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Tu quoque, Oscar Giannino
di Fabio Sabatini | 19 febbraio 2013
Oscar Giannino è il fondatore, insieme a un gruppo di economisti seri e rigorosi, di un partito che fa del
merito e della trasparenza due dei suoi principali cavalli di battaglia. Dovrebbe quindi avere ben chiaro che
modificare in modo un po’ puerile il proprio curriculum aggiungendovi un master mai conseguito
all’Università di Chicago, in barba a ogni considerazione legata al merito e alla trasparenza, non costituisce
affatto un piccolo peccato veniale. Si tratta invece di una macchia importante sulla credibilità politica del
leader di un partito.
Vediamo perché. Anzitutto, nonostante le ripetute e un po’ goffe ritrattazioni del giorno dopo, il dolo sembra
proprio esserci stato. Nel curriculum online sul sito dell’Istituto Bruno Leoni, centro di ricerca cui
Giannino ha legato buona parte della sua reputazione di giornalista esperto di economia, anche grazie alla
redazione del suo Chicago Blog, fino a ieri si leggeva chiaramente che “Oscar Giannino è laureato in
giurisprudenza ed economia e ha conseguito il diploma in Corporate Finance e Public Finance presso la
University of Chicago Booth School of Business” (lo stesso, prestigioso, ateneo in cui Luigi Zingales è
professore ordinario di Entrepreneurship and Finance). Due lauree e un master insomma.
Tale versione del cv è stata online per molto tempo – prima di essere frettolosamente cancellata dopo la
dichiarazione di Zingales – ed è improbabile che Giannino, o chiunque a lui vicino, non l’abbia mai notata.
Anche perché è stata ripresa da diversi altri siti, giornalistici, economici e politici, al punto che l’immagine
pubblica di Giannino veniva, fino a ieri, generalmente associata anche ai suoi studi a Chicago, tempio
dell’economia neoclassica e liberista. Associazione del tutto naturale, visto che il tratto più distintivo
della figura pubblica e politica di Giannino sono le sue competenze economiche e le posizioni molto nette
contro l’intervento pubblico nell’economia, e che il suo blog si chiama proprio “Chicago Blog”. Del resto,
anche la posizione di “Senior Fellow” presso l’Istituto Bruno Leoni ha un sapore decisamente accademico.
Non meraviglia quindi che il leader di Fermare il Declino abbia esplicitamente dichiarato in televisione di
aver conseguito il famigerato master a Chicago. Probabilmente era consapevole che “gli studi a Chicago”
fanno parte della sua figura pubblica e che fosse conveniente assecondare l’equivoco.
Il dolo è confermato anche dalla reiterazione della bugia nel tempo: nel dicembre 2012, in un auditorium,
Giannino ha pubblicamente confermato quanto scritto nel suo curriculum online, dichiarando testualmente
di aver conseguito “il master in Corporate and Public Finance alla Chicago Booth”, si può vedere al minuto
30.35 di questo video.
È altrettanto naturale e facilmente comprensibile che Luigi Zingales, una volta conosciuta la verità, non
abbia potuto tenere un comportamento omertoso e complice, visto il rischio di subire a sua volta un grave
danno alla reputazione. Accusare Zingales di intelligence col nemico è semplicemente ridicolo. L’economista
dell’Università di Chicago si è comportato nell’unico modo possibile e di certo non ci ha guadagnato nulla,
anzi.
La linea difensiva di Giannino a mio parere ha aggravato la situazione. Inizialmente, il leader di Fid ha
negato di aver millantato studi a Chicago, proprio mentre in rete stava diventando virale il video di
un’intervista a Repubblica in cui diceva senza ombra di equivoci di aver conseguito il master. Giannino ha
quindi reso noto di aver effettivamente trascorso un periodo di tempo a Chicago, ma per studiare
l’inglese e senza frequentare alcun corso universitario. Poi, ha affermato di non aver mai controllato il
suo cv in rete sul sito dell’Istituto Bruno Leoni, forse redatto da un ignoto stagista che avrebbe inventato di
sana pianta le sue credenziali accademiche (un’invenzione insolitamente particolare e circostanziata). Ciò
significa che non avrebbe mai controllato nemmeno tutti gli altri suoi cv presenti in rete, quale per esempio
quello del Festival Internazionale del Giornalismo, che unanimemente gli attribuivano il master (e due
lauree). Né ha mai sentito l’esigenza di rettificare ogni volta che, nella presentazione a un talk show, gli si
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attribuivano fantomatici studi a Chicago.
Vi sembra credibile? A me no. Anzi mi pare un insulto all’intelligenza dei militanti e simpatizzanti di
Fermare il Declino, tra i quali peraltro ci sono tante persone che studi economici li hanno affrontati per
davvero, a costo di grandi sacrifici. Vale la pena notare che, nelle dichiarazioni del giorno dopo, Giannino ha
precisato di non avere alcun titolo accademico. Sembra di poterne dedurre (ma non ci sono riscontri
oggettivi, né interpretazioni autentiche da parte del diretto interessato) che anche le due lauree non sono
mai state conseguite.
Su Facebook, molti militanti di Fid hanno comprensibilmente tentato di ridimensionare la vicenda.
Michele Boldrin, economista di chiara e meritata fama internazionale, ha scritto provocatoriamente sulla
sua bacheca: “Poi ci sono i baroncelli italiani, quelli omertosi con se stessi ed i loro colleghi ad
ogni concorso, che scoprono d’avere una coscienza e chiedono “fuori il Cv”. Ottima idea: tirate fuori il
vostro!”. Versione accademica dell’evangelico “chi è senza peccato scagli la prima pietra” (mi permetto di
copiare lo status qui perché Boldrin lo ha reso pubblico, cioè visibile a tutti, amici e non).
Non è una buona strategia. Qui non si tratta di fare una gara a chi ha il cv migliore e la carriera più
trasparente. Personalmente sono molto interessato a conoscere il vero cv dei candidati premier, specie di
quelli che professano trasparenza e merito, proprio perché non sono un barone e mi sono impegnato in
battaglie pubbliche per la trasparenza e il merito nella mia istituzione, l’università (per inciso, rispondo
all’invito di Boldrin e mostro il mio cv, spero dignitoso ancorché infinitamente più modesto del suo.
Aggiungo che i cv di tutti gli accademici onesti sono già pubblici, visto l’obbligo di renderli disponibili sui siti
dei rispettivi atenei).
Il problema è la credibilità. Se uno mente in pubblico sulle proprie credenziali, può mentire su tutto.
Come può allora un elettore fidarsi di lui? Non so se Giannino debba dimettersi, questo dipende dalla
sensibilità sua e, a questo punto, soprattutto da quella dei suoi rigorosi compagni di viaggio. E mi disturba
che a chiedere le dimissioni di Giannino sia oggi uno dei più grandi mentitori pubblici della storia d’Italia,
uno che ha imposto al Parlamento di sottoscrivere che Ruby fosse la nipote di Mubarak, insieme a tante altre
menzogne. Ma sono sicuro che cavalcare l’argomento del “così fan tutti” o fingere che si sia trattato di un
banale equivoco non sia una soluzione che aiuta Fermare il Declino, né (e questo è ciò che più mi sta a
cuore) a promuovere una cultura della trasparenza e del merito in Italia.
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