I rusteghi - Teatro Stabile del Veneto

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I rusteghi - Teatro Stabile del Veneto
Laboratorio Teatro per l’Università, anno accademico 2015/2016
Relazione finale sui Rusteghi di Carlo Goldoni (10/02/2016) di Veronica Pillon
Personaggi ed interpreti ( in ordine alfabetico)
Canciano cittadino Alessandro Albertin
Maurizio cognato di Marina Alberto Fasoli
Simon Mercante Piergiorgio Fasolo
Felice moglie di Canciano Stefania Felicioli
Margarita moglie di Lunardo in seconde nozze Cecilia la Monaca
Il conte Riccardo Michele Maccagno
Marina moglie di Simon Maria Grazia Mandruzzato
Lucietta figlia di Lunardo del primo letto Margherita Mannino
Lunardo mercante Giancarlo Previati
Felippetto figliolo di Maurizio Francesco Wolf
regia Giuseppe Emiliani
scenografia Federico Cautero
costumi Stefano Nicolao
disegno luci Enrico Berardi
musiche Massimiliano Forza
arrangiamenti Fabio Valdemarin
produzione Teatro Stabile del Veneto- teatro nazionale
I “Rusteghi” di Carlo Goldoni vengono messi in scena al Teatro San Luca di Venezia nel
corso del Carnevale del 1760. L’opera tratta la turbolenta predisposizione del matrimonio
di Lucietta, figlia del mercante Lunardo, e Felippetto, figlio di Maurizio: a causa della
rozzezza dei padri, ai promessi viene impedito di vedersi fino al giorno del matrimonio,
suscitando l’opposizione delle donne di famiglia. Grazie ad un’amica intraprendente,
Felicia, moglie del Rustego Canciano, i due futuri sposi riescono ad incontrarsi di nascosto:
il giovane, travestito da donna e accompagnato da un eccentrico conte, si intrufola nella
casa di Lunardo, innamorandosi a prima vista della giovane. Ma i padri, pronti a celebrare
le nozze il giorno stesso, scoprono l’inganno mandando all’aria il matrimonio. Grazie
all’intervento di Felicia, che si assume la colpa di ciò che è successo, gli animi si placano e
il matrimonio viene celebrato. La regia di Emiliani propone l’opera in chiave tradizionale,
nel rispetto del testo e della lingua utilizzata, il dialetto veneziano, ma nello stesso tempo
innovativa rispetto alle precedenti messe in scena , scegliendo attori relativamente giovani
per interpretare il ruolo dei Rusteghi. Tale scelta risulta fondamentale nella trattazione di
tematiche profonde che si celano dietro all’aura comica dell’opera, come il rapporto fra
uomini e donne all’interno del matrimonio e lo scontro generazionale fra padri e figli: temi
che, nonostante lo stretto legame con la società illuminista del tempo, risultano
estremamente attuali ai giorni nostri. Per quanto riguarda l’aspetto della relazione fra
uomini e donne, significativa è la scena d’apertura in cui matrigna e figliastra discutono dei
vezzi mondani e degli svaghi di cui sono prive a causa dell’imposizione del padrone di
casa, un Rustego, che crede nell’onore, nella rispettabilità, nel risparmio e nella semplicità
del vivere lontano da qualsivoglia frivolezza. Nel momento in cui il primo Rustego si
presenta sulla scena, il mercante Lunardo, viene messa in risalto la sottomissione in cui le
due donne vivono attraverso la posizione degli attori sul palcoscenico: mogie e con gli
occhi e la testa bassa le donne, autoritario e a testa alta l’uomo. Anche la posizione
degli attori è simbolica: l’uomo da una parte e le donne dall’altra, la vicinanza si ha
solamente nel momento in cui l’uomo vuole prepotentemente dominare la donna,
arrivando quasi ad alzare le mani. Dal punto di vista dialettico però l’uomo non riesce a dare
spiegazioni: nonostante le continue domande sia della figlia che della moglie in seconde
nozze, un dialogo non emerge, prevale l’ottica del “ Perché o digo mi”, regola non scritta e
vigente all’interno della casa patriarcale. Il non detto e la mancanza di dialogo è anche la
causa scatenante della macchinazione per far vedere i giovani prima della cerimonia in
quanto nessuna donna della famiglia era stata avvisata dai mariti relativamente alla
celebrazione delle nozze. Le scene vengono costruite come una climax che presenta
progressivamente tutti i Rusteghi; in particolare Canciano diviene il simbolo della
transizione valoriale e sociale che sta emergendo al tempo di Goldoni in cui la donna
riesce a farsi ascoltare dal marito e ad imporsi attraverso una sottile abilità retorica. La
sordità dei Rusteghi nei confronti delle novità e delle innovazioni sarà la chiave della loro
sconfitta, come testimonia la scena dell’arringa di Felicia, che, come un avvocato, riesce a
farsi perdonare e a riportare la pace. Il modello maschile dei Rusteghi viene inoltre
contrapposto alla figura del conte, pettegolo e frivolo, amico e complice del parterre
femminile: nella scena finale, il conte viene accettato dal gruppo maschile e invitato al
pranzo, nonostante una serie di reticenze. In realtà i due modelli maschili si uniscono in un
punto fondamentale per il riconoscimento sociale che è l’abbigliamento. Nonostante i
Rusteghi siano attaccati al loro denaro e attenti al risparmio, si presentano vestiti con abiti
di pregio, costosi e colorati: ogni Rustego, infatti, presenta un abito dal colore vivace e
acceso che non solo richiama il carnevale ma anche l’abito della propria sposa. La serietà
morale si contrappone alla frivolezza esteriore, all’abito si aggiunge anche la parrucca che
viene tolta solamente nel momento in cui, stremati dalla ricerca di una punizione per le
donne, si trovano in un vicolo cieco e ritornano ad essere semplicemente loro stessi. Il
gesto di Canciano che si sfila la parrucca è un gesto di resa e di ammissione di una
sconfitta nei confronti della figura femminile, di cui è succube e da cui viene considerato
sciocco e stupido. Le donne risultano il vero motore drammatico, donne che sono nello
stesso tempo rivali e complici, invidiose e pettegole. L’ambiente in cui agiscono è
solamente quello domestico: nonostante il cambiamento di salotto dalla casa di Lunardo a
quella di Simon, la vicenda si articola in un unico spazio, il salotto borghese. Unità di
spazio ma anche di tempo: la vicenda si articola nell’arco di una sola giornata ma i
mutamenti che provoca sono il simbolo del tempo che scorre e che passa. Il gioco di luci
messo in atto sul palco e l’uso della scenografia mette in luce il progressivo cambiamento
che si sta creando sotto gli occhi dello spettatore: la scenografia progressivamente si apre,
la mobilità degli sfondi che scorrono sul palco dona luce e rende lo spazio arioso e via via
più vicino all’ingresso della Venezia del carnevale, in una casa in cui la frivolezza e il
travestimento sono proibiti. La climax ascendente culmina nel momento in cui il conte e il
promesso sposo travestiti entrano in casa: il palco è libero, fatta eccezione per qualche
arredo, e Venezia si profila nello sfondo. La gioia e l’allegria della trasgressione, della
libertà, della luce e dell’aria che finalmente invadono la casa si esprime attraverso il
palcoscenico così disposto e attraverso la danza corale che le donne ( compreso il
promesso sposo) e il conte mettono in scena. La trasgressione è però un momento e
quando viene annunciato l’arrivo dei Rusteghi l’ambiente ritorna ad essere soffocante,
appare un’altra stanza necessaria per nascondere il ragazzo e il salotto diviene
improvvisamente troppo piccolo per tutte quelle persone assieme: se all’inizio della
commedia lo spettatore si perdeva in questo spazio, nonostante fosse chiuso, per
l’austerità dell’ambiente, per la presenza di un modesto mobilio e di poche persone nella
casa, ora risulta paralizzato, non riesce a mantenere lo sguardo fisso su nessun
personaggio in particolare come se fosse frastornato egli stesso dall’arrivo improvviso del
padre. La scelta costumista risulta anche in questa scena calzante in quanto dà vita ad un
effetto che espresso secondo un termine preso in prestito dal linguaggio cinematografico
si definisce effetto quadro: il palcoscenico diviene una grande tela sulla quale il regista ha
collocato i suoi personaggi incorniciati all’interno della scenografia, personaggi colorati e
travestiti in piena contrapposizione con lo spirito morale ed etico della casa. Il riferimento
al Carnevale e ai travestimenti è però funzionale per poter affrontare al meglio la tematica
metateatrale che viene osservata dalle scelte di regia che mantengono inalterate le battute
originali ma anche i silenzi, le omissioni, i bisbigli che sulla scena vengono rappresentati
ma senza essere svelati. I personaggi fingono di essere altro rispetto a quello che sono
determinando una costruzione della commedia al quadrato; inoltre è Felicia stessa a
sfruttare il non detto rivolgendosi direttamente agli spettatori e affermando come non
avrebbe detto loro nulla altrimenti la commedia sarebbe finita. Il bisbiglio, l’omissione, il
pettegolezzo sono prerogative femminili o di un modello maschile non rustego:
nell’incontro fra Felicia e Marina, la zia di Felipetto, Canciano rimane all’angolo, escluso
dalla stessa moglie che offre una sedia al conte, ma anche da Marina che non vuole che si
sieda accanto a lui, mentre il conte si siede vicino alle donne e cerca in continuo di poter
sentire ciò che le donne dicono. Ancora una volta una contrapposizione fisica e sonora, fra
il silenzio dell’uomo e la parola silenziosa della donna, che viene messa in risalto non
soltanto dalla recitazione e dalle battute dei personaggi ma anche dalla scelta musicale.
Le musiche non richiamano un preciso contesto storico ma si presentano come atemporali
in modo da poter mettere in risalto l’incontro/ scontro, l’amore/odio che vige nel rapporto
fra i due sessi: ecco allora emergere prepotentemente il tango, simbolo della passione che
intercorre fra uomo e donna. Se il rapporto fra uomo e donna sembra nell’epilogo
cambiare, quello fra padri e figli invece risulta statico. Nell’epilogo si ha la celebrazione del
matrimonio con la stretta di mano fra i due giovani: se per la ragazza è giunto il momento
di abbandonare la casa paterna e di affidarsi alla cura del suo sposo, Felipetto risulta
ancora subordinato all’autorità paterna poiché il padre continua a voler guidare e
governare la vita del figlio. La subordinazione alla figura paterna emerge nel momento in
cui il padre obbliga il figlio ad inginocchiarsi di fronte a lui, davanti agli occhi di tutti, anche
quelli della giovane sposa. Il rapporto genitori e figli viene analizzato come un rapporto fra
padri e figli, la madre infatti è una figura assente nella vita dei giovani: sia la madre di
Lucietta che la madre di Felipetto sono morte. Il padre di Lucietta però si risposa con una
donna più giovane nella speranza di proporre alla figlia un’altra figura materna che la
possa crescere e proteggere: il rapporto tra le due è però contraddittorio e caratterizzato
da un’alternanza di momenti positivi e negativi. Quando viene annunciato il pranzo in casa
di Lunardo, la moglie non esita a vestirsi di seta per accogliere gli ospiti, mentre la figlia,
con una veste da casa e il grembiule addosso, si sente inadeguata e con un capriccio
cerca di ottenere un nuovo abito. La matrigna cerca di aiutarla offrendole una collana di
perle e delle maniche: in realtà sono accessori vecchi e rotti che testimoniano da un lato la
volontà di aiutare la giovane ma dall’altro la competizione femminile data dalla vicinanza
d’età e dal mancato sentimento materno che non pervade la donna. In definitiva non si
può parlare di un rapporto con la madre, mentre è ben presente la figura del padre:
Goldoni vive infatti un periodo in cui viene ad affermarsi la famiglia patriarcale borghese
nella quale lo status socio-culturale del padre di famiglia viene promosso dalla cultura ma
anche dalla legislazione civile che definisce giuridicamente lo status di padre di famiglia.
La commedia non sembra avere una struttura circolare: la scena iniziale è un dialogo fra
due donne all’interno di un ambiente modesto mentre l’epilogo è una scena corale in cui
tutti i personaggi agiscono sulla scena. In realtà la conclusione è una conclusione dubbia
che mette in luce il motore propulsore della commedia che è il contrasto: elementi vecchi e
nuovi si intrecciano aprendo la strada verso un futuro nuovo caratterizzato nello stesso
tempo da elementi tradizionali. L’ambiguità e la dialettica innovazione/tradizione emerge
nel momento in cui tutti se ne vanno per iniziare il pranzo e i rusteghi e il conte iniziano a
sistemare la scenografia ricreando progressivamente uno spazio chiuso dell’apertura.
Nello stesso tempo la scena ha un carattere conclusivo che pone fine alla
rappresentazione e che al tempo stesso proponeallo spettatore un finale ambiguo e aperto che lascia
spazio ad una serie di riflessioni. Lecose cambieranno davvero? Uomo e donna supereranno le loro
divergenze? Il matrimonio sarà felice per i giovani sposi? La straordinarietà della drammaturgia
goldoniana risiede nel sapere celare dietro al riso e al sorriso una riflessione profonda e una
profonda conoscenza dell’umanità: lo spettatore continua a ridere di fronte ad un testo simile grazie
anche alle scelte di regia che hanno permesso di mettere in risalto le peculiarità
drammaturgiche del testo senza stravolgerlo e servendosi di scelte luministiche, musicali,
scenografiche e di consumi che richiamano Venezia e la società di Goldoni ma nello
stesso tempo pongono la questione su di un piano universale e generale che risulta più
vicina e nota al pubblico.