Recensione delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis

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Recensione delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis
Fabio Durastante - IV° C
a.s. 2007-2008
Recensione delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis
“Scrivi ciò che vedesti. Manderò la mia voce dalle rovine, e ti detterò la mia storia.
Piangeranno i secoli su la mia solitudine; e le genti s'ammaestreranno nelle mie
disavventure. Il tempo abbatte il forte: e i delitti di sangue sono lavati nel sangue”
Questo il grido che l'Ortis sente provenire dalla Patria, stanca e piegata dalla dominazione straniera, frammentata e divisa, questo il grido che si leva dalla terra stessa e che vuole essere ricordata affinché il suo dolore non sia dimenticato.
Attraverso quest'opera Foscolo compie un diario della propria delusione politica ed esistenziale, si può dire che riprenda e rimaneggi quest'opera più e più volte per aggiungere e aiutare se stesso a superare questo sconforto. La prima lettera dell'epistolario è datata 11 Ottobre 1797 all'indomani del trattato di Campoformio, trattato in cui la Francia Napoleonica cede il Veneto all'impero Austriaco, Jacopo, riflesso della delusione di Foscolo, apre la lettera con l'espressione di tutta la sua disperazione, del suo sconforto, del suo sentirsi tradito da Napoleone.
“Il sacrificio della nostra patria è consumato: tutto è perduto;”
Attraverso questo incipit Foscolo vuole condensare quella condizione definitiva di disperazione della sua Italia, questo considerazione è il primo passo sulla strada di estenuanti sciagure che termineranno nell'atto finale dell'Ortis: il suicidio.
Quella dell'Ortis è l'odissea dell'intellettuale Italiano del settecento, si trova spezzato e costretto a distaccarsi dalla sua casa e a patir e condividerne la distruzione. In quest'ottica di disperazione l'Ortis si trova nella sua casa sui colli Euganei, da questo eremo egli considera e valuta la situazione dell'Italia, spezzata e affranta. L'Ortis è preso da frequenti crisi depressive che tenta di placare tramite la lettura di alcuni volumi inviatigli dal suo amico Lorenzo, corrispondente della maggior parte delle missive dell'epistolario. In questo clima di disperazione egli compie un incontro che gli fa compiere il secondo passo lungo la strada delle sue sciagure, la vista di una sua vicina di casa, figlia di un patrizio dei colli Euganei, questa visione lo fa innamorare e sembra dargli nuova forza per sopravvivere.
Questo porta il razionale Foscolo, insieme alla sua maschera l'Ortis, a fare una considerazione sul fallimento dell'ideale illuministico del positivismo della ragione storica con una visione laica e materialistica della società e della natura di stampo Machiavellico. In quest'ottica entra la forza dell'amore che riesce a risvegliare la passione amorosa, sopita dal dolore per la patria, che torna a far scorrere il sangue e a far sbocciare la speranza di un mondo migliore.
Tuttavia Jacopo, come Foscolo, non è destinato alla felicità, i suoi passi lungo la strada del dolore lo hanno spinto troppo avanti, passato il tempo dei dolci sospiri si trova a fronteggiare la grama realtà: Teresa è promessa ad un altro, uomo di altera personalità e di grande pecunia, benvisto dal potere, qualità con le quali l'esule Ortis non può competere. La realizzazione da parte di Jacopo di questa situazione lo abbatte e lo piega gettandolo di nuovo nella disperazione più cupa. In questo stato Ortis decide di continuare a star vicini per Fabio Durastante - IV° C
a.s. 2007-2008
quanto può alla sua amata Teresa, si infligge un supplizio tremendo, le sta vicino fingendo di non provare nulla se non tenera amicizia e placido conforto nei suoi dolori. Attraverso questa situazione la debole stabilità dell'Ortis è infranta, la sua fermezza compromessa, il dolore dilaga. Le sue notte si trasformano in un inferno di lacrime e pianto, in lui inizia ad affacciarsi l'idea di dare una fine al suo dolore, tuttavia il sapere che ancora la fine delle sua cieca speranza di vedere Teresa ancora libera.
Le sue lettere diventano sempre espressione maggiore del suo dolore, la notte la forza non gli è più sufficiente per rimanere nel letto, la sua disperazione lo sollecita a percorrere le terre del circondario, l'immersione e la contemplazione della natura sembra tranquillizzarlo, tuttavia la pace che gli è brevemente concessa lo lascia alla fine più disperato.
Lorenzo, suo carissimo amico e destinatario delle missive, lo invita e riesce a persuaderlo al viaggio e alla lontananza dalla dolorosa situazione dei colli Euganei.
Il suo peregrinare lo spinge verso Padova, Bologna poi verso Milano, tuttavia come egli stesso fa notare in una sua lettera: “che tutto dipende dal cuore... dal cuore che né gli uomini, né il cielo, né i nostri medesimi interessi posson cangiare mai!”. Per quanto il cielo sopra dell'Ortis cambi la sua situazione interna è sempre con lui e non può essere seminata attraverso nessuna fuga, si potrebbe dire, del tutto, che questo suo essersi spostato lo ha anzi portato ad una nuova e più dolorosa realizzazione del mondo che lo circonda, il suo peregrinare gli mostra la tragica situazione dell'Italia, della sua patria.
In questo momento Jacopo ha raggiunto l'acme della sua sofferenza e sente vivo in se lo spirito della rivoluzione e del tentativo di cambiamento. Nella sua visita a Milano incontra Parini, la figura del vecchio saggio, in questo incontro anche lo spirito rivoluzionario viene de strutturato, infatti Parini smonterà la figura dell'eroe di stampo rivoluzionario che sembrerà solo il depositario di una illusoria speranza più che di un forte e deciso spirito di ribellione.
L'Ortis ha raggiunto il suo limite ultimo, si trova sul bordo del baratro e il baratro lo guarda attendendolo a braccia aperte, l'ultimo atto della tragedia è pronto ad essere messo in scena. Arriva la notizia dello sposalizio di Teresa con Odoardo, il baratro si è spalancato, Jacopo è deciso, l'unica fine accettabile al suo dolore è la morte, solo la morte può porre fine a tutto questo dolore.
Il piano per il suicidio è pronto, dopo aver compiuto le ultime visite a Lorenzo, alla Madre e a Teresa, la determinazione ha raggiunte il suo culmine, Jacopo si trafigge all'altezza del cuore con uno stiletto, tuttavia il colpo non arriva a toccare il cuore e la forza non gli è sufficiente per darsi il colpo di grazia, anche nella morte programmata il suo dolore si protrae, morirà dopo alcune ore dissanguato ed esalerà l'anima fra le braccia dell'unico che gli è stato di sostegno sempre: Lorenzo.
In questo romanzo epistolare il valore della distruzione e dell'annichilimento la fa da padrone, l'Ortis è guidato attraverso una serie di sfortunate combinazioni e avvenimenti storici, delusioni amorose, delusioni politiche e perdite di passioni ad avere una fondamentale svalutazione della realtà, l'eterno nulla prende il sopravvento. Le lacrime sono versate sul sepolcro nella terra della patria che accoglie chi tanto la ha amata.
Fabio Durastante