Selettivo, micidiale, spietato. Doppio terrore islamista contro la
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Selettivo, micidiale, spietato. Doppio terrore islamista contro la
LE ASSEMBLEE DI BOLOGNA, ROMA E NAPOLI I DOCUMENTI DI MARGHERITA, DS E SDI Lista unitaria, si parte. La Margherita unanime insiste sul gruppo unico. Fassino e D’Alema più forti nei Ds 6 In integrale, gli atti di nascita della lista unitaria. Un testo comune a tutti che si rifà a Prodi, poi le differenze 9 771722 205202 31116 ALVPLQGBcafcacA CHDPDFDFDU 4-5 D O M E N I C A 16 N O V E M B R E www.europaquotidiano.it È acceso Istanbul, il motore riformista antisemitismo e non solo FEDERICO ORLANDO GUIDO MOLTEDO socialisti non si arrenderanno ai moderati, i moderati non diventeranno socialisti. Le due paure speculari hanno aleggiato nelle assemblee dei Ds all’Eur e della Margherita a Bologna, sfiorando quella dello Sdi a Napoli. Ma erano paure strumentali, per migliorare le rispettive posizioni contrattuali in vista della lista unitaria per le europee, e degli impegni “logici” che ne seguiranno. La strumentalità l’ha smascherata Massimo D’Alema, parlando così ai più recalcitranti fra i suoi compagni: «È curioso che i moderati, ai quali temete che ci consegnamo, hanno a loro volta timore di consegnarsi a noi. La specularità di queste due paure, dimostra che sono infondate». E i risultati delle votazioni nelle tre assemblee (addirittura all’unanimità quella della Margherita) confermano che si può osare l’inosabile, come diceva una vecchia canzone, mettere insieme i riformisti delle varie provenienze, socialisti, cristiani, liberali, ambientalisti. Per propiziare l’evento, venerdì Francesco Rutelli a Bologna aveva evocato Seneca, che guidasse la Margherita nelle scelte innovative. Diceva il filosofo stoico: «Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo. È perché non osiamo che ci sembrano difficili». Ieri, Fassino ha rilanciato il tema: riproponendo, come ulteriore scelta innovativa (dopo la lista unitaria), il partito unitario, sul quale il primo giorno l’“amico Francesco” aveva detto no, non per domani, prendendosi una boccata d’ossigeno. Guardiamo oltre il 13 giugno – ha ripetuto il segretario Ds, a sua volta incalzato da uguali e contrarie esigenze interne – : se gli elettori avranno premiato la lista unica, poniamoci un più alto obbiettivo, il partito federativo dei riformisti, o la confederazione dei riformatori, o com’altro si vorrà definire quel moderno soggetto della politica, conosciuto in tutta Europa, che aggrega sotto un solo tetto più partiti affini. Gli eurocrati la chiamano “cooperazione rafforzata”, e significa mettere insieme le politiche nazionali di settore, esempio Difesa, cedendo quote di sovranità nazionale a favore di una politica comunitaria. «So che il rischio è alto – dice Fassino, fingendo di parlare alla sola Margherita, in realtà perché intendano i dissenzienti di casa sua –, ma è proprio alzando i rischi che si vince la sfida». Insomma, Seneca tradotto in volgare. A favorire il rilancio di Fassino aveva provveduto con gratuita tempestività il Cavaliere in persona. Il giorno prima aveva incontrato a Bruxelles gli industriali europei, e ridato briglia ai suoi spiriti antieuropeisti: l’Europa non ha fatto nulla per rilanciare competitività e sviluppo, l’Europa lega le mani ai governi che non possono intervenire sui cambi né modificare i tassi d’interesse, l’Europa non consente ai governi di accrescere il deficit nazionale a causa del patto di stabilità, l’Europa ha fatto una mezza cosa buona, l’euro, che però «ha provocato una caduta della domanda». È il Berlusconi-pensiero, il “Manifesto dell’anti-Prodi” come lo definiva un giornale, con cui si misureranno il 13 giugno i partiti che a Roma, Bologna e Napoli hanno deciso tra venerdì e ieri di dire sì al Manifesto di Prodi e all’invito del Professore a sostenerlo con una lista comune. SEGUE A PAGINA 5 I 2003 uando sembra che il massimo dell’efferatezza sia stato raggiunto, e che sia inconcepibile un atto ancora più disumano, ecco che il peggio accade. E’ questo il “nuovo” terrorismo internazionale. C’è un metodo, in questa follia omicida, e l’antisemitismo n’è ingrediente cospicuo. Se qualcuno non aveva voglia di guardare in faccia il problema, la strage di Istanbul glielo getta in faccia con orrore. Ma è un ingrediente, l’antisemitismo, non è l’unico movente. Ha ragione il governo israeliano a rammentare agli europei il “segno” di questi attentati, ma sbaglia se pensa che, invece, un’adesione acritica alla sua politica spunterebbe le armi degli attentatori e sarebbe la linea giusta per portare la pace in Medio oriente e nel mondo. Così come sbagliano l’amministrazione Bush e i suoi più fedeli alleati se trovano, in questa fosca escalation, conferma della bontà della “ricetta irachena”. Le democrazie si trovano oggi a misurarsi con un fenomeno che pone una sfida “militare” e quindi richiede una risposta su quel terreno, ma che ha sicuramente cause più recondite di un isterico e violento “antismo”: antisemitismo, antiamericanismo, antioccidentalismo. Finora la risposta solamente o prevalentemente sul piano militare, come si è visto, non ha ridotto il caos in Iraq o nei territori palestinesi o in Afghanistan, e ha causato lutti, vittime, ferimenti. Anche le scene del rientro dei nostri caduti dovrebbero dirci qualcosa a riguardo. Nessuna sottovalutazione del fenomeno, dunque, anzi aumento dell’allerta, studio attento della “logica” terrorista e capacità di risposta adeguata. Nessuna indulgenza. Eppure un fenomeno di queste proporzioni, così inquietante, non può non rimandare il problema anche nel nostro campo. Perché quest’odio, perché tanta violenza? Pensare che sia in fondo solo parto di una certa cultura, quella islamica col suo miliardo e mezzo di seguaci, non serve a nulla né moralmente né tanto meno praticamente. Pensiamoci, allora, non per dimenticare da che parte sono le vittime – la nostra – o, peggio, per colpevolizzarle, ma per evitare che domani, e dopo ancora, ogni giorno, ci siano nuove vittime. I N F O R M A Z I O N 1 E A N A L I S I SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE, ART.2, COMMA20/B LEGGE 662/96 - ROMA A N N O DA DOMANI LA CAMERA ARDENTE I • N°203 • € 1,00 HIC&NUNC IL PAPA Il mondo si mobiliti contro il terrorismo Nuovo appello di Giovanni Paolo II «agli uomini e alle donne del mondo intero, a mobilitarsi in favore della pace e contro il terrorismo» nel telegramma per l’attentato di Istanbul. FRANCIA Q Gli italiani sono tornati. Parenti infreddoliti sulla pista di Ciampino, gli onori militari, commosse dirette tv. Diciotto dei diciannove italiani morti a Nassiriya sono da ieri a sera a Roma, chiusi nelle bare di legno. Da domani la camera ardente all’Altare della patria, martedì i funerali. Con una partecipazione popolare prevedibilmente enorme. (Ap) Tragedia sulla nuova Queen Mary II Vi sono molti bambini tra le dodici vittime del crollo di una passerella del transatlantico “Queen Mary II”, ormeggiato a Saint Nazaire. La passerella è crollata al passaggio degli almeno trenta visitatori. La Queen Mary II, la più grande nave da crociera del mondo, era ancora nei cantieri per gli ultimi ritocchi. In settembre aveva compiuto il primo giro di prova in mare. Il varo è in programma per l’8 gennaio. Sostituirà la Queen Elizabeth 2 nella tradizionale rotta atlantica, dalla Gran Bretagna all’America del nord. Strage nelle sinagoghe di Istanbul, nel paese più esposto verso l’Iraq CINA Selettivo, micidiale, spietato. Doppio terrore islamista contro la Turchia e gli ebrei SERBIA ella sinagoga di Neve Shalom, la più importante di Istanbul, e in quella di Beit Israel, a due chilometri di distanza, come ogni sabato mattina centinaia di fedeli sono riuniti in preghiera. La prima è più affollata del solito per la cerimonia del bar-mitzvah, i più giovani della comunità attendono trepidanti di entrare nell’età adulta, come prevede la tradizione ebraica. Mancano pochi minuti all’inizio delle celebrazioni, quando scoppia l’inferno. Poco prima delle 8,30 due camioncini imbottiti di una micidiale miscela di esplosivi, probabilmente azionati con comandi a distanza, esplodono quasi simultaneamente davanti alle due sinagoghe. Neve Shalom (Oasi di pace) è nel quartiere di Beyoglu, in una stretta strada del centro piena di piccoli negozi a quell’ora affollati. La facciata dell’antico tempio viene giù in un attimo, l’onda d’urto investe i palazzi, le automobili, i passanti nel raggio di decine di metri. Anche nel distretto di Sisli, dove si consuma il secondo attentato, l’esplosione è fortissima. Una strage. Il bilancio, fermo a ieri sera, è di 23 morti, per la metà ebrei, e più di 300 i feriti, una decina in gravissime condizioni. C’è anche un cittadino italiano tra le vittime. Romano Yona, 57 anni, ebreo turco, aveva sposato una donna italiana nel 1991. N A perdere la vita sono soprattutto passanti, civili turchi che in quel momento per una drammatica coincidenza si trovano nei pressi delle due sinagoghe, non solo ebrei dunque, ma anche tanti musulmani. Nel pomeriggio arriva una rivendicazione con una telefonata all’agenzia Anadolu del “Fronte del commando islamico grande oriente”, considerata però poco attendibile. Conosciuto con la sigla Ibda/C, questo gruppo estremista musulmano è infatti ormai in disarmo, non sarebbe in grado di organizzare un simile attacco che invece, per modalità ed obiettivo, porterebbe la firma del terrorismo internazionale. Durissima è stata la reazione del governo. «Nessun paese al mondo è immune dal terrorismo, ecco perché tutti dovrebbero combattere insieme contro le forze del male – ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano SilvanShalom – Speriamo che la comunità internazionale non si accontenti di condannare quanto accaduto a Istanbul, ma intervenga con forza contro il terrorismo, che è un fenomeno globale». Per Shalom, una grande responsabilità per quanto accaduto va attribuita al modo in cui Israele viene dipinto in Europa. ALLE PAGINE 2 E 3 R O B I N Il convegno organizzato da Italianieuropei Brodino Craxi, il riformismo in eredità Esplosione in una miniera di carbone L’incidente, avvenuto nella provincia di Jiangsu, nel sudest del paese, ha provocato la morte di 48 persone. Nella miniera, che appartiene allo stato e produce 600mila tonnellate di carbone all’anno, si trovavano al momento dello scoppio 55 persone. Urne aperte per le presidenziali Tre i principali candidati che oggi si contendono la carica di presidente: è terzo tentativo di sostituire Milan Milutinovic, ex alleato di Slobodan Milosevic consegnatosi al Tribunale penale internazionale. Favorito Dragoljub Micunovic, fondatore negli anni ‘80 del primo partito democratico serbo. HARRY POTTER Tradotto in 60 lingue, ora anche in hindi Le avventure del maghetto di J.K. Rowling sono state tradotte anche nella lingua ufficiale dell’India, parlata da circa 400 milioni di persone. Chiuso in redazione alle 20,30 C’è chi pensa in grande e sacrifica un po’ di sé a un progetto più ampio. Prodi gli ha spedito un messaggio d’appoggio. Poi c’è Mastella. Che pianterà il suo ennesimo bonsai politico e ambirebbe anche lui almeno a un biglietto. Date le dimensioni, Prodi è troppo. Un prodino? Un crodino? Un brodino? ediaticamente schiacciato dalla giornata all’Altare della patria, domani un convegno discute a Roma di Bettino Craxi. Caduto nella guerra civile italiana dei primi anni ‘90, a dar credito alla versione di Tangentopoli che va per la maggiore. È un vero evento. Sul serio, perché non è da tutti i giorni vedere i leader dei Ds misurarsi senza rete con la figura del nemico più terribile dell’ultimo Pci, nonché politico mostrizzato dalla larghissima maggioranza del cosidetto “popolo di sinistra”. Non c’è e non ci sarà intercapedine culturale che regga: sì, c’è il lavoro d’archivio sulle sue carte; sì, c’è la discussione teorica sul riformismo di ieri e di oggi; sì, c’è l’incompiuto ragionare sulla Prima repubblica e sulla sua fine. Niente da fare: Craxi è corpo e sangue della politica di oggi, odio e amore ancora vivissimo, tabù e totem. Viene scagliato – lui, il suo destino, la morte, la pretesa ingiustizia patita fino al sacrificio estremo – come arma contundente di una peculiare forma di revisionismo con- M tro chi è accusato di aver conquistato il potere sul suo cadavere vero, e su quelli figurati di Dc e Psi. La sinistra, appunto, quindi Massimo D’Alema. Giuliano Amato, ancor peggio, colpevole di essere passato con disinvoltura da Craxi ai suoi carnefici. Proprio D’Alema e Amato si arrampicano domani su questa montagna di rancore, strumentalità e sospetto. Anche con profonde motivazioni personali, almeno il secondo di sicuro. Invece sono già segnati dalla condanna preventiva: vorrebbero riappacificarsi con un morto per lucrare, sia pure in ritardo, un’eredità ancora consistente. Non quella delle carte in parte inedite, che Stefania e la Fondazione Craxi hanno consegnato al Riformista lasciando attoniti i craxiani di rito berlusconiano puro. Ma quella dei voti: quell’aliquota del 10 per cento del Psi che non è morta con Craxi ma si è in gran parte accasata a destra – ma lo fece per vendetta? – e darebbe ora segni di inquietudine. Non torneranno per un convegno, no. Almeno però si potrebbe rimuovere il muro di ostilità eretto sulla tomba di Hammammet, spezzare il giuramento: «Non voglio essere riabilitato da coloro che mi uccideranno». La verità è che c’è un pezzo di sinistra che dà ragione dentro di sé all’ammonimento dei maitre à penser: non potrete dirvi riformisti finché non avrete toccato il fondo del vostro pentimento per quella guerra, quell’infamia, quella morte. Avrete reso l’onore a Craxi. Avrete approfondito il solco tracciato da Fassino: lui aveva ragione, Berlinguer torto. Vogliono chiudere questo conto. È serio provarci non l’abiura del passato ma col confronto storicopolitico. Farlo davanti a Stefania, a De Michelis, a Rino Formica è corretto e anche coraggioso. A patto che li si richiami laicamente alla dura realtà: non parliamo dei voti, che sono di chi li esprime. Ma neanche la politica riformista è mai stata, e tanto meno è adesso, proprietà privata. È di chi riforma il proprio paese davvero. Non la si consegna in eredità, come le carte di un uomo di valore. (s. me.)