Selettivo, micidiale, spietato. Doppio terrore islamista contro la

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Selettivo, micidiale, spietato. Doppio terrore islamista contro la
LE ASSEMBLEE DI BOLOGNA, ROMA E NAPOLI
I DOCUMENTI DI MARGHERITA, DS E SDI
Lista unitaria, si parte. La Margherita
unanime insiste sul gruppo unico.
Fassino e D’Alema più forti nei Ds
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In integrale, gli atti di nascita della
lista unitaria. Un testo comune a tutti
che si rifà a Prodi, poi le differenze
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È acceso
Istanbul,
il motore
riformista
antisemitismo
e non solo
FEDERICO
ORLANDO
GUIDO
MOLTEDO
socialisti non si arrenderanno ai
moderati, i moderati non diventeranno socialisti. Le due paure speculari hanno aleggiato nelle assemblee
dei Ds all’Eur e della Margherita a Bologna, sfiorando quella dello Sdi a Napoli. Ma erano paure strumentali, per
migliorare le rispettive posizioni contrattuali in vista della lista unitaria
per le europee, e degli impegni “logici” che ne seguiranno. La strumentalità l’ha smascherata Massimo D’Alema, parlando così ai più recalcitranti
fra i suoi compagni: «È curioso che i
moderati, ai quali temete che ci consegnamo, hanno a loro volta timore di
consegnarsi a noi. La specularità di
queste due paure, dimostra che sono
infondate». E i risultati delle votazioni nelle tre assemblee (addirittura all’unanimità quella della Margherita)
confermano che si può osare l’inosabile, come diceva una vecchia canzone, mettere insieme i riformisti delle
varie provenienze, socialisti, cristiani,
liberali, ambientalisti.
Per propiziare l’evento, venerdì
Francesco Rutelli a Bologna aveva evocato Seneca, che guidasse la Margherita nelle scelte innovative. Diceva il filosofo stoico: «Non è perché le cose sono difficili che noi non osiamo. È perché non osiamo che ci sembrano difficili». Ieri, Fassino ha rilanciato il tema: riproponendo, come ulteriore
scelta innovativa (dopo la lista unitaria), il partito unitario, sul quale il primo giorno l’“amico Francesco” aveva
detto no, non per domani, prendendosi una boccata d’ossigeno. Guardiamo oltre il 13 giugno – ha ripetuto il segretario Ds, a sua volta incalzato
da uguali e contrarie esigenze interne
– : se gli elettori avranno premiato la
lista unica, poniamoci un più alto obbiettivo, il partito federativo dei riformisti, o la confederazione dei riformatori, o com’altro si vorrà definire
quel moderno soggetto della politica,
conosciuto in tutta Europa, che aggrega sotto un solo tetto più partiti affini. Gli eurocrati la chiamano “cooperazione rafforzata”, e significa mettere insieme le politiche nazionali di
settore, esempio Difesa, cedendo quote di sovranità nazionale a favore di
una politica comunitaria. «So che il rischio è alto – dice Fassino, fingendo
di parlare alla sola Margherita, in realtà
perché intendano i dissenzienti di casa sua –, ma è proprio alzando i rischi
che si vince la sfida». Insomma, Seneca tradotto in volgare.
A favorire il rilancio di Fassino
aveva provveduto con gratuita tempestività il Cavaliere in persona. Il giorno prima aveva incontrato a Bruxelles gli industriali europei, e ridato briglia ai suoi spiriti antieuropeisti: l’Europa non ha fatto nulla per rilanciare
competitività e sviluppo, l’Europa lega le mani ai governi che non possono intervenire sui cambi né modificare i tassi d’interesse, l’Europa non
consente ai governi di accrescere il deficit nazionale a causa del patto di stabilità, l’Europa ha fatto una mezza cosa buona, l’euro, che però «ha provocato una caduta della domanda».
È il Berlusconi-pensiero, il “Manifesto dell’anti-Prodi” come lo definiva un giornale, con cui si misureranno il 13 giugno i partiti che a Roma, Bologna e Napoli hanno deciso tra
venerdì e ieri di dire sì al Manifesto di
Prodi e all’invito del Professore a sostenerlo con una lista comune.
SEGUE A PAGINA 5
I
2003
uando sembra che il massimo
dell’efferatezza sia stato raggiunto, e che sia inconcepibile un atto ancora più disumano, ecco che il peggio
accade. E’ questo il “nuovo” terrorismo
internazionale. C’è un metodo, in questa follia omicida, e l’antisemitismo n’è
ingrediente cospicuo. Se qualcuno
non aveva voglia di guardare in faccia
il problema, la strage di Istanbul glielo getta in faccia con orrore.
Ma è un ingrediente, l’antisemitismo, non è l’unico movente. Ha ragione il governo israeliano a rammentare agli europei il “segno” di questi attentati, ma sbaglia se pensa che,
invece, un’adesione acritica alla sua politica spunterebbe le armi degli attentatori e sarebbe la linea giusta per portare la pace in Medio oriente e nel
mondo. Così come sbagliano l’amministrazione Bush e i suoi più fedeli alleati se trovano, in questa fosca escalation, conferma della bontà della “ricetta irachena”.
Le democrazie si trovano oggi a
misurarsi con un fenomeno che pone
una sfida “militare” e quindi richiede
una risposta su quel terreno, ma che
ha sicuramente cause più recondite di
un isterico e violento “antismo”: antisemitismo, antiamericanismo, antioccidentalismo. Finora la risposta
solamente o prevalentemente sul piano militare, come si è visto, non ha ridotto il caos in Iraq o nei territori palestinesi o in Afghanistan, e ha causato
lutti, vittime, ferimenti. Anche le scene del rientro dei nostri caduti dovrebbero dirci qualcosa a riguardo.
Nessuna sottovalutazione del fenomeno, dunque, anzi aumento dell’allerta, studio attento della “logica” terrorista e capacità di risposta adeguata.
Nessuna indulgenza. Eppure un fenomeno di queste proporzioni, così inquietante, non può non rimandare il
problema anche nel nostro campo.
Perché quest’odio, perché tanta violenza? Pensare che sia in fondo solo
parto di una certa cultura, quella islamica col suo miliardo e mezzo di seguaci, non serve a nulla né moralmente né tanto meno praticamente.
Pensiamoci, allora, non per dimenticare da che parte sono le vittime – la
nostra – o, peggio, per colpevolizzarle, ma per evitare che domani, e dopo
ancora, ogni giorno, ci siano nuove vittime.
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IL PAPA
Il mondo si mobiliti
contro il terrorismo
Nuovo appello di Giovanni
Paolo II «agli uomini e alle
donne del mondo intero, a
mobilitarsi in favore della pace
e contro il terrorismo» nel
telegramma per l’attentato di
Istanbul.
FRANCIA
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Gli italiani sono tornati. Parenti infreddoliti sulla pista di Ciampino, gli onori militari, commosse dirette tv.
Diciotto dei diciannove italiani morti a Nassiriya sono da ieri a sera a Roma, chiusi nelle bare di legno. Da domani la camera ardente all’Altare della patria, martedì i funerali. Con una partecipazione popolare prevedibilmente enorme. (Ap)
Tragedia sulla nuova
Queen Mary II
Vi sono molti bambini tra le
dodici vittime del crollo di una
passerella del transatlantico
“Queen Mary II”, ormeggiato a
Saint Nazaire. La passerella è
crollata al passaggio degli
almeno trenta visitatori. La
Queen Mary II, la più grande
nave da crociera del mondo,
era ancora nei cantieri per gli
ultimi ritocchi. In settembre
aveva compiuto il primo giro di
prova in mare. Il varo è in
programma per l’8 gennaio.
Sostituirà la Queen Elizabeth 2
nella tradizionale rotta
atlantica, dalla Gran Bretagna
all’America del nord.
Strage nelle sinagoghe di Istanbul, nel paese più esposto verso l’Iraq
CINA
Selettivo, micidiale, spietato.
Doppio terrore islamista
contro la Turchia e gli ebrei
SERBIA
ella sinagoga di Neve Shalom, la più importante di
Istanbul, e in quella di Beit Israel, a due chilometri
di distanza, come ogni sabato mattina centinaia di fedeli
sono riuniti in preghiera. La prima è più affollata del solito per la cerimonia del bar-mitzvah, i più giovani della comunità attendono trepidanti di entrare nell’età adulta, come prevede la tradizione ebraica. Mancano pochi minuti
all’inizio delle celebrazioni, quando scoppia l’inferno.
Poco prima delle 8,30 due camioncini imbottiti di
una micidiale miscela di esplosivi, probabilmente azionati
con comandi a distanza, esplodono quasi simultaneamente davanti alle due sinagoghe. Neve Shalom (Oasi di
pace) è nel quartiere di Beyoglu, in una stretta strada del
centro piena di piccoli negozi a quell’ora affollati. La facciata dell’antico tempio viene giù in un attimo, l’onda d’urto investe i palazzi, le automobili, i passanti nel raggio di
decine di metri. Anche nel distretto di Sisli, dove si consuma il secondo attentato, l’esplosione è fortissima. Una
strage. Il bilancio, fermo a ieri sera, è di 23 morti, per la
metà ebrei, e più di 300 i feriti, una decina in gravissime
condizioni. C’è anche un cittadino italiano tra le vittime.
Romano Yona, 57 anni, ebreo turco, aveva sposato una donna italiana nel 1991.
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A perdere la vita sono soprattutto passanti, civili turchi
che in quel momento per una drammatica coincidenza si
trovano nei pressi delle due sinagoghe, non solo ebrei dunque, ma anche tanti musulmani.
Nel pomeriggio arriva una rivendicazione con una telefonata all’agenzia Anadolu del “Fronte del commando islamico grande oriente”, considerata però poco attendibile. Conosciuto con la sigla Ibda/C, questo gruppo estremista musulmano è infatti ormai in disarmo, non sarebbe in grado
di organizzare un simile attacco che invece, per modalità
ed obiettivo, porterebbe la firma del terrorismo internazionale.
Durissima è stata la reazione del governo. «Nessun paese al mondo è immune dal terrorismo, ecco perché tutti
dovrebbero combattere insieme contro le forze del male –
ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano SilvanShalom – Speriamo che la comunità internazionale non si accontenti di condannare quanto accaduto a Istanbul, ma intervenga con forza contro il terrorismo, che è un fenomeno globale».
Per Shalom, una grande responsabilità per quanto accaduto va attribuita al modo in cui Israele viene dipinto
in Europa.
ALLE PAGINE 2 E 3
R O B I N
Il convegno organizzato da Italianieuropei
Brodino
Craxi, il riformismo in eredità
Esplosione in una miniera
di carbone
L’incidente, avvenuto nella
provincia di Jiangsu, nel sudest
del paese, ha provocato la
morte di 48 persone. Nella
miniera, che appartiene allo
stato e produce 600mila
tonnellate di carbone all’anno,
si trovavano al momento dello
scoppio 55 persone.
Urne aperte
per le presidenziali
Tre i principali candidati che
oggi si contendono la carica di
presidente: è terzo tentativo di
sostituire Milan Milutinovic, ex
alleato di Slobodan Milosevic
consegnatosi al Tribunale
penale internazionale. Favorito
Dragoljub Micunovic,
fondatore negli anni ‘80 del
primo partito democratico
serbo.
HARRY POTTER
Tradotto in 60 lingue,
ora anche in hindi
Le avventure del maghetto di
J.K. Rowling sono state tradotte
anche nella lingua ufficiale
dell’India, parlata da circa 400
milioni di persone.
Chiuso in redazione alle 20,30
C’è chi pensa in grande e sacrifica un po’ di sé a un progetto più ampio. Prodi gli ha
spedito un messaggio d’appoggio. Poi c’è Mastella. Che
pianterà il suo ennesimo
bonsai politico e ambirebbe
anche lui almeno a un biglietto. Date le dimensioni,
Prodi è troppo. Un prodino?
Un crodino? Un brodino?
ediaticamente schiacciato dalla giornata all’Altare della patria, domani un convegno discute a Roma di Bettino Craxi. Caduto nella guerra civile italiana dei primi anni ‘90, a dar credito alla versione di Tangentopoli che va per la maggiore.
È un vero evento. Sul serio, perché non è da tutti i giorni vedere i leader dei Ds misurarsi senza rete con la figura del nemico più terribile dell’ultimo
Pci, nonché politico mostrizzato dalla larghissima
maggioranza del cosidetto “popolo di sinistra”.
Non c’è e non ci sarà intercapedine culturale che
regga: sì, c’è il lavoro d’archivio sulle sue carte; sì,
c’è la discussione teorica sul riformismo di ieri e di
oggi; sì, c’è l’incompiuto ragionare sulla Prima repubblica e sulla sua fine. Niente da fare: Craxi è corpo e sangue della politica di oggi, odio e amore ancora vivissimo, tabù e totem. Viene scagliato – lui,
il suo destino, la morte, la pretesa ingiustizia patita fino al sacrificio estremo – come arma contundente di una peculiare forma di revisionismo con-
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tro chi è accusato di aver conquistato il potere sul
suo cadavere vero, e su quelli figurati di Dc e Psi.
La sinistra, appunto, quindi Massimo D’Alema. Giuliano Amato, ancor peggio, colpevole di essere passato con disinvoltura da Craxi ai suoi carnefici.
Proprio D’Alema e Amato si arrampicano domani su questa montagna di rancore, strumentalità e sospetto. Anche con profonde motivazioni personali, almeno il secondo di sicuro. Invece sono già
segnati dalla condanna preventiva: vorrebbero riappacificarsi con un morto per lucrare, sia pure in ritardo, un’eredità ancora consistente. Non quella delle carte in parte inedite, che Stefania e la Fondazione
Craxi hanno consegnato al Riformista lasciando attoniti i craxiani di rito berlusconiano puro. Ma
quella dei voti: quell’aliquota del 10 per cento del
Psi che non è morta con Craxi ma si è in gran parte accasata a destra – ma lo fece per vendetta? – e
darebbe ora segni di inquietudine. Non torneranno per un convegno, no. Almeno però si potrebbe
rimuovere il muro di ostilità eretto sulla tomba di
Hammammet, spezzare il giuramento: «Non voglio
essere riabilitato da coloro che mi uccideranno».
La verità è che c’è un pezzo di sinistra che dà
ragione dentro di sé all’ammonimento dei maitre
à penser: non potrete dirvi riformisti finché non avrete toccato il fondo del vostro pentimento per quella guerra, quell’infamia, quella morte. Avrete reso
l’onore a Craxi. Avrete approfondito il solco tracciato
da Fassino: lui aveva ragione, Berlinguer torto.
Vogliono chiudere questo conto. È serio provarci
non l’abiura del passato ma col confronto storicopolitico. Farlo davanti a Stefania, a De Michelis, a
Rino Formica è corretto e anche coraggioso. A patto che li si richiami laicamente alla dura realtà: non
parliamo dei voti, che sono di chi li esprime. Ma
neanche la politica riformista è mai stata, e tanto
meno è adesso, proprietà privata. È di chi riforma
il proprio paese davvero. Non la si consegna in eredità, come le carte di un uomo di valore. (s. me.)