pag. 206-215
Transcript
pag. 206-215
© Springer-Verlag 2002 Pathologica (2002) 94:206-215 RILETTURE R. Vigliani Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte Giulio Bizzozero: remembrance 100 years after his death L’inizio del secolo XXI coincide col primo centenario della morte (1846-1901) di Giulio Bizzozero, patologo generale. Il suo apporto nella storia della Medicina è segnalato, tra gli altri, da Norman nel repertorio della Morton’s Medical Bibliography (Ematologia) [1]. Sempre in ambito ematologico, Tavassoli ne ha focalizzato il ruolo nella scoperta dell’ematopoiesi midollare [2], così come, più di recente, Scarani su Pathologica (Riletture) in quella delle piastrine e della loro funzione [3, 4]. Nella letteratura sull’Helicobacter pylori, Bizzozero è stato ripetutamente menzionato per aver descritto “spirilli” nello stomaco di cane e un intero articolo è stato dedicato da Figura e Oderda a questo argomento [5]. Forti segnali di memoria sono scaturiti dal Convegno intitolato “Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni”, tenutosi a Torino (21 settembre 1994) e organizzato dall’Accademia delle Scienze e dall’Università di Torino. I contributi sono stati pubblicati nel 1996. Su questa base documentaria, sulla raccolta di scritti vari curata dalla famiglia “In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte” e su altre fonti [6, 7, 8, 9] viene qui ricostruita in Appendice una cronologia biobibliografica della sua attività pubblica, scientifica e politica. Rifacendosi a questo contesto, la presente nota intende contribuire a ricordare G. Bizzozero, soffermandosi su alcuni tratti o passaggi della sua vita, proposti come spunti di riflessione per il nostro tempo di patologi: europeismo, interdisciplinarietà, antiaccademismo, socialità. Europeismo L’europeismo di G. Bizzozero ha connotazioni essenzialmente culturali. Linguisticamente, la comunicazione scientiR. Vigliani () UOA di Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “E. Agnelli” ASL 10, Via Brigata Cagliari 39, I-10064 Pinerolo (TO), Italia Tel.: +39-0121-233342 Fax: +39-0121-76449 fica in Europa, col declino dell’uso del latino, dall’inizio del XIX secolo aveva subito un certo rallentamento, segnato dalla contesa tra francese e tedesco e in attesa della successiva egemonia anglosassone [10]. In Italia, questa difficoltà era acuita dal ben noto frazionismo politico. Il tormentato cambiamento che conduce alla formale unificazione politica del 1861, prefigurata dalla “stagione” dei Congressi medici italiani (dal 1839 al 1847) [11], viene a consolidarsi nel decennio successivo, sebbene per la scienza subentri uno stato di “decadentismo”, di “spirito nazionalistico” [12] e di “forte ritardo nei confronti di altre nazioni europee” [9]. Tuttavia, dal 1970, dopo la guerra franco-prussiana, “sarebbe trascorso quasi mezzo secolo di durevole pace europea” [13], che avrebbe favorito i rapporti internazionali. La vita di Bizzozero, nei suoi vari aspetti, riflette notabilmente proprio questa fase di transizione. Degli inizi interessa qui la parte formativa. Egli, appena laureato, muove da Pavia, indirizzato dal suo maestro Paolo Mantegazza verso Scuole prestigiose di Patologia come quelle fiorite a Zurigo (Heinrich Frey), Würzburg (Rudolf Albert von Kölliker), Vienna (Ernst Wilhelm Brücke), Berlino (Rudolf Virchow) [14]. Anche la sua produzione scientifica esprime questa impostazione iniziale. Nel 1867 compare un sunto con note del Manuale di Microscopia di Frey [15]. Dal 1868, con il primo lavoro sulla funzione ematopoietica del midollo osseo, si inaugura una consuetudine di confronti con Autori stranieri con cui si riscontrano sia convergenze di opinioni, come rispetto al tedesco Ernst Neuman (Könisberg), sia successivamente motivi di disputa polemica, come ad esempio verso il francese George Hayem insegnante di Clinica Medica a Parigi (che credeva le piastrine ematoblasti, ossia globuli rossi in formazione). La rilettura di questa dialettica internazionale è anche istruttiva per comprenderne la fecondità, congiuntamente alimentata, allora come ora, da curiosità assoluta e desiderio di paternità. La nota di Neuman [16], riguardando ciò che Bizzozero già conosce (è del 1865 la comunicazione di Mantegazza su osservazioni dello studente G. Bizzozero sui “corpuscoli semoventi del midollo osseo”), lo stimola a pubblicare subito Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte i suoi dati nel mese successivo e a sviluppare ulteriormente e più compiutamente la ricerca. La citata erronea interpretazione sulle piastrine da parte di Hayem, che però fin dal 1879 ne aveva descritto correttamente la morfologia [17], attrae l’attenzione di Bizzozero, che a sua volta fa valere la sua maggior perspicacia su tale argomento. L’attenzione agli altrui contributi appare ben radicata, anche nel periodo di già acquisita fama: ad esempio, nel lavoro in cui descrive gli “spirilli” nello stomaco di cane (1892), Bizzozero evidenzia la peculiarità del reperto rispetto alla precedente scoperta di “bacilli nelle cellule dei follicoli linfatici dell’intestino di coniglio”che si attribuisce in contemporaneità con Moritz Ribbert di Bonn. Conscio dell’importanza di una adeguata diffusione delle notizie scientifiche, cura versioni o comunicazioni che trattano il medesimo argomento anche in francese e tedesco. Con la rivista da lui fondata nel 1876, Archivio per le Scienze mediche, intende “rappresentare, di fronte agli studiosi stranieri, la produzione scientifica d’Italia” e, in quest’ottica, oltre che raccomandare agli allievi la “conoscenza delle lingue” [18], esprime l’esigenza anticipatrice di un’“unica parlata” [19]. Il famoso “Manuale di Microscopia Clinica” (suo “testamento scientifico” secondo Matoni [20]) vede, accanto alle cinque edizioni italiane (dal 1880 al 1901), anche edizioni in tedesco, francese, danese, spagnolo, inglese e persino in russo e giapponese [18, 21]. È interessante notare che esso, influenzato probabilmente dal Manuale di Frey [12], se ne distacca nell’autonomia dello sviluppo dei contenuti e dell’impostazione, fortemente clinico-pratica e del tutto originale per quei tempi [21]. Non solo è oggetto di traduzioni (con apposite prefazioni), ma diviene nucleo generatore di edizioni ampliate, fin dalla prima delle tre in francese di Christian Firket di Liegi (1883), apporto (soprattutto microbiologico) riconosciuto da Bizzozero nella prefazione alla terza edizione italiana (1888). Il filo conduttore della sua internazionalità si dipana ulteriormente dall’Università di Torino. Insediatovisi nella cattedra di Patologia Generale, diventa col tempo socio di istituzioni estere, come le Accademie di Medicina di Würzburg, Berlino, Amsterdam, e consolida o sviluppa rapporti con Centri di studio di Parigi, Montpellier, Könisberg, Erlangen, Vienna, Varsavia e fin oltre l’Europa (Stati Uniti d’America e Russia) [9].Tra le biblioteche mediche torinesi la sua, schiettamente europea, diventa “la più ricca e aggiornata”; la sua collezione di periodici e testi monografici, conservati a Torino, è così rilevante da avere ispirato “il progetto della ricostruzione” biblioteconomica del Fondo Bizzozero per il periodo1873-1920 [22].“Egli fu l’autore al quale più deve la Biologia italiana dell’Ottocento che con Bizzozero riacquistò un prestigio europeo” [8]: questa definizione fa riferimento a quello che Golgi chiama “risorgimento scientifico” dell’Italia [6], ma più in generale richiama il concetto di scienziato come cittadino del mondo e “il giudizio degli stranieri è, in generale, il giudizio dei posteri” [23]. Come suggello può essere ricordata la sua presidenza onoraria del XIII Congresso 207 Medico Internazionale di Parigi (1900). Alla sua morte prematura, tutta questa tessitura di relazioni con l’estero pare essere emblematicamente, oltre che conclusivamente, suggellata dalle parole scritte ai familiari da Virchow “la perte de l’homme le plus célèbre dans notre science” [24]. Interdisciplinarietà L’internazionalità della formazione e della comunicazione certamente sostiene l’impostazione decisamente interdisciplinare di Bizzozero, nel senso che “nessun argomento gli era estraneo” [12]. Su questo terreno si fondano almeno altri tre elementi costitutivi, tra loro strettamente intrecciati: la visuale intrinsecamente ampia della Patologia Generale, il rinnovamento scientifico di questa disciplina e il laboratorio. A Pavia è influenzato da Eusebio Oehl, dal 1861 primo titolare in Italia dell’insegnamento della Fisiologia Sperimentale, dal clinico medico Salvatore Tommasi e diventa allievo di Mantegazza, patologo generale e antropologo [6, 7, 9]. È un riflesso di questo periodo il “Giornale della Società di Scienze Matematiche, Fisiche e Biologiche” che Bizzozero fonda nel 1866. In occasione del trasferimento a Torino (propiziato dal fisiologo Jakob Moleschott e dal clinico medico Giuseppe Timmermans [21]), Bizzozero legge la “Prelezione al Corso di Patologia Generale” (1872-1873), frutto della precedente esperienza pavese e tutta da meditare. Egli parte da una rigorosa critica intradisciplinare a garanzia di una interdisciplinarietà autenticamente fondata. Si manifesta così la sua reazione alla Patologia Generale sistematica e descrittiva per fondare una nuova Patologia Generale sperimentale e interpretativa. Si riportano qui alcuni cenni sulle interconnessioni con altre discipline, discusse da Bizzozero in termini sia di evoluzione storica che di rispettiva competenza, nel tentativo, piuttosto innovativo, di armonizzare “libero esame”, “divisione del lavoro” e “buon accordo scientifico”. Preliminarmente individua due settori fondamentali, quello delle “scienze naturali o biologiche”, cui appartiene la Patologia Generale, e quello delle “scienze mediche”. La Fisiologia, “separatasi dalla Zoologia e dall’Anatomia”, “aveva applicato o tentava di applicare largamente all’uomo i risultati ottenuti” dalla Fisica e dalla Chimica “spronando poi la Patologia a seguirla per la stessa via” e “modificando i suoi rapporti con la Medicina Pratica” soprattutto studiando “per quali cagioni ed in quali modi ammalino i tessuti, tenendo dietro passo passo alle loro alterazioni di composizione chimica, di struttura e di funzione” cercando infine di “determinare in qual modo e secondo quali leggi i processi morbosi si associno a costituire le malattie” nella loro “diversa durata e il vario modo di decorrere e di terminare”. Appare superfluo ogni commento sull’attualità di questa prospettiva. Prosegue quindi affermando che“mentre arricchisce, così, il proprio dominio scientifico di rami 208 nuovi o che appartenevano ad altre scienze, la patologia dovette cedere vari rami che una volta ne costituivano una delle parti principali e che ora, pel mutato indirizzo, non potrebbero più essere studiati cogli stessi suoi mezzi, o col suo stesso intento”: la “Terminologia medica”, la “Sintomatologia”, “una parte dell’Eziologia”, quella “studiata dall’Igiene”. Ribattezza la stessa Patologia Generale come “Fisiologia Patologica”, avvertendo che la definizione è solo apparentemente “strana”, bensì giustificata dai “legami che fino nelle parti più elementari, riuniscono la Fisiologia alla Patologia”. È chiaro il riferimento, successivamente esplicitato, alla cellula “vero organismo elementare” e al “movimento molecolare”, concetti fondanti della sua futura classificazione dei tessuti ad elementi “stabili, labili e perenni”. Spinge questa “affinità” sino al suo estremo:“la malattia non è cosa distinta dalla salute; sì l’una che l’altra sono due modi di essere di uno stesso corpo” ed “è a sperare venga presto il tempo in cui le due scienze si riuniscano in un’unica fisiologia dell’organismo”. Viene qui sinteticamente enunciato quanto è analiticamente ed in varia misura rintracciabile nelle sue opere scientifiche, ossia il problema del complesso rapporto esistente tra normale e patologico, in termini di approfondita conoscenza del primo per cogliere la derivazione da esso del secondo, di coesistenza e reciproca influenza, di definizione del confine [6, 7]. A questa sorta di prospettiva ad intra, fa da contrappunto un’altra ad extra. Aderendo all’onda scientista [25] Bizzozero ne vede con favore l’influenza su Antropologia, Psichiatria e Psicologia, fino al “mondo ideale dell’Arte” [6, 9]. Pare tuttavia astenersi da posizioni estreme, ad esempio di tipo materialistico, ed accettare piuttosto il benefico effetto riduzionista del meccanicismo, come definito da Abbagnano [26]. Analogamente, distingue con equilibrio nelle “parentele” che vanno dalla Clinica all’Anatomia Patologica. Interessante è il raffronto stringente tra Patologia Generale e Anatomia Patologica che sono sì accomunate dalla “ricerca delle morbose alterazioni di forma”, ma “la prima studia il fenomeno mentre si compie”, la seconda “studia il risultato del fenomeno compiuto”. Nell’introduzione alle sue Dispense di Istologia Normale del 1884 (il primo “trattato” italiano sulla materia, già insegnata a Pavia [27] e in seguito ufficializzata a Torino [28]) sostiene una differenza terminologicamente smarrita, ma concettualmente ancora valida, tra Anatomia Microscopica e Istologia: esse differiscono nell’“oggetto” e nei “metodi” del loro studio nel senso che, mentre la prima “tien dietro all’anatomia macroscopica”, assoggettando le diverse parti del corpo “alla lente, studiandole così con occhio più acuto”, la seconda studia “l’organizzazione e ne indaga le leggi”. Coerentemente, quando introduce il nuovo capitolo sugli schizomiceti patogeni nel suo Manuale (III edizione, 1888), afferma l’autonomia della “Batteriologia”, rimandando in nota con onesta obiettività ai testi allora più rappresentativi, ma anche significativamente rimarcando la differenza tra “studio generale” proprio di quella e il suo ap- Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte proccio “diagnostico”, significativamente ribadito dal termine “batterioscopia” (che compare nella Prefazione alla IV edizione del 1894). Si introduce così il terzo elemento: il laboratorio, dove “affluivano ...gli studiosi di tutte le discipline dello scibile medico” [29], “il primo laboratorio scientifico d’Italia” [12]. Per Bizzozero rappresenta soggettivamente una scelta totalizzante con una rinuncia ad ogni attività clinica, ancorché remunerativa (cosa non proprio scontata tra i cultori di discipline biologiche del tempo [12]) e oggettivamente un luogo “aperto”, in cui viene accolto e valorizzato ogni contributo [12], ma anche vigilato, onde evitare aberrazioni [18, 21, 27]. Esso innanzitutto va inteso come impiego ordinario (e primario) del microscopio:“alla penna dell’antico patologo vengono anteposti gli strumenti dell’osservare” (da una prefazione di Bizzozero del 1871 ad una raccolta di studi pavesi [23]). Prima si avvale del modello Nachet, che possiede “del suo” e che si porta a Torino da Pavia [27] e successivamente acquista il modello Hartnak, tuttora conservato presso la sezione di Patologia Generale del Dipartimento di Medicina ed Oncologia Sperimentale dell’Università di Torino [9, 17]. La microscopia è il cuore del laboratorio e la via maestra della ricerca di Bizzozero. Vi ruota attorno la diversificazione degli argomenti scientifici di varia pertinenza (Istologia Normale, Anatomia Normale e Patologica, Anatomia Comparata, Ematologia, Chimica, Batteriologia, Medicina Legale...): ad essa si devono tutte le sue scoperte più importanti. È importante lo strumento ma ancor più da chi e in che modo è usato, come per “l’occhiale” di Galileo [21]. L’affinamento tecnico delle preparazioni microscopiche procede inscindibilmente con il progresso della morfologia e Bizzozero ne è interprete scrupoloso, oltrettutto nel periodo di transizione verso l’iniziale impiego di coloranti. Coglie sollecitamente le proposte di Autori anche impegnati in altre discipline, come nel caso della colorazione di Gram (1884) [30], subito utilizzata in batterioscopia e applicativamente sviluppata per altre necessità (“metodo Bizzozero” per evidenziare le cariocinesi, 1886) [6, 7, 21, 27]. Più in generale vi si correla la sua capacità di escogitare soluzioni tecniche adatte ora a problemi pratici generali, come il cromocitometro [18, 21], ora a particolarissime proprie esigenze di indagine mirata, come per l’osservazione delle piastrine [17]. In fondo egli interpreta abilmente, anche beneficiandone in termini di risultati, quella fase pionieristica. L’uso del microscopio non può essere disgiunto dalla cura iconografica “so per prova che un buon disegno vale spesso assai più della migliore descrizione” (prefazione al Manuale del 1879). Che nei disegni litografati vi fosse spesso la sua mano ce lo assicura Mantegazza [31]. Le sue “tavole istologiche” per la didattica, tuttora custodite e apprezzabili presso il citato Dipartimento, “costituiscono la più antica collezione di disegni di istologia normale e patologica esistente in Italia”, splendidamente riprodotte nel libro di Gravela [9]. Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte Nel Manuale, dedicato all’amico clinico medico Camillo Bozzolo, propugna l’uso diagnostico del microscopio nella pratica medica quotidiana, paragonandolo nella prefazione (1879) alla “percussione nelle malattie degli organi del torace”. Ne fanno fede, oltre alla materia trattata, l’ampia introduzione descrittiva e la allora effettiva diffusione di questo strumento, col tempo fatalmente confinato all’utilizzazione specialistica. Probabilmente Bizzozero pagò qualche tributo alla sua interdisciplinarietà, potendosi concentrare meno su singole aree, già peraltro acutamente esplorate, come per la la stessa Ematologia, cui ad esempio Neuman si dedicò continuativamente [2, 32]. Già nella comunicazione del 1868 sulla “funzione ematopoetica” accennava introduttivamente al fatto che fin dal 1865, dopo il conseguimento dei primi risultati sulla rana e sulla gallina, aveva esteso i suoi studi ai mammiferi: “ma, distratto da altri lavori, non li potei continuare che a lunghi intervalli”. Compensativamente però Bizzozero seppe farsi distrarre meno di altri patologi del tempo dal prorompente sviluppo della Batteriologia [12], pur delegandone lo studio agli allievi, tra cui Pietro Canalis [21]. Bizzozero ebbe diretti rapporti con l’ Anatomia Patologica, in cui a Milano da studente si esercitava durante le vacanze [33] e secondo Abba ebbe un breve esordio lavorativo post lauream [34]. La bibliografia riferisce una decina di lavori anatomopatologici [6, 7, 9]. Firket, coautore nelle edizioni in francese del Manuale, era anatomopatologo. Significativo, anche se un po’ forzato, è il parere di Mantegazza che individuava in Bizzozero più l’“anatomico” che il “biologo” [31]. Proprio a questo ambito si può ascrivere la forse più rilevante incompiutezza (per i patologi), considerando il progetto, esplicitato fin dalla prefazione del 1879 alla prima edizione del Manuale, di riservare allo studio dei tumori “una probabile futura pubblicazione”, mai realizzata. D’altra parte, dato l’intento pratico, è nella stessa edizione che egli dimostra già compiutamente un approccio citodiagnostico di sorprendente modernità. Proprio lui che in seguito nel 1894 darà, con la sintesi conclusiva di lavori iniziati con Vassale nel 1884 [6, 7, 21, 23], la fondamentale interpretazione biologica della citologia del suo tempo, imperniata sullo studio della divisione nucleare (rigenerazione) e del consumo cellulare, antecedenti obbligati delle problematiche embriologiche e oncologiche del nostro tempo, con le relative implicazioni biotecnologiche e biomolecolari. Se si nutrissero dubbi sull’unicità d’origine e sull’impostazione interdisciplinare del laboratorio diagnostico-sperimentale nella Medicina italiana si troverebbe in quanto sopra esposto una risposta piuttosto convincente. Ma in tal senso è altrettanto significativo il tormentato itinerario personale di Bizzozero dalle prime osservazioni microscopiche da studente in vacanza a Varese [35], al “cenacolo” universitario pavese, “due sedie, due tavolini e un microscopio” [31], all’ambiente torinese, dapprima in “due stanzettacce” [21] dell’Istituto di Anatomia Umana di via Cavour trasformate in “simulacro di laboratorio” (di Istologia e Patologia Gene- 209 rale) [12], poi nell’intermezzo privato “catacombale” [21] “in una cameretta del suo appartamento” [27] di via Nizza (ad uso pubblico per i suoi allievi), fino al “Gabinetto (poi ribattezzato “Laboratorio”) di Patologia Generale” di via Po. Di tutto ciò [21, 27] scaturisce una rievocazione fisica e quasi planimetrica dalle parole di Morpurgo e Salvioli: un “corridoino” ritagliato, “una stanzetta per operazioni sugli animali e gli studi di Chimica organica e poi anche di Batteriologia”, “la stanza del Professore”, il locale per la fornitissima “Biblioteca”, con “Museo”. Salvioli [27] completava puntigliosamente questa descrizione aggiungendo: “uno stambugio oscuro... per le sue ricerche cromocitometriche” e “un’altra misera stanzuccia... in altra parte del fabbricato”, dove trovava “luce viva ed assoluta quiete e tranquillità”, adatta per lo studio a forte ingrandimento delle piastrine. Era questa “l’officina scientifica più accreditata d’Italia” [21], ma è ancora più chiaro che il laboratorio era anzitutto per Bizzozero una categoria mentale. Antiaccademismo È subito palese la disposizione di Bizozero ad entrare nel mondo accademico così come l’intenzione di restarvi e operarvi, non per accademismo fine a se stesso, ma piuttosto per il fascino su di lui esercitato dalle persone che vi incontra e dalle attività che vi si possono svolgere. Queste motivazioni rappresentano una sorta di caratterizzazione preaccademica ovvero un antecedente ideale antiaccademismo, che presto però dovrà sostanziarsi nel vissuto. Tra due limpidi eventi accademici, il premio Matteucci al laureando per l’eccellenza nello studio [8] e il premio Riberi, definitivo riconoscimento al suo contributo di scienziato [21], si situa infatti il tempo dell’incomprensione e degli equivoci. Il microscopio evoca reazioni scomposte: ritenuto nulla più che un “giocattolo” ai tempi pavesi [18] o, come riferisce Morpurgo a proposito dell’inizio dell’attività universitaria torinese, “un’arma infernale, destinata ad abbattere i dommi consacrati dalla lunga ripetizione cattedratica” [21]. Interessante la profonda sfasatura concettuale tra l’accusa gratuita di chi gli rimprovera di “vedere quello che si voleva e non quello che si doveva” [27] e l’atteggiamento risoluto di chi invece si muove in un campo innovativo, in cui si trova anche quello che non si cerca. L’antiaccademismo di Bizzozero appare tanto più credibile in quanto è critica espressa dall’interno, anzi rafforzata probabilmente, all’inizio, dall’esempio di Mantegazza, che stigmatizzava le “le chincaglierie accademiche” [31]. La ricerca è per Bizzozero “denudare la verità” [21], ovvero formarsi delle convinzioni ragionando sui “fatti”, contro “la pochezza di quanto si era raccolto dai deliri dei sistematici”, contro lo“svagare del pensiero nello sterminato campo del fantastico”, contro il “giuoco di frasi e di parole” che sacrificava “la propria dignità e la vita del malato in omaggio di un individuo o di una scuo- 210 la... fino a tempi a noi, relativamente, vicinissimi”, un modo per non dire contemporanei (Prelezione del 1872-1873). Bizzozero pagò ben oltre le critiche formali la sua indipendenza intellettuale dalle istituzioni, quando fu privato dei locali del suo primo laboratorio torinese, che, come ricordato, fece sopravvivere nell’ibrida privatezza della sua casa, ben espressa dall’insegna “Laboratorio del Prof. Bizzozero” [9]. La sua posizione tuttavia non si manifesta in astiosa separatezza, bensì in coerente e guardinga pervicacia, “opera di anni” [6]. Egli infatti, quale cultore dichiarato del positivismo, reagisce all’umoralismo ed al vitalismo [27], ma se si accetta la definizione del positivismo data da Abbagnano [26], quale “romanticismo della scienza”, allora bisogna pensare che il positivismo di Bizzozero si discostasse almeno da una certa accezione di romanticismo e comportasse piuttosto una connotazione illuministica, come sottolineato anche da Bobbio [36]. Il rigore e soprattutto la “misura” [37] intellettuale sono gli elementi equilibratori personali, per cui egli rifugge le “teoriche trascendentali ed apparentemente sublimi” così come il “rozzo empirismo” (Prelezione 1872-1873). L’impressione è che queste caratteristiche scaturiscano dalla migliore matrice, quella etica, e si combinino felicemente con la libertà di pensiero e con un certo distacco. Spirito laico, Bizzozero fu definito “liberale e progressivo nelle idee ...ma conservativo e autoritario nell’azione” [37]. Si spiega così come egli possa propugnare l’accademizzazione delle scuole superiori (ad esempio, di Veterinaria e Agraria [14]) e diventare membro di diverse altre Accademie italiane (Perugia, Firenze, Genova, Bologna, Roma, Padova) [9], oltre che straniere come già accennato, ma anche sostenere il centralismo statale sovra-accademico in campo sanitario [18, 38]. Si spiega così come egli possa diventare conciliativamente rettore dell’Università torinese (per il tempo strettamente necessario) per risolvere i problemi di tensione con la “scolaresca” [27] e sostenere i suoi allievi nei concorsi, anche se “mai... al di là del giusto e dell’onesto” [39], ma anche espellere un allievo medico troppo individualista [18], e, ancora, studiare l’insegnamento in Italia [9] e contemporaneamente curare la quotidianità di rapporti con gli Ospedali per la raccolta casistica [34] (significativo il ringraziamento speciale ad Achille Visconti, medico primario prosettore dell’ Ospedale Maggiore di Milano) (prefazione al Manuale, 1879), o accontentarsi di una “auletta” per le sue lezioni nel nuovo Istituto di Patologia Generale (1894) [34]. Quest’ultima annotazione introduce alla figura di Bizzozero maestro. Lo scenario è ampio. Esistono gli allievi affezionati frequentatori delle lezioni ufficiali, che nell’immediato raccolgono con cura (lezioni di Patologia Generale) e che anche a distanza di tempo confidano di conservare e consultare [37]; altri venerano la fotografia del “Maestro” in casa (Bobbio cita il padre laureatosi nel 1900 [36]). Poi i collaboratori stretti (il laboratorio come “forma di istruzione” [37]), accolti con apertura e formati essenzialmente nel metodo; egli (sono sue le parole) li accompagna nei “primi passi”, “accomuna le sue ricerche cogli al- Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte lievi più volonterosi. Una mente dà l’idea e l’indirizzo generale dei lavori; altre menti si occupano delle particolarità dell’esecuzione”, si preoccupa di superare “gli elementi discordanti” non con la prevaricazione, ma con la forza dell’esempio o della dimostrazione; è disposto a riconoscere i contributi originali anche di chi sia ancora “studente” (Prelezione 1872-1873). Ci sono infine i colleghi espliciti estimatori in vita della sua “luce” alle frontiere della ricerca (ad esempio, Victor von Ebner con von Kölliker [6, 33]). Si può forse dire che l’estensività stessa del magistero, oltre che la sua sopravvivenza, sia inversamente proporzionale proprio all’accademismo. È così che appare leggibile la sincera devozione già tra i contemporanei, come Camillo Golgi (1844-1926), patologo generale, insignito nel 1906 del premio Nobel per la Medicina (inaugurato proprio nel 1901), Pio Foà (1848-1923), anatomopatologo, e Luigi Pagliani (1847-1932), igienista; tutti alla sua morte si dichiararono suoi allievi, sebbene coetanei e collaboratori solo della prima ora i primi due o solo tardivamente il terzo [40, 41, 42]. È così che può essere accolta la sua valorizzazione anche della divulgazione giornalistica, come ulteriore forma di istruttiva “popolarizzazione”. Il ricco successivo sviluppo della sua Scuola, “le scuole mediche d’Italia contano più allievi di Bizzozero che non forse tutti gli altri Laboratori messi insieme” [37], è ben delineato nella esauriente genealogia accuratamente ricostrutita da Dianzani [43], non solo lungo i tre filoni di Patologia Generale, Anatomia Patologica e Igiene e Microbiologia, ma, come risulta fin dalle prime testimonianze alla morte, anche nel suo amplificarsi in campo clinico, quasi a proiezione postuma della ricordata interdisciplinarietà. I nomi figuranti a vario titolo sulla rivista Pathologica, a partire dal suo primo numero (15 novembre 1908), ne sono specchio fedele e lusinghiero. Socialità Per una malattia agli occhi (attribuita da Morpurgo ad una coroidite [21]), che lo colpisce nell’esercizio a lui più congeniale, deve lasciare di fatto anche se non formalmente il laboratorio, proprio quando questo raggiunge la sua fisionomia più compiuta con l’insediamento nel nuovo Istituto di Patologia Generale in corso Raffaello a Torino (probabilmente nel 1894). In questa vicenda Bizzozero sperimenta in modo forse più acuto di altri l’amara realtà che fa del medico un uomo più consapevole della malattia rispetto ai suoi simili, ma non meno immune. Gravela riporta un presagio di sventura in una poesia sulla caducità umana, presentata come di anonimo autore tedesco da Bizzozero (ma probabilmente sua), intitolata “Fiori di sambuco” [9]. Come la vocazione di scienziato l’aveva difeso contro l’accademismo, così l’identità di medico lo sprona a reagire. Ne consegue il passaggio alle tematiche igienistiche (che rappresentano circa un un quarto dei titoli di oltre cento pub- Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte blicazioni), che contrassegna la svolta verso la cosiddetta “attività sociale” [9]. Questa non rappresenta una vera cesura per almeno due motivi: da un lato il problema delle malattie infettive primeggia nel panorama biologico e clinico del suo tempo (circa un ottavo dei suoi antecedenti lavori di ricercatore riguardano questo argomento) e dall’altro il suo atteggiamento di fondo, con coerenza positivista, è teso agli aspetti applicativi, alla medicina pratica, alla salute dell’individuo e della collettività; il tutto è sommariamente simboleggiato (1889-1890) dall’“Albero dell’Igiene” di Angelo Celli [44]. In termini personali, si tratta del tema-sfida, che sempre si ripresenta al medico, del compiuto equilibrio tra mestiere e servizio, vero cardine qualitativo. Esplicite premesse, sub specie scientifica, si colgono diversi anni prima (Prelezione 1872-1873): “...in tutte le scienze il miglior metodo per arrivare ad importanti scoperte è di ricercare le verità nuove, senza pensare all’utile che potrà derivarne più tardi.Operando di questo modo, non si studiano solo quelle incognite che ci paiono, e possono anche non essere, più importanti per la pratica, ma si studian tutte; sì che la scienza ne acquista basi più larghe e più sicure; e spesso incontra che i risultati generalmente inattesi che si ottengono da ricerche appartenenti alla scienza pura, riescono più utili e più largamente applicabili di quelli ottenuti in indagini che non escono dal campo della pratica”. Analogamente, sub specie sociale, un decennio dopo, nella prolusione per l’inaugurazione dell’anno accademico 1883/1884, significativamente intitolata “La difesa della società contro le malattie infettive” (il suo anticipato“testamento igienico-sociale” secondo Pagliani [38]): “Voi udite e udrete sempre più parlare di questioni sociali” anche da parte di “falsi profeti, ...voi troverete coalizzate contro di voi le forze dell’ignoranza, dell’affarismo, dei pregiudizi, dell’inerzia. Non importa: studiate, combattete, perseverate!” [6, 38], esempio di vis polemica di alto profilo. Se cesura vi fu, essa va piuttosto riferita all’abbandono del microscopio, perché il laboratorio, che pur operava in campo igienistico, non fu più al centro dei suoi interessi [27]. Si può dire che la socialità è una, ma si può esprimere in diverse forme, oltre che al letto del malato, nel laboratorio, coll’azione politica, senza assolutizzazioni preconcette, ma variando non tanto il livello di responsabilità, quanto il mezzo adoperato, la sua potenzialità e il grado di personale esposizione o notorietà. Della politica (Bizzozero fu anche Senatore del Regno), lo interessava la possibilità di influire sulla sanità mediante le leggi, ma nella convinzione che “non basta mutare le leggi per ottenere ...benefici effetti ...è indispensabile che ognuno di noi sia persuaso che nel prevenire le malattie molto si può quando fermamente si voglia; è necessario che ogni individuo si faccia alleato degli esecutori della legge” [6, 38]. Questa socialità si innestava nell’amosfera culturale che fu definita il “socialismo dei professori”. Illuminante è l’analisi di Traniello dal titolo “la cultura torinese all’epoca di Bizzozero” [25], dove viene evidenziato l’eclettismo tra 211 aspetti spiritualisti e positivisti della Torino di quel tempo. Calza perfettamente alla figura di Bizzozero il concetto di società come grande laboratorio, ma in particolare quello di Torino città-laboratorio nei tre aspetti caratterizzanti: la ricognizione osservazionale, l’intervento diretto con l’assunzione di iniziative pubbliche, la pratica divulgativa. Infatti, Bizzozero fu attento osservatore delle realtà locali, anche nel senso epidemiologico del termine, propugnatore di opere concrete come l’Ospedale Principe Amedeo di Savoia (per le malattie infettive) o gli ammodernamenti manicomiali di Collegno e diverse altre iniziative [12,18, 37, 38, 45]; fu anche assiduo collaboratore della Gazzetta del Popolo [34]. Tale socialismo che risponde alla “questione sociale” (e le malattie infettive rappresentano per lui la “prima questione sociale”) va inteso nella sua giusta dimensione storica come qualcosa di più di una “semplice sensibilità”, ma anche qualcosa di meno dell’“ideologia organica” che seguirà [25]. Nell’ambito del riordinamento dell’igiene pubblica, Bizzozero esprime le proprie convinzioni nella sua “trilogia” (Nuova Antologia,1898-1900) [6, 34], in gran parte imperniata sulla lotta alle malattie infettive in chiave di prevenzione privata e pubblica (vaccinazione compresa). In diversi articoli pone particolare attenzione alla depurazione dell’acqua, alla conservazione del latte, ai dati statistici, alla repressione dell’alcolismo, alla difesa internazionale contro i contagi, alla relazione tra tubercolosi bovina e umana, al rapporto delle malattie cancerose col fumo e, in senso lato, con l’ambiente [6, 18, 38] e persino all’igiene delle macchine da scrivere: tutti temi che sembrano proiettare le loro luci e ombre fino ai nostri giorni. Ma se come scrive Cappelletti “caratteristica del Bizzozero igienista fu la mediazione tra leggi e abitudini igieniche da una parte, e dall’altra il progresso delle conoscenze scientifiche attinte alle più autorevoli fonti”, Bizzozero più in generale rappresenta una riuscita integrazione tra scienza e politica. In quest’ottica, mentre gli elementi costitutivi della sua scienza, sopra tratteggiati, acquistano una particolare vivezza, quelli delle sue convinzioni politiche, l’esigenza del centralismo unificatore e organizzatore dello stato e di una legislazione che diventi intima consapevolezza del cittadino, appaiono ancor più profondamente attuali. Postilla Nel Capitolo introduttivo alla recente pubblicazione del volume dal titolo “Guiding the Surgeon’s Hand. The History of American Surgical Pathology” [46] è stata sviluppata un’accurata analisi retrospettiva proiettata verso soluzioni future, di problematiche che potrebbero essere ricondotte alla seguente formulazione: la perdurante esistenza di un gap tra Patologia Generale e Patologia Diagnostica (ivi intesa come surgical pathology) ovvero più in generale tra Patologia accademica e non accademica. Significativamente, l’Autore (Rosai) cita la 212 contrapposizione dialettica tra Virchow: “...in addition to applied (diagnostic) microscopy, there is scientific microscopy.What will in the end be of importance in the development of medicine is whether the microscope proves to be an agent merely of diagnosis or truly of reform” e Mc Carthy “...many professors of pathology throughout this country manifest a lack of interest and an abundance of indifference in the practical application of their science to clinical practice”. Il miglior rimedio a questo dualismo è auspicato dall “integrazione” in forma di team ed espresso in termini anatomoclinici dalle parole di Stout, riportate in forma di prologo “...it is impossible to do intelligent surgery without a thorough understanding of the pathology of disease and it is equally impossible to make an intelligent interpretation of pathology without a clear understanding of its clinical implications”. Esse sembrano la parafrasi di un passo di Bizzozero: “La stessa terapia, il cui incremento è pur lo scopo ultimo che si prefiggono tutti i cultori delle mediche discipline, non potrà vantare che incerti e casuali progressi se sostenuta solo dall’empirismo; mentre avrà vita robusta se sorretta da una più esatta conoscenza dell’essenza dei morbi e della influenza dei rimedii sull’organismo” (Prelezione 1872-1873). È difficile sottrarsi alla suggestione di un Bizzozero, prefigurazione storica di tale sintesi propositivamente conciliativa. Cronologia biobibliografica di Giulio Bizzozero Tra le pubblicazioni citate sono inclusi, datati e contraddistinti (*), anche i lavori schiettamente anatomo-patologici. Si è fatto riferimento a Golgi: elenco bibliografico generale (numeri arabi) [6] e quello limitato alle opere scientifiche riprodotte in testo (numeri romani) [7]. Ai numeri (non sempre coincidenti) sono state aggiunte eventuali citazioni di altra fonte per precisazioni rilevanti o per colmare lacune. Le notizie biografiche sono tratte da: “In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia” (AA.VV., citati nel testo), Cappelletti [8], Gravela [9], “Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni” (AA.VV., citati nel testo). Sulle date sono state riscontrate qua e là discordanze; quando possibile la scelta è caduta sulle versioni più concordanti o più verosimili. 1846 Nasce a Varese (20 marzo). 1862 Inizia gli studi di Medicina a Pavia. 1864 * “Di un tumore a fibro-cellule degli emisferi cerebrali”, Archivio italiano per le malattie nervose, Vol. I (3, III) 1865 * “Sui corpuscoli semoventi del midollo delle ossa. Comunicazione di Mantegazza al R. Istituto Lombardo” in Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Vol. II (5), ricerca di Bizzozero. Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte 1866 Laurea di dottore in Medicina a Pavia (5 giugno) e Premio Matteucci (massimo punteggio in tutte le materie d’esame). A Pavia fonda il Giornale della Società di Scienze Matematiche, Fisiche e Biologiche (pochi numeri). *“Di un caso di tubercolosi peritoneale a tubercoli peduncolati”, Giornale della Società di Scienze Matematiche, Fisiche e Biologiche (8). *“Casi rari di anatomia patologica” (9) (riferimenti alla tubercolosi). Seguirà un lavoro sulla tubercolosi cutanea (35, XXV:1873). 1866-1868 Frequenta i laboratori di Frey a Zurigo, di von Kölliker a Würzburg, di Brücke a Vienna, di Virchow a Berlino. Supplisce Mantegazza nell’insegnamento di Patologia Generale a Pavia, assumendo anche la direzione del Laboratorio (1867-1868). Pubblica “Del microscopio e della tecnica microscopica. Manuale pei medici e per gli studenti, del dott. E. Frey, professore a Zurigo. Sunto con note”, Annali universali di Medicina, Vol. CCII, 1867 (14). 1868 Iniziano le pubblicazioni riguardanti la funzione ematopoietica del midollo osseo con l’articolo “Sulla funzione ematopoetica del midollo delle ossa. Comunicazione preventiva”, Gazzetta Medica italiana, Lombardia, Serie VI, Tomo 1, n. 46, pp 381-382 (14 novembre, Pavia) (17) [32]. Seguiranno altri lavori sull’argomento. 1869 Inizia l’incarico ufficiale dell’insegnamento a Pavia. Socio corrispondente dell’Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti. 1870 * “Sullo sviluppo del mollusco contagioso” con N. Manfredi, Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Serie II, Vol. III (21). Seguiranno altri lavori con Manfredi sull’argomento (22, XVI:1871; 42, XXIX:1876). 1871 * “Sullo sviluppo del glioma secondario del fegato”, Giornale della R. Accademia di Medicina di Torino (25, XVIII). 1872 Membro dell’Accademia dei Lincei. *“Beitrag zur Kenntniss des Baues des Epithelioms”, Medizinische Jahrbücher (31, XXII) [9]. *“Del rapporto che sta tra fra la struttura dei tumori e la natura del tessuto da cui prendono origine”, Giornale della R. Accademia di Medicina di Torino (32, XXIII). 1872-1873 Professore Ordinario di Patologia Generale presso l’Università di Torino. Corso litografato “Lezioni di Patologia Generale.Riassunte dagli Studenti Losio Scipione e Morra Emilio”, litografia Cassina Pietro, Torino (anno accademico 1872/1873) [9], seguiranno altre curate da altri studenti. Pubblica la “Prelezione al Corso di Patologia Generale” a Torino, Ed. Camilla e Bertolero, Torino 1873 (33) (probabilmente pronunciata nel novembre del 1872 anche se vi è Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte oscillazione tra 1872 e 1873 sulla data di inizio del suo insediamento universitario a Torino). 1873 * “Studi sui tumori primitivi della dura madre” con C. Bozzolo, Rivista Clinica (36, XXVII) [9]. 1874-1875 Revoca della disponibilità dei locali nell’Istituto di Anatomia Umana in via Cavour (Torino). 1875-1876 Trasferisce il laboratorio nella sua abitazione di via Nizza (Torino). 1876 Si insedia, per assegnazione ministeriale, nel nuovo Gabinetto (poi Laboratorio) di Patologia Generale nell’ex-convento di S. Francesco da Paola, in via Po 18 (Torino). Fonda e dirige la rivista Archivio per le Scienze mediche (per 25 anni). Membro della R. Accademia d’Agricoltura di Torino. * “Beiträge zur pathologischen Anatomie der Diphteritis”, Medizinische Jahrbücher (41, XXVIII). 1878 Inizia il Corso di Microscopia Clinica a Torino, convertito in Corso di Istologia Normale nel 1880. 1879 Viene nominato socio residente della R.Accademia delle Scienze di Torino. Pubblica “Il cromo-citometro, Nuovo strumento per dosare l’emoglobina sul sangue”, Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, Vol. XIV (47, XXXII). * “Sullo stroma dei sarcomi”, Archivio per le Scienze mediche, Vol. II (45, XXXI). 1880 Aderisce alla Società Italiana d’Igiene. Interviene come relatore al Congresso d’Igiene di Torino. Prima edizione del Manuale di Microscopia Clinica (Prefazione: settembre 1879). Ne seguiranno altre quattro in italiano: 1882, 1888, 1894, 1901. L’ultima edizione in collaborazione con C. Sacerdotti (106). Il nome di Bizzozero compare anche nelle Edizioni in francese curate e ampliate da C.H. Firket dal 1883. 1881 Comunica all’Accademia di Medicina di Torino la scoperta della piastrine (13 dicembre), cui segue la pubblicazione: “Su di un nuovo elemento del sangue dei mammiferi e della sua importanza nella trombosi e nella coagulazione”, Osservatore Gazzetta delle Cliniche 17:785-787 [8, 17]. Lavoro non riportato da Golgi. Seguiranno altri lavori sull’argomento. 1882 Membro del Consiglio Superiore dell’Istruzione Pubblica. 1883 Riceve il 6° Premio Riberi dalla R. Accademia di Medicina di Torino (per i lavori sull’Ematologia). Pubblica “La difesa della società contro le malattie infettive. Discorso inaugurale”, Annuario della R. Università di Torino per il 1883-1884 (61), Stamperia Reale G.B. Paravia e Comp. di Vigliardi [9]. Vi è oscillazione tra le fonti circa l’anno accademico: 1882/1883 [38] e 1883/1884 [6]. 213 1884 Direttore della Scuola Superiore di Medicina Veterinaria di Torino. Dispense litografate di Istologia Normale, stampate fino al 1888 [9]. Pubblica con Vassale “Sul consumo delle cellule ghiandolari nelle ghiandole adulte dei mammiferi. Nota preventiva”, Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino [9], seguita subito da lavori in esteso e poi da altri correlati (cfr. anche 1888 e 1894). 1885 Rettore dell’Università di Torino (fino al 1886). * “Sulla natura delle produzioni leucemiche secondarie”, Archivio per le Scienze Mediche, Vol. IX e Virchow’s Archiv, Vol. XCIX (67, L) [9]. 1886 Pubblica “Nuovo metodo per la dimostrazione degli elementi in cariocinesi nei tessuti”, Zeitschrift für wissenschaftliche Mikroskopie und mikroscopische Technik, Vol. III (73, LIV). 1887 Presidente onorario della Società Reale e Nazionale di Medicina Veterinaria. Membro del Consiglio Superiore di Sanità. 1888 Presidente della Società Piemontese d’Igiene (non ancora autonoma). Membro della Imperiale Accademia Germanica di Berlino. Inizia la serie di lavori sulle Ghiandole tubulari del tubo gastro-enterico e sui rapporti del loro epitelio coll’epitelio di rivestimento della mucosa con la Nota prima. Seguiranno altre sei Note fino al 1893, Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. La versione tedesca in tre parti su Archiv für mikroskopische Anatomie (79, LIXLXV). 1889 Fonda con Pagliani la Rivista d’Igiene e Sanità Pubblica. 1890 Vice-Presidente della R. Accademia di Medicina di Torino. Nomina a Senatore del Regno (4 dicembre). 1891 Discorso pronunciato al Senato in due tempi (15 e 16 giugno) contro l’orientamento del governo del primo ministro Rudinì verso il decentramento e quindi il depotenziamento dell’organizzazione sanitaria mediante l’abolizione della Direzione Centrale di Sanità (come avverrà nel 1896). Presidente della R. Accademia di Medicina di Torino. 1892 Sovrintende per la parte igienica la costruzione dell’Ospedale Principe Amedeo di Savoia di Torino per le malattie infettive. Nella seduta dell’Accademia di Medicina di Torino del 18 marzo dà breve notizia della scoperta di batteri nelle ghiandole gastriche del cane, che comparirà pubblicata nell’anno seguente in appendice alla Nota settima dello studio “Sulle ghiandole tubulari del tubo gastro-enterico” col titolo “Sulla presenza di batteri nelle ghiandole rettali e nelle ghiandole gastriche del cane”, Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino 28:233-251 (LXV). 214 1893 Delibera universitaria sull’insediamento del Laboratorio di Patologia Generale nella nuova sede di corso Raffaello 30 (Torino). L’insediamento avviene probabilmente l’anno successivo. 1894 Pubblica “Accrescimento e rigenerazione nell’organismo”, Archivio per le Scienze mediche 18:245-287 (81), dalla Conferenza letta il 3 aprile 1894 in una delle sedute generali dell’XI Congresso Medico Internazionale di Roma. 1895 Presidente della Società Piemontese d’Igiene. 1897 Assume la direzione della Rivista d’Igiene e Sanità Pubblica con Luigi Pagliani. 1898 Pubblica “Il cittadino e l’Igiene pubblica”, Nuova Antologia (87). 1899 Presidente onorario della R. Accademia di Medicina di Torino. Pubblica il discorso inaugurale del Congresso Nazionale di Igiene di Torino (1898): “Lo Stato e l’Igiene pubblica”, Nuova Antologia (88). 1900 Presidente onorario del XIII Congresso Medico Internazionale, Parigi 2-9 agosto. Membro della Commissione per accertare la situazione igienico-sanitaria-amministrativa dei brefotrofi del Regno. Pubblica il discorso inaugurale del Congresso Nazionale di Igiene di Como (1899): “L’Igiene pubblica in Italia”, Nuova Antologia (89). 1901 (8 aprile) Muore a Torino. Ringraziamenti Un vivo ringraziamento al professor F.M. Baccino e al professor D. Cantino per la loro cortese ospitalità presso le Biblioteche rispettivamente di Patologia Generale e di Anatomia Umana Normale dell’Università di Torino. Bibliografia 1. Norman JM (1993) Morton’s Medical Bibliography. An Annotated Check-list of Texts Illustrating the History of Medicine, V edition. Scolar Press, Aldershot 2. Tavassoli M (1980) Bone marrow: the seeded of blood. In: Wintrobe MM (ed) Blood pure and eloquent: a story of discovery, of people, and of ideas. Mc Graw & Hill, New York, pp. 56-79 3. Scarani P (1999) Sulle orme di Malpighi. Camillo Golgi e la traduzione dell’istologia di Schenk. Pathologica 91:295-296 4. Scarani P, Zanarini P (1999) Un ulteriore oggetto di controversie: Giulio Bizzozero e la scoperta delle piastrine. Pathologica 91: 412-413 5. Figura N, Oderda G (1996) Reflections on the first description of the presence of Helicobacter species in the stomach of mammals. Helicobacter 1:4-5 Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte 6. Golgi C (1902) Commemorazione: estratto dall’Archivio per le Scienze Mediche, dicembre 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 368-396 7. Golgi C (1905) Le Opere Scientifiche di Giulio Bizzozero (2 volumi). Ulrico Hoepli, Milano 8. Cappelletti V (1968) Giulio Bizzozero. In: Dizionario Biografico degli Italiani. Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 10:747-751 9. Gravela E (1989) Giulio Bizzozero. U. Allemandi & C., Torino 10. Lorenc H, Masini R (1998) La medicina italiana nell’Europa moderna. Cataloghi delle opere italiane nelle biblioteche europee. Le Lettere, Firenze, pp 4-10 11. Cosmacini G (1996) Medici nella Storia d’Italia. Per una tipologia della professione medica. Gius. Laterza & Figli, Roma-Bari, pp 72-82 12. Foà P (1902) Commemorazione: R. Accademia dei Lincei, seduta 5 maggio 1901 (ripetuta alla Reale Accademia delle Scienze di Torino). In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 178-195 13. Cosmacini G (1997) L’arte lunga. Storia della Medicina dall’antichità ad oggi. Gius. Laterza & Figli, Roma-Bari 6:321-356 14. Perroncito E (1902) Commemorazione: R. Accademia d’Agricoltura di Torino. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 273-278 15. Frey H (1865) Das Mikroskop und die Mikroskopische Technik. Wilhelm Engelmann, Leipzig 16. Neumann E (1868) Ueber die Bedeutung des Knochenmarkes für die Blutbildung. Centralblatt für die medizinischen Wissenschaften 44:689 17. Dianzani MU (1996) La scoperta delle piastrine. In: Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni. Accademia delle Scienze di Torino. Quaderni 3:29-33 18. Sormani G (1902) Commemorazione: R. Società d’Igiene. Milano, seduta 2 giugno 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 258-273 19. Zanzi L (1902) Commemorazione: dall’Almanacco Annuale della Provincia di Como,1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 303-313 20. Matoni F (1902) Commemorazione: da L’Arte Medica, n.17, 28 aprile 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 324-326 21. Morpurgo B (1902) Commemorazione: R. Accademia dei Fisiocratici di Siena,12 maggio 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 195-223 22. Pareti G, Mandrile V (1996) Il fondo Bizzozero (1873-1920): le ragioni di un recupero. In: Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni. Accademia delle Scienze di Torino. Quaderni, Torino 3:63-74 23. Bignami A (1902) Commemorazione: dal Policlinico di Roma, Vol. VIII-M, 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 352-367 24. Virchow R (1902) Condoglianze ufficiali. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, p 70 Giulio Bizzozero: ricordo nel centenario della morte 25. Traniello F (1996) La cultura torinese all’epoca di Bizzozero. In: Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni. Accademia delle Scienze di Torino. Quaderni 3:13-20 26. Abbagnano N (1971) Dizionario di filosofia. UTET, Torino 27. Salvioli I (1902) Commemorazione: Istituto di Patologia Generale della R. Università di Padova. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 237-257 28. Fusari R (1902) Commemorazione: dal Monitore Zoologico Italiano, n. 4, 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 316-318 29. Di Mattei E (1902) Commemorazione: dalla Rassegna internazionale della Medicina moderna, n. 15, 1 giugno 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 345-352 30. Gram H, Ch J (1884) Ueber die isolierte Färbung der Schizomyceten in Schnitt – und Trocken-präparaten. Fortschr Med 2:185-189 31. Mantegazza P (1902) Commemorazione: dalla Rivista di Clinica Medica, n. 21, 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 339-343 32. Pareti G, Barbiero G, Baccino FM (1996) Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni (Prsentazione del Convegno). In: Giulio Bizzozero: cento anni di cellule labili, stabili e perenni. Accademia delle Scienze di Torino. Quaderni 3:45-57 33. Sacerdotti C (1902) Commemorazione: L’Opera Scientifica di Giulio Bizzozero, R. Accademia di Medicina di Torino, seduta del 24 maggio 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 223-237 34. Abba F (1902) Commemorazione: Della sua morte, dall’Almanacco Igienico-sanitario, 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 290-303 35. Bozzolo C (1902) Commemorazione: R. Accademia di Medicina di Torino, seduta del 19 aprile 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 133-139 215 36. Bobbio N (1989) Prefazione. In: Gravela E (ed) Giulio Bizzozero. U. Allemandi & C., Torino, pp 10-11 37. Giacosa P (1902) Commemorazione. Dal Corriere della Sera del 15-16 aprile 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 284-290 38. Pagliani L (1902) Commemorazione. Società Piemontese d’Igiene, seduta 27 aprile 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 145-168 39. Cirincione G (1902) Commemorazione: dalla Clinica Oculistica, aprile-maggio 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 333-335 40. Golgi C (1902) Discorso pronunciato a Varese in rappresentanza dell’Università di Pavia. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 42-45 41. Foà P (1902) Discorso pronunciato a Varese in rappresentanza dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia dei Lincei. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 45-46 42. Pagliani L (1902) Discorso pronunciato a Torino come Preside della Facoltà medica. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp. 33-34 43. Dianzani MU (1989) Dopo Bizzozero: le sue scuole. In: Gravela E (ed) Giulio Bizzozero. U. Allemandi & C., Torino, pp 187-196 44. Pogliano C (1984) L’utopia igienista (1870-1920). In: Malattia e Medicina. Della Peruta F (ed) Storia d’Italia. Annali 7. G. Einaudi, Torino, pp 589-631 45. Marro A (1902) Commemorazione: dagli Annali di Freniatria e Scienze Affini, fasc. 2, giugno 1901. In: In memoria di Giulio Bizzozero nel primo anniversario della sua morte. La famiglia. Fratelli Pozzo, Torino, pp 344-345 46. Rosai J (1997) Some considerations on the origin, evolution, and outlook of American Surgical Pathology. In: Guiding the Surgeon’s Hands. The History af American Surgical Pathology. American Registry of Pathology, Armed Forces Institute of Pathology, Washington 1:1-5