RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 febbraio 2015 Indice

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 febbraio 2015 Indice
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 6 febbraio 2015
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati
dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
REGIONE (pag. 2)
Sì a 200 milioni per rilanciare le imprese (Piccolo, 2 articoli)
Alloggi popolari, entrano 13 milioni da Roma (Piccolo)
Jobs act-capestro per i lavoratori “appaltati” (M. Veneto)
Sul tetto di Insiel contro 24 licenziamenti (Piccolo)
È legge il taglio degli assegni. Ma gli ex pronti a fare ricorso (M. Veneto, 2 articoli)
E il Pd Moretti bacchetta Belci (M. Veneto)
La Uilm: nel contratto dei metalmeccanici soldi per la produttività (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 9)
Ecco il piano della coop. “A caccia” di 4 milioni (M. Veneto Pordenone)
Firmati i dodici mesi di cassa integrazione alla Metro (M. Veneto Pordenone)
L’Electrolux Professional ha fatto shopping in Cina (Gazzettino Pordenone)
La crisi di Mercatone Uno. «Si cercano finanziatori» (M. Veneto Pordenone)
Caos sull’Unione dei Comuni. Sindaci del Carso in rivolta (Piccolo Trieste)
Pisus, ecco gli 8,5 milioni: via ai cantieri (Piccolo Trieste)
«Nomina in ritardo, danno per lo sviluppo» (Piccolo Trieste)
Ferriera, Sossi contro Lauri: «Non parla per Sel» (Piccolo Trieste)
«Servizi intatti nei quattro ospedali» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Per Britannia la festa raddoppia: due giorni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Adesso sono gli italiani ad avere più fame di casa (Gazzettino Udine)
«Nessun taglio ai servizi negli ospedali della Bassa» (M. Veneto Udine)
Mercatone, quindici società si sono fatte avanti (Gazzettino Udine)
REGIONE
Sì a 200 milioni per rilanciare le imprese (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Duecento milioni di euro per il sistema produttivo, l’accorpamento dei
consorzi, una revisione dell’Ezit di Trieste. E, ancora, una nuova Agenzia per gli investimenti. Il
Rilancimpresa di Sergio Bolzonello è legge con i 25 voti favorevoli della maggioranza, l’astensione
delle opposizioni e nessun contrario. Va quasi tutto liscio alla giunta, che incassa l’ok delle categorie e
pure il sostegno di parte del centrodestra che, a partire dalla norma sul tagli dell’1% dell’Irap per gli
imprenditori che aprono aziende, dà una mano per rafforzare la portata del provvedimento. Ma i
problemi Serracchiani li trova in casa, inaspettatamente. Succede tutto in pochi minuti: M5S porta in
aula un emendamento per garantire controlli sull’efficacia della norma, Sel lo appoggia senza avvertire
il Pd e il centrosinistra, per la prima volta in questa legislatura, va sotto. Serracchiani interrompe i
lavori e pretende un faccia a faccia con Lauri. I fondi L’iniezione per i prossimi tre anni è di quasi 200
milioni di euro. Una lista grande come due fogli A3. Nell’ordine: la giunta sostiene le convenzioni con
le partecipate Friulia e Finest per i programmi di marketing , concede incentivi per i piani di rilancio
delle aree più colpite dalla crisi, per le filiere produttive, i consorzi, l’innovazione e le start-up. Una
ventina di interventi in tutto aperti tanto alle piccole unità produttive, quanto le grandi fabbriche. In
particolare la filiera dell’elettrodomestico che, da sola, ottiene, 10 milioni di euro. La Regione
consegna al tessuto produttivo 67,6 milioni, di cui 34 milioni nel 2015; altri 88 sono attesi dalle casse
Ue, ulteriori 40 saranno assegnati nelle prossime due Finanziarie. Gli sgravi fiscali Se per il taglio
all’Irpef le decisioni sono rimandate con un ordine del giorno all’assestamento di bilancio, per l’Irap la
giunta è già riuscita a chiudere il cerchio. Oltre allo sgravio per chi fa innovazione, grazie alla spinta di
Ncd-FdI e di parte del Pd, Bolzonello mette in legge la riduzione dell’1% dell’imposta, in regime “de
minimis”, per tutti quegli imprenditori che aprono nuove aziende in Fvg. Uno sgravio di 400 mila euro
raggiungibile in 5 anni. I consorzi e l’Ezit Per i consorzi, pur conservando lo status di enti pubblici
economici, il ddl avvia processi di fusione con l’obiettivo di creare contenitori più snelli e funzionali.
Hanno sei mesi di tempo per adeguarsi, altrimenti scatta il commissariamento. Anche l’Ezit di Trieste,
l’ente istituito nel ’49 dagli Alleati, mantiene la stessa natura giuridica, ma entra nell’organizzazione
dei consorzi con compiti di accompagnamento a favore delle imprese e un ruolo pilota per attrarre
nuovi investimenti; gestirà l’area di crisi complessa, nei Comuni di Trieste, S.Dorligo e Muggia. Il ddl
dà vita all’Agenzia degli investimenti in Fvg che, in seno alla direzione Attività produttive, si occuperà
di preparare i programmi di marketing territoriale, gestirà i contributi, informerà sui siti dismessi e
opportunità di investimento. La maggioranza battuta M5S porta in aula un emendamento, inizialmente
firmato anche da Stefano Pustetto di Sel, che propone una clausola valutativa sull’intera norma in modo
da verificare l’efficacia degli interventi. Per i grillini è «una battaglia di civiltà». La vincono,
consegnando la prima sconfitta politica alla coalizione guidata da Serracchiani. Questione di numeri:
20 sì, 19 no. Insieme al M5S e centrodestra, l’appoggio è dell’intero gruppo di Sel. Il capogruppo Pd
Shaurli, come risulta dagli atti, in quel momento non ha potuto contare su Da Giau, Liva (ammalato),
Gabrovec di Slovenska Skupnost ed Edera dei Cittadini, che non erano presenti in Consiglio. Le
reazioni «Un incidente di percorso, ma che non si deve ripetere», dichiara Serracchiani, che sposta
l’accento sulla capacità del Fvg di «saper prendere le contromisure necessarie». D’accordo il
capogruppo Pd Shaurli: «Diamo a questa regione e alle sue imprese una riforma vera del sistema
manifatturiero, condivisa dalle categorie e dalle parti sociali». Mentre la deputata Sandra Savino critica
la giunta «per non aver accolto la richiesta di istituire in Fvg le zone franche urbane», Colautti di Ncd e
Riccardi di FI rivendicano gli obiettivi raggiunti sul fronte delle imposte. Plauso anche da
Confindustria Udine e Confcooperative Fvg.
Debora s'infuria e tira le orecchie a Lauri
TRIESTE La maggioranza che si frantuma con un emendamento M5S, peraltro innocuo, per Debora
Serracchiani è inaccettabile. Sel, che vota con i Cinque Stelle, non la passa liscia. Quando i display
sulla parete certificano la sconfitta, la presidente si alza di scatto dai banchi, fa sospendere i lavori e
punta dritto la porta. «Tu fuori, con me», dice additando il povero capogruppo vendoliano Giulio Lauri.
Dieci minuti di confronto fitto fitto. Poi Debora riprende l’aplomb e dichiara alle telecamere: «C’è stata
un’incomprensione su un passaggio ininfluente – scandisce – resta una riforma importante, non vorrei
passasse soltanto questo messaggio rispetto a una legge sulle politiche industriali che questa regione
attendeva da tempo. Dobbiamo parlare un po’ di più, nulla di grave». Ma lo scivolone non è piaciuto
affatto e in quel faccia a faccia Serracchiani non ha mancato di sottolinearlo, tanto più se di mezzo c’è
Alessio Gratton di Sel, il relatore dell’intero provvedimento sul “Rilancimpresa” designato dal
centrosinistra. E, tanto più se in aula, in quel momento, mancava più di un consigliere della coalizione.
«L’attenzione deve sempre restare alta – puntualizza poco dopo la presidente – la maggioranza non può
permettersi bucce di banana, perché se accade su cose del genere di poco conto, può succedere anche
su punti più importanti». Riccardo Riccardi si sfrega le mani: «Il patto del Nazarone», ironizza.
«L’emendamento tendeva al controllo della norma – commenta il forzista – sono sorpreso che il Pd non
fosse d’accordo, evidentemente è abituato a fare le cose e poi raccontarle come meglio comoda... Ma
stavolta ho visto il Consiglio avere un sussulto tanto che Serracchiani ha alzato il ditino per chiamare
fuori chi ha votato in difformità della maggioranza. Sono andati sotto, abbiamo registrato un dato
politico mai accaduto in questa legislatura». Certo, dopo che Renzi è riuscito a rafforzare l’asse con la
sinistra di Vendola sull’affaire Mattarella, la mossa di Sel assume i contorni di uno sgarro politico. Il
capogruppo Pd Cristiano Shaurli vorrebbe sorvolare, ma ammette che «non fa piacere andare sotto in
aula, ognuno ora risponda delle sue scelte». Lauri minimizza e metterebbe la mano sul fuoco sulla
compattezza della coalizione. «Eravamo d’accordo con l’emendamento M5S, tutto qua, mi sembrava
una norma ragionevole che, anzi, avrei dovuto portare io in aula», ribatte il capogruppo. «Non ci sono
letture di altro tipo». Sulla stessa linea il collega Gratton. «Non abbiamo intenzione di mettere in
difficoltà la maggioranza». Sta di fatto che l’ordine di scuderia, in casa Pd, è chiaro: dopo il tentativo
(fallito) della mozione di sfiducia contro Serracchiani sulla questione Coop, non si vota niente che
provenga dai Cinque Stelle. Ma se la tenuta della coalizione ieri ha scricchiolato, il Pd può forse
contare su Ncd? E quelle in corso sono prove di nuova maggioranza, sul modello nazionale, dopo la
rottura del patto del Nazareno tra Pd e FI? Nella legge sul “Rilancimpresa” c’è più di qualche traccia.
Almeno una decina gli emendamenti di Alessandro Colautti accolti dal Pd, a partire da quello
fondamentale, un po’ lo snodo dell’intera legge: il taglio Irap dell’1%, una proposta partita dal tandem
Ncd-FdI e su cui la giunta ha messo il timbro. «Mah – riflette Colautti – ciò che avviene a Roma non
può essere traslato subito qui, in Friuli Venezia Giulia. Se la maggioranza fosse caduta proprio
sull’Irap, allora saremmo qui a commentare un’altra storia e ci sarebbe un vero caso politico. Devo dire
che trovo imbarazzante che il relatore di maggioranza, Gratton, abbia appoggiato una norma su cui il
Pd non era d’accordo. Non so cosa accadrà nelle prossime settimane o nei prossimi mesi. Quanto
avviene a Roma – prosegue Colautti – non ha effetti a cascata qui, lì ci sono le larghe intese, qui è
diverso. Ma la politica, si sa, evolve...». (g.s.)
Alloggi popolari, entrano 13 milioni da Roma (Piccolo)
Tredici milioni di euro dal Piano nazionale dell’Edilizia residenziale pubblica. Il Friuli Venezia Giulia
potrà contare su questo stanziamento dallo Stato per il recupero e la manutenzione straordinaria di
alloggi popolari. Ad annunciarlo è stata l’assessore regionale alle infrastrutture e lavori pubblici,
Mariagrazia Santoro, intervenuta alla presentazione del Bilancio sociale dell’Ater di Udine. «Il tema
della casa è al centro dell’attenzione regionale – ha affermato Santoro – sia perché da un lato stiamo
portando avanti il ddl di riforma complessiva del sistema casa, sia perché d’altro lato abbiamo
confermato il nostro impegno finanziario su questo tema, ad esempio con il mantenimento di 11,5
milioni di euro sul Fondo sociale per l’abbattimento dei canoni degli alloggi Ater o con l’introduzione
di un nuovo Fondo per le manutenzioni di 2,3 milioni di euro per gli alloggi oggi non assegnabili».
(r.u.)
Jobs act-capestro per i lavoratori “appaltati” (M. Veneto)
UDINE Dopo la contrazione delle retribuzioni operata a seguito della spending review, una nuova
“mazzata” si profila per i lavoratori degli appalti. Nel passaggio tra aziende, i “vecchi” dipendenti
rischiano infatti di vedersi proporre un contratto a “tutele crescenti” perdendo diritti contrattualmente
acquisiti come l’articolo 18. Colpa del Jobs act, bocciato dalla segretaria regionale di Filcams Cgil,
Susanna Pellegrini, come «un’enorme ingiustizia perpetrata a danno dei lavoratori degli appalti». Da
qui la richiesta di un intervento immediato a correzione dell’articolo 7, rivolta dalla sindacalista alla
politica regionale, affinché prema sul Governo e in particolare «sulla commissione lavoro parlamentare
per porre rimedio a questa vergognosa ingiustizia». Per effetto della norma, in caso di cambio di
appalto i vecchi assunti rischiano come detto di trovare lavoro nell’azienda subentrante solo accettando
un contratto a tutele crescenti. «Parliamo di lavoratori con anzianità di servizio significativa – spiega
Pellegrini –, che hanno la sola colpa di lavorare in regime di appalto e che per questo potranno trovarsi
nella condizione di essere licenziati loro malgrado e forse riassunti ma in ogni caso senza le tutele
dell’articolo 18. Il che significa – aggiunge la dirigente sindacale – che una volta riassunti possono
essere licenziati subito dopo e questo vale ad ogni passaggio». Gli occupati negli appalti, sia pubblici
che privati, in regione sono alcune migliaia. Per lo più donne operanti nelle mense, nei servizi, nelle
imprese di pulizia, negli autogrill, nella vigilanza privata, negli aeroporti. «La norma – prosegue la
sindacalista – vanifica la contrattazione collettiva nazionale e la clausola sociale che prevede la
salvaguardia del posto di lavoro in caso di cambio di appalto. È inaccettabile che questi lavoratori
paghino ancora una volta, dopo aver già subito il peggioramento delle condizioni economiche e di
lavoro grazie ai tagli della spending review». Pellegrini fa sapere che l’organizzazione sindacale si sta
attivando a tutti i livelli per contrastare il dettato normativo, «figlio solo un enorme errore e non,
almeno speriamo, dell’ennesimo favore del Governo ad alcune lobby a danno dei lavoratori. Negli
appalti – conclude la sindacalista – c’è bisogno di legalità, di responsabilità del committente, di
garanzie per i lavoratori nel passaggio di appalto, di contrasto al massimo ribasso e di qualità del
servizio erogato». Anche per questo la Filcams sostiene la raccolta di firme per una legge di iniziativa
popolare promossa dalla Cgil per migliorare le regole degli appalti, con banchetti e assemblee nel
territorio regionale. (m.d.c.)
Sul tetto di Insiel contro 24 licenziamenti (Piccolo)
di Marco Ballico TRIESTE Il nuovo corso di Simone Puksic alla presidenza di Insiel parte con 24
licenziamenti e una protesta eclatante, quella di Alexander Vecchiet (Fiom), ieri mattina sul tetto della
sede triestina della società informatica, in via San Francesco. Neve e bora, ma anche un telefono in
mano per trasmettere via Twitter veleno contro l’azienda e la Regione. Per quattro ore Vecchiet
comunica in una surreale diretta, mentre il telefono di Puksic rimane spento. «Ecco il nuovo che
avanza, il nuovo padrone delle ferriere», attacca il sindacalista rivolto al presidente. E ancora: «In
direzione per discutere dei licenziamenti, Puksic sceglie di non gestire la situazione ma di farsi
pubblicità». La Regione? «Peggiore di Marchionne». «Io non mollo», tiene duro il sindacalista all’ora
di pranzo. Ma, quando il freddo diventa insopportabile (nel pomeriggio si renderà necessario il
trasferimento in ambulanza per un controllo al pronto soccorso), Vecchiet si fa convincere da Loredana
Panariti, l’assessore al Lavoro delegata della giunta a gestire lo scontro. La clamorosa protesta è effetto
delle tre sentenze del Tribunale di Trieste favorevoli a 26 lavoratori che avevano contestato per vie
legali la nascita nel 2009 di Insiel Mercato, “costola” di Insiel. Ma soprattutto della successiva
decisione della partecipata regionale, la firma è del direttore del personale Luca Valerii in data 2
febbraio, di licenziare 24 di loro (altri 2 sono invece stati reintegrati in azienda). La motivazione?
L’assenza dall’ufficio per un mese nonostante l’invito a riprendere il servizio dopo le sentenze del
Tribunale. Motivo più che sufficiente, scrive il dirigente di Insiel, per recedere dal rapporto di lavoro
per giusta causa. La versione dei sindacati è diversa. L’antefatto, ricorda uno dei licenziati, Maurizio
Dagnelut, è il decreto Bersani del 2006 (contenente l’obbligo per le società pubbliche regionali di
operare in via esclusiva con enti costituenti, partecipanti o affidanti) che finì con l’imporre alla
Regione, in era Tondo, lo scorporo da Insiel di Insiel Mercato, che pochi mesi dopo sarebbe stata
ceduta (per oltre 13 milioni), compresi i 133 dipendenti ex Insiel, a Ital Tbs. Fiom e Uilm hanno dato il
patrocinio a due delle tre cause di lavoro – sostanzialmente contro l’operazione di scorporo e la
cessione dei contratti di lavoro – vinte dai dipendenti a fine novembre, con il conseguente obbligo per
Insiel di ripristinare il rapporto con 26 persone. «Eravamo pronti a rientrare in ufficio – spiega
Dagnelut –, ma Insiel ha fatto ricorso. Di qui, su suggerimento dei nostro legali, l’invito all’azienda a
congelare tutto fino all’appello del prossimo luglio. Il rientro avrebbe infatti implicato le dimissioni al
buio da Insiel Mercato e il rischio di perdita di entrambi i posti di lavoro nel caso di ribaltamento della
sentenza. Una posizione chiara, che abbiamo spiegato anche a Paolo Panontin». Niente da fare. Il 27
gennaio l’assessore assicurava di seguire da vicino il problema ed evidenziava l’opportunità di «dare
certezze ai dipendenti di Insiel Mercato». Pochi giorni dopo, ecco invece le lettere di licenziamento. Se
ne riparla lunedì dopo che ieri, fino a sera, Puksic e Panariti si sono confrontati con le categorie. Il
presidente di Insiel, che continua a parlare solo via ufficio stampa, si rende disponibile a discutere delle
questioni aperte ma ribadisce che «la posizione del cda sui licenziamenti di 24 ricorrenti, peraltro
ancora impiegati in Insiel Mercato, non muta». «Gli spazi di discussione ci sono», aggiunge l’assessore
al Lavoro. Ma i sindacati, con il segretario Fiom Stefano Borini, auspicando il contributo lunedì di
Panontin, ribattono che il problema «rimane». Via comunicato anche Fiom Cgil e Uilm Uil di Trieste
aprono un fronte rispetto alla prevista riorganizzazione della società: «Questo fatto di estrema gravità
potrebbe avere forti ripercussioni negative sulla trattativa». Solidarietà ai licenziati arriva anche dalle
Rsu Insiel di Udine.
È legge il taglio degli assegni. Ma gli ex pronti a fare ricorso (M. Veneto)
di Anna Buttazzoni TRIESTE Passano i tagli ai vitalizi di 212 ex consiglieri e l’innalzamento dell’età
della pensione da 60 a 65 anni. Passa la norma della presidente Debora Serracchiani che non consente il
doppio lavoro ai portaborse. Passano due emendamenti del M5s che prevedono di sospendere il
vitalizio nell’eventualità che chi lo percepisce venga nominato assessore regionale o componente del
Governo. È basata un’oretta ai consiglieri regionali per dare il via libera alla legge – senza nessun
contrario – che limita i benefit e che sarà operativa dal 1º marzo. Mugugnano gli ex. Pietro Arduini,
presidente dell’associazione che raccoglie gli ex inquilini di palazzo, spiega che riunirà il gruppo e, a
maggioranza, sarà deciso se promuovere il ricorso. «Resta il fatto – commenta Arduini – che il
Consiglio non ha tenuto conto dei sacrifici che abbiamo già fatto, come il taglio del 10 per cento dal 1º
gennaio 2006. E poi non capisco perché i sacrifici dobbiamo farli solo noi e non anche gli attuali
consiglieri, i parlamentari, i giornalisti, i magistrati». Affermazioni che spalancano le porte dei
tribunali. La legge approdata in Aula è bipartisan, si p sfilato solo il M5s. Non c’è da discutere, nè da
cambiare strada. I 13 articoli spiegano che le riduzioni alla pensione pagata dalla Regione saranno in
vigore fino al giugno 2018, termine della legislatura. I tagli potranno arrivare fino al 22,5 per cento. La
reversibilità resta fissata al 60 per cento e non si tocca per vedove e vedovi, ma ai figli sarà concessa
fino a 18 anni (non più 26), mentre i conviventi non avranno più alcun diritto. I cali sono stati stabiliti a
scaglioni. Fino a mille 500 euro mensili gli ex non sborseranno alcun “contributo di solidarietà”. Fino a
2 mila euro la riduzione sarà del 6 per cento; da 2 mila a 4 mila del 9; da 4 mila a 6 mila del 12 e oltre i
6 mila del 15. I tagli salgono, in misura maggiore rispetto a quanto previsto all’inizio, per chi cumula
più vitalizi. A loro l’assegno della Regione sarà tagliato del 9 per cento fino a 2 mila euro; del 13,5 da 2
mila a 4 mila; del 18 da 4 mila a 6 mila e 22,5 se supera i 6 mila. Chi invece oltre al vitalizio incassa
anche lo stipendio da presidente, vicepresidente o amministratore delegato di enti e società regionali
dovrà scegliere quale assegno mensile incassare. I pochi consiglieri rimasti che potranno ancora godere
del vitalizio – cioè quelli in carica fino al maggio 2013, perché da questa legislatura la pensione è
cancellata – dovranno aspettare i 65 anni, non più i 60, e se vorranno anticipare la riscossione del
vitalizio dovranno accettare una riduzione del 2,5 per cento per ogni anno anticipato, fino al limite
invalicabile di 60 anni e quindi con un taglio del 12,5 per cento. «È stata approvata una legge giusta –
dice la presidente Debora Serracchiani –, che è nelle corde di tanti cittadini. E poi introduce il principio
che chi ha qualche fortuna in più oggi pensa a quelli che stanno peggio». Alla fine i pentastellati in
Aula – quattro su cinque – si astengono. Avrebbero voluto usare la mannaia, ma da soli non ce la
possono fare. «È un provvedimento un po’ codardo e palliativo – spiega la grillina Elena Bianchi –, ma
condividiamo alcune norme». Nessuna discussione, nessun dubbio, nessun intervento
sull’emendamento presentato da Serracchiani – è una rarità – per applicare la clausola di esclusività ai
collaboratori dei gruppi consiliari, cui sono sottoposti tutti i dipendenti della Regione. I partiti non
condividono, ritengono che non sia giusto piegare alla regola chi ha un impegno a tempo determinato.
Ma in Aula nessuno cerca lo scontro. E la presidente passa all’incasso.
Il senatore Pd Sonego non arretra: il vitalizio è un diritto
di Maurizio Cescon UDINE Il senatore del Pd Lodovico Sonego (con una lunga militanza in Consiglio
regionale) non arretra di un centimetro: sulla questione del vitalizio ritiene di essere nel giusto.
Secondo lui si tratta di un diritto acquisito, che non deve essere assolutamente intaccato. In questa
intervista spiega le sue ragioni. Senatore Sonego, lei intanto gode già della ricca indennità di palazzo
Madama... «Giusto, partiamo dal mio stipendio di senatore. Il reddito di un parlamentare è di 4.800
euro netti per dodici mesi. Non sono pochi, ma non sono tutti quei soldi di cui si favoleggia». Ha
suscitato perplessità e scalpore la sua richiesta di vitalizio da ex assessore regionale. «Confermo. Ho
chiesto che mi venga assegnato il vitalizio di assessore perché ho i requisiti previsti dalla legge e io
stesso nella richiesta ho ricordato che non potrà essere pagato fintanto che sono in Senato, sempre
perché lo stabilisce la legge. Quindi nessun doppio introito, ma solo l’assegnazione, che è un atto
dovuto. Se la Regione avrà convincimenti diversi dai miei ci affideremo alla decisione di un terzo, c’è
un giudice a Berlino e aiuterà me, la Regione e l’opinione pubblica a garantire il rispetto della legge. Il
clamore era scontato e i giornali hanno il dovere di riferire. Non sono mai andato di notte, chi fa una
diffida ad adempiere mette nel conto di andare in giudizio, il che non è cosa che si fa di nascosto. Chi
agisce in modo tanto trasparente deve per forza avere buone ragioni». Però adesso c’è di mezzo una
questione, diciamo, di opportunità. I politici sono nel mirino per i loro compensi. «E’ vero, non è
popolare chiedere il vitalizio per quanto sia dovuto per legge e da sospendere. Ho servito la mia
Regione per tanti anni amministrando enormi risorse e con rispetto sacrale per ciò che non è mio e
lasciando le cose meglio di come le ha trovate. Quel rispetto sacrale mi dà il titolo morale a chiedere
ciò che la legge mi assegna e a guardare chiunque dritto negli occhi». Ma alla gente che magari non
arriva a fine mese, cosa vuole dire? «All’opinione pubblica voglio dire due cose. La questione dei
vitalizi è da anni un facile strumento di lotta politica, anche nel caso che ora mi riguarda. Aggiungo che
in Friuli Venezia Giulia chi esprime il suo pensiero oltre la soglia consentita mette a rischio il reddito o
il patrimonio della famiglia. Però io vorrei proseguire. La seconda cosa la dico da cittadino il quale
chiede che la Regione continui a essere governata come lo fu da grandi presidenti come Comelli,
Biasutti e Illy. Se sarà così io e la mia famiglia avremo ospedali di qualità. Ciò richiede grandi
professionisti dell’amministrazione, anche persone disponibili a lasciare un avviato studio di avvocato
o di commercialista per servire il cittadino mettendo a disposizione la loro professionalità. La volgare
demagogia della carica a titolo gratuito va in direzione opposta». Dunque la pensione per i politici è
giusta? «Proprio così, chi va a fare leggi in Regione deve avere anche un trattamento previdenziale, per
quanto di tipo contributivo: un parte a carico dell’eletto e una parte a carico della Regione. E’ una cosa
che hanno anche gli amministratori di condominio, figurarsi chi governa sei miliardi all’anno e deve
garantire buoni ospedali». Adesso però la Regione ha cancellato i vitalizi, è stata una delle primissime
mosse del centrosinistra, schieramento del quale lei fa parte. «Infatti, in Consiglio regionale a queste
condizioni vedo un futuro di spiantati che vanno lì perché altrove non li vogliono. La Regione fa finta
di pagarli e loro fanno finta di governare. Gli spiantati mi preoccupano per gli ospedali di cui avrò
bisogno».
E il Pd Moretti bacchetta Belci (M. Veneto)
UDINE «A ogni soggetto deve spettare un ambito di intervento che è bene non scavalcare. Per questo
motivo mi aspetto che i sindacati si occupino, come stanno facendo, dei lavoratori. La questione di
come e se destinare i fondi a comparti come quello del carburante resti una competenza del Consiglio,
del quale, auspico tutti abbiano il dovuto rispetto». Replica così, il consigliere regionale del Pd, Diego
Moretti, all’intervento del segretario della Cgil, Franco Belci che ha commentato positivamente la
mozione presentata dal centrodestra per spostare i finanziamenti ai contributi carburante (il sindacalista
aveva dichiarato di non essere «pregiudizialmente contrario» alla sospensione delle erogazioni del
fondo per la benzina agevolata per destinare le risorse ad altri capitoli di spesa, anche alla luce del fatto
che incombe sempre su quel provvedimento la scure della Ue). Per Moretti invece quella mozione che
Moretti sarebbe «provocatoria perché la legge attuale, già così è ingiusta in quanto garantisce benefici
indiscriminati anche a coloro che non risiedono a ridosso dei confini con Austria e Slovenia». Secondo
Moretti, «la mozione, se approvata, rischierebbe di provocare un drastico spostamento oltre confine dei
nostri cittadini per l’acquisto di carburante e indirettamente metterebbe in ginocchio un intero
comparto, quello dei distributori delle province di Trieste e Gorizia e di tutte le zone di confine»,
peraltro in forte sofferenza. Contraria alla mozione è anche Confcommercio.
La Uilm: nel contratto dei metalmeccanici soldi per la produttività (M. Veneto)
UDINE La Uilm inizia il percorso verso il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Un percorso che si
preannuncia “accidentato” per diverse ragioni. Il tentativo di alcune aziende (Fiat docet) di uscire dal
contratto nazionale, e non parliamo solo della meccanica se si ricorda la disdetta data dall’Abi ai
sindacati dei bancari; la questione mai risolta della Fiom, che non ha firmato gli ultimi rinnovi; la
certificazione della rappresentanza che potrebbe rendere di fatto impossibile concludere l’accordo.
Sono alcuni dei temi affrontati ieri a Pordenone nel corso di un incontro tra il nazionale della Uilm,
Rocco Palombella, la segreteria provinciale guidata da Roberto Zaami, e allargata all’organizzazione.
«Abbiamo iniziato la discussione sull’imminente rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici
che si presenta con tutte le sue difficoltà, tentando di mettere in fila le questioni che rientreranno nella
piattaforma», dichiara Palombella. Alla luce di quel che è accaduto nella categoria dei bancari, con
l’Abi che ha dato la disdetta del contratto, non teme un’estendersi di queste scelte? «Un rischio
emulativo direi che c’è sempre, ma lo definirei un suicidio, da parte delle imprese, l’uscire dal contratto
nazionale e immaginare una negoziazione individuale. Potrebbe avere un senso in momenti di crisi, ma
quando si delinea una ripresa è inevitabile che il contratto rappresenti una garanzia per i lavoratori, ma
anche per le imprese. L’alternativa sarebbe una giungla e l’avvio di un processo conflittuale che
danneggerebbe le aziende stesse. Il nostro compito è fare in modo che, con la ripresa, ci siano le regole
necessarie per un giusto riconoscimento economico dei lavoratori e per garantire l’attività produttiva».
Venendo alla preparazione della piattaforma, come vi muovete? «Cercheremo di coinvolgere Fim e
Fiom, e soprattutto cercheremo di spiegare alla Fiom che deve evitare di perdere questa occasione. Il
rischio è che in assenza di regole sul rinnovo, penso alla certificazione degli iscritti per misurare la
rappresentanza, ci sia la messa in mora, che significherebbe non rinnovare il contratto. Mi auguro che
la Fiom si assuma le sue responsabilità». Che cosa ci sarà necessariamente in piattaforma. «Una parte
importante di welfare aziendale e incrementi salariali estesi ai lavoratori che non fanno contrattazione
di secondo livello». Infine Electrolux... «Il 18 al Mise ci sarà l’incontro di verifica sull’attuazione del
piano. E’ un momento importante per vedere a che punto siamo». (e.d.g.)
CRONACHE LOCALI
Ecco il piano della coop. “A caccia” di 4 milioni (M. Veneto Pordenone)
Idealscala è a caccia di 4 milioni di euro. Il piano industriale della coop parla chiaro: per l’avvio
dell'attività, l'investimento stimato ammonta a 5 milioni. A oggi, però, Idealscala ha a disposizione
esclusivamente un milione, ossia il capitale derivante dalla somma delle mobilità dei primi 50
lavoratori-soci. Un capitale che non è sufficiente. Da qui la necessità di reperire risorse e quindi trovare
investitori, disposti a scommettere, concretamente, su questa nuova realtà industriale. Le istituzioni,
ministero compreso, hanno assicurato sostegno: garantiti l’intervento di Coop Fond e incentivi dal
fondo di rotazione del Mise (Cfi). Impegni, per ora, verbali. «Il budget che abbiamo a disposizione
necessita di essere rimpinguato – ha detto il presidente di Idealscala, Gian Mario Petozzi –. Inutile
parlare di futuro, se non abbiamo una struttura finanziaria certa e solida. Ora la priorità è trovare fondi.
I confronti sono già partiti: stiamo proseguendo su quel percorso di squadra che vede al nostro fianco
sindacati, Confcooperative, Unindustria e istituzioni. Servirà un ragionamento con le realtà locali, tra
cui le banche. Intanto, siamo fiduciosi che quanti hanno sinora annunciato il proprio sostegno al
progetto rimangano in campo e alle dichiarazioni d'intenti facciano seguire i fatti». In poche parole, è
tempo di concretizzare e quindi di stanziare finanziamenti. Ma in che modo Idealscala intende
rilanciare il sito di Orcenico e sfidare i mercati? A svelare alcuni dettagli del progetto, che si compone
di una quindicina di pagine, è Petozzi. «Partiremo con la produzione di cinque serie di medio e basso di
gamma, con marchio Senesi (il cui uso gratuito è stato concesso da Ideal Standard, ndr) – ha fatto
sapere –. L'obiettivo è svilupparne altre cinque di nuove, con marchio nostro, ancora da progettare».
Ogni serie si compone, in media, di sei articoli per il bagno, dal lavabo al bidet, dal vaso alle colonne,
con linea e nomi differenti. Idealscala, insomma, punta a mettere sul mercato dieci serie complete di
articoli. Il piano industriale si sviluppa in tre anni: nel primo, l'obiettivo è produrre 80 mila pezzi, per
raggiungere quota 300 mila nei due successivi, implementando così l'organico di 100 unità. Ma dove si
comincerà a produrre? Gli spazi a disposizione, a Orcenico, sono notevoli e, almeno all'inizio, è
impensabile utilizzarli per intero. «Inizieremo a lavorare nel reparto colatura tradizionale, dove sono
presenti gli stampi in gesso e i banchi che vengono gestiti manualmente – ha risposto Petozzi –. In un
secondo tempo, è prevista un'estensione al Fast e all'area in cui sono installate le presse Hpc». E i
mercati? Il debutto sarà su quello italiano, ma Idealscala punta a essere presente anche all’estero.
«Partiamo col mercato interno, ma il nostro sguardo è rivolto anche altrove – ha annunciato –.
Abbiamo già contatti commerciali con il Sud America. Siamo aperti a qualsiasi opportunità e faremo il
possibile per guadagnarci clienti a livello internazionale». Quanto agli aspetti occupazionali e legati
alla selezione delle professionalità, Petozzi ha chiarito che «è prematuro parlarne. Ora bisogna
concentrarsi sui fondi. Il resto è secondario. E' chiaro che daremo la priorità a ex dipendenti Ideal
Standard, anche per posizioni dirigenziali». Nei giorni scorsi, infatti, si vociferava di un possibile
coinvolgimento di Mario Grillo, che ha diretto lo stabilimento Electrolux a cavallo tra gli anni Ottanta e
Novanta, ma che soprattutto ha tentato assieme ai lavoratori della Zanardi di Padova, realtà di cui era
ad, la strada della coop per salvare l'azienda. Tutte voci, di fatto. «Non ne so nulla – ha tagliato corto
Petozzi –. Ribadisco, comunque, che tra gli ex dipendenti della multinazionale ci sono profili
manageriali che coinvolgeremo». Intanto ieri sono stati tolti i blocchi ai cancelli del sito di Orcenico
per consentire a Ideal Standard di portare via i macchinari da trasferire negli stabilimenti di Trichiana e
Roccasecca. Nulla, però, è stato ancora toccato. Giulia Sacchi
Firmati i dodici mesi di cassa integrazione alla Metro (M. Veneto Pordenone)
E' stato messo nero su bianco, ieri nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia a Trieste, il futuro dei
quarantotto dipendenti della Metro Pordenone. Trascorsi venti giorni dall’annuncio choc della chiusura
del punto vendita, le parti sociali si sono incontrate nel capoluogo giuliano per la firma del verbale di
attivazione della cassa integrazione per cessata attività. Quest'ultima avrà una durata di dodici mesi, a
partire dal giorno seguente la serrata, fissata per il 2 aprile prossimo. Contestualmente, è stata avviata la
procedura di mobilità volontaria per coloro che intenderanno risolvere anticipatamente i rapporti con la
multinazionale di origine tedesca. Con l’occasione, le organizzazioni sindacali e l'azienda si sono
accordate sugli aspetti tecnici legati all’attivazione dei percorsi di ricollocamento del personale. «Il
processo di reinserimento dei lavoratori – ha spiegato la segretaria provinciale della Filcams Daniela
Duz – sarà monitorato con incontri periodici tra parti sociali e istituzioni: il primo tavolo, da attivare
nell'ambito della Provincia, è fissato per inizio marzo, un mese prima della serrata. Ci consentirà di fare
un punto iniziale della situazione». Nel frattempo, i lavoratori hanno dalla loro la sicurezza di accedere
agli ammortizzatori sociali e la possibilità di cominciare a guardarsi intorno. La Metro ha ribadito
anche ieri la possibilità di ricollocamento interno al gruppo, anche oltre i confini italiani. «A fronte di
una manifesta volontà dei dipendenti – ha affermato Duz –, l’azienda si è resa disponibile a
reinserimenti transfrontalieri: spetterà al personale decidere in quali Paesi ha eventualmente piacere di
trasferirsi». Altro punto definito a seguito della vertenza riguarda gli incentivi all'esodo. A chi uscirà in
mobilità volontaria prima di un anno sono stati garantiti quelli standard: 9 mila euro lordi per i
lavoratori sotto i 40 anni (35 sul totale di 48 dipendenti), 14 mila per gli over 40 e 18 mila per gli over
50. Tra un anno, le parti si ritroveranno per ridiscutere gli esuberi rimasti. Da tempo, lo ha ribadito più
volte il direttore di Metro Italia Maurizio Cossu, Pordenone era sotto la lente d'ingrandimento: un punto
vendita con il bilancio costantemente in rosso e inserito in un territorio «che non offre potenzialità
future». La chiusura della Metro cittadina – al momento l’unica, su 49 sedi della multinazionale in
Italia, a subire questo destino – è il sintomo di «una situazione generale oltremodo preoccupante per il
Pordenonese», sottolinea la segretaria provinciale della Filcams. Diversi i fronti aperti per il settore del
commercio: alla Metro vanno aggiunti Mercatone Uno, Cooperative operaie di Trieste e CoopCa.
«Senza tener conto – ha proseguito nella sua analisi Duz – delle tante chiusure silenti di attività e
negozietti che ci sfuggono. Il piccolo e medio commercio, nella nostra provincia e più in generale in
regione, rischiano di morire. Per questo i sindacati chiedono uno sforzo alle istituzioni: l’attuazione di
un tavolo di crisi dedicato al settore, dal quale emergano proposte concrete e costruttive». Miroslava
Pasquali
L’Electrolux Professional ha fatto shopping in Cina (Gazzettino Pordenone)
PORDENONE - La divisione Professional Products di Electrolux è un leader mondiale nella
produzione e distribuzione di soluzioni per la cottura e il lavaggio professionale. L’acquisizione
rafforza ulteriormente la posizione della divisione Professional in Cina e in Asia, aree in cui l’azienda
vede una potenzialità di crescita rilevante per i prossimi anni. «Acquisendo Veetsan, rispondiamo alla
domanda crescente, in questa regione, di soluzioni professionali che possono garantire risultati
qualitativi e di igiene in linea con gli standard internazionali. Il lavaggio stoviglie professionale
rappresenta una delle categorie di prodotto più promettenti anche per ragioni legate ad una minore
penetrazione rispetto ad altre categorie, come la cottura e la refrigerazione». A parlare Alberto Zanata,
presidente di Electrolux Professional Products. Nata nel 2003, con una crescita costante negli ultimi 10
anni, Veetsan ha un fatturato annuo di circa 90 milioni di Yuan cinesi (circa 12 milioni di Euro).
L’azienda distribuisce i suoi prodotti in tutta la Cina e ha circa 200 dipendenti.
La chiusura dell’accordo è prevista per la prima metà del 2015 e sarà soggetta all’approvazione delle
autorità competenti.
La crisi di Mercatone Uno. «Si cercano finanziatori» (M. Veneto Pordenone)
SACILE Presidio dei lavoratori a Bologna e tavolo aperto sulla crisi del Mercatone Uno: chiesto il
recupero immediato dei salari congelati dal primo al 19 gennaio. Trasferta emiliana, ieri, per Susanna
Pellegrini vertice Filcams Cgil con due rappresentanti dei lavoratori del centro mobile e arredo di
Sacile. Salvare 42 posti di lavoro è la priorità sindacale per il punto vendita sulla Pontebbana:
«L’incontro con l’amministratore delegato Pierluigi Bernasconi ha chiarito la situazione nel gruppo: la
perdita di fatturato si è fatta sentire nel secondo semestre 2014. Entro il 19 maggio 2015 dovrà essere
presentato il piano salvezza aziendale: si cercano finanziatori e anche acquirenti per i punti vendita». Il
tavolo. Il nuovo incontro della direzione aziendale del gruppo Mercatone Uno (79 stabilimenti in Italia
con 3.500 dipendenti) con i sindacati è in programma il 16 febbraio. «Siamo preoccupati – Pellegrini ha
confermato lo stato di mobilitazione dei lavoratori con i colleghi sindacalisti della Fisascat Cgil e
Uiltucs Uil - L’incontro, dopo la richiesta di ammissione ai concordati preventivi avanzata sinora da
quattro società del gruppo, ha messo a fuoco i problemi. Il gruppo, al centro di riorganizzazioni negli
anni scorsi, sta facendo ricorso alla cassa integrazione, ma nella sede centrale di Imola è aumentato in
maniera esponenziale il numero dei lavoratori posti in cassa a zero ore. A Sacile i contratti di
solidarietà scadranno a maggio». Oltre ai dipendenti diretti, la crisi del Mercatone Uno avrà pesanti
ricadute sui lavoratori dell’indotto: logistica e servizi. La situazione è aggravata dal fatto che, per quasi
tutte le società, si utilizzano ammortizzatori in deroga prorogabili unicamente sino a maggio. Perché il
commercio (nelle aziende con meno di 50 dipendenti) e le attività di servizio non rientrano tra i settori
a cui spettano la cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Per il gruppo Mercatone Uno è convocato
il 27 febbraio un tavolo di crisi della Regione Emilia Romagna. Le proteste. «I venti di crisi soffiano da
tre anni sul gruppo» evidenziano i dipendenti sacilesi. L’azienda, leader nella distribuzione di mobili,
complementi d’arredo e prodotti casa, ha comunicato a gennaio di avere «presentato al tribunale di
Bologna domanda prenotativa di ammissione alla procedura di concordato preventivo – recita il
documento - Si tratta di scelta imposta dal perdurare della crisi e dal continuo calo dei consumi: grave
nel settore dei beni durevoli. Questo ha determinato, a partire dalla ripresa autunnale dell’attività, una
costante riduzione del fatturato. Il tutto è aggravato dal contesto deflazionistico a cui conseguono
prezzi di vendita sempre più bassi e perdita di marginalità». Il concordato preventivo serve a evitare il
fallimento e garantire l’attività. Quello che preoccupa 42 lavoratori a Sacile, l’indotto e le banche
liventine è che l’azienda possa essere venduta dividendo le unità produttive. «Auspichiamo che venga
venduta a un unico acquirente – dicono i lavoratori sacilesi dopo l’incontro a Bologna – evitando un
pericoloso spezzatino». La situazione di crisi di Mercatone Uno ha ostacolato l’originario piano di
rilancio del gruppo, che negli ultimi 24 mesi aveva rinnovato 26 punti vendita. Non è bastato a
risolvere la crisi. Chiara Benotti
Caos sull’Unione dei Comuni. Sindaci del Carso in rivolta (Piccolo Trieste)
di Maddalena Rebecca La Regione gioca d’anticipo e disegna la nuova geografia istituzionale del Fvg,
inserendo tutti i Municipi della provincia di Trieste all’interno di un’unica Unione territoriale
intercomunale? Le amministrazioni interessate rispondono. Muovendosi, però, in ordine sparso: Trieste
e Muggia da una parte della barricata - quella favorevole all’aggregazione con i “cugini”
dell’Altipiano, in linea con le indicazioni della giunta Serracchiani -, i Comuni del Carso dall’altra. Un
copione già visto, che ripropone le stesse identiche posizioni espresse sei mesi fa. Come se di mezzo
non ci fosse stata un’estenuante mediazione politico-istituzionale sfociata poi nell’approvazione del
“regime differenziato”, una sorta di trattamento su misura per il territorio della provincia triestina,
studiato per assicurare a tutti gli attori, anche ai più piccoli, significativi margini di autonomia. E,
soprattutto, come se la riforma Panontin, quella che appunto introduce le Unioni, non fosse nel
frattempo diventata legge a tutti gli effetti. Per i “contras” del Carso, insomma, i margini di azione
sembrano essere pochi. La protesta contro il nuovo assetto amministrativo, accusato di non tenere nella
giusta considerazione la specificità legata alla presenza della minoranza slovena, appare cioè quasi
fuori tempo massimo. Come riconosce, non senza una punta di amarezza, anche Stefano Ukmar,
consigliere regionale Pd espressione di quella stessa minoranza. «Se tratti per un anno intero con la
concessionaria in vista dell’acquisto di una macchina, al momento della consegna non puoi tornare
indietro e dire “ci ho ripensato, non la voglio più perché credo non funzionerà bene” - spiega
l’esponente dem -. Credo che portando avanti questa linea, i sindaci dei Comuni del Carso non facciano
un favore alle ragioni delle loro autonomie. Il loro è uno sbaglio, che rischia di tradursi in un suicidio
amministrativo, visto che la non adesione all’Unione comporterà il taglio del 30% dei fondi regionali,
come previsto dalla riforma». Uno sbaglio tanto più evidente, rincara la dose Roberto Cosolini, se si
considera il risultato raggiunto per l’area giuliana poco prima dell’approvazione della legge. «Il regime
differenziato introdotto per le Unioni sopra i 100mila abitanti come la nostra, prevede che ben 9 delle
20 funzioni assegnate ai Comuni vengano gestite in maniera indipendente - chiarisce il sindaco -.
Prendiamo i servizi educativi: Trieste, in qualità di Comune maggiore, se li gestirà da solo, mentre gli
altri Municipi li amministreranno in forma associata all’interno dell’Uti. Un importante elemento di
garanzia, che disegna una sorta di Unione a geometria variabile e tutela sia le esigenze di una realtà
come la nostra, che conta l’87% della popolazione della nuova forma aggregata, sia le specificità dei
Comuni minori. Tornare a mettere in discussione questo modello, peraltro condiviso dal Pd che
partecipa al governo di tutte le amministrazioni del Carso - conclude Cosolini -, non aiuta nessuno».
Dello stesso avviso il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. «La legge di riordino degli enti locali scrive nel testo dell’ordine del giorno, concordato con il suo partito, che lunedì verrà sottoposto per
l’approvazione in Consiglio comunale - avvia il necessario percorso di modernizzazione e
razionalizzazione del sistema amministrativo, rafforzando in senso positivo i rapporti tra Comuni
minori e città capoluogo e valorizzando quella vocazione europea che i Comuni della fascia di confine
sono chiamati a svolgere. Le aggregazioni previste dalla riforma, quindi - conclude Nesladek - non solo
non possono essere ridotte, ma vanno addirittura estese nelle forme collaborative, per comprendere se
possibile anche l’area isontina».
Pisus, ecco gli 8,5 milioni: via ai cantieri (Piccolo Trieste)
di Piero Rauber Da possibile eterna incompiuta, scivolata come l’olio verso il dimenticatoio senza che
nessuno quasi se ne accorgesse, a maxi-pratica da aprire in fretta perché sennò ci si dovrà mettere una
pietra sopra per davvero. Il treno Pisus sta finalmente passando, col suo carico imperdibile di otto
milioni e mezzo di euro per una serie di progetti mirati alla riqualificazione urbana e al rilancio
turistico. E il Comune ci sale di corsa dopo averlo chiamato e aspettato invano fin dai primi mesi del
mandato Cosolini. LA DELIBERA È di questi giorni una delibera della Giunta Cosolini che dà
mandato alla dirigenza del Municipio di firmare subito la convenzione con la Regione con cui vengono
sostanzialmente sbloccati (con un travaso contabile resosi necessario altrimenti tutto rischiava di finire
in cavalleria, si legga qui sotto, ndr) gli eurofondi Pisus conservati finora sotto vetro. Erano i fondi per
la realizzazione dei progetti per i quali proprio la Regione aveva già detto sì a suo tempo al Comune di
Trieste, arrivato secondo dopo Tarvisio nella graduatoria degli enti del Friuli Venezia Giulia che per
l’appunto avevano chiesto e ottenuto dei finanziamenti previsti dal cosiddetto Bando Pisus. I SOLDI
Entrano nelle reali disponibilità di spesa dell’amministrazione cittadina, dunque, i cinque milioni e
748mila euro già ammessi a finanziamento dalla Regione, per cantieri e progetti turistici in chiave
ecosostenibile, secondo la graduatoria uscita quasi due anni fa che prevedeva da regolamento un tetto
di sei milioni. Poco sotto il massimo consentito insomma. A questi, ed ecco la novità che sta nei numeri
oltre che nello sblocco dei soldi, vanno aggiunti i due milioni e 762mila euro (sempre esistiti a loro
volta ma molto meno citati negli annunci del passato) che il Comune viene chiamato a dare
contribuendo nella misura dovuta secondo il bando medesimo, vicina in questo caso a un terzo del
totale. I CANTIERI URBANI Ma a cosa servirà questo maxi-fondo? Anzitutto a lanciare una serie di
cantieri, tra Cittavecchia, Borgo Giuseppino e Borgo Teresiano: centro e non periferie perché il bando
imponeva questo. In attesa che se ne conoscano i dettagli (Cosolini cova l’idea di una conferenza
stampa nei prossimi giorni, in seguito alla controfirma della Regione sulla convenzione attesa per oggi,
alla presenza dei quattro assessori coinvolti, Elena Marchigiani per i Progetti complessi, Andrea
Dapretto per i Lavori pubblici, Edi Kraus per lo Sviluppo economico e Paolo Tassinari per la Cultura)
si sa al momento, anche in base a quanto era stato comunicato all’epoca dal Municipio, che parte dei
fondi sarà impiegata per cinque interventi prioritari. Il primo: dieci nuove stazioni di “bike sharing”,
per l’utilizzo comune di bici che già tira in altre città europee. Il secondo porterà al rinnovo di tre
tracciati stradali anche in chiave ciclo-pedonale: in via Duca d'Aosta (da piazza Hortis al Museo
Sartorio di largo Papa Giovanni), eppoi in via XXX ottobre e via Ghega, in una sorta di prosecuzione
ideale dei progetti di riqualificazione, coperti invece da altre poste ministeriali, di Ponterosso e via
Trento, che finora si sono concretizzati nel celeberrimo Ponte Curto. Il terzo intervento sarà
l’annunciata copertura del Salone degli incanti con pannelli solari (il cui costo dell’operazione si aggira
sui 500mila euro), il quarto la ristrutturazione del piano terra di Palazzo Biserini, il quinto il rilancio
degli spazi verdi di piazza Hortis e Campagna Prandi, sopra il giardino di via San Michele verso l’Orto
lapidario. TURISMO E BANDO PRO-PMI I due successivi filoni di finanziamento Pisus hanno invece
l’obiettivo dichiarato di spingere e far girare il volano turistico. Uno si richiama specificatamente alla
cultura e prevede in primo luogo una cosiddetta “certificazione museale”, da accompagnare a un
ampliamento di orari e servizi in genere per qualificare l’offerta triestina, oltre che un coordinamento
più stretto tra i vari poli museali. L’altro filone, legato alla dicitura “risorse economiche”, contempla
per l’appunto una serie di finanziamenti per progetti mirati a coordinare e migliorare l’attività del
comparto turistico. Si va dunque dal futuro piano di marketing per le crociere (dove evidentemente il
Comune intende ribattere un colpo in casa Ttp) ad altre iniziative meno settoriali di promozione
turistica e pubblicizzazione d’eventi. Ed è proprio qui che s’inserisce una delle “pensate” più attese del
Pisus. È il bando da un milione e 200mila euro dedicato a Pmi e imprese artigiane per contributi a
fondo perduto da investire proprio in vari progetti di supporto all’attività e alla promozione turistica. I
TEMPI Il bando per le Pmi sarà pubblicato a inizio marzo e darà a sua volta un mese per la
presentazione delle domande, in modo tale da consentire al Municipio di chiudere l’istruttoria per
l’autunno e staccare gli assegni entro l’anno. Ma è tutta l’operazione Pisus che l’amministrazione
Cosolini punta a “istruire” e far partire tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, prima delle prossime
elezioni amministrative chiaramente. La chiusura dell’intera “partita”, anche se alcuni cantieri potranno
finire pure molto prima, è fissata quindi per il 2019. Da lì non si scappa, anche perché è proprio quello
il termine ultimo per la rendicontazione. Pena la perdita della pecunia.
«Nomina in ritardo, danno per lo sviluppo» (Piccolo Trieste)
«La questione dei ritardi nella nomina del commissario del porto di Trieste assume ormai rilievo
nazionale, soprattutto alla luce della recente sdemanializzazione dell'area del Porto Vecchio che
richiede assetti istituzionali stabili per poter decollare». Già in questa premessa vengono messi in
rilievo i motivi che hanno indotto ieri la stessa segretaria generale della Cgil Susanna Camusso a
scendere in campo assieme al segretario regionale del Friuli Venezia Giulia Franco Belci per tentare di
risolvere una questione, quella della nomina alla Torre del Lloyd del commissario Zeno D’Agostino,
che è andata acquisendo contorni quasi kafkiani, nonostante continue rassicurazioni di interventi
immediati alle quali qualcuno fa difficoltà a continuare a dar fede. «Dopo settimane di attesa, con le
istituzioni locali e i parlamentari triestini ridotti a fare la questua per tentare di sbloccare la situazione fanno rilevare nella nota congiunta Camusso e Belci - questo ulteriore rinvio non solo evidenzia le
modalità di una politica che appare ancora legata a vecchie e vituperate abitudini, ma rappresenta per
Trieste e l'intero Friuli Venezia Giulia l'ennesimo danno alle potenzialità di sviluppo economico e alle
prospettive occupazionali». Il vuoto completo di potere all’Authority (la presidente è scaduta, il
segretario generale non è stato mai nominato e quello facente funzioni ha dato le dimissioni, i dirigenti
sono stati invitati a smaltire le ferie arretrate, il Comitato portuale non viene convocato) non crea solo
un danno al principale polmone dell’economia cittadina, ma si riverbera per qualche verso sull’intero
panorama regionale. In questo senso giunge l’invito dei due responsabili della Cgil che si rivolgono
direttamente al governo nazionale. «Pensiamo occorra dire forte e chiaro - sottolinea infatti la nota che la città e la regione non possono più attendere. La nomina del commissario è diventata una
necessità improcrastinabile e chiama in causa i vertici istituzionali. È ora che il governo superi i propri
ritardi e, se ci fossero, le proprie riserve dando al porto piena operatività con la nomina da tempo
attesa». Va ricordato che proprio l’altro ieri lo staff del ministro di Infrastrutture e trasporti Maurizio
Lupi, colui che deve emanare il decreto, aveva fatto sapere che la nomina è questione di giorni e a
propria volta il senatore del Pd Francesco Russo e il deputato Ettore Rosato avevano assicurato che «la
situazione si sta sbloccando». (s.m.)
Ferriera, Sossi contro Lauri: «Non parla per Sel» (Piccolo Trieste)
Ancora bagarre politica sulla Ferriera. «Giulio Lauri è fuori dalla linea del partito. Esiste la mozione da noi depositata in Consiglio comunale e bocciata dall’aula - in cui chiedevamo che alla fine del
percorso di riconversione della Ferriera venisse superata l’area a caldo». Lo sostiene Marino Sossi: il
capogruppo di Sel in Comune non ha gradito che in Consiglio regionale il collega di partito Lauri,
assieme al Pd, abbia affossato l’altro ieri l’emendamento con cui M5S mirava alla chiusura dell’area a
caldo della Ferriera. Quella cui punta il gruppo di Sel in Comune. «Questa linea - afferma Sossi - è
stata concordata col responsabile nazionale di Sel per l’ambiente Marco Furfaro. Continueremo questa
battaglia, che sta nel programma di coalizione della maggioranza. Lauri? Una posizione personale».
«La salute dei lavoratori e dei cittadini è, assieme all’occupazione e alla sua difesa, una delle priorità di
questa maggioranza. Questo vale in particolare per tutta l’area di crisi industriale complessa di Trieste e
per la Ferriera di Servola» replica invece Lauri, rispondendo alle accuse rivolte alla giunta regionale da
parte del consigliere del M5s Andrea Ussai. «Oltre ai 26,1 milioni di euro già previsti in finanziaria,
con il Rilancimpresa - precisa - la maggioranza ha stanziato altri 10 milioni di euro, e queste risorse, su
proposta della maggioranza, primi firmatari il capogruppo del Pd Shaurli e il sottoscritto, saranno
utilizzate per le esigenze di risanamento ambientale e di riconversione industriale dell’area previste
nell’accordo di programma. Per la riduzione delle emissioni dell’area a caldo l’accordo prevede che
vengano realizzati da subito per la cokeria e per l’altoforno il revamping, il tamponamento e
l’adeguamento della torre di spegnimento, e la captazione localizzata delle polveri e delle emissioni
diffuse, il potenziamento del sistema di aspirazione e di irrorazione dell’agglomerato e la
pavimentazione delle aree di messa a parco e delle strade interne». «Le dichiarazioni del M5S sulla
Ferriera si possono definire solo come ricerca di visibilità. Credo sia irresponsabile giocare su salute e
aspettative lavorative, chiedendo l’immediata chiusura della cokeria»., aggiunge Cristiano Shaurli (Pd)
rispondendo a sua volta alle accuse di Ussai. Ma ancora dai grillini, i portavoce del Movimento in
Comune Stefano Patuanelli e Paolo Menis precisano che «la proposta del M5S di convocare un
Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera con la presenza del cavalier Arvedi e della presidente
Serracchiani è stata sottoscritta da molti altri consiglieri (di maggioranza e opposizione) ed è stata
protocollata il 4 febbraio. Ora il presidente Furlanic ha 20 giorni di tempo per fissare la data del
Consiglio».
«Servizi intatti nei quattro ospedali» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain «Non cambierà nulla sotto il profilo squisitamente operativo. Le funzioni di base
verranno garantite in tutti e quattro gli ospedali: Gorizia, Monfalcone, Palmanova e Latisana. In altre
parole, il percorso diagnostico verrà effettuato, come succede già oggi, nei 4 nosocomi, poi a seconda
della gravità si farà ricorso a centri specializzati perché l’intento deve essere quello di garantire
massima sicurezza al paziente». Rassicurante. E non poteva essere diversamente. Giovanni Pilati,
direttore generale della neocostituita Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina, ha voluto
tranquillizzare l’uditorio sulla riorganizzazione dei servizi. Ha definito subito la realtà che dirige
«un’Azienda sanitaria nuova di zecca e non la sommatoria di due realtà vecchie. Si tratta di una sfida
organizzativa importante e le opportunità di miglioramento dei servizi sono enormi. Selezioneremo il
meglio dell’ex Ass 2 Isontina e della ex Ass 5 Bassa Friulana». L’occasione per parlare di strategie? La
conferenza stampa di ieri mattina durante la quale Pilati ha presentato tutto il suo staff, composto dal
direttore sanitaria Laura Regattin, da quello amministrativo Antonio Poggiana e dal coordinatore
socio/sanitario Gianfranco Napolitano. «Una squadra di tecnici», ha sottolineato più volte Pilati.
Tecnici che avranno il compito di tradurre in realtà le scelte della riforma regionale che lo stesso
neodirettore generale ha contribuito a scrivere, a redarre. «La fusione - parole di Pilati - è avvenuta
senza scossoni. E non è stata una partita facile perché si trattava di rendere unici apparati doppi.
Abbiamo costruito in maniera provvisoria una nuova organizzazione, identificando una responsabilità
per ogni unità. Sono stati individuati 11 dirigenti: nei prossimi giorni nomineremo i responsabili del
dipartimento di prevenzione e di igiene mentale e il coordinatore che si occuperà di dipendenze».
Insomma, un lavoro intenso. Caldamente sollecitato dai cronisti, Pilati ha affrontato anche il nodo dei
Punti nascita, non dando (in realtà) grosse indicazioni. «Per l’Isontino la decisione è già stata presa da
parecchio tempo: sopravvive Monfalcone, Gorizia ha visto la chiusura del suo reparto. Ora si tratterà di
definire la nuova sede del reparto materno-infantile fra Palmanova e Latisana. La decisione verrà presa
nei prossimi mesi e sarà di competenza della Regione, non certamente dell’Ass. In questa fase, si
stanno monitorando i flussi delle nascite per arrivare ad assumere la decisione migliore». La nuova Ass
subentrerà in tutto e per tutto nei progetti del Gect, compreso quello delle casa del parto. Ma ci sarà
anche un’altra novità. «Gli ospedali verranno organizzati a coppie. Cosa significa? I presìdi di Gorizia
e Monfalcone verranno considerati come un unico ospedale, stesso discorso per Palmanova e Latisana.
Ciò accadrà anche da un punto di vista amministrativo ma non ci saranno conseguenze per i pazienti
che vedranno confermati tutti i servizi e le funzioni di base». Last but not least, la riorganizzazione
«per liberare risorse - parole dei vertici della nuova Ass - da indirizzare all’assistenza sul territorio.
Sono stati riconfermati i quattro distretti e ci sarà un piano di “distribuzione” del personale deciso di
concerto con i sindacati. Il nostro obiettivo è di migliorare la qualità del servizio, facendo scelte
ponderate, tecniche e in perfetta linea con gli indirizzi regionali».
Per Britannia la festa raddoppia: due giorni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani Stabilita la data per la tradizionale consegna nello stabilimento di Panzano della
nuova unità passeggeri da 141mila tonnellate di stazza lorda. La “Britannia”, infatti, verrà assegnata
alla società armatrice P&O Cruises domenica mattina 22 febbraio. La comunicazione ufficiale è giunta
dalla stessa Fincantieri. L’azienda ha anche confermato la partecipazione nell’organizzazione della
festa popolare “in anteprima” in città, raccogliendo la proposta lanciata dall’amministrazione
comunale. L’iniziativa, che si articolerà in due momenti, è prevista sabato 21 febbraio. Si procede,
dunque, nell’allestimento dell’inedito e significativo evento, che vedrà portare in centro l’atmosfera
della festa e l’emozione di condividere la presentazione della “Britannia” assieme alla comunità. I
dettagli della manifestazione saranno resi noti in una conferenza stampa fissata per giovedì 12 febbraio
alle 12, in sala consiliare, quando l’amministrazione assieme a Fincantieri, illustreranno le iniziative
rivolte a tutti i monfalconesi. Quella di sabato 21 febbraio sarà una giornata speciale, che per certi versi
rimanda al passato, quando il momento della consegna di una nave veniva vissuto profondamente e
direttamente dalla città. La giornata sarà divisa in due momenti, uno di carattere culturale, ospitato al
Palaveneto durante la mattinata di sabato, mentre nel tardo pomeriggio al Teatro comunale andrà in
scena lo spettacolo e la presentazione alla cittadinanza del nuovo gioiello di Fincantieri. L’evento
battezzato “Welcome Britannia” è aperto a tutti i monfalconesi. L’assessore alla Promozione
territoriale Omar Greco, che ha promosso l’iniziativa, ha osservato: «Prosegue il percorso di
collaborazione con Fincantieri, che ha dato la disponibilità all’organizzazione della festa fissata il 21
febbraio per presentare la “Britannia” alla città. Si tratta di un esperimento - ha aggiunto - per il quale
esprimo evidente soddisfazione. Voglio ringraziare l’azienda che ha raccolto la nostra proposta,
permettendo di realizzare l’iniziativa. L’intento è quello di proporre una manifestazione a carattere
popolare, per questo invito già ora i monfalconesi a partecipare numerosi». Greco anticipa, inoltre, che
si sta lavorando per poter ospitare alla festa in Teatro l’armatore di P&O Cruises, assieme ai dirigenti di
Fincantieri. Anche dall’azienda è giunta la conferma all’adesione al progetto. La festa in centro, è stato
spiegato, va nella direzione di una maggiore collaborazione all’insegna del dialogo tra il cantiere e la
città.
Adesso sono gli italiani ad avere più fame di casa (Gazzettino Udine)
In Friuli c'è fame di alloggi e veste la bandiera tricolore. Certo gli alloggi non sono tra i più moderni,
anzi, il 71,79% risale a prima degli anni '80, ma le risorse sono quelle che sono come ha sottolineato il
presidente dell'Ater Udine Luciano Aita illustrando il bilancio consuntivo 2014, anno in cui sono stati
recuperati 253 alloggi e «grazie al consolidamento dell'avanzo - ha precisato Aita - per il 2015 avremo
a disposizione oltre 4 milioni di euro per recuperi ordinari e straordinari». Accanto al virtuosismo
dell'ente, anche la Regione ha fatto la sua parte con uno stanziamento da 13 milioni derivanti dal Piano
nazionale dell'edilizia residenziale pubblica, da destinare al recupero e alla manutenzione straordinaria
di alloggi. «Il tema della casa è al centro dell'attenzione regionale sia perché da un lato stiamo portando
avanti il disegno di legge sulla Riforma complessiva del sistema Casa - è intervenuta l'assessore
regionale ai Lavori pubblici Mariagrazia Santoro - sia perché abbiamo confermato il nostro impegno
finanziario su questo tema con il mantenimento di 11,5 milioni sul Fondo sociale per l'abbattimento dei
canoni degli alloggi Ater o con l'introduzione di un nuovo Fondo per le manutenzioni di 2,3 milioni per
gli alloggi oggi non assegnabili». Sul fronte degli investimenti, nel 2015 l'Ater Udine può programmare
interventi per 4,4 milioni di euro nella costruzione di 91 nuovi alloggi dislocati tra il capoluogo e la
provincia (13 a Udine, 16 a Palazzolo dello Stella, sei a Manzano, 56 a Latisana) mentre ammonta a
oltre 12 milioni il valore degli interventi già in corso di esecuzione per 116 alloggi: 30 a Palazzolo
dello Stella, 50 a Palmanova, 36 a Udine.
«Nessun taglio ai servizi negli ospedali della Bassa» (M. Veneto Udine)
LATISANA Capitolo chiuso nella guerra fra i due ospedali della Bassa. Latisana e Palmanova non si
divideranno i servizi, ma entrambi sono e rimangono ospedali di rete, a tutti gli effetti. Entrambi con un
Pronto Soccorso e un’Area di Emergenza, operativi H 24 e con tutti i servizi d’urgenza che ne
conseguono, dalla Chirurgia, all’Ortopedia, alla guardia anestesiologica: «Saremmo dei folli – ha detto
ieri pomeriggio l’assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, ospite all’auditorium di
Precenicco, del sindaco Andrea De Nicolò – a tenere dei Pronto Soccorso H 24 senza garantire le
urgenze». Una dichiarazione che dovrebbe mettere fine alle polemiche e agli allarmismi degli ultimi
mesi, perché come confermato ieri dall’assessore, rispetto a una prima ipotesi la Regione ha deciso di
confermare su quelli che la riforma ha definito “ospedali in coppia” tutti i servizi. E rimane anche la
pediatrica: «Non bisogna confondere la Pediatria con le altre urgenze - ha chiarito il direttore generale
dell’Ass 2, Giovanni Pilatti - perché anche il bambino in caso di emergenza, viene valutato dallo stesso
personale medico che si occupa dell’adulto e che ha una preparazione anche per i casi pediatrici. Su
entrambi gli ospedali della Bassa viene garantito un servizio di consulenza ambulatoriale». L’unica
questione sospesa riguarda il punto nascita, che comunque, ha ribadito la Telesca, non condiziona il
mantenimento delle altre urgenze e dalla pediatria: «Abbiamo preso tempo - ha detto a una platea di
cittadini, operatori sanitari e amministratori locali, fra i quali i sindaci di Latisana, Salvatore Benigno,
Lignano, Luca Fanotto e Palmanova, Francesco Martines - perché vogliamo fare una scelta, più seria e
responsabile possibile, per non andare a togliere servizi». Una pausa di un semestre per capire i flussi
dell’utenza, nell’ambito della nuova geografia sanitaria. E ancora - ha confermato la Telesca - per
capire come si sta muovendo l’utenza del Veneto e degli altri ospedali». Una tematica, quella delle
urgenze, che diventa importante soprattutto in un’ottica di distanza dai grandi centri per una località
come Lignano Sabbiadoro, dove la Regione è intenzionata ad attivare una guardia medica pediatrica
fissa e dove il Pronto soccorso, svincolato dal patto di stabilità, diventerà realtà nel 2016. «È una
riforma che non taglia, ma che studia le esigenze per dare risposte efficienti». Paola Mauro
Mercatone, quindici società si sono fatte avanti (Gazzettino Udine)
REANA - (PT) È fortemente indebitato il gruppo "Mercatone Business" che in provincia di Udine
vende arredo e articoli per la casa nel negozio all'insegna "Mercatone Uno" di Reana. È quanto è
emerso ieri, in occasione di un incontro che si è tenuto nella sede di Confindustria di Bologna cui
hanno preso parte, oltre ai vertici della società, anche Francesco Buonopane della FilcamsCgil e Athos
Di Stefano della FisascatCisl, insieme a un referente della Provincia. «La situazione ci preoccupa molto
- hanno riferito in serata i sindacalisti -; il quadro finanziario dell'azienda è serio ma speriamo che la
realtà possa essere rilevata da qualche altra catena». Fino a oggi hanno manifestato il loro
interessamento una quindicina di società ma resta da capire se tutta la struttura si possa salvare e quanti,
alla fine, saranno i dipendenti che manterranno il loro posto di lavoro. In Friuli, oltre a Reana, ci sono
anche i negozi di Sacile e di Monfalcone, per un totale di circa cento addetti diretti, di cui una trentina
in provincia di Udine. Le maestranze, in contratto di solidarietà da tre anni, si sono viste bloccare la
retribuzione dei primi 19 giorni di gennaio, per effetto della richiesta di ammissione al concordato
preventivo "in bianco" di "Mercatone Business". L'azienda ieri ha comunicato ai sindacati che farà il
possibile, tramite una specifica istanza al Tribunale, per saldare i dipendenti. Per i prossimi salari,
invece, l'azienda liquiderà le ore lavorate; la parte della solidarietà, invece, sarà erogata direttamente
dall'Inps. Dal vertice di Bologna, che è stato aggiornato al 16 febbraio prossimo, è emersa una
situazione di maggiore criticità per la società del gruppo "Tre Stelle" che però non conta negozi in
FriuliVg. "Mercatone Business" dovrà presentare il piano industriale entro il mese di marzo, con
eventuale proroga di 60 giorni, se accolta dal Tribunale. «Fino ad allora la situazione resta incerta dicono Di Stefano e Buonopane -; abbiamo chiesto di diventare parte attiva nel complesso
procedimento».