CAPITANI CORAGGIOSI - Giovani Imprenditori Confindustria

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CAPITANI CORAGGIOSI - Giovani Imprenditori Confindustria
etiche imprese
di responsabilità
sociale
CAPITANI
CORAGGIOSI
L
Si ringraziano
per la collaborazione
BRT Corriere Espresso
Chimar Packaging & Logistics Integration
FAI Fondo Ambiente Italiano
Fondazione Sodalitas
Museimpresa
Porrini Srl
I 18 protagonisti di questa iniziativa,
che hanno creduto nel progetto
consentendone la realizzazione,
Vittorio Cavani, per l’ideazione del format
a ricchezza di una nazione è la base per i traguardi di una civiltà. E la ricchezza
di una nazione ha uno dei maggiori presupposti nel successo delle sue imprese.
La gestione delle imprese produce infatti ricchezza economica, per gli imprenditori, per i clienti, per i fornitori ed i collaboratori, per l’amministrazione pubblica. Ma
la gestione delle imprese genera anche numerose esternalità, ossia ricadute esterne
rispetto ai soggetti che stipulano contratti con essa.
Queste esternalità possono essere positive e favorevoli, o negative e sfavorevoli. L’attività delle imprese modifica l’ambiente. L’attività delle imprese modifica i rapporti tra
le persone, le comunità e il senso della gestione degli affari pubblici.
L’attività delle imprese produce innovazione che cambia la vita dei cittadini, la loro
sicurezza e il loro benessere, e anche la semplice maggiore efficienza della produzione
consente a più persone l’uso di un maggior numero di beni. Quando l’impresa organizza
volontariamente le proprie attività in modo consapevole e trasparente sulle ricadute
esterne del suo operare, allora si parla di RESPONSABILITÀ SOCIALE.
Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente degli obblighi giuridici applicabili, ma, ben oltre, investire maggiormente nel capitale umano,
nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate.
Gli osservatori superficiali pensano che le imprese nascano ed esistano solo per il
profitto economico.
In realtà, le imprese esistono per soddisfare i bisogni dell’uomo, per elevare il benessere
dell’uomo, per favorire lo sviluppo pieno della sua personalità, per meglio realizzare i
fini della vita umana associata che sono essenzialmente di natura etica.
La concreta condotta delle aziende è fondamentalmente subordinata a tali fini, e quindi
all’etica.
I temi della responsabilità sociale sono molteplici: i rapporti con il personale dipendente;
gli assetti tra proprietà e controllo degli amministratori; la correttezza delle informazioni
al pubblico; i rapporti con fornitori e clienti; i rapporti con le istituzioni e la comunità
di riferimento; le politiche ambientali.
Un imprenditore non passa alla storia per quello che ha guadagnato. Egli passa alla
storia per il contributo che ha dato alla comunità, alla scienza, alla bellezza, al bene e
al progresso dell’umanità.
Alberto Lanzavecchia
Professore Università di Padova
Giulio Tagliavini
Professore Università di Parma
e il supporto all’organizzazione,
la Segreteria Nazionale GI e tutti i Giovani
Imprenditori di Confindustria.
(Riferimenti bibliografici: Commissione delle Comunità Europee, Libro verde, Promuovere un quadro europeo
per la responsabilità sociale delle imprese, 2001; Gino Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, 1956).
L’onore
e la responsabilità
Il Coraggio
di essere imprenditori
L’
impresa ha nel suo codice genetico un ruolo sociale: crea valore, lavoro, sviluppo,
può essere un laboratorio di buone pratiche e vogliamo fortemente che lo sia.
La scelta di dedicare una mostra al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa
è la conferma di un impegno forte, di un credo del nostro Movimento: sappiamo che
Corporate Social Responsibility è oggi un asset strategico fondamentale per le aziende,
e desideriamo che sempre più imprenditori - soprattutto giovani - percorrano questa
strada seguendo l’esempio di chi lo ha già fatto con successo.
Oggi nessuna azienda può permettersi di guardare al solo profitto. In un contesto economico-sociale ancora complesso, dobbiamo allargare lo sguardo a tutti i “portatori di
interesse” interni ed esterni. Osservarli e avvicinarli a noi. Chi sono i primi stakeholder di
un’impresa? i suoi dipendenti. Possiamo tutelarli in tanti modi: rispettando i loro diritti
umani, aumentando la loro sicurezza, offrendo benefit o un orario di lavoro compatibile
con gli impegni familiari, creando asili nido aziendali. Stakeholder è anche la comunità
dove fisicamente produce l’impresa. Di qui il rispetto per l’ambiente, l’avvio di programmi
anti-inquinamento, l’uso delle rinnovabili.
Abbiamo voluto valorizzare la storia imprenditoriale di 18 grandi uomini e donne. Quasi
tutti nomi molto noti che nel proprio percorso, in realtà ed epoche molto diverse tra loro,
hanno promosso un approccio orientato al sociale e alla sostenibilità, integrando i valori
etici nella gestione delle attività. Persone, prima che imprenditori, che ci hanno creduto
davvero. Hanno guardato alto, superato ostacoli e polemiche, a volte sovvertito le regole.
E hanno saputo fare la differenza.
Una strada vincente, quella della sensibilità etica, anche sul fronte del profitto: ogni buon
corso di marketing insegna che un prodotto, sul mercato, non si apprezza solo per le
caratteristiche esteriori o funzionali ma anche - a volte soprattutto - per quelle immateriali
legate ai valori del brand. Investire in etica funziona: assicura un vantaggio competitivo,
massimizza gli utili di lungo periodo e permette anche di reclutare lavoratori qualificati
(oggi i migliori laureati, durante i colloqui, chiedono sempre più frequentemente alle
imprese quale sia la loro politica aziendale in termini di CSR).
“Doing well by doing good”: una crescita personale e culturale oggi è possibile, e fa anche
bene al business. Lo confermano le storie degli imprenditori che troverete in queste
pagine e che hanno contribuito a rendere noto il marchio italiano nel mondo. Un plus per
le nostre imprese. Un’occasione per tutti.
Marco Gay
Presidente
Giovani Imprenditori
di Confindustria
U
n percorso entusiasmante quello che il Movimento sta facendo sulla strada della
Responsabilità sociale d’impresa. Ogni attività e ogni tema che tocchiamo ci
permette di approfondire o imparare qualcosa in più di interessante da riportare
nel nostro fare impresa quotidiano.
La mostra “Capitani Coraggiosi” è il terzo grande progetto del Comitato che coordino e
arriva proprio al momento del secondo compleanno della nostra Presidenza. Festeggiamo, così, un’esperienza lunga due anni accompagnati da diciotto imprenditori, diciotto
storie d’impresa che hanno segnato il modo di essere imprenditori in Italia.
Nomi importanti a partire da Olivetti e Pirelli, selezionati tra molti altri, che ci consentono
di mostrare un modo di fare impresa che forse tanti anni fa poteva sembrare nuovo o
perfino “strano”. Oggi non può più essere così. Raccontando questi profili raccontiamo
una parte importante della storia industriale e imprenditoriale del nostro Paese.
Raccontiamo l’attenzione dell’impresa al “Patrimonio Italia”, un capitale fatto di uomini
e donne, che nel proprio lavoro mettono creatività, professionalità, energia; fatto di
cultura, storia e arte; fatto di prodotti, beni e servizi; fatto di paesaggi e città.
Raccontiamo una nuova cultura d’impresa poggiata su temi solidi come welfare aziendale, attenzione all’ambiente, al capitale umano, insomma poggiata su tutto ciò che
circonda le aziende e che le aziende posseggono al loro interno.
Raccontiamo il ruolo sociale dell’imprenditore e delle imprenditrici e lo facciamo attraverso la nostra voglia e i nostri occhi di Giovani Imprenditori sempre volti a migliorare
qualcosa per essere pronti ad affrontare il futuro e le ulteriori sfide che ci riserva. Un
entusiasmo, il nostro, tipico di chi vuole mettere tutto il proprio impegno al servizio
delle proprie idee. Un entusiasmo che abbiamo ritrovato anche nelle aziende con le
quali abbiamo lavorato per realizzare questa mostra.
Capitani coraggiosi sono loro, Capitani coraggiosi siamo noi Giovani Imprenditori quotidianamente “divisi” tra il nostro impegno in azienda e quello in Associazione, sempre
pronti a dare il meglio per realizzare ciò in cui crediamo.
Laura Tinari
Responsabilità sociale d’impresa
e Politiche di genere
Giovani Imprenditori Confindustria
L’economia Ideale
S
ono molteplici gli obiettivi che guidano le imprese, ed ispirano i loro “capitani”. Molte
storie aziendali di successo trattano di un forte orientamento al prodotto che ha cambiato
lo “status quo”, altre di innovativi servizi o modelli di business che producono valore
per il cliente, altre ancora di una lunga e inveterata storia e tradizione aziendale.
Alcune, infine, si fondano sull’uomo e concepiscono la propria attività non come fine, ma
come mezzo, per migliorare il mondo in cui tutti viviamo.
Non è facile stabilire in modo assoluto, quale sia la visione più confacente al ruolo di imprenditore. Il contesto aziendale è talmente articolato e complesso che, con buona probabilità,
si tratta di diverse componenti tutte necessarie e nessuna di per sé sufficiente a perseguire
un’attività di successo. Tuttavia, gli approcci orientati al mero profitto aziendale portano ad
alterni risultati, perché si misurano con logiche commerciali che possono essere precedute,
superate o semplicemente errate. Invece, un ideale che mira al benessere collettivo è intrinsecamente produttivo e la sua applicazione risulta, in ogni caso, vincente per il solo fatto di
essere stata intrapresa. In altre parole, chi sceglie di competere unicamente sulle performance
di un prodotto corre sempre e comunque il rischio di essere superato da un prodotto migliore.
Chi fonda il proprio agire su un principio è tanto forte quanto è forte il principio che lo ispira.
Le aziende hanno un bilancio e in primis devono rispondere alle individuali logiche di profitto
e non a quelle della collettività. Questa è la risposta più ovvia che potrebbe essere eccepita.
Ed è sicuramente una constatazione vera; che però scaturisce da una visione parziale della
realtà. Non solo perché il benessere individuale dipende da quello collettivo. Ma, soprattutto,
perché sempre più le persone scelgono ciò in cui credono, seguono ciò in cui si immedesimano. E quando si tratta di attrarre ed ispirare collaboratori, convincere e fidelizzare clienti o
posizionarsi sui media e nella collettività è molto più facile farlo se si sta seguendo un ideale,
piuttosto che delle buone idee. Per questa ragione, in occasione dell’edizione 2014 del festivalfilosofia dedicato al tema della “gloria”, il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria
Modena promosse il primo allestimento della mostra Capitani Coraggiosi, pensando alla
Gloria più nobile, quella concepita da ideali di responsabilità morale, generosità ed empatia.
Oggi, alla sua seconda versione, si presenta ampliata. Un viaggio, una sorta di Grand Tour
nella geografia e nella storia non solo imprenditoriale, ma anche sociale e culturale del nostro
Paese, dagli inizi del XX secolo ai giorni nostri.
I Capitani Coraggiosi sono quindi esempi autorevoli e probanti per la cosiddetta società civile,
ma soprattutto per i Giovani Imprenditori di oggi e di domani che sulla loro scorta, devono
evitare la rincorsa alla gloria vana e sono chiamati a distinguersi per buone e socialmente
consapevoli skills imprenditoriali.
Giorgio Bellucci
Skills Imprenditoriali e associative
Giovani Imprenditori Confindustria
Pensieri
di responsabilità sociale
D
alle piccole alle grandi imprese, la storia industriale italiana è costellata di esempi
virtuosi di responsabilità sociale.
L’impresa è abituata a “fare”, gli imprenditori sono persone esercitate al lavoro,
ad agire, a operare. Per realizzare idee, cose belle e ben fatte, cambiando e innovando
anche la nostra società, rendendo il nostro tessuto produttivo maggiormente competitivo.
C’è forse qualcosa di speciale nel DNA di ciascuno dei personaggi presentati in questa
rassegna di “Capitani Coraggiosi” che unisce tra di loro profili diversi?
Forse sì. Una generosità di visione che consente contaminazioni, per osmosi, tra campi
di attività strettamente correlati: lavoro e società.
La consapevolezza che l’Impresa non è una realtà isolata, ma che vive in un ambiente
complesso; non è unicamente un attore economico, ma un ecosistema culturale, un
mondo di relazioni, un interprete rilevante della nostra società.
Declinazioni e inclinazioni personali: amore per il proprio territorio, per i propri concittadini, per la scienza, per la ricerca, per il genere umano, e quindi per i territori e le
comunità che ancora non si conoscono. In ogni caso sono le emozioni e le sensibilità
che qui entrano in campo. Solo le scelte personali, le attitudini, le passioni. Un insieme
di valori e visioni.
Tutto ciò ce lo ricorda la storia: il patrimonio storico e culturale di cui musei e archivi
d’impresa sono alfieri indiscussi; e che ci consentono di raccontare di imprese “belle” e
di belle imprese, restituendo un’idea diversa e veritiera di industria, vicina alle persone.
Alberto Meomartini
Presidente Museimpresa
Associazione Italiana Musei
e Archivi d’Impresa
ma
“Questo progetto mi piace particolarmente
perché, nato dalla attenzione per il morale
e la motivazione dei nostri collaboratori, è stato
anche utile al contesto, sia in termini concreti
che, almeno in parte, come stimolo a ripensare
in modo diverso il rapporto tra pubblico
e privato. In sostanza, una bella dimostrazione
concreta di come un’azienda, se persegue
responsabilmente i suoi obiettivi, nello stesso
momento e con gli stessi strumenti con cui si
interessa del proprio bene contribuisce anche
a quello della società.”
Il progetto “Buon Lavoro – La Fabbrica per la
Città” è nato nel 2013 dall’esigenza di gestire
un momento di sovracapacità produttiva
dello stabilimento di Crusinallo. La buona
redditività ha consentito di scegliere una strada
alternativa a quella, scontata ma triste, della
cassa integrazione: con l’obiettivo di valorizzare
diversamente il lavoro delle persone, è stato
proposto loro di destinare il proprio tempo,
normalmente retribuito, ad attività socialmente
utili. All’iniziativa ha aderito circa il 90% dei
dipendenti, per un totale di quasi 10.000 ore
di lavoro messe a disposizione del Comune
di Omegna. Le principali attività sono state:
ritinteggiatura di oltre 3.000 mq della scuola
elementare, manutenzione di aree verdi e spazi
pubblici, accompagnamento di anziani
e disabili nelle attività quotidiane.
Michele Alessi
Anghini
[ Premosello Chiovenda (VB), 14 novembre 1950 ]
Michele è uno dei quattro esponenti della terza generazione di Alessi impegnati nell’azienda di famiglia. Inizia a lavorare in azienda nel 1975 dopo la laurea in ingegneria
meccanica. Da sempre appassionato e motivato dal ruolo sociale dell’azienda, sostiene
che la vera Responsabilità Sociale dell’Impresa consista nello svolgere con cura l’attività caratteristica che le è propria: produrre valore economico, creare prodotti che
portino felicità alle persone, organizzare e valorizzare il lavoro, concepito anche come
strumento di sviluppo della persona.
Dal 1 gennaio 2016 lascia l’incarico di Amministratore, assumendo il ruolo di Vice Presidente. Nel 2015 è nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica.
Fondata da Giovanni Alessi nel 1921 a Omegna, sul lago d’Orta, Alessi realizza migliaia
di oggetti, molti divenuti icone del design contemporaneo. Il suo universo conta più di
trecento autori provenienti da tutto il mondo e include diverse categorie di prodotto,
domestiche ma anche dedicate alla persona.
La mission di questa azienda: tradurre la ricerca della più avanzata qualità culturale,
estetica, esecutiva e funzionale nella produzione industriale di serie, conciliando le esigenze tipiche di un’impresa moderna con l’essere un laboratorio di ricerca nel campo
delle Arti Applicate. Fanno parte dell’Enciclopedia Alessi indiscussi maestri del design
italiano e molti progettisti di fama internazionale.
L’azienda è al tempo stesso profondamente radicata nella tradizione e nel suo territorio. Il suo core business è la produzione di oggetti in acciaio inossidabile mediante
stampaggio a freddo dei metalli ed è tuttora realizzata in Italia, nello stabilimento di
Crusinallo.
L’attività di sperimentazione porta il brand ad aprirsi a nuovi materiali e tecnologie,
con il lancio della collezione di orologi da polso, culminata con la creazione del marchio “AlessiWatches”. Dagli anni Duemila l’impresa collabora con realtà produttive
molto diverse dalla propria per sviluppare progetti innovativi e di successo, come avviene nel 2002 con “IlBagnoAlessi”.
L’azienda fin dagli anni Cinquanta ha un ruolo importante anche nel comparto delle
forniture alberghiere, progettando celebri articoli studiati per l’utilizzo professionale.
Con lo scopo di rafforzare le attività di metaprogetto e di politica del prodotto, negli
anni Novanta è inaugurato il Museo Alessi, custode della storia aziendale e promotore
di attività culturali. Oggi Alessi è presente nelle principali capitali mondiali ed esporta
in oltre sessanta paesi.
Pina Amarelli
pa
Una grande storia di famiglia, di azienda
e di economia del territorio
Alla famiglia Amarelli si deve la creazione
del Museo della Liquirizia intitolato a Giorgio
Amarelli che ha sede nella storica residenza
quattrocentesca, da sempre dimora e centro
degli interessi della famiglia. Inaugurato
nel 2001, in quell’anno, è stato insignito del
Premio Guggenheim Impresa & Cultura con
questa motivazione:
“Per il nuovo impegno di valorizzazione della
cultura d’impresa, in una zona particolare
del Mezzogiorno, legando una lunga storia
di successo alle prospettive di sviluppo e
coinvolgendo nei processi di crescita gli attori
sociali locali.
Parte integrante di un progetto di
riqualificazione funzionale, logistica
e produttiva, il Museo della Liquirizia
Giorgio Amarelli comunica la filosofia
della piccolissima e antichissima azienda
calabrese, che vede nella progettualità
familiare la manifestazione più autentica
della sua identità.
Attraverso il Museo Amarelli racconta una
storia d’impresa unica e singolare e trasmette
i propri valori e la propria immagine di
qualità”.
Nell’aprile 2004 le Poste Italiane hanno
dedicato al Museo un francobollo della serie
tematica “Il patrimonio artistico e culturale
italiano”, emesso in 3.500.000 di esemplari.
[ Napoli, 2 febbraio 1945 ]
Dopo la laurea conseguita nel 1967 in Giurisprudenza, nel 1975 entra nell’azienda di
famiglia svolgendo funzioni di strategia della comunicazione e di responsabile delle
relazioni istituzionali ed assumendo in seguito la carica onoraria di Presidente.
Docente presso l’Istituto di Diritto Romano dell’Università Federico II di Napoli (19692005), è tuttora giornalista pubblicista.
Nel 2001, insieme agli altri membri della famiglia, ha voluto fortemente l’inaugurazione
del Museo della liquirizia Giorgio Amarelli, nel desiderio di presentare al pubblico una
singolare esperienza imprenditoriale. Il percorso espositivo racconta una tradizione
di lavoro e di impresa che affonda le sue radici nella terra di Calabria, a Rossano, in
Contrada Amarelli.
Protagonista la liquirizia (Glycyrrhiza glabra), conosciuta ed impiegata da circa 35
secoli in una vasta area che va dalla Penisola Iberica alla Cina, anche se, come afferma
l’Enciclopedia Britannica, la migliore qualità “is made in Calabria”.
Nel XVI secolo si inizia a estrarre il succo di liquirizia dalle radici della pianta e a questa
produzione si dedicano anche i Baroni Amarelli.
Nel 1731 viene fondato l’attuale “concio”, alla cui attività fu dato particolare impulso
nell’Ottocento con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche.
Grazie ad una serie di innovazioni tecnologiche la Amarelli superò la crisi del 1929,
che segnò la chiusura di quasi tutte le manifatture ubicate tra Rossano e Corigliano.
Dal 1996 l’Amarelli è membro di Les Hénokiens, associazione che raccoglie le imprese
familiari bicentenarie. Tra il 2002 e il 2006 Pina Amarelli ne è stata Presidente, prima
ed unica donna, promuovendo il progetto del “Dizionario Biografico degli Imprenditori
Italiani”, in collaborazione con l’Istituto Italiano dell’Enciclopedia Treccani. Nel 2003 è
stata nominata Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e nel
2006 Cavaliere del Lavoro.
Ad Expo 2015 Amarelli, con la sua statuetta, ha rappresentato la Calabria al Padiglione
Italia.
Famiglia Barilla
fb
L’attenzione al fattore umano
In parallelo allo sviluppo dell’azienda, Pietro
Barilla ha sempre dedicato particolare
attenzione al fattore umano, sostenendo, per
esempio, la costruzione di case per i propri
dipendenti, la costituzione del fondo interno
di solidarietà “R. Barilla”, la nascita del
gruppo Medaglie d’Oro.
Nel 1988 la Società Barilla ha donato
all’Università di Parma la sede didattica della
nuova Facoltà di Ingegneria.
Nel 2013, anno in cui si è celebrato il
centenario della nascita di Pietro Barilla, i
figli, confermando la stessa attenzione al
sociale ereditata dal padre, hanno sostenuto
la realizzazione a Parma del nuovo Ospedale
dei Bambini intitolato a Pietro Barilla.
Oltre ad essere dotata di attrezzature
mediche all’avanguardia, la struttura è stata
pensata per dare una risposta alle esigenze
dei bambini e dei loro familiari, creando un
ambiente accogliente, capace di ridurre al
massimo il disagio del ricovero.
PIETRO BARILLA [ Parma, 16 aprile 1913 - Fraore (Pr), 16 settembre 1993 ]
Nel 1934 inizia a lavorare nell’azienda di famiglia come venditore. Nel 1936 cura l’organizzazione
di vendita, degli agenti e dei trasporti. Nel 1947, alla morte del padre, assume il comando dell’azienda con il fratello Gianni. I fratelli Barilla danno all’azienda un’impronta industriale moderna:
produzione di massa di buona qualità, confezioni sigillate, pubblicità, prezzo equilibrato. Nel
1952 sospende la produzione del pane, per concentrarsi nella produzione della pasta e, con la
collaborazione di grafici come Erberto Carboni e uomini di cultura come Pietro Bianchi, lancia
una moderna campagna pubblicitaria. La società vince così la Palma d’Oro della pubblicità. Nel
1957 sposa Maria Maddalena Da Lisca, di Venezia. Dal matrimonio nascono Guido, Luca, Paolo
ed Emanuela. Nel 1961 l’azienda si trasforma in Società per Azioni. Il difficile momento storico e
gli elevanti costi della costruzione di un nuovo stabilimento a Pedrignano costringono i fratelli
Barilla a cedere nel 1971 l’azienda alla multinazionale americana W.R. Grace. Nel 1979, però,
Pietro Barilla la riacquista e ne ridiventa presidente. Alla morte di Pietro, nel 1993, sono i figli a
prendere le redini dell’azienda. Oggi il Gruppo Barilla, leader nel mercato della pasta nel mondo,
impiega oltre 8000 dipendenti, possiede 30 siti produttivi in 9 paesi diversi, raggiungendo un
fatturato che nel 2013 ha superato i 3500 milioni di euro.
GUIDO MARIA BARILLA [ Milano, 30 luglio 1958 ]
Inizia la carriera in azienda nel 1982 dopo un’esperienza di oltre due anni all’estero presso
il dipartimento vendite della consociata Barilla France. A quella europea segue l’esperienza
americana in diverse aziende alimentari degli Stati Uniti. Rientrato a Parma, nel luglio 1986
assume la responsabilità di dirigente del Gruppo, occupandosi principalmente dell’internazionalizzazione. In seguito alla scomparsa del padre, nell’ottobre 1993, viene nominato Presidente
del Consiglio di Amministrazione di Barilla G. & R. F.lli; dal marzo 2003 è Presidente anche del
Gruppo. Dal 2009 è Presidente dell’Advisory Board del Barilla Center for Food & Nutrition. Dal
2014 è Presidente della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition.
LUCA BARILLA [ Milano, 12 maggio 1960 ]
Tra il 1980 e il 1982 avvengono le prime esperienze nell’azienda, per alcuni mesi negli stabilimenti produttivi e poi in affiancamento ai venditori. Nel 1984 entra negli organici aziendali
come product manager e l’anno successivo fa esperienza diretta di vendita in Francia presso
la consociata Barilla France. Nel 1986 completa la propria preparazione negli USA e nel 1987
diviene consigliere d’amministrazione della Società Capogruppo, Barilla G. e R. F.lli S.p.A., della
quale viene promosso, l’anno successivo, Vice Presidente operativo insieme al fratello Guido,
carica che mantiene ancora oggi.
PAOLO BARILLA [ Parma, 20 aprile 1961]
Entra in azienda nel 1991. Anche lui come i fratelli svolge le proprie attività inizialmente presso
la consociata Barilla France. Diventa consigliere d’amministrazione del Gruppo Barilla nel novembre 1993. È Vice Presidente della Barilla G. e R. F.lli S.p.A. e, dal novembre 1998 al gennaio
2000, è stato Amministratore Delegato di Barilla Alimentare. Il 2 dicembre 2010 viene nominato
Presidente della neo costituita Associazione Industriale AIDEPI, Associazione delle Industrie
Pastaie e Dolciarie Italiane. Nel 2014 è nominato Vice Presidente della Fondazione Barilla Center
for Food & Nutrition.
Silvia Bolzoni
sb
Il libro “Inciampi di Vita” nasce all’interno di una
delle iniziative di RSI portate avanti da Zeta Service.
Il nome del progetto più ampio è “A casa di Enzo” e ha visto
i collaboratori dell’Azienda impegnati in azioni di volontariato
presso la Casa dell’Accoglienza Enzo Jannacci di Milano.
Da questo progetto è nato anche il libro autoprodotto, che
racconta la Casa Jannacci attraverso le storie di ospiti ed ex
ospiti. La presentazione ufficiale, con il patrocinio del Comune
di Milano, si è tenuta presso la Casa di Accoglienza
il 25 novembre 2015. Alla promozione del libro e dell’incontro
hanno collaborato Claudio Bisio, Lella Costa, Raul Cremona,
Eugenio Finardi, Fabio Treves, Ricky Gianco, I Boiler e tanti
altri. La redazione del libro ha richiesto un lungo e delicato
lavoro - interamente svolto dai collaboratori - di raccolta delle
storie, di scrittura, di impaginazione, di verifica degli scritti,
di contatti con la casa dell’accoglienza, con il Comune, con la
tipografia e molto altro. Il risultato è stato davvero prezioso,
permettendo di collaborare con persone meravigliose, di
conoscere e far conoscere storie di grande forza, di rinascita,
di aiuto, di speranza. E soprattutto è stata un’occasione per
sostenere ancora la Casa Jannacci, a cui è stato destinato
il ricavato delle vendite.
Da “Inciampi di vita”
«Siamo musulmani ma tutti abbiamo fatto
la scuola cattolica. Dobbiamo andare lì per poi poter scegliere
bene, diceva mio padre. Ho studiato il Corano ma anche la
Bibbia. Ho imparato le due religioni”. Ci salutiamo. L’abbraccio.
Ci scambiamo qualche battuta. Scappa un “se Dio mi aiuterà…”.
Gli chiedo, scherzando, quale Dio, il mio o il tuo?
“Dio è uno solo” mi risponde».
[ Credera Rubbiano, 23 marzo 1960 ]
Fondatrice e amministratrice di Zeta Service, società al 100% italiana specializzata in
paghe e amministrazione del personale in outsourcing, consulenza del lavoro e sviluppo
del capitale umano.
Zeta Service è stata fondata nel 2003 con l’obiettivo di offrire un servizio di payroll
outsourcing differente alle Direzioni HR delle aziende italiane, basato sull’ascolto,
sull’empatia e sulla relazione oltre che ovviamente sull’efficienza.
Non basta raggiungere gli obiettivi di business per avere un’azienda in continua crescita.
Bisogna spingersi oltre, dando attenzione alle persone e creando valore fuori e dentro
l’azienda. Per questo Zeta Service segue progetti di sviluppo in grado di far crescere i
suoi collaboratori come professionisti e come individui, nella certezza che il vero valore di un’azienda sia determinato dal valore e dal benessere dei suoi collaboratori e,
soprattutto, da un’etica condivisa.
Partendo da questa base, Zeta Service è cresciuta per rispondere alle complessità delle
sue aziende clienti e oggi è un partner in grado di gestire e ridisegnare i processi HR
in tre differenti aree: Amministrazione del personale, Consulenza del lavoro, Sviluppo
del capitale umano.
Attualmente conta 180 collaboratori (con una percentuale femminile dell’80%), 5 sedi
(Milano, Lodi, Torino, Bologna e Roma) e oltre 400 aziende clienti di ogni settore e
dimensione.
La presenza da sette anni consecutivi nella classifica Best Workplaces, l’essere dal 2011
fra finalisti agli European Business Awards per l’attenzione rivolta ai clienti, insieme ad
altri premi conseguiti per l’attenzione alla società civile e il territorio (Premio di Buone
prassi di responsabilità sociale), per il rispetto delle identità sessuali e di genere (GLBT
Diversity Index 2015) e per l’attenzione rivolta a tutti i collaboratori (Ambrogino d’oro
2013), costituiscono il segno del valore che Zeta Service riesce a creare attorno a sé.
La mission: creare valore per il cliente attraverso la creazione di valore per il dipendente
e per il territorio, in un’ottica di piena sostenibilità e responsabilità sociale. Silvia crede
fortemente che «l’etica debba essere la base di ogni azienda e che agire in questo senso
anche nell’ambito dell’economia e del business porti a risultati inaspettati, che le logiche
di fatturato da sole non possono raggiungere».
Per questo Zeta Service abbraccia progetti di Responsabilità Sociale nei quali coinvolge tutti i dipendenti. Il suo impegno inoltre è fare in modo che ogni persona stia bene
nell’ambiente lavorativo e sia facilitata nel bilanciare vita professionale e vita privata.
Diana Bracco
db
Nel 2011, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia,
Fondazione Bracco ha avuto l’onore di essere accolta
dalla Presidenza della Repubblica come primo
Partner privato per sostenere il restauro della Galleria
Alessandro VII del Palazzo del Quirinale.
L’intervento, diretto dal Professor Louis Godart, allora
Consigliere per la conservazione del Patrimonio artistico
della Presidenza della Repubblica, e dalla Dottoressa
Rossella Vodret, Soprintendente per il Polo Museale della
Città di Roma, ha portato alla luce una delle più belle
pagine del barocco romano.
Le tre sale dell’ala sista del Quirinale facevano parte di
un’ampia e unica galleria, riccamente decorata nel 16561657 da un gruppo di pittori diretto da Pietro da Cortona
su commissione di Papa Alessandro VII Chigi.
Nel 1812, durante l’occupazione francese di Roma, la
galleria del Quirinale fu frazionata nelle attuali tre sale
(Sala Gialla, Sala di Augusto, Sala degli Ambasciatori) al
fine di creare saloni di rappresentanza per l’imperatrice
Maria Luisa. La divisione portò anche alla tamponatura
delle tredici finestre verso il cortile e all’occultamento di
gran parte degli affreschi seicenteschi.
Il magistrale restauro ha restituito la decorazione
pittorica delle pareti e la luminosità alla galleria grazie
alla riapertura delle finestre.
Con questo importante progetto culturale Fondazione
Bracco ha aiutato gli Italiani a riappropriarsi di una parte
significativa della loro “Casa”, dando anche alle stampe
un prestigioso volume che racconta l’impresa.
[ Milano, 2 luglio 1941 ]
Diana Bracco, nata a Milano, è Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Bracco, multinazionale della salute, leader mondiale nella diagnostica per immagini con un patrimonio di oltre
1800 brevetti. Fondata nel 1927 da Elio Bracco, l’azienda farmaceutica ogni anno investe in R&D
oltre il 9% del fatturato di riferimento nell’imaging diagnostico.
Nel 1966 Diana, dopo il liceo al Parini di Milano e una laurea in chimica all’Università di Pavia, entra nell’azienda di famiglia facendo diverse esperienze, fino a diventarne nel 1977 Direttore Generale, e dal 1999 Amministratore Delegato e Presidente, prendendo il testimone dal padre Fulvio.
Nella sua carriera ricopre diversi ruoli istituzionali, quali Presidente di Federchimica e di Assolombarda, Vicepresidente di Confindustria per Ricerca & Innovazione, Presidente di Expo 2015
Spa e Commissario generale di sezione per il Padiglione Italia.
La sua passione per l’arte la porta a far parte dei consigli di amministrazione della Filarmonica
della Scala di Milano, del Museo Poldi Pezzoli e, nel 2011, prima italiana nella storia, del Trustee’s
Council della National Gallery of Art di Washington. Attualmente è nel CDA dell’Accademia del
Teatro alla Scala.
Tra i riconoscimenti conferitile vi sono, nel 2002, la nomina a Cavaliere del Lavoro e la Medaglia
d’oro del Comune di Milano; nel 2004 l’onorificenza “al merito della Repubblica” di Cavaliere di
Gran Croce.
L’attenzione alla responsabilità sociale d’impresa, il senso del dovere e l’amore per la scienza e
l’arte sono i valori che hanno dato un’impronta decisiva alla carriera di Diana. È in questi valori, patrimonio della Famiglia Bracco, che affondano le radici della Fondazione Bracco, nata nel
2010.
All’interno di tre macroaree, “cultura”, “scienza”, “sociale”, la Fondazione promuove la valorizzazione del patrimonio storico e artistico nazionale, sviluppa la sensibilità ambientale, promuove
l’attenzione verso la persona e in particolare il mondo femminile, sostiene la ricerca scientifica
e la tutela della salute, sviluppa iniziative di carattere assistenziale e solidale per contribuire al
benessere della collettività, favorisce l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale dei
giovani.
Proprio in quest’ultimo ambito, nasce la partnership pluriennale stretta nel 2011 con l’Accademia
di Arti e Mestieri della Scala. “Se hai un sogno portalo da noi” dice lo slogan dell’Accademia. Per
questo Fondazione Bracco la sceglie come partner ideale per dare vita a un progetto che promuove la cultura italiana nel mondo e offre al tempo stesso a tanti giovani l’opportunità di sviluppare i propri talenti. Un altro progetto fortemente voluto da Diana Bracco è “Oltre i margini”,
un’importante iniziativa sociale realizzata in collaborazione con Cesvi e La Rotonda. L’intervento
promuove l’inclusione socio-economica e la tutela della salute di soggetti vulnerabili a Baranzate,
comune dell’hinterland milanese primo in Italia per concentrazione di migranti residenti. “Oltre
i margini” coinvolge in particolare le donne, i bambini e gli adolescenti del “Villaggio Gorizia” attraverso delle attività che si articolano in due linee di azione: il sostegno all’inserimento lavorativo e la promozione della salute, sostenuta dall’Ospedale Sacco e dal Centro Diagnostico Italiano,
garantendo un servizio di assistenza pediatrica e test gratuiti nell’ambito della prevenzione della
salute femminile.
BrunelloCucinelli
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Brunello Cucinelli
Maglie in cashmere colorato.
L’intuizione del colore, l’altissima qualità
del cashmere hanno fin dalle prime stagioni
determinato il successo dell’azienda umbra,
situata nel borgo trecentesco di Solomeo.
[ Castelrigone, Perugia 1953 ]
Diplomato geometra, si iscrive alla facoltà di ingegneria, ma interrompe gli studi. Nel 1978
fonda una piccola impresa e stupisce il mercato con l’idea di colorare il cashmere. Fin da ragazzo sviluppa il sogno di un lavoro rispettoso della dignità “morale ed economica dell’uomo”.
Questo aspetto è cruciale per comprendere la sua personalità e il successo dell’impresa, che
Brunello non vede soltanto come produttrice di ricchezza, ma come ambito di azione per sviluppare e incrementare il sogno di un capitalismo che valorizzi l’uomo.
Nel 1982, dopo il matrimonio con Federica Benda, Brunello si trasferisce a Solomeo, oggetto
dei suoi sogni e grande laboratorio dei successi di imprenditore e di umanista.
La benevola accoglienza che il mercato riserva ai suoi prodotti di qualità, gli dà la possibilità
di attuare i suoi ideali. Nel 1985 acquista il Castello diroccato del XIV secolo del borgo di Solomeo e ne fa la sede dell’azienda. Nel 2000, dovendo adeguare le strutture produttive alle
richieste del mercato, acquista e riadatta un opificio già esistente ai piedi del borgo, evitando
di costruirne uno nuovo. La nuova costruzione del “Foro delle Arti”, con l’annessa Biblioteca
Neoumanistica Aureliana, l’anfiteatro e il Teatro, vengono inaugurati nel 2008 e divengono
il luogo deputato della cultura e dell’arte. Nasce in questo periodo la volontà, concretizzata
nel 2012, di presentare l’impresa alla Borsa di Milano. Brunello vede nella più larga partecipazione alla sua attività di imprenditore la possibilità di diffondere estesamente gli ideali di un
capitalismo nuovo, un “capitalismo umanistico”.
Dall’esperienza del Foro delle Arti, nasce l’idea della “Scuola di Solomeo di Arti e Mestieri”, che
vede la luce nel 2013. Lo sguardo al futuro di Brunello vuole che la memoria dell’artigianato
debba essere conservata e tramandata, e la scuola è il laboratorio dove quest’aspirazione si
trasforma in realtà.
Nel 2014, ad opera della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, viene presentato a Milano
il “Progetto per la Bellezza”, con il quale si realizzano tre immensi parchi nella valle ai piedi
del borgo di Solomeo, recuperando parte del terreno già occupato da vecchi opifici in disuso. L’iniziativa simboleggia il valore cruciale della terra, dalla quale, secondo il pensiero di
Senòfane, «tutto proviene». Con questo progetto Brunello sottolinea l’imperativo di ridare
“dignità alla terra” e dimostra che «La Bellezza salverà il Mondo», tutte le volte che il Mondo, a sua volta, salverà la Bellezza. Attualmente Brunello Cucinelli Spa giunge a contare 1500
dipendenti interni e un indotto di circa 3500 collaboratori esterni. Non vi sono cartellini da
timbrare in entrata e in uscita. Non si può lavorare oltre l’orario di chiusura.
Negli anni Brunello Cucinelli ha ricevuto un numero straordinario di riconoscimenti nazionali e internazionali per il suo “Capitalismo neoumanistico”, ma tra tanti, quelli che rispecchiano
meglio la sua realtà umana sono la nomina a Cavaliere del Lavoro, consegnatagli dal Presidente della Repubblica e la Laurea ad honorem in filosofia ed etica nei rapporti umani, di cui
l’Università degli Studi di Perugia gli ha voluto rendere omaggio.
Ermanno Fabbri
“L’imprenditore è anche regista ed attore
all’interno delle proprie aziende”
Il Teatro “Ermanno Fabbri”, inaugurato il 2
ottobre del 2010, è stato donato dal Gruppo
Fabbri al Comune di Vignola. Un progetto
importante che il gruppo industriale e il suo
fondatore Ermanno Fabbri hanno voluto
realizzare per colmare un bisogno culturale.
La ristrutturazione e trasformazione a
Teatro dei locali ex Cinema Ariston, seguita
dall’architetto Carlo Armani, è stata
progettata e realizzata in maniera innovativa.
Molte le soluzioni create ad hoc per questo
edificio, come ad esempio l’installazione di
pianali a terra attraverso i quali è possibile
coprire tutta la platea e prolungare così il
palcoscenico fino all’inizio della gradinata.
Proprio per permettere questa particolare
operazione sono state realizzate delle
poltrone con lo schienale parzialmente
estraibile. Inoltre sono state introdotte
diverse soluzioni meccaniche che permettono
il cambiamento di ambientazioni sceniche in
maniera veloce, dando anche la possibilità di
utilizzare più prospettive.
Il Teatro “Ermanno Fabbri” rappresenta oggi
per la Città di Vignola uno spazio culturale
multifunzionale importante, che ospita, oltre
ad un ricco programma di spettacoli di prosa,
anche concerti, opere liriche, corsi, laboratori
e convegni.
[ Portomaggiore (Fe), 14 luglio 1928 ]
È stato fondatore e Presidente del Gruppo Fabbri Spa, società leader mondiale in macchine e film per il food packaging.
Le origini della Gruppo Fabbri risalgono all’immediato dopoguerra quando Ermanno
Fabbri trasforma la tipografia paterna nella Fabbri Arti Grafiche con l’installazione della
prima rotativa flessografica e rotocalco per la stampa di imballaggi di carta per agrumi.
Nel 1960 viene fondata la società Automac che realizza una nuova macchina per avvolgere gli agrumi automaticamente con carta speciale paraffinata.
Nei primi anni Settanta l’Automac introduce un altro sistema di imballaggio automatico
basato su un film estensibile: si tratta del PVC estensibile a freddo per l’avvolgimento
manuale di prodotti freschi per i supermercati.
È ancora negli anni Settanta la creazione, in Svizzera, delle società Plastar S.a. e Waldys
S.a. l’una per la produzione del film, come la Fabbri Arti Grafiche, e l’altra per la produzione di macchine, come l’Automac.
L’introduzione di grandi quantità di macchine automatiche a tecnologia avanzata nei
supermercati e nei centri di confezionamento porta alla internazionalizzazione del
Gruppo attraverso la costituzione di società commerciali basate in vari paesi europei
come la Francia, la Spagna, la Germania e l’Inghilterra.
Negli anni Ottanta viene fondata la società Awax Progettazione e Ricerca che, appunto,
progetta e ricerca nuovi sistemi e tecnologie che integrano l’elettronica alla meccanica
nel settore dell’automazione.
Negli anni Novanta viene progettata una nuova tipologia di macchine avvolgitrici altamente innovative, rese poi completamente automatizzate con un’elettronica talmente
sofisticata da essere concesse in licenza a prestigiose società internazionali.
Il Gruppo così realizzato conta, in Europa, più di 600 dipendenti.
Nel 1992 Ermanno Fabbri viene nominato Cavaliere del Lavoro. Nel 2000 viene insignito
della laurea ad honorem in Chimica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
Nel 2011 viene ceduto il ramo aziendale del Gruppo Fabbri a terzi.
Carla Fendi
cf
Teatro Caio Melisso, Spoleto
Spazio Carla Fendi,
Restaurato dalla Fondazione Carla Fendi
“Preservare il patrimonio artistico del nostro
Paese deve essere un impegno che attiene alla
coscienza civile di ogni cittadino, soprattutto
per noi che viviamo nel più bel Paese del mondo
e con la più alta concentrazione di ricchezze
artistiche. Io ho avuto la fortuna di ereditare
questo valore dai miei genitori che mi hanno
sempre insegnato l’etica della responsabilità
indirizzata al rispetto del suolo pubblico e dei
suoi beni.
Con questo spirito mi sono dedicata in questi
anni, tra altre iniziative, con un’opera di puro
mecenatismo, al restauro del Teatro Caio Melisso
a Spoleto, un vero gioiello del 1600, ristrutturato
negli anni ma bisognoso di ulteriori interventi.
È stato un percorso entusiasmante che mi ha
fatto conoscere e rivivere la storia di questo
Teatro e insieme apprezzare le maestranze
del territorio che, come sempre avviene
nell’artigianato italiano, si sono occupate con
eccezionale maestria del restauro.
È auspicabile che l’esempio, i valori che
dovrebbero essere impartiti sin dalla scuola,
l’amore per il proprio Paese, il senso del bello
che respiriamo quotidianamente, tutto insieme
possa far nascere una sensibilità comune, una
coscienza individuale che spinga ad un nuovo
umanesimo”.
Carla Fendi
Presidente Onorario di Fendi ad vitam, nonché Presidente della “Fondazione Carla Fendi”,
Carla è la quarta delle sorelle Fendi. Alla fine degli anni ’50, dopo aver fatto studi classici
entra, giovanissima, nell’azienda di famiglia, accanto alle sorelle Paola, Anna, Franca e poi
Alda. Completa la sua formazione facendo esperienze in diversi settori quali amministrazione,
produzione, vendite e progettazione, dove lavora con le sorelle a fianco di Karl Lagerfeld.
Già dagli Settanta si dedica al settore delle relazioni pubbliche, puntando strategicamente
sul mercato più difficile: quello americano. I successi statunitensi sanciscono la fama di Fendi
in tutto il mondo. Pur continuando a collaborare con le sorelle a “cinque mani” all’inedito
lavoro del settore creativo, Carla si occupa soprattutto di comunicazione, ufficio stampa,
pubblicità, immagine ed eventi.
Dal 1994, sovraintendendo sempre a questi settori, assume la Presidenza del Gruppo Fendi,
che mantiene anche con l’ingresso del nuovo partner, il Gruppo LVMH. Dal 2004 al 2008
aggiunge il settore specifico della Direzione Immagine Istituzionale. Dal 2008 diventa Presidente Onorario di Fendi ad vitam.
Nel 2007 istituisce la “Fondazione Carla Fendi”, con lo scopo di dare un contributo personale
per preservare beni e valori culturali del passato e per garantire la continuità e la crescita nel
futuro, muovendosi nel campo dell’arte, della letteratura, del cinema, della moda, dell’ambiente e del sociale.
Attraverso la Fondazione, oltre a diversi impegni che la legano al FAI, all’Accademia di Santa
Cecilia e ad altre importanti fondazioni culturali, Carla nel 2007 avvia una collaborazione con
il rinato Festival di Spoleto, già sostenuto con la griffe Fendi ai tempi del Maestro Giancarlo
Menotti e che ora inizia un nuovo percorso culturale sotto la direzione artistica del Maestro
Giorgio Ferrara. Partecipa con sempre maggior coinvolgimento a questa manifestazione,
fino a diventare nel 2012 Main Partner del Festival.
Dal 2010 nasce una nuova iniziativa tra la Fondazione e il Comune di Spoleto. Spinta dal
marito Candido Speroni e dall’amore che lega entrambi alla città, Carla avvia il progetto
finalizzato al recupero storico e artistico del Teatro Caio Melisso, uno dei più importanti
monumenti della città.
Il Teatro assume il logo “Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi”. Il Comune di Spoleto e la
“Fondazione Carla Fendi” mettono a punto il piano di ristrutturazione, i cui lavori partono
nel 2012 e si concludono nel 2015.
Un coinvolgimento costante da parte di Carla Fendi che, con un’opera di puro mecenatismo
grazie agli impegni portati avanti attraverso la “Fondazione Fendi”, intende sensibilizzare
i privati nel sostegno della cultura come valore del nostro passato, ricchezza del presente e
indispensabile investimento per il futuro di un Paese che rappresenta il più grande patrimonio artistico del mondo.
Enrico Loccioni
el
Apoteca è l’innovativo sistema robotico per la
preparazione sicura dei farmaci. Presente nei
migliori ospedali del mondo, rende ogni fase
del processo di produzione programmabile,
tracciabile e sicura.
Nel 2008 con la Leaf Community, Loccioni
realizza nel territorio la prima comunità ecosostenibile d’Italia: si abita e si lavora in edifici
efficienti, si produce e si accumula energia
dal suolo, dall’acqua del fiume e dalla terra,
gestendo e ottimizzando i flussi energetici. Un
laboratorio reale e in continua evoluzione per
sperimentare e misurare un futuro sostenibile.
Il Leaf Meter è il misuratore di sostenibilità,
simulacro della Leaf Community, in cui poter
vedere le misure della microgrid Loccioni,
la prima rete energetica intelligente reale e
funzionante.
Nel 2014 Enrico Loccioni “adotta” 2 km
di fiume Esino mettendo in sicurezza e
valorizzando l’area fluviale accanto alle
proprie sedi, in una collaborazione armoniosa
tra pubblico e privato; con un proprio
investimento a favore del bene comune che
porta anche alla riscoperta del fiume come
risorsa energetica e culturale. Il progetto 2 km
di futuro è stato selezionato da EXPO Milano
2015 per la mostra dell’Identità Italiana a
Palazzo Italia e da ADI Index 2015.
[ Serra San Quirico, 30 ottobre 1949 ]
Nasce in un piccolo paese dell’entroterra Marchigiano, in provincia di Ancona, dove
vive tutt’ora con la famiglia. Sposato con Graziella Rebichini, venuta a mancare nel
2015, ha condiviso con lei tutta l’avventura imprenditoriale. I figli Maria Cristina e
Claudio sono entrambi attivi nell’impresa. Oggi è Presidente di un Gruppo leader a livello mondiale nello sviluppo di sistemi di misura e nell’automazione per il controllo
qualità e la sostenibilità.
Nel 1968 inizia come artigiano nel campo elettrico, ma raccogliendo le sfide di grandi
industrie manifatturiere, sviluppa un modello di impresa basato sul progetto e non sul
prodotto, sulle persone piuttosto che sulla produzione in serie.
Le Persone, le Relazioni, l’Innovazione diventano il vero elemento competitivo. Presente con installazioni in oltre 40 paesi nel mondo, dall’America Latina all’Estremo Oriente, e su vari settori (automotive, elettrodomestico, ambiente, energia, sanità), oggi la
“sartoria tecnologica” Loccioni sviluppa e realizza soluzioni innovative su misura del
cliente, integrando competenze e ricerca per migliorare la qualità di prodotti e processi.
Cercare opportunità nel mondo per generare lavoro ad alto contenuto di conoscenza
nel territorio è l’impegno che gli oltre 400 collaboratori (50% laureati, 33 anni l’età
media, vietato chiamarli dipendenti!) portano avanti.
Loccioni viene inserita per otto volte tra i Best Workplaces in Italia per l’eccellenza
dell’ambiente di lavoro e nel 2003 vince il premio IC Impresa e Cultura con il Progetto
Bluzone in collaborazione con la Scuola. Tra gli altri riconoscimenti si aggiunge nel
2010 il Premio Nazionale del Presidente della Repubblica per l’Innovazione e il Premio
Confindustria per l’innovazione.
Nel 2004 Enrico Loccioni riceve la Laurea Honoris Causa in “Tecnologie per l’innovazione” conferita dall’Università degli Studi di Camerino (AN). Insignito negli anni
delle onorificenze di Cavaliere (1985), Ufficiale (1994), Commendatore (1996), Grande Ufficiale (2007) e Cavaliere dell’Ordine di Malta (2009), a queste unisce: il Premio
Ernst&Young “Imprenditore dell’Anno 2007” per “Quality of Life” e il Premio “Imprenditore Olivettiano 2008”. Nel 2015 gli viene riconosciuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il Titolo di Cavaliere del Lavoro.
L’Harley Davidson e i viaggi all’estero per visitare Università e Imprese d’eccellenza,
costituiscono i principali hobbies di Enrico Loccioni; ma la vera passione rimane conoscere e coinvolgere le persone.
VittorioLombardi
vl
“In fondo ad un prato incolto, c’era una
villa in un pauroso abbandono. Ma pur in
tanta distruzione e abbandono la fabbrica
conservava una solenne e amara dignità di
regina spodestata e sola, come una bella
donna ferita. Era come se avessi visto sul
bordo della via una donna in fin di vita.
Il bisogno di venirle in aiuto fu più forte
di me”.
L’imprenditore bresciano acquistò senza
indugio la villa Cordellina-Lombardi
a Montecchio Maggiore (Vi) con l’intento
di incentivare la conoscenza delle tradizioni
artistiche d’Italia, sognando di renderla
un centro internazionale per giovani studiosi
in architettura.
Le vicende del K2 e il restauro di questo
edificio sono esemplari di un’epoca storica
di rinascita per il Paese, uscito disastrato
dalla guerra ma bramoso di riscatto.
Lombardi incarnò questo spirito
intraprendente di rivincita e contribuì ad
esportare il nome e la cultura del nostro
paese all’estero, esprimendo il suo amore per
la Patria e il suo sapere con disinteressato
mecenatismo.
[ Inzino (Bs), 1893 - Modena, 1957 ]
Industriale, mecenate illuminato e fervente alpinista, Vittorio Lombardi ha sempre
espresso il suo amore per la patria, per l’arte e per lo sport.
Nasce a Inzino, ora comune di Gardone Val Trompia (Bs), il 14 luglio 1893 da una famiglia di umili origini e vive la sua prima infanzia con tredici fratelli.
Tra gli anni Venti e Trenta si trasferisce a Milano, intraprendendo le sue prime attività
economiche nel settore dell’esportazione della ceramica. Il suo spiccato amore per il
Belpaese lo spinge nel campo del commercio estero dei prodotti dell’artigianato italiano di eccellenza. Si inserisce inoltre nell’industria del gas, raggiungendo notevoli
successi economici, entrando in possesso di una grossa fortuna con la società Distributrice Gas Liquidi S.p.A.
Dai primi anni ‘30 ricopre un ruolo centrale nel CAI di Milano, divenendone socio vitalizio, e nella Società Alpina Friulana CAI di Udine come membro attivo. Si espone in
prima persona in qualità di tesoriere e di vicepresidente della Commissione tecnicoesecutiva della spedizione italiana sul K2, adoperandosi in prima persona per la conquista della seconda vetta più alta al mondo.
Dalla fine degli anni Quaranta si dedica anche alla beneficenza anonima, portando
luce elettrica e ricostruendo asili, scuole e chiese nella sua zona di origine.
Il suo più grande lascito pubblico è il restauro della settecentesca Villa Cordellina, oggi
Cordellina-Lombardi, a Montecchio Maggiore (Vi), acquistata dopo una prima visita
nel settembre del 1953. Il complesso, celebre per gli affreschi del Tiepolo, si presentava
allora “in condizioni dolorose se non disperate”, come riportano efficacemente Dino
Buzzati e Remo Schiavo.
Testo tratto da “Vittorio Lombradi. Mecenate illuminato e tesoriere della conquista italiana del K2”, di Luca
Trevisan e Savio Andrea. Cierre Edizioni. Verona, 20 Ottobre 2014. Materiale raccolto per gentile concessione
di Cierre Edizioni di Verona e grazie alla collaborazione con il Museo Nazionale della Montagna - Cai - Torino.
Enrico Mattei
em
“I lavoratori in Italia sono un segno di ricchezza”
In un’intervista televisiva del 1961 Enrico Mattei
affermava che “la tanta gente, i tanti lavoratori
non sono per l’Italia un segno di povertà, ma un
segno di ricchezza”.
Questo avveniva quando il personale delle
imprese non era ancora considerato una risorsa
e poco dopo la forte l’emigrazione di tanti
italiani che negli anni ‘50 cercarono fortuna in
altri paesi dell’Europa e dell’America.
Seppur severo e molto esigente, Mattei
riponeva fiducia nei contributi che le persone
potevano dare allo sviluppo dell’impresa e
gran parte del segreto del successo della sua
Eni fu proprio legato alla rapidità con la quale
riuscì a preparare e mettere in circolo una rete
formidabile di tecnici e manager.
È a lui che si deve la nascita nel 1957 della
Scuola di studi superiori sugli idrocarburi, la
prima business school italiana dedicata anche a
stranieri, rinominata nel 1969 Scuola Mattei.
Si apre così la strada alla formazione postuniversitaria nelle discipline tecniche ed
economiche in Italia. Dalla sua fondazione
sono stati formati oltre 2500 giovani, di cui
il 55% proveniente da 100 paesi stranieri.
E sono proprio la dimensione fortemente
internazionale e l’approccio multiculturale a
dover essere considerati il patrimonio speciale
della Scuola Mattei.
[ Acqualagna (Pu), 29 aprile 1906 - Bascapè (Pv), 27 ottobre 1962 ]
Enrico Mattei nasce da una famiglia di modeste condizioni economiche. Dopo aver
concluso gli studi nella scuola tecnica inferiore di Vasto (Ch), inizia una brillante carriera
lavorativa nella Conceria Fiore di Matelica (Mc).
Nel 1929 si trasferisce a Milano aprendo un piccolo laboratorio di oli emulsionanti per
l’industria conciaria e tessile.
Nel 1934 fonda l’industria Chimica Lombarda. In questo periodo si diploma ragioniere
e si iscrive all’Università Cattolica. L’incontro con Claudio Spataro è determinante per
l’avvio della sua militanza partigiana. Nel 1944, entra a far parte per la DC del Comando
militare Alta Italia del CLNAI.
Al termine della guerra civile in Italia viene incaricato di liquidare le attività dell’Agip
e di provvedere alla sostanziale privatizzazione degli asset energetici.
Mattei sceglie di disattendere questa indicazione, per conseguire un obiettivo che riteneva fondamentale: garantire al Paese un’impresa energetica nazionale, in grado di
assicurare quanto serviva ai bisogni delle famiglie e allo sviluppo della piccola e media
impresa a prezzi più bassi rispetto a quelli degli oligopoli internazionali.
Raddoppia la perforazione dei pozzi, sfrutta al meglio la ricerca mineraria nella Valle
Padana, sceglie le alleanze necessarie dentro il governo e ai partiti che lo sostengono
per realizzare quanto ha in mente.
Ci riesce con l’istituzione, nel 1953, dell’Eni dopo una lunga e travagliata discussione,
iniziata nel 1947, tra chi sosteneva ad oltranza l’iniziativa privata e quanti erano fautori
di una forte presenza dello Stato nell’economia.
Mattei riesce ad affermare il ruolo strategico dell’energia nello sviluppo economico
italiano e a ispirare fiducia nel possibile miracolo dell’indipendenza energetica.
È abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo diventa uno dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici,
sa offrire all’azione diplomatica dell’Italia. È tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera
e il rispetto delle culture diverse.
Muore il 27 ottobre 1962 quando il suo aereo proveniente da Catania e diretto a Linate
precipita a Bascapè (Pavia).
Adriano Olivetti
ao
“L’Impresa non è solo un luogo di lavoro”
Adriano Olivetti è stato uomo d’impresa
particolarmente attento all’innovazione, all’eccellenza
della tecnologia e del design, ma anche al rispetto
del lavoro e dei lavoratori. Particolare rilievo nel
suo stile di management ha assunto l’attenzione al
miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti.
Basti pensare che nel 1956 l’Olivetti, in anticipo
di diversi anni sui contratti nazionali di lavoro, ha
ridotto l’orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali
a parità di salario. Imprenditore attento anche alle
problematiche sociali e all’urbanistica.
A Ivrea si costruiscono, infatti, nuovi edifici
industriali, uffici, case per dipendenti, mense, asili,
progettati da grandi architetti, dando origine a un
articolato sistema di servizi sociali per i dipendenti
Olivetti che saranno, però, da subito accessibili
all’intera comunità eporediese.
Un’importante obiettivo quello che ha sempre
guidato l’uomo e l’imprenditore nelle sue scelte e nei
suoi progetti: far coesistere il miglioramento delle
condizioni di lavoro nell’impresa e la qualità di vita
fuori dall’impresa. Adriano Olivetti credeva infatti
che “l’impresa non è solo un luogo di lavoro, ma è
anche il motore principale dello sviluppo economico
e sociale e come tale ha delle responsabilità verso la
collettività e il territorio”.
[ Ivrea (To), 11 Aprile 1901 - Aigle (Svizzera), 27 febbraio 1960 ]
Secondogenito di Camillo Olivetti e Luisa Olivetti Revel, dopo la laurea in Ingegneria
Chimica industriale al Politecnico di Torino, nel 1924 inizia l’apprendistato, come operaio, nella fabbrica di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo nel 1908 a Ivrea.
Al rientro da un viaggio negli Stati Uniti propone al padre un ambizioso e innovativo
programma per modernizzare l’attività della Olivetti. Alla fecondità di proposte strutturali per la vita della fabbrica, Adriano affianca la prima di tante intuizioni di prodotto:
l’avvio del progetto della prima macchina per scrivere portatile, che uscirà nel 1932
con il nome di MP1.
Nel 1931 Adriano introduce in Olivetti il Servizio Pubblicità, che si avvale del contributo
di importanti artisti e designer. Nel 1932 è nominato Direttore Generale dell’azienda di
Ivrea, diventandone il Presidente nel 1938.
Nel 1948 negli stabilimenti di Ivrea viene costituito il Consiglio di Gestione, per molti
anni unico esempio in Italia di organismo paritetico con poteri consultivi di ordine
generale sulla destinazione dei finanziamenti per i servizi sociali e l’assistenza.
Tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta la Olivetti introduce sul mercato
prodotti destinati a diventare oggetti di culto: tra questi la macchina per scrivere portatile
Lettera 22 (1950), che verrà indicata da una giuria di designer a livello internazionale
come il primo tra i cento migliori prodotti degli ultimi cento anni. Il 1959 è l’anno del
lancio di Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano sviluppato e prodotto nel
laboratorio di Borgolombardo.
Tra i numerosi riconoscimenti attribuiti ad Adriano per le sue attività, nel 1956 c’è il Gran
Premio di architettura per “i pregi architettonici, l’originalità del disegno industriale,
le finalità sociali e umane presenti in ogni realizzazione Olivetti”.
La sua poliedrica personalità porta Adriano a impegnarsi non solo nel campo strettamente industriale e imprenditoriale. Si distingue anche come editore, scrittore e uomo
di cultura.
È il fondatore della casa editrice NEI (Nuove Edizioni Ivrea), che si trasforma, nel 1946,
nelle più celebri Edizioni di Comunità.
Alla fine del 1945 pubblica “L’ordine politico delle comunità”, opera che costituisce la
base programmatica del Movimento Comunità che fonda nel 1947.
Nel 1956 viene eletto sindaco di Ivrea e nel 1958 è eletto Deputato in Parlamento.
Muore improvvisamente il 27 febbraio 1960 durante un viaggio in treno da Milano a
Losanna.
Giulio Onesti
go
Moltissime delle intuizioni di Giulio Onesti
hanno contribuito in maniera determinante
non solo allo sviluppo dello sport italiano,
ma alla diffusione e alla crescita dell’attività
sportiva nel mondo. Viene per questo
insignito dell’onorificenza di Cavaliere
di Gran Croce all’Ordine del Merito della
Repubblica Italiana.
Si spegne nella sua abitazione romana
l’11 dicembre 1981, all’età di 69 anni.
[ Torino 1912 - Roma 1981 ]
Nato a Torino il 4 gennaio 1912, si laurea in Giurisprudenza, specializzandosi in diritto canonico
all’Ateneo Pontificio Lateranense, ed esercita per qualche anno la professione di avvocato. Durante
la Seconda Guerra Mondiale combatte sul fronte jugoslavo e dopo l’8 settembre 1943 svolge attività
partigiana con il partito socialista. Nel 1944 viene nominato Commissario straordinario del CONI, allo scopo di verificare l’opportunità
di liquidare l’Ente, al contrario e nonostante i tempi difficili, Giulio Onesti riesce a creare le condizioni
per farlo sopravvivere. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano diventa così il perno vitale dello
sviluppo dello sport nel Paese e anche nel quadro del CIO. A seguito della soppressione dei contributi statali a favore del CONI, Onesti chiede che l’Ente sia autorizzato all’esercizio di totalizzatori,
scommesse e concorsi pronostici. Ricevuta l’autorizzazione dal Ministero dell’Interno, decide di
affidare alla SISAL la gestione dei Concorsi pronostici sugli avvenimenti sportivi. Nel giugno 1946
riunisce a Roma per la prima volta il Consiglio Nazionale del CONI e, nella sua successiva seduta, si
dimette da Commissario straordinario per esserne designato Presidente. Conserverà la carica fino
al 1978. Nei trent’anni di presidenza, Onesti, oltre ad aver garantito l’autonomia economica dello
sport introducendo il Concorso pronostici Totocalcio, porta l’Italia ai vertici dello sport mondiale.
La squadra italiana partecipa nel 1948 ai Giochi Olimpici Invernali di Saint Moritz e ai Giochi Olimpici di Londra: da quel momento, l’Italia non mancherà alcuna edizione. Sotto la sua presidenza, il
nostro Paese viene scelto dal Comitato Olimpico Internazionale per organizzare i Giochi Olimpici
Invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956 e gli indimenticabili Giochi Olimpici di Roma 1960.
Nel 1964 viene eletto membro del CIO: svolge un’intensa attività politico-sportiva in tutto il mondo
e viene eletto all’unanimità Presidente dell’Assemblea generale dei Comitati Olimpici Nazionali, da
lui fondata nel 1965. È poi nominato dal CIO coordinatore del programma di “Solidarietà Olimpica”
per i Paesi in via di sviluppo.
Nel 1972 è il primo membro del CIO a recarsi in Cina, avviando il lavoro diplomatico che riporterà
il paese nel consesso olimpico. Nel 1975 organizza a Roma la VII Assemblea dei Comitati Olimpici
con la partecipazione di oltre 100 Paesi e all’unanimità viene rieletto a capo dell’organizzazione,
che guiderà fino al 1979, venendo poi nominato presidente fondatore e presidente onorario a vita
dell’Associazione dei Comitati Nazionali Olimpici. Nel 1976 gli viene consegnata la “Coppa Olimpica”, massimo riconoscimento del Comitato Olimpico Internazionale. Nel 1980 viene nominato dal
CIO presidente della Commissione Cultura. In campo nazionale, nel 1965 ottiene dal Parlamento
l’approvazione della cosiddetta “legge 50-50”, per la ripartizione degli introiti del Totocalcio fra
CONI e Stato, e della legge che istituisce l’Istituto per il Credito Sportivo. Sostiene lo sport nella
scuola e nelle Forze armate. Pubblica nel 1966 il “Libro bianco dello sport” auspicando la creazione
dello “sport per tutti”; ribadisce il concetto con “Il Libro verde dello sport” (1971), “Sport e Regione”
(1974) e “Il libro azzurro dello sport” (1975). Nel 1968 lancia i Giochi della Gioventù, fonda l’Istituto di
Medicina dello Sport, la Scuola dello Sport e i Centri di Preparazione Olimpica per varie discipline.
Istituisce i Centri di avviamento allo sport per i giovanissimi.
Piero Pirelli
pp
San Siro
Piero Pirelli fu sportivo appassionato; fondò
il Gruppo sportivo Pirelli e fu fin dalla
fondazione tra i consiglieri della società
Milan, per passare poi a ricoprire, dal 1909
al 1929, la carica di Presidente, giungendo
all’apice della sua esperienza rossonera a
promuovere attivamente la costruzione, nel
1926, dello Stadio di San Siro.
La struttura venne costruita in soli tredici
mesi e mezzo grazie al lavoro di 120 operai; il
costo dell’opera fu di circa 5 milioni di lire.
[ Milano, 27 gennaio 1881 - 7 agosto 1956 ]
Nato da Giovanni Battista Pirelli e Maria Sormani, Pietro - detto Piero - Pirelli frequentò
contemporaneamente corsi all’Università Commerciale Bocconi, all’Istituto Tecnico Superiore di Milano e all’Università di Genova, dove conseguì nel 1903 la laurea in scienze
giuridiche.
L’anno seguente con il fratello Alberto affiancò il padre nella conduzione della Pirelli & C.,
industria per la lavorazione della gomma fondata da Giovanni Battista nel 1872.
Quando nel 1920 la Pirelli & C. si trasformò in una società finanziaria, Piero Pirelli,
continuando ad essere uno dei gerenti della società, diventò amministratore delegato
della nuova società industriale, la Società italiana Pirelli.
Alla morte del padre, nel 1932, Piero divenne presidente di quello che era ormai un
grande gruppo multinazionale.
Si dedicò allo sviluppo del gruppo in Italia e all’estero ma anche alle opere sociali in
favore dei dipendenti e delle loro famiglie con la creazione di una fondazione.
Il Welfare aziendale
Già nel 1877 il fondatore Giovanni Battista Pirelli aveva proposto l’istituzione di una
“Cassa sociale [dove l’operaio] possa trovare soccorso per sé e per la sua famiglia”.
Nel 1926, sotto la guida di Piero, viene istituito il Servizio di Assistenza Sanitaria gratuito
a favore dei dipendenti, poco dopo esteso anche ai familiari, con lo scopo di assicurare
un’assistenza sanitaria modernamente intesa.
Il supporto alla famiglia si estende progressivamente a soddisfare specifici bisogni,
quali asili, doposcuola e colonie per l’accoglienza dei figli dei dipendenti, case di riposo
marine, montane ed elioterapiche; borse di studio e, più in generale, supporto all’educazione dei figli dei lavoratori e, successivamente, dei dipendenti che vogliono affrontare
gli studi universitari.
Nel 1947 la fondazione acquista villa Porro Lambertenghi di Induno Olona per convertirla
in casa di riposo per i lavoratori usciti dall’azienda.
Grande attenzione è accordata alla manodopera femminile: negli anni Trenta è introdotto
il sussidio di parto, inizia un servizio ambulatoriale per la cura della sterilità femminile,
e successivamente, è concesso un rimborso spese per il parto a domicilio.
Negli anni Venti comincia la costruzione a Milano Bicocca del Borgo Pirelli; i primi 90
appartamenti vengono affittati a prezzi vantaggiosi al personale della Società.
La compiuta realizzazione del welfare si ha nel 1926 con la creazione del Dopolavoro
aziende Pirelli; parte delle iniziative sono dedicate al tempo libero e alle attività sportive.
Pirelli si impegna direttamente nella costruzione di impianti sportivi: campi da calcio,
tennis, pallavolo, bocce, palestre coperte e all’aperto.
Elena Salda
es
“Passione: il primo elemento per lavorare
ogni giorno bene insieme”
Better Factory Better Life” è il progetto
di welfare aziendale del GruppoCMS
creato nel 2007, un programma strutturato che prevede
molti benefit per tutti i dipendenti. Un’iniziativa nata
non solo per supportare i propri collaboratori, soprattutto
nel miglioramento del bilanciamento dei tempi casalavoro, ma anche per valorizzarne le competenze e il clima
aziendale. Il primo progetto importante è stato l’apertura
dell’asilo nido aziendale “Il Paese dei Colori”, realizzata
in bioedilizia e situata a 500 metri dallo stabilimento
principale, ospita ogni anno 42 bambini e accoglie con
accesso prioritario e tariffe agevolate i figli e nipoti dei
dipendenti del GruppoCMS, la struttura è aperta anche
alla comunità locale.
Ogni anno viene organizzato il centro estivo
“Green Summer”. Better Factory Better Life comprende
anche la possibilità di avere un orario flessibile e una
banca ore per conciliare meglio i tempi. Altri progetti
sono legati alla prevenzione della salute dei dipendenti
e, dal 2013, al volontariato d’impresa, con il programma
“VolontariAMO”, a cui partecipano circa 50 dipendenti a
supporto di Onlus del territorio.
[ Modena, 6 gennaio 1972 ]
Nel 2005 entra nell’impresa di famiglia, fondata nel 1975 dal padre Luciano Salda e da
alcuni suoi soci. Decide immediatamente di investire per accrescere il livello manageriale aziendale e diffondere la cultura della Responsabilità Sociale d’Impresa a tutti i
livelli dell’organizzazione.
Il GruppoCMS opera nel settore delle costruzioni meccaniche di precisione e delle lavorazioni per conto di terzi. Attualmente è composto da 6 aziende, localizzate tra Marano
sul Panaro, Vignola e Modena, e dal 2013 è presente con uno stabilimento produttivo in
Cina, vicino a Shangai. Nel 2014, Il Gruppo ha raggiunto un fatturato di circa 84 milioni
di euro e impiega complessivamente 370 dipendenti.
In quarant’anni di presenza sul mercato, il GruppoCMS ha sviluppato importanti competenze tecniche relative alle lavorazioni meccaniche, che gli hanno permesso di diventare leader di settore e di affrontare i mercati internazionali, fornendo servizi e
prodotti con alti standard qualitativi.
“Fare Meccanica... Dall’idea al prodotto finito” rappresenta perfettamente la realtà
del GruppoCMS. I settori in cui opera maggiormente sono il packaging, in particolare
quello alimentare, e il biomedicale. Dalla progettazione, alla prototipazione all’ingegnerizzazione, alla produzione, al montaggio e collaudo di macchine complete e pezzi meccanici, il Gruppo offre ai propri clienti un ciclo completo con un alto grado di
innovazione. Nel 2012, per dare un maggiore impulso al livello tecnologico, l’azienda
ha fondato un proprio centro di R&D, Ri.Lab, con il compito di sviluppare progetti in
partnership con i clienti, collaborando con prestigiose università italiane ed europee.
Nel 2012 Elena Salda ha ricevuto il premio “Marisa Bellisario” e nel 2015 è stata insignita del premio “L’Imprenditore dell’Anno, per la categoria Family Business” indetto
dalla società di consulenza internazionale Earnst&Young.
Nicoletta Spagnoli
ns
Kate Middleton ha indossato più volte il tailleur
rosso SushiFlorian di Luisa Spagnoli.
La prima volta nel 2011, durante la prima uscita
ufficiale da fidanzata.
Nel 2014 durante una visita in Nuova Zelanda
e nel dicembre 2015, dopo il pranzo di Natale
a Buckingham Palace, durante l’incontro
con i cadetti della Royal Air Force.
Nicoletta Spagnoli, si è sempre adoperata,
con grande sensibilità, impegno ed energie in
attività di carattere sociale. Essendo l’azienda
composta per il 90% al femminile, pensando
alle esigenze delle donne che lavorano e nel
contempo per mantenere salda la tradizione
famigliare (la fondatrice, Luisa Spagnoli, creò
a fine anni 20 un asilo nido interno all’azienda
per permettere alle dipendenti di poter
allattare i figli durante l’orario di lavoro),
ancora oggi alle dipendenti, con figli, della
sede di Perugia, l’azienda rimborsa l’asilo nido
fino al compimento dei 20 mesi del bambino
e riconosce un’ora di allattamento a proprio
carico sempre fino al 20° mese, 8 mesi in più
rispetto a quelli previsti dalle norme vigenti.
Inoltre, è a disposizione di tutto il personale
della sede, una mensa aziendale gratuita e
un’infermiera tutti i giorni e un medico una
volta la settimana.
[ Perugia, 24 luglio 1955 ]
Consegue la laurea in Farmacia presso l’Università degli Studi di Perugia e successivamente frequenta l’Università UCSD di San Diego (USA). Rientrata in Italia nel 1982,
Nicoletta Spagnoli entra in Azienda, affiancando il padre.
Nel 1986, è proprio l’improvvisa scomparsa del padre a portarla ad assumere l’incarico di Amministratore Delegato. Sotto la sua guida, inizia un processo di restyling con
l’allestimento di collezioni dall’immagine più fresca, visibile e attraente, ma che fa leva
sui valori positivi tradizionalmente presenti in Luisa Spagnoli: elevata qualità intrinseca del prodotto, offerta priva di esasperate caratterizzazioni moda, ottimo rapporto
qualità-prezzo, classe e raffinatezza.
Il risultato è un riposizionamento della marca, punto di riferimento per soddisfare il
bisogno di un’eleganza sicura, trasversale a tutti gli stili di abbigliamento e alle diverse
fasce di età, e che oggi rappresenta nel panorama nazionale dell’abbigliamento donna
un marchio prestigioso, di grande visibilità ed attrattività, capace di trasmettere l’immagine di un’Azienda al passo coi tempi e di un prodotto di elevata qualità, in grado di
far presa su fasce di clientela sempre più ampie.
Il nuovo modello imprenditoriale presenta un formidabile punto di forza anche nella
peculiarità della rete distributiva, formata oggi da 151 negozi gestiti direttamente in
Italia e 57 monomarca nel mondo. La Luisa Spagnoli realizza di anno in anno un progressivo aumento dei volumi produttivi e del fatturato, giunto nel 2015 a 126,5 milioni
di euro, con un’occupazione complessiva di oltre 820 collaboratori diretti.
Nel 2003 viene attribuito a Nicoletta il premio “L’Imprenditore dell’anno” per la categoria Communication, nel concorso annuale di Ernst&Young. Il 2 giugno 2007, il
Presidente della Repubblica le conferisce l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro e nello
stesso mese riceve il Premio Marisa Bellisario per l’industria della Moda. Nel 2007 le
viene assegnato il Premio Minerva. Nel 2010 ritira il premio Lions “Città di Perugia”.
Nel 2012 riceve dal Presidente della Repubblica, il Premio Leonardo Qualità Italia 2011.
Nel 2014 riceve “il sigillo” dell’Università per Stranieri di Perugia e il Premio Guido Carli, l’onorificenza sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica assegnata ogni
anno ad illustri personaggi del mondo dell’economia, dell’alta finanza, della cultura.
gt
Giovanni
Treccani
degli Alfieri
Treccani e la Bibbia di Borso d’Este
Nell’aprile del 1923 l’antiquario fiorentino
Tammaro De Marinis apprende per caso che la
Bibbia di Borso d’Este, giunta a Parigi alla fine
della Grande Guerra, sta per essere venduta a un
banchiere americano.Per evitare che il manoscritto
finisca Oltreoceano, De Marinis chiede l’intervento
del Governo italiano, ma la somma richiesta per
acquistare la Bibbia è iperbolica: quattro milioni
di franchi.
È allora che viene contattato Giovanni Treccani,
cui Giovanni Gentile e Benedetto Croce illustrano
l’importanza dell’opera e la necessità di riportarla
in Italia.
Nonostante la cifra sia altissima anche per le sue
finanze, Giovanni Treccani accetta.
In una vera e propria corsa contro il tempo - se la
trattativa non si chiude in 48 ore, il codice passerà
all’americano - Treccani si procura la somma
necessaria e si reca a Parigi.
Qui ammira per la prima volta il manoscritto e si
dice «abbagliato dalla bellezza incomparabile dei
disegni, dalla freschezza dei colori, dalla ricchezza
smagliante delle miniature su fondo oro».
Da abile uomo d’affari, Treccani riesce a
concludere l’affare per 3.300.000 franchi e
al contempo annuncia che donerà l’opera allo
Stato Italiano, facendo esclamare all’incredulo
antiquario parigino «Vous êtes fou!».
[ Montichiari (Bs), 3 gennaio 1877 - Milano, 6 luglio 1961 ]
Figlio di un farmacista e di una nobile bresciana, all’età di 17 anni emigra in Germania,
dove si specializza presso la scuola di tessitura di Krefeld. Tornato in Italia, perfeziona le
sue competenze nel settore lavorando nel Lanificio Rossi, la maggiore impresa laniera
nazionale del tempo.
Nel 1911 rileva il Cotonificio Valle Ticino, dove introduce significative innovazioni tecnologiche occupandosi anche di aziende chimico-meccaniche per la produzione di fibre
nazionali. In pochi anni va a capo di una vasta organizzazione di filatura e tessitura
del cotone. Consapevole della responsabilità sociale dell’imprenditore e della vitale
importanza delle istituzioni culturali, impiega gran parte delle sue risorse finanziarie in
attività filantropiche. Nel 1921 dona una ingente somma all’Accademia dei Lincei, allora
in condizioni molto critiche, nella speranza di ottenere la fondazione di una cattedra
universitaria destinata ad Albert Einstein.
La più celebre impresa filantropica dell’imprenditore è l’acquisto della Bibbia di Borso
d’Este, considerata il capolavoro assoluto della miniatura rinascimentale: per donarla
allo Stato Italiano,
Treccani sostiene l’incredibile spesa di oltre tre milioni di franchi. Anni dopo, l’industriale
bresciano finanzierà anche la realizzazione del primo, storico facsimile della Bibbia.
Il nome Treccani resta universalmente legato alla pubblicazione della grandiosa Enciclopedia italiana. L’ambizioso progetto editoriale gli viene proposto da Giovanni Gentile
nel 1924, lo stesso anno della sua nomina a Senatore del Regno.
L’idea interessa molto Treccani, che durante il suo periodo di studio in Germania aveva
notato l’ampio uso di enciclopedie e dizionari, pratica fino a quel momento assente in
Italia. Inserendosi con la sua capacità imprenditoriale nello scenario dei tentativi enciclopedici, diviene parte determinante nella realizzazione della Enciclopedia Italiana
di scienze, lettere ed arti.
Insieme alle case editrici Bestetti e Tumminelli e Fratelli Treves, nel 1931 costituisce poi
la società Treves-Treccani-Tumminelli, che diventerà l’Istituto della Enciclopedia Italiana.
Alla sua morte, nel 1961, il Senato della Repubblica ha celebrato solennemente Giovanni
Treccani come “una delle figure più caratteristiche di mecenate che il nostro tempo
abbia potuto vantare”.
ez
Ermenegildo
Zegna
Il “Tessuto Numero 1” lega l’origine
del Lanificio Zegna di Trivero alla realtà
dell’azienda globale, dal primo tessuto
del 1910 alla sua rivisitazione del 2010.
Il Centenario ha imposto una consapevole
valorizzazione dell’archivio aziendale.
Quel tessuto secolare si dimostrava ancora
attuale e riproponibile semplicemente
aggiornandone i parametri.
Materia prima, lavorazioni intermedie,
coloriture, tessitura e nobilitazione sono
le stesse di cento anni fa. Cambia nel peso,
dai 500 gr/m di allora ai 270 gr/m di oggi.
Il “Tessuto Numero 1” fu ideato
da Ermenegildo Zegna. La traccia “autografa”
è nel campionario originale custodito
a “Casa Zegna”, l’Archivio del Gruppo Zegna.
La scheda tecnica di tessimento e il campione
ne hanno permesso la perfetta replicazione.
Per la limited edition commemorativa del
2010 è stata scelta la lana Superfine 15 Milmil
15, tra le migliori fibre pettinate impiegate
da Zegna. Questa versione leggerissima
fa risaltare il disegno originario e la sua
modernità.
Gli abiti realizzati con questa stoffa
rappresentano la sintesi del brand Zegna,
dalla selezione del “greggio” alla confezione
di lusso, coniugando innovazione e storia,
tradizione ed eccellenza produttiva.
[ Trivero, 1892 - Trivero, 1966 ]
Avviato giovanissimo all’attività lavorativa con il padre e con i fratelli Edoardo e Mario, ancora minorenne, nel 1910 costituì la società “Zegna & Giardino”, che pochi anni dopo divenne “Fratelli Zegna di Angelo”. Unendo le proprie competenze tecniche ai metodi di lavorazione inglesi, negli anni ‘30 Ermenegildo impostò le strategie produttive e di mercato che
avrebbero portato il marchio Zegna alla conquista del mondo. Raggiunto tale traguardo, il
fondatore diede vita alle “Opere Sociali” (1932-1939): il centro socio-assistenziale, la “Strada
Panoramica Zegna” e la piantagione di circa 500.000 conifere, creando un paesaggio naturale di assoluta bellezza.
Nel 1941 l’Azienda si trasformò in “Lanificio Ermenegildo Zegna e Figli” con l’ingresso di
Aldo (1920-2000) e Angelo (1924).
La figura di Ermenegildo Zegna è tramandata come quella di un imprenditore-lavoratore
ordinato, scrupoloso, pragmatico, ma con lo sguardo sempre rivolto verso l’orizzonte.
Al passaggio di consegne si presentò la sfida della confezione: alla consolidata esperienza
nella produzione dei tessuti, a partire dal 1968 si aggiunsero l’abbigliamento, gli accessori e
lo sportswear. Il Gruppo si affermò su tutti i mercati esteri con l’apertura di filiali commerciali e produttive, nonché di centinaia di boutiques e corner. Fin dagli anni Settanta, Aldo
Zegna si dedicò al settore produttivo e commerciale. Rivestì incarichi nell’Unione Industriale Biellese e nell’Associazione dell’Industria Laniera Italiana. Ebbe un ruolo determinante
per il rilancio di Pitti e per il Centro di Firenze per la Moda Italiana (CFMI). Fu un “umanista”
che seppe unire alle capacità imprenditoriali una notevole sensibilità culturale. Morì il 17
giugno del 2000. Entrato in azienda, Angelo Zegna si occupò della pettinatura, della filatura e dell’acquisto delle lane. Dopo lo stabilimento di Novara (1968) per la produzione di
capospalla e pantaloni, tra gli anni Settanta e Novanta guidò la delocalizzazione in Spagna,
Svizzera, Turchia e Messico per la confezione e la camiceria. Nel 1974 Angelo Zegna entrò
nel Sistema Moda Italia. Già al vertice dell’Association Européenne des Industries de l’Habillement, nel 1987 assunse la presidenza dell’International Apparel Federation.
A partire dal 1979, Paolo Zegna entrò nel Gruppo seguito negli anni successivi da Gildo,
Anna, Benedetta e Laura, la terza generazione si affiancò alla seconda. Con la nomina di Ermenegildo (Gildo), figlio di Angelo, e Paolo, figlio di Aldo Zegna, ad amministratori delegati
nel 1998, Angelo Zegna assunse la carica di presidente ed è tuttora presidente onorario del
Gruppo. Oggi è Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria dal 2008 al 2014, a presiedere il Gruppo, mentre il cugino Gildo ne è l’amministratore delegato. L’azienda conta oltre
7.000 dipendenti e ha chiuso il 2015 con un fatturato di 1.261 milioni di Euro.
Progetto grafico Avenida srl
Finito di stampare nel maggio 2016