
amazzonica, o per una di fisica, sulla Luna. E sono già in corso utilizzi scientifici nel settore della medicina,
delle terapie: immaginiamo una persona che soffre di agorafobia e ha paura a ritrovarsi in mezzo alla gente,
potremo metterle il cascoe farla sedere in una carrozza del metrò, prima da sola, poi con due persone, poi
con dieci, poi con venti, potrà togliere il casco in qualsiasi momento se si sente male e gradualmente
prepararsi a rientrare nella comunità reale».
Di utilizzi ce ne sono anche altri, alcuni già ben oltre la fase sperimentale: quelli militari, per esempio,
offrendo a piloti di cacciabombardieri un allenamento identico alle battaglie che affronteranno nella realtà, per
citare solo un caso. La tecnica richiesta, in fondo, è la medesima dei videogames: il multitasking, riuscire a
virare e sparare contemporaneamente, per questo i professionisti dei videogiochi possono sperare di finire da
grandi in qualche Air Force. Chiedo a Benson se il casco del Project Morpheus, con un fine più pacifico, potrà
un giorno permetterci anche di amare virtualmente: «Perché no», risponde con un sorrisino, «i videogiochi
esistono da una ventina d'anni, tra altri venti è impossibile immaginare dove ci avranno portato queste
tecnologie».
Indosso il casco un'ultima volta, cercando di scrutarci dentro il futuro: è comodo, leggero, ma non
esattamente il tipo di accessorio di cui uno si doterebbe per il sesso. Per sognare di fare l'amore, tuttavia, un
giorno potrebbe andar bene anche il Progetto Morfeo. «Siamo fatti della sostanza di cui son fatti i sogni», ci
insegna Shakespeare, dopotutto. E chissà che cosa avrebbe scritto, il Bardo, con un caschetto simile sulla
testa.
{IN COMMERCIO Project Morpheus: si chiama così il nuovo "casco" per la realtà virtuale della Sony. Entrerà
in commercio il "più presto possibile" forse già l'anno prossimo IL TEST Tre "demo" testati: Eye Valkyrie
(un'astronave), The Deep (la gabbia degli squali) e The Castle (battaglia medievale) LE APPLICAZIONI
Nasce per i videogames, ma per la Sony ha molti altri possibili utilizzi: per le lezioni a scuola, per la cura di
alcune malattie (come l'agorafobia) e per scopi militari
Foto: La prova del casco
08/05/2014
La Repubblica - Milano
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Pd: "Demolito il modello sanità di Formigoni"
ALESSANDRA CORICA
L'OBIETTIVO è «una riforma radicale, che diminuisca le diseguaglianze tra i territori», dice il segretario
regionale Alessandro Alfieri. Dopo la presentazione delle linee guida della riforma della sanità stilate
dall'assessorato alla Salute, il Pd avanza una propria proposta, con il coinvolgimento nella politica sanitaria
dei comuni e la creazione di tre agenzie, una per la programmazione, una per l'emergenza e una per il
governo clinico (per passare al setaccio le cartelle ed evitare nuovi casi come quello della Santa Rita). «La
maggioranza sta sancendo il fallimento del modello formigoniano difeso per anni da Lega, Forza Italia e Ncd attacca Alfieri - Parta subito il confronto». L'idea dei democratici è accorpare sanità e welfare in un solo
assessorato: «Il sistema attuale risale a quasi vent'anni fa - ragiona il consigliere Carlo Borghetti - non dà
risposte adeguate ai bisogni attuali». Ovvero, l'aumento dei cronici e degli over 65. Il Pd propone di
trasformare le Asl in Aziende socio sanitarie territoriali, da cui far dipendere ospedali territoriali e presidi di
comunità. «In più, ipotizziamo la riduzione degli ospedali, con il mantenimento di sette-otto centri ad elevata
intensità», aggiunge la democratica Sara Valmaggi. Il progetto del Pd sarà depositato entro fine mese.
Intanto, a Palazzo Lombardia le direzioni generali Salute e Famiglia continuano a lavorare sulla bozza che
l'assessore Mantovani ha presentato due giorni fa ai consiglieri di maggioranza: l'ipotesi è di riportare il
documento al vaglio dei partiti la prossima settimana, e stilare una delibera entro fine mese.
Intanto, i sindacati dei medici di famiglia chiedono di essere ascoltati: «La Regione vuole rendere il sistema
meno ospedalocentrico- sottolinea Fiorenzo Corti della Fimmg - Ci aspettiamo un maggior coinvolgimento
della medicina generale».
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IL CONTRO PIANO
08/05/2014
La Repubblica - Torino
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"Dai fondi dell'Europa alla questione lavoro Le mie quattro priorità"
Il candidato del centrosinistra: "Punto a almeno 29 consiglieri per evitare l'ingovernabilità" "Il centrodestra
senza leadership può perdere consensi a favore dei grillini, ma il tour di Grillo non mi spaventa" L'ex sindaco:
se vinco, voglio subito l'audit per capire quali sono i conti della Regione Non mi piacciono le prove muscolari
né il pensiero unico. Nessuno però pensi di tirare troppo la fune La politica deve dare la linea, poi la guida
tocca ai manager, scelti con bando, lasciando fuori tutte le lo
Partono con Sergio Chiamparino, candidato del centrosinistra,i forum dedicati da "Repubblica" ai sei aspiranti
presidenti della Regione Piemonte «Francamente non ho la sensazione che il Movimento 5 stelle possa
vinceree non mi interessa il numero di appuntamenti che Grillo ha in programma in Piemonte. Perché il
Movimento possa vincere si dovrebbe verificare un vero rivolgimento, un «nuovo febbraio 2013», per capirci.
L'unico elemento che potrebbe portare a questo è un travaso di voti dal centrodestra, che è senza leadership,
verso Grillo. Non mi sento però di fare previsioni, gli spostamenti ci possono essere negli ultimi giorni».
IL RISCHIO ASTENSIONE «L'astensionismo ci sarà, penso che sia plausibile una percentuale di voto
attorno al 60 per cento. Il voto sarà maggiore dove i cittadini si esprimono anche per le comunali, che restano
le elezioni più partecipate. Dove si vota per il sindaco l'atmosfera mi è parsa vivace. Più distanti mi paiono le
Europee. Se non ci fosse l'appuntamento delle regionali e delle comunali rischierebbe di diventare un
referendum pro o contro l'euro». PRIMI CENTO GIORNI «Se dovessi essere eletto mi impegno a fare subito
quattro cose.
La prima è una verifica con il governo nazionale sull'ammontare di tutti i fondi, dal welfare, alla sanità al
trasporto pubblico, a disposizione della Regione. La seconda cosa è una questione obbligata: il 22 luglio
scadono i termini per presentare il piano operativo regionale per l'accesso ai fondi europei. Si tratta di 3
miliardi in sette anni. Bisogna preparare tutte le azioni necessarie su innovazione, ricerca e sviluppo, energie
sostenibilie competitività. Questaè una priorità assoluta, se perdiamo il treno non so se potremo
riagganciarlo. Il terzo punto è fare un quadro delle crisi aziendali. La prima emergenza oggi è il lavoro: mi
impegnerò non per creare un "reddito di cittadinanza", ma il "lavoro di cittadinanza". Infine la conferma delle
iniziative già prese alla fine dell'ultima legislatura sui costi della politica, a cominciare da rimborsi "zero":
valgono solo quelli per missioni istituzionali concessi da un ufficio esterno al gruppo consiliare. Azzeramento
dei vitalizi.E poi la verifica delle indennità: il livello massimo sarà quello percepito dal sindaco della città
capoluogo come stabilito dalla legge Delrio».
IL RAPPORTO CON GLI ALLEATI «Non pretendo il pensiero unico. Non chiedo che la coalizione marci
come un sol uomo, si può anche cambiare idea lungo il percorso. Dopodiché ci sono paletti su cui si gioca la
compattezza della coalizione. Lungi da me fare esibizioni muscolari, ma se comincia il tiro alla fune su
qualunque tema, che sia Tav o salute, non ci metto neppure due minuti a comportarmi come ho fatto in
Comune, con Rifondazione. Peraltro, tutti sanno che non mi sono candidato con fini diversi da quelli ispirati
dalla passione politicae dal desiderio di dimostrare che posso fare ancora qualcosa di buono per la
collettività. Non uso questa occasione per un trampolino di lancio per qualche altro obiettivo. La mia
ambizione è poter dire dopo cinque anni di aver rimesso in sesto la baracca. Questo penso sia un punto di
forza. Non sono ricattabile». RISCHIO INGOVERNABILITA' «Bisogna vedere i risultati elettorali. Vedo un
clima abbastanza buono. Il rischio c'è se non riusciamo ad andare oltre ad una certa quota. Ammesso che i
cittadini piemontesi diano a me la maggioranza, se le liste della coalizione non raggiungeranno un buon
risultato il problema potrebbe presentarsi. Tenendo conto del regolamento che su 11 assessori ne prevede
tre esterni, bisogna avere almeno un margine di tre consiglieri più il presidente. Minimo.
Se fossero di più meglio».
LA POLITICA NELLA SANITA' «Dire che la politica deve stare lontana dalla sanità come sosteneva Paolo
Monferino è un modo sbagliato di porre il problema. Sono convinto che la politica debba fare il suo mestiere,
cioè programmare, mentre chi fa il tecnico fa il tecnico. La politica deve fare programmazione, creare le
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Verso le elezioni/Il forum Chiamparino
08/05/2014
La Repubblica - Torino
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condizioni per una scelta trasparente e responsabile dei tecnici, dal direttore centrale della sanità ai
responsabili delle Asl. Figure scelte affidando all'esterno le liste di idoneitàe poi decidendo sulla base di
questi responsi. Se la politica è intesa come notti di lunghi coltelli tra i partiti, non ci sto. Fuori gli intrighi
politici, sindacal, lobbistici e corporativi. La politica in sanità va bene se è programmazione e assunzione di
responsabilità, altrimenti non si capirebbe perché fare le elezioni. L'assessore alla Sanità farà parte della mia
squadra e sarà un politico. Il direttore è un'altra cosa. Credo che le strutture, non solo dell'assessorato alla
Sanità, vadano profondamente riviste e cambiate».
LA SANITA' "COMMISSARIATA" «Il mio obiettivo è uscire rapidamente da una situazione di
semicommissariamento. Per far questo è necessaria una verifica dei fondie la messa in campo di una
squadra politica e tecnica per reggere la sfida e il rapporto con i ministeri di economia e sanità». LA
MACCHINA REGIONE «Gli scandali e le vicende più o meno boccaccesche hanno contribuito nell'ultimo
periodo a screditare ulteriormente le istituzioni tra l ' o p i n i o n e pubblica. Ma già prima c'era qualche cosa
che non funzionava. Le Re«Provare a fare quello che una volta facevano sindacati e imprenditori: destinare
una quota che derivi dagli aumenti contrattuali al welfare. Un'idea di origine olivettiana, un welfare
mutualistico per combattere le disparità di uguaglianza che nascono nei primi anni di vita. Un modo per
garantire funzioni educative di base a livello generale. Il modello è un po' quello applicato a Torino nelle
scuole, il modello di Reggio Emilia: creare una struttura partecipata da tutti gli enti, pubblicie privati, che
gestisca le scuole e intervenga nelle politiche educative.
Penso ad una struttura, che potrebbe essere una fondazione, finanziata dal pubblico, dal privato socialee
dalla negoziazione aziendale attraverso una percentuale degli aumenti retributivi».
BORSE DI STUDIO «Torneremo alla situazione precedente a quella della giunta Cota, rifinanziando le
borse. Non si può essere una regione innovativa se non si è aperti ai giovani che vogliono studiare».
LA CULTURA DELL'OGGI «Si dice tanto che la cultura non è solo brioche, ma è anche pane.
Sono d'accordo: c'è un pezzo di cultura che è la contemporaneità.
Fondamentale per far diventare la Regione e Torino un hub innovativo è avere un luogo, che nel mio sogno
potrebbero essere le ex Ogr, per la produzione e commercializzazione artistica. I grandi artisti del passato
sono diventati tali perché hanno incontrato un mecenate che li ha valorizzati. Vorrei un luogo aperto ai giovani
e alla voglia di fare».
BONUS BEBE' «Prima di dire confermo e non confermo, voglio vedere i risultati. Non sono per buttare via
tutto quello che è stato fatto prima. Ho avuto segnalazioni di cose che funzionano, come il sostegno per la
neve artificiale. Farò una verifica anche sul Bonus bebè di 200 euro a famiglia. In genere, però, non mi
convincono le erogazioni a pioggia, preferisco le iniziative più strutturali».
C H I U S U R A C A M P A G N A ELETTORALE «Stiamo organizzando un evento in piazza con il Pd, il 23
maggio. In ogni caso un incontro all'insegna della sobrietà, un po' di musica, la presentazione dei candidati».
(A cura di Arturo Buzzolan, Gabriele Guccione, Diego Longhin, Roberto Orlando, Sara Strippoli, Salvatore
Tropea) LA SCHEDA CARTA D'IDENTITÀ Chiamparino è nato a Moncalieri il 1 settembre 1948.
Laureato in Scienze Politiche a Torino, è sposato, ha un figlio e due nipotini LA CARRIERA E' stato due volte
sindaco di Torino, poi presidente della fondazione Compagnia di San Paolo. Prima è stato deputato per una
legislatura e segretario Cgil HOBBY La corsa, poi la bici e le scalate in montagna. Non a caso ha scelto il
Monviso come simbolo della sua lista. Ama il vino e la buona cucina Il voto nel 2010 Roberto Cota 47,3%
Centrodestra Mercedes Bresso 46,90% Centrosinistra Davide Bono Renzo Rabellino 25,04 16,74 1,76 1,46
0,66 0,64 0,30 0,20 0,14 23,21 6,69 3,92 3,24 3,06 2,64 1,43 0,76 0,74 0,71 0,66 0,21 3,66 1,67 12 3 Seggi
13 9 Popolo della libertà (Pdl) Lega Nord Verdi Verdi per Cota Partito dei pensionati La Destra Al centro con
Scanderebech Alleanza di centro + Democrazia cristiana Nuovo Psi Lista Consumatori Pd Idv Udc Insieme
per Bresso Moderati Federazione della sinistra Sinistra ecologia e Libertà Verdi Civica Socialisti uniti Lista
Bonino-Pannella Pensionati e Invalidi PiemonteSi- Popolari Movimento 5 Stelle Lega Padana Il voto in
Piemonte si terrà in contemporanea con quello per le Europee domenica 25 maggio. E' previsto un unico
08/05/2014
La Repubblica - Torino
Pag. 2
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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giorno.
I candidati a sostituire Roberto Cota nel ruolo di presidente della Regione sono sei ALLE URNE IN UN
UNICO GIORNO
PER SAPERNE DI PIÙ News, fotogallery e video su torino.repubblica.it
08/05/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 32
(diffusione:309253, tiratura:418328)
La farmacia come non l'avete mai vista
Diventa un punto d'incontro per tutte le età dove acquistare non solo medicine. Da domani a domenica le
nuove tendenze al Cosmofarma Anche le start up delle giovani imprese che debuttano DIETRO AL BANCO
Arrivano i consulenti per curare le malattie sessuali
MARIA CORBI BOLOGNA
Un luogo di incontro, di risposte, dove cercare cure e non solo. La Farmacia continua la sua trasformazione,
da distributrice di farmaci a luogo di benessere a 360 gradi, bellezza compresa. E da domani domenica alla
fiera di Bologna Cosmofarma mostrerà questa evoluzione e le tendenze di un mondo che si fa sempre più
complesso. «La farmacia si sta trasformando perchè glielo chiede il mercato», spiega Roberto Valente
direttore di Cosmofarma. «Il farmaco da prescrizione vale sempre meno come fatturato e cresce tutto quello
che non ha bisogno di una prescrizione». Dai farmaci da banco, agli zoccoli, passando per gli integratori
alimentari, i cosmetici, i giocattoli per bambini e molto altro. «Cosmofarma è la più importante piattaforma
nella quale convergono tutti i farmacisti italiani», spiega Dino Tavazzi, consigliere delegato di Sogecos, la
società di BolognaFiere che organizza Cosmoprof e Cosmofarma. «Nella scorsa edizione abbiamo avuto più
di 24.000 visitatori.« E' il punto d'incontro, unico in Italia, per grossisti, distributori, buyer provenienti da Paesi
diversi. Facilitiamo le occasioni di business, facciamo incontrare gli attori principali della filiera e del mondo
farmaceutico». Il tema della 18° edizione di Cosmofarma parla di generazioni, anzi alle generazioni: «Una
farmacia per tutte le età, una farmacia per tutti». La farmacia come una piazza che accoglie le diverse fasi del
cittadino. E si fa un percorso a ritroso, partendo dalla «terza età», affrontando il mantenimento della salute
psicofisica degli anziani, e poi temi transgenerazionali come la dieta equilibrata e il ruolo degli integratori, fino
ai focus sull'igiene orale e sulla dimensione della «coppia in farmacia». Al centro della fiera anche le «start
up», delle imprese giovani e nuove che si affacciano sul mercato. Con un' iniziativa, l'incubatore, per offrire
alle «neonate» (aziende) del settore della farmacia servizi, supporti, visibilità e strumenti. Cosmofarma
realizzerà servizi di supporto allo start-up delle aziende, che potranno contare sulla consulenza (come
registrare il marchio, marketing, comunicazione), contatti ed incontri con i più importanti buyer, corner
dedicato all'interno della manifestazione. Perchè il mondo della farmacia oggi è cambiato e il caro e antico
farmacista con il camice bianco e il sorriso rassicurante, accanto ai suoi vasi di ceramica, è sempre più
spesso un uomo d'affari in doppio petto. Il cliente non entra più in automatico nella farmacia sotto casa e
bisogna attirarlo con argomenti che lo interessino. E tra i focus di Cosmofarma eccone un tema che interessa
il cliente: il benessere di coppia. Disfunzione erettile, eiaculazione precoce, ma anche anorgasmia,
vaginismo, calo del desiderio: sono questi i problemi della sfera sessuale con cui hanno a che fare milioni di
italiani. Ma non solo. Cosmofarma 2014 approfondisce anche le malattie sessualmente trasmissibili (MST)
che costituiscono uno dei più seri problemi di salute pubblica in tutto il mondo, non solo nei Paesi in via di
sviluppo, ora anche nell'Occidente industrializzato. Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della
Sanità , le MST hanno un' incidenza annua di 333 milioni di casi escludendo l'AIDS, in continuo aumento, a
causa della maggiore mobilità e alla tendenza ad avere rapporti sessuali con più partners. Una delle
categorie più a rischio è quella degli adolescenti: ogni anno si ammalano 111 milioni di giovani sotto i 25 anni
di età. La carenza di conoscenze e la disinformazione rendono gli adolescenti più esposti al rischio di
infezioni sessualmente trasmissibili. E il farmacista può avere un ruolo importante per sensibilizzarli sul
problema. Valido consulente per il benessere della coppia, e per un corretto utilizzo dei farmaci evitando i
rischi «fai da te».
333
milioni Sono i casi mondiali di malattie sessualmente trasmissibili (escluso l'Aids)
111
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Cosmofarma a Bologna
08/05/2014
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milioni Sono i giovani sotto i 25 anni che ogni anno sono colpiti da malattie sessualmente trasmissibili
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08/05/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 32
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Al vaglio dell'Aifa i dossier del settore che fattura 300 milioni di euro l'anno TEMPI STRETTI Dodicimila
preparati al setaccio: si temono tagli drastici
FRANCO GIUBILEI BOLOGNA
Negli ultimi dieci anni, il numero di quanti utilizzano prodotti omeopatici e antroposofici in Italia è raddoppiato,
toccando quota 11 milioni. Sono dati dell'associazione Omeoimprese, che ricorda anche come nel nostro
Paese ci siano 20mila medici, 8mila dei quali specializzati in omeopatia, che prescrivono abitualmente rimedi
naturali ai loro assistiti. Non solo, il mercato sembra tenere nonostante i contraccolpi della crisi. Tutto bene
dunque? Non proprio, perché entro la fine dell'anno prossimo l'Agenzia del farmaco (Aifa) dovrà passare al
setaccio più di 10mila preparati omeopatici per decidere quali potranno essere autorizzati all'uso e restare in
commercio. Produttori e distributori sono in ansia, per il rischio concreto che i tempi ristretti rispetto alle
dimensioni dell'impresa possano determinare tagli drastici dei medicinali omeopatici in circolazione, con
conseguenze drammatiche sul comparto e sulle richieste dei pazienti che si affidano alle cure alternative.
Ecco perché Cosmofarma domani ospiterà un convegno dedicato all'argomento, intitolato significativamente
«Omeopatia, sogno impossibile?»: parteciperanno rappresentanti di Federfarma, Omeo imprese,
Cittadinanza Attiva, medici omeopatici e non. Roberto Valente, direttore di Cosmofarma: «L'Aifa richiede la
registrazione di tutti i prodotti in commercio entro la fine del 2015, ed entro quella data è anche prevista la
prescrizione medica per i rimedi omeopatici. Tutti elementi che rischiano di creare problemi seri a un settore
che fattura più di 300 milioni di euro all'anno. Ecco perché abbiamo deciso di organizzare questa tavola
rotonda: per dare spazio a tematiche che coinvolgono moltissimi cittadini». I motivi di tanto allarme li spiega
più nel dettaglio Fausto Panni, presidente di Omeoimprese, organizzazione che raggruppa una ventina fra
produttori e importatori di preparati omeopatici, dodici dei quali sono italiani che producono nel nostro Paese:
«Aifa dovrebbe controllare tutti i dossier con la documentazione sui nostri prodotti entro l'anno prossimo, ma
abbiamo buoni motivi per credere che incontreranno molte difficoltà, dato che ogni anno riescono a lavorare
mediamente solo su 250 prodotti. Qui invece parliamo di almeno 10-12mila dossier». La preoccupazione è
che la necessità di smaltire la mole imponente entro la scadenza determini tagli drastici: «È difficile che Aifa
riesca a gestire tanti dossier, temiamo che qualcuno dovrà essere analizzato troppo velocemente - aggiunge
Panni - La paura degli imprenditori è che ci sia approssimazione nelle valutazioni, si tratta di investimenti
ingenti: ogni dossier comporta spese di 20-25mila euro. Abbiamo bisogno di risposte certe».
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Omeopatia, un sogno possibile se i diritti dei consumatori sono tutelati
08/05/2014
La Stampa - Torino
Pag. 52
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Morta dopo l'intervento, 5 indagati
giuseppe legato
Un chirurgo, due infermieri e due anestesisti dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri sono indagati dalla
Procura di Torino in seguito alla morte - avvenuta il 17 settembre 2012 - di Rosmilda Gutierrez, deceduta a
27 anni subito dopo un'operazione di routine alla colecisti.
L'accusa ipotizzata dal pm Giancarlo Avenati Bassi è quella di omicidio colposo. Pochi giorni fa, a tutti e
cinque i sanitari del Santa Croce è arrivato l'avviso di chiusura indagini. Si profila dunque - ma forse non per
tutti - il rinvio a giudizio e quindi il processo vero e proprio. Si saprà all'esito dell'udienza preliminare che si
terrà nei prossimi giorni. L'esposto dei parenti
Rosmilda Gutierrez era una giovane mamma. Era arrivata in Italia nel 2008, come tante connazionali a
caccia di un'occupazione per mantenere i familiari in patria. Aveva trovato lavoro presso una famiglia della
collina. Faceva la badante: «Per noi - hanno spiegato i suoi datori di lavoro - era ormai parte della famiglia.
Attenta, puntuale in tutto, onesta e grande faticatrice». Gran parte dello stipendio che guadagnava veniva
inviato ogni mese in Perù dove Rosmilda aveva i parenti, ma soprattutto un figlia di sette anni, nata da una
unione poi finita. La bimba è rimasta dunque orfana a Cuzco, città a 3700 metri dl altezza sull'altopiano
peruviano, considerata la capitale storica degli Inca. I lettori de La Stampa, sull'onda della cronaca, avevano
inviato a vario titolo un piccolo contributo che la Fondazione Specchio dei Tempi aveva consegnato al nonno
della bambina per aiutare la famiglia nel sostentamento.
Gli amici della signora Gutierrez, nei giorni successivi, organizzarono un presidio del tutto pacifico sotto
l'ospedale Santa Croce di Moncalieri per sollevare la questione: «Non accusiamo nessuno - dissero - ma
vogliamo verità, verità e giustizia». Un parente firmò poi un esposto ai carabinieri di Moncalieri che
sequestrarono le cartelle cliniche e inviarono gli atti al pm. Il punto sull'inchiesta
Nel fascicolo dell'accusa il punto centrale è soprattutto uno: in base alla consulenza di Angela Cianflone,
pare che durante l'intervento di calcoli alla colecisti, effettuato con la tecnica laparoscopica, un'arteria
retroperitoneale della vittima sarebbe stata quantomeno scalfita, o addirittura tranciata, da un trocar,
strumento chirurgico, con una estremità appuntita che viene utilizzato all'interno di una cannula per introdurre
le fibre ottiche nell'addome. Da quel presunto errore sarebbe iniziata l'emorragia che ha ucciso la donna in
poche ore.
Nessuno poi si sarebbe accorto, stavolta nella fase post operatoria, del sangue presente all'interno del corpo
della donna, ma qui la questione diventa assai tecnica per via del fatto che se il coagulo è avvenuto nella
zona collocata dietro il peritoneo sarebbe stato comunque difficile individuarlo. Si vedrà, sono valutazioni che
verranno approfondite in un eventuale processo. La difesa dell'Asl
All'Asl To5 stanno seguendo quotidianamente l'evolversi della vicenda. I vertici aziendali sono al corrente
dell'invio della nota di chiusura indagini «ma continuiamo ad avere fiducia nell'operato dei nostri medici»
spiegano. Intanto però pare siano già iniziate le trattative per un eventuale risarcimento utilizzando le
assicurazioni dei sanitari: «Ci teniamo a inviare ai familiari della donna - aggiungono dalla sede centrale di
Moncalieri - tutto il nostro cordoglio per quanto avvenuto».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Moncalieri
08/05/2014
Il Messaggero - Ancona
Pag. 38
(diffusione:210842, tiratura:295190)
OSIMO
Sovraffollamento da record ieri al pronto soccorso dell'ospedale di Osimo. Tra emergenze e "codici rossi" che
l'ospedale di Torrette non riusciva più recepire, tra mancanza di posti letto negli altri ospedali per trasferire i
pazienti, l'arrivo di feriti in due diversi incidenti stradali, anziani in sofferenza respiratoria che necessitavano di
un ricovero, (anche l'Inrca era off limits) il corridoio del piccolo reparto di medicina d'urgenza a metà
pomeriggio si è riempito di barelle con sette malati alla ricerca di un posto letto.
I quattro letti di osservazione breve erano già tutti occupati, il reparto di Medicina del Ss.Benvenuto e Rocco
pullulava di degenti e non c'era disponibilità di recezione nemmeno all'ospedale di Jesi. I medici e gli
infermieri in servizio, nonostante buona volontà e la grande professionalità, non riuscivano più a gestire
l'afflusso incontrollato dei nuovi accessi.
IL LUTTO
Verso le 16 è anche deceduto un paziente e nell'imbarazzo generale non si trovava una stanza per lasciare
che i suoi familiari lo piangessero. È insomma scattato una sorta di Peimaf, il piano di massima emergenza
interno per la gestione di un massiccio afflusso di feriti che tutti gli ospedali prevedono. La situazione è
tornata sotto controllo dopo le 17.30 quando anche la direzione sanitaria del presidio ospedaliero è dovuta
intervenire per trasferire d'imperio due pazienti nella struttura sanitaria di Loreto e ricoverarne altri tre nel
reparto di Chirurgia dello stesso ospedale di Osimo. Il pronto soccorso osimano, diretto dal primario Enzo
Frati, registra 19-20.000 accessi l'anno ed eccelle da sempre proprio per i tempi d'attesa: per un "codice
verde" o "bianco" di norma non si superano 1 o 2 ore d'attesa contro le 8 ore medie dello stesso reparto di
Torrette. Il reparto di medicina d'urgenza soffre però di carenze strutturali. Da più di 2 anni il Comune insiste
perché l'Asur dia l'ok al progetto di ampliamento per una spesa di 400.000 euro, 200.000 dei quali finanziati
dalla stessa amministrazione comunale.
M.P.C.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Ospedale pieno, paziente muore Non c'e' una stanza per isolarlo
08/05/2014
Il Giornale - Milano
Pag. 10
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Brega Massone: «Ergastolo senza prove»
Lo sfogo dopo la condanna: «Io un capro espiatorio, punito per l'invidia dei colleghi»
Pier Paolo Brega Massone
Dal carcere di Opera scrive al Giornale Pier Paolo Brega Massone, il chirurgo della clinica Santa Rita
condannato all'ergastolo per l'omicidio di quattro pazienti. Brega Massone, arrestato nel 2007 su richiesta
della Procura di Milano, era già stato condannato a quindici anni per una serie di lesioni. Scarcerato per
decorrenza termini, è stato arrestato a sorpresa lo scorso 12 marzo, pochi istanti dopo che la Corte d'assise,
accogliendo le richieste dei pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, gli aveva inflitto il carcere a vita. Secondo
la Procura, gli interventi conclusi con la morte erano da considerare a tutti gli effetti omicidi volontari, perché il
chirurgo aveva messo in conto che il paziente non sopravvivesse, ma operò ugualmente solo per gonfiare i
rimborsi. Nella sua lettera, Brega contesta aspramente il comportamento dell'Ordine dei medici di Milano, che
si sarebbe schierato acriticamente e per vendetta dalla parte dell'accusa. E soprattutto torna a protestare
contro la decisione dei giudici di non ordinare una perizia medica che valutasse la necessità degli interventi.
La tecnica di intervento, la Vat, secondo Brega era l'unica idonea a fronteggiare situazioni ormai quasi
disperate. Sono il dottor Pier Paolo Brega Massone, ex primario della clinica Santa Rita di Milano,
condannato all'ergastolo. Vi chiedo di ascoltarmi per evidenziare alcuni punti che assolutamente, anche per
non medici, non stanno in piedi. Viene riportata anche dal vostro giornale la reazione alla mia condanna dei
«camici bianchi», come se l'Ordine dei Medici di Milano costituisse la reazione dei medici italiani. Non credo
che le parole del presidente dell'Ordine, dottor Rossi, rispecchino quanto scritto da tanti altri medici. Non le
commento perché non è mio intento polemizzare con chi non mi conosce e soprattutto è parte dell'accusa.
Però non può apparire alquanto ambiguo il comportamento di un organo di difesa dei medici che si schiera a
scatola chiusa contro medici che lavoravano a Milano senza, prima di schierarsi parte civile, fare propri
accertamenti scientifici. Ma purtroppo è evidente che ben altra ragione si nascondeva dietro il compartimento
dell'Ordine di Milano, quello della vendetta nei miei confronti solo per essermi permesso di denunciare
l'operato, eticamente non corretto, dei Bulgheroni e dei Santambrogio (Paolo Bulgheroni e Luigi
Santambrogio, componenti del comitato medico dell'Asl che nel 2007 revocò l'accreditamento alla chirurgia
toracica della Santa Rita, ndr ) già nel 2008. Un Ordine di Milano che si schiera da solo contro i chirurghi della
Santa Rita non può non destare stupore. Non si schiera l'Ordine nazionale, non si schiera Pavia cui sono
iscritto. Invece c'è una presa di posizione che sa solo di capro espiatorio per cui qualcuno andava sacrificato
per valutazioni e interessi esulanti dalla medicina scientifica. Oltre alla Procura, sicura della mia colpevolezza,
anche l'Ordine dei medici si è opposto alla perizia super partes scientifica, medico terzo da nominare da parte
del giudice, con forza. Ciò è assolutamente contraddittorio e inaccettabile da parte di un Ordine medico. Si
vuole far condannare un medico? Si è sicuri della sua colpevolezza? Allora quale terrore crea la perizia super
partes alla Procura e all'Ordine di Milano? Ciò non può non colpirvi. Un medico va condannato se ha
sbagliato, ma va fatto dopo tutti i possibili accertamenti che possano determinare colpevolezza e innocenza.
Nel mio caso è la indicazione chirurgica che va valutata. Se non vi era indicazione sono da condannare, ma
se vi era l'indicazione no! E ciò sostengono i miei consulenti che si sono battuti per l'ottenimento di una
perizia, smontando le accuse, ma proprio per quella è stata rigettata. Ciò non lo dico io, ma lo dicono giudici
non prevenuti come è possibile leggere su riviste e su Internet (per esempio, Vincenzo Vitale su L'Opinione ).
Pertanto l'Ordine dei Medici di Milano non è la reazione dei camici bianchi ma la reazione di una parte
integrante dell'accusa. Inoltre al dottor Rossi bisogna ricordare due cose: che una consulenza super partes in
cause civili, con identici quesiti del processo penale (casi De Pol e Zito) che mi assolvono completamente
sull'indicazione e la tecnica di intervento sono state effettuate da medici iscritti all'Ordine di Milano. Forse
sarebbe meglio conoscere tutto prima di parlare; quindi chi valuta scientificamente e non è prevenuto arriva
all'esatto contrario dei giudici non medici di Milano. Allora è questa la ragione per cui si rifiuta la perizia di un
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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LA LETTERA L'ex primario della clinica Santa Rita
08/05/2014
Il Giornale - Milano
Pag. 10
(diffusione:192677, tiratura:292798)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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medico super partes, quella che se si abbandona la prevenzione, potrebbe cambiare in base alla scienza il
risultato finale? Ho letto che «a buon senso» «difficilmente chi gestisce l'anestesia può permettersi di dire al
chirurgo il fatto suo». Quell'«a buon senso» è assolutamente da ribaltare. I chirurgo pone l'indicazione
chirurgica, e l'anestesista con il cardiologo ne dà la valutazione generale e complessiva. Viste le
contestazioni sui quattro omicidi (legate a età, condizioni e patologie concomitanti) colui che decide se
addormentare o meno il paziente è l'anestesista. Se l'anestesista decide di non addormentare il paziente,
l'intervento chirurgico non si fa. Allora ecco che la perizia super partes avrebbe evidenziato tutto ciò, e in
caso di colpa avrebbe di molto alleggerito la posizione del chirurgo toracico. Non si può non sapere ciò, ed il
chirurgo toracico non può essere il terminale di tutte le azioni di cui l'Accusa vuole colpevolizzarmi. L'imputato
principale è colpevole di tutto, sia nel primo che nel secondo processo: di atti chirurgici, medici generali,
anestesiologici e cardiologici. Nessuno vuole colpevolizzare gli anestesisti, ma è una questione di
responsabilità. Nessuno uccide in sala operatoria, si valutano le condizioni affinché un paziente possa essere
operato e se l'anestesista lo addormenta è perché ritiene che possa superare l'anestesia e l'intervento. Credo
che non si possa dare un ergastolo senza avere minimamente cercato di arrivare alla verità. Non entro nel
merito di una custodia cautelare durata cinque anni per non permettermi di difendermi, culminata in quattro
mesi di ingiusta detenzione, e di una nuova misura cautelare per un pericolo di fuga assolutamente smentito
dal tempo e dai fatti. Io posso avere sbagliato ma certamente non posso essere condannato, prima a quindici
anni e poi all'ergastolo, senza prima avere avuto un giudizio imparziale tecnico e scientifico.
Foto: RABBIA Pier Paolo Brega Massone, ex primario di chirurgia alla clinica Santa Rita
08/05/2014
QN - Il Resto del Carlino - Ancona
Pag. 8
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Salesi, si allarga il fronte del «sì» sul trasferimento dell'ospedale pediatrico
«A NOI dispiace lasciare questo ospedale, io personalmente ci lavoro da quasi 40 anni. Oggi però coordino
13 unità operative e restare qui non ha più senso. Scusate il mio stato d'animo». Sta quasi per commuoversi
Paola Rocchetti, coordinatrice del dipartimento materno-infantile del Salesi, stretta tra il dolore di cambiare
orizzonte, ma con la certezza che quel passo va fatto e al più presto: «Ogni mattina, estate e inverno prosegue Paola Rocchetti - vedere i bambini salire sulle ambulanze per andare a Torrette, per un esame
ematico, una seduta di radioterapia, una risonanza, oppure una mamma con scompensi cardiaci che deve
partorire al Lancisi. Ambulanze che si bloccano nel traffico, che spesso sono occupate in altri servizi. Tutto
questo deve finire e l'offerta, seppure temporanea, all'ospedale di Torrette, è buona». C'È UN FRONTE
compatto che dice «sì» alla decisione del direttore generale dell'azienda Ospedali Riuniti, Paolo Galassi, di
portare il Salesi in tutto il sesto piano (oltre ad alcune eccezioni) del polo di Torrette. Su 14 associazioni di
volontariato verso bambini e famiglie, 13 sono a favore e con loro sta il personale medico ed infermieristico
del Salesi: «Esistono limiti di spazi e di attrezzature che non possono più essere tollerati - rincara la dose il
dottor Paolo Pierani, direttore dell'oncoematologia -. Noi garantiamo alti standard professionali, ma ormai
questo ospedale non è più all'altezza. In attesa di una soluzione definitiva è giusto spostarsi». E poi ci sono le
associazioni di volontariato, tutti i giorni sul campo: «Se ad un giudice venisse in mente di fare un giro da
queste parti - attacca duramente il presidente Ambalt, Maurizio Passarini - qui ci fannio chiudere domani. Lo
sapete che non ci sono spazi a norma, che non ci sono le scale anticendio? Qualcuno rischierebbe di andare
in galera. In città sta passando un messaggio sbagliato, questo ospedale non è della città, è della regione,
interessa tutti, non solo qualcuno. L'errore, semmai, è stato fatto al tempo in cui la politica ha deciso di unire i
tre presidi in una azienda unica». INTANTO l'iter del trasferimento va avanti ed entro l'anno dovrebbe
diventare effettivo. Gli spazi saranno pronti ad ospitare il nuovo Salesi, al sesto piano di Torrette, a parte la
neuropsichiatria messa al quinto, vicino alla neurochirurgia adulti, e a pronto soccorso e rianimazioni che
avranno percorsi propri e delineati: «Noi gli spazi a Torrette li abbiamo visti e c'è poco da discutere, si va a
stare meglio - sostiene Annarita Duca della Fondazione Salesi -. Non siamo per la frapposizione a tutti i costi,
ma è chiaro che il fronte è campatto da questa parte». Intanto la direzione generale dell'azienda Ospedali
Riuniti va avanti per la sua strada, nonostante le accese discussioni che hanno coinvolto anche la politica. In
mancanza di ostacoli, ritardi, interruzioni, entro il 2014 il Salesi sarà trasferito a Torrette.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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«Torrette non è il top, ma è meglio che qui»
08/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 1.3
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Tutti i dubbi della scienza sull'eutanasia legalizzata
Col suicidio assistito il rischio di abbandonare i più deboli La comunità scientifica internazionale ha espresso
molte perplessità sugli effetti dell'introduzione della "dolce morte" negli ordinamenti. Le maggiori criticità per
depressi, disabili, elementi della società fragili, influenzabili o mal curati
Carlo Bellieni
Viene chiesta in questi giorni la calendarizzazione nel dibattito parlamentare di leggi che regolino l'eutanasia
in Italia. I giornali affrontano l'argomento come se fosse il Paese, o addirittura la comunità scientifica, a
chiedere di introdurre forme attive per porre fine alla vita; come se questo fosse «il vento ineluttabile della
società moderna» cui non ci si può sottrarre, pena il bollino di retrogradi. Leggendo i giornali, insomma,
sembra che l'eutanasia sia richiesta a gran voce da tutti e che ormai sia assodata l'equazione tra desiderio di
morte e diritto di ottenerla. Il problema che ferma questo ingranaggio è che la comunità scientifica ha seri
dubbi sull'utilità dell'introduzione dell'eutanasia, in particolare la comunità che cura i malati e che fa ricerca
per trovare nuove cure. Insomma: tanto polverone per un'equazione che a livello scientifico non funziona.
Vediamo perché. a professoressa Gail Van Norman, sull'ultimo numero di Current Opinion in Anaesthesiology
mette in guardia: «Suicidio assistito e eutanasia presentano rischi potenziali per depressi e disabili», elementi
della società fragili, influenzabili e talora mal curati, che potrebbero trovare nella scorciatoia mortale una via
impropria alla soluzione dei loro problemi. L'editoriale della rivista spiega: «Abbiamo la responsabilità di
assicurare che né gli individui né la società abbraccino l'eutanasia come mezzo appropriato per trattare la
sofferenza». Anche l' International Journal of Epidemiology di febbraio - parlando di suicidio assistito - solleva
il dubbio che «gruppi svantaggiati vadano a morire in questo modo più di altri gruppi»; per esempio chiedono
di morire soprattutto le persone sole, i divorziati, quelli senza figli. Esaminando l'esperienza dell'Oregon dove l'eutanasia è legale - la Van Norman conclude che quando si valutano le richieste di morte «poche
consultazioni psichiatriche vengono fatte per valutare la depressione»; e significativo è lo studio pubblicato su
Disability and Health journal , dal titolo significativo «Uccidendoci dolcemente: i rischi della legalizzazione del
suicidio assistito», in cui si riporta come i disabili temano che il suicidio assistito se legalizzato porti ad un
minor interesse per le cure delle persone con disabilità e ad aumentare i pregiudizi verso la disabilità. o
stesso giornale riporta in altra data le critiche alla legge sul suicidio assistito da parte dell'associazione di
disabili significativamente chiamata «Non ancora Morti», in cui si lamenta che si crei di fronte al suicidio un
doppio binario, che da una parte porta a prevenirlo e dall'altra a legalizzarlo, a scapito - dato che il suicidio
assistito non è riservato solo a chi è in fin di vita - di chi è più fragile e che potrebbe invece essere aiutato
altrimenti: anche un ampio studio ( Health Psychology del 2007 ) mostra che i malati terminali che chiedono il
suicidio assistito lo chiedono non per il dolore che provano, ma per essere caduti in depressione (malattia
curabile) o perché si sentono un peso per gli altri, e se è per il dolore, quando questo viene curato a dovere
cambiano idea. Insomma, eutanasia e suicidio, a parole introdotti per evitare un accanimento o una
sofferenza insopportabili, sono così a rischio di travalicare questi scopi (che comunque si possono
raggiungere per altra via) da esser guardati con scarsa fiducia da buona parte della comunità scientifica. Si
pensi che contro l'eutanasia, in particolare quella dei bambini, insorgono i medici che curano i malati, e che
vedono le stesse patologie che loro curano essere oggetto per decidere di far morire. Ad esempio dei
neurochirurghi olandesi sottolineano che nel caso della malattia detta "spina bifida", che dà alterazioni al
midollo spinale e che è invocata come ragione di eutanasia, la malattia non sia affatto insopportabile e
dolorosa senza speranza, come riporta su Child Nervous System del 2008 il dr de Jong; e sul Journal of
Perinatal Medicine del 2009 si riporta come il protocollo di Groningen sull'eutanasia sia da respingere sia per
motivi etici che per motivi medici. ome pensare che la "dolce morte" sia in linea con chi cura bene la
depressione e vede invece che gente con depressione va a farsi suicidare o chiede la morte mentre ben
sanno che la depressione resta sottostimata e sotto diagnosticata, come spiega il Journal of Clinical
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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L'ALLARME DI MEDICI E RICERCATORI
08/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 1.3
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Psychiatry del 2010? O il dolore. Addirittura il Journal of Clinical Oncology di maggio riporta che ben il 33%
dei pazienti oncologici che necessitano un trattamento contro il dolore, o non lo ricevono in modo adeguato o
non lo ricevono affatto. Per non parlare di chi studia in profondità le persone in stato vegetativo e ritrova segni
chiari che mostrano un'interazione con l'ambiente, altro che "vegetali": i pazienti in stato vegetativo riescono
addirittura a valutare il linguaggio di chi gli sta intorno, come mostrano studi fatti con la risonanza magnetica
(vedi per esempio Brain del 2007 o Brain Injury del 2008); come pensare che sia nel loro interesse morire, se
il presupposto per farlo è che ormai non sentirebbero più nulla? unque è davvero l'eutanasia una soluzione
razionalmente medica? Uno studio sulla rivista Hematology del 2008 mostra che «la richiesta dei parenti o
del paziente di affrettare la morte è un modo di esprimere la richiesta di maggiore comunicazione, miglior
controllo dei sintomi. È raro che rappresenti la necessità per il paziente di controllare ora, luogo e modalità
della morte». Insomma: la medicina chiede di aprire di più alla terapia; e i ricercatori sanno quanto ci sia
ancora da fare in campo di lotta al dolore, alla depressione e alla solitudine sociale; altro che aprire i cancelli
alla morte! Eppure le riviste inglesi come Lancet riportano che certe categorie di malati - come ad esempio i
disabili mentali - sono oggi «invisibili» al sistema sanitario nazionale, quasi non esistessero. Certo, bisogna
evitare di accanirsi su chi è incurabile, ma un conto è non insistere in cure inutili un conto è l'eutanasia. Allora
dobbiamo decidere dove dirigere gli sforzi: se verso la morte agevolata - facendo credere che il vero diritto
sia morire e non essere curati meglio - o verso un miglior trattamento per tutti. Aprire al fine vita volontario
sembra proprio una scorciatoia per non affrontare i veri problemi della medicina e della società: la scarsa
cura del dolore, l'abbandono, l'accesso di tutti alle cure, la umanizzazione degli ospedali. Troppo facile aprire
alla morte e lasciare tutti questi punti senza una risposta. © RIPRODUZIONE RISERVATA
08/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 32
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Dona all'ospedale ha 5 anni: premiata
Giulio Isola
Una donazione a un ospedale è meritoria, ma non è certo inconsueta. Ben diverso è però se arriva da una
bambina. Aurora Maniero ha cinque anni e vive in provincia di Venezia. Paziente dell'onco-ematologia
pediatrica di Padova, ha regalato al reparto che l'ha in cura il salvadanaio dei propri risparmi. Un gesto di
altruismo che ha colpito e spinto molte altre persone a collaborare per cercare di migliorare le cure per i più
piccoli. Per questo l'Arciconfraternita di S.Antonio di Padova ha deciso di consegnare alla generosa bambina
il "Premio della Bontà 2014". «Aurora ci mostra come il sacrificio, anche piccolo, ma fatto con amore, del
godersi qualche meritato dono per sé permette di "contagiare il bene" e far germogliare altri semi di bontà e
azioni solidali - spiegano i promotori -. Il gesto generoso di Aurora è testimonianza della forza dell'esempio
della bontà, che attira e suscita imitazione soprattutto quando è spontanea e disinteressata». Nel corso della
cerimonia di consegna, che si svolgerà domenica mattina nella Basilica del Santo a Padova, saranno anche
premiati i dodici vincitori del concorso "Premio della Bontà sant'Antonio di Padova" rivolto agli studenti di
tutt'Italia. Tema di quest'anno: «Caro Papa, ti scrivo....». Alle scuole dei premiati sarà consegnata una borsa
sotto forma di contributo per le attività dell'istituto.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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AGORA dulcis in fundo
08/05/2014
Avvenire - Milano
Pag. 2
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Si cerca riforma condivisa
Regione Ospedali accorpati e case della salute sul territorio
ILARIA SOLAINI
Una sanità più legata e vicina all'istanze del territorio. Emerge questa nuova visione, per certi versi bipartisan,
del sistema sanitario lombardo, destinato a diventare meno ospedalocentrico e più a stretto contatto con gli
enti locali e il territorio. Gli ospedali, inoltre, saranno accorpati tra loro e sono previste delle case della salute
nei quartieri. Questi paletti sono i primi a essere stati indicati dalle forze di maggioranza in Regione che
martedì hanno iniziato, dopo mesi di annunci, il percorso verso la riforma sanitaria. Va detto che anche
all'opposizione si lavora allo stesso tema: in particolare il partito Democratico ha steso una prima bozza di
legge, per alcuni aspetti non troppo dissimile da quella della maggioranza. La proposta del Pd, che prevede
dei meccanismi per rendere vincolante il parere dei sindaci e per sottrarre alla politica le nomine dei dirigenti,
si inserisce infatti pienamente nel dibattito sulla revisione del sistema sanitario regionale su cui sta discutendo
anche la maggioranza di centrodestra che sostiene la giunta Maroni. «Si sono fatti tanti convegni, ora
fortunatamente si entra nel vivo», ha affermato il segretario lombardo del Pd, Alessandro Alfieri. Ancora è
presto, però, per comprendere il reale impatto che queste trasformazioni avranno sull'attuale sistema di Asl e
ospedali. Alfieri auspica «una riforma che sia politica, anche se va bene ascoltare i tecnici», osservando
peraltro che questi ultimi hanno avanzato proposte alla giunta Maroni «che, se confermate, sconfessano il
"modello formigoniano". Mettiamo a disposizione - ha concluso - il nostro progetto di legge, che sarà oggetto
da subito di consultazioni sui territori». Nel dettaglio sui contenuti della riforma si è concentro il consigliere del
Pd, Carlo Borghetti, soffermandosi dapprima su come i bisogni siano cambiati in vent'anni e sulla necessità
della sistema regionale di adeguarvisi, e dall'altro sul superamento della distinzione tra sistema sociale e
sistema sanitario attraverso l'istituzione di un unico assessorato "Sanità Welfare", la costituzione di tre
agenzie regionali a supporto dell'assessorato con competenze in tema di acquisto e controllo, innovazione e
sicurezza, la trasformazione delle Asl in Asst (Agenzie socio sanitarie territoriali) e l'abolizione della legge
Daccò sulle prestazioni private rimborsate dalla Regione che, è stato sottolineato, è «all'origine dei molti
scandali della sanità in Lombardia». Tra le finalità della riforma, marchiata Pd, c'è anche quella di sottrarre
alla discrezionalità della politica le nomine dei direttori e che nel nuovo sistema proposto dal Pd, direttore
sanitario e amministrativo verrebbero scelti con avviso pubblico e non più direttamente dal direttore generale.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Sanità .
08/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:105812, tiratura:151233)
I risultati di "Viva gli anziani", progetto di monitoraggio e aiuto Festeggia il decennale l'inizitiva di Sant'Egidio,
a Roma. 9mila le persone assistite, 11mila i volontari al lavoro
ALESSIA GUERRIERI
ROMA Un trillo di telefono che suona come una campana d'amicizia. E che, soprattutto, rompe la solitudine.
Per Antonia, 91 anni e senza parenti, quello squillo è arrivato qualche anno fa e ora di familiari ne ha più di
uno nel quartiere Trastevere a Roma: i commercianti del suo vicolo, i vicini di casa e i volontari di "Viva gli
anziani!", il programma di monitoraggio degli over75 ideato dalla comunità di Sant'Egidio, dopo l'emergenza
caldo dell'estate 2003. Il meccanismo, per ora attivo in tre quartieri centrali della Capitale, è semplice e in più
fa risparmiare il sistema sanitario, perché riduce i ricoveri impropri e i costi dell'assistenza domiciliare. Gli
anziani, in sostanza, vengono contattati telefonicamente e inseriti in "cabine di regia" gestite da operatori di
quartiere che controllano costantemente il loro stato di salute e rispondono alle loro esigenze pratiche. Così si
attivano reti di prossimità e di aiuto che ben presto si trasformano in vere famiglie allargate. Dalla spesa alle
medicine, passando per il caffè la domenica in compagnia o al semplice "come stai?", il progetto mira proprio
a ricostruire i legami nella comunità. Anche in una grande città. Oggi sotto un'ala protettiva vivono 4mila
anziani, che per lo più abitano soli o hanno figli lontani, ma in dieci anni oltre 9mila persone sono state
"accompagnate" nelle difficoltà quotidiane. Gli 11mila volontari attivi nei rioni Esquilino, Testaccio e
Trastevere hanno risposto, attraverso una cornetta o porta a porta, alle loro 280mila richieste di sostegno.
Un'esperienza «lungimirante» e un modello «conveniente», per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che
collega «medici di base, volontari, famiglie e rete di vicinato» per lasciare meno isolati gli over75. In un
momento in cui, quindi, il futuro della sanità è più territorio e meno ospedale, sottolinea il capo del dicastero
durante l'incontro organizzato da Sant'Egidio e Mediolanum Farmaceutici per il decennale di "Viva gli
anziani!", «il suo aspetto migliore è la sussidiarietà e la rete di solidarietà» che rende la vita di quartiere «più
vera e più buona». Se però le teste canute da qui al 2020 raggiungeranno il 23% della popolazione, troppo
poco si parla di loro, o lo si fa spesso considerandole una zavorra per previdenza e sanità. Proprio per
questo, ieri Federanziani ha chiesto al ministro Lorenzin di istituire subito una commissione permanente per
le politiche della Terza età. Il nostro Paese ha bisogno di «una cultura nuova - ricorda invece il presidente di
Sant'Egidio Marco Impagliazzo - che è quella del mettere insieme gli uomini di buona volontà» per superare
la crisi economica e sociale. Il programma di monitoraggio, difatti, rende meno isole gli anziani, «recupera il
senso del darsi da fare per gli altri», aggiunge, attiva meccanismi di «emulazione inaspettati al di fuori della
rete familiare». In più, la società ci guadagna «in civismo e altruismo». E anche le casse pubbliche. Il
risparmio è infatti sia in termini di prevenzione del danno, che di riduzione degli ospedalizzati. L'intervento
«leggero e a basso costo», come lo definisce Giuseppe Liotta dell'Università di Tor Vergata, consente di
ridurre del 10% i costi della degenza e del 40% i ricoveri in Rsa, «con un prezzo annuo a persona di appena
79 euro», cioè 30 centesimi al giorno. Dalla sua entrata a regime, inoltre, si stima abbia fatto risparmiare alla
Regione Lazio 600mila euro l'anno. Un modello esportabile, quindi, ancor più perché al benessere emotivo
aggiunge la possibilità di far economia, riallocando le risorse, ancor più essenziale in un sistema regionale
sottoposto a piano di rientro. È una prova di welfare sostenibile, che «favorisce la prevenzione di
problematiche dovute al cambiamento demografico», conclude lo studioso e senatore di Scelta civica
Gianpiero Dalla Zuanna, attraverso un approccio di rete sociale e di «convivenza tra le generazioni in una
città» che guarda avanti e non indietro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Over 75, l'assistenza che funziona
08/05/2014
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Francesca Lozito
Autonomia nella decisione di fine vita. Ma anche tutela del beneficio e del non maleficio. Affermazione del
principio di giustizia. Il Consiglio d'Europa ha reso noto a inizio settimana un documento, elaborato dal
Comitato di bioetica, dal titolo «Guida sui processi decisionali relativi ai trattamenti medici nelle decisioni di
fine vita». Il documento richiama esplicitamente la Convenzione sui diritti dell'uomo e della biomedicina di
Oviedo. Trenta pagine in cui si affermano alcuni principi e valori come l'importanza delle cure palliative, ma
non si affrontano questioni fondamentali dicendo un netto «no» all'eutanasia. Giovanni Zaninetta è stato
presidente della Società italiana di cure palliative e dirige l'hospice della Casa di cura Domus Salutis di
Brescia, il primo nato in Italia: «Prendiamo atto - afferma - che su alcuni argomenti, come suicidio assistito,
sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione ed eutanasia non si sono ancora raggiunte posizioni
condivise a livello europeo». Per Zaninetta il plauso va al riconoscimento, al di là delle distanze espresse
sugli altri temi, «per le cure palliative, la cui riaffermazione va letta come una necessità di mantenere una
dimensione umana anche al finire della vita». E infatti proprio il diritto alle cure palliative viene riaffermato
come una questione di giustizia. In particolare su idratazione e alimentazione - se debbano essere
considerate trattamento medico o sostegno vitale - il documento del Consiglio d'Europa si limita a spiegare le
due diverse posizioni presenti nei Paesi europei. Un intero capitolo è dedicato al processo che porta un
malato al termine della vita a prendere delle decisioni. Gli attori in gioco sono il paziente, il rappresentante
legale, il fiduciario, i membri della famiglia. E poi i «curanti»: i medici e l'équipe in generale. Il paziente è al
centro del processo di decisione, che diventa «collettivo» quando questi non può parteciparvi direttamente
perché ha delle limitazioni dettate dalla malattia. Tre sono le tappe del processo decisionale: individuale,
collettivo e conclusivo. Anche sulla sedazione terminale, continua e profonda, la guida non prende posizione,
ma si limita ad affermare in una specifica scheda che ci sono Paesi in cui ancora si pensa che la sedazione
abbrevi la vita, e altri in cui si è arrivati alla conclusione che questa serva soltanto ad alleviare le sofferenze
finali.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Fine vita ed eutanasia: l'Europa chiede cure Ma non dice di no
08/05/2014
Il Gazzettino - Venezia
Pag. 30
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Musica, un sostegno alle cure dei malati
MESTRE - «Eh no, l'heavy metal no. E neanche il pop, ma certe canzoni dei Beatles vanno bene!». Parola
del maestro Massimiliano Frani, che all'ospedale dell'Angelo di Mestre ha portato il Met, Music Education
Therapy™, progetto di musicoterapia unico nel suo genere, finora sperimentato in vari reparti, tra cui
Neonatologia e Geriatria. La musica è in grado di aiutare il paziente nel suo percorso di cura. Il Met prevede
la «personalizzazione» della terapia musicale, in base alle caratteristiche culturali e cliniche dei pazienti. Si
chiama «valutazione musicale» e non tiene in considerazione i gusti personali in fatto di musica. Si ascolta
quello che il dottore prescrive. «Se i pazienti dovessero scegliere le medicine in base ai loro gusti, che cura
sarebbe?», sottolinea Frani, che nei primi sei mesi di sperimentazione del Met all'Angelo ha già raccolto
segnali positivi. «A Neonatologia ci sono risultati importanti. Gli indicatori hanno rilevato una normalizzazione
di alcuni fattori, che, in un reparto difficile come questo, potrebbero tradursi in degenze più brevi». La musica
non è una pastiglia, né un siero da iniettare. Eppure l'efficacia del Met è stata testata da numerosi studi
internazionali. La preparazione della cura è rigorosa, come lo è la diffusione della musica, che avviene con
particolari «speakers» da tavolino, fabbricati a Singapore, che permettono l'ascolto al massimo fino a un
metro di distanza, e che quindi non disturbano la quiete di una stanza d'ospedale. Al paziente viene fatta
ascoltare una sua speciale «playlist», una raccolta di 4-6 esempi di musica scelti dai suoi terapisti. Il
campionario è vastissimo: dalla musica classica a quella religiosa, al folk, dalla tribale al jazz. L'importante è
che le musiche abbiano una loro struttura utile ai fini terapeutici, il cui ascolto può incidere sul percorso di
cura. Stasera alle 20.30, l'Ulss 12, in collaborazione con il Centro Internazionale di Musica e Cultura, propone
un concerto di musica classica nella hall dell'ospedale dell'Angelo a cura dell'Orchestra da Camera della
Brigham Young University diretta da Kori Katseanes. Al pianoforte proprio il maestro Massimiliano Frani,
coordinatore del Progetto insieme al dott Edoardo Guerra. Marco Dori © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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OSPEDALE DELL'ANGELO - Stasera un concerto di musica classica
08/05/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 16
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Nella Thailandia dei Travaglio i governi li fa il giudice
MAURIZIO STEFANINI
E cinque! Cinque premier destituiti in quello che ormai si merita in pieno il titolo di Paese dei sogni di Marco
Travaglio. E d'altra parte, non c'era qualche orientalista che in passato per la musicalità dei suoi suoni aveva
ribattezzato il thailandese «italiano d'Oriente»? Yingluck Shinawatra, 47 anni, primo ministro thailandese dal
5 agosto 2011, primo premier thailandese donna, premier più giovane della storia thailandese, sorella di quel
Thaksin Shinawatra che fu primo ministro dal 9 febbraio 2001 al 5 aprile 2006, è stata destituita dalla Corte
Costituzionale di Bangkok. Motivazione: abuso di potere, in relazione al trasferimento di un alto funzionario
poco dopo essere stata eletta. «Il suo status di primo ministro si è concluso», ha sentenziato il giudice
Charoon Intachan. Ed è il quarto primo ministro che è rimosso dalla Corte Costituzionale in sei anni: tutti
appartenenti alla stessa parte politica. Samak Sundaravej, primo ministro dal 29 gennaio 2008, era stato
rimosso l'8 settembre dello stesso anno. Motivazione: aveva violato alcune draconiane normative in materia
di par condicio e conflitto di interesse con l'apparire come presentatore in due popolari programmi tv di
gastronomia. Come se la Corte Costituzionale italiana destituisse Renzi perché si fosse messo a cucinare da
Antonella Clerici. Il suo successore Somchai Wongsawat, in carica dal 18 settembre 2008, è stato invece
destituito il 2 dicembre 2008 perché otto anni prima da ministro della Giustizia aveva sospeso un'indagine su
due funzionari accusati di corruzione. Nel contempo fu sciolto anche il partito «Potere del Popolo» cui Samak
Sundaravej e Somchai Wongsawat avevano appartenuto, e così primo ministro diventò automaticamente il
ministro della Sanità e vice-primo Ministro Chaovarat Chanweerakul. Motivo: era l'unico membro
indipendente del governo non appartenente a quel partito. Per questa stessa identica ragione però in capo a
15 giorni la stessa Corte Costituzionale tolse di mezzo anche lui, quando qualcuno fece osservare che la
legge prescriveva che il capo del governo fosse membro del Parlamento. Anche qui, Renzi avrebbe i suoi
guai. Dopo di che, primo ministro divenne il capo dell'opposizione Abhisit Vejjajiva, che però nel 2011 ha
semplicemente perso le elezioni di fronte al nuovo «Partito per i Thai» di Yingluck. Che aveva preso il posto
del disciolto partito «Potere del Popolo»; che aveva preso il posto del disciolto «Partito I Thai amano i Thai»
di Thaksin, che a sua volta era stato rimosso da un colpo di Stato militare. Appunto: quattro primi ministri
rimossi dalla Corte Costituzionale più uno da un golpe fa cinque. Aggiungiamo che Thaksin, popolare
imprenditore datosi alla politica, era stato soprannominato «il Berlusconi thailandese». E che dopo essere
stato rimosso dai militari è stato costretto all'esilio: neanche la sorella è riuscita a far passare un'amnistia per
permettere il suo rientro, e anzi a quel punto si è scatenata contro di lei sia la furia giudiziaria che la violenza
delle Camicie Gialle. Che sarebbero poi una via di mezzo tra i Girotondini e le Camice Nere di infausta
memoria: ma peraltro anche i seguaci di Thaksin si sono organizzati in un movimento di Camicie Rosse, che
quando era al governo Abhisit Vejjajiva gli avevano reso la vita altrettanto impossibile che non le Camicie
Gialle quando governavano Thaksin e i suoi seguaci. Tant'è che le ultime elezioni sono state appunto
boicottate dall'opposizione. Se uno volesse sforzarsi di essere ottimista a tutti i costi, un minimo motivo di
ottimismo lo si potrebbe pure trovare. Se non altro stavolta al governo di Yingluck sarà consentito di rimanere
in carica fino alla formazione di un nuovo esecutivo: a eccezione però dei ministri coinvolti nel trasferimento
«incostituzionale» dell'ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale Thawil Pliensri, che sono la maggior
parte. Nove. Peraltro il governo era già ad interim, dopo che per il boicottaggio dell'opposizione la Corte
Costituzionale aveva annullato il voto di febbraio, seguito allo scioglimento anticipato del parlamento a
dicembre, in risposta alla protesta delle Camicie Gialle, in risposta al tentativo di amnistia pro Thaksin. Nuove
elezioni sono ora previste: probabilmente per il 20 febbraio, anche se la data non è stata ancora ufficializzata.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Quarto premier destituito dalle toghe
08/05/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Sono 48 i medici denunciati in tutta Italia dalla Guardia di Finanza per truffa aggravata e peculato ai danni
dell'erario. I camici bianchi sono accusati di aver trattenuto illecitamente i compensi che spettavano alle
aziende sanitarie di appartenenza. I militari hanno segnalato anche 83 dirigenti medici per aver violato le
norme che disciplinano l'attività intramoenia, con un danno erariale di 6 milioni di euro.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Truffa da 6 milioni Denunciati 48 medici
08/05/2014
Libero - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:125215, tiratura:224026)
«La Lombardia non doveva reclutare medici per Stamina»
Credo che non ci fosse bisogno di questo appello». Risponde così il ministro della Salute Beatrice Lorenzin,
interpellata sulle dichiarazioni dell'assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Mario Mantovani, per
reclutare medici disponibili a praticare il trattamento Stamina.«Non ne vedo la motivazione», ha aggiunto il
ministro. «Oltretutto - ha sottolineato - i medici di Brescia sono stati sottoposti a un lavoro forzato nonostante
avessero chiesto più volte di avere un riscontro sul piano deontologico. Non sanno cosa stanno infondendo ai
loro pazienti, non si sa cosa c'è dentro. Ormai è chiaro che questo protocollo non ha avuto nessun brevetto,
nessuna fase di sperimentazione». Riguardo alle decisioni contrastanti dei magistrati, il ministro Lorenzin ha
constatato che «il problema esiste sicuramente. Noi abbiamo l'articolo 32 che sancisce il diritto alla salute e la
libertà di cura. Dall'altra parte - ha poi sottolineato dobbiamo ricordarci che i giudici ordinari decidono in base
a perizie sommarie. Quindi, c'è un problema più complesso e complessivo di rapporto tra scienza, legislatore
e magistratura, un rapporto molto delicato. Ma credo che questa esperienza qualche riflessione ce la debba
far trarre. Anche senza nuove norme - ha concluso - il Comitato scientifico potrebbe dare un parere cercando
di raggiungere una uniformità di atteggiamento su vicende delicate come questa».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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MINISTRO LORENZIN
08/05/2014
Il Tempo - Roma
Pag. 2
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Lite tra fratelli inizia in casa prosegue al pronto soccorso
5Una lite tra due fratelli di 39 e 44 anni, per poco non finisce in tragedia se a porre fine alla violenza non
fosse intervenuta la Polizia. La miccia si innesca nell'abitazione dei due quando il più piccolo dei due, viene
soccorso in ospedale per essere sottoposto a cure mediche. Mentre era in attesa del turno per la visita al
pronto soccorso è piombato il fratello maggiore che dopo aver afferrato una sedia si è scagliato ancora sul
fratello più piccolo. Sono intervenuti gli agenti delle Volanti che hanno effettuato una battuta vicino
all'ospedale per cercare di rintracciare l'aggressore. Intercettato vicino la sua abitazione a Primavalle, alla
vista delle divise ha estratto un taglierino ed una lametta iniziando ad auto lesionarsi. Attirato dalle urla,
giungeva anche il fratello che si è frapposto tra lui e i poliziotti cercando di calmarlo, ma approfittando del
momento l'uomo si barricava in casa. Inseguito dai poliziotti alla fine è stato bloccato. Terminati gli
accertamenti il 44enne è stato arrestato. Messo a disposizione dell'autorità giudiziaria dovrà rispondere di
tentato omicidio e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. Due agenti infatti, nel tentativo di fermarlo, sono
dovuti ricorrere a cure mediche.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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PRIMAVALLE
08/05/2014
L Unita - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:54625, tiratura:359000)
Il politico dell'Ndc relatore contro la sua stessa legge Emilia De Biasi (Pd): «Oscurata la parte del decreto sui
farmaci non appropriati» Vendola: «Non si #cambiaverso#»
JOLANDA BUFALINI ROMA
Una nomina «tragicomica», dice Patrizio Gonnella, presidente della associazione Antigone, a proposito della
scelta caduta su Carlo Giovanardi quale relatore del decreto che deve sostituire la Giovanardi-Fini, legge su
cui si è abbattuto il maglio della Corte costituzionale. Insomma, un calembour istituzionale ha portato Carlo
Giovanardi a cambiare cappello, da relatore di maggioranza dovrà argomentare a favore del nuovo testo che
smonta il vecchio, di cui è autore. I suoi ex sodali di partito, Maurizio Gasparri e Giacomo Caliendo, non
vedono la contraddizione: «La Giovanardi-Fini è stata bocciata per le procedure, non certo per un giudizio di
merito», però il decreto Lorenzin, ieri sera in discussione al Senato (alle 20 si è chiusa la presentazione degli
emendamenti) è molto diverso nel merito dalla legge che ha affollato le carceri italiane, dove il 40 per cento è
detenuto per violazione della legge sulle droghe, a cominciare dalla distinzione fra droghe pesanti e droghe
leggere. E infatti i forzaitalia già invitano Giovanardi a votare con loro per abolire la differenza. Lui, però,
sembra sia orientato a un ordine del giorno, che non è vincolante per il governo. «Dracula all'Avis», sospira
Patrizio Gonnella aggiungendo ingredienti alla pièce tragicomica. Intanto, il Forum Droghe ha scritto una
lettera al presidente del Senato Grasso e i suoi componenti hanno scelto il digiuno come forma di protesta (gli
appuntamenti in diverse città d'Italia sul sito del giornale online Fuoriluogo). Protestano anche il Cnca (il
coordinamento delle comunità di accoglienza) e Sel, Nichi Vendola mette insieme in un twitter la polemica sul
mercato del lavoro e quella su Giovanardi: «Il Pd affida ai diversamente berlusconiani di fare una legge sul
mercato del lavoro che condanna un'intera generazione alla precarietà eterna. Dopo di che il Pd affida a
Giovanardi il compito di rimediare ai disastri della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. #cambiaverso? Non
pare proprio». Emilia De Biasi, presidente della commissione Sanità al Senato, non vede lo scandalo: «Il Pd,
per la commissione sanità, ha scelto una persona seria e preparata come Amedeo Bianco. Alla giustizia Nitto
Palma, a cui spetta la nomina come presidente, ha scelto Giovanardi». D'altra parte - sostiene la senatrice «Non si può fare il processo alle intenzioni, Giovanardi è stato autore di una pessima legge ma può avere
cambiato opinione e, in ogni caso, quello del relatore è un ruolo responsabilizzante». E se il relatore
decidesse di votare con l'opposizione di destra? «In quel caso liberi tutti, si vota. Il testo attuale è molto
equilibrato e, secondo me, non va toccato». Il rammarico della presidente della commissione sanità è,
piuttosto, che la polemica su questo aspetto ha oscurato il lavoro molto importante, «che tocca la vita
quotidiana di tanti cittadini», fatto sull'uso non appropriato dei farmaci. È il caso, scoppiato due mesi fa,
Avastin - Lucentis. Due farmaci parimenti efficaci per la cura delle macule senili. Solo che il primo è
autorizzato per le cure oncologiche e, per la terapia molto più diffusa delle macule, viene prescritto in modo
improprio, cioè non autorizzato per quella specifica patologia. La differenza è nel prezzo: Avastin costa
intorno ai 40 euro mentre una iniezione di Lucentis ne costa 900. L'Antitrust ha condannato le case
produttrici, Roche e Novartis, a pagare una multa di 180 milioni di euro perché, sostiene l'Antitrust, le due
aziende «si sono accordate illecitamente per ostacolare la diffusione dell'uso di un farmaco molto economico,
Avastin, a vantaggio di un prodotto molto più costoso, Lucentis, differenziando artificiosamente i due
prodotti». Ora il testo oggi in commissione al Senato, spiega Emilia De Biasi, «avvia una regolamentazione
più stringente per avere garanzie maggiori, a cominciare dalla sperimantazione delle case farmaceutiche».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Droghe, rivolta contro la nomina di Giovanardi
08/05/2014
L Unita - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:54625, tiratura:359000)
Marina Militare: «Nessun rischio di malattie»
Nei giorni scorsi sono circolate a più riprese voci secondo le quali ci sarebbero degli allarmi sanitari in
relazione all'arrivo di un gran numero di migranti sulle nostre coste. Si tratta di voci infondate, come ha tenuto
a precisare la Marina militare ricordando che insieme al ministero della Salute e in collaborazione con le Unità
di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) ha messo in opera un efficiente sistema di sorveglianza
sanitaria a bordo dei mezzi navali impegnati nelle operazioni di soccorso ai migranti. Si tratta di un sistema di
alert con il quale vengono evidenziati i sintomi "sentinella" di una serie di malattie di interesse per la
collettività. I casi sospetti di malattie con interessamento dell'apparato respiratorio e febbre vengono segnalati
e "presi in carico" dalla sanità civile per l'iter diagnostico - terapeutico, fanno sapere dal ministero. Inoltre ,
sono state attivate tutte le misure previste per la prevenzione del rischio biologico, comprese quelle per la
prevenzione della trasmissione del bacillo tubercolare, indipendentemente dalla presenza reale di un caso di
TBC.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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IMMIGRAZIONE
08/05/2014
La Padania - Ed. nazionale
Pag. 11
(tiratura:70000)
El. Ga.
Cardiochirurgia è una delle tante eccellenze che fanno dell'Ospedale San Bortolo di Vicenza un modello della
miglior sanità veneta. Che battanogli americani è una sorpresa solo per chi non conosce abbastanza la
nostra realtà». Cosi il Governatore del Veneto Luca Zaia commenta con grande orgoglio gli eccezionali dati
sull'attività del reparto di cardiochirurgia del nosocomio vicentino, con 228 valvole cardiache operate, che
pone l'equipe del primario Loris Salvador in testa per numero di interventi a tutti i colleghi e le strutture
americane, davanti persino al "guru" della cardiochirurgia Usa David Adams, del Mount Sinai Hospital di New
York, che di questi interventi ne ha fatti 166. «Il dato-sottolinea il Governatore - non viene da noi, ma dal
database nazionale ufficiale dei cardiochirurghi americani, l'Sts, che di fatto certifica la nostra supremazia in
questa gara virtuosa a chi cura meglio i propri pazienti. Sono orgoglioso dei sanitari vicentini e dei risultati
raggiunti, che dimostrano come tra la nostra sanità e i più celebrati sistemi al mondo la differenza sia soltanto
d'immagine. Altrove - conclude il Governatore sono sicuramente più bravi a fare marketing; qui da noi
lavorano tanto, parlano poco e curano i malati al meglio e gratis». Sulla questione delle terapie oncologiche
riguardanti l'ospedale di Castelfranco Veneto e altri nosocomi della Regione, Zaia interviene precisando che
«non si tratta nient'altro che di quanto previsto dal Piano socio sanitario regionale approvato dalla Giunta e
dal Consiglio regionale e tradotto operativamente nelle schede ospedaliere allegate al piano stesso»: piano e
schede che prevedono la realizzazione di una rete oncologica veneta diretta dall'Istituto Oncologico Veneto di
Padova e in sinergia con le Università venete ed i centri di ricerca. Castelfranco Veneto avrà il ciclotrone, la
strumentazione per la preparazione dei radiofarmaci per tutto il Veneto Orientale, la chirurgia toracica e altri
reparti specialistici, creando un polo che arginerà l'emigrazione di malati oncologici verso il CRO di Aviano
(Ud).
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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Operazioni al cuore, Vicenza batte gli Usa in quantità e qualità
08/05/2014
Il Salvagente - N.19 - 8 maggio 2014
Pag. 37
(diffusione:49000, tiratura:70000)
Nasce la Slow medicine contro cure e farmaci inutili
Una medicina giusta e rispettosa. Che non ricorra a interventi di non provata efficacia. È il progetto che
prende piede anche in Italia.
Eleonora Cirant
Esami, farmaci e integratori, procedure mediche e chirurgiche di non provata efficacia o di provata inutilità
prescritti solo per abitudine o, peggio, per vantaggio economico. Il danno non è solo nello spreco di denaro,
riguarda anche la nostra salute. È partita nel 2012 negli Stati Uniti la campagna Choosing Wisely , che
propone al mondo medico e scientifico una revisione sistematica delle procedure per scegliere con saggezza
quelle davvero utili e appropriate. Utile e giusta In Italia il movimento sta acquistando spessore e visibilità
grazie a Slow medicine , un'associazione di professionisti e cittadini impegnata per una medicina sobria,
rispettosa, giusta . "Sobria", spiega il presidente Antonio Bonaldi , "perché non tutto quello che facciamo è
utile. Rispettosa, perché l'abitudine alla tecnologia non deve farci dimenticare la persona, con le sue emozioni
e i suoi sentimenti. Giusta, perché ci sono molti elementi che influenzano la salute, come le diseguaglianze
sociali". Il progetto è rivolto alle Società scientifiche di professioniste e professionisti della salute. E quelle che
aderiscono si impegnano a formare una équipe di studio per redigere e motivare una lista di cinque pratiche ,
nel gergo sono già diventate le "Top five", eseguite comunemente ma da evitare perché spesso inutili, talvolta
pericolose, e sempre costose. L'obiettivo è creare consapevolezza intorno a queste procedure e discuterne,
anche tra medici e tra medici e malati. Il precedente Usa Negli Stati Uniti la campagna Choosing Wisely ,
lanciata dall'American Board of Internal Medicine Foundation (Abim), ha ottenuto a oggi l'adesione di oltre 50
Società scientifiche, che hanno già stilato le proprie liste. Altre 30 saranno presentate nel corso del 2014.
Crescono ra pidamente anche le adesioni al progetto italiano, che Slow medicine ha lanciato con il titolo di
Fare di più non significa fare meglio . 7 liste sono già state definite e pubblicate, e sono disponibili sul sito
slowme di ci ne.it. Altre 17 Società scientifiche ci stanno lavorando, oppure hanno avviato la convenzione.
Negli Stati Uniti si valuta che almeno il 30% della spesa sanitaria sia dovuto a prestazioni che non portano
nessun beneficio ai malati. "In Italia - osserva Antonio Bonaldi - il rapporto tra risultati clinici e spesa pro
capite per la salute è uno dei migliori a livello internazionale ed è nettamente più favorevole rispetto a quello
statunitense. Nel nostro paese la spesa pro capite per l'assistenza sanitaria è inferiore alla media europea e i
risultati di salute mediamente superiori. Il problema, dunque, non è tagliare i costi, ma preservare la salute".
Foto: Nasce la Slow medicine...
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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UN NUOVO MOVIMENTO PER UNA SANIT À A MISURA DI PAZIENTE / Diritti Salute
08/05/2014
Il Salvagente - N.19 - 8 maggio 2014
Pag. 38
(diffusione:49000, tiratura:70000)
SE IN NOME DELLA PREVENZIONE SI RISCHIA DI FARE D'ANNI
Il medico elenca una serie di casi in cui, per prevenire una malattia che non si svilupperà mai, si prendono
provvedi menti sbagliati
Quale sia la misura dell'i incertezzache i professionisti e le professioniste hanno nel momento in cui devono
decidere se prescrivere o non prescrivere un intervento farmacologico o chirurgico, lo spiega V Vittorio
Basevi, ginecologo del Centro SaperiDoc, Centro di documentazione sulla salute perinatale e riproduttiva:
"Esiste una raccolta di revisioni sistematiche che prende in considerazione oltre 3.500 interventi terapeutici e
li classifica in base all'efficacia. Del 50% degli interventi inclusi in questa raccolta di revisioni sistematiche non
conosciamo il profilo di sicurezza, non sappiamo cioè se siano più di beneficio o di danno. Gli interventi di
provata efficacia, o probabilmente efficaci, sono intorno al 30%. Un 20% di interventi produce danni, se non è
inutile. Nella maggioranza dei casi lavoriamo su interventi inutili o dannosi". Strettamente collegato
all'incertezza nel trattamento è il problema della s sovra-diagnosi , cioè la frequenza con cui è diagnosticata
una condizione patologica che tuttavia non si sarebbe mai manifestata in una malattia. Nei capitoli che
seguono Basevi spiega in quali occasioni si verifica la sovra-diagnosi. INTERVENTI E PROCESSI DI
SCREENING Lo screening ha la funzione di riconoscere una condizione patologica prima che questa si sia
manifestata. Alcune delle persone che risulteranno positive allo screening in realtà non svilupperanno la
malattia e alcune che risulteranno negative allo screening avranno invece la malattia: sono i f falsi positivie if
falsi negativi. È inevitabile, fa parte del sistema stesso. Di fatto, quando proponiamo uno screening
dovremmo essere in grado di avvertire le persone della possibilità che quanto emerge dall'esame è un
risultato falsamente positivo e che quindi quella persona andrà incontro a un periodo di incertezza, di ansia e
di preoccupazione. Vi sono delle condizioni in cui questa presenza di falsi positivi è molto elevata. Uno degli
interventi di screening più diffusi e più discussi proprio per la presenza di falsi positivi e quindi di sovradiagnosi è lo screening per ilc carcinoma della mammella, rispetto al quale c'è un grande dibattito. Sappiamo
che siamo intorno a percentuali tra il 20% e il 30%, u una donna su cinque, di casi in cui la diagnosi di
carcinoma della mammella non si conferma come tale. ABBASSAMENTO DELLE SOGLIE DI CRITICITÀ C'è
una tendenza abbastanza diffusa ad abbassare la soglia oltre la quale una persona viene diagnosticata come
malata. Questo è i il caso tipico della ipertensione. Si sono abbassate le soglie di valori di pressione arteriosa
al di sopra della quale si giudica una persona ipertesa. Abbassando queste soglie aumentano le diagnosi e i
trattamenti di ipertensione, ma nessuno è stato in grado di dimostrare che all'aumento delle persone trattate
corrisponda una diminuzione di mortalità per conseguenze dell'ipertensione. Un altro esempio. Si sono
abbassate le soglie al di sopra delle quali viene diagnosticato il d diabete in gravidanza, però le informazioni
che abbiamo a disposizione e gli studi che sono stati condotti ci dicono che in realtà la morbosità e la
mortalità neo-natale non si riducono come conseguenza di trattamenti più precoci, più intensivi e
maggiormente mirati a modificare questa condizione che viene chiamata diabete gestazionale. Quindi
aumentiamo le diagnosi e i trattamenti ma non siamo in grado di mostrare che questo migliori
complessivamente la salute delle mamme. STRUMENTI SEMPRE PIÙ RAFFINATI La terza modalità
attraverso cui si manifesta la sovra-diagnosi è rappresentata dalla disponibilità e dall'uso sempre più
frequente di strumenti diagnostici raffinati. Non siamo stati in grado di dimostrare che questa raffinatezza
diagnostica si traduca poi in miglioramento delle condizioni di salute e riduzione delle patologie. In alcuni casi
abbiamo la possibilità di dimostrare che non c'è nessun impatto, in alcuni casi l'impatto non viene valutato. Un
esempio è quello dello screening per il t tumore della tiroide. L'incidenza dei tumori della tiroide è andato
aumentando man mano che si sono raffinate le tecniche diagnostiche, la mortalità è rimasta uguale perché
evidentemente di nuovo si vanno a diagnosticare dei tumori della tiroide che non si sarebbero mai
manifestati, non avrebbero mai dato conseguenze, non avrebbero mai compromesso la vita delle persone
nelle quali si sono sviluppate. COME ORIENTARSI? Il consiglio è parlare ogni volta che viene proposto un
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VITTORIO BASEVI , GINECOLOGO DEL CENTRO SAPERIDOC
08/05/2014
Il Salvagente - N.19 - 8 maggio 2014
Pag. 38
(diffusione:49000, tiratura:70000)
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test di screening o un intervento preventivo. Ogni volta è necessario discutere approfonditamente, chiedendo
al professionista o alla professionista quali sono i vantaggi, gli svantaggi e il rapporto danni/benefici di quel
preciso intervento. Chiedendo anche perché come abbiamo visto non è raro quali incertezze ci sono rispetto
all'efficacia di quell'intervento e quali sono i dubbi rispetto alle ricadute negative.
Foto: Se in nome della prevenzione...
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Il Salvagente - N.19 - 8 maggio 2014
Pag. 40
(diffusione:49000, tiratura:70000)
E IN GRAVIDANZA FARE MENO, SPESSO È FARE MEGLIO
Andria, associazione scientifica di operatori e operatrici nel campo della salute riproduttiva e della nascita,
definirà a maggio la lista di cinque pratiche di cui discutere "per fare meno e fare meglio".
L'autofinanziamento dell'associazione le garantisce l' indipendenza dagli interessi delle industrie
farmaceutiche. E, a differenza di altre società scientifiche italiane, prevede la sinergia di ginecologi/e e
ostetriche . Forse anche per questi motivi è la prima Società scientifica nel settore della ginecologia che
aderisce al progetto di Slow medicine. L'assistenza alla gravidanza e al parto è un campo in cui l'Italia non
brilla né per sobrietà, né per rispetto delle donne, né per giustizia. Il dato più noto è quello del più alto numero
in Europa di parti cesarei, ma la lista di pratiche non sempre utili e potenzialmente dannose non finisce qui. A
nita R egalia , ginecologa dell'Ospedale S. Gerardo di Monza e relatrice al congresso di Andria, tra molti
esempi ne sceglie due: "In gravidanza vengono prescritti gli esami del sangue tutti i mesi, soprattutto per
l'anemia. Spesso con la prescrizione di integratori. È inutile: si è visto che gli integratori non servono, a donne
sane e ben nutrite come sono le italiane. L'altro grosso capitolo e quello delle ecografie . In Italia se ne
prescrivono in media 5-6 per donna: sono ugualmente distribuite sulle gravidanze fisiologiche e patologiche,
e quindi non lo facciamo per motivi di salute. In una gravidanza fisiologica un'ecografia o al massimo due
sono più che sufficienti. In Svezia, ad esempio, ne prevedono una sola". "Le prove di evidenza si definiscono
sull'analisi di eventi che coinvolgono un numero elevato di persone, divise per gruppi di studio e di controllo. I
dati che ricaviamo da queste analisi offrono certezze e tuttavia non vengono seguite. Un esempio è l'utilizzo
di routine della cardiotocografia in travaglio. Questa pratica produce il 40% dei parti cesarei. Viene praticata
anche al di fuori di gravidanze a rischio. Perché? Nelle scuole di specialità la medicina dell'evidenza non
viene percorsa con sufficiente rigore", spiega L uana D anti , ginecologa della clinica ostetrico-ginecologica
dell'Università di Brescia. L'altro tema è il rispetto dei sentimenti, troppo spesso trascurato nel rapporto tra
medici e pazienti: "La fiducia in se stessi è dannatamente importante e di rado le persone ce l'hanno. Il
medico può fare molto in questo senso". L'articolo "Cinque cose che ostetriche e ginecologhe/i non
dovrebbero fare", ossia la T op five presentata dalla Società di medicina maternofetale statunitense per
Choosing Wisely, è stato nell'ultimo mese il più letto della sezione di M edscape dedicata alla ginecologia e
ostetricia. E dunque, afferma la presidente di Andria, D ebora B alestreri ,"data la visibilità di Medscape,
portale di informazione specializzata dedicato a medici e ricercatori, ne deduciamo che questo elenco di
cinque cose da non fare è stato, nel nostro campo, l'articolo più letto al mondo. Segno che le cose si stanno
muovendo rapidamente" .
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LE PRATICHE DA EVITARE PER LA SOCIET À SCIENTIFICA ANDRIA
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Panorama - N.20 - 14 maggio 2014
Pag. 33
(diffusione:446553, tiratura:561533)
Le cicatrici che accelerano il tumore
Sono piccole modifiche al Dna cellulare. Scoperte da ricercatori italiani, serviranno per cure personalizzate.
Daniela Mattalia)
Il tumore è un nemico che dà filo da torcere perché, per crescere nel nostro corpo, usa le stesse armi che
permettono all'organismo di sopravvivere, armi affinate in millenni di evoluzione. Uno dei passaggi nella
trasformazione di una cellula da normale a cancerosa è stato ora individuato (grazie anche ai finanziamenti
dell'Airc, Associazione italiana per la ricerca contro il cancro) dal gruppo di Enrico Vittorio Avvedimento, a
capo di un'unità del dipartimento di medicina molecolare e biotecnologie mediche all'Università Federico II di
Napoli. I ricercatori hanno visto che ogni volta che il Dna si rompe (per cause diverse, dai raggi solari
all'inquinamento), i meccanismi riparatori, semplici e veloci, lasciano sulla cellula una sorta di «cicatrice»: una
piccola modifica che può cambiare il modo in cui il gene riparato viene espresso, riducendone l'attività. «Se il
Dna si rompe vicino a un gene che fa da freno alla crescita cellulare, con il tempo la cellula prolifica sempre
più: l'inizio, potenzialmente, del cancro» spiega Avvedimento. Avere scoperto che la diffusione di un tumore è
favorita da questi segni sul Dna ha implicazioni concrete nella pratica clinica. «Noi abbiamo studiato le cellule
leucemiche, prevedendone l'evoluzione in base alla presenza o assenza delle cicatrici». Nello studio, le
cellule che mostravano particolari cicatrici sui geni soppressori, ossia i freni, crescevano meglio delle altre ed
erano anche più resistenti alla terapia. Contando le cellule con cicatrici sui geni-freno si potrà così predire, su
base individuale, se la terapia avrà successo «Poniamo il caso di un malato al quale, dopo un anno di
trattamento, il medico dice "lei è guarito". Se però le cicatrici sono ancora lì, nelle cellule superstiti, il tumore
facilmente tornerà» dice Avvedimento. Non solo. Gli antitumorali, che rompono il Dna, possono generare
cellule con molte cicatrici. «Seguendo le modifiche epigenetiche del cancro scopriamo che i farmaci talvolta
ne affrettano l'evoluzione, in settimane anziché anni; sarebbe quindi meglio non intervenire con una cura
decisa a priori ma scegliere una terapia specifica per quella persona e quel particolare tumore, in base alla
tipologia delle cicatrici» conclude Avvedimento. ( L'AZALEA DELL'11 MAGGIO Domenica 11 maggio,
acquistando una piantina di azalea, simbolo della battaglia che l'Airc conduce contro i tumori, si contribuirà a
finanziare la ricerca. Tel: 840.001.001 www.airc.it
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SCENARI FRONTIERE
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Panorama - N.20 - 14 maggio 2014
Pag. 36
(diffusione:446553, tiratura:561533)
I vegetariani sono più malaticci?
Una singolare e discussa ricerca austriaca apparsa sull'autorevole rivista scientifica Plos One suggerisce che
chi segue una dieta a base vegetale è più a rischio di allergie, tumori, ansia e depressione. Consuma più
farmaci e riporta condizioni di salute generalmente peggiori. Ci avevano sempre detto che la carne fa male, si
erano sbagliati?
testo raccolto da Riccardo Meggiato
di Natalie Burkert Ricercatrice all'Istituto di medicina sociale ed epidemiologia all'Università di Graz (Austria).
Lo scopo della nostra ricerca era analizzare abitudini alimentari diverse in rapporto alle condizioni di salute.
Abbiamo seguito 1.320 individui, divisi in quattro gruppi: 330 vegetariani, 330 che consumano carne ma
anche molta frutta e verdura, 330 moderatamente carnivori e 330 che mangiano grandi quantità di carne.
Ogni gruppo è stato intervistato su caratteristiche sociodemografiche, malattie, cure mediche e aspetti
psicologici. Mentre le diete basate sul consumo di vegetali sembrano associate a un rischio minore di
contrarre alcune malattie, una dieta vegetariana restrittiva e monotona espone al rischio di deficit nutrizionali.
Dalla nostra indagine emergono grosse differenze sul versante salute, peggiore nei vegetariani. Chi basa la
propria alimentazione solo sui vegetali soffre maggiormente di allergie (30,6 per cento in più), cancro (4,8 per
cento) e disturbi psichiatrici quali ansia e depressione (9,4 per cento). Nessuna differenza invece per le
malattie vascolari. È comunque il gruppo dei vegetariani, rispetto a coloro che seguivano una dieta
moderatamente carnivora, a consultare più spesso il medico, a consumare più farmaci e a riportare una
maggiore frequenza di malattie croniche. Va anche detto che i vegetariani si vaccinano meno e fanno meno
checkup medici. In conclusione: i vegetariani da noi considerati riportano una qualità della vita e della salute
inferiore, anche se non possiamo stabilire in modo definitivo se la dieta adottata sia la causa dei loro
problemi. di Luciana Baroni Medico specialista in neurologia, geriatria e gerontologia, presidente della
Società scientifica di nutrizione vegetariana. Studi prospettici, studi di intervento e metanalisi sono gli unici in
grado di stabilire rapporti di causa-effetto tra la dieta e la salute. I primi seguono nel tempo molti soggetti sani
al momento del reclutamento: si isola chi sviluppa una data malattia e si confrontano i vari gruppi dietetici
(onnivori, lattoovo-vegetariani e vegani). Gli studi di intervento invece confrontano malati che seguono una
dieta vegetariana con un gruppo di controllo. Le metanalisi, infine, analizzano i dati di più studi. Tutto ciò
dimostra che un'alimentazione basata sui cibi vegetali e senza carne porta benefici. Gli studi di intervento sui
pazienti hanno evidenziato che, in malattie come diabete, obesità, cardiopatia ischemica, tumore alla
prostata, le diete vegetariane hanno un significativo effetto terapeutico. Gli studi prospettici sui vegetariani,
che sono iniziati negli anni '70 e hanno finora reclutato oltre 200 mila soggetti, indicano che rispetto agli
onnivori i vegetariani hanno un rischio ridotto per tutti i tipi di cancro e per alcuni tumori in sedi specifiche
(gastrointestinale, sangue, apparato sessuale femminile), oltre che di malattie cardiovascolari, diabete tipo 2,
malattia diverticolare e cataratta. Una recente metanalisi (apparsa lo scorso aprile su Jama) conferma poi che
la dieta vegetariana ha un ruolo protettivo e terapeutico sulla pressione arteriosa. Infine, è consistente
l'evidenza che i vegetariani sono più magri e hanno valori di colesterolo più bassi rispetto alla media della
popolazione.
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SCENARI FRONTIERE
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Panorama - N.20 - 14 maggio 2014
Pag. 48
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i paradisi dove vivere low cost
La crisi. I soldi che non bastano. Una serie di accordi tributari bilaterali che riducono il peso delle tasse sulla
pensione. Così aumenta il numero degli italiani che lasciano tutto e vanno all'estero verso paesi più
vantaggiosi. Che con una rendita di 1.300 euro al mese permettono una vita agiata.
Gianluca Ferraris e Franca Roiatti Foto di Stefano De Grandis
Costa Rica di Gianluca Ferraris e Franca Roiatti Foto di Stefano De Grandis e ne vanno. Partono. E non
tornano. Gli italiani che emigrano là dove il costo della vita è inferiore sono in costante aumento. I motivi? Le
loro pensioni, per esempio: negli ultimi 15 anni hanno perso il 33 per cento del potere d'acquisto, il loro valore
è sceso in media del 5,1 per cento. Così in molti, soprattutto dai 55 anni in su, decidono di cercare altrove
uno scampolo di paradiso dove vivere (molto) meglio con 1.000 euro al mese. E non necessariamente a
migliaia di chilometri: «Negli ultimi anni i trend si sono invertiti: i giovani puntano ad Australia, Cinae Stati
Uniti» osserva Massimo Dallaglio, inventore nel 1998 di Mollotutto. com. «Pensionati e pensionandi, invece,
preferiscono Europa e Nord Africa, a portata di voli low cost». Tunisia e Bulgaria sono in testa, ma anche
Spagna e Isole Canarie hanno un costo della vita contenutoe privilegi fiscali. «Ricevo almeno una decina di
email o telefonate al giorno» dice Andrea Mucciolo, titolare dell'agenzia Galassia Arte, che in febbraio ha
aperto un'attività di consulenza per pensionati che vogliono trasferirsi in Bulgaria. «A me si rivolge anche chi
prende 500 euro al mese, ma in quel caso sconsiglio: Sofia costa la metà dell'Italia, ma per vivere servono
almeno 800 euro al mese». Chi decide di espatriare lo fa sempre più informato, osserva Nicos Bertani,
fondatore di Vivi il mondo, agenzia che fa intermediazione immobiliare e assistenza fiscalea chi vuole
trasferirsi. «Ormaii pensionati rappresentano metà della clientela e continuano ad aumentare: sono i soli a
disporre di una rendita. Quando arrivano hanno già selezionato un ventaglio di mete adatte al loro budget»
prosegue Bertani. «E c'è una verae propria gara tra paesia offrire condizioni vantaggiose agli over 60». La
rivista Usa International living da 30 anni sforna consigli agli americani che vogliono espatriare. L'ultima
classifica sulle migliori destinazioni dopo la pensione elenca Panama, Ecuador, Costa Rica, Belize, Malesia,
Messico: paesi che, come il Guatemala, hanno programmi per attrarre stranieri «maturi». A Panama per
diventare «pensionado» bastano una pensione di 700 euroe un età minima (55 anni per le donne, 60 per gli
uomini) per ottenere uno sconto automatico del 50 per cento su cinema ed eventi culturalie sportivi, il 30 per
cento sui trasporti, esenzione per l'importazione di beni di lusso. In Costa Rica con la stessa cifra si gode di
un regime fiscale ultraagevolato.E la tassa sugli immobiliè allo 0,25 per cento. Non è per questo, però, che
Gabriele Rivolta, 56 anni, ex commercialista di Monza, siè trasferito in Costa Rica ingrossando le file di quei
30-35 mila italiani che vivono nel paese: «Ho scelto il clima, la natura e la mitezza degli abitanti. L'unico
ostacolo, per un commercialista preciso come me, è stata l'approssimazione: dagli orari alla vita in genere»
dice. Il Costa Rica è uno dei paesi più cari dell'area, ma con una pensione media (da 1.500 a 2 mila euro lordi
al mese) e qualche risparmio si può vivere molto bene. Qui sanità, trasporti, scuolee ospedali sono di ottimo
livello.E la criminalitàè bassa, anche nei grandi centri. La Tunisia, cheèa meno di2 ore di volo dall'Italia,
permette anche di accrescere il valore della pensione: si paga un'aliquota dal 15 al 35 per cento, ma solo sul
20 per cento del reddito; l'altro 80 è esente. «In Bulgaria i pensionati non pagano proprio le tasse» dice
Claudio Chiffi, 63 anni, che vive a Varna sul Mar Nero. «Trasferendo la residenza si guadagna di colpo
almeno il 30 per cento». Chiffi frequentava la Bulgaria da anni, per lavoro. Alla nascita del figlio, che oggi ha6
anni, era tornato in Puglia: voleva garantirgli un futuro migliore. Non poteva permetterselo, ha fatto marcia
indietro. Il ticket per una visita medica in Bulgaria costa 1,5 euro, il consulto di uno specialista sui 15, una colf
fissa 150 euro al mese. «E l'assicurazione per qualsiasi tipo di auto costa solo 80 euro all'anno» conclude.
Chi progetta la fuga in Bulgaria spesso sogna di trovare una compagna in loco: «Su internet sono nate
agenzie per pensionati soli» dice Mucciolo. È così che Adriano Bussolari, 65 anni da Tradate, ha incontrato
Svetlana: nel 2009 l'ha sposatae ha lasciato la Lombardia per trasferirsi in «un casermone socialista nel
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copertina
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centro di Sofia» racconta. Non sarà bello, ma, dice, «è solido e sorge di fronte a un parco dove faccio lunghe
passeggiate» Con 1.400 euro di pensione Bussolari in Italia faticava: «Qui vado al ristorante con mia moglie
anche ogni sera». Luciana, 68 anni, e Adolfo, 75, pensionati bolognesi, hanno scelto le Canarie. «Avevamo
pensato a Mauritius, dove un nostro amico aveva un resort» confidano «ma i figli si lamentavano perché
eravamo lontani. Così siamo venutia Fuerteventura, dove viviamo6 mesi l'anno in una casa da 50 metri che
ha tutto, anche internet: paghiamo 400 euro al mese».I due bolognesi ora vogliono trasferirsi definitivamente:
«La vita è semplice, costa il 40-50 per cento in meno». Adolfo pensa di guadagnare sulla pensione: «In
Spagna, fino ai 22 mila euro all'anno, non si pagano tasse; oltre quella cifra si arriva al massimo al 15 per
cento». Franca Pozzer, 68 anni, è allergica alle isole. Così ha preferito stabilirsi a Torrevieja, buen retiro
spagnolo per molti pensionati, sulla Costa Blanca, a sud di Alicante. «Sono qui dal 2006; gestivo un'agenzia
immobiliare, ho visto nasceree scoppiare la bolla». Oggi un appartamento di 70 metri con giardino o terrazzo
in un complesso con piscina si compra con 80 mila euro «e le spese condominiali non superano i 450 euro
l'anno» puntualizza. Ciò che ha spinto molti via dall'Italia è la voglia di scrollarsi di dosso burocrazia e fisco,
ma anche la cappa di rassegnazione. Davide Gissi, 52 anni ed ex brigadiere dei carabinieri in pensione
anticipata per motivi di salute, si è spinto fino a Cebu, nelle Filippine, 600 kma sud di Manila: «Qui c'è il clima
che immagino vivesse l'Italia del boom: voglia di fare, entusiasmo...» esclama. «Ho una pensione di poco
meno di 1.700 euro nettie vivo molto bene; in realtà qui ne bastano 900-1.000». Una cena al ristorante costa
al massimo 8-9 euro e i medicinali si pagano poco più della metà. «Da 2 anni vivo in pantaloni corti e
canottiera». Fulvio Gros, ex artigiano di Pinerolo, ha girato a lungo. Alla fine ha scelto Sosua, al nord della
Repubblica Dominicana, dove sta costruendo una villa da 300 metri con piscinae pannelli fotovoltaici: «A
Sanremo mi avevano chiesto più di 1 milione di euro, qui ne spenderò al massimo 300 mila» riassume. «E
non ci sono redditometri né spesometri: vuoi un'auto di grossa cilindrata? Se hai i soldi la compri e la cosa
finisce lì». E per un piatto di pesce con contorno al ristorante si paga anche meno di 3 euro. Agli italiani,
ultimamente, piace molto anche il Madagascar, al largo del Mozambico: «È una destinazione adattaa
persone più avventurose» sentenzia Gianni Dematteo, 60 anni che da9 vivea Tulear, nel sud: «I malgasci
sono tranquilli ma la corruzione è alta» ammette. «Con 120 euro si affitta una casa con wi-fi; una colf che
viene tutti i giorni guadagna 40 euro al mese; un chilo di pollo ne costa 2,5, il pesce meno di 1. Certo, la
Nutella è cara: 9 euro». Aldo Sunseri, un ex pellicciaio di Palermo che vive nella capitale Antananarivo dal
2001 ed è il decano degli italiani, lamenta che il Madagascar non abbia una convenzione per evitare la
doppia imposizione: «Noi paghiamo le tasse in Italia, però l'interesse per il paese cresce. Ricevo molte email,
anche di cinquantenni. Un ingegnere mi ha appena contattato perché la sua azienda è fallita e vuole rifarsi
una vita qui con moglie e figli».
Le nuove mete degli italiani
Ecco i 7 paesi verso i quali oggi si sta indirizzando l'emigrazione italiana, fatta soprattutto di pensionati. Per
ogni paese, la distanza è calcolata in ore di volo da Milano. La voce «costo della vita» individua alcuni beni e
servizi calcolati in base a una media nazionale: per un confronto con l'Italia (tratto dalla stessa fonte,
Numbeo. com), il pranzo costa 50 euro; la bottiglia di Coca-Cola 1,90 euro; il litro di latte 1,25 euro; un litro di
benzina verde 1,78 euro; l'affitto 460 euro. Per ogni paese il reddito nazionale pro capite è calcolato in euro
lordi annui a parità di potere d'acquisto, nel 2013: quello italiano era di 25.018 euro.
rep. dominicana
Distanza dall'Italia: 10 ore e 10 minuti (Santo Domingo).
Formalità di trasferimento I titolari di pensione o rendita non inferiore a 1.500 dollari al mese (1.080 euro)
possono ottenere il permesso di residenza in 45 giorni. Lo status dà diritto ad alcune agevolazioni, tra le quali
l'esenzione del 50 per cento delle tasse sulle proprietà immobiliari.
Reddito pro capite
6.964 euro annui Costo della vita Un pranzo per due in un ristorante medio 21,00 euro Una Coca-Cola 0,60
euro Un litro di latte 0,90 euro Un litro di benzina 1,10 euro L'affitto di un piccolo appartamento in centro città
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Panorama - N.20 - 14 maggio 2014
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(al mese) 310,00 euro
Il decalogo per un trasloco definitivo
Cosa è necessario sapere (o chiedersi) prima di partire? Ecco le regole di Alessandro Castagna, fondatore
del sito Voglioviverecosì.com.
52 Panorama | 14 maggio 2014 1. Fare un bilancio È fondamentale partire dal budget mensile e, in base a
quello, decidere la destinazione finale. Ci sono paesi dove si vive bene con 800 euro al mese, altri nei quali
serve un reddito più alto. 2. Parlarne in famiglia Se si è in due, è bene discutere apertamente dei propri
desideri e delle aspettative. Se uno dei partner è obbligato a scendere a compromessi troppo pesanti, forse è
il caso di cambiare meta. 3. Verificare sul luogo Trascorrere un po' di tempo nel luogo prescelto (o in più
luoghi), così da farsi un'idea precisa della qualità e del costo della vita o del livello dei servizi. Il «sentito dire»
e le foto dei cataloghi turistici non bastano. Mai. 4. Valutare anche l'ipotesi di un pensionamento all'estero
solo part-time Cambiare paese a 60 anni può non essere facile, quindi perché non procedere lentamente? Si
può mantenere la residenza abituale e poi risiedere per periodi medio-lunghi all'estero. Il cambiamento
risulterà più graduale e naturale. 5. Informarsi con attenzione sulle formalità burocratiche I paesi extra Ue
richiedono quasi sempre un visto e, in certi casi, il visto per i pensionati prevede vie alternative. Alcuni paesi
dispongono anche di programmi ad hoc per i pensionati con interessanti agevolazioni. 6. Calcolare le tasse
Prima di partire, è bene prendere informazioni accurate sul regime fiscale del paese. C'è il rischio che la
pensione venga tassata due volte? Mi conviene pagare le tasse in Italia o prendere la residenza nel paese
prescelto e quindi pagarle lì? 7. Attivare la copertura sanitaria Pubblica o privata non importa, meglio essere
preparati prima di partire. Posso fidarmi della locale sanità pubblica? In quali casi paga la Asl italiana? Ed è
meglio sottoscrivere una polizza sanitaria privata? 8. Prepararsia vivere in modo più rilassato Sembra facile,
ma è un esercizio che bisogna cominciare a fare in Italia: rilassarsi e soprattutto fare quel che piace
veramente. 9. Imparare la lingua del paese di destinazione Non ci si potrà mai integrare veramente senza
conoscere (almeno un po') la lingua del paese in cui si va a vivere. 10. ...e poi fatelo! Semplicemente, fatelo!
Non lasciare che le paure prendano il sopravvento: se davvero ve la sentite, fate le valigie e andate. C'è
sempre tempo per prendere un aereo e tornare. Oppure per volare verso un'altra destinazione. Tu lasceresti
l'Italia per vivere all'estero? E se sì, perché? Di' la tua sulla pagina Facebook di Panorama.
Queste le norme per fisco e sanità
tutto quello che c'è da sapere su tasse e assistenza sanitaria, in caso di espatrio. l Se il pensionato mantiene
la residenza in Italia, è qui che pagherà le tasse; se risulta residente all'estero per almeno 183 giorni l'anno è
soggetto al fisco dello stato dove risiede. Se il paese è tra quelli che hanno stipulato con l'Italia una
convenzione per evitare la doppia imposizione (come Tunisia, Bulgaria, Filippine, Ecuador, Spagna: per la
lista completa vedere il sito del ministero delle Finanze o dell'Inps), il pensionato potrà ottenere una
detassazione totale o parziale della pensione versata dall'Inps. . l Se il paese dove si risiede ha siglato
l'accordo con l'Italia, l'Inps verserà al pensionato la pensione lorda (che poi sarà assoggettata al fisco del
paese estero, spesso più favorevole). Questa procedura non è automatica e va chiesta all'Inps. l In genere i
pensionati della funzione pubblica sono costretti a pagare le tasse in Italia. l Per ottenere l'assistenza
sanitaria nei paesi dell'Ue, Svizzera e Spazio economico europeo (Islanda, Norvegia, Lichtestein) a carico
dell'Italia, bisogna trasferire la residenza nello stato estero e compilare il modello S1. Il modello si scarica dal
sito del ministero della Salute e va presentato all'ufficio assistenza sanitaria all'estero. l L'Italia ha firmato
convenzioni che danno diritto alla copertura sanitaria degli italiani residenti in alcuni paesi non Ue: Australia,
Argentina, Brasile, Capo Verde, Città del Vaticano, Macedonia, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina,
Principato di Monaco, San Marino e Tunisia. l Gli italiani residenti all'estero che non hanno copertura
assicurativa hanno diritto alle prestazioni ospedaliere urgenti e a cure gratuite in Italia per un periodo
massimo di 90 giorni all'anno.
Foto: dall'alBuM di un eMigrante nelle pagine di questa cover story, alcune immagini di diego Piscitello, 60
anni, ex tranviere torinese pensionato nel 2009, e oggi residente con la moglie in tunisia. in questa foto,
08/05/2014
Panorama - N.20 - 14 maggio 2014
Pag. 48
(diffusione:446553, tiratura:561533)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
52
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Piscitello alla partenza in nave per Hammamet dal porto di Palermo (la sua storiaèa pagina 54).
Foto: diego in viaggio Piscitello esce da casa a Torino con la valigia; arriva all'imbarco del traghetto per la
Tunisia, a Palermo; è a bordo della nave. il suo trasferimento definitivo è avvenuto nel gennaio 2014.
08/05/2014
Il Fatto Quotidiano
Pag. 2
(tiratura:100000)
Formigoni ci prova: "Contro di me un iter del tutto anomalo"
Gianni Barbacetto
Milano La Cassazione smonta, almeno in parte, il processo a Pierangelo Daccò, considerato dalla Procura di
Milano il faccendiere che faceva ottenere finanziamenti milionari della Regione Lombardia, allora guidata da
Roberto Formigoni, ai padroni della sanità privata, San Raffaele e Fondazione Maugeri. Per il San Raffaele,
Daccò era stato condannato a dieci anni in primo grado, con pena ridotta a nove in appello. Ora la suprema
corte ha parzialmente annullato la condanna, stabilendo che si dovrà celebrare un nuovo processo d'appello
su alcuni dei capi d'imputazio ne. Il faccendiere era stato condannato nel giugno 2013 per concorso in
bancarotta e associazione per delinquere finalizzata a frodi fiscali, appropriazione indebita e distrazione di
beni. Secondo l'accusa, Daccò aveva contribuito a creare il buco miliardario del San Raffaele di don Luigi
Verzè, distraendo dalle sue casse una trentina di milioni. I capi d'imputazione distinguevano diverse partite:
tra queste, l'acquisto di un aereo usato da Verzè e dai vertici dell'ospedale e diversi finanziamenti finiti ad
alcuni imprenditori, fornitori del San Raffaele. Alcuni di questi, secondo la Cassazione, sono da ridiscutere nel
nuovo processo d'appello. Sono però confermate le imputazioni più pesanti: l'associazione a delinquere e il
concorso in bancarotta per l'acquisto dell'aereo e per i finanziamenti all'imprenditore Pierino Zammanchi.
FORMIGONI, PROTAGONISTA dapprima invisibile dei casi San Raffaele e Maugeri, è stato poi indagato e
rinviato a giudizio per corruzione, per i finanziamenti che avrebbe ottenuto da Daccò (in vacanze e "altre
utilità") in cambio di finanziamenti regionali per 200 milioni fatti arrivare in dieci anni alla Fondazione Maugeri.
Il processo si è appena aperto a Milano, ma l'ex presidente della Regione e attuale senatore Ndc si è inserito
nello scontro in corso davanti al Csm tra il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il procuratore
Edmondo Bruti Liberati. Ha a sua volta presentato un esposto a Palazzo dei Marescialli in cui sostiene che
sono state condotte nei suoi confronti indagini illegali. Quanto denunciato da Robledo, ha scritto Formigoni,
"mi induce a valutare sotto diverso aspetto la concreta gestione del procedimento a mio carico da parte di
quegli stessi magistrati che, ad avviso di Robledo, si sarebbero indebitamente 'impossessati' del fascicolo
che mi riguarda secondo tempistiche e modalità non in linea non solo con i criteri di ripartizione interna, ma
persino con i principi fondanti dell'esercizio dell'azione penale". Formigoni ha parlato anche di "rilevanti
anomalie" nelle indagini che lo hanno portato sotto processo per corruzione.
Foto: IL CASO DACCÒ Ieri la Cassazione ha annullato in parte la condanna a carico del faccendiere,
mediatore negli appalti della sanità lombarda
Foto: Roberto Formigoni
Foto: La Pre ss e
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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SAN RAFFAELE
08/05/2014
La Notizia Giornale
Pag. 11
Trattenevano i soldi che spettavano al Servizio sanitario
Sono 83 in tutta Italia i medici, dipendenti da varie aziende sanitarie, segnalati alla Corte dei conti dalla
Guardia di finanza per violazioni alle norme che disciplinano l'attività intramoenia, con un danno erariale di
5,9 milioni di euro. 48 di loro sono stati anche denunciati all'autorità giudiziaria per truffa aggravata e, in
alcuni casi, peculato, per aver trattenuto illecitamente compensi spettanti al Servizio sanitario nazionale.
Proposti sequestri preventivi per oltre 2,9 milioni di euro. Le Fiamme gialle hanno sviluppato un'analisi di
rischio preventiva su dati forniti dalle strutture sanitarie per individuare personale della dirigenza medica autorizzato all'attività' libero professionale intramuraria - che avesse indebitamente percepito emolumenti in
violazione del vincolo di esclusiva stabilito nei confronti della pubblica amministrazione.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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cattivi medici
08/05/2014
Osservatore Romano
Pag. 4
(tiratura:60000)
Non è solo una soluzione medica
La rigidità è incompatibile con l'ascolto E sono vuoti e inutili tutti quei discorsi teorici che ignorano la reale
situazione vissuta da pazienti, familiari e sanitari Spiegare al malato che in ogni momento potrà rivedere con i
medici la sua preferenza verso una certa opzione lo aiuta a scegliere mezzi di sostegno vitale Il lavoro
coordinato dal centro americano descrive con sincerità e chiarezza tutte le difficoltà che sorgono di fronte a
un tema da affrontare con delicatezza e grande umiltà
FERDINANDO CANCELLI
Non sono molte le pubblicazioni di bioetica di fine vita che si propongono di aiutare praticamente gli operatori
sanitari a prendere decisioni corrette per i pazienti gravi e ancora di meno sono quelle che riescono
nell'intento. The Hastings Center Guidelines for Decisions on Life-sustaining Treatment and Care Near the
End of Life è una di queste. La seconda edizione delle linee guida del centro di bioetica americano è
disponibile da pochi mesi e offre uno schematico ma mai superficiale approccio ai problemi etici che si
possono manifestare alla fine della vita pur vedendo le cose in una prospettiva che risente chiaramente
dell'ambiente culturale d'oltre oceano. Senza entrare nel dettaglio della pubblicazione vi sono alcuni punti che
meritano di essere ripresi perché capaci non solo di guidare il medico nella pratica quotidiana ma anche di
illuminare il campo del biodiritto, di quella parte cioè della giurisprudenza che si trova a dover mettere ordine
in un tema delicatissimo e spesso conosciuto in maniera parziale e imprecisa. Il punto che emerge con
maggiore chiarezza dal testo è il ruolo del paziente nelle scelte di fine vita. La proposta è quella di valorizzare
un advance care planning , un piano di cura anticipato, che permetta alla persona di manifestare i propri
desideri sui trattamenti che vorrebbe o meno fossero messi in atto nel momento in cui la stessa non fosse più
in grado di esprimere la propria volontà. Lo stesso planning p re vederebbe anche di nominare un
rappresentante terapeutico che possa esprimersi per il paziente in caso di incapacità di quest'ultimo e magari
guidare ancora più precisamente le scelte dei sanitari di fronte a situazioni innegabilmente difficili e dol o ro s
e . Lontano dalla logica polemica e ideologica di alcuni sostenitori di quell'autonomia ab-soluta e sbrigliata da
ogni riferimento morale che spesso, più che aiutare, complica le discussioni in materia, il lavoro coordinato da
Nancy Berlinger, Bruce Jennings e Susan Wolf (Oxford University Press, 2013) coglie pienamente nel segno
là dove descrive con chiarezza e sincerità tutte le difficoltà etiche che possono sorgere all'orizzonte della fine
della vita. Prima di fornire alcuni esempi concreti è bene ribadire che se viene messo in atto un vero
programma di cure palliative, le situazioni di dilemma etico rispetto ai trattamenti (compresi tra questi i
cosiddetti mezzi di sostegno vitale come l'alimentazione o l'idratazione assistita e la ventilazione meccanica
invasiva) sono rare. Nella maggioranza dei casi è il peggioramento clinico del paziente a indicare quando un
trattamento diventa inutile e/o dannoso, in altre parole sproporzionato, e quindi quando sia giunto il momento
di sospenderlo. Restano tuttavia dei casi nei quali un paziente esprime chiaramente un giudizio di "s t r a o rd
i n a r i e t à " formulando il desiderio di rinunciare a un trattamento in corso ( w i t h d ra w i n g ) o di non
volere che un trattamento sia messo in atto ( withholding ), due decisioni differenti dal valore eticamente
uguale come ribadito dalle linee guida. La distinzione tra "terapie" e "mezzi di sostegno vitale" diventa
velocemente inutile di fronte a chi, per ragioni diverse, non accetta un trattamento. La richiesta di
sospensione della ventilazione meccanica invasiva mediante tracheostomia da parte di un paziente affetto da
sclerosi laterale amiotrofica lo condurrà sicuramente al decesso. Allo stesso modo la rinuncia
all'alimentazione o all'idratazione assistita da parte di un malato affetto da un tumore maligno a lenta
evoluzione potrà abbreviarne la vita. In altri termini la rinuncia a un mezzo di sostegno vitale può portare il
paziente alla morte e sarà dovere del medico informare accuratamente il malato, magari con l'aiuto di altri
colleghi, di tali conseguenze ma ciò non impedirà che in alcuni casi il malato continui nella sua richiesta. Una
tale reiterata richiesta da parte del paziente ha sempre delle ragioni che vanno esplorate a fondo e sulle quali
si dovrà cercare di intervenire non solo con tutti i mezzi che la medicina palliativa offre ma anche
coinvolgendo altri professionisti con un metodo collegiale simile a quello proposto dalla legge Leonetti
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Le linee guida dell'Hastings Center di New York sul fine vita
08/05/2014
Osservatore Romano
Pag. 4
(tiratura:60000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
attualmente in vigore in Francia. Le linee guida dell'Hastings Center sono però chiare nell'affermare che
esistono, se pur raramente, situazioni per le quali ogni sforzo sembra essere vano e nelle quali il paziente
resta fermo nel proposito di sospendere ogni trattamento, sia esso considerato una terapia o un mezzo di
sostegno vitale. Per tali casi, pur con tutta la prudenza necessaria, le linee guida americane e la legge
Leonetti concordano nel permettere la sospensione di ogni trattamento. Nell'esperienza di chi scrive e in
quella di molti medici palliativisti tali richieste non derivano praticamente mai da sintomi fisici poco controllati,
ma da sintomi psichici: la profondissima stanchezza psicologica ed esistenziale che può derivare dal lungo ed
estenuante iter di una malattia cronica invalidante, il senso di dipendenza dagli altri ormai giudicato
insopportabile, la prolungata immobilità o la paura di altre sofferenze legate alla malattia possono essere
elementi che portano alla richiesta di sospensione di ogni cura. Giova ripetere che tali situazioni sono
fortunatamente rare. Non pare inopportuno a questo proposito ricordare quanto i vescovi inglesi scrivevano
nel 2010 nella guida per la cura spirituale da essi curata insieme a medici e infermieri: spesso il paziente che
sa di non poter interrompere un trattamento una volta che sia stato messo in atto (usiamo ancora l'esempio
della ventilazione meccanica invasiva nella Sla) sarà portato più facilmente a rinunziarvi d'emblée . In altre
parole: poter spiegare a un malato il fatto che potrà rivedere con i curanti in ogni momento la sua preferenza
verso una certa opzione terapeutica parrebbe garantire addirittura un maggior ricorso ai mezzi di sostegno
vitale. Accanto a ciò non bisogna dimenticare che non sono infrequenti casi in cui la persona che fa ricorso a
un piano di cura anticipato segnala la propria preferenza per ogni trattamento ritenuto dal medico
proporzionato, in altre parole il paziente si esprime in questo caso non per rinunciare a mezzi di sostegno
vitale ma proprio per assicurarsi che il medico ricorrerà a tali mezzi in caso di incompetenza temporanea o
permanente. Le linee guida dell'Hastings Center si soffermano anche sull'importanza di nominare un p ro x y
o rappresentante terapeutico che possa prendere decisioni per una persona non più in grado di farlo
temporaneamente o permanentemente. Qualora infatti una persona non abbia lasciato traccia scritta dei suoi
desideri sarà il p ro x y designato ad aiutare i sanitari a procedere nella giusta direzione rifacendosi all'esp
erienza di vicinanza magari pluriennale con il paziente. Lo studio in oggetto ribadisce con fermezza il fatto
che nessun paziente può chiedere quanto va contro la legge vigente e che nessun sanitario sarà comunque
obbligato a mettere in atto quello che il paziente chiede se ciò fosse contrario alla propria coscienza. In altre
parole viene sottolineato il diritto all'obiezione di coscienza e il dovere di aiutare il paziente nei limiti del
possibile. Ciò esclude la mera logica che imporrebbe semplicemente al medico di fare ciò che il paziente
chiede, logica lontanissima da una vera alleanza terap eutica. Ci sembra che alla fine vi siano alcune parole
che più di altre possono riassumere quanto le Hastings Center Guidelines espongono in modo ordinato.
Realtà e verità: sono fuorvianti discorsi teorici che non tengano conto della reale situazione vissuta da
pazienti, famiglie e sanitari di fronte a situazioni di rifiuto netto, reiterato e consapevole dei trattamenti in
corso, compresi quelli di sostegno vitale. Molti vissuti del paziente nel tempo possono cambiare e con questi
anche l'atteggiamento nei confronti della malattia e della sofferenza: sarebbe ipocrita nascondersi dietro un
atteggiamento rigido che nulla ha a che vedere con l'ascolto dovuto a chi soffre. Prudenza e competenza:
ogni valutazione va fatta sul singolo caso valutando con prudenza e attenzione tutti gli elementi clinici ed etici
in gioco e prendendosi tutto il tempo necessario per una seria e approfondita valutazione scientifica.
Distensione e collaborazione: solo un clima sereno all'interno dell'équipe curante offre gli spazi temporali e
mentali per sviscerare ogni aspetto di decisioni mai semplici da prendere. La stessa cosa vale per la politica e
l'informazione: nessuno può arrivare a chiarirsi le idee in un contesto emotivo e spesso di sterile
contrapposizione. Umiltà e fermezza: se da un lato occorre riconoscere che la medicina moderna ha fatto
moltissimo per sconfiggere malattie un tempo invalidanti o mortali, dall'a l t ro si deve ammettere che alcune
situazioni di "prolungamento artificiale" del morire sono il risultato di un uso sproporzionato dei mezzi tecnici
oggi disponibili. D'a l t ro canto è necessaria grande fermezza nel ribadire che mai scopo dell'azione medica
deve essere quello di abbreviare la vita di un paziente sofferente. Tra la rinuncia a un trattamento
straordinario (dal punto di vista soggettivo del paziente) anche se proporzionato (dal punto di vista oggettivo
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Osservatore Romano
Pag. 4
(tiratura:60000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 08/05/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
del medico) e quella che si è definita eutanasia passiva vi è una differenza sottile ma robustissima, come il
filo di una tela di ragno. Nel primo caso se vi sarà la richiesta del paziente questa dovrà incontrare un
ambiente dove realtà, verità, prudenza, competenza, distensione, collaborazione, umiltà e fermezza saranno
come l'aria che circonda gli attori delle decisioni da prendere: mai si darà corso quasi meccanicamente a una
procedura, sempre si resterà in ascolto attento dei motivi che portano una persona a chiedere che la malattia
faccia il suo corso, sempre si offriranno fino alla fine tutte le alternative che la sapienza potrà suggerire. La
logica dell'eutanasia passiva tout court porta invece a non mobilitare tutte le energie possibili per trovare
soluzioni adeguate, non offre tempo al paziente, alla famiglia e ai curanti per esplorare le ragioni di una
richiesta, vede nella morte procurata la soluzione di ogni problema, stravolge il ruolo del medico e le basi
della medicina occidentale e acconsente a quanto il paziente chiede ritenendolo giusto per il solo fatto che
questi lo chiede. Si potrebbe dire in altri termini che la morte non è mai una soluzione medica: l'opzione per la
vita resta intatta nel lasciar morire un paziente affetto da una malattia inguaribile che chiede di rinunciare a
trattamenti giudicati straordinari, si incrina irrimediabilmente nel far morire chi lo chiede e nel considerare la
morte come una delle possibilità tra le tante che la medicina può offrire.
Foto: Stefan Henrik, «Buon samaritano» (1920, particolare)
Foto: Pietro Annigoni, «Angelo» (1966)

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