ai Disticha Caîonis (III, 488) ea testi liturgici (IV, 328). Nel mosaico di

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ai Disticha Caîonis (III, 488) ea testi liturgici (IV, 328). Nel mosaico di
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ai Disticha Caîonis (III, 488) e a testi liturgici (IV, 328). Nel mosaico di temi e dottrine
volti ad illustrare i lemmi dei Fasti, un punto fermo per l’orientamento di Amulfo è poi
sicuramente rappresentato dai Commentarii virgiliani di Servio. Altrettanto preponde­
rante, sempre secondo quanto opportunamente messo in evidenza nell’apparato delle
fonti e dei loci similes, è la presenza della tradizione glossematica e lessicografica alto
e tardomedievale. In tal senso le note al testo aiutano il lettore a districarsi attraverso il
fitto reticolo di lemmi ricorrenti in Isidoro di Siviglia, Pesto, Paolo Diacono, Papia,
Osbemo di Gloucester, Everardo di Béthune e Uguccione da Pisa (cfr. Zu den Quellen
Arnulfs : pp. XXXV-XXXVI). Tra gli autori della tradizione neoplatonica della tarda
antichità non va omessa la segnalazione di Macrobio al quale Amulfo sembra riferirsi in
varie occasioni (cfr. ad es. I, 39 ; I, 47 ; I, 55 ; I, 103). Insieme con Macrobio la presenza
di tematiche della tradizione neoplatonica può inoltre essere individuata nella menzione
esplicita del Timeo (III, 809 : sic legitur in Thimeo Platonis) e nei richiami alla dottrina
del chaos, della yle (I, 103) e del nois (VI, 6). Il patrimonio di dottrine cosmologiche
diffuse nel secolo xn, trova allo stesso tempo una serie di interessanti riscontri con le
glosae a Platone di Bernardo di Chartres e di Guglielmo di Conches richiamate nell’ap­
parato dei loci similes (cfr. ad es. I, 103 ; III, 809).
Per l’interpretazione dei numerosi passi mitologici dei Fasti, i loci paralleli dati in
apparato sono tutti quelli presenti nella tradizione medievale : le Metamorfosi di Ovidio
insieme con le interpretationes dello stesso Amulfo, i Commentarii di Servio, le MitoIogiae di Fulgenzio, le Fabulae di Igino e il commento a Marziano Capella di Remigio
d’Auxerre (cfr. ad. es. I, 233 ; I, 400 ; I, 667). La stessa cosa vale per tutte le digressioni
di astronomia e di computistica per le quali Amulfo fa riferimento al De temporum
ratione di Beda e al Liber de computo di Elperico d’Auxerre (cfr. ad es. I, 1 ; I, 55 ; III,
161 ; III, 163 ; III, 877 ; IV, 901). Per le numerose glosule che richiamano tematiche di
carattere astronomico, il punto di riferimento costante è invece rappresentato dal De
astronomia di Igino (cfr. ad es. I, 125 ; I, 313 ; I, 649 ; III, 711 etc.).
L’edizione è corredata da un’ampia bibliografia (pp. LIX-LXXX), da un utile e
opportuno Index dei nomi mitologici, storici, geografici, astronomici e letterari menzio­
nati nelle glosule (pp. 295-307), e da un Index degli auctores (p. 308).
In chiusura è forse il caso di segnalare la presenza dei seguenti refusi bibliografici :
a p. XXXVII n. 152 e a p. LXXIX Frova invece di Prora ; a pp. LIV-LV, LXIV Buonocore invece di Buoncuore. A p. XXXII n. 125 va ugualmente corretto il nome di batte­
simo di Alessandro III {Rolando invece di Orlando).
Alberto B artòla
Derivationes. Edizione critica princeps a cura di Enzo C ecchini e di
Settimio L anciotti, Giorgio N onni, Maria Grazia S assi , Alba
T ontini , Firenze, SISMEL • Edizioni del Galluzzo, 2004, voli. 2, pp. XLV-264*, 1311
(Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini 11 - Serie I. 6).
U guccione
Guido
da
P isa ,
A rbizzoni ,
A otto anni di distanza dalla pubblicazione dell’edizione critica delle Derivationes di
Osbemo di Gloucester - segnalata nella mia Cronaca in ALMA LIV (1996), a p. 272 e
recensita da François Dolbeau in ALMA LV (1997), alle pp. 328-334 - gli studi di lessi­
cografia mediolatina hanno compiuto un altro importante passo in avanti con l’uscita
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ALBERTO BARTÒLA
della prima edizione critica e integrale delle Derivationes di Uguccione da Pisa. L’opera,
ben nota a generazioni di filologi mediolatini, filologi romanzi e italianisti è « il tenta­
tivo più corposo [...] di applicazione, in linea prioritaria, della cosiddetta disciplina derivationis, che ebbe un forte sviluppo nel xn secolo » (cfr. Introduzione, p. XXV). Il
numero considerevole di testimoni - in tutto 209, tra quelli censiti da Georg Goetz
(1923), Aristide Marigo (1936), Corrado Leonardi (1956) e Geoffrey Bursill-Hall (1981)
- ha scoraggiato fino ad oggi ogni tentativo di pubblicazione integrale del testo. Il
gruppo di studio costituitosi nel lontano 1983 e coordinato da Enzo Cecchini presso gli
Istituti di Filologia moderna e di Civiltà antiche dell’Università degli Studi di Urbino ha
però finalmente e felicemente portato a compimento l’impresa mettendo a disposizione
degli studiosi un testo-chiave della lessicografia mediolatina tanto importante quanto
poco noto nella sua totalità. A Cecchini si devono l’estensione di una parte àeXYIntro­
duzione (pp. XXI-XXXII, XLIV-XLV) e deWIndice lessicale (pp. 3*-243*). L’edizione
dei lemmi è invece ripartita tra i vari collaboratori nel seguente modo : Prologus - cilleo
(C 173): Giorgio Nonni; cimedia (C 174) - foros (F 51): Guido Arbizzoni; formon
(F 52) - lia (L 60) : Maria Grazia Sassi ; libero (L 61) - oza (O 58) : Settimio Lanciotti ;
paciscor ( PI ) - sige (S 125): Enzo Cecchini; signum (S 126) - zoroastrum (Z 52):
Alba Tontini.
Dopo la Bibliografia e l’elenco delle abbreviazioni bibliografiche (pp. VII-XVII),
l’Introduzione è suddivisa in tre parti : Uautore (pp. XXI-XXIV), Le Derivationes (pp.
XXV-XXVIII), La presente edizione (pp. XXVIII-XLV). La prima parte si apre con una
sintesi delle ultime acquisizioni storiografiche sulla figura di Uguccione dovute a una
nuova ipotesi di Wolfgang P. Müller. In un saggio del 1991 - ripreso con qualche piccola
modifica in un libro del 1994 - Müller ha infatti sostenuto che l’autore delle Derivazioni
potrebbe anche essere un personaggio diverso dall’«Uguitio, natione Tuscus, civis
Pisanus, episcopus Ferariensis » menzionato nella Cronica di Salimbene de Adam (cfr.
l’ed. G. Scalia, Tumhout 1998 [CCCM CXXV], p. 40). Se si accettano le argomenta­
zioni di Müller si deve però ammettere l’esistenza di un Uguccione lessicografo e autore
delle Derivationes, distinto da un Uguccione canonista e autore di una inedita e incom­
piuta Summa decretorum. Non essendo stato possibile dimostrare con prove certe l’esi­
stenza dei due personaggi, la presente edizione accetta con riserva l’opinione più diffusa
e identifica il lessicografo autore delle Derivazioni col magister di diritto canonico
nominato vescovo di Ferrara nel 1190.
La seconda parte dell’Introduzione si sofferma sulla disciplina derivationis, della
quale il trattato di Uguccione è una tra le testimonianze più significative nella storia
della lessicografia medievale. La tecnica della derivazione - già praticata nell’àmbito
degli studi grammaticali in epoca di gran lunga precedente a Uguccione (cfr. ad es. le
Partitiones XII versuum Aeneidos principalium Vili, 1 di Prisciano, secondo l’esempio
riferito da M a r i n o n i , D u glossaire au vocabulaire, in Quadrivium, 9 [1968], p.127-141 :
a p. 130) - ebbe i suoi sviluppi nell’Elementarium di Papia e nelle Derivationes dell’in­
glese Osbemo di Gloucester. Entrambi rappresentano per Uguccione una fonte privile­
giata insieme con Isidoro di Siviglia, Prisciano, Remigio d’Auxerre, il Glossarium Ansileubi e Pietro Elia (cfr. p. XXV). In questa sezione dell’Introduzione, che sarebbe forse
stato utile ampliare con qualche considerazione in più, sono richiamate tutte le difficoltà
nelle quali ci si imbatte « quando si ha a che fare con un’opera largamente costruita per
compilazione di materiale a sua volta almeno in parte frutto di compilazione » (cfr. p.
XXV). L’indagine sulle ‘fonti’ delle Derivazioni richiede pertanto un certo impegno ed
esige «un’apposita indagine» (cfr. p. XXV). In questa prospettiva di lettura dell’opera
sono comunque già stati pubblicati, prima della presente edizione, alcuni contributi
specifici relativi alla terminologia giuridica, a quella musicale e quella logica (mi rife-
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risco, rispettivamente, a : G. C remascoli, Termini del diritto longobardo nelle « Derivationes » e il presunto vocabolario latino-germanico di Uguccione da Pisa, in « Aevum »,
40 [1966], pp. 53-74 ; G. V ecchi, Qualche problema di lessicografia : cantus, precentor,
succentor, ecc., in « Quadrivium », XIII1 [1972], pp. 201-214; A. B artòla, Terminologia
logica nelT« Elementarium » di Papia e nelle « Derivationes » di Uguccione da Pisa, in
Les manuscrits des lexiques et glossaires. De l'antiquité tardive à la fin du moyen âge,
Louvain-la-Neuve, Université Catholique de Louvain, 1996 [Fédération Internationale
des Instituts d’Études Médiévales. Textes et études du Moyen Âge 4], pp. 377-452).
La terza parte dell’Introduzione illustra le coordinate ecdotiche del lavoro. In queste
pagine il punto di partenza è rappresentato dal libro di Marigo sulla tradizione mano­
scritta delle Derivazioni uscito nel 1936. Attraverso una prima ricognizione dei codici,
Marigo richiamò l’attenzione sulle peculiarità di tre testimoni : il ms. Firenze, Biblioteca
Medicea Laurenziana, XXVII sin. 5 (con sottoscrizione del 1236, proveniente probabil­
mente dalla Biblioteca del convento fiorentino di S. Croce), il ms. London, British
Library, Additional 18380, e il ms. Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 15462
(sec. XIII prima metà, esemplato in area italiana). Nel prologo che funge da prefazione
all’opera, il testimone parigino riporta nel margine inferiore della carta, scritto da una
mano diversa da quella che ha esemplato il testo, un passaggio nel quale viene specifi­
cata l’identità dell’autore : «si querat huius operis quis fuerit instrumentum, respon­
dendum est quia patria pisanus, nomine Uguitio quasi eugetio, idest bona terra non
tantum presentibus sed etiam futuris » (cfr. §§ 8-9 a p. 4 dell’edizione). La stessa frase
è omessa nel testimone fiorentino e in quello londinese. Secondo Cecchini l’assenza
della ‘firma’ di Uguccione nei tre testimoni può essere giustificata avanzando l’ipotesi
che egli « avrebbe inizialmente messo il lessico a disposizione di una ristretta cerchia di
suoi scolari o seguaci » e che solo in séguito avrebbe integrato il testo con « gli oppor­
tuni elementi di identificazione » inseriti « nel momento in cui si accingeva a promuo­
vere o ad approvare una più ampia diffusione del suo lavoro » (cfr. p. XXIX). Attraverso
una riconsiderazione dei rapporti che intercorrono tra i tre codici - ritenuti peraltro da
Marigo tra i più autorevoli e vetusti dell’intera tradizione - la presente edizione assume
il Parigino come esemplare di collazione e gli pone accanto, come codice affine proba­
bilmente più antico del Laurenziano, il ms. Pisa, Biblioteca Universitaria 692 (datato
inizi-primo quarto del see. xm). Il testo che leggiamo in questa editio princeps delle
Derivazioni è pertanto quello del Parigino e del Pisano. Per colmare gli errori del testi­
mone transalpino, richiamati puntualmente nell’apparato critico di tipo tendenzialmente
negativo, gli editori hanno però fatto anche ricorso, a seconda dei casi e delle difficoltà
sollevate dal testo, al già ricordato Laurenziano e ad altri tre testimoni : il ms. Città del
Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 7641 (see. xm metà o seconda metà),
il ms. München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 14056 (sec. xm seconda metà) e il ms.
Milano, Biblioteca Ambrosiana C 82 inf. (sec. xiv ex.). In aggiunta a questi vengono
talvolta date in apparato le lezioni del ms. Milano, Biblioteca Ambrosiana, E 12 inf.
(della fine del see. xm) che tramanda il testo delle Derivazioni rielaborato da Guglielmo
di Noyon insieme con altri scritti attribuiti erroneamente ed arbitrariamente ad Uguc­
cione. Di tutti i codici utilizzati nell’edizione viene pubblicata, a cura di Alba Tontini,
una descrizione paleografico-codicologica particolareggiata e corredata di bibliografìa
(pp. XXXII-XLIV).
Per avere un quadro dell’ampiezza e della complessità dell’opera di Uguccione può
essere utile riportare i dati numerici relativi ai lemmi che si susseguono nel lessico
secondo l’ordine di ciascuna lettera dell’alfabeto: A: 429 lemmi (pp. 5-106), B : 124
lemmi (pp. 107-148), C : 324 lemmi (pp. 149-298), D : 102 lemmi (pp. 299-356), E : 181
lemmi (pp. 357-402), F : 101 lemmi (pp. 403-501), G : 105 lemmi (pp. 503-547), H : 62
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lemmi (pp. 549-586), I/Y : 123 lemmi (pp. 587-634), K: 16 lemmi (pp. 635-636), L:
108 lemmi (pp. 637-715), M : 149 lemmi (pp. 717-818), N : 69 lemmi (pp. 819-858), O :
58 lemmi (pp. 859-886), P: 174 lemmi (pp. 887-1002), Q: 14 lemmi (pp. 1003-1014),
R: 60 lemmi (pp. 1015-1042), S : 336 lemmi (pp. 1043-1185), T : 174 lemmi (pp. 11871248), U/V : 58 lemmi (pp. 1249-1301), X, Z: 52 lemmi (pp. 1303-1311). Il numero
complessivo di 2.818 lemmi - molti dei quali articolati al loro interno in più distinctiones, derivationes, interpretationes e ethimologiae, secondo quanto programmatica­
mente espresso nel § 5 del prologo (pp. 3-4) - rende però solo in parte l’idea dell’im­
ponenza dell’opera. Senza dimenticare* peraltro, che il materiale linguistico del lessico
non viene organizzato da Uguccione seguendo l’ordine alfabetico teorizzato da Papia nel
prologo dell’Elementarium. Per risolvere il problema i fruitori dell’opera realizzarono
indici e tabulae finalizzate alla consultazione delle derivationes e all ’individuazione
della fitta trama di rapporti esistenti tra ogni lemma e le sue derivationes. Per questo
motivo, in alcuni testimoni delle Derivazioni a volte si ha traccia di elenchi di famiglie
derivatorie elaborati da anonimi lettori per facilitare la consultazione dell’opera. Tutti
questi ‘strumenti di lavoro’ - studiati di recente da Giuseppe Cremascoli in « Tabulae »
di lessici mediolatini, in Fabula in tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al
testo elettronico. Atti del Convegno di studio della Fondazione Ezio Franceschini e della
Fondazione IBM Italia. Certosa del Galluzzo, 21-22 ottobre 1994, a cura di C. Leonardi,
M. M orelli e F. Santi, Spoleto 1995 [Quaderni di cultura mediolatina, 13], pp. 43-55 vengono ora superati ddXYIndice lessicale della presente edizione. Nelle 240 pagine di
vocaboli dati in ordine alfabetico abbiamo così finalmente a disposizione una vera e
propria bussola per navigare nel mare magnum del lessico di Uguccione. Partendo
dall’indice completo delle oltre 26.000 derivazioni, oltretutto, le possibilità di indagine
sui contenuti dell’opera si moltiplicano, e soprattutto è verificabile più facilmente il
debito di Uguccione nei confronti dell 'Elementarium di Papia e delle Derivationes di
Osbemo. Senza dimenticare, peraltro, la possibilità di lettura a più ampio raggio del
Catholicon di Giovanni Balbi, delle Expositiones vocabulorum Biblie di Guglielmo il
Bretone e di numerosi altri lessici del tardo medioevo che molto devono a quello di
Uguccione.
In un’opera di impostazione linguistico-grammaticale come le Derivationes, la
presenza cospicua di fonti antiche e medievali è ulteriore motivo di riflessione per chi si
interessa della trasmissione e della fortuna dei testi del medioevo latino. UIndice delle
citazioni (pp. 245*-264*) si rivela a questo proposito particolarmente utile e può dare
un’idea precisa di tutte le citazioni esplicite inserite da Uguccione a supporto delle sue
derivationes. Gli autori e i testi che risultano dallo spoglio dell’indice sono i seguenti :
Abbone di Saint-Germain, Accio, Afranio, Aimone di Auxerre, Aldelmo, Alessandro di
Villedieu, Alessando I papa, Anastasio Bibliotecario, l’Antologia latina, Apuleio,
Agostino, lo pseudo-Agostino, Aulo Gelilo, Aviano, Beda, Benedetto da Norcia
{Regula), la Bibbia, Boezio, il Breviario Romano, Cecilio Stazio, Licinio Calvo, i
Carmina Burana, tassiano, Cassiodoro, Catone, lo pseudo-Catone, i Carmina Latina
Epigraphica, Calcidio (traduzione e commento al Timeo di Platone), Cicerone, Elvio
Cinna, Claudiano, la Comoedia palliata, il Concilio di Braga, il Constitutum Constantini, Copa, Anneo Cornuto, Cipriano, Draconzio, Eberardo di Béthune, Egesippo, Ennio,
Epist. pontif., Eucherio di Lione, Fulgenzio di Ruspe, Gaio, Gennadio di Marsiglia,
Giovenale, Girolamo, i Glossaria Latina, Graziano, la Ilias Latina, Isidoro di Siviglia,
Labeone, Levio, Livio Andronico, Lucano, Lucrezio, Macrobio, Marbodo di Rennes,
Marziale, Marziano Capella, Mazio, Massimiano, il Moretum pseudo-virgiliano, Nevio,
Nigidio Figulo, Nonio, Novio, il De viribus herbarum di Macer Floridus {Odo Magdunensis), V Opus imperfectum in Matthaeum, Orazio, Ovidio, Pacuvio, Palladio, il
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Pamphilus, la Passio Chrisîophori, la Passio S. Thome, Giulio Paolo, Paolo Pesto,
Paolino da Nola, Persio, Petronio, Plauto, Plinio il Vecchio, i versi dei Poetae Latini
Minores, Pomponio Bononiensis, il Commentum a Orazio di Pomponio Porfìrione,
Prisciano, Prudenzio, Prudenzio di Troyes, Quintiliano, le Declamationes dello pseudoQuintiliano, Rabano Mauro, Remigio d’Auxerre, la Rhetorica ad Herennium, le
Orationes di Gregorio Nazianzeno tradotte da Rufino, Sallustio, Sedulio Scoto, Servio,
Sidonio Apollinare, Smaragdo, Solino, Stazio, Svetonio, Sulpicio Severo, il Simbolo
atanasiano, Terenzio, Terenziano Mauro, il Physiologus di Teobaldo, Y Ecloga di
Teodulo, Tito Livio, Turpilio, Ulpiano, Valgio, Vairone, Velleio Patercolo, Venanzio
Fortunato, Virgilio, alcune Vitae sanctorum (Vita Agathae, Vita Alexii, Vita Nicolai, Vita
Samsonis, Vita Silvestri, Vita Vmcentii martyris) e le Vitae patrum.
Alberto
B artòla
(Richard), Titulus. Identifying Medieval Latin Texts. An Evidence-Based
Approach, Tumhout, Brepols, 2003 (Essays in Medieval Culture, 3), 304 p.
S harpe
Faisant le lien entre l’étude des textes et l’étude des manuscrits (p. 205), l’identifica­
tion des textes médiévaux pose à tous ceux qui pratiquent cet exercice périlleux des
problèmes ardus, que Richard Sharpe s’applique à présenter en s’appuyant sur des
exemples rencontrés lors de son activité d’éditeur de catalogues médiévaux (Corpus of
British Medieval Library Catalogues), en une sorte de discours de la méthode qui
complète les pages pertinentes déjà parues dans son monumental Handlist of the Latin
Writers of Great Britain and Ireland (1997).
Discours de la méthode tenu par un spécialiste, et qui devra désormais servir de
lecture de chevet à tous les promoteurs de répertoires et catalogueurs de manuscrits,
ainsi qu’aux éditeurs de texte pour les exemples qu’il fournit et la bibliographie qu’il
procure. Marqué du coin du bon sens, cet ouvrage devrait faire à peu près l’unanimité
et s’ajouter, dans l’arsenal du médiéviste, à Identifier sources et citations de Jacques
Berlioz.
L’identification des textes est la partie intellectuelle de la codicologie, face à la codi­
cologie matérielle. De même que les deux faces de l’expertise d’un manuscrit, descrip­
tion matérielle et analyse du contenu, doivent toujours être étudiées en parallèle, de
même R. Sharpe montre que, pour servir au mieux la communauté scientifique, le cata­
logues de manuscrit, Maître Jacques de la recherche, doit pour la partie d’analyse du
contenu être aussi bien critique de textes que bibliographe, combiner « la compréhension
des textes et la compréhension des manuscrits » (p. 57). Ce qu’il était bon de souligner.
Pour les lecteurs français, un mot du titre peut se présenter comme un faux ami.
Qu’est-ce que 1’« Evidence»? Quelque chose qui peut être très embrouillé et, en fait,
pas évident du tout, à preuve les quarante pages qui sont parfois nécessaires pour
présenter les éléments de cette évidence, les jauger, les replacer de façon critique dans
l’histoire de la diffusion du texte et conclure. R. Sharpe entend par là «the raw mate­
rial » (p. 151), les témoignages apportés par les manuscrits subsistants ou disparus qui
peuvent permettre de porter un jugement critique sur l’identité d’un texte, son auteur si
possible, son titre éventuellement. Et, si le résultat est différent de ce qu’on rencontre
dans les répertoires et la bibliographie secondaire, il invite, selon un principe de critique
textuelle, à comprendre comment et à quel moment de la tradition l’erreur a pu se