Il caso dell`unico ARMANDO VERDIGLIONE

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Il caso dell`unico ARMANDO VERDIGLIONE
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO VERDIGLIONE
La psicanalisi risalta dalla scienza della parola. Una breccia con
Freud. Esperienza non facile. Né fatta di rose. Molte, anzi, le spine: tra
le costanti di Freud, senza dubbio c’era il dolore, il cui aspetto sopportabile era il cancro.
Qual’è la questione? Bene-male. Anziché tutto bene, tutto male, tutto
positivo, tutto negativo, tutto vero, tutto falso. Anziché la sorte tutta
buona, tutta cattiva: l’anfibologia non è dicotomia della relazione. La
gnosi fa del due la dicotomia, attribuisce il taglio al due, istituisce il due
come forma della fine del taglio, della fine del tempo.
La libertà che fonda il soggetto è la morte. Nel discorso occidentale,
la libertà è la morte, il soggetto. La libertà del soggetto è la libertà della
morte. Nel discorso di Heidegger risiede l’inghippo stesso del nazismo
rispetto alla morte.
La nostra elaborazione, per questo aspetto, è incominciata da qui, con
il primo numero di “Vel”. Incominciare nel gennaio ’75, mentre trionfava l’ideologia dell’azione salvifica, con una rivista nuova il cui primo
numero s’intitola Materia e pulsione di morte segna un gesto inconsueto.
Nel 1494 Carlo VIII scende in Italia. Il re francese piccoletto e bruttino,
secondo le descrizioni dell’epoca, ha venticinque anni. Muore anche
giovane, a ventinove anni, e gli succede Luigi XII, suo rivale, che sposa
la moglie per concessione speciale di Alessandro VI portata in Francia da
Cesare Borgia. Ufficialmente deve avvenire un consulto. Ma Luigi XII
riceve la bolla pontificia di annullamento del precedente matrimonio e
può sposare la moglie di Carlo VIII e avere un regno più ampio,
conquistare il ducato di Milano, dando a Cesare protezione, soldati e via
libera per tutta la Romagna.
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Carlo VIII “piglia la Italia col gesso” dei maestri di alloggiamento. I
principi e le repubbliche gli aprono le porte. E arriva fino a Napoli. Lì si
ferma. Gl’italiani in lega contro di lui, egli se ne torna presto in Francia,
con difficoltà, ma con venti carri colmi di preziosi e opere d’arte. Il
saccheggio dell’Italia è una costante e avviene ancora oggi, avviene
sempre.
Nel 1494 la discesa di Carlo VIII è già, in qualche modo, anticipata da
Savonarola, il quale, nelle sue prediche, commentando il diluvio della
Bibbia, si sofferma a un certo punto e profetizza che il diluvio sta per
abbattersi sull’Italia. Fatto sta che Carlo VIII arriva davvero. Savonarola
non dice chi sarebbe arrivato, ma che ci sarebbe stato l’invasore.
La profezia s’instaura sia con Leonardo sia con Machiavelli. Provocazione, causa, la profezia non è mai causa sui. Causa è il sé, ma non la causa
di sé: impossibile causarsi, provocarsi, pensarsi, guardarsi, specularsi,
rappresentarsi se non dando adito a vari sistemi, varie scatole nere a
seconda del discorso in cui ciascuno si trova. La scatola nera è fatta così:
deve contemplare il peggio. Il peggio in ciascun discorso è differente.
Nel discorso paranoico si tratta di un certo genere di peggio. Nel
discorso schizofrenico, di un altro genere di peggio. Ciascun discorso
deve contemplare il peggio. In modo che nulla di peggio possa capitare.
Proprio nulla. E in questo modo viene accettato il negativo. Accettazione
sostanziale e mentale del negativo. Queste sono questioni che la clinica
— l’analisi, anzitutto — affronta.
Nel 1494 muore Pico della Mirandola. La grande epoca fiorentina si
conclude con i grandi: Marsilio Ficino, Poliziano. Il 1494 è proprio l’anno
in cui si pone la questione Italia. Viene pure messo in discussione il
primato di Firenze. Fino a allora, era assoluto. Benché Milano sia
affermata e ricca come viene detto da Matteo Bandello. Sono trascorsi
cinquecento anni dalla discesa di Carlo VIII e dalla pubblicazione, a
Basilea, della Nave dei folli di Sebastian Brant. Scrive Machiavelli: “I
populi svizzeri sono armatissimi e potentissimi”. Esercito moderno. Per
la Svizzera, periodo aureo. Poi, la Svizzera incontrerà la rovina dovuta
alle faziosità religiose. Contro il cattolicesimo, la Svizzera si frantuma e
ci vorrà molto perché si ricostituisca.
Machiavelli ha un’indicazione curiosa: la federazione etrusca di cui
non c’è memoria, comprendente quasi l’intera penisola. La traccia della
federazione etrusca, federazione di città indipendenti, è la traccia del
dispositivo culturale e artistico, del dispositivo intellettuale di amministrazione e di governo. Contrariamente alla posizione degli umanisti
fiorentini del Quattrocento, Firenze non è l’erede di Roma. Anzi, Roma
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è quasi una città etrusca. Senza l’idea dell’impero.
La traccia, il disegno, la carta intellettuale: la carta della parola. Con
la Magna charta libertatum siamo nel 1215, in Inghilterra — l’Habeas
corpus è del diciassettesimo secolo. L’attuale regina d’Inghilterra ha
dichiarato che in Inghilterra ha preceduto la Dichiarazione dei diritti
dell’uomo. Ma la Magna charta si basa sul diritto romano, mentre
l’uomo rischia di risultare un’ipostasi.
Carta. La carta è l’albero, il foglio, il diploma, la piega, l’origami. La
carta intellettuale. Il disegno: modo dell’apertura e modo del tempo.
Oppure carta della diplomazia. Per esempio, le Istorie fiorentine sono un
libro straordinario. Marx ha detto poche cose intorno a Machiavelli, una
l’ha azzeccata, le altre no. Ha detto a suo modo che il capolavoro di
Machiavelli sono le Istorie fiorentine. Opera scartata dagli storicisti, dai
commentatori. Nessuna opera può dirsi principale o secondaria. La
carta della diplomazia fiorentina sta anche qui.
La carta esige il glossario di Babele (con la scrittura della ricerca).
Esige il dizionario della Pentecoste (con la scrittura della politica).
L’altra lingua (lingua del labirinto) e la lingua altra (lingua della politica), la lingua diplomatica.
L’antico, con Machiavelli, è l’indice dell’originario. Senza origine. E
il nuovo sta dove s’instaura la scrittura, quindi realtà nuova, realtà
virtuale.
Benoît Mandelbrot, l’inventore della realtà frattale, è svizzero. La
realtà frattale sta dove non c’è linearità, dove non c’è continuo-discontinuo. Mandelbrot cerca di risolvere il problema in modo classico, in
modo occidentale. Pone l’attenzione su una questione importante. Noi
possiamo dire che la realtà frattale è ciò che attiene all’anatomia della
sembianza, mentre la realtà virtuale è anche quella che nel Giardino
dell’automa viene chiamata immagine elettronica e videomatica, è la
novità nella sembianza e nel linguaggio.
Quello che non dicono coloro che si occupano di realtà virtuale è che
è impossibile la presa sulla sembianza, sull’immagine. Non dicono
dell’esistenza della scrittura della sembianza e della scrittura del linguaggio. Ma è soltanto con la parola originaria che può intendersi la
scrittura della parola. Nel discorso occidentale non c’è la scrittura della
parola, non c’è proprio. C’è la mediazione dell’essere. Il farmaco di
Platone è la scrittura come farmaco. Una mediazione della mediazione.
Per Platone il linguaggio è mediazione dell’essere, fino a Heidegger che
dice che il linguaggio è la casa dell’essere, cioè la psicofarmacologia.
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La politica del discorso occidentale è razzista, fondata sul postulato
dell’espunzione dell’Altro e sulla sua rappresentazione in negativo e in
positivo. Politica della fine del tempo. Il razzismo non si professa. È
sempre l’Altro che è razzista. L’ultimo razzista.
Il razzista: — Voi siete per o contro il razzismo?
— Contro, naturalmente.
— Il tale è razzista, che facciamo?
— Lo cacciamo fuori dalla Svizzera!
Questo è l’ultimo razzista. L’ultimo assassinio dell’ultimo assassino.
L’ultimo sequestro dell’ultimo sequestratore. L’ultima estorsione dell’ultimo estorsore. Tutto ciò rimane prerogativa della ragione di stato.
La novità è che la Svizzera sia protagonista. Non assente. Protagonista nella parola. Senza la parola essa è la normalità, cioè discorso politico.
D’altronde, bisogna discutere dei luoghi comuni della Svizzera. Analizzarli. La Svizzera come cassa. Cassa ha molte accezioni, anche quella che
Leonida Repaci chiama “tambuto”.
Quello che ho trovato con la lettura dei fiorentini è che i fiorentini
hanno insegnato i vari dialetti d’Italia e i dialetti d’Europa, che sono le
lingue che si parlano. Viene detto che francese, spagnolo, inglese sono
lingue neolatine. Sono anche lingue neofiorentine, perché il fiorentino
resta, per molto, la lingua diplomatica, la lingua con cui la politica si
scrive. Non bisogna credere, in modo romantico-tedesco, che la lingua
s’inventi a partire dal popolino e che poi salga su e arrivi allo scrittore.
Semmai è il contrario. La formula della Divina Commedia adesso può
essere detta anche dal contadino nel suo dialetto, ma prima c’era la
Divina Commedia.
Chiaramente, ci sono lombardismi che Leonardo adopera e che sono
caratteristici dell’ambiente in cui vive a Milano, ma provengono comunque dal latino. Quel tale che dice, e su questo ha ragione Augusto
Marinoni, che bisognerebbe parlare il dialetto lombardo, la lingua
parlata dai nostri antichi celti, ha torto. I lombardi parlano latino e
fiorentino, oggi, anziché la lingua dei celti. E gli abitanti della Val
Camonica non parlano la lingua dei camuni, spazzata via, nonostante ne
rimanga traccia nei graffiti. Possiamo forse dire che centomila camuni
viaggiano tutti armati contro Roma con la loro lingua? E quali armi
adotterebbero? Le pietre, i dardi?
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Nel caso di Harold Bloom si tratta della gnosi ebraica, ma spinta
talmente all’estremo che la gnosi stessa non è più possibile. Sta qui
l’interesse di Bloom. Si tratta della gnosi ebraica, ma fino all’impossibile.
Anche in Nietzsche si tratta del discorso occidentale, ma fino all’impossibile di tale discorso. Non è il caso di Machiavelli. Machiavelli non
condivide nulla con il discorso occidentale, non ha questo riferimento,
come non ce l’ha Leonardo. La scuola è sempre la scuola dell’artista. Ma
l’artista non è l’Altro.
MASSIMO MESCHINI Lei ha dato un’altra accezione di università.
A. V. Ecco. Qui c’è una cosa essenziale. L’inesistenza della competizione
sociale, sessuale e politica. Perché non esiste la competizione? Perché il
desiderio non è sociale, sessuale, politico. Nel discorso occidentale c’è il
consenso sociale, sessuale, erotico, politico, il sapere sull’Altro e il
desiderio politico, il desiderio dell’Altro. Il discorso occidentale poggia
sul soggetto mentitore, o no, e quindi sull’io che si presume coincidente
con l’uno. “Io sono uno”. “Io sono l’Altro”. “L’uno è l’Altro”. Poggia
sulla non ammissione del figlio. L’ammissione del figlio è la resistenza
del figlio. È l’uno diviso da sé e differente da sé. Questa differenza non
c’è bisogno di cercarla nell’Altro per assimilarlo a sé, distinguerlo da sé,
diversificarlo da sé, perché è differenza estrema dell’uno da sé. Non è
piccola differenza. Il desiderio, qui, è il paradosso della menzogna e non
più del soggetto mentitore. Il desiderio è indice del paradosso della
menzogna, ma non della menzogna politica.
Cosa dice il cretese? “Tutti i cretesi mentono”. In Svizzera: “Tutti
gl’italiani sono bari”. E, praticamente, Innocent Gentillet dice così nel
suo Anti-Machiavel, dice che gl’italiani sono assassini, ladri, rapinatori.
Portano la corruzione, il saccheggio, il male in Francia. “Tutti i cretesi
mentono”. Già “tutti” è il paradosso. Tutti. Anche “i cretesi” come tali è
paradosso. Dire: “gli uomini come tali”, “le donne come tali”, “le cose
come tali” è paradosso. I paradossi della parola: il paradosso dell’equivoco e il paradosso della menzogna.
Ci sono altre questioni. Marina Ines Scrosoppi si chiede: “Chi guarda?”. Sarebbe quello che Leonardo chiama il “riguardatore”, le regardeur.
Però, prima del francese, viene riguardatore in fiorentino. Il riguardatore,
più che lo spettatore. Chi guarda? Lo sguardo produrrebbe l’immagine
simile, identica, opposta, una, unitaria? Questione dello sguardo. Poi,
della visio. In che modo l’uno — l’uno dell’immagine — è ingannatore.
E qui si situa l’esibizione che Freud chiama anche censura. Esibizione o
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censura, funzione di uno nella sembianza. Lo sguardo: punto di sottrazione e punto di fuga.
L’idea guida è l’idea padrona, l’idea di padronanza, l’idea materna.
Fantasma materno o animale fantastico. L’ideologia ne fa il suo principio.
Lo ius primae noctis presuppone la fine del tempo, con la verginità
eretta a tabù. Che cosa interviene nello ius primae noctis? Il colpo di
mamma. Lo ius primae noctis comporta la cosiddetta sessualità procreativa,
la riproduzione della specie stato. Lo stato si procrea per salvarsi, per
assicurarsi. Sicurezza della ragion di stato, sicurezza dello stato, sicurezza nazionale, identificazione nazionale, segreto di stato. Lo stato avrebbe il fine di salvarsi. La salvezza dello stato sarebbe assicurata dalla
procreazione, dalla riproduzione: sarebbe sempre l’Uroboro, il serpente
che divora la propria corruzione. In tale modo è purista: si nutre della
coda che si corrompe. In altre parole, si morde la coda. Riproduzione
della specie: assenza di sessualità, assenza del tempo, attribuzione del
tempo al due. Tempo che finisce e che è già finito. Tempo come durata.
Il concetto di durata è il concetto della fine del tempo, la concezione
macolata. Machiavelli dice che quello giudiziario è il peggiore regime.
Dopo il regime giudiziario viene, tra i peggiori, il regime militare.
Logo e pensiero, nel discorso occidentale, sono la stessa cosa. Pensiero politico, pensiero del tempo, pensiero della città, pensiero dell’avvenire, pensiero dell’Altro. Nessun pensiero politico: sarebbe il discorso
occidentale. Glucksmann intitola il libro che lo ha reso famoso Il discorso
della guerra, come Le discours de la méthode di Cartesio. Il discorso della
guerra è il discorso della festa: il discorso occidentale, il discorso politico,
il pensiero politico.
Karl von Clausewitz è un animista: crede nella guerra come animazione, come malattia mentale dello stato. La malattia mentale dello stato
significa che dalla sua guarigione dipende la salvezza dello stato.
Quello che viene chiamato impedimento è il piede stesso, il piede del
tempo. Da qui l’impiego. Fino alla messa in piega. L’errore di calcolo è
costitutivo del piede. Eppure, sembra impedimento. Il piede viene
percepito come impedimento. E invece no, è proprio il piede. Edipo,
piede gonfio. Achille, piè veloce. Quasi il piede rientrasse nella facoltà,
nella coscienza, nella competenza politica, nella competizione
sociofinanziaria, per farsi spedito. L’impedimento non è senza piede.
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Ciò che sembra d’impedimento alla scrittura e alla vita è il piede della
vita, della scrittura, dell’intellettualità. Per rappresentare l’impedimento, c’è chi arriva a farsi tagliare il piede. Tante accezioni del piede. Il piede
della donna cinese che per molto tempo veniva indicato come segno
della donna. Il piede della donna cinese doveva essere, man mano che
cresceva, aggiustato nella scarpa, in modo che fosse piccolo, perché il
piede piccolo è combinato in un certo modo. Doveva portare il segno
della frattura. L’islamismo consacra la donna mediante il taglio della
clitoride: il sangue versato per la sala rende festosi coloro che l’accettano
come donna; è il segno del taglio.
Altra cosa è l’ostacolo. Che cosa costituisce ostacolo alla vita, alla
scrittura, all’intellettualità? L’oggetto è ostacolo alla presa. L’oggetto è
inconcettuale, non può essere preso, compreso, visto, toccato. Il sembiante. Quanto viene rappresentato come ostacolo non è l’ostacolo.
Quanto viene rappresentato come impedimento non è l’impedimento.
L’ostacolo non è locale, non ha luogo, scrive Leonardo.
L’era della comunicazione non è quella che viene presentata come
tale, in riferimento alla tecnologia della comunicazione. Nulla condivide
con il discorso della comunicazione e con il dialogo, con il banchetto di
Platone. Il messaggio non precede la comunicazione, la segue. La
comunicazione attiene alla scrittura della parola, anziché alla scrittura
ontologica, parricida, alla narratologia.
Il flagello in questi ultimi anni? I morti? I moribondi? Suicidi, infarti.
La morte nella comunicazione. La morte come luogocomunicazione.
Rappresentazione della fine del tempo. Abdicazione, rinuncia, dimissioni, accettazione. Ciò che sta accadendo viene, idealmente, inserito
nel sistema morfologico, genealogico, archeologico. L’incontrollabile
negativo viene visto come morte del tempo o come propria morte sotto
la forma che produce, o deve produrre, infarto, cancro, malattie. Come
se tutto fosse già contemplato e nulla di peggio possa capitare.
La questione rimane, però, quella dell’altro tempo. La parola, originaria, risulta inconfiscabile. Senza riferimento alla morte.
Ramiro de Lorqua mette ordine nella Romagna. Purista, punisce con
ogni metodo, deve realizzare l’ordine dello stato, che tutti si sentano al
sicuro anche se bastonati. Una violenza troppo grande viene dimenticata. Una violenza lenta, leggera e lunga si ricorda, perché resta. Il
Valentino non può confondersi con Ramiro de Lorqua. La grazia appar-
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tiene al principe, e non già l’azione del carceriere e del boia.
La circostanza è pretesto dell’anfibologia, anziché supporto della
semiologia negativa. Chi accetta la morte è soggetto. Si dice: ecco quello
che può capitarmi di peggio. E che cosa può essere peggio di questo?
Solo la morte. Benissimo. E allora ingloba il peggio nel sistema morfologico
dinamico, nella scatola nera.
Il soggettivismo nega il narcisismo della parola. E chi si fa soggetto
produce segni. Il soggettivismo è letale, mortifero, tanatofilo.
Se dico: “Io sono innocente”, significa che ho già accettato che il mio
sia un caso giudiziario. Il caso è assolutamente estraneo al sistema di
vendetta, di colpa e di pena.
Machiavelli intuisce che l’alleanza occorre farla tra le repubbliche e i
principati italiani e la Francia perché la Magna, così disunita, potrebbe
unificarsi divenendo una forza economica enorme — la principale
d’Europa — tale da schiacciare il resto. È curioso, Machiavelli descrive
questa cosa, cinquecento anni or sono, nelle lettere, nelle legazioni. A un
certo punto, io dico che Machiavelli ha scritto sempre legazioni, che si
tratta di legazioni, sempre. La legazione come scrittura del labirinto e
scrittura del paradiso, come scrittura della storia e scrittura della politica. La storia è nel labirinto, è la ricerca impossibile. Mai possibile, mai
facile: quando appare possibile o facile, il guaio è constatabile.
Machiavelli scrive legazioni. La scrittura attraverso l’altra lingua è la
scrittura del labirinto. La scrittura attraverso la lingua diplomatica è la
scrittura della politica. Nel primo caso il glossario. Nel secondo caso il
dizionario. Nel primo caso, per dirla con Borges, la biblioteca di Babele.
Nel secondo caso la biblioteca della Pentecoste.
C’è l’ironia della sorte fra Leonardo e Machiavelli. Leonardo apre la
breccia. La parola emerge con Leonardo e la prosa italiana, la scrittura
dell’esperienza, viene inventata da Leonardo. Machiavelli prosegue e
dà, in particolare per la politica e per la diplomazia, un contributo
decisivo.
Fino a Machiavelli la scienza della politica è intesa come episteme,
scienza del discorso come tale e del suo sistema. Leonardo, che prescinde assolutamente dal discorso della morte e dal sistema, abolisce la
distinzione fra episteme e doxa, come fra arte liberale e arte meccanica,
proprio perché scienza della parola. C’è la scienza della parola e c’è la
scienza della diplomazia.
L’infernale entra nell’ossimoro. L’inferno è ossimoro, è l’ipotiposi del
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cielo, il modo del cielo. Non c’è fare bene o fare male. C’è fare. Fare
nell’infinito della parola. Il fare come struttura dell’Altro. Il fare come
nazione. Fare secondo l’occorrenza. Tutt’altro che nella formula del “Tu
devi”.
Con Machiavelli, stato e nazione. Occorre leggerli. Lo stato è lo stato
della parola — logica stigmatica, logica della distinzione, logica del
distacco. Nessun attaccamento. La riuscita non è né positiva né negativa.
Soltanto nell’eroismo e nelle modalità dell’eroismo, quindi della competenza e della facoltà, il fare può essere inteso come positivo o negativo
e la riuscita può essere intesa come negativa o positiva.
Quella che viene chiamata professionalità sfocia nella teorematica e
nell’assiomatica.
Le pagine intorno a Sabina Spielrein nella Congiura degli idioti sono
pagine speciali. Il caso Sabina Spielrein è lì, in quelle pagine. E si tratta
sempre del caso dell’unico: l’itinerario giunge alla scrittura e al suo
compimento. Caso di cifra, caso di qualità. Leggendo quelle pagine mi
è sembrato che il fantasma non fosse più materno. Il materno non si
afferma, cioè il fantasma non è principio di padronanza. Non c’è l’idea
eretta a governare le cose, la repubblica, la città, la conversazione, la
parola, la politica, la finanza.
Questo è il caso come la cifrematica può scriverlo. Il capitolo intorno
a Oscar Panizza, nella Congiura degli idioti, è un intervento in un altro
senso. Perché ci sia il caso di Oscar Panizza occorrerebbe un ulteriore
lavoro e certamente il testo di Oscar Panizza lo merita. Forse anche il caso
Schreber potrebbe giungere alla scrittura e al compimento. Il mio saggio
La droga del presidente (“Vel”, 4, 1976 e La psicanalisi questa mia avventura,
Marsilio, 1978) non è ancora il caso, però entra nella parabola, quindi
nell’elaborazione, nell’itinerario e ci sono termini essenziali come la
distinzione e il limite. La droga del presidente a me pare molto lontano da
Aristotele.
Leonardo da Vinci è il caso Leonardo da Vinci. Posso proseguire ancora
perché ho messo da parte un altro libro — un libro ancora su schede ma
di grandissimo interesse. Il caso Leonardo da Vinci. Importa il testo di
Leonardo come testo occidentale, non come discorso occidentale.
Il caso: non c’è più il discorso occidentale nel testo di Leonardo da
Vinci. Nel mio libro, l’inferno è il contesto: l’ideologia italiana, l’ideologia francese, l’ideologia angloamericana, l’ideologia del continente. La
pittura diviene scrittura. Scrittura anche delle cose che si fanno. Scrittura
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che integra le arti e le invenzioni. Ciò senza cui non sorgerebbe la
cifratura delle cose. Leonardo arriva a dire che c’è altra scrittura dalla
scrittura ontologica, epistemica, dalla scrittura propria del logo. Altra
scrittura. Quando la ricerca si scrive e si compie e quando il ritmo pure
giunge al suo approdo c’è la pittura, in Leonardo. Allora, qual è il testo
di Leonardo da Vinci? A voi è ben noto, almeno nel formato, nella
materialità. Voi sapete leggerlo. Il testo di Leonardo da Vinci è questo.
Cosa che è precisata nell’apertura del Machiavelli.
Il testo di Niccolò Machiavelli è questo. Ciascuna cosa che Machiavelli
si è trovato a scrivere non sta fuori dalla parola, ma nella parola e fa parte
del testo. Nessun frammento — il frammento esige l’unità —, quindi
nessun sistema. Questa è la constatazione o ipotesi, nel senso che comporta l’itinerario dall’ossimoro all’ellisse, all’iperbole, alla parabola e dunque alla catacresi. L’ipotesi come catacresi. Ma è la lettura a restituire il
testo.
Qui c’è il contesto e il testo. L’epoca di Leonardo o l’epoca di
Machiavelli con la nostra epoca costituiscono il contesto perché divengono ossimoro. Non come tali. Nessun rispetto dell’epoca come tale.
L’epoca come tale comporterebbe la sincronicità, la sintonia, l’intesa. Se
esistessero l’epoca come tale e il rispetto per l’epoca, ci sarebbe il
principio di compromesso sociale, politico, finanziario. Ci sarebbe il
canone della sintonia.
La Svizzera, per cinque secoli, propone proprio questo. E occorre che
la cogliamo come sfida. L’epoca si enuncia nella sfida. La sfida è modo
dell’apertura. Anche la presunta sincronicità si enuncia nella scommessa. I francesi vanno in Svizzera e pubblicano i loro libri. E sono più di uno,
Sebastian Brant, Giovanni Calvino, Innocent Gentillet. È lui a avere
creato il machiavellismo. Innocent Gentillet pubblica il suo libro a
Losanna, Sebastian Brant a Basilea, e altri man mano o a Zurigo o a
Basilea o a Friburgo o a Ginevra. Poi, Saussure. Lui vorrebbe affermare
il principio della sincronia contro la diacronia. Il principio del sistema.
Parla del sistema, parla dello stato ma nell’accezione di état des choses, état
des signes. È lo stato dopo l’assolutismo europeo, dopo la monarchia
assoluta degli stati nazionali, i cosiddetti stati nazionali, che sono vissuti
nella nostalgia dell’idea dell’impero e che quindi avrebbero dovuto
“spartire”, “dividere” la divisione e cioè costituire il territorio, tramutare la terra in territorio, col terrore, alla bisogna.
Il rinascimento sorge senza purgatorio. Purgatorio e rinascimento
sono agli antipodi. Il purgatorio dice che la ricerca è possibile e che
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l’impossibile può divenire possibile, che la possibilità si fonda sul
principio dell’impossibile e sull’attesa — l’attesa del possibile, l’attesa
del premio in cima alla pena. Il purgatorio sorge perché assolutamente
non ammette l’intervallo.
La filosofia viene interrotta da Platone e convertita in psicologia, tra
la fisica e la metafisica. Già con Platone il discorso occidentale si
definisce psicocriminologico, psicofarmacologico. E si afferma, viene
ribadito, rimbalza, domina, o presume di dominare, la scena, la repubblica, la parola, gli astri, la terra, l’acqua.
Non è affatto escluso che Roma diventi impero proprio perché questo
discorso, a Roma, diviene il discorso dei governanti. Roma è una piccola
città sotto il regno degli etruschi, i re sono etruschi, poi man mano ha una
sua struttura militare e conquista quella che era la Grande Etruria, cioè
la penisola fino alla Magna Grecia. Conquista anche la terra di Parmenide,
di Pitagora e di Empedocle. Ma non è impero. Diventa impero dopo la
conquista della Grecia e di tutto ciò che la Grecia aveva conquistato,
arrivando a quelle terre che erano di Alessandro.
Il discorso occidentale è il discorso dell’impero. Secondo il motto di
Orazio, Roma viene presa dalla Grecia che pure Roma aveva preso. Ma
Roma non è Atene e è a Roma che, come a Atene, arriva il messaggio di
Gerusalemme. Questo messaggio fra Atene e Roma ha un differente
destino. Non è subito chiaro, ma è già chiarissimo con sant’Agostino che
si accorge di utilizzare il termine “persona” in modo improprio preferendolo comunque al termine ipostasi, al termine sostanza. Quando
anche l’impero romano d’Oriente cesserà, sarà questo lo iato fra cattolicesimo e religione ortodossa.
Il cattolicesimo si distingue per il rinascimento della parola e per la
sua industria, emerge un altro iato che è quello fra cattolicesimo e
protestantesimo. La questione è sempre la stessa, per dir così. È la
questione della tripartizione del segno, dell’apertura e della particolarità singolare triale. È la questione della scienza della parola di cui non c’è
traccia nel discorso occidentale. È la questione del discorso come tale,
quindi del senso, del sapere e della verità come cause. Causa finale,
discorso finalista. E il finalismo è tanatofilo.
Il discorso occidentale non solo non ha la presa sulla parola, ma
addirittura entra come ingrediente nel contesto della parola. Il discorso
occidentale contraddistingue ciascuna volta l’epoca. Entra come ingrediente nel contesto della parola e quindi nell’ossimoro, nell’anfibologia.
Si tratta di analizzare l’epoca, di sfogliare il palinsesto d’Europa e
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d’Italia. Il palinsesto d’Italia ha una breccia straordinaria inaugurata
non tanto da san Tommaso quanto da Dante Alighieri — e comunque
quello di san Tommaso è un testo di estremo rilievo e va letto in modo
non scolastico. Il palinsesto d’Italia incomincia con Leonardo. Vari e
differenti strati che sono strati della parola e che nulla hanno da condividere con la psicologia. Il discorso occidentale come discorso psicologico termina con Nietzsche. La filosofia, convertita in psicologia, termina con Nietzsche. È soltanto così che Nietzsche può dire che ormai il
migliore psicologo è il prete e che la psicologia si scontra con l’impossibile. È chiaro che ci sono Husserl e Heidegger, ma ci sono anche le nuove
scienze che sono la semantica, la semiotica, la linguistica, la psicanalisi,
la logica matematica, con l’aspirazione delle scienze nuove. Tutto ciò
emerge dopo l’impossibile in cui s’imbatte Friedrich Nietzsche. Cosa
accade, man mano, in questi oltre cento anni che intercorrono fra
Nietzsche e noi? Lo scontro con l’impossibile di queste nuove scienze,
ciascuna volta. E poi, anche, l’applicazione del discorso occidentale in
maniere che sembrano più barbariche delle precedenti. Accade che, ogni
volta, la barbarie emerga come tale, come se fosse la prima volta e come
se fosse, per dir così, più cruda di tutte le sue forme precedenti. Come è
noto, barbaro è sempre l’Altro e, nella gnosi, l’Altro sono io e ciò mi
consente il ritorno all’origine.
L’università. “Universitas” sorge nel secondo millennio proprio con
l’emergenza degli studi dei testi, della lettura, delle scuole. Sorge già con
il De trinitate di sant’Agostino ma trascorrono alcuni secoli perché ciò
risulti palese. Abbiamo citato Dante e san Tommaso. L’università sorge
per la tripartizione del segno, quindi per la logica dell’apertura e per la
logica singolare triale. Assolutamente distante e senza rapporto con il
discorso occidentale, anche se il discorso occidentale, in tutti i modi e a
lungo, cerca di fondare l’università.
L’università si fonda sulla tripartizione del segno mentre il discorso
occidentale, come discorso psicologico, cerca di dominare il segno.
Dipende dall’università nella prima accezione anche la bottega di
Leonardo, cioè anche il dispositivo artificiale. L’università sta a integrare ciò che, nel secondo millennio, emerge dal reale e dal fare nei vari
settori e nei vari paesi e è in questo senso che esige, ciascuna volta,
dispositivi artificiali. Non è cosi cristallizzata e canonizzata come poi
appare l’università propria agli stati nazionali di molti secoli dopo. Noi
siamo abituati a credere, così come hanno voluto Hegel e Giovanni
Gentile in Italia, che l’università sia lo strumento dello stato nazionale
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IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
ma l’università sorge quando dello stato nazionale non c’è neanche
l’idea. Vi rendete già conto della sfasatura concettuale tra l’idea corrente
di università e l’università così come è emersa nella parola: lontana dal
discorso occidentale, lontana dalla psicologia e dalla psicopatologia.
Università senza patologia.
Non si tratta della scuola di Atene, purtroppo chiusa da Giustiniano,
i cui libri passando da Baghdad sono tornati all’Europa attraverso la
Spagna e il sud d’Italia. L’università è sorta, prima, per il cristianesimo,
poi, nel secondo millennio, per il cattolicesimo cioè per l’istanza d’integrare le cose nuove emergenti nei vari settori, paesi, città, mestieri.
Contro l’università si pone subito lo scolasticismo, sistematica che
presiede alla cosiddetta filosofia moderna, alla filosofia della riforma e
alla filosofia romantica. Il discorso occidentale — il discorso psicologico,
la psicologia — è l’epoca, è la gnosi: tende a spazializzare le cose, a
occupare spazi, a definire in termini di spazio e di posto, di categoria, di
gruppo. La psicologia si manifesta sempre più come organicista,
determinista, come semiologia. Il concetto stesso di determinazione è
estremamente problematico perché procede dalla negazione della parola. Spinoza lo nota: Omnis determinatio est negatio. Non c’è più determinazione, non c’è principio di determinazione e questo significa che
non c’è psicologia.
L’università e la scuola non sono due spazi, due campi, due luoghi.
Non rappresentano due categorie di arti. Non distribuiscono le forme
del senso, del sapere e della verità fra l’episteme e la doxa. L’università
e la scuola sorgono contro l’occultismo. Noi leggiamo Dante, questa
straordinaria breccia cui accennavo prima, leggiamo Leonardo, leggiamo Machiavelli, leggiamo Ariosto. O Galilei o Vico o Peano o Freud o
Lacan. Leggiamo il palinsesto d’Europa. Leggiamo il testo come
palinsesto. È impossibile applicare la semiologia al palinsesto. Nessuna
cancellazione è definitiva. Roma non cancella l’Etruria, Atene non
cancella Roma.
Leggiamo dunque Leonardo, Machiavelli e Ariosto e troviamo che
l’epoca, da loro, è definita dall’occultismo, con i suoi astrologi, i suoi
indovini, con i vari generi di spiritismo, con gli eserciti di salvezza
marginali o trionfanti. Tutto ciò entra nell’anfibologia. Anziché costituire copertura e chiusura, diviene ingrediente del modo dell’apertura,
ingrediente dell’ironia, ironia non più polemica, non più fondamentale,
non più ontologica, non più socratica.
Cosa accade quando la psicologia termina con Nietzsche? Per un
verso, si costituiscono le forme del laicismo e i tentativi imperiali nutriti
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Il caso dell’unico
IL SECONDO RINASCIMENTO
ARMANDO
VERDIGLIONE
d’ideologia e di stragi, per l’altro, s’instaurano le scienze, le arti, le
invenzioni e, ciascuna volta, lo scontro con l’impossibile e con il contingente. Siamo, in questi venticinque anni, a questo punto.
Il proseguimento, ciò che risulta impossibile per la semiologia, per la
semiotica, per la semantica, per la linguistica, per la logica matematica,
per la filosofia del linguaggio, risulta modo dell’apertura, senza soluzione né conciliazione. Da qui la ricerca nella sua istanza di legge e di etica.
Da qui la scrittura della ricerca, della storia, un aspetto della scrittura
della parola, anziché storiografia. Nell’intervallo fra l’impossibile della
rimozione e l’impossibile della resistenza, ciò che si fa si scrive e si
qualifica. Freud a Vienna compie un gesto di estremo rilievo contro
l’occultismo. Benché la psicologia termini con Nietzsche, l’occultismo si
esalta, per esempio con Jung e la sua psicologia del profondo. Ma anche
le varie forme di psicologia organiciste e mentaliste sono un modo di
ritualizzare, di propagare l’occultismo. Non bisogna immaginare che
l’occultismo, perché è diventato luogo comune, professione
d’ignorantismo e di analfabetismo antintellettualizzante, sia lontano dal
razionalismo. La ragione dell’Altro viene negata dalla ragione del
discorso occidentale. L’epoca gnostica è contraddistinta dalla scienza
del discorso, cioè dal sistema dell’occultismo. La scienza della parola
trova la scienza del discorso, o il discorso stesso, come ingrediente
dell’anfibologia, del contesto, dell’ironia.
La psicanalisi dopo Freud è la negazione di quella breccia della parola
che con Freud si è instaurata fra mille contraddizioni. Lacan certamente
ha il merito, muovendo dalla parola e dall’esperienza della parola, di
contrastare l’occultismo, di contrastare il discorso occidentale. A differente titolo. Freud è ebreo. E Lacan è cattolico francese. Fra contraddizioni, paradossi e malintesi, ciascuno di loro rende propizio alla lettura il
testo.
L’epoca di Machiavelli e la nostra epoca, l’epoca di Freud e l’epoca di
Lacan costituiscono la gnosi, ma la gnosi non ha nessuna forza di
dominio sulla parola e entra nell’anfibologia. È curioso che il freudismo
sia costituito dall’epoca di Freud e del dopo Freud e il lacanismo
dall’epoca di Lacan e del dopo Lacan, partecipi così in pieno
dell’occultismo, nella provincia, nel piccolo paese, nel quartiere, sempre
nel bisogno di categoria, di corporazione, di gruppo, di casta. L’università, la scuola, la bottega, la brigata sono lontane dalle categorie sociali
e professionali, dalla corporazione, dall’idea stessa di corpo dello stato
e di ordine professionale.
In queste varie forme di occultismo e di spiritismo, dove voi trovate
32
Il caso dell’unico
ARMANDO
IL SECONDO RINASCIMENTO
VERDIGLIONE
da una parte Cassano e dall’altra le propaggini delle caricature del
lacanismo, dello junghismo o del freudismo in Italia, rientra, senza più
nessuno slancio di ricerca, questa frammentarizzazione di piccole nicchie, piccole cappelle, piccole caste, che possono andare dall’università
regolamentare al quartiere, al partito, al ministero, all’albo della vergogna. Quanto più stupida è la caricatura, tanto meno essa è temibile e
tanto più ha la chance di essere accettata come tale, di coincidere con il
luogo comune, con il discorso comune, con l’occultismo. Ribadisco che
la psicanalisi di Freud è sorta contro l’occultismo. Leonardo, Machiavelli,
Ariosto sono intervenuti con il loro testo, con il palinsesto d’Europa e
d’Italia, contro l’occultismo. Senza linea, non come Romolo contro
Remo. Non c’è la linea in Leonardo. Il disegno senza la linea di cui non
c’era nemmeno l’idea in Aristotele. Il disegno per Aristotele è il disegno
nella linea, è l’idealità chiamata disegno. Determinante. Ciò che poi
appare come pittura e scultura è, per Aristotele, manifestazione.
Le nostre città, le istituzioni sono invase dagli psicologi quali postpsicologi. Pur essendo arrivata così tardi in Italia l’inclusione della
facoltà di psicologia nell’università, a un certo momento la postpsicologia
ha dilagato e ha coinciso con il momento di riflusso postmoderno, con
il riflusso di vari arcaismi — il postlacanismo, il postfreudismo, il
postjunghismo. Ha coinciso con il trionfo della psicofarmacologia e
della morte bianca. Nell’88, io sono intervenuto perché la legge sull’ordine degli psicologi lasciasse la libertà di ricerca anche per questo
campo. È chiaro che una volta costituito l’ordine, tutti i randagi, gli
sperduti, gli sprovveduti, gli emarginati, i poveri di spirito postlacaniani,
post-tutto, hanno cercato di trovare albergo in quest’ordine. Una volta
costituito, i facenti parte di quest’ordine hanno cercato di fare entrare la
psicanalisi dalla finestra dopo che era uscita dalla porta con la legge
intorno all’ordine degli psicologi. Hanno cercato di dire che loro, gli
psicologi, possono riconoscere le scuole di psicanalisi e che ci sono
scuole riconosciute. Con qualche altro fuggiasco, hanno cercato di farsi
ammettere prima a titolo personale e poi ritrovandosi tutti: postjunghiani,
postlacaniani, postfreudiani. Beninteso, la Spi rimane al di fuori. A un
certo punto, sembra che la psicanalisi sia inclusa nella postpsicologia. E
questa postpsicologia può andare benissimo d’accordo con Cassano,
che partecipa alla mostra di Venezia intorno alla depressione organizzata dall’industria psicofarmacologica.
La psicanalisi è una cosa seria, non già una faccenda di occultismo,
non già una faccenda di psicoterapia. Esperienza della parola la psicanalisi del secondo rinascimento. Questa psicanalisi, come aspetto della
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
scienza della parola, come aspetto della cifrematica, è qualcosa che
attiene non alla categoria sociale e professionale, ma all’università, alla
scuola, alla bottega, al dispositivo, all’esercito invincibile di cui parla
Machiavelli nell’Arte della guerra e di cui accenno nel libro Niccolò
Machiavelli. Senza eroismo, patologia, pazienza, passione. Senza psicologia e, sopra tutto, senza certificato di appartenenza all’origine o di
servizio verso il ritorno all’origine, senza la paura sotto il cui regno si
costituiscono tutti i tabù e tutte le varie forme di occultismo. Va da sé che,
se la psicologia termina con Nietzsche, tutta la psicologia di cui si tratta
qui nella piccola provincia è la psicologia dei postini.
Ho accennato qualcosa del palinsesto d’Europa e d’Italia a proposito
di Leonardo e di Machiavelli. Sia chiaro che io ho considerato il caso
intervenendo come psicanalista, come cifrante e come clinico. Ho considerato il caso Leonardo, il caso Machiavelli. Non soltanto il caso Edipo
in Sofocle, non soltanto La lettera rubata di Edgar Allan Poe o Le cose
memorabili di Schreber. Ho considerato il caso Machiavelli, il caso
Leonardo come poi considererò il caso Ariosto. Come caso di qualità.
Come paradigma d’Europa, paradigma d’Italia, in direzione di un
contributo di civiltà che l’Italia e l’Europa possono dare leggendo il testo.
È questa la direzione delle cose che si sta affermando da venticinque anni
e è per questo che nell’82 è sorta la Fondazione.
Io dico università come proprietà della tripartizione del segno e in
particolare della struttura della resistenza, anziché università come
manifestazione dell’unità. Il sapere non è più causa ma effetto e da
questo dipendono molte cose. Tutta un’altra impostazione rispetto a
quella comune. Tutte le categorie sociali e professionali si basano sul
fatto che il sapere è causa. Quando noi diciamo categorie sociali e
professionali intendiamo quelle che da Platone distinguono fra l’arte
liberale e l’arte meccanica, che ingabbiano la ricerca, la impediscono, la
paralizzano. Noi non possiamo consentire che in Italia questo avvenga.
Ci siamo battuti per la libertà della parola, la libertà di associazione, la
libertà d’impresa, la libertà di ricerca. Ci siamo battuti anche per altri,
non soltanto per noi. La nostra esistenza è qualcosa di estremamente
rilevante in Italia e ribadisco che non c’è psicanalista al di fuori di questa
Associazione, di questa esperienza. Potete portare qualsiasi esempio di
psicanalista e valutiamo se si tratta di psicopompo o di psicanalista. È
impossibile oggi lo psicanalista del primo rinascimento, non avrebbe
nessun senso perché sarebbe arcaico, arcaicizzante. Sarebbe
psicoterapeuta, appunto psicologo o scassanese. C’è un grande entusia-
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IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
smo per la letteratura che viene dalla psicofarmacologia: “Il tale, sa, è un
grande pittore perché appena uscito dall’elettrochoc ha fatto il suo
primo disegno”. Bravo! Postmoderno. Transavanguardia. Rifluendo.
C’è sempre la visione postromantica che ha bisogno della sofferenza e
dello stato di possessione accentuato dallo psicofarmaco — agente
esterno o agente interno — per produrre buona arte, buona poesia,
buona letteratura o addirittura buona filosofia.
L’università è sorta quando non c’era affatto l’idea di stato nazionale.
Con Machiavelli non c’è l’idea di stato nazionale. Gli viene attribuito, ma
non c’è proprio nel suo testo. È qualcosa di assolutamente successivo per
reazione a Machiavelli. Se l’Europa avesse letto Machiavelli, non ci
sarebbe stato lo stato nazionale. Lo stato nazionale trae con sé, ancora
una volta, l’idea dell’impero, la religione dello stato, il paganesimo.
***
Oggi vorrei fare con voi questa conferenza e provare a disegnare, a
redigere, un decalogo molto importante: il decalogo del discorso paranoico. Certamente, ho scritto qualcosa intorno a questo termine però
l’elaborazione e l’esperienza si sono trovate al punto in cui ci sono altre
cose da scrivere. Bisogna proprio ammettere che è un argomento fecondo, prolifico, il discorso paranoico! La prole può anche, in questo caso,
avere un valore retroattivo, può generare anche i millenni passati,
trascorsi, non solo quelli a venire. Può generare non solo i discendenti
ma anche gli ascendenti. Per esempio, può generare Giulio Cesare,
Alessandro Magno, Dante Alighieri.
Ciascuno può dire subito: “La paranoia non m’interessa, non mi
riguarda. Cosa c’entro io con la paranoia?”. Oppure può ammettere che
la paranoia lo riguardi, ma in maniera speciale, unica, oppure come un
argomento di puro studio.
Proviamo, allora, a leggere i dieci comandamenti e a valutare come
potrebbero scriversi i dieci comandamenti della paranoia.
“Non avrai altro Dio fuori di me”. Secondo voi, questo primo comandamento come potrebbe formularsi nel discorso paranoico?
“Non avrai altro Dio fuori di me” inteso forse come “non avrai altra
paranoia oltre la mia”? No, il discorso paranoico non si spaccia per Dio.
Nel caso di Schreber, Dio è stupido a pensare che egli non pensi. In che
cosa consiste la stupidità di Dio? Dio pensa che Schreber non pensa. E
allora Schreber deve dare la dimostrazione assoluta di pensare, quindi
non deve esserci nemmeno un istante in cui egli non pensi, perché
35
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
altrimenti Dio potrebbe irriderlo, beffarsi di lui.
Nel discorso paranoico, l’unicità diventa attributo dell’io. È questo il
primo comandamento. Ma come fa a mantenere l’aspetto positivo di
questo comandamento? Come fa a evitare quello negativo? Se l’unicità
appartiene all’io, evitare l’aspetto negativo di questo comandamento
significa evitare che ci siano false unicità, falsi io. Avrete letto o sentito
parlare di Archimede che ha inventato gli specchi ustori come arma per
bruciare le navi romane: il discorso paranoico tramuta gli occhi in
specchi ustori. Tutto ciò che si contrappone all’unicità non ha bisogno di
essere incendiato: è già incendiato e incenerito.
La formulazione del catechismo: “Non avrai altro Dio fuori di me”
sarebbe comunque da analizzare. Così come è data, essa non appartiene
al discorso paranoico. Che cosa dice il primo comandamento del discorso paranoico? “L’Altro sono io” (“Io sono il tempo” è nel discorso
schizofrenico). “Non avrai altro Dio fuori di me” indica che Dio non è
l’Altro. “Non avrai” è un teorema, esattamente come “non c’è più”. Però
c’è “altro Dio fuori di me”, una formulazione che sottende un altro
enunciato o, perlomeno, lascia la questione. Non dice esattamente: “Io
sono Dio”. E neppure: “Dio sono io”. “Non avrai altro Dio fuori di me”:
il catechismo afferma che Dio è “fuori di me”.
“Io sono il Signore Dio tuo”: è la premessa di tutti i dieci comandamenti, il preambolo, il proemio.
Nel discorso paranoico, l’Altro viene abolito, quindi la madre è la
morte.
Bisogna distinguere alcune cose. Come interviene l’anoressia, che nel
discorso paranoico si esercita o nei termini del grasso o nei termini del
magro (“o… o” in maniera assolutamente alternativa) rispetto a ciascuna logica (logica diadica, logica dimensionale, logica stigmatica, logica
funzionale, logica operazionale)? Qual è il fantasma materno che definisce il discorso paranoico? Qual è l’animale fantastico in cui il fantasma
materno, nel discorso paranoico, si raffigura? Quali sono le logiche, nel
discorso paranoico, che l’animale fantastico tocca? Qual è l’intervento a
proposito del discorso paranoico? Quale l’intervento dello psicanalista?
Quale l’intervento analitico? Quale l’intervento clinico? Quale l’intervento cifrematico?
Nel discorso paranoico, il dispregio della sembianza è direttamente
proporzionale all’omosessualità. Chiaramente, per questo discorso, la
parità sociale si pone come specifica e investe l’animale fantastico. Ma in
che senso la parità sociale è specifica? Si tratta del primus inter pares, dove
i pares sono stati tutti generati dal primus. La genealogia dei pares
36
Il caso dell’unico
ARMANDO
IL SECONDO RINASCIMENTO
VERDIGLIONE
appartiene al primus, quindi la genealogia della società, della politica,
della finanza.
Nel primo comandamento del celebre decalogo (è curioso che siano
dieci i comandamenti e non undici, non sette, non otto), la complessità
comporta varie formulazioni, varie enunciazioni, vari enunciati. Il discorso paranoico ha paura della morte? Se dice: “Io sono l’unico” e
abolisce l’Altro tanto da dire: “L’Altro sono io”, dice anche: “La morte
sono io”. Non può dire, in maniera esplicita: “La madre sono io”, perché
la madre è già la morte. Al discorso paranoico non interessa la madre che
non sia la morte. Se dicesse soltanto: “La madre sono io”, potrebbe
sembrare che la madre esista senza essere la morte. Invece no, non
ammette di confondersi con la madre che non sia la morte.
Del dio falso e del dio bugiardo qui non si parla. Per ogni tribù, l’altro
è barbaro e il dio dell’altro è il diavolo. Dio falso sarebbe l’altro nome
dell’equivoco e il dio bugiardo l’altro nome dell’inganno. Quest’ultimo
comporta il carnevale. Chi è il dio bugiardo? Dioniso. Poi, anche Cristo.
Poi, l’uno menzognero, il significante menzognero. Il dio falso è lo zero
funzionale che comporta lo sbaglio. San Paolo dice nelle Lettere: “Voi
greci avete dedicato un monumento al Dio ignoto, io vi porto proprio il
Dio ignoto, vi racconto del Dio ignoto”. Dio è ignoto, estraneo alla
conoscenza, alla gnosi. Se, addirittura, san Paolo (il nome era Saul,
latinizzato Paulus) porta il Dio ignoto, questi diventa allora il colmo del
pantheon. Ma è chiaro che non è in questi termini che lui dice di portare
il Dio ignoto. Dice che i greci adorano il Dio ignoto rispetto a cui gli
“altri” dei sono demoni, diavoli.
I dieci comandamenti non comportano la conoscenza. Il testo ebraico
non sa della conoscenza, è estraneo alla conoscenza. Nel discorso
paranoico, la conoscenza è trasparenza.
Come intervengono il peccato, la corruzione, l’incesto, il male nel
discorso paranoico? La gnosi, anziché fondare, istituire il discorso
paranoico, si fonda sul discorso paranoico.
“Non avrai altro Dio fuori di me”, questo primo comandamento,
complesso, ha la formulazione del teorema. Non dice: “Non hai”. Ma:
“Non avrai”. “Non c’è più altro Dio” è un teorema. “Non avrai altro Dio”
è la variante di un teorema.
Qui si trova enunciato: “Dio fuori di me”. Fuori di sé, cioè incoincidente
con l’io e con il sé.
Ciò che precede il decalogo sarebbe pure da analizzare, cioè: “Io sono
il Signore Dio tuo”. “Io sono il Signore” in quale accezione? Padrone o
sovrano? È differente. Nel Machiavelli si discute del sovrano. Un certo
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
Rousseau ha creato la balla naturalista che viene ripetuta correntemente
in alcune democrazie, quella del popolo sovrano. Il testo di Rousseau fa
parte del testo Svizzera, come Saussure, come Rorschach — che ha
sparso per il pianeta le sue macchie. “Io sono il Signore”: sovrano senza
dubbio. “Io sono il sovrano” è estremamente ridondante, quasi mascherale. “Io sono Dio” è assurdo. Occorre verificare il testo perché il
decalogo dice qualcosa, mentre il preambolo, la premessa dice un’altra
cosa. C’è un ossimoro fra il preambolo e il decalogo.
Nel decalogo ci sono otto non su dieci. Dove l’eccezione? Nel terzo e
nel quarto comandamento. Il terzo è un memento: “Ricordati di santificare le feste”. Noi leggiamo i comandamenti in questa formulazione,
perché per compiere una ricerca di altra natura dovremmo inseguire le
varie formulazioni nel testo ebraico. Il quarto è: “Onora il padre e la
madre”. Ci saranno molte varianti intorno al termine “onora”.
I dieci comandamenti sono una ridondanza, sono dieci ridondanze.
Dicono che non può esistere ciò che, comunque, non esiste. Bisogna
distinguere i dieci comandamenti dalla legge dell’incesto, che non li
riguarda.
“Non nominare il nome di Dio invano” dice che non c’è più nome del
nome, che il nome è innominabile. Dell’altro aspetto del nome,
l’anonimato, in questo comandamento non si dice nulla. Questo comandamento riguarda soltanto l’innominabile del nome, ma non è principio
dell’innominabile.
Non intendo identificare il discorso paranoico con il discorso occidentale. Prima ho detto che è il discorso occidentale a fondarsi sul
discorso paranoico. Farei lo psichiatra se dicessi nel modo contrario.
“Non nominare il nome di Dio invano”. Nel discorso paranoico non
c’è nulla che sfugga alla denominazione. Anzi, nel discorso paranoico
questo secondo comandamento potrebbe formularsi così: “Nulla esiste
se non è nominato”, ovvero: “Tutto è nominabile”.
“Io sono l’unico”, “La morte sono io”, “L’Altro sono io” sono enunciati che riguardano il primo comandamento del discorso paranoico.
Terzo comandamento (Ricordati di santificare le feste): “La festa è
totale e eterna”. Anche la peste è totale e eterna: Edipo nel discorso
paranoico è la peste totale e eterna, per trasparenza. La peste è la
comunicazione per contagio, cioè la parità sociale come forma di comunicazione per contagio. A suo tempo abbiamo detto: plagio, parità sociale
come forma di comunicazione rispetto al discorso isterico; infezione,
parità sociale come forma di comunicazione rispetto al discorso ossessivo;
telepatia, parità sociale come forma di comunicazione rispetto al discorso
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
schizofrenico; contagio, parità sociale come forma di comunicazione
rispetto al discorso paranoico. Quest’ultima cosa è l’argomento relativo
all’animale fantastico, quindi agli interrogativi posti prima a questo
proposito.
“Onora il padre e la madre”. Della madre abbiamo già detto prima e
del padre pure, parlando della generazione del predecessore.
Il padre è generato. L’io genera. Il padre è generato, non creato. È la
genealogia. Si tratta dei millenni precedenti e dei millenni a venire. Il
quarto comandamento si biforca in: “La morte sono io”, “Io genero
nell’eterno presente il passato e l’avvenire”. Poi, bisogna tenere conto
del grasso e del magro, dell’anoressia a proposito di ciascuna logica.
L’omosessualità non è il segno della paranoia. Esistono quattro specie di
omosessualità: una per ciascun discorso (plagio, infezione, contaminazione, telepatia).
Quinto comandamento: “Non uccidere”. L’essenziale. “Non uccidere” è ridondante perché l’uccisione è già funzione di non. Ma il discorso
paranoico, fantasma materno, non la intende come ridondanza: pone
l’accento sul non. Il gesto sarebbe quello di toglierlo: il rigetto del rigetto.
Nel discorso paranoico non c’è resurrezione, la questione del figlio si
pone in questi termini: “Tutti morti, tutti rinati”, secondo la genealogia
di cui sopra, perché è strettamente legato con il precedente comandamento.
Stiamo solo esplorando il fantasma materno e l’animale fantastico.
Potremmo dire anche gl’incubi e gli animali fantastici che compaiono
nei sogni, gl’incubi che questo discorso produce. L’incubo non è uguale
per ciascun discorso.
Sesto: “Non commettere atti impuri”. Anche questo comandamento,
nel catechismo, è ridondante perché l’atto non è né puro né impuro.
Rispetto al discorso paranoico, l’impuro traspare nel puro e viceversa,
l’incesto nella castità o nel casto e viceversa, il male nel bene e viceversa.
La Medusa traspare in Atena. Con il sesto comandamento ci siamo spinti
verso l’animale fantastico.
Settimo: “Non rubare”. Questo è il comandamento impossibile rispetto al discorso paranoico. “Tutto mi appartiene. Tutto sta al di fuori
di me. Io sono estraneo a tutto”. Estraneo, qui, non significa nemico.
“Tutto mi appartiene, perché generato”.
Per una donna, l’esaltazione massima, l’elogio estremo è dire che è
paranoica. Siccome dall’epoca di Ippocrate in poi hanno detto che le
donne sono isteriche, dire che una donna è paranoica sembra una virtù
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IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
divina.
Nulla si scrive della merce senza Dio. Il simbolico, il commerciale, è
ciò in cui sfocia la scrittura della merce, dell’equivoco. Ci troviamo in
una società che si presume tutta spettacolare, dove tutto è ritenuto
convertibile e convertito, dove la merce è dispensata dall’equivoco, che
pure è costitutivo della merce, dal controsenso, dal godimento e dal
dispendio quali effetti. Nell’atto di scambio, la stessa materia della
merce s’instaura nell’inconvertibile, perciò nell’incodificabile quale teorema della scrittura della merce. Teorema di ciò che della merce si scrive.
Il mercato, con il cristianesimo, ha un andamento differente. Le banche,
nell’antichità, fioriscono a Atene con Pericle, ma dopo il cristianesimo
sono altra cosa da quelle di Pericle. Con il cristianesimo, con il Vangelo
in particolare, il mercato si avvale di qualcosa d’inedito, si avvale cioè
dell’annunciazione.
Quale donna è disposta all’annunciazione? Non ogni donna. Non
tutte. E come Maria può sentire, all’orizzonte, l’angelo e non scambiarlo
per un mascalzone? Il mercato è l’atto con cui incomincia l’annunciazione.
I cristiani nei primi secoli, sant’Agostino in particolare, si accorgevano
dell’altro giro che la merce ormai assumeva e cercavano di renderne
conto nei loro scritti. Parlavano di conversione. La disposizione
all’annunciazione, dopo Maria, avverrebbe per conversione. Ritenevano che, senza la conversione, ciascuna donna potrebbe diventare la
moglie di un mascalzone. L’elaborazione incomincia così. Sant’Agostino,
poi, s’interroga intorno a Dio, alla trinità. Respinge, a proposito della
trinità, quanto sostiene l’arianesimo, il manicheismo, quelle forme di
compromesso con il paganesimo, sopra tutto nel Mediterraneo orientale, che parlano di sostanza, di trinità sostanziale. In quella che risulta per
sant’Agostino un’approssimazione, egli accenna alle tre persone, si
chiede quali siano le posizioni di padre, di figlio e di spirito. Approssimazione alla posizione di oggetto, di ciò che, a ogni paragrafo del De
trinitate, costituisce l’intoccabile, l’invisibile, l’oggetto assolutamente
lontano dallo spettacolo, ciò per cui lo spettacolo come tale non esiste. La
sembianza viene avviata qui. L’immagine semovente, altra, acustica si
costituisce come dimensione perché provocata dal suo oggetto, che è
l’oggetto della parola. Dio opera già alla scrittura della merce. Qualcosa
gira, qualcosa precipita, qualcosa cade. Lo specchio e il contrappunto
dello specchio, causa della merce, causa degli effetti della merce, dell’equivoco.
Oggi, la spettacolarità totale parte dal codice del convertibile e del
40
IL SECONDO RINASCIMENTO
Il caso dell’unico
ARMANDO
VERDIGLIONE
convertito al posto della legge, compimento della scrittura della merce.
Si avvia qui, nella merce, l’altrove, l’economia. Roman Jakobson avrà
modo di chiamarla sostituzione, nei termini della metafora (sostituzione
per condensazione) e della metonimia (sostituzione per spostamento).
L’altrove sta nella sostituzione. Mentre il principio del piacere esigerebbe l’hic et nunc e quindi il principio del convertibile, della simbolica,
anziché del simbolico.
La dettatura, il dettato: anche questa è una metafora che affianca
l’annunciazione. Dio detta la Bibbia, la scrittura, o guida la mano del
profeta. La metafora. La traduzione di questa metafora avviene per la
scrittura della merce. Dio opera alla scrittura della merce, ma anche, poi,
alla scrittura della frase e del pragma. La tradizione e il tradimento
stanno già nell’incominciamento. La memoria: tanto tradizione — ciò
che si tramanda, il percorso — quanto tradimento. La memoria tradisce.
Il custode della memoria, nel labirinto, è l’amore. Tradire la memoria o
tradire l’amore? Tradire l’amore è il colmo del tradire la memoria.
Sembra che i giovani non considerino come un disvalore, come una
disforia, il tradimento dell’amore, tanto meno il tradimento della patria,
quindi dell’Italia. Per Machiavelli la patria è la lingua.
La memoria tradita pesa. La memoria senza tradizione, cioè tradizionale, frammentarizza. Il tradimento inteso come la memoria tradita, la
fede tradita, la lingua tradita è appannaggio del pensiero debole quotidiano, oggi rappresentato anche da taluni studenti che si aggruppano.
La conversione è un fantasma materno attinente al discorso isterico.
Quindi non toglie l’equivoco, ma lo accentua, per dir così. E fa di Dio il
proprio privilegio impossibile. Nel discorso paranoico, la conversione
non esiste e nemmeno la convertibilità. Il fantasma è quello della
trasparenza. Tutto traspare in tutto. E tutto è seriale. Il foglio è trasparente. La merce è trasparente. Così pure la frase, l’azione, la scrittura. Tutto
comunica tutto. L’ordine del mondo traspare nel mondo dell’ordine. Occorre
interrogarsi intorno alle idee, alle figure o alle caricature in ciascun
discorso che si presuma causa. Per il discorso paranoico la carta intellettuale è la carta trasparente, la carta della trasparenza. L’impuro traspare
nel puro, il corrotto nel rigenerato.
Come avviene che sul fantasma materno proprio al discorso paranoico possa istituirsi un programma politico? La partecipazione diventa
drammatica con il discorso paranoico, propriamente impossibile. Drammatica perché impossibile.
Ottavo comandamento: “Non dire falsa testimonianza”. Molto problematico questo comandamento nel discorso paranoico, che apparen-
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temente non ammette la testimonianza perché è la verità in carne e ossa,
anzi, è già il libro della verità e chi non lo riconosce è stupido.
Nono comandamento: “Non desiderare la donna d’altri”. È un comandamento estraneo al discorso paranoico, dove si tratta della metamorfosi improvvisa, istantanea nelLa donna. Rispetto alLa donna, che
interesse può avere la donna d’altri? Rispetto alLa donna qualsiasi
donna è una domestica.
Sempre lungo la serie dei comandamenti del discorso paranoico, il
decimo: “Non desiderare la roba d’altri” si formula in un altro modo,
perché in questa maniera non tocca il discorso paranoico. La roba non è
né mia né di altri: esiste soltanto perché pensata dal discorso paranoico.
Mia o di altri, è una cosa puramente apparente che riguarda l’ordine del
mondo, non il mondo dell’ordine. Questo è il modo con cui si formula
il fantasma materno attinente al discorso paranoico, cioè un certo
mammismo.
Quale l’intervento perché ciascuno nella sua parola ascolti il silenzio
che è della parola? In che modo l’intervento non si risolve, non si
converte nell’approvazione o nella disapprovazione o nel precetto —
tutte cose che spazzerebbero via il silenzio, base del fare? Quale l’intervento perché l’ascolto costituisca la base della soddisfazione nella parola
in cui ciascuno si trova esposto?
In Francia, spesso, il fondamentalismo viene detto integrismo, ma
sono cose assolutamente distinte e, forse, agli antipodi fra loro.
Non c’è fondamento, ma fondazione della parola. Il fondamentalismo
porta a creare il territorio, quindi la linea e il cerchio, la spazialità, la
spazializzazione, la visione del mondo, il finalismo. Fondamentalista è
il discorso occidentale. La religio è, per definizione, lontana dal
fondamentalismo. La religiosità pagana dipende dal fondamentalismo
e quindi dal discorso della morte.
Come si enuncia, si definisce, si costituisce il discorso della morte,
oggi? L’epoca è la gnosi. Il purismo è una conseguenza del fondamentalismo, che trova poi il suo esercizio nella pulizia. Purismo contro
la corruzione, contro il peccato, contro il male così come è creato dalla
demonologia. Pulizia come funzione preminente del territorio: pulizia
etnica, pulizia ecologica, pulizia nazionale.
L’ecologismo è un’altra conseguenza del fondamentalismo. A volte
erede di tutti i marginalismi. Altra cosa è l’integrismo o l’integralismo.
Preferisco il termine cattolicesimo come istanza d’internazionalismo e
d’intersettorialità, come istanza culturale e artistica, come istanza della
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IL SECONDO RINASCIMENTO
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macchina e della tecnica, dell’invenzione e del gioco. Le cose procedono
per integrazione secondo la loro fondazione, secondo non già il fondamento e l’unità, l’unificazione o l’operazione algebrica, la moltiplicazione, la divisione, la somma, l’addizione, la sottrazione, ma per integrazione e dall’apertura, dal due, secondo la loro logica, secondo la dissidenza,
secondo l’idioma.
L’universalismo. “Universo”, nell’accezione propria al discorso della
morte, è ciò che viene creato da tale discorso. Ma “universo” ha un’altra
accezione, quella in cui l’uno è diviso da se stesso, differente da se stesso
e pertanto menzognero con l’effetto di sapere. La versione dell’uno
comporta la perversio, cioè la svolta, la strofe, il raggiro, mentre la
funzione di zero trae al giro.
Genesi: logica e struttura. Singolare triale. Generazione non è genesi.
La generazione s’istituisce nella poesia, nell’infinito della parola, dove
le cose si fanno. Termine estraneo al naturalismo. Generazione: non
c’entra nulla con creazione e procreazione. Genesi, per cui il figlio è
genito e non generato.
L’Europa: Leonardo da Vinci. L’Italia: Machiavelli. Dove risiede la
Svizzera? Il testo Svizzera insiste intorno alla materia della parola,
intorno alla materia come dimensione della parola, accanto alla dimensione di linguaggio e alla dimensione di sembianza. Tutt’altro che il
luogo della psicosi o della conciliazione o di quella che Machiavelli
chiama la via di mezzo, la via neutrale, la via dell’indecisione, la via della
lentezza.
Dicevo, il 30 novembre 1983, che senza Dante Alighieri con cui si
annoda e funziona questo secondo millennio e senza la Svizzera non c’è
l’Europa. L’Europa, oggi, è in costante trasformazione, trasformazione
tutt’altro che lineare, con molti arcaismi, conflitti, riflussi. È il pianeta che
sta per inventarsi altrimenti. Ma anche il cielo. L’Europa sarà provincia
o sarà la seconda Etruria? Federazione: impossibile sia in quanto solidarietà, cioè giuntura e separazione e loro modo, sia in quanto squarcio e
suo modo.
È curioso, ma la costituzione nuova dell’Europa che avviene per
trasformazione culturale, quindi per trasformazione economica e per
trasformazione politica, procede dallo statuto che l’Africa avrà nei
prossimi decenni, diciamo nel 2010. Questo è il 2010: la parola presa nella
sua logica e nella sua cifra.
La pace non è l’abolizione della guerra. Giunge alla pace la scrittura
della guerra. Dunque, anzitutto, occorre la guerra. La guerra è costante,
non è un’eccezione, non è l’ultima. La guerra, la politica, la partita, il
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governo, l’amministrazione, la battaglia di Anghiari: guerra artificiale,
intellettuale, guerra che non finisce. Arte e invenzione della guerra. La
lingua della guerra è la lingua diplomatica, lingua della politica, la sola
lingua in cui le cose s’intendono e per cui s’instaurano l’appagamento,
la soddisfazione intellettuale e la pace, nonché la salute quale istanza di
qualità, nonché il piacere quale approdo alla qualità.
SERGIO DALLA VAL Come si precisa nell’epoca una connessione tra
il discorso della morte e l’ideologia della corruzione? E poi che cosa
comporta questo rispetto alla malattia mentale?
A. V. Questo l’ho precisato, però, poco fa. Ideologia della morte e
corruzione. È molto semplice. Ciò che si corrompe si purifica e si mangia.
Il termine postmoderno non è più sufficiente. Non è più il
postmoderno, ma la morte bianca. La morte bianca, la guerra bianca e il
cannibalismo bianco, per esempio giudiziario, mediatico. Anche il golpe
bianco, quello che adesso c’è in Italia, come epoca. Il tempo della parola
non si risolve nell’epoca.
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