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PARTE NONA CAPITOLO VI Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815) Ugo Foscolo, § 3 CD98 Ugo Foscolo La lettera da Ventimiglia [Ultime lettere di Jacopo Ortis, lettera del 19 e 20 febbraio 1799] da U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis, in Opere, a cura di F. Gavazzeni, Prose e saggi, EinaudiGallimard, Torino 1995. 5 10 15 20 25 1 2 3 4 1 È riportata qui la seconda parte della lettera da Ventimiglia, una delle più celebri del romanzo. In essa Jacopo espone una rappresentazione sconsolata e pessimistica tanto delle vicende storiche (con particolare riferimento all’Italia), quanto della condizione esistenziale dell’uomo, costretto a un dolore senza senso. La condizione del dolore si mostra anzi connaturata alla storia e alla natura, mentre incerto e forse inesistente ne è il significato. Sia pure attraverso una tendenza alla declamazione e all’esibizione lirica, si mostra in questo passo la delusione storica della generazione postilluministica davanti all’involuzione autoritaria della rivoluzione francese, espressa da Napoleone. La ragionevolezza della storia e dell’operare umano sono radicalmente messe in dubbio. Jacopo è giunto a Ventimiglia, al confine con la Francia, per mettersi in salvo all’estero, cedendo alle preghiere della madre e dell’amico Lorenzo. Ma qui cambia opinione e si decide a tornare indietro, vinto dallo sconforto, per morire sulla terra della propria patria. Va maturando in lui la decisione del suicidio. Alfine eccomi in pace! – Che pace? stanchezza, sopore di sepoltura.1 Ho vagato per queste montagne. Non v’è albero, non tugurio, non erba. Tutto è bronchi;2 aspri e lividi macigni; e qua e là molte croci che segnano il sito3 de’ viandanti assassinati. Là giù è il Roja,4 un torrente che quando si disfanno5 i ghiacci precipita dalle viscere delle alpi, e per gran tratto ha spaccato in due queste immense montagne. V’è un ponte presso alla marina che ricongiunge il sentiero. Mi sono fermato su quel ponte, e ho spinto gli occhi sin dove può giungere la vista; e percorrendo due argini di altissime rupi e di burroni cavernosi, appena si vedono imposte su le cervici dell’alpi altre alpi di neve6 che s’immergono nel cielo e tutto biancheggia e si confonde – da quelle spalancate alpi scende e passeggia ondeggiando la tramontana7 e per quelle fauci invade il mediterraneo. La natura siede qui solitaria e minacciosa, e caccia da questo suo regno tutti i viventi. I tuoi confini, o Italia, son questi! ma sono tutto dì8 sormontati d’ogni parte dalla pertinace avarizia9 della nazioni. Ove sono dunque i tuoi figli? Nulla ti manca se non la forza della concordia. Allora io spenderei gloriosamente la mia vita infelice per te: ma che può fare il solo mio braccio e la nuda mia voce? – Ov’è l’antico terrore della tua gloria? Miseri! noi andiamo ogni dì memorando10 la libertà e la gloria degli avi le quali quanto più splendono tanto più scoprono la nostra abbietta11 schiavitù. Mentre invochiamo quelle ombre magnanime, i nostri nemici calpestano i loro sepolcri.12 E verrà forse giorno che noi perdendo e le sostanze,13 e l’intelletto, e la voce sarem fatti simili agli schiavi domestici degli antichi, o trafficati14 come i miseri Negri, e vedremo i nostri padroni schiudere le tombe e disseppellire, e disperdere al vento le ceneri di que’ Grandi per annientarne le ignude memorie; poiché oggi i nostri fasti15 ci sono cagione16 di superbia, ma non eccitamento dall’antico letargo.17 Così grido quand’io mi sento insuperbire nel petto il nome Italiano, e rivolgendomi intorno io cerco né18 trovo più la mia patria. Ma poi dico: Pare che gli uomini sieno fabbri19 delle proprie sciagure; ma le sciagure derivano dall’ordine universale, e il genere umano serve20 orgliosamente e ciecamente a’ destini. Noi argomentiamo su gli eventi di pochi secoli: che sono eglino21 nell’immenso spazio del tempo? Pari alle stagioni della nostra vita mortale, pajono talvolta gravi di straordinarie vicende, le qua- sopore di sepoltura: rilassatezza simile alla morte. bronchi: cespugli di spini. sito: luogo. Roja: è il fiume che dal Colle di Tenda si getta nel Mar Ligure attraversando Ventimiglia. 5 si disfanno: si sciolgono. 6 appena…neve: si intravedono appena, collocate dietro i valichi delle Alpi, altre Alpi innevate. La “cervice” è propriamente la parte inferiore del collo, ma in effetti la descrizione della natura è tutta condotta sulla personificazione e animazione dei dati (vedi fauci: gole). 7 8 9 10 11 12 la tramontana: un vento. tutto dì: sempre. pertinace avarizia: ostinata avidità. memorando: ricordando. abbietta: vergognosa. i loro sepolcri: i sepolcri dei grandi italiani indicano, per *sineddoche, il suolo della nazione. 13 e le sostanze: sia i beni. 14 trafficati: venduti. 15 i nostri fasti: il nostro glorioso passato. Nell’antica Roma i “Fasti” erano i giorni in cui era possibile esercita- Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura 16 17 18 19 20 21 re la vita politica, civile ed economica (in contrapposizione ai “Nefasti”). ci sono cagione: sono per noi causa. antico letargo: [ormai] lunga inattività. né: ma non. Pare...fabbri: sembra [: si dice] che gli uomini siano artefici. Foscolo riecheggia qui la celebre sentenza di Appio Claudio Cieco “Ciascuno è artefice della propria sorte”. serve: è schiavo di. eglino: essi, secondo un’antica forma pronominale del toscano. [G. B. PALUMBO EDITORE] PARTE NONA CAPITOLO VI Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815) Ugo Foscolo, § 3 CD98 30 35 40 45 50 55 60 2 Ugo Foscolo ~ La lettera da Ventimiglia li pur sono comuni e necessarj effetti del tutto. L’universo si controbilancia.22 Le nazioni si divorano perché una non potrebbe sussistere senza i cadaveri dell’altra. Io guardando da queste alpi l’Italia piango e fremo, e invoco contro gli’invasori vendetta; ma la mia voce si perde tra il fremito ancora vivo di tanti popoli trapassati, quando i Romani rapivano il mondo, cercavano oltre a’ mari e a’ deserti nuovi imperi da devastare, manomettevano23 gl’Iddii de’ vinti, incatenavano principi e popoli liberissimi, finché non trovando più dove insanguinare i lor ferri,24 li ritorceano contro le proprie viscere.25 Così gli Israeliti trucidavano i pacifici abitatori di Canaan,26 e i Babilonesi poi strascinarono nella schiavitù i sacerdoti, le madri, e i figliuoli del popolo di Giuda. Così Alessandro rovesciò l’impero di Babilonia, e dopo avere arsa passando tutta la terra, si corrucciava27 che non vi fosse un altro universo. Così gli Spartani tre volte smantellarono Messene e tre volte cacciarono dalla Grecia i Messeni28 che pur Greci erano e della stessa religione e nipoti de’ medesimi antenati. Così sbranavansi gli antichi Italiani29 finché furono ingojati dalla fortuna di Roma. Ma in pochissimi secoli la regina del mondo30 divenne preda de’ Cesari, de’ Neroni, de’ Costantini, de’Vandali, e de’ Papi. Oh quanto fumo di umani roghi ingombrò il cielo della America, oh quanto sangue d’innumerabili popoli che né timore né invidia recavano agli Europei, fu dall’oceano portato a contaminare d’infamia le nostre spiagge!31 ma quel sangue sarà un dì vendicato e si rovescierà su i figli degli Europei! Tutte le nazioni hanno le loro età. Oggi sono tiranne per maturare la propria schiavitù di domani: e quei che pagavano dianzi32 vilmente il tributo, lo imporranno un giorno col ferro e col fuoco. La terra è una foresta di belve.33 La fame, i diluvj, e la peste sono ne’ provedimenti della natura come la sterilità di un campo che prepara l’abbondanza per l’anno vegnente:34 e chi sa? fors’anche le sciagure di questo globo apparecchiano35 la prosperità di un altro. Frattanto noi chiamiamo pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano alla sicurezza di chi comanda, e alla paura di chi serve.36 I governi impongono giustizia; ma potrebbero eglino37 imporla se per regnare non l’avessero prima violata? Chi ha derubato per ambizione le intere province, manda solennemente alle forche chi per fame invola38 del pane. Onde quando la forza ha rotti tutti gli altrui diritti, per serbarli poscia a sé stessa inganna i mortali con le apparenze del giusto39 fin che un’altra forza non la distrugga. Eccoti il mondo, e gli uomini. Sorgono frattanto d’ora in ora alcuni più arditi mortali; prima derisi come frenetici,40 e sovente come malfattori decapitati: che se poi vengono patrocinati41 dalla fortuna ch’essi credon lor propria, ma che in somma42 non è che il moto prepotente delle cose, allora sono obbediti e temuti, e dopo morte deificati. Questa è la razza degli eroi, de’ capi-sette, e de’ fondatori delle nazioni i quali dal loro orgoglio e dalla stupidità de’ volghi43 si stimano saliti tant’alto per proprio valore; e sono cieche ruote dell’oriuolo.44 Quando una rivoluzione del globo è matura, necessariamente vi sono gli uomini che la incominciano, e che fanno de’ loro teschj sgabello al trono di chi la compie. E perché l’umana schiatta45 non trova né felicità né giustizia sopra la terra, crea gli Dei protettori della debolezza e cerca premj futuri del pianto presente. Ma gli Dei si vestirono in tutti i secoli delle armi de’ conquistatori; e opprimono le genti con le passioni, i furori, e le astuzie di chi vuole regnare.46 22 L’universo si controbilancia: Jacopo riflette sulla grandezza di Roma e vede che essa è derivata dalla rovina di altre civiltà; nello stesso modo anche l’Italia sta pagando con il proprio sacrificio il trionfo delle dominazioni straniere. 23 manomettevano: profanavano. 24 ferri: spade. 25 li ritorceano...viscere: cioè contro loro stessi, con le guerre civili. 26 Canaan: è il territorio coincidente con la Palestina e la Fenicia. 27 si corrucciava: si dispiaceva. 28 Messeni: contro i Messeni, popolazione stanziata nel Peloponneso sudoccidentale,gli Spartani condussero tre spietate guerre imperialistiche: nella seconda metà dell’VIII sec. a.C., nel VII e intorno alla metà del V sec. a.C. In seguito a queste guerre i Messeni furono ridotti in schiavitù o esiliati. 29 gli antichi Italiani: le popolazioni italiche poi sottomes- se dai Romani. 30 la regina del mondo: Roma. 31 Oh quanto fumo...spiagge!: allude, con un cenno particolarmente moderno, alla barbarie della colonizzazione. 32 dianzi: prima. 33 La terra...belve: Foscolo fa proprio il principio del filosofo inglese del Seicento Hobbes, che vede la condizione naturale umana come rapporto di conflitti egoistici quasi bestiali («Homo homini lupus» = L’uomo è un lupo per gli altri uomini), mitigato dal diritto sociale. 34 vegnente: seguente. 35 apparecchiano: preparano. 36 Frattanto…serve: Jacopo è consapevole del fatto che la legge è il diritto del più forte, affermatosi distruggendo il precedente stato giuridico. Il senso storico dell’evoluzione politica si unisce, in Foscolo, al tentativo di smascherare ogni ideologia e di porre in evidenza i reali rapporti di forza. Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura 37 eglino: essi (cfr. nota 21). 38 invola: ruba. 39 Onde...del giusto: perciò la violenza [del potere], quando ha calpestato tutti i diritti degli altri, per conservarli (serbarli) in seguito (poscia) per se stessa, inganna gli uomini con le apparenze della giustizia. 40 frenetici: pazzi. 41 patrocinati: difesi. 42 in somma: in realtà. 43 volghi: popoli. 44 cieche ruote dell’oriuolo: ciechi ingranaggi dell’orologio, cioè funzioni strumentali di un potere più grande di loro. 45 schiatta: stirpe. 46 Ma gli Dei…regnare: risulta chiaro l’atteggiamento materialistico di Foscolo, che respinge i valori religiosi di ogni tempo in quanto inevitabilmente connessi con il potere politico dominante. [G. B. PALUMBO EDITORE] PARTE NONA CAPITOLO VI Le riforme e le rivoluzioni: Illuminismo e Neoclassicismo (1748-1815) Ugo Foscolo, § 3 CD98 65 70 75 80 85 3 Ugo Foscolo ~ La lettera da Ventimiglia Lorenzo, sai tu dove vive ancora la vera virtù? in noi pochi deboli o sventurati; in noi che dopo avere sperimentati tutti gli errori, e sentiti tutti i guai della vita, sappiamo compiangerli e soccorrerli. Tu, o compassione, sei la sola virtù! tutte le altre sono virtù usuraje.47 Ma mentre io guardo dall’alto le follie e le fatali sciagure della umanità, non mi sento forse tutte le passioni, e la debolezza ed il pianto, soli elementi dell’uomo? Non sospiro ogni dì la mia patria? Non dico a me lagrimando: Tu hai una madre e un amico – tu ami – te aspetta una turba48 di miseri, dove fuggi? anche nelle terre straniere ti perseguiranno la perfidia degli uomini e i dolori e la morte: qui cadrai forse, e niuno49 avrà compassione di te; e tu senti pure nel tuo misero petto il piacere di essere compianto. Abbandonato da tutti, non chiedi tu ajuto dal cielo? non t’ascolta; eppure nelle tue afflizioni il tuo cuore torna involontario a lui: ti prostra, ma all’are domestiche.50 O Natura! hai tu forse bisogno di noi sciagurati, e ci consideri come i vermi e gl’insetti che vediamo brulicare e moltiplicarsi senza sapere a che51 vivano? Ma se tu ci hai dotati del funesto istinto della vita sì che il mortale non cada sotto la soma52 delle sue infermità ed ubbidisca irrepugnabilmente53 a tutte le tue leggi, perché poi darci questo dono ancor più funesto della ragione? Noi tocchiamo con mano tutte le nostre calamità ignorando sempre il modo di ristorarle.54 Perché dunque io fuggo? e in quali lontane contrade io vado a perdermi? dove mai troverò gli uomini diversi dagli uomini? O non presento55 io forse i disastri, le infermità, e la indigenza che fuori della mia patria mi aspettano? – Ah no! Io tornerò a voi, o sacre terre, che prime udiste i miei vagiti, dove tante volte ho riposato queste mie membra affaticate, dove ho trovato nella oscurità e nella pace i miei pochi diletti, dove nel dolore ho confidato i miei pianti. Poiché tutto è vestito di tristezza per me, se null’altro posso ancora sperare che il sonno eterno della morte – voi sole, o mie selve, udirete il mio ultimo lamento, e voi sole coprirete con le vostre ombre pacifiche il mio freddo cadavere. Mi piangeranno quegli infelici che sono compagni delle mie disgrazie; e se le passioni vivono dopo il sepolcro, il mio spirito doloroso sarà confortato da’ sospiri di quella celeste fanciulla ch’io credeva nata per me, ma che gl’interessi degli uomini e il mio destino feroce mi hanno strappata dal petto.56 47 usuraje: cioè che chiedono comunque qualcosa in cambio. 48 turba: moltitudine. 49 niuno: nessuno. 50 torna...domestiche: torna, pur senza volerlo, a lui [: al cielo]: [esso] ti abbatte, ma [per ricondurti] alla tua 51 52 53 54 patria sacra. Le are (= altari) domestiche sono il simbolo dei valori della patria e della famiglia. a che: per quale scopo. la soma: il peso. irrepugnabilmente: senza opporsi. ristorarle: rimediarvi. 55 presento: immagino già. 56 Poiché tutto…petto: in questo, come in molti altri passi del romanzo, è anticipato il tema dei Sepolcri: l’unico valore che rimane all’uomo è il conforto dopo la morte, la forza del ricordo, la rigenerazione fondativa della testimonianza. La celeste fanciulla è, ovviamente,Teresa. esercizi Comprendere 1 6 In cosa consistono in realtà le virtù che sembrano sottostare alle vicende umane? Quale spazio sembra sussistere per gli ideali in un mondo nel quale le rivoluzioni si verificano perché i tempi sono maturi? 7 Perché la sola compassione sembra essere per il poeta una virtù non usuraia? Riassumi il testo nei suoi momenti essenziali. Analizzare e interpretare 2 Riassumi velocemente le caratteristiche del paesaggio naturale descritto nella lettera e mostrane la funzionalità espressiva rispetto al contesto. 3 Quale giudizio dà il poeta sullo stato attuale della patria? 4 Che rapporto sembra esistere fra libero arbitrio e ordine universale? 5 Quale legge regola secondo Foscolo la storia politica delle varie nazioni? Approfondire 8 Dopo aver sintetizzato i rimproveri che il poeta muove alla Natura rifletti in forma personale sulla contraddizione fra vita e ragione e prova a illustrarla con esempi vicini alla tua esperienza, alla tua mentalità. 9 Illustra la funzione che riveste il sepolcro nei testi foscoliani da te letti. Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese Manuale di letteratura [G. B. PALUMBO EDITORE]