INFORMAZIONI PRATICHE PER CONDOMINI E INQUILINI

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INFORMAZIONI PRATICHE PER CONDOMINI E INQUILINI
38
°A
La voce dell’Associazione Amministratori Condominiali Immobiliari - Milano
NN
O
l’amministratore
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l’amministratore - anno 38°
fondato nel 1975
l’amministratore
anno xxxviii
n. 6 - giugno 2013
Notiziario mensile Anaci Milano
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Dario Guazzoni
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Associato all’Unione
Stampa Periodica Italiana
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autorizzazione scritta dell’editore
un bel tacer…
dario guazzonipag.5
tetto condominiale e uso del singolo condomino
marina figinipag.9
la fibra ottica nello stabile.
facoltà o obbligo di consentire l’accesso
per l’installazione?
luca saccomanipag.16
le… nuove parti comuni e il catasto
pag.22
laura gilardoni
sentenze
pag.24
eugenio antonio correale
43° corso di formazione per amministratori
immobiliari anno 2013-2014
pag.29
il codice del consumo e le norme sul prodotto
tecnologico sicuro nel condominio riformato
giulio benedettipag.34
notizie dalla provincia
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la dove c’era l’erba...
pag.46
pinuccio del menico
pericoli condominiali
cristoforo morettipag.48
detrazioni fiscali per interventi di efficienza
energetica e di ristrutturazione edilizia
romano biondapag.50
obbligo di dvr per studi associati o per uffici
in cui lavorino parenti?
cristoforo morettipag.52
a proposito di ferie
pag.54
vincenzo di domenico
centro studi
pag.59
le nostre tabelle
pag.60
l’amministratore
3
Editoriale
UN BEL TACER…
Q
uale sarà l’impatto che tutti noi
(amministratori e condomini)
avremo nelle prossime assemblee di condominio, nuova normativa imperante, è tutto da verificare.
Dipenderà senz’altro dal tipo di condominio in cui ciascuno di noi e soprattutto dal rapporto umano e fiduciario che
nel tempo si è creato tra condomini ed
amministratore.
Le attribuzioni che la nuova normativa ci
ha caricato sulle spalle –ope legis – erano già pressoché logiche ed attuate nel
rapporto professionale all’interno del
condominio da tutti gli amministratori
professionisti e professionali quali sono
quelli che in quarant’anni si sono formati
alla scuola Anaci, con i corsi, i convegni,
gli aggiornamenti che il Centro Studi ha
sempre impartito.
Viene quasi da sorridere nel leggere i primi cinque punti del citato nuovo 1130:
1) Eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente
per l’approvazione del rendiconto...
2) Disciplinare l’uso delle parti
comuni…
3) Riscuotere i contributi ed erogare
le spese occorrenti...
4) Compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni.
5) Eseguire gli adempimenti fiscali.
Scagli la pietra quale è l’associato Anaci che non abbia adempiuto e non adempia a questi cinque “comandamenti” che
sono la sostanza della professionalità
dell’amministratore.
La novità grossa è “ la tenuta del registro
di anagrafe condominiale” che –vecchia
normativa imperante – chiamavano semplicemente “ elenco dei comproprietari”.
Ora la normativa in fieri ha caratterizzato in modo molto chiaro, diremmo quasi
fiscale, tale obbligo dei condomini di dire all’amministratore esattamente e compiutamente l’esatta intestazione dell’unità
immobiliare: e non solo una serie di dati
che molti comproprietari faranno fatica
ad indentificare e che metteranno noi amministratori in seria difficoltà.
Si prenda, per esempio, al comma sesto
là ove è detto “nonché ogni dato relativo
alle condizioni di sicurezza”.
Qui veramente le numerose risposte che
stiamo ricevendo glissano su tale punto.
Ché l’ottanta per cento dei nostri concittadini viva in realtà sociali sicure non vi
è dubbio.
Ma che i nostri concittadini sappiano “
ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza” è veramente una follia legislativa,
che il legislatore avrebbe fatto bene ed anzi farebbe bene a chiarire.
Poiché moltissimi non risponderanno per
ignoranza, disinteresse, o prosopopea,
l’amministratore
5
Editoriale
dopo la diffida sollecito entro i trenta giorni intaseremo il Catasto nel richiedere tali
dati.
Gli uffici pubblici (Tribunale, Registro,
Imposte, lo stesso Catasto) sono già intasati di pratiche che – esperienza docet –
spesso si prolungano per anni.
Intaseremo il Catasto che, al momento, almeno in Milano è splendido.
Al comma sette il registro di nomina e
revoca dell’amministratore è un illogico
pleonasma.
Nel verbale di assemblea (che viene trascritto appunto nel libro verbali) sono già
annotati nomina e revoca.
A che pro un’altro registro?
Barzelletta (ci si scusi l’espressione) la
dizione “nel registro di verbale dell’assemblee sono altresì annotate le eventuali mancate costituzioni dell’assemblea, le
deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese da condomini che ne hanno fatto
richiesta” evidentemente il legislatore vive sulla Luna: poiché tutti i dati e le notizie chieste fanno parte del più semplice
verbale di assemblea che da quaranta anni
6
ANACI insegna a redigere.
Pure le obbligazioni dei successivi comma
(conservare la documentazione, fornire al
condomino che ne faccia richiesta, attestazione relativa allo stato di pagamenti degli
oneri condominiali, redigere il rendiconto
e convocare l’assemblea) sono assolutamente pleonastici: ché dal 1942 anno della
precedente normativa tali incombenze sono sempre state d’obbligo.
Anche il 1130 bis, articolo lungo all’inverosimile, praticamente nulla innova su
quanto il rendiconto tradizionale ha sempre rammostrato.
Unica novità: il riepilogo finanziario (che
però è sempre esistito) tra entrate e uscite;
l’ufficialità della nomina del Consiglio
di Condominio (prima prerogativa del
regolamento) e l’eventuale nomina di un
“revisore” che verifichi la contabilità del
condominio.
Staremo a vedere, ma talvolta e stavolta
per alcuni versi... un bel tacere non fu mai
scritto!
l’amministratore
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Anaci: Consiglio Provinciale di Milano
Presidente: Caruso Leonardo
Vice Presidente Vicario: Cerrini Carlo
Vice Presidente: Moritz Carlo
Segretario: Frisenna Paolo
Tesoriere: Donzelli Luigi
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legali:
lunedì 14,30 - 16,00
Avv. Luca Saccomani
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venerdì 17,00 - 18,30
Avv. Eugenio Antonio Correale
Avv. Ermes Gallone
Consiglieri Provinciali
Appezzato Juri
Balsamo Angelo
Bandiera Francesco
Bandiera Umberto
Bianchini Massimiliano
Buonavitacola Giorgio
Calvio Gianfranco
Caruso Giuseppe
De’ Angelis Zucca Anna
Didoni Fabio
Donzelli Luigi
Falduto Laura
Grillo Carmelo
Organigramma
Nazionale
Presidente:
Pietro Membri (Milano)
Segretario:
Andrea Finizio (Roma)
Tesoriere:
Giuseppe Merello (Genova)
Organigramma
Regione Lombardia
Presidente:
Claudio Bianchini (MI)
Vice Presidente:
Agostino Lombardi (VA)
Segretario:
Monica Rusconi (SO)
Tesoriere:
Francesca Salvetti (BS)
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Associazione Nazionale Amministratori
Condominiali e Immobiliari
Guazzoni Dario
La Rosa Angelo
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Pozzi Fabrizio
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Sandrini Fabio
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Vanzini Maurizio
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del lavoro:
venerdì 17,00 - 18,30
Dott. Vincenzo Di Domenico
fiscale:
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l’amministratore
Osservatorio del diritto
TETTO CONDOMINIALE e USO
del SINGOLO CONDOMINO
Marina Figini
Dopo avere illustrato e commentato, nello scorso numero
della Rivista, tre recenti decisioni della Cassazione in materia
di sopraelevazione e di aspetto
architettonico, affrontiamo qui
l’argomento dell’uso del tetto
condominale da parte del singolo condomino, illustrando e
commentando significative decisioni emesse dalla Cassazione
tra il passato anno 2012 e quello
in corso.
Le sentenze di Cassazione
n. 14109 e 14107 del 3 agosto
2012
Con queste due sentenze, rese
nello stesso giorno dalla Sezione 2° presieduta dal dr. Triola,
la Suprema Corte ha statuito il
seguente principio di diritto: “Il
condomino, proprietario del
piano sottostante al tetto comune, può effettuare la trasformazione di una parte del tetto
dell’edificio in terrazza ad uso
esclusivo proprio, a condizione
che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione
di copertura e protezione delle
sottostanti strutture dal tetto
preesistente, restando così complessivamente mantenuta, per la
sua significativa portata della
modifica, la destinazione principale del bene”.
In particolare, la fattispecie che
aveva dato origine al contenzioso era, per la sentenza n. 14109,
una parziale demolizione del
tetto condominiale, con taglio
delle travi di sostegno e installazione di una ringhiera per realizzare un terrazzino di pertinenza
dell’alloggio del condomino.
La Suprema Corte ha ritenuto
che la realizzazione di piccole
terrazze, che sostituiscano efficacemente il tetto spiovente nella funzione di copertura dell’edificio, è da ritenersi compatibile
con il rispetto della destinazione
del bene.
Non è infatti funzionalmente alterata, secondo la Suprema Corte, la destinazione del tetto se
alla falda si sostituisce un’opera
di isolamento e coibentazione
inserita nel piano di calpestio.
Quanto poi alla domanda se la
materiale soppressione di una
porzione limitata della falda sia,
di per sé, alterazione della destinazione della cosa, la Suprema
Corte dà risposta negativa, perchè per destinazione della cosa
si intende la complessiva destinazione di essa, che deve essere
salva in relazione alla funzione
l’amministratore
del bene e non alla sua immodificabile consistenza materiale.
Dunque, qualora i tagli al tetto
diano luogo a modifiche non
significative della consistenza
del bene, in rapporto alla sua
estensione e alla destinazione
della modifica stessa, può dirsi
che rientrino nell’ambito delle
opere consentite al singolo condomino.
A tali conclusioni la Suprema
Corte è giunta ripercorrendo, e
ripensando, la propria consolidata giurisprudenza, che qui di
seguito si ricorda, in materia sia
di uso del tetto condominiale
sia di uso della cosa comune in
genere da parte del singolo condomino.
Uso del tetto condominiale.
Secondo un orientamento della
Suprema Corte (Cass. 3199/83;
4466/97; 1737/05) la trasformazione in terrazzo del tetto di
copertura di un edificio condominiale ad opera del condomino
proprietario del piano adiacente
e non sottostante e l’annessione
del terrazzo alla sua proprietà
esclusiva, mediante creazione di
un accesso diretto per uso a lui
solo riservato, è illegittima, in
quanto tale attività, oltre a non
9
Osservatorio del diritto
essere riconducibile all’esercizio del diritto di sopraelevazione
attribuito al proprietario dell’ultimo piano dell’ edificio condominiale, realizza, per un verso, alterazione unilaterale della
funzione e destinazione di mera
copertura e protezione delle sottostanti strutture propria del tetto preesistente, e per altro verso,
comporta appropriazione di cosa
comune, che integra violazione
dei diritti di comproprietà e delle inerenti facoltà di uso e godimento (secondo la sua natura)
spettanti agli altri condomini in
ordine a parte comune dell’ edificio (v. anche 4579/81; 3369/91
e 8777/94).
E’ stato pertanto ritenuto che
l’eliminazione del tetto dell’edificio, trasformato anche solo
parzialmente dal proprietario
dell’ultimo piano in terrazzo ad
uso esclusivo, è illegittima perchè altera la originaria destinazione della cosa comune e impedisce agli altri condomini di po-
terla utilizzare per quella finalità
(Cass. 24414/06).
Si è aggiunto che è illegittima la
trasformazione, perchè la cosa
comune viene sottratta all’utilizzazione da parte degli altri condomini, ed è mutato il rapporto
di equilibrio tra tutti i comproprietari, avuto riguardo all’uso
potenziale in relazione ai diritti
di ciascuno. (Cass. 972/06; Cass.
5753/07).
Mentre, nel caso di aperture di
abbaini/finestre, il condomino,
proprietario del piano sottostante al tetto comune, può aprire
su esso abbaini e finestre – non
incompatibili con la sua destinazione naturale – per dare aria e
luce alla sua proprietà, purchè le
opere siano a regola d’arte e non
pregiudichino la funzione di copertura propria del tetto, nè ledano i diritti degli altri condomini
sul medesimo (Cass. 17099/06;
1498/98).
Oggi però la stessa Cassazione
ritiene, così come chiarito nelPRONTO INTERVENTO
le sentenze 14107 e 14109 del
2012, che l’orientamento di cui
sopra debba essere ripensato sotto più profili.
E così, la Cassazione ricorda
proprie decisioni in materia di
muro comune perimetrale in
forza delle quali l’ampliamento
o l’apertura di una porta o finestra, da parte di un condomino, o
la trasformazione di una finestra,
che prospetta il cortile comune,
in porta di accesso al medesimo,
mediante l’abbattimento del corrispondente tratto del muro perimetrale che delimita la proprietà
del singolo appartamento, non
costituisce, di per sè, abuso della
cosa comune idoneo a ledere il
compossesso del muro comune
(Cass. 703/87; 1112/88).
Si è giustificata questa valutazione, osservando che tale opera
non comporta per i condomini
una qualche impossibilità di far
parimenti uso del muro stesso ai
sensi dell’art. 1102 c.c., comma
1, rimanendo irrilevante la cirUSCITA IMMEDIATA
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Osservatorio del diritto
costanza che tale utilizzazione
del muro non sia volta ad ovviare a una interclusione, ma si
correli soltanto all’intento di
conseguire una più comoda fruizione dell’unità immobiliare da
parte del suo proprietario (Cass.
4155/94).
Fermo l’obbligo di non pregiudicare il decoro architettonico
dell’edificio, è stato sancito pertanto più volte che il condomino può aprire nel muro comune
dell’edificio nuove porte o finestre o ingrandire quelle esistenti trattandosi di opere di per sè
non incidenti sulla destinazione della cosa (Cass. 4996/94;
20200/05; 13874/10).
E’ stata anche ritenuta legittima
l’apertura di vetrine da esposizione nel muro perimetrale comune, mediante la demolizione
della parte di muro corrispondente alla proprietà esclusiva
(Cass. 1554/97).
Preso atto di tale riconosciuta
facoltà di frantumare l’unitarietà
del bene comune, muro perimetrale o tetto che sia, e sulla base
della propria interpretazione
del principio di uso della cosa
comune (che tra poco si vedrà),
con le citate sentenze n. 14109
e 14107 del 2012 la Cassazione
ha ritenuto infondato il divieto
di modesti tagli del tetto, a condizione che sia salvaguardata
la funzione di copertura, come
chiarito nel principio di diritto
sopra esposto.
Uso della cosa comune.
Alle conclusioni di cui alle citate sentenze 14109 e 14107/2012,
la Suprema Corte è giunta ripercorrendo anche, come già si è
detto, la propria giurisprudenza
in materia di uso della cosa comune.
E’ principio consolidato della
Suprema Corte che “la nozione
di pari uso della cosa comune
cui fa riferimento l’art. 1102
c.c. – che in virtù del richiamo
contenuto nell’art. 1139 c.c. è
applicabile anche in materia di
condominio negli edifici – non
va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo
ritenersi conferita dalla legge
a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa
utilizzazione, a condizione che
questa sia compatibile con i diritti degli altri. Essendo i rapporti condominiali informati al
principio di solidarietà, il quale
richiede un costante equilibrio
fra le esigenze e gli interessi di
tutti i partecipanti alla comunione, qualora sia prevedibile che
gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso
della cosa comune, la modifica
apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima,
dal momento che in una materia in cui è prevista la massima
espansione dell’uso, il limite al
godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica
solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari passano
volere accrescere il pari uso cui
hanno diritto”(così Cass. sez. 2,
30/05/2003, n. 8808).
l’amministratore
Muovendo da questi principi,
la Cassazione ha ritenuto doverosa una rilettura dell’art. 1102
c.c. che, da un lato, sia quanto
più favorevole possibile allo
sviluppo delle esigenze abitative e alla conseguente valorizzazione della proprietà del singolo
e, dall’altro lato, sia diretto a
moderare le istanze egoistiche
che sono sovente alla base degli
ostacoli frapposti a modifiche
delle parti comuni.
In una visione del regime condominiale tesa a depotenziare i
poteri preclusivi dei singoli e a
favorire la correttezza dei rapporti la Cassazione non ritiene
coerente, nè credibile, intendere
la clausola del “pari uso della
cosa comune” come veicolo per
giustificare impedimenti all’estrinsecarsi delle potenzialità di
godimento del singolo.
Pertanto, qualora non siano
specificamente individuabili i
sacrifici in concreto imposti al
condomino che si oppone, come
nel caso in cui sia in concreto
ravvisabile che l’uso privato
toglierebbe reali possibilità di
uso della cosa comune agli altri
potenziali condomini-utenti (cfr.
Cass. 17208/08 che ha escluso
la legittimità dell’installazione e utilizzazione esclusiva, da
parte di un condomino titolare
di un esercizio commerciale, di
fioriere, tavolini, sedie e di una
struttura tubolare con annesso
tendone) ritiene la Corte che
non si possa proibire la modifica che costituisca uso più intenso della cosa comune da parte
del singolo, anche in assenza di
11
Osservatorio del diritto
un beneficio collettivo derivante
dalla modificazione.
Le pronunzie del 2013
Nel corso del presente anno la
Cassazione ha reso altre pronunzie in materia di uso del tetto
condominiale, giungendo a conclusioni che possono sembrare
contrastanti con il principio di
diritto di cui alle citate sentenze
14109 e 14107 del 2012.
Con ordinanza n. 2500 del 4
febbraio 2013 la Cassazione Sez.
6° sottosezione 2°, ha ritenuto
illegittima la eliminazione della
copertura del tetto condominiale
e la sua sostituzione con un terrazzo ad uso esclusivo del singolo condomino.
La Suprema Corte ha richiamato
la propria costante giurisprudenza per la quale, qualora il proprietario dell’ultimo piano di un
edificio condominiale provveda
a modificare una parte del tetto
condominiale trasformandola in
terrazza a proprio uso esclusivo,
tale modifica è da ritenersi illecita non potendo essere invocato
l’art. 1102 c.c., poichè non si è in
presenza di una modifica finalizzata al migliore, godimento della
cosa comune, bensì all’appropriazione di una parte di questa
che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri;
nè assume rilievo il fatto che
la parte di tetto sostituita continui a svolgere una funzione di
copertura dell’immobile (Cass.
5/6/2008 n. 14950).
Ai fini di cui sopra la Suprema
Corte ha rilevato che è del tut-
12
to ininfluente la considerazione
che non sia variata la funzione
di “copertura” cui assolverebbe
anche la parte di tetto sostituita
con la terrazza, perchè detta utilizzazione non è l’unica possibile, non potendosi escludere in
ipotesi utilizzazioni future, quali
l’appoggio di antenne, o di pannelli solari, o altre possibili e
oggi inimmaginabili utilità (Cass.
5/6/2008 n. 14950).
Le conclusioni della ordinanza n.
2500 del 2013 non contrastano,
peraltro, con il principio di diritto sancito nelle sentenze 14107 e
14109 del 2012.
E’ infatti la stessa ordinanza che,
richiamandole
espressamente,
chiarisce che le medesime sentenze non hanno affermato l’indiscriminata possibilità di trasformazione dei tetti, ma hanno
precisato che il giudizio sul punto va formulato caso per caso, in
relazione alle circostanze peculiari, e si risolve in un giudizio
di “fatto”, sindacabile in sede di
legittimità solo avendo riguardo
alla motivazione, dovendosi verificare in concreto se l’uso privato
possa togliere reali possibilità di
uso della cosa comune agli altri
potenziali condomini – utenti e
se la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture
non ne resti compromessa.
Con sentenza n. 8517 dell’8
aprile 2013 la Cassazione Sezione 2° presieduta dal dr. Triola è tornata a sancire principi di
diritto ad esito di una fattispecie
costituita da lavori di trasformazione di parte del tetto condomil’amministratore
niale e realizzazione di due balconi a pozzetto annessi alla unità
abitativa del singolo condomino.
Anche in questo caso la Suprema
Corte ha richiamato le proprie
sentenze 14107 e 14109 del 2012
affermando che è sostanzialmente ammissibile l’esecuzione di
modesti tagli del tetto ove non
diano luogo a modifiche significative della consistenza del bene,
non potendosi proibire la modifica che costituisce un uso più intenso della cosa comune da parte
del singolo, anche in assenza di
un beneficio collettivo derivante
dalla modificazione.
Dal momento che non risultavano essere state fatte adeguate
indagini né essendo adeguata la
motivazione della sentenza impugnata, la Cassazione ha rinviato ad altra Sezione della Corte
d’Appello giudicante che aveva
emesso la sentenza impugnata,
per verificare se la costruzione
di balconi a pozzetto, oggetto di
causa, integrasse la situazione
suindicata.
Conclusioni
Alla luce della interpretazione
giurisprudenziale offerta dalla
Suprema Corte, e dei principi di
diritto dalla stessa enunciati, in
base ai quali -per destinazione
della cosa si intende la complessiva destinazione di essa, che
deve essere salva in relazione
alla funzione del bene e non alla
sua immodificabile consistenza
materiale - la nozione di uso
della cosa comune non va intesa
nel senso di uso identico e contemporaneo e non si può vietare
Osservatorio del diritto
una modifica che costituisce un
uso più intenso della cosa comune da parte del singolo, anche in
assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modifica, - si
può concludere che:
a) è consentita la trasformazione del tetto condominiale con la
realizzazione, ad uso esclusivo
del singolo condomino, di piccole terrazze/modesti tagli del
tetto non significativi, a condizione che sia salvaguardata la
funzione di copertura del tetto
preesistente. La verifica della
sussistenza di tali condizioni va
eseguita caso per caso, e costituisce giudizio di fatto sindacabile
in sede di legittimità solo sotto
il profilo della omessa motivazione
b) sarà illegittima, in assenza
dei presupposti sopra indicati,
la trasformazione del tetto condominiale in terrazza ad uso
esclusivo, che assuma caratteristiche significative in relazione
all’estensione del tetto e alla
destinazione della modifica, che
non salvaguardi la funzione di
copertura e protezione del tetto
preesistente, che imponga concreti sacrifici al condomino che
si oppone
f) resta impregiudicata la valutazione
dell’impedimento
dell’uso della cosa comune da
parte degli altri condomini, rispetto alla quale si evidenziano
i seguenti orientamenti della
Suprema Corte: - la copertura
dell’edificio sottostante non è
L’AMIANTO
È UN PROBLEMA
PER TUTTI.
LA BONIFICA
È UN LAVORO
PER POCHI.
l’unica utilizzazione possibile
del tetto non potendosi escludere in ipotesi utilizzazioni future,
quali l’appoggio di antenne, o di
pannelli solari, o altre possibili e oggi inimmaginabili utilità
(Cass. 5/6/2008 n. 14950); - essendo i rapporti condominiali
informati al principio di solidarietà e al contemperamento
degli opposti interessi, qualora
sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non
faranno un pari uso della cosa
comune, la modifica apportata
alla stessa dal condomino deve
ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è
prevista la massima espansione
dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è
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l’amministratore
13
Osservatorio del diritto
dato dagli interessi altrui, i quali
pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia
ragionevole prevedere che i loro
titolari passano volere accrescere
il pari uso cui hanno diritto (Cass.
30/05/2003, n. 8808).
Il tetto nella nuova normativa
condominiale: cenni
La Legge 220/2012 (in vigore
dal 18 giugno 2013) che ha riformato la normativa condominiale
del codice civile, contiene norme rilevanti ai fini dell’argomento qui in esame.
In primo luogo, l’art. 1117 n.
1 conferma che il tetto rientra
espressamente tra le parti comuni dell’edificio .
A norma dell’art. 1117 ter, 1°
comma “Per soddisfare esigenze
di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti
che rappresenti i quattro quinti
dei partecipanti al condominio e
i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni.”.
Lo stesso art. 1117 ter, 5° comma
stabilisce che “Sono vietate le
modificazioni delle destinazioni
d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.”
Si evidenzia la differenza dei
criteri per la individuazione
dei divieti di realizzazione delle “innovazioni”, disciplinate
dall’art. 1120 c.c. (testo riformato) e delle “modificazioni delle
destinazioni d’uso”, disciplinate
dall’art. 1117 ter: per le innova-
14
zioni, si richiede che non rechino
pregiudizio alla stabilità o alla
sicurezza del fabbricato, che non
ne alterino il decoro architettonico, che non rendano talune parti
comuni dell’edificio inservibili
all’uso o al godimento anche di
un solo condomino; per le modificazioni delle destinazioni d’uso,
si richiedono solo i primi due
presupposti, escluso quello della
inservibilità di taluna delle parti
comuni all’uso o al godimento
anche di un solo condomino.
A norma dell’art. 1117 quater
“In caso di attività che incidono
negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche
singolarmente, possono diffidare
l’esecutore e possono chiedere
la convocazione dell’assemblea
per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.
L’assemblea delibera in merito
alla cessazione di tali attività
con la maggioranza prevista dal
secondo comma dell’articolo
1136”.
A norma dell’art. 1122 bis che
disciplina le installazioni di impianti non centralizzati per la
ricezione radiotelevisiva e per
l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche
da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di
diramazione per le singole utenze, “ E’ consentita l’installazione di impianti per la produzione
di energia da fonti rinnovabili
destinati al servizio di singole
unità del condominio sul lastrico
solare, su ogni altra idonea sul’amministratore
perficie comune e sulle parti di
proprietà individuale dell’interessato.
Qualora si rendano necessarie
modificazioni delle parti comuni,
l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando
il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere,
con la maggioranza di cui al
quinto comma dell’articolo 1136,
adeguate modalità alternative
di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità,
della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini
dell’installazione degli impianti
di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico
solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal
regolamento di condominio o
comunque in atto. L’assemblea,
con la medesima maggioranza,
può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte
dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.”
Essendo rimasto immutato, anche con la Riforma, l’art. 1139
c.c. che così dispone: “Per quanto non è espressamente previsto
da questo capo si osservano le
norme sulla comunione in generale” rimane e rimarrà applicabile nel condominio la disciplina di
cui all’art. 1102 c.c. “Uso della
cosa comune” disciplina della
quale le sentenze illustrate, commentate e richiamate nel presente scritto hanno fornito costante
ed aggiornata interpretazione.
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Osservatorio del diritto
LA FIBRA OTTICA NELLO STABILE.
FACOLTÀ O OBBLIGO DI CONSENTIRE
L’ACCESSO PER L’INSTALLAZIONE?
Luca Saccomani
Nella scorsa primavera, svariati associati hanno ricevuto una
o più lettere provenienti da diverse imprese operanti nel settore delle telecomunicazioni,
ed in specifico della rete in fibra ottica, unanimemente contenenti la richiesta di accedere
allo stabile.
Per fornire un esempio, una di
dette lettere si apriva con una
breve premessa concernente
la missione perseguita dalle
società scriventi (“portare la
fibra ottica in tutte le abitazioni e gli uffici”, collegando
le infrastrutture da esse realizzate “ai piani di ogni edificio”), e veniva piuttosto sbrigativamente al punto centrale,
esponendo la necessità di esse
società di accedere all’interno degli edifici amministrati
onde verificare la sussistenza
delle condizioni tecniche per
installare la fibra ottica all’interno degli stessi e, in caso di
verifica positiva, procedere direttamente alla realizzazione
dell’intervento nelle parti comuni condominiali.
Fornite poi sommarie informazioni circa la consistenza
delle lavorazioni, e rassicurazioni circa la gratuità e la
non invasività dell’intervento,
16
la lettera precisava che le società mittenti, “oltre ad avere
interesse alla realizzazione
dell’intervento, hanno anche il
diritto ad accedere agli edifici
ed alla posa della rete in fibra
ottica all’interno degli stessi”,
garantito dalla Legge, e segnatamente dall’art. 4 bis dell’art.
91 del Codice delle Comunicazioni (1).
Quanto precede anticipando la
data dell’accesso presso l’edificio da parte di altra società, incaricata di verificare le
condizioni di fattibilità tecnica
dell’intervento (e, in caso di
verifica positiva, di effettuare contestualmente lo stesso
intervento), ed invitando ad
un contatto per concordare un
eventuale differimento della
stessa data in caso di contingente impedimento.
Molti fra gli amministratori
che hanno ritenuto di non presenziare alla convocazione, o
di non dare comunque seguito
in termini alla comunicazione
citata a titolo esemplificativo,
hanno nei giorni scorsi ricevuto una ulteriore missiva in
argomento, proveniente però,
questa volta, da uno studio legale milanese, agente in nome
e per conto delle società di cui
l’amministratore
sopra, ed avente il contenuto
di una vera e propria diffida a
fissare a stretto giro una data
per l’accesso allo stabile, non
consentito
spontaneamente
in precedenza, accompagnata
dalla precisazione che, in caso
di diniego, il legale scrivente
avrebbe proceduto alla tutela
degli interessi rappresentati
nelle sedi giurisdizionali più
opportune, ex art. 91 comma 6
del D.Lgs. 259/2003 (2), con i
connessi aggravi di spesa a carico del condominio.
Ci si domanda, quindi, quale
sia l’atteggiamento corretto da
tenere a fronte di tali richieste,
e che portata abbiano le disposizioni richiamate a sostegno
delle stesse.
Il D.Lgs. 1.8.2003, n. 259
(“Codice delle comunicazioni elettroniche”) ha introdotto nel nostro ordinamento un
complesso di disposizioni che
riguardano, fra l’altro e per
quanto qui d’interesse, le “attività di comunicazione elettronica ad uso privato” (art. 2,
rubricato “Campo di applicazione”, lett. b).
Per l’inquadramento della materia, è di particolare rilevanza
il principio generale posto al
secondo comma dell’art. 3 del
Osservatorio del diritto
Codice delle Comunicazioni,
nei seguenti termini: “La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che è di
preminente interesse generale,
è libera e ad essa si applicano le disposizioni del Codice”.
Pure d’interesse è lo scopo dichiarato (fra gli “Obiettivi generali della disciplina di reti e
servizi di comunicazione elettronica”, cui è dedicato l’art.
4 del Codice delle Comunicazioni) di dettare una disciplina
delle reti e servizi di comunicazione elettronica volta – fra
l’altro – a “garantire la trasparenza, pubblicità e tempestività delle procedure per la concessione dei diritti di passaggio e di installazione delle reti
di comunicazione elettronica
sulle proprietà pubbliche e private” (art. 4, comma 3, lett. b),
ed a “promuovere lo sviluppo
in regime di concorrenza delle
reti e servizi di comunicazione
elettronica, ivi compresi quelli
a larga banda e la loro diffusione sul territorio nazionale,
dando impulso alla coesione
sociale ed economica anche a
livello locale” (art. 4, comma
3, lett. e).
La rilevanza pubblicistica attribuita dal Legislatore alle reti
di comunicazione elettronica
è chiaramente sancita dall’art.
90 del Codice delle Comunicazioni (rubricato “Pubblica utilità – Espropriazione”), per il
quale:
“1. Gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso
pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie
occorrenti per la funzionalità
di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi
degli articoli 12 e seguenti del
decreto del Presidente della
Repubblica 8 giugno 2001, n.
327.
2. Gli impianti di reti di comunicazioni elettronica e le opere
accessorie di uso esclusivamente privato possono essere
dichiarati di pubblica utilità
con decreto del Ministro dello
sviluppo economico, ove concorrano motivi di pubblico interesse.
3. Per l’acquisizione patrimoniale dei beni immobili necessari alla realizzazione degli
impianti e delle opere di cui ai
commi 1 e 2, può esperirsi la
procedura di esproprio prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno
2001, n. 327. Tale procedura
può essere esperita dopo che
siano andati falliti, o non sia
stato possibile effettuare, i tentativi di bonario componimento con i proprietari dei fondi
sul prezzo di vendita offerto,
da valutarsi da parte degli uffici tecnici erariali competenti”.
Per intendere appieno la portata della norma ora riportata,
e la sua rilevanza nell’ambito
dell’indagine in corso, occorre
un chiarimento terminologico, attinente il significato che
il Codice delle Comunicazioni attribuisce all’espressione
“rete pubblica di comunicazioni”: tale è “una rete di comunicazione elettronica utilizzata
interamente o prevalentemente
per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili
l’amministratore
al pubblico, che supporta il
trasferimento di informazioni tra i punti terminali di reti”
(art. 1, dedicato alle “Definizioni”, comma 1, lett. aa).
Chiarito, dunque, che per il
Codice delle Comunicazioni
la rete pubblica di comunicazioni è una rete destinata a
fornire servizi alla collettività,
ossia alla generalità dei cittadini, e che essa, per tale ragione,
presenta carattere di pubblica
utilità, può valutarsi appieno
il disposto dell’art. 91 del medesimo Codice, rubricato “Limitazioni legali della proprietà”, e citato nel contesto delle
missive di cui si è sopra dato
conto:
“1. Negli impianti di reti di comunicazione elettronica di cui
all’articolo 90, commi 1 e 2
(3), i fili o cavi senza appoggio
possono passare, anche senza
il consenso del proprietario,
sia al di sopra delle proprietà
pubbliche o private, sia dinanzi a quei lati di edifici ove non
vi siano finestre od altre aperture praticabili a prospetto.
2. Il proprietario od il condominio non può opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni,
nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro
impianto, nell’immobile di sua
proprietà occorrente per soddisfare le richieste di utenza
degli inquilini o dei condomini.
3. I fili, cavi ed ogni altra installazione debbono essere
collocati in guisa da non impedire il libero uso della cosa
secondo la sua destinazione.
4. Il proprietario è tenuto a sopportare il passaggio
17
Osservatorio del diritto
caso in cui non
sia prestata la
collaborazione
necessaria (e, a
questo
punto,
dovuta):
“L’operatore
incaricato del servizio può agire
direttamente in
giudizio per far
cessare eventuali impedimenti e
turbative al passaggio ed alla
installazione
delle infrastrutture”.
Fiera di Milano Rho
nell’immobile di sua proprietà
del personale dell’esercente il
servizio che dimostri la necessità di accedervi per l’installazione, riparazione e manutenzione degli impianti di cui
sopra”.
Di particolare interesse è poi
il comma 4 bis dell’articolo in
considerazione (art. 91 del Codice delle Comunicazioni), di
recentissima introduzione (4).
Esso prevede infatti che “L’operatore di comunicazione durante la fase di sviluppo della
rete in fibra ottica può, in ogni
caso, accedere a tutte le parti comuni degli edifici al fine
di installare, collegare e manutenere gli elementi di rete,
cavi, fili, riparti, linee o simili apparati privi di emissioni
elettromagnetiche a radiofrequenza. Il diritto di accesso è
consentito anche nel caso di
18
edifici non abitati e di nuova
costruzione”.
L’ampiezza del diritto di accesso alle parti comuni del
condominio riconosciuta al
soggetto che stia curando lo
sviluppo della fibra ottica è
appena mitigata dall’obbligo
posto a suo carico di “ripristinare a proprie spese le parti
comuni degli immobili oggetto
di intervento nello stato precedente i lavori” e di accollarsi
“gli oneri per la riparazione di
eventuali danni arrecati” (art.
cit., comma 5); d’altra parte,
nei casi previsti nel medesimo
articolo in commento, “al proprietario non è dovuta alcuna
indennità”.
L’ultimo – ma non per importanza – comma dell’art. 91 del
Codice delle Comunicazioni
fornisce sostegno alla già avvertita minaccia di azione nel
l’amministratore
Pare
piuttosto
agevole stabilire una relazione
diretta tra la formulazione dell’art. 4 bis del
Codice delle Comunicazioni
di recente introduzione, e le
di poco successive iniziative
assunte dalle imprese cui si
faceva riferimento in apertura. Risulta infatti, in virtù di
tale norma, che i soggetti che
si stiano occupando di sviluppare la rete in fibra ottica
nelle nostre città possano pretendere di accedere alle parti
comuni dello stabile, e che il
diniego opposto in tal senso rischi di essere superato da una
condanna giudiziale.
Ciò posto, sia consentito osservare che l’esecuzione di
attività le quali, seppure normativamente qualificate come
aventi carattere di pubblica
utilità, presentano indubbiamente un certo grado di invasività nella sfera privata (si
Osservatorio del diritto
tratta pur sempre di consentire
l’accesso nelle parti comuni
dell’edificio ad imprese non
incaricate dal condominio, e di
tollerare l’esecuzione di opere
di consistenza non irrilevante, con possibili interferenze
rispetto ad impianti già esistenti), avrebbe forse dovuto
essere preceduta non già da
minacce di adire le vie legali,
ma da una adeguata campagna
di informazione, magari condotta anche dagli enti preposti
alla regolamentazione ed alla
vigilanza in materia, e magari con il coinvolgimento delle
associazioni di categoria interessate (quali quelle che raggruppano gli amministratori
immobiliari) che, a vario titolo,
avrebbero potuto operare quali
canali di informazione sul territorio.
Ciò, tuttavia, non consente di
elidere la portata del dato normativo.
Rimane da valutare quale debba essere il contegno dell’amministratore nella vicenda.
Considerato che – come più
volte evidenziato – l’intervento di cui si discute coinvolge le
parti comuni, pare opportuno
che il chiesto accesso venga
consentito solo all’esito di un
pronunciamento conforme da
parte dell’assemblea.
La rilevanza del ruolo assegnato all’amministratore troverà
concreta espressione attraverso la presentazione all’assemblea degli elementi informativi utili all’assunzione di una
decisione ponderata, e non
aprioristicamente di chiusura
(non solo in senso figurato). In
questo senso, è opportuno che
vengano per tempo intrattenute
le imprese istanti, sollecitando
loro la trasmissione di ogni notizia concernente l’entità dei
lavori e la modalità di esecuzione prevista, anche attraver-
l’amministratore
so l’acquisizione del relativo
progetto.
In caso di deliberazione adesiva alla richiesta, occorrerà poi
apprestare i controlli necessari
al fine di assicurare l’attuazione della parte del precetto normativo che impone alle imprese interessate all’installazione
della fibra ottica di procedere
avendo cura di non causare
danni, ed eventualmente di curare i relativi ripristini.
1 D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (“Codice delle comunicazioni elettroniche”).
2 Il Codice delle Comunicazioni già sopra
menzionato.
3 Dunque, negli impianti relativi a reti destinate a fornire servizi accessibili a chiunque,
o relativi a reti di uso esclusivamente privato,
ma dichiarati di pubblica utilità con Decreto
del Ministero dello Sviluppo Economico.
4 Precisamente, introdotto dal comma 7
dell’art. 14 del D.L. 18.10.2012, n. 179,
come modificato dalla Legge di conversione
17.12.2012, n. 221.
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LE… NUOVE PARTI COMUNI
E IL CATASTO
Laura Gilardoni
Come è a tutti noto quando si
parla di parti comuni nel condominio si è soliti riferirsi a
quelle indicate e prescritte
dall’art. 1117 c.c., salvo che il
contrario non risulti dal titolo.
In sostanza, quindi, sono certamente parti comuni non solo
quelle indicate dall’articolo
1117 c.c.-che si considerano
presuntivamente comuni - ma
anche tutte quelle specificatamente indicate come tali dagli
atti di acquisto o dal regolamento condominiale di natura
contrattuale.
Inoltre.
La nuova disposizione dell’art.
1117 c.c. (e con l’introduzione
degli articoli immediatamente successivi) consente di poter sinteticamente affermare
che sono altresì comuni anche
quelli che “per destinazione ”
possono essere ritenuti tali.
L’inserimento del concetto di
beni “destinati” all’uso comune certamente amplia la categoria dei beni inserendovi anche le opere, le installazioni e i
manufatti che anche potenzialmente possono essere ritenuti
comuni.
La nuova formulazione degli
artt. 1117 e ss introduce quindi una visione più dinamica dei
beni e dei servizi comuni visione che impone, volta per volta, una attenta analisi dell’uso,
22
anche potenziale, che il bene
intende realizzare.
Inoltre.
Con la riforma sono stati aggiunti
- tra le parti comuni c.d. necessarie (primo comma art.
1117 c.c.) i pilastri, le travi
portanti e le facciate in tal
modo facendo propri i suggerimenti della giurisprudenza (cass. n.27145 del
2007),
- tra le parti comuni c.d. accessorie (secondo e terzo
comma art. 1117 c.c.) le
aree di parcheggio e i sottotetti (purchè destinati per
le caratteristiche strutturali e funzionali all’uso comune –Cass. n. 17249 del
2011) mentre vengono inspiegabilmente eliminati i
locali per il riscaldamento.
È evidente che nessun problema si pone se il bene di cui si
discute è espressamente indicato come comune negli atti di
acquisto.
Ma cosa fare se dagli atti risulta una situazione incerta?
La Suprema Corte si è recentemente pronunciata precisando
come il giudice di merito per
stabilire se una unità immobiliare è comune o meno deve
accertare
“… se all’atto della costituzione del condominio, come
l’amministratore
conseguenza dell’alienazione
dei singoli appartamenti da
parte dell’originario proprietario dell’intero fabbricato,
vi è stata tale destinazione,
espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la
proprietà comune dei condomini su di essa. (…)
“… per vincere, in base al titolo, la presunzione legale di
proprietà comune delle parti dell’edificio condominiale
indicate nell’art.1117 n.2 c.c.
non sono sufficienti il frazionamento-accatastamento e la
relativa trascrizione, eseguiti
a domanda del venditore costruttore, trattandosi di atto
unilaterale di per se inidoneo
a sottrarre il bene alla comunione condominiale e dovendosi invece riconoscere
tali effetti solo al contratto di
compravendita, in cui la previa delimitazione unilaterale
dell’oggetto del trasferimento
sia stata recepita nel contenuto
negoziale per concorde volontà dei contraenti. (…)
“…per presumere la natura
condominiale di un bene è sufficiente l’attitudine funzionale di quest’ultimo al servizio
o al godimento collettivo (…)
(Cass. n.21478 del 2012)
La Suprema Corte quindi appare chiara nel sancire che, in
caso di incertezza, il giudice
Osservatorio del diritto
di merito deve verificare se il
bene abbia un’attitudine funzionale al servizio di tutti e risulti collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari
al quale è asservito.
Il Legislatore, dal canto suo,
facendo proprio l’orientamento appena sopra citato, ha ritenuto di estendere il concetto
di parte comune anche a quei
beni funzionalmente e potenzialmente destinati al godimento della collettività, ma, in
evidente conflitto, ha espressamente eliminato nel novero
delle parti comuni il locale per
il riscaldamento mandando sostanzialmente in evidente ….
confusione i professionisti che,
operando sul campo, si trovano a dover assumere decisioni
importanti in ordine alle conseguenze connesse con la qualificazione giuridica del bene.
Comunque.
Al di la del… lapsus calami del
Legislatore, ciò che è evidente
che l’estensione della norma a
beni che, anche potenzialmente, possono essere ritenuti funzionali alla collettività dovrà
comportare come conseguenza
immediata e diretta l’obbligo
del loro accatastamento.
L’ambito applicativo dell’art.
19 del D.L.78/2010 - articolo che, inserito nella Manovra
Finanziaria del 2010, dispone
la costituzione dell’Anagrafe
Immobiliare Integrata e prevede l’obbligo in capo ai titolari
di diritti reali sugli immobili di
presentare le dichiarazioni di
aggiornamento catastale - dovrà pertanto necessariamente
estendersi anche a quei beni
comuni che fino ad ora erano
ritenuti non censibili.
In un tale contesto di complessità normativa oltre che di
dubbi interpretativi, chi scrive
non può che limitarsi a riferire
quelli che sono gli orientamenti prevalenti (per es. attraverso
le indicazioni dell’Agenzia del
Territorio) indicando una casistica esemplificativa.
E quindi.
In linea di principio possiamo
certamente affermare che sono
ritenuti beni non censibili il
vano scale, l’androne, il vano
ascensore, i ballatoi.
Vi sono poi porzioni non censibili, comuni a più unità immobiliari, che non hanno una
propria autonomia e capacità
reddituale e possono essere individuati per la loro specifica
funzione di utilizzazione indivisa, per esempio una rampa
posta al servizio dei posti auto
di un garage. Si tratta di porzioni di immobili che pur non
essendo soggetti alle dichiarazioni di accatastamento devono
essere comunque rappresentate
graficamente attraverso un elaborato planimetrico redatto da
tecnico abilitato che ne attesti
tra l’altro la conformità oggettiva.
Rientrano, invece, certamente
nella categoria dei beni comuni censibili (beni che vanno accatastati con attribuzione della
rendita) il garage condominiale, la cantina condominiale
e l’alloggio del portiere - cfr.
Circolare Agenzia Territorio
art. 7 n. 9 del 26.11.2001) o la
cartellonistica pubblicitaria.
l’amministratore
Si ritiene inoltre:
- che i posti auto scoperti debbano rientrare nella
categoria dei beni censiti
(categoria C/6) in quanto
scopo della normativa è
identificare precisamente
tutti i beni che dovrebbero
essere accatastati (quindi
anche l’area condominiale
destinata a posti auto),
- che gli immobili di nuova
costruzione ospitanti gli
impianti a pannelli fotovoltaici debbano certamente essere soggetti all’accatastamento soprattutto se
gli impianti di riferimento
NON siano di piccola entità (nel qual caso si potrà
invece parlare di impianti
pertinenziali alla abitazione);
- che la piscina posta al servizio di più unità abitative
rientri certamente tra i beni
censibili in virtù della destinazione specifica
In conclusione quindi, ciò che
qui rileva è il fatto che la riforma del condominio estendendo in modo contraddittorio il
concetto di parte comune ha di
fatto allargato gli obblighi di
accatastamento dei beni stessi
senza però fornire una interpretazione univoca che invece
si spera possa pervenirci.
Ciò che è bene qui ricordare che la sanzione di nullità
prevista dalla Finanziaria del
2010 (D.L.78/2010) certamente impone un interventomeglio se legislativo-idoneo
ad indicare con estremo rigore
ciò che è o non è censibile.
23
Sentenze
La presente rubrica è a cura dell’avv. Eugenio Antonio Correale e si compone di due parti
per ogni sentenza: l’estratto ed un breve commento dello stesso avv. Correale
1199 Condominio. Uso e modifica delle parti comuni. Alterazione delle cose comuni,
illegittimità.
Sono illegittime, poiché esulano da quanto consentito dall’art. 1102 c. c. le opere che
un condomino intende eseguire per realizzazione una scala di collegamento delle unità
immobiliari rispettivamente poste al piano terra ed al piano interrato, entrambe di sua
proprietà, laddove le stesse vadano ad incidere in senso irreversibile sulla destinazione d’uso
dell’entità comune sottraendola del tutto ai condomini a beneficio della sola attrice. Nel
caso di specie le opere sarebbero consistite nell’abbattimento di una parte del pianerottolo,
ossia, di uno spazio condominiale - sia pur di dimensioni contenute - utilizzato per il deposito
delle carrozzine e delle biciclette. Tribunale di Milano, sezione tredicesima. Estensore
Dottoressa Gallina, sentenza del 15 marzo 2013 (Servizi/ Cond. Vallazze)
La sentenza in commento si è occupata anche di numerose eccezioni preliminari sollevate
dalle parti, peraltro con notevole dovizia. Interessa quindi sopra tutto la decisione di merito,
ineccepibile poiché un condomino pretendeva di trasformare una parte del pianerottolo
comune nella tromba di una nuova scala destinata a servire da collegamento tra due sue
proprietà. Il Tribunale ha dovuto rilevare che le opere debordavano dall’ambito consentito
dall’articolo 1102 c.c. e, destando la curiosità di chi da mesi si dedica alla riforma del
condominio ha sostenuto testualmente che l’occupazione delle cose comuni appena illustrata
andrebbe ad incidere in senso irreversibile sulla destinazione d’uso dell’entità comune
sottraendola del tutto ai condomini a beneficio della sola attrice. Poiché la locazione
destinazione d’uso costituirà uno degli argomenti sui quali si incentreranno significativi
contrasti interpretativi, si segnala l’implicita presa di posizione della sezione specializzata
del Tribunale di Milano, che usato l’espressione in discorso per descrivere una fattispecie
sostanzialmente caratterizzata dalla appropriazione di una parte comune. Tornando in acque
meno perigliose, si rileva che il Tribunale ha concluso affermando di ritenere erronee le
difese della condomina poiché da un lato erroneo appariva erroneo il riferimento all’art.
1102 c.c. e dall’altro risultava violato il precetto di cui all’art. 1120 c.c. comportando tale
innovazione un’alterazione irreversibile e pregiudizievole per i condomini.
1200Condominio. Uso e modifica delle parti comuni. Alterazione delle cose comuni,
illegittimità.
Le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento
condominiale, posto che l’allegazione di esse al regolamento rappresenta un dato meramente
24
l’amministratore
Sentenze
formale che non muta la diversa natura intrinseca dei due atti, non potendosi escludere che
i condomini, in mancanza di un regolamento con annesse tabelle, possano, ai fini della
ripartizione delle spese (di tutte o alcune di esse), accordarsi liberamente tra loro stabilendone
i criteri, purché sia rispettata la quota di spesa posta a carico di ciascun condomino e la
quota di proprietà esclusiva di questi, essendo il criterio di ripartizione previsto dalla legge
(art. 1123 c.c.) preesistente ed indipendente dalla formazione delle tabelle (Cass. 13505/99).
La (pre)esistenza di tabelle millesimali non è necessaria per il funzionamento e la gestione
del condominio, non solo ai fini della ripartizione delle spese ma neppure per la costituzione
delle assemblee e la validità delle deliberazioni (Cass. 6202/98; 431/90; 5794/83).
In sede di stipula dei rogiti di acquisto, i nuovi condomini si erano obbligati a redigere ed
approvare il regolamento con le relative tabelle millesimali, ma numerose assemblee erano
andate deserte. Numerosi proprietari hanno quindi agito in giudizio, chiedendo al Tribunale
di procedere alla formazione delle tabelle millesimali, considerando tra l’altro che quelle a
suo tempo adottate dalla proprietà originaria non comprendevano tutte le unità commerciali.
Il tribunale ha accolto la domanda ed ha evidenziato che dalla giurisprudenza della Suprema
Corte si può trarre il principio della non necessaria correlazione tra regolamento e tabelle
dei millesimi. Il Giudice ha evidenziato che se pure le tabelle costituiscono allegato del
tutto ovvio e normativamente previsto per il regolamento, che vengano anche predisposte le
tabelle relative alla ripartizione delle spese condominiali, dall’altro è possibile che vengano
formate convenzionalmente le tabelle anche se il regolamento condominiale non sia stato
predisposto. Particolarmente incisiva risulta la motivazione relativa alla constatazione della
ricorrenza dell’interesse ad agire per la formazione delle nuove tabelle, interesse che è stato
individuato nel vantaggio insito nel poter disporre di prospetti validi e non contestabili per
la determinazione dei criteri di ripartizione delle spese condominiali e nel superamento di
situazioni di incertezza, circa l’ammontare delle spese.
1201Locazione. Rifiuto del locatore di ricevere la restituzione dell’immobile gravemente
danneggiato dal conduttore.
Il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione dell’immobile è legittimo ogni qualvolta
il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile, ovvero su di esso effettuato non
consentite innovazioni di tale rilievo, con conseguente necessità dell’esborso di notevoli
somme per la esecuzione delle opere di ripristino, e fino al momento in cui tali somme non
vengano corrisposte dal conduttore medesimo. La legittimità di un tale rifiuto comporta, in
applicazione dell’art. 1220 c.c., che fino a tale momento deve ritenersi persistente la mora
del conduttore, pertanto tenuto anche al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., seppure
abbia smesso di usare l’immobile secondo la destinazione convenuta. Cassazione civile,
sezione terza, sentenza n. 12977 del 24 maggio 2013.
Se al termine della locazione l’immobile offerto in restituzione dal conduttore presenti
seri danneggiamenti o, addirittura, consistenti innovazioni, il proprietario può rifiutarsi di
accertarne la consegna. L’interesse al rifiuto deriva dalla persistenza delle obbligazioni in
capo all’inquilino, che evidentemente deve continuare a versare i corrispettivi ed è anche
esposto al rischio per il perimento della cosa, della quale rimane il custode. Per accertare
se il rifiuto del locatore di ricevere la riconsegna sia giustificato si deve avere riguardo
l’amministratore
25
Sentenze
alla natura ed all’entità delle carenze. Se la cosa locata risulti deteriorata a causa della
mancata esecuzione delle opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, si
tratterebbe di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa
e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa. Per queste ipotesi la
giurisprudenza ha insegnato che l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello
“status” quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non
aggravare il danno, talché il suo rifiuto di ricevere la cosa locata apparirebbe illegittimo. Al
contrario, se il conduttore ha effettuato trasformazioni e/o innovazioni e l’esecuzione delle
opere di ripristino implica il compimento di un’attività straordinaria e gravosa, il locatore
può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene
offerta.
1202Condominio. Spese. Spese sostenute per porre rimedio a danni cagionati da un
condomino,. Ripartizione tra tutti i condomini, salva la successiva azione risarcitoria a
carico del responsabile.
In tema di condominio negli edifici, il principio secondo cui, in ipotesi di danni alle parti
comuni ascrivibili ad uno o ad alcuni dei condomini, sussiste l’obbligo del responsabile
di assumere l’onere del relativo ripristino, non osta a che, fino a quando il singolo
partecipante non abbia riconosciuto la propria responsabilità o essa non sia stata accertata
in sede giudiziale, l’assemblea abbia il potere di ripartire tra tutti i condomini le spese
di ricostruzione o riparazione dei beni danneggiati, secondo le regole generali, in misura
proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, fermo restando il diritto di costoro di
agire, individualmente o mediante l’amministratore, per ottenere dal responsabile il rimborso
di quanto anticipato. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha
negato la nullità della delibera assembleare di approvazione dei lavori di rifacimento di un
tetto comune e di ripartizione delle relative spese tra i condomini, pur trattandosi di opere
imposte da un precedente intervento edilizio, costituente illecito urbanistico, unilateralmente
eseguito sul medesimo tetto da alcuni comproprietari). Cass. civ. sezione seconda civile,
sentenza , n. 10053 del 23 aprile 2013.
La presa di posizione del Giudice di Legittimità è di mero buon senso, ma non può dirsi tale da
essere immediatamente percepita ed accolta dalle assemblee. Accade infatti frequentemente
che si ripetano controversie che hanno quale scenario eventi dannosi che siano ovvero che
siano ritenuti ascrivibili a colpa di un singolo condomino. Per queste ipotesi da tempo la
giurisprudenza ha insegnato che non è consentito alla maggioranza ergersi a giudice ed
imporre con atto di imperio che la spesa sia posta “pro capite” a carico del preteso colpevole.
Correttamente, la giurisprudenza ha rilevato che l’addebito al singolo è concepibile
unicamente se quest’ultimo riconosce la propria responsabilità ed accetta di risarcire. In
difetto, occorre instaurare un giudizio ed attendere la sentenza. Poiché nel frattempo possono
essere determinate delle spese, ad esempio poiché il condominio ha dovuto inviare in loco
l’impresa che ha comunque proceduto alle riparazioni, l’assemblea deve provvedere alla
necessaria riscossione delle somme occorrenti, in via provvisoria. Opportuna ed utile è la
decisione della Corte Suprema che ha abilitato l’assemblea a suddividere gli oneri come
sopra generati tra tutti i condomini, facendo ovviamente salva la possibilità di chi abbia
anticipato le spese di agire per il rimborso, direttamente o per il tramite dell’amministratore.
26
l’amministratore
Sentenze
1203 Assicurazione. Polizza globale fabbricati. Clausola che limiti il rischio ai fatti accidentali.
Applicabilità per tutti gli eventi dannosi, anche se derivati da colpa grave
L’assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali,
dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa
natura importa necessariamente l’estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di
espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme
di colpa. Pertanto la clausola della polizza stipulata da un condominio, la quale preveda la
copertura dei danni “involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale”,
senza contenere alcuna limitazione con riguardo a determinati gradi di colpa, fa ritenere operante
la garanzia anche in ipotesi di comportamento gravemente colposo dell’assicurato (nella specie,
per il difetto di manutenzione di una tubazione idrica condominiale), con la sola eccezione delle
condotte dolose. Cassazione civile, terza sezione, sentenza n. 4799 del 26 febbraio 2013
Il combinato disposto dell’oscurità di alcune clausole che continuano a comparire nelle nostre
polizze e della fantasia di alcuni cultori dell’infortunistica genera contenzioso non eccelso. Ancora
una volta è tornata all’attenzione del giudice la clausola che descrive l’oggetto della copertura
assicurativa riferendosi ai fatti accidentali, comportando la necessità di adeguato chiarimento
per evitare che la stessa sia riferita unicamente ad ipotesi nelle quali difetta la responsabilità
dell’assicurato e quindi non vi è nulla vi è da coprire. Chirurgica e convincente appare la motivazione
seguita dai giudici di Modena con la sentenza del 14 febbraio 2012 della quale si trascrive la lucida
massima: la clausola assicurativa che limita la copertura a “fatti accidentali”, non può riferirsi al caso
fortuito od alla forza maggiore, situazioni che escludono radicitus la responsabilità dell’assicurato
e quindi l’interesse a stipulare un’assicurazione, ma si riferisce piuttosto ai fatti colposi, così
contrapposti ai fatti dolosi per i quali non opera invece la manleva. Con maggiore ampiezza di
respiro la Corte Suprema ha ripetutamente affermato il principio per il quale “l’assicurazione
della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a
caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, importa necessariamente per
la sua stessa denominazione e natura l’estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza
di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di
colpa”. Le conseguenze di siffatta impostazione sono due. Per la prima, più normale, la clausola
di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti
accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta
colposa in contrapposizione ai fatti dolosi” (così, oltre a Cass. n. 4118/95, citata in ricorso, anche
Cass. n. 752/00, nonché, di recente Cass. n. 5273/08 e n. 7766/10). Più graffiante ed anche molto
caustica è la conseguenza posta in rilievo dalla sentenza che si commenta. È infatti accaduto
che i giudici supremi abbiano spinto la propria disamina sino a rilevare che la Compagnia, forse
troppo distratta dal tentativo di imporre rigidi argini alla propria responsabilità, in definitiva si sia
dimenticata di incidere sul campo lecito e possibile, talché non è dato rinvenire alcuna limitazione
della garanzia per determinate forme di colpa, specificamente per la colpa grave. È stato deciso
che, in mancanza di apposita clausola derogatoria, i principi generali sull’assicurazione per la
responsabilità civile desumibili dall’art. 1917 cod. civ. consentano di distinguere soltanto i fatti
colposi, di norma assicurati, dai fatti dolosi, di norma esclusi, non essendo consentiti ulteriori
distinzioni, specificamente tra le diverse forme di colpa; e come, nella polizza in questione, non vi
fosse alcuna clausola limitativa delle ipotesi di assicurazione della responsabilità civile verso terzi.
l’amministratore
27
La presentazione
43° Corso di Formazione
per amministratori immobiliari
anno 2013-2014
Si torna a scuola
Le riforma del Condominio e delle
Professioni un tempo definite “emergenti” segnano notevoli progressi
per l’amministratore.
Il programma del 43° Corso di formazione ne ha tenuto conto, talché
l’intera prima parte si svolgerà sotto
l’insegna delle riforme appena entrate in vigore, con opportuna concentrazione degli argomenti di interesse
anche i più esperti.
L’amministratore è divenuto protagonista di attività che, trascendendo
la gestione contabile, si riferiscono
alla conservazione delle cose e degli
impianti, alla cura dei rapporti con le
imprese che ruotano intorno al condominio, alla disciplina della convivenza.
Per naturale conseguenza, l’amministratore dovrà essere più preparato;
sopra tutto, la gestione dei loro studi
esigerà adeguate analisi e cure.
Pure gli amministratori di lungo
corso dovranno aggiornare le loro
cognizioni, per non incorrere in errori e per seguire adempimenti che
qualche anno fa sarebbero sembrati
singolari o addirittura stravaganti.
Il condominio avrà una sua conta-
bilità; si dovranno confezionare in
modo impeccabile quattro registri,
pena la possibilità di revoca dell’amministratore.
Sono cambiate le innovazioni ed è
mutato il rapporto tra il singolo condomino e le parti comuni.
L’esperienza dei Corsi di formazione
organizzati dalla Sede Provinciale
di Milano Anaci risulterà essenziale
per chi si affaccia alla professione e
per chi voglia meglio governarne le
regole.
Le lezioni si terranno il martedì dalle
ore 19 alle ore 21 l’ultima parte sarà
dedicata ai quesiti dei corsisti, mentre domande di interesse individuale
potranno essere proposte nell’ambito delle consulenze del Centro Studi,
chiedendo di fissare un appuntamento in Sede.
La rivista della Provinciale Milanese, “L’Amministratore”, sarà distribuita anche ai corsisti e la biblioteca
del Centro Studi sarà disponibile per
le consultazioni in Sede, con gli stessi orari delle consulenze.
In occasione dell’inaugurazione saranno distribuiti gli “Appunti per i
Corsi di Formazione”, arricchiti da
sezioni dedicate a chi si affacci alle
multiformi discipline condominiali e
deve esercitarsi sul nuovo sapere appena acquisito.
Saranno distribuite anche le “Mille sentenze per l’Amministratore
Immobiliare dagli anni settanta ad
oggi” e l’“Archivio di Mille Scale”,
che racchiude dieci anni di note e di
commenti sulla sicurezza del lavoro.
Durante la cerimonia d’inaugurazione saranno consegnati gli attestati di
partecipazione, riservati a chi abbia
partecipato ad adeguato numero di
lezioni e superato le prove scritte e il
colloquio orale finale.
La partecipazione al corso è titolo
preferenziale per iscriversi alla Associazione, in conformità alle regole
dello Statuto.
Il superamento delle prove di fine
corso ed il possesso dei titoli previsti
dallo Statuto consentiranno la iscrizione gratuita nell’elenco speciale,
per un anno.
Il Direttore del Corso
e del Centro Studi
Avv. Eugenio Antonio Correale
Orario delle lezioni: ore 19 – 21
Presso la Sede provinciale della ANACI
in viale Sabotino, 22 - Milano
Direttore Avv. Eugenio Antonio CORREALE
l’amministratore
29
Il programma
INAUGURAZIONE: Lunedì 30 settembre 2013
Saluto del Presidente Provinciale Leonardo Caruso;
Saluto del Direttore della Rivista Dottor Dario Guazzoni;
Saluti delle Autorità.
Relazioni:
Claudine Spetz, Presidente Conseil Européen des Professions Immobiliéres:
La disciplina delle professioni in Europa.
Dottor Marco Manunta, Presidente 13ª Sezione Tribunale di Milano:
Il contenzioso Condominiale;
Avv. Eugenio Antonio Correale:
La legge quattro del 2013 sulla professioni non organizzate in ordini: obblighi ed opportunità.
Il profilo professionale dell’amministratore di condominio in esito alle disposizioni dell’art. 71 bis disp
att. c.c.
Al termine saranno consegnati gli attestati relativi al Corso 2012/2013.
PARTE PRIMA - IL CONDOMINIO ALLA
LUCE DELLA RIFORMA
Prima lezione
1 ottobre 2013, martedì
Avv. Eugenio Antonio Correale
l’amministratore nel nuovo condominio:
I requisiti per la nomina: l’art. 71 bis disp. att. c.c.
La nomina conferita ad una società: la figura del
dipendente incaricato di svolgere le funzioni di
amministratore;
L’obbligatorietà della nomina;
La dichiarazione dei dati anagrafici e professionali
dell’amministratore nominato o rinnovato;
La dichiarazione relativa all’emolumento e il
codice del consumo;
La dichiarazione professionale richiesta dall’art.
3 L4/2013, sulle professioni non organizzate in
ordini;
La nomina dell’amministratore giudiziario e il suo
emolumento;
L’obbligo di specificare il locale nel quale sono
tenuti i registri condominiali;
Il diritto di verifica dei registri da parte dei
condomini;
La polizza per la responsabilità professionale e i
suoi adeguamenti;
La targhetta condominiale, in riferimento
all’amministratore professionista ed a chi svolga
“funzioni analoghe”;
L’utilizzazione obbligatoria del conto corrente;
L’obbligo di consentire prendere visione della
documentazione condominiale;
Il diritto del condomino di estrarre copie a sue
spese.
Seconda lezione
8 ottobre 2013, martedì
Avv. Eugenio Antonio Correale
Avv. Marina Figini
l’amministratore condominiale, l’emolumento
per attività extra, la riscossione delle quote, i
registri di anagrafe, dei verbali, delle nomine
e revoche.
Le nuove attribuzioni dell’amministratore;
La conservazione dei diritti dei condomini;
La determinazione del compenso, per le mansioni
ordinarie e per quelle extra;
La riscossione delle quote, il decreto ingiuntivo
nei confronti dei morosi, l’obbligo dell’esecuzione
forzata;
Il contenuto del registro di anagrafe condominiale;
L’acquisizione dei dati dei condomini, di quelli
catastali e di quelli relativi alle condizioni di
sicurezza;
La confezione del registro di anagrafe e la sua
conservazione;
30
Il registro dei verbali;
Il registro delle nomine e delle revoche;
Responsabilità dell’amministratore e dei condomini
in riferimento ai registri del condominio.
ore
20.15 -20.40: presentazione di un
gestionale per il condominio
Terza lezione
11 ottobre 2013, venerdì
Avv. Eugenio Antonio Correale
Dottor Luigi Donzelli
l’amministratore condominiale: il registro di
contabilità e gli allegati del rendiconto.
I principi di completezza, di trasparenza e di
ricostruibilità della gestione;
Il conto corrente condominiale e la gestione
economica;
La compilazione del registro di contabilità e il suo
aggiornamento;
La nozione di “voci in entrata e in uscita”;
La nozione di situazione patrimoniale del
condominio ai sensi dell’art. 1130 bis c.c.;
Il riepilogo finanziario e la nota sintetica
esplicativa.
Esercitazione per la raccolta dei dati e per la
confezione dei registri e dei documenti allegati al
rendiconto.
ore
20.15 -20.40: presentazione di un
gestionale per il condominio
Quarta lezione
15 ottobre 2013, martedì
Avv. Eugenio Antonio Correale
i diritti reali e i diritti personale
di godimento alla luce della riforma.
I diritti reali;
I diritti personali di godimento, diritti ed obblighi
degli inquilini;
L’articolo 833 c.c. e le attribuzioni del proprietario;
La funzione sociale della proprietà;
Il diritto di accedere al fondo altrui (art. 843 c. c.);
Le immissioni e le aspettative sulla riservatezza
delle porzioni immobiliari;
I diritti reali minori;
Le servitù prediali;
Le norme sulle distanze legali.
Quinta lezione
22 ottobre 2013, martedì
Avv. Eugenio Antonio Correale
il condominio e i condominii atipici. la
costituzione del condominio. la nozione di
parte comune e il godimento delle cose di
proprietà comune nel nuovo condominio.
l’amministratore
Le nuove disposizioni dell’art. 1117 c.c.;
Le parti comuni, con particolare riferimento ai
balconi ed ai sottotetti, nella nuova disciplina;
Il condominio, il supercondominio e i condominii
speciali;
La multiproprietà;
La costituzione del condominio;
Le parti comuni e la riserva di proprietà esclusiva;
Proprietà esclusive e parti comuni:la nozione di
pertinenza;
Le parti comuni come pertinenze (per lo più)
necessarie;
Il rapporto pertinenziale, nel supercondominio e
nel condominio parziale;
L’articolo 1102 c.c.
Sesta lezione
25 ottobre 2013, venerdì
Avv. Ermes Gallone – Avv. Luca Saccomani
fattispecie particolari: la modificazione e la
tutela delle destinazioni d’uso (artt. 1117 ter
e quater c.c.).
L’articolo 1117 ter c.c. e la modifica delle
destinazione d’uso: l’iter di approvazione della
riforma e il testo vigente;
La destinazione d’uso delle parti comuni;
I vincoli fissati nei regolamenti contrattuali;
Modificabilità di talune clausole del regolamento
contrattuale;
La speciale assemblea ai sensi dell’art. 1117 ter
c.c., convocazione e confezione del verbale;
L’articolo 1117 quater c.c.: vincoli e responsabilità
per i singoli partecipanti al condominio.
L’obbligo di informare l’amministratore;
L’obbligo di coinvolgere l’assemblea nell’esame
delle attività pregiudizievoli;
L’impugnazione delle delibere che impongano
limitazioni o che dispongano divieti.
Settima lezione
29 ottobre 2013, martedì
Avv. Marina Figini
fattispecie particolari: il recupero dei
sottotetti. le nuove regole condominiali:
scioglimento del condominio e indivisibilità
delle parti comuni.
Le soffitte e le mansarde, i vani sottotetto;
Il nuovo regime dei sottotetti, alla luce
dell’art.1117 c.c.;
Il recupero dei sottotetti, nelle leggi della Regione
Lombardia;
La gestione della richiesta di recupero del
sottotetto avanzata dal proprietario del vano;
Lo scioglimento del condominio, mediante delibera
assembleare;
Lo scioglimento del condominio, in esito ad azione
giudiziale;
La divisione delle cose comuni, nel nuovo testo
dell’art. 1119 c.c.
Ottava lezione
5 novembre 2013, martedì
Dottor Dario Guazzoni
la preparazione dell’assemblea:
La riunione con i consiglieri;
La visione dei giustificativi da parte dei consiglieri
e dei condomini;
Il nuovo rilievo delle rendicontazioni periodiche
del conto corrente e dei registri di anagrafe e di
contabilità;
Il sito internet del condominio;
L’avviso di convocazione;
Le formalità di apertura dell’adunanza;
I consiglieri del condominio;
La redazione del verbale in assemblea;
La conservazione e la esibizione dei giustificativi
Il programma
di spesa, nei rapporti con i condomini e nei
rapporti con i terzi fornitori del condominio.
Nona lezione
12 novembre 2013, martedì
Avv. Ermes Gallone
L’ assemblea di condominio:
Il potere di convocare la riunione;
I soggetti da convocare;
L’avviso di convocazione;
La nomina del Presidente e del Segretario;
Diritti di verifica e di controllo della gestione
condominiale da parte dei condomini;
Le nuove maggioranze;
Le delibere nulle e quelle annullabili;
La azione ed i termini per l’impugnazione di cui
all’articolo 1137 c. c.;
La azione per far valere la inesistenza o la nullità
assoluta.
Decima lezione
15 novembre 2013, venerdì
Avv. Marina Figini
il regolamento di condominio e le tabelle
millesimali nel nuovo condominio.
Il regolamento contrattuale;
Il regolamento assembleare;
Le tabelle di proprietà e quelle delle spese generali;
La formazione delle tabelle millesimali: la rettifica
e la revisione in virtù della riforma;
La modifica dei criteri di riparto delle spese in virtù
della riforma;
I poteri di rappresentanza dell’amministratore nella
rettifica e nella revisione delle tabelle.
Undicesima lezione
19 novembre 2013, martedì
Avv. Ermes Gallone
la ripartizione delle spese
L’aggiornamento del registro di anagrafe
condominiale;
L’obbligo di versare i contributi;
Nudo proprietario e usufruttuario;
L’impossibilità di rinunciare ai diritti sulle cose
comuni;
Le spese nell’interesse comune;
La ripartizione delle spese secondo l’uso
potenziale;
Il condominio parziale;
Parziarietà e vincoli di solidarietà nei rapporti
condominiali di dare e di avere.
Dodicesima lezione
26 novembre 2013, martedì
Avv. Ermes Gallone
Avv. Roberta Negri
la ripartizione delle spese; il riscaldamento:
Avv. Gallone:
La soppressione del riscaldamento centralizzato;
La contabilizzazione del calore, conseguenze in
tema di ripartizione delle spese;
La differenza tra gli interventi all’impianto termico
disciplinati dalle leggi speciali (L.10/91) e le
innovazioni disciplinate dall’art. 1120 c.c.;
Le spese per la manutenzione del lastrico solare di
uso esclusivo ( art. 1126 c.c.);
Le spese per la manutenzione e la ricostruzione
delle scale ( art. 1124 c.c.);
Le spese per i solai interpiano (art. 1125 c.c.).
Avv. Roberta Negri:
La comunicazione dei dati dei morosi ai terzi
creditori;
l’obbligo di chiedere decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo a carico dei morosi.
Le esecuzioni forzate a carico del condomino;
Il fallimento del condomino.
Tredicesima lezione
29 novembre 2013, venerdì
Avv. Marina Figini
il superamento delle barriere
architettoniche ed i parcheggi
L’installazione dell’ascensore a cura e spese del
singolo condomino;
L’installazione dell’ascensore in forza di
delibera assembleare;
La legge 13/89;
La legge 122/90 sui parcheggi;
L’istituzione di nuovi parcheggi pertinenziali;
Le differenze tra i parcheggi pertinenziali e
i nuovi parcheggi destinati a servire le unità
immobiliari ai sensi dell’art. 1120 secondo
comma c.c.
Quattordicesima lezione
3 dicembre 2013, martedì
Avv. Eugenio Antonio Correale
Leonardo Caruso
l ’ assemblea di approvazione del rendiconto e
del preventivo :
Il diritto del condominio di esprimere il voto in
esito ad informazione chiara e completa;
Il diritto del condomino di conoscere le
imputazioni delle quote di spesa;
L’individuazione dei prospetti da inviare in
preparazione dell’assemblea;
La compilazione del rendiconto dei suoi allegati
e dei prospetti di riparto;
Il settimo comma dell’art. 1130 c.c. ed il
registro di contabilità, quale componente del
rendiconto;
L’art. 1130 bis c.c. e l’elaborazione dei dati
relativi alla gestione economica del condominio;
La redazione del preventivo;
La redazione dei prospetti di riparto.
Quindicesima lezione
10 dicembre 2013, martedì
Dottor Luigi Donzelli
profili fiscali nella amministrazione
immobiliare
Il condominio sostituto di imposta;
Le ritenute d’acconto;
Le certificazioni e le dichiarazioni del sostituto
di imposta;
La comunicazione degli elenchi dei fornitori.
Sedicesima lezione
17 dicembre 2013, martedì
Dottor Alessandro Zucchelli
l ’ amministratore ed i principi della
comunicazione .
Introduzione sociologica;
L’amministratore come venditore di pace;
Motivi storici e motivi antropologici;
I principi della comunicazione;
Gli elementi della relazione: obiettivi,
interlocutore, autore;
La gestione del consenso;
Strategie comunicative nella comunicazione in
assemblea.
Diciassettesima lezione
20 dicembre 2013, venerdì
Dottor Giuseppe Marchioni
il trattamento del professionista
nell ’ ordinamento tributario .
Le scritture contabili dell’esercente arti e
professioni;
La redazione delle scritture;
La conservazione delle scritture;
La tutela del professionista in occasione di
verifiche e di accertamenti.
l’amministratore
PARTE SECONDA: I CONTRATTI
Diciottesima lezione
7 gennaio 2014, martedì
Avv. Laura Gilardoni
il contratto
Le trattative;
L’accordo delle parti;
La causa;
L’oggetto;
La forma;
Le clausole penali, le clausole vessatorie;
Le clausole abusive e la tutela del consumatore;
La nullità e l’annullabilità;
La risoluzione per inadempimento.
Diciannovesima lezione
14 gennaio 2014 martedì
Avv. Tiziano Membri
la compravendita e la mediazione immobiliare i
riflessi della riforma del condominio
La forma nella compravendita immobiliare;
La procura ed i contratti preliminari;
La trascrizione del preliminare;
L’oggetto della compravendita;
Le garanzie del venditore, le decadenze e le
prescrizioni;
La trascrizione;
La nota di trascrizione e l’opponibilità delle clausole
contrattuali;
La mediazione;
Gli obblighi del mediatore;
La provvigione e la prescrizione del diritto alla
provvigione.
Ventesima lezione
21 gennaio 2014 martedì
Avv. Luca Saccomani
l’appalto(iª)
Concetti generali;
Il contratto d’opera e il rapporto di lavoro
subordinato;
Il progetto, i capitolati generali e gli altri allegati al
contratto;
Il progettista e il direttore dei lavori;
Gli obblighi del committente per la sicurezza del
lavoratore;
Le cautele nella raccolta dei preventivi e nella
stipula dei contratti;
La determinazione del corrispettivo dovuto
all’impresa;
La esecuzione dell’opera;
Le variazioni del progetto;
La revisione del prezzo;
Il recesso del committente.
Ventunesima lezione
28 gennaio 2014 martedì
Avv. Luca Saccomani
l’appalto (iiª)
La prevenzione degli infortuni e il D. L.gs 81/2008;
Il controllo della attività dell’appaltatore;
Il collaudo e la consegna dell’opera;
L’inadempimento del committente;
L’inadempimento dell’appaltatore.
La garanzia ordinaria biennale.
Le garanzie e la risoluzione del contratto.
La garanzia decennale.
Le responsabilità del committente, dell’appaltatore e
degli ausiliari, anche nei confronti dei terzi.
Ventiduesima lezione
4 febbraio 2014 martedì
Dottor Dario Guazzoni - Ing. Giuseppe Degradi
l’assicurazione
Il rischio assicurato;
31
Il programma
La responsabilità civile;
Le clausole vessatorie;
La tutela dell’assicurato, inteso come
“consumatore”;
La prescrizione;
la polizza globale fabbricati
Polizza globale fabbricati: garanzie e condizioni
particolari;
La coassicurazione indiretta e la concorrenza di più
polizze che coprono il medesimo rischio;
La liquidazione dei sinistri;
I rapporti e le convenzioni fra le Compagnie per la
gestione dei sinistri.
Ventitreesima lezione
11 febbraio 2014, martedì
Ing. Cristoforo Moretti
il rapporto di lavoro e le norme per la
sicurezza del lavoratore
La prevenzione degli infortuni nel lavoro
subordinato;
La prevenzione degli infortuni nelle opere edilizie;
Gli adempimenti propedeutici all’inizio dei lavori;
Il responsabile per la sicurezza;
Gli oneri del committente durante la esecuzione dei
lavori;
Le responsabilità dell’amministratore durante la
esecuzione delle opere di manutenzione;
La documentazione.
Ventiquattresima lezione
18 febbraio 2014 martedì
Ing. Cristoforo Moretti
la scelta degli interventi nelle manutenzioni
delle parti comuni
La manutenzione programmata e le procedure per
la pianificazione della manutenzione;
Due casi pratici di interventi di manutenzione:
a ) il ripristino delle facciate;
b ) il ripristino delle coperture piane.
Gli interventi per il contenimento dei consumi
energetici.
Venticinquesima lezione
25 febbraio 2014 martedì
Dottor Vincenzo Di Domenico
il contratto di lavoro
La assunzione.
La assunzione a termine.
Il rapporto di portierato.
Le sostituzioni del dipendente.
Dimissioni e licenziamento.
Obblighi previdenziali e assicurativi.
Le comunicazioni in esito agli infortuni sul lavoro.
I listini-paga.
Ventiseiesima lezione
28 febbraio 2014 venerdì
Avv. Eugenio Antonio Correale
la locazione degli immobili
Il contratto di locazione nella disciplina del codice
civile.
Il regime di blocco degli affitti.
Il comodato, le foresterie ed i contratti non soggetti
alla legislazione speciale.
La sublocazione.
Le obbligazioni del locatore e del conduttore.
La legge dell’equo canone e la sua parziale
abrogazione.
La legge sui “Patti in deroga”
La legge N° 431 / 98 sulle nuove locazioni abitative.
Ventisettesima lezione
4 marzo 2014 martedì
Avv. Paola Mina
32
immobili ad uso di abitazione
L’ambito di applicazione della nuova disciplina.
Il requisito della forma scritta.
Il regime transitorio delle locazioni stipulate prima
del 31 dicembre 1998.
Le nuove locazioni libere.
I contratti “convenzionati” o del “secondo canale”.
Le locazioni transitorie e quelle a studenti
universitari.
Le disdette.
La successione nel contratto.
L’aggiornamento Istat.
Ventottesima lezione
7 marzo 2014 venerdì
Avv. Marina Figini
immobili ad uso diverso
La libera determinazione del canone iniziale.
La durata dei contratti.
Il diniego di rinnovo e la disdetta.
L’aggiornamento Istat.
Il diritto di prelazione.
L’indennità per la perdita dell’avviamento.
La successione nel contratto.
PARTE TERZA
SICUREZZA E RAPPORTI CON LA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Ventinovesima lezione
11 marzo 2014, martedì
Arch. Carola Rozzoni Ferrè
il catasto
L’Ufficio del Territorio;
La nuova organizzazione degli uffici;
I certificati catastali;
Le nuove procedure computerizzate;
Il Catasto e l’aggiornamento del registro di anagrafe
condominiale;
Trentesima lezione
18 marzo 2014, martedì
Avv. Bruna Vanoli Gabardi
classificazione degli interventi edilizi
Manutenzione ordinaria;
Manutenzione straordinaria;
Restauro e risanamento conservativo;
Ristrutturazione;
Nuove costruzioni;
Mutamento di destinazione;
Disciplina dei sottotetti;
Disciplina dei parcheggi.
Trentunesima lezione
25 marzo 2014, martedì
P.I. Sergio Colombo
le norme per la prevenzione degli incendi
l’esercizio e la manutenzione degli impianti di
ascensore
Le diverse tipologie e le simmetriche norme di
riferimento;
Obblighi e prescrizioni nella progettazione, nella
realizzazione e nell’esercizio;
Le manutenzioni e gli adeguamenti;
Gli organismi certificati e notificati;
Le imprese incaricate della manutenzione.
Trentaquattresima lezione
15 aprile 2014, martedì
Ing. Gianluigi Pirovano
la verifica e le manutenzioni delle strutture
degli edifici
Il degrado degli immobili;
Le patologie di degrado dei materiali;
L’evoluzione del fenomeno di degrado;
L’indagine diagnostica;
I materiali e le tecnologie;
I cicli di recupero.
Trentacinquesima lezione
22 aprile 2014, martedì
Ing. Antonio De Marco
gli impianti elettrici comuni
Il Decreto 37 del 22 gennaio 2008;
La sicurezza degli impianti;
Le imprese abilitate;
L’adeguamento degli impianti e la messa a terra.
Trentaseiesima lezione
29 aprile 2014, martedì
Dottor Giuseppe Marchioni
profili fiscali nella amministrazione
immobiliare. l’imu
Le agevolazioni fiscali nel campo immobiliare;
L’imposizione fiscale nei contratti di locazione;
Le sanzioni ed i ricorsi.;
La nuova IMU.
Trentacinquesima lezione
6 maggio 2014, martedì
Dottor Pino Rigotti
l’amministratore condominiale professionista
La gestione consapevole delle proprie capacità e
delle proprie energie;
La gestione del tempo.
Trentaseiesima lezione
13 maggio 2014, martedì
Avv. Luca Saccomani
La responsabilità civile
Cenni sulla responsabilità contrattuale;
La responsabilità extracontrattuale;
Le fattispecie speciali.
Le tipologie degli edifici e le prescrizioni di legge;
I nulla osta;
I collaudi;
Le ispezioni.
Trentasettesima lezione
20 maggio 2014, martedì ore 19,00
Dottor Giulio Benedetti
Avv. Eugenio Antonio Correale
Trentaduesima lezione
1 aprile 2014, martedì
P.I. Gino De Simoni
Le responsabilità dell’amministratore e dei
condomini;
La difesa dell’incolpato;
La difesa dell’imputato;
Le figure delittuose di maggiore interesse per
l’amministratore del condominio;
La responsabilità per mancato adeguamento alle
norme in materia di sicurezza degli impianti comuni.
gli impianti termici
Il funzionamento degli impianti termici comuni;
Gli impianti unifamiliari;
Le canne fumarie;
Il risparmio energetico;
La certificazione energetica.
Trentatreesima lezione
8 aprile 2014, martedì
Ing. Roberto Leonardo
l’amministratore
le responsabilità penali
0re 20,30
Rag. Leonardo Caruso
Saluti ai corsisti.
chiusura del corso
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Osservatorio del diritto
Il codice del consumo e le norme
sul prodotto tecnologico sicuro
nel condominio riformato
Giulio Benedetti
La legge di riforma del condominio, legge n. 220/2012, oltre a prevedere (art. 1129 c.c.)
l’obbligo per l’amministratore
dell’adozione di uno specifico
contro corrente per farvi transitare le spese del condominio,
parimenti stabilisce il diritto
di ogni condomino di prendere
visione della rendicontazione
periodica delle stesse. Inoltre è
stabilito (art. 1130-bis c.c.) che
il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita
ed ogni altro dato inerente alla
situazione patrimoniale del condomino. Pertanto in tale contesto
appare particolarmente rilevante
l’esame della normativa del codice del consumo e delle norme
sul prodotto tecnologico sicuro.
- La normativa europea e nazionale sulla sicurezza dei prodotti: la direttiva 2001/95/CE e il
Decreto Legislativo 21/5/2004
n. 172.
L’Unione europea, in attesa che
una Costituzione renda uniformi le legislazioni dei 25 Stati
membri, da circa un ventennio
promuove la difesa tecnologica,
alimentare, ambientale e della salute del consumatore, mediante una serie di direttive che
34
impongono agli Stati membri di
elevarne la difesa giuridica dai
rischi di aggressione o di danno
causati nei suoi confronti dalle nuove scoperte scientifiche e
dai metodi di produzione. Appare evidente che la ragione di
tale nuovo diritto salutistico è
che la costruzione giuridica di
un elevato sistema di protezione
convinca il nuovo cittadino europeo della bontà non solo del
nuovo ordine politico europeo,
ma anche della necessità e della
sostenibilità dei sacrifici economici richiesti per realizzarlo. Nel
solco di tale ricerca di consenso
che costituisca il corrispettivo
della parziale perdita di sovranità degli Stati membri deve annoverarsi la direttiva 92/59/CEE
del 29/6/1992 sulla sicurezza
generale dei prodotti (pubblicata
su GUCE L 228 del 11/8/1992, e
recepita nel nostro ordinamento
con il D.lvo 17/3/1995 n. 115) la
quale all’articolo 16 prevede che
quattro anni dopo il suo termine
d’attuazione, in base ad una relazione della Commissione relativa all’esperienza acquisita, corredata dalle opportune proposte,
il Consiglio deve deliberare in
merito al suo eventuale adeguamento. Inoltre le necessità della
modifica della predetta direttiva
l’amministratore
sono costituite dalle modifiche
introdotte nell’originario trattato
di Roma del 1957, in particolare nell’articolo 152 relativo alla
sanità pubblica, nell’articolo
153 riguardante la protezione
dei consumatori e alla luce del
principio di precauzione, il quale impone l’adozione di misure
di salvaguardia del consumatore anche prima che la comunità
scientifica abbia stabilito il rapporto di diretta causalità tra il
danno al primo e l’utilizzazione
di una determinata tecnologia o
di un prodotto.
Pertanto il 3/12/2001 il Parlamento europeo e il Consiglio
emisero la direttiva 2001/95/Ce
relativa alla sicurezza dei prodotti (pubblicata su GUCE L
11/4 del 15/1/2002) che si attiene
ai seguenti principi:
- la legislazione orizzontale degli Stati membri in materia di
sicurezza dei prodotti, la quale
impone agli operatori economici
un obbligo generale di commercializzare esclusivamente prodotti sicuri, potrebbe presentare
disparità per quanto riguarda il
livello di tutela dei consumatori le quali potrebbero realizzare ostacoli agli scambi o essere
all’origine di distorsioni nella
concorrenza del mercato interno;
Osservatorio del diritto
- per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori la
Comunità deve contribuire alla
protezione della salute e della
sicurezza degli stessi;
- occorre stabilire a livello comunitario un obbligo generale
di sicurezza per tutti i prodotti
immessi sul mercato, o altrimenti forniti o resi disponibili
ai consumatori o suscettibili,
in condizioni ragionevolmente
prevedibili di essere utilizzati
dai consumatori anche se non
loro specificamente destinati;
- la direttiva deve applicarsi ai
prodotti a prescindere dalle
tecniche di vendita, compresi
la vendita a distanza e il commercio elettronico in quanto
la sicurezza dei prodotti deve
essere valutata tenendo conto
di tutti gli aspetti pertinenti, in
particolare delle categorie dei
consumatori che possono essere particolarmente vulnerabili ai
rischi presentati dai prodotti, in
particolare i bambini e le persone anziane.
Le principali definizione della
direttiva (art. 2) sono:
- prodotto è qualsiasi prodotto
destinato, anche nel quadro di
una prestazione di servizi, ai
consumatori o suscettibile, in
condizioni
ragionevolmente
prevedibili, di essere utilizzato
dal consumatore, anche se non
loro destinato, fornito o reso
disponibile a titolo oneroso o
gratuito nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo,
usato rimesso a nuovo. Tale definizione non si applica ai prodotti usati forniti come pezzi di
antiquariato o come prodotti da
riparare o da rimettere a nuovo
prima dell’utilizzazione, purchè
il fornitore ne informi chiaramente la persona cui fornisce il
prodotto;
- prodotto sicuro è qualsiasi prodotto che, in condizioni di uso
normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e,
se del caso, la messa in servizio,
l’installazione e le esigenze di
manutenzione non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto
e considerati accettabili nell’osservanza di un livello elevato di
tutela della salute e della sicurezza delle persone, in funzione,
in particolare, dei seguenti elementi:
* delle caratteristiche del prodotto, in particolare la sua composizione, il suo imballaggio, le
modalità del suo assemblaggio
e, se del caso, della sua installazione e della sua manutenzione;
* dell’effetto del prodotto su altri
prodotti, qualora sia ragionevolmente prevedibile l’utilizzazione del primo con i secondi;
* della presentazione del prodotto, della sua etichettatura, delle
eventuali avvertenze e istruzioni per il suo uso e la sua eliminazione nonché di qualsiasi altra indicazione o informazione
del prodotto;
* delle categorie dei consumatori che si trovano in condizioni di rischio nell’utilizzazione
del prodotto, in particolare dei
bambini e degli anziani. Occorre notare che la possibilità di
raggiungere un livello di sicurezza superiore o di procurarsi
altri prodotti che presentano un
l’amministratore
rischio minore non costituisce
un motivo sufficiente per considerare un prodotto non sicuro o
pericoloso;
- prodotto pericoloso è qualsiasi
prodotto che non risponda alla
definizione di prodotto sicuro;
- rischio grave è qualsiasi rischio
grave compresi quelli i cui effetti non sono immediati, che
richieda un intervento rapido
delle autorità pubbliche;
- produttore è alternativamente:
* il fabbricante del prodotto stabilito nella Comunità, e qualsiasi altra persona che si presenti
come fabbricante apponendo
sul prodotto il proprio nome, il
proprio marchio o altro segno
distintivo, o colui che rimette a
nuovo il prodotto;
* il rappresentante del fabbricante se quest’ultimo non è stabilito
nella Comunità o, qualora non
vi sia un rappresentante stabilito
nella Comunità, l’importatore
del prodotto;
* gli altri operatori professionali
della commercializzazione nella misura in cui la loro attività
possa incidere sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti;
- distributore è qualsiasi operatore professionale della catena
di commercializzazione, l’attività del quale non incide sulle
caratteristiche di sicurezza dei
prodotti;
- richiamo consiste nelle misure
volte ad ottenere la restituzione
di un prodotto pericoloso che il
fabbricante o il distributore ha
già fornito o reso disponibile ai
consumatori;
- ritiro è qualsiasi misura volta ad impedire la distribuzione
e l’esposizione di un prodotto
35
Osservatorio del diritto
pericoloso, nonché la sua offerta
al consumatore.
La direttiva 2001/95/CE prevede
(art. 3) che:
- i produttori sono tenuti ad immettere sul mercato soltanto prodotti sicuri;
- un prodotto è definito sicuro:
* a) per quanto concerne gli aspetti disciplinati dalla pertinente
normativa nazionale, quando in
mancanza di disposizioni comunitarie specifiche che ne disciplinano la sicurezza, è conforme
alle normative nazionali specifiche dello Stato membro nel cui
territorio è commercializzato,
che sono stabilite nel rispetto
del trattato, in particolare degli
articoli 28 e 30 e che fissano i
requisiti cui deve rispondere il
prodotto sul piano sanitario e
della sicurezza per poter essere
commercializzato;
* b) si presume che un prodotto
sia sicuro, per quanto concerne i rischi e le categorie di rischi disciplinati dalla pertinente
normativa nazionale quando è
conforme alle norme nazionali
non cogenti che recepiscono le
norme europee, i cui riferimenti
siano stati pubblicati dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale
delle Comunità europee;
* c) in circostanze diverse da
quelle sopra riferite la conformità di un prodotto all’obbligo
generale di sicurezza è valutata
tenendo in particolare conto, se
esistenti, i seguenti parametri
sussidiari:
- le norme nazionali non cogenti
che recepiscono norme europee
diverse da quelle sopra citate;
- le norme in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è
36
commercializzato;
- le raccomandazioni della Commissione relative ad orientamenti sulla sicurezza dei prodotti;
- i codici di buona condotta in
materia di sicurezza dei prodotti
vigenti nel settore interessato;
- gli ultimi ritrovati della tecnica;
- la sicurezza che i consumatori
possono ragionevolmente attendere.
In ogni caso è stabilita (art. 3.4)
la clausola generale di salvaguardia per la quale, nonostante
si verifichi la conformità di un
prodotto ai predetti parametri
di sicurezza, è consentito alle
autorità competenti degli Stati
membri di adottare le opportune
misure per limitarne l’immissione nel mercato o dichiararne
il richiamo, qualora il prodotto
risulti ugualmente pericoloso.
A tal proposito occorre notare
che la direttiva non impedisce
l’astratta ricerca tecnologica, la
quale procede adottando il metodo empirico galileiano del
“provare e riprovare”, per il quale la legge scientifica è valida
allorquando un postulato teorico trova riscontro nella verifica
fattuale, ripetuta e controllata
mediante criteri scientifici, tuttavia la assoggetta, allorquando
deve essere trasfusa nella produzione industriale, allo stretto
rispetto normativo del concetto
europeo di sicurezza dei consumatori. Tale limite giuridico, che
subordina la scienza alla norma, rischia di rendere la ricerca
scientifica sempre più teorica ed
indubbiamente costituisce una
forte remora alla produzione di
nuove norme tecniche, ma oltre ad essere sorretta dal nobile
l’amministratore
ideale della tutela del cittadino
europeo, costituisce una difesa
dalla pericolosa contraffazione
dei prodotti. Invero la produzione industriale europea appare
accerchiata da forti concorrenti,
soprattutto asiatici, i quali realizzano manufatti apparentemente
identici, ma in realtà realmente
pericolosi per l’incolumità dei
consumatori, in quanto spesso ottenuti con spregio alle più
elementari regole occidentali di
sicurezza tecnologica e di tutela
fisica ed economica dei lavoratori, spesso di minore età e anche di sesso femminile, sovente
impiegati in condizioni di lavoro ed igieniche assolutamente
incompatibili con qualsiasi normativa di uno Stato membro
dell’Unione europea. Osservasi
che il prezzo concorrenziale di
tali prodotti, il quale mette fuori
mercato i prodotti europei, trova
sempre più il suo principale fondamento non solo nelle condizioni inaccettabili di sfruttamento del lavoro anche minorile, ma
anche nell’adozione sistematica
delle soluzioni che rendono il
prodotto insicuro in quanto tecnologicamente povero, e quindi poco costoso, situazioni ben
conosciute e istituzionalmente
mantenute e difese in tali nazioni
con buona pace degli aulici principi della libertà del commercio
mondiale. Infine osservasi che la
contraffazione dei prodotti europei viene realizzata sovente con
soluzioni tecnologiche che trascurano completamente la sicurezza dei consumatori.
Alla luce di tali premesse si comprendono i seguenti principi della direttiva:
Osservatorio del diritto
- i produttori devono, nei limiti
delle rispettive attività, fornire
al consumatore le informazioni
pertinenti che gli consentano di
valutare i rischi inerenti ad un
prodotto durante la durata di utilizzazione normale o ragionevolmente prevedibili del medesimo,
allorché questi ultimi non siano
immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e di premunirsi contro detti rischi (art.
5.1.);
- i distributori sono tenuti ad agire con diligenza per contribuire
all’osservanza degli obblighi
di sicurezza pertinenti, in particolare sono tenuti a non fornire
prodotti che sappiano oppure
che avrebbero dovuto sapere, in
base alle informazioni in loro
possesso ed in quanto operatori
professionali, non conformi a
tali obblighi. Inoltre, essi devono, nei limiti delle rispettive attività, partecipare ai controlli di sicurezza dei prodotti immessi nel
mercato, in particolare trasmettendo le informazioni concernenti i rischi dei prodotti, conservando e fornendo la documentazione atta a rintracciare l’origine
dei prodotti e collaborando alle
azioni intraprese da produttori e
autorità competenti per evitare
tali rischi. Entro il limiti delle rispettive attività, devono adottare
le misure che consentano loro
un’efficace collaborazione (art.
5.2).
- gli Stati membri provvedono
affinché produttori e distributori
rispettino gli obblighi loro incombenti in applicazione delle
l’amministratore
direttiva in modo da assicurare
che i prodotti immessi sul mercato siano sicuri (art. 6.1). Per
rendere effettiva l’applicazione
della direttiva è previsto (art. 10)
un sistema di informazione in
rete (denominato RAPEX) tra
gli Stati membri che consenta
lo scambio di informazioni sulla
valutazione dei rischi, l’elaborazione e l’esecuzione di progetti comuni di sorveglianza, lo
scambio di esperienze e di buone
prassi e la collaborazione nelle
attività di formazione, il miglioramento della collaborazione a
livello comunitario in materia
di reperimento, ritiro e richiamo
dei prodotti pericolosi.
- Il D.lvo 21/5/2004 n. 172
attuazione della direttiva n.
37
Osservatorio del diritto
2001/95/Ce relativa alla sicurezza generale dei prodotti e
la disciplina dall’art. 102 ad
art. 113 del Codice del consumo, D.lvo 6/9/2005 n. 206.
La direttiva n. 2001/95/CE stabilisce (art. 21) il termine del
15/1/2004 per l’adeguamento
delle legislazioni degli Stati
membri e pertanto, sia pure con
un lieve ritardo sulla tabella di
marcia, è stato emanato il D.lvo
21/5/2004 n. 172 (pubblicato
su GU n. 165 del 16/7/2004) il
quale oltre ad abrogare (art. 12)
il D.lvo n. 115/1995, intende
garantire (art. 1) che i prodotti
immessi nel mercato siano sicuri e si applica ai prodotti sopra
descritti nella direttiva 2001/95/
CE. Tuttavia sono previste le seguenti deroghe:
- le disposizioni del decreto si
applicano laddove non esistano, nell’ambito della normativa
vigente, disposizioni specifiche
aventi come obiettivo la sicurezza dei prodotti;
- qualora dei prodotti siano soggetti a requisiti di sicurezza
prescritti dalla normativa comunitaria, il D.lvo n. 172/2004 si
applica solo per gli aspetti ed i
requisiti o le categorie di rischio
non soggetti a tali requisiti. Inoltre a tali prodotti, già comunitariamente disciplinati, non si applica:
* la disciplina prevista dall’articolo 2 lettera b (prodotto sicuro)
e lettera c (prodotto pericoloso)
e dall’articolo 3 (obblighi del
produttore e del distributore) e
dall’articolo 4 (presunzione di
valutazione di sicurezza);
* la normativa sui prodotti
38
alimentari prevista dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio
del 28/1/2002;
* il contenuto degli articoli 3, 4, 5,
6, 7 del D.lvo. n. 172/2004 qualora esistano disposizioni comunitarie aventi lo stesso oggetto.
Giova notare che il Codice del
consumo, il d.lgs. 6/9/2005 n.
206, all’articolo 146, comma
primo lettera 0), abroga il d.lgs.
n. 172/2004 in quanto assorbe
la sua disciplina nella parte IV,
intitolata SICUREZZA E QUALITA’, nel titolo I, intitolato SICUREZZA DEI PRODOTTI,
comprendente gli articoli da 102
a 113.
La ragione delle deroghe di applicazione del D.lvo n. 172/2004
è costituita dalla necessità di evitare il contrasto con direttive comunitarie le quali dettino norme
imperative inderogabili per la
normativa degli Stati membri in
modo non solo di uniformarne la
legislazione, ma anche di creare
regole dell’arte invalicabili.
Per il resto il D.lvo n. 172/2004
segue le linee tracciate dalla direttiva n. 2001/95/CE per quanto riguarda le definizioni (art.
2- art. 103 del Codice del consumo), gli obblighi del produttore
e del distributore (art. 3-art. 104
del Codice del consumo). Tuttavia è previsto (art. 3.7-art. 104,
comma primo n. 7 del Codice
del consumo) che qualora i produttori e i distributori vengano
comunque a conoscenza che un
prodotto da loro immesso sul
mercato o altrimenti fornito al
consumatore presenta per il consumatore stesso rischi incompatibili con l’obbligo generale
l’amministratore
di sicurezza, informano immediatamente le Amministrazioni
competenti (descritte all’articolo
5, comma primo-art. 106, comma primo, del Codice del consumo, ovvero i Ministeri delle attività produttive, della salute, del
lavoro e delle politiche sociali,
dell’interno, dell’economia, delle finanze e delle infrastrutture
e dei trasporti) precisando le
azioni intraprese per prevenire
i rischi per i consumatori. Se il
rischio è grave le informazioni
devono contenere:
- gli elementi specifici che consentano una precisa identificazione del prodotto o del lotto dei
prodotti interessati;
- una descrizione completa del rischio presentato dai prodotti;
- tutte le informazioni disponibili
che consentono di rintracciare il
prodotto;
- una descrizione dei provvedimenti adottati per prevenire in
rischi per i consumatori.
Inoltre i produttori e i distributori, nei limiti delle rispettive attività, devono collaborare con le
Autorità, qualora sia dalle stesse
sia richiesto, in ordine alle azioni intraprese per evitare i rischi
presentati dai prodotti che essi
forniscono o hanno fornito. A tal
riguardo occorre notare il contenuto particolarmente innovativo,
in relazione all’impostazione tradizionale del nostro ordinamento
giuridico che inquadra l’attività
di tali soggetti solo all’interno del diritto commerciale, del
D.lvo n. 172/2004 che prevede
non solo una collaborazione dei
produttori e dei distributori con
le Autorità in un ambito pubblicistico di intervento finalizzato
Osservatorio del diritto
alla salvaguardia della pubblica
incolumità, ma anche un’attività
preventiva di ricerca della qualità di sicurezza del prodotto e
di verifica della sua compatibilità con la sicurezza dei consumatori dopo la sua immissione
nel mercato. Vale a dire che tali
soggetti economici non si spogliano più di qualsiasi responsabilità una volta venduto il prodotto e incassato il corrispettivo,
ma che l’obbligo del loro comportamento secondo correttezza,
previsto dall’articolo 1174 del
codice civile, riguarda anche
una fase successiva alla conclusione del contratto di vendita e
l’obbligo del venditore di consegnare al consumatore beni
conformi al contratto di vendita,
contemplato dall’articolo 132,
primo comma del Codice del
consumo, si estende anche in un
momento successivo al suo perfezionamento.
L’art. 4 del D.lvo n. 172/2004
(art. 105 del Codice del consumo), riguardante la presunzione
e la valutazione della sicurezza
dei prodotti, ricalca le definizioni dell’articolo 3 della direttiva
2001/95/CE, mentre sono stabiliti (art. 6-art. 107 del Codice
del consumo) i seguenti controlli da parte delle amministrazioni pubbliche (il cui elenco è
comunicato alla Commissione
europea):
- per qualsiasi prodotto consistono nel disporre adeguate verifiche delle sue caratteristiche di
sicurezza fino allo stadio dell’utilizzo o del consumo, anche
procedendo ad ispezioni presso
gli stabilimenti di produzione
e di confezionamento, presso i
magazzini di stoccaggio e pres- - per qualsiasi prodotto pericoso i magazzini di vendita, nella loso già immesso sul mercato,
richiesta di informazioni dalle
rispetto al quale l’azione già inparti interessate, nell’effettua- trapresa dai produttori o dai dizione di campioni per sottoporli stributori sia insoddisfacente o
a prove o ad analisi volte ad ac- insufficiente nell’ordinare o orcertarne la sicurezza;
ganizzare il suo ritiro effettivo
- per qualsiasi prodotto che pos- e immediato e l’informazione
sa presentare rischi in determi- dei consumatori circa i rischi da
nate condizioni nel richiedere
esso rappresentati con i costi a
l’apposizione sul prodotto, in carico del produttore, nell’ordilingua italiana, di adeguate av- nare o coordinare o organizzare
vertenze sui rischi che esso può con i produttori o i distributori
presentare, redatte in modo il suo richiamo anche dai conchiaro e facilmente compren- sumatori e la sua distruzione,
sibile, nel sottoporne l’immis- ponendo i costi a carico dei prosione sul mercato a condizioni duttori e dei distributori.
preventive in modo da renderlo L’art. 105 del Codice del consicuro;
sumo pertanto innova la serie
- per qualsiasi prodotto che pos- delle fonti giuridiche italiane e
sa presentare rischi per deter- quindi in tale materia prevede
minati soggetti nel disporre che il seguente ordine: la carta cotali soggetti siano avvertiti tem- stituzionale italiana, le direttive
pestivamente ed in una forma europee comprensive delle noradeguata di tale rischio, anche
me armonizzate, la legislazione
mediante la pubblicazione di nazionale (leggi, decreti legge,
avvisi specifici;
decreti legislativi), la normativa
- per qualsiasi prodotto che può regolamentare (decreti del preessere pericoloso nel vieta- sidente della repubblica e decrere, per il tempo necessario allo ti ministeriali), i provvedimenti
svolgimento dei controlli, delle
di autonomia, di autotutela e di
verifiche o degli accertamenti autorachia delle pubbliche amsulla sicurezza del prodotto, di ministrazioni (circolari e risolufornirlo, di proporne la fornitura zioni), le norme tecniche volono di esporlo e nel disporre, en- tarie (norme UNI-EN, norme
tro un termine perentorio, l’ade- UNI-EN - ISO e norme UNI o
guamento del prodotto o di un CEI), gli usi e le prassi tecnololotto di prodotto già commer- gici. L’esplicito riferimento agli
cializzato agli obblighi previsti ultimi ritrovati della tecnica ed
dal decreto, sempre che non vi alla sicurezza attesa dagli utensia un rischio imminente per la ti quali residuali parametri di
salute e l’incolumità pubblica;
riferimento della sicurezza del
- per qualsiasi prodotto pericolo- prodotto consente di ritenere
so nel vietarne l’immissione sul definitivamente superato l’indimercato e nell’adottare le misu- rizzo dottrinario tradizionale il
re necessarie a garantire l’osser- quale, con evidenti nostalgie di
vanza del divieto;
un passato storico “autarchico”,
l’amministratore
39
Osservatorio del diritto
nazionalistico ed autoreferente,
afferma che ogni disposizione
comunitaria, per essere vigente
in Italia, necessiti la sua recezione nel nostro ordinamento giuridico mediante l’esclusivo ricorso allo strumento legislativo del
nostro Parlamento. Appare opportuno notare che i riferimenti
agli ultimi ritrovati tecnologici
e all’aspettativa della sicurezza
da parte dei consumatori rappresentano, a loro volta, degli
usi tecnologici che hanno una
giuridica rilevanza non solo
per gli interessi rispettivamente
rappresentati e sicuramente meritevoli di tutela, ma anche perché la loro menzione consente
di evitare una cristallizzazione
della ricerca scientifica. Infatti la stessa procede adottando il
metodo empirico del “provare e
riprovare” inventato da Galileo
Galilei e che non può essere definito una volta per tutte in quanto ogni innovazione tecnologica
ne introduce una successiva in
un continuo ed infinito divenire.
È la soluzione per complessità
per la quale la risoluzione di un
problema implica necessariamente la formulazione di uno
successivo e quindi il diritto non
può bloccare tale movimento
infinito con definizioni apodittiche e definitivamente conclusive
come avvenuto in passato con
il metodo medievale scolastico.
In definitiva trattasi di una vera
e propria clausola generale di
salvaguardia tecnologica stabilita per evitare che disposizioni
normative strette ed inderogabili rendano superfluo lo sviluppo
tecnologico con la conseguenza
di porre l’Europa in uno stato di
40
obiettivo svantaggio di fronte
alla concorrenza dei produttori
statunitensi, cinesi ed indiani i
quali pongono proprio la ricerca scientifica avanzata a fondamento dello sviluppo delle loro
economie in modo da aumentare
il loro prodotto interno lordo in
misura notevolmente superiore
al nostro.
Qualora i prodotti presentino un
rischio grave le pubbliche amministrazioni (descritte all’articolo
5-art. 106, comma primo, del Codice del consumo) intraprendono
le azioni per applicare con celerità le misure opportune, tenendo
conto delle linee guida della gestione del sistema RAPEX e si attengono al principio comunitario
di precauzione. Tutte le predette
misure sono adottate della autorità pubbliche favorendo ed incoraggiando l’azione volontaria
dei produttori e dei distributori
per l’adeguamento agli obblighi
del decreto anche mediante l’eventuale elaborazione di codici
di buona condotta ed accordi con
le categorie del settore. Inoltre il
provvedimento che disponga la
limitazione dell’immissione nel
mercato o il ritiro del prodotto
dal mercato deve (art. 7-art. 107
del Codice del consumo) essere adeguatamente motivato con
l’indicazione dei termini e delle Autorità competenti presso le
quali è possibile ricorrere e deve
essere notificato entro sette giorni dall’adozione. Ovviamente gli
interessati devono essere posti
in condizioni di presenziare alle
fasi del procedimento amministrativo e di presentare all’Autorità competente osservazioni
scritte e documenti. Per di più
l’amministratore
gli interessati possono presentare osservazioni scritte anche
in seguito dell’emanazione del
provvedimento anche quando, a
causa dell’urgenza della misura
da adottare, non hanno partecipato al procedimento. I provvedimenti di limitazione o di sottoposizione a particolari condizioni la commercializzazione o
l’uso di prodotti che presentano
un rischio vanno notificati (art.
9-art. 110 del Codice del consumo) alla commissione europea
secondo le prescrizioni del sistema RAPEX. In ogni caso il decreto rende salve (art. 10-art.111
del Codice del consumo) le disposizioni del DPR 24/5/1988
n. 224 in tema di responsabilità
per danno da prodotti difettosi
(assorbite nel titolo II, intitolato
RESPONSABILITA’PER DANNO DA PRODOTTI DIFETTOSI, contemplate dagli articoli da
114 a 127).
Il D.lvo n. 172/2004 rende particolarmente efficace i sistema
dei controlli amministrativi sui
prodotti poiché non solo conserva (art. 13-art.113 del Codice del
consumo) le disposizioni regionali che disciplinano i controlli
di competenza, ma poiché prevede (art. 11-art. 112 del Codice
del consumo) le seguenti sanzioni penali:
- a) è punito con l’arresto da sei
mesi ad un anno e con l’ammenda da euro diecimila ad euro
cinquantamila, salvo che il fatto costituisca più grave reato, il
produttore o il distributore che
immettono sul mercato prodotti
pericolosi nonostante il divieto
delle pubbliche amministrazioni
(descritte all’articolo 5-art. 107,
Osservatorio del diritto
comma 2, del Codice del consumo);
- b) è punito, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, con
l’arresto fino ad un anno o con
l’ammenda da euro diecimila ad
euro cinquantamila il produttore
che immette sul mercato prodotti
pericolosi;
- c) è punito, salvo che il fatto
costituisca più grave reato, con
l’ammenda da euro diecimila a
euro venticinquemila il produttore o il distributore che non ottempera ai provvedimenti emanati dalle pubbliche amministrazioni e descritti nell’articolo 6
(articolo 107, comma secondo,
lettera b), numeri 1) e 2), c) e d),
numeri 1) e 2).
Le sanzioni penali sono tutte
delle contravvenzioni per la cui
sussistenza, oltre al compimento
della condotta materiale vietata,
è indifferentemente richiesto l’elemento soggettivo doloso e colposo e sono soggette al termine
biennale e triennale di prescrizione previsto dall’articolo 157
del codice penale. Occorre notare che il grado di deterrenza
delle medesime è notevolmente
ridotto, oltre che dalla non elevata sanzione edittale, dalla considerazione che nel caso indicato
al punto c) il contravventore può,
secondo quanto disposto dall’articolo 162 del codice penale, presentare al giudice (prima dell’emissione del decreto penale di
condanna, in sede di opposizione al decreto penale di condanna
o prima dell’apertura del dibattimento) richiesta di oblazione ed
estinguere il reato con il pagamento della terza parte del massimo della pena pecuniaria oltre
al pagamento delle spese processuali. Nel caso indicato al punto
b) il contravventore può, secondo quanto previsto dall’articolo
162 bis del codice penale, essere
ammesso al pagamento, prima
dell’apertura del dibattimento,
Milano, Colonne di San Lorenzo
l’amministratore
ovvero prima del decreto di condanna, di una somma corrispondente alla metà del massimo
dell’ammenda, oltre le spese del
procedimento, ed ottenere l’estinzione del reato, tuttavia l’oblazione non è ammessa nel caso
il contravventore sia recidivo reieterato, sia stato dichiarato dal
giudice contravventore abituale
o contravventore professionale,
oppure quando permangono le
conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore. Pertanto
in questo caso il produttore, per
essere ammesso all’oblazione e
beneficiare dell’estinzione del
reato con il pagamento della
pena pecuniaria, dovrà dimostrare di avere ritirato dal mercato i
prodotti pericolosi o di essersi
efficacemente adoperato, nei limiti delle sue possibilità, ad ottenerne il ritiro. In merito osservasi che in materia di produzione e
di distribuzione di prodotti pericolosi l’istituto
dell’oblazione,
sia pure ispirato ad evidenti
fini di recupero
sociale del reo
e ad ottenerne
l’interessato
ravvedimento,
presta il fianco
a callidi e non
sempre limpidi
ragionamenti.
Invero soggetti senza scrupoli, contando
sull’esiguità
della pena e
sulla possibilità di estinguere
41
Osservatorio del diritto
comunque ed “a buon mercato”
il reato eventualmente producendo al giudice finte prove di eliminazione delle sue conseguenze
dannose o pericolose, possono
scegliere di violare ugualmente
il D.lvo n. 172/2004 (ovvero le
predette norme contenute all’interno del Codice del consumo) al
fine di lucrare nel commercio di
prodotti insicuri. Tale osservazione permette di comprendere
i limiti del sistema sanzionatorio
che spesso si dimostra assolutamente inefficace se non accompagnato da una crescita culturale
non solo degli operatori economici, ma anche (e specialmente)
dei consumatori i quali spesso
privilegiano, nei loro acquisti, i
prodotti venduti al minore prezzo possibile e si dimostrano incuranti della considerazione per
la quale la sicurezza tecnologica
deve pure rappresentare un costo
economico. La dizione “salvo
che il fatto costituisca più grave
reato” significa che la disciplina penale del D.lvo n. 172/2004
non deroga, come altrimenti
avverrebbe in applicazione del
principio di specialità stabilito
dall’articolo 15 del codice penale 1, le ben più gravi norme
stabilite dal codice penale che
disciplinano l’omicidio colposo
(art. 589 c.p.) o le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) eventualmente applicabili nei casi di
morte o lesioni del consumatore
cagionati dall’utilizzazione dei
prodotti insicuri.
Infine sono previste inoltre le seguenti sanzioni amministrative
pecuniarie:
- del pagamento di una somma
da euro duemilacinquecento ad
42
euro quarantamila nei confronti
del produttore o del distributore
che non assicura la dovuta collaborazione ai fini dello svolgimento delle verifiche (descritte
all’articolo 6, comma 2, lettera
a-art. 107, comma secondo, lettera a) del Codice del consumo)
sulle caratteristiche di sicurezza
anche dopo un prodotto è stato
immesso nel mercato;
- del pagamento della somma
tra euro millecinquecento ad
euro trentamila nei confronti
del produttore o del distributore
che violino gli obblighi descritti, rispettivamente per ciascuno,
all’articolo 3 (ovvero le disposizioni dell’art. 104, commi 2,
3,5,7,8 e 9 per il produttore e le
disposizioni di cui all’art. 104,
commi 6, 7, 8 e 9 del Codice del
consumo).
- Il Codice del consumo che
assicura un elevato livello di
tutela dei consumatori e degli
utenti.
Il Codice del consumo, il d.lgs.
6/9/2005 n. 206 (emanato ai sensi
dell’art. 7 della legge 29/7/2003
n. 229 e pubblicato sul supplemento ordinario n. 162/L della
GU n. 235 del 8/10/2005), recepisce nel nostro ordinamento
giuridico varie direttive europee e riordina (nel rispetto della
Costituzione e dell’art. 153 del
Trattato istitutivo dell’Unione
Europea) le norme italiane concernenti i processi di acquisto e
di consumo al fine di assicurare
(art. 1) un elevato livello di protezione dei consumatori e degli
utenti e, quindi, per garantire
loro (art.2) la tutela della salute,
l’amministratore
della sicurezza e della qualità
dei prodotti e dei servizi, un’adeguata informazione e una corretta pubblicità, un’educazione
al consumo, la correttezza e la
trasparenza e l’equità nei rapporti contrattuali e la promozione e
allo sviluppo dell’associazionismo libero. Il Codice consta
di ben 146 articoli e di due allegati e le parti più significative
per quanto riguarda la responsabilità giuridica del produttore e
del distributore sono, in estrema
sintesi, le seguenti. In primo
luogo il consumatore o utente
(art. 3) è chi agisca per scopi
privati,ovvero estranei all’attività professionale o imprenditoriale, e il prodotto è qualsiasi oggetto destinato al consumatore
anche nel quadro di prestazione
di servizi e suscettibile di essere
utilizzato dal consumatore, compresa l’elettricità e ogni bene
mobile anche se incorporato in
un altro bene mobile.
È stabilito (art. 11) il divieto di
commercio sul territorio nazionale di qualsiasi prodotto o confezione che non riporti, in forme
chiaramente visibili e leggibili
il contenuto minimo delle informazioni e le modalità delle indicazioni redatte in lingua italiana
e per i trasgressori è stabilita
la sanzione amministrativa pecuniaria (art.12) da euro 516 a
25.823 erogabile da parte della
polizia amministrativa (prevista
dalla legge 24/11/1981 n. 689)
la quale invia il relativo rapporto
alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura
della provincia in cui vi è la residenza o la sede del professionista.
Osservatorio del diritto
Il Codice contiene i seguenti
principi rilevanti:
- il produttore (art. 114) è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto;
- un prodotto (art. 117) è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente
attendere tenuto conto di tutte
le circostanze tra cui il modo di
presentazione, l’uso del prodotto, il tempo in cui il prodotto è
stato messo in circolazione;
- è risarcibile (art.123) il danno
cagionato dalla morte o da lesioni personali, la distruzione
o il deterioramento di una cosa
diversa dal prodotto difettoso,
purchè di tipo normalmente destinato all’uso e al consumo privato e così principalmente utilizzato dal danneggiato, il danno è
risarcibile solo nella misura che
ecceda la somma di euro 377;
- è nullo qualsiasi patto (art.124)
che escluda o limiti preventivamente, nei confronti del danneggiato, la responsabilità;
- il diritto al risarcimento del danno (art.125) si prescrive in tre
anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto
avere conoscenza del danno, del
difetto e dell’identità del responsabile; nel caso di aggravamento
del danno la prescrizione decorre dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto
avere conoscenza di un danno di
gravità sufficiente a giustificare
l’esercizio di un’azione giudiziaria;
- il difetto di conformità (art.
129, ultimo comma) che deriva
dall’imperfetta installazione del
bene di consumo è equiparato al
difetto di conformità del bene
quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed
è stata effettuata dal venditore o
sotto la sua responsabilità. Tale
equiparazione si applica anche
nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal
consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a
causa di una carenza delle istruzioni di installazione.
- in caso di difformità (art. 130,
secondo comma) l’acquirente ha diritto al ripristino,senza
spese, della conformità del bene
mediante riparazione o sostituzione;
- può essere richiesta (art. 130,
terzo comma) una congrua
Milano, Basilica di San Lorenzo
l’amministratore
43
Osservatorio del diritto
riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto se la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose, il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine
stabilito, oppure la sostituzione
o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli
inconvenienti;
- il venditore-installatore del
bene mobile di consumo è responsabile (art. 132, primo comma) se il difetto di conformità si
manifesta entro due anni dalla
consegna o dall’installazione
del bene predetto;
- il consumatore (art. 132, secondo comma) decade dalla
garanzia se non denuncia al
venditore-installatore il difetto
di conformità entro il termine
di due mesi dalla data in cui ha
scoperto il difetto.
Da ultimo notasi che il DPR
6/6/2001 n. 380 (testo unico
dell’edilizia, la cui data di entrata in vigore, per quanto riguarda la disciplina impiantistica, è
stata differita al 30/6/2006 dalla
legge n. 148/2005, legge di conversione del d.l. n. 86/2005, articolo 5-bis 2) contiene le seguenti
norme rilevanti:
- l’articolo 130 afferma che ai
fini della commercializzazione,
le caratteristiche e le prestazioni energetiche dei componenti
degli edifici e degli impianti devono essere certificate secondo
le modalità stabilite con proprio
decreto dal Ministro per le attività produttive, di concerto con
il Ministro per le infrastrutture
ed i trasporti. Le imprese che
producono o commercializzano i predetti componenti sono
obbligate a riportare su di essi
gli estremi dell’avvenuta certificazione (al fine di evitare
che, ad esempio, le tubature per
l’adduzione dell’acqua vengano
vendute al fine di essere utilizzate per condurre il gas o per contenere cavi elettrici);
- l’articolo 134 sostiene che qualora l’acquirente o il conduttore
dell’immobile riscontrino difformità dalle norme del testo
unico, anche se non emerse da
eventuali precedenti verifiche,
devono farne denuncia al comune entro un anno dalla constatazione, a pena di decadenza
dal diritto di risarcimento del
danno da parte del committente
o del conduttore. E’evidente la
novità di tal disposizione poiché
prevede che tali soggetti debbono esercitare, entro un termine
breve di decadenza, l’eventuale
azione civile, che ben può riguardare la non conformità di
un bene di consumo tecnologico
alle regole dell’arte, richiedendo
addirittura l’intervento delle autorità comunali.
1 Tale articolo afferma che quando più leggi penali o più disposizioni della medesima
legge penale regolano la stessa materia, la
legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge
generale, salvo che sia altrimenti stabilito.
2 Notasi che l’art. 1-quater della legge
12/7/2006 n. 228 (legge di conversione del
D.L. 12/5/2006 n. 173 pubblicata, con modificazioni sul testo originario del decreto legge predetto, sulla GU n. 160 del 12/7/2006)
nuovamente rinvia comunque non oltre il
primo gennaio 2007 ed all’avvenuta emanazione, ad opera del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio,
dei decreti previsti dalla legge 2/12/2005
n. 248 (finalizzati al riordino delle norme
di installazione degli impianti e del relativo sistema delle verifiche e contemplati
nell’art. 11-quattordicies, comma tredicesimo, del D.L. 30/9/2005 n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2/12/2005
n. 248, pubblicata su SOGU n. 195L della
GU 2/12/2005 n. 281) l’entrata in vigore
delle norme contenute nel capo V del DPR
n. 380/2001. Appare evidente l’oscurità
della citata norma poiché la stessa prevede
un duplice ed apparentemente contempora-
neo (sia pure assai difficilmente realizzabile in concreto) ordine di avvenimenti: una
precisa scadenza temporale (il 1/1/2007) e
l’emanazione dei decreti attuativi in materia
tecnologica. Ne consegue lo sconcerto degli
interpreti che, pertanto, si chiedono cosa avverrà il 2/1/2007, di talchè alcuni affermano
che la data del 1/1/2007 sia soltanto indicativa, poiché l’entrata in vigore del capo V del
DPR n. 380/2001 è comunque subordinata
alla promulgazione dei predetti i decreti (da
compiersi entro il 3/12/2007 come stabilito
dall’art. 11 quattordiecies, comma 13, della legge n. 248/2005). Tuttavia l’apparente
contraddizione tra le due predette date deve
essere risolta, adottando l’interpretazione letterale dell’art. 1-quater della legge
12/7/2006 n. 228, prevista come prima e
prevalente forma ermeneutica dall’art. 12
delle preleggi al codice civile, nel senso
che il rinvio dell’entrata in vigore del DPR
n. 380/2001 avvenga “ non oltre il primo
gennaio 2007”. Quindi il termine di 24 mesi
previsto per l’emanazione dei decreti, e scadente il 3/12/2007, viene ridotto al 1/1/2007
almeno in relazione agli impianti e alle installazioni richiamate nel capo V del DPR
n. 380/2001. In ogni caso è opportuno precisare che l’art. 11 quattordicies, comma 13,
della legge 2/12/2005 n. 248, prevede che
entro ventiquattro mesi dalla sua entrata in
vigore (ovvero entro il 3/12/2007) i predetti
Ministri emanino uno o più decreti finalizzati a disciplinare:
44
l’amministratore
-
a) il riordino delle disposizioni in
materia di attività di installazione
degli impianti all’interno degli
edifici;
-
b) la definizione di un reale sistema di verifiche degli impianti sopra descritti con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli
impianti garantendo un’effettiva
sicurezza;
-
c) la determinazione delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali secondo i
principi di sussidiarietà e di leale
collaborazione , anche tramite lo
strumento degli accordi in sede di
conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d.lvo 28/8/1997 n. 281 ;
-
la previsione di sanzioni in caso di
violazioni degli obblighi stabiliti
dai provvedimenti contemplati ai
punti a) e b) .
Varie ed eventuali
NOTIZIE DALLA
PROVINCIA
Questa rubrica è dedicata a ciò che succede in provincia
di Milano. I responsabili di zona dell’Associazione
relazionano sulla situazione in modo tale da tenere aggiornati
gli associati sulle novità delle varie aree territoriali.
Un servizio che Anaci crede possa essere utile per tutti i lettori
per far loro capire quali siano le realtà che ci circondano.
MELZO
Guido Faini – Via Verdi, 1
Tel. 02/95738228 – Fax 02/95711686
Si è tenuta a Melzo il 4 Giugno
presso il Palazzo Trivulzio una riunione allargata ai comuni di:
Bussero, Cambiago, Carugate,
Cernusco sul Naviglio, Gorgonzola, Inzago, Melzo, Pessano con
Bornago, Vaprio d’Adda, con il
patrocinio della REGIONE LOMBARDIA, ed in collaborazione
con ANACI LOMBARDIA e
ANACI MILANO.
valore degli immobili.
Nel corso della presentazione
si è chiarita la possibilità di una
campagna di diagnosi energetica gratuita per i condomini con
impianto centralizzato. Questa
diagnosi è l’unico strumento per
conoscere l’entità e le cause dello spreco energetico nello stabile
condominiale.
ENERGETICA GRATUITA.
Detta diagnosi energetica eseguita
gratuitamente consente di conoscere esattamente:
•
•
•
Nei condomini con impianto centralizzato il 40% - 50%
dell’energia acquistata per il riscaldamento viene sprecata a
causa di edifici male isolati e
impianti obsoleti, energivori e
Il convegno per l’efficienza sovradimensionati. Nei condoenergetica in condominio con mini con impianto centralizzato
impianto di riscaldamento cen- la spesa energetica rappresenta
tralizzato: obblighi normativi, mediamente il 60% dell’intero biincentivi fiscali e soluzioni di lancio condominiale. Si è proposta
intervento “a costo zero” per mi- una Società “DOMOTECNICA”
gliorare i consumi, comfort e per eseguire detta DIAGNOSI
l’amministratore
•
Il grado di efficienza energetica del condominio e quindi la
classe energetica attuale;
Cause ed entità degli sprechi
energetici oggi presenti;
Cause dei discomfort di cui
soffrono alcuni alloggi;
Soluzioni di efficientamento
per migliorare il comfort e diminuire lo spreco energetico
ATTENZIONE: VIENE RICORDATO CHE LA DETRAZIONE
FISCALE DEL 55% è STATA
AUMENTATA AL 65% E, COME DETRAZIONE È STATA
PROROGATA FINO AL 31 DICEMBRE 2013. (Decreto Legge
del 31.05.2013)
45
Varie ed eventuali
LA DOVE C’ERA L’ERBA...
Pinuccio Del Menico
Farini-Lugano,
Greco-Breda,
Lambrate, Romana, Rogoredo,
Porta Genova, San Cristoforo,
Piazza d’Armi, Caserma Montello, Caserma Rubattino, Caserma
Mameli, Comprensorio XXIV
Maggio-Magenta-Carroccio, San
Vittore, Bovisa, Cascina Merlata,
Stephenson, Toffetti, Ronchetto
sul Naviglio, Cadorna, e Magazzini Raccordati Stazione Centrale.
Sono gli ATU, avvero gli Ambiti
di Trasformazione Urbana, aree
della città dismesse o sottoutilizzate individuate dal Piano di Governo del Territorio come destinatarie di nuova edilizia residenziale.
In totale 5.628.000 metri quadrati
di superficie ai quali vanno aggiunti i 2.736.300 degli ambiti di
trasformazione di interesse pubblico generale (ATIPG) tra i quali
c’è l’area Expo. È la nuova Milano che avanza o, se preferite, pezzi di storia che se ne vanno. Noi
parleremo di un’area che invece
cambierà la sua destinazione per
trasformarsi da zona abbandonata
a se stessa in centro della nuova
movida. Si tratta dei “Magazzini
Raccordati” siti sotto i binari della
Stazione Centrale. 30 mila metri
quadrati suddivisi tra 120 depositi
per quasi 2 chilometri di lunghezza. Si chiamavano “Raccordati”
perchè erano collegati tra di loro
da binari interni che servivano per
trasportare le merci da un grossista all’altro. Olio, vino, frutta,
pesce e quant’altro serviva per le
numerose attività artigianali della
zona. Erano gli anni trenta e Mila-
46
no si pose così all’avanguardia sia
per quanto riguardava il trasporto
viaggiatori che per quello merci. Visto che abbiamo già parlato
nei mesi scorsi della storia della
stazione e del Binario 21, eccoci
ai magazzini che si sono gradualmente svuotati a partire dagli anni
’70 e del degrado che piano piano
si è impossessato delle vie adiacenti: Ferrante Aporti, Sammartini e Gluck. Il tema è ritornato agli
onori della cronaca dopo l’ultima
domenica a piedi di inizio giugno grazie ai comitati di zona che
hanno allestito una mostra storica
sui Magazzini Raccordati ed una
serie di visite agli stessi. Quegli
stessi comitati che vorrebbero la
rinascita della zona trasformandola in una sequela di negozi, laboratori, galleria d’arte e boutique
sull’esempio del Viaduc des Arts
di Parigi. Un progetto realizzabile
visto che in Francia è passato dalla
carta alla realtà, ma che finora non
ha entusiasmato, diciamo così, la
società Grandi Stazioni proprietaria dell’intera struttura che prima
vorrebbe realizzare un mega parcheggio sotterraneo e, soprattutto,
vorrebbe contare su di un aiuto da
parte del Comune di Milano per
la sistemazione delle vie adiacenti
dalle intitolazioni eccellenti. Ferrante Aporti, mantovano di San
Martino dall’Argine, ove nacque
nel 1791 e scomparso a Torino a
67 anni, era un sacerdote, Senatore del Regno e pioniere dell’educazione infantile. Fu lui, nel 1828,
che fondò a Cremona il primo asi-
l’amministratore
lo in Italia.
Christoph Willibald Gluck (17141787) compositore tedesco che
visse e lavoro a Praga e Vienna prima di approdare a Milano
ospite del suo amico e protettore Antonio Maria Melzi che lo
affidò agli insegnamenti del più
rinomato maestro dell’epoca, soprattutto nella musica strumentale: Giovanni Battista Sammartini
(Milano 1700- Milano 1775). Fu
quest’ultimo famoso per la sue
numerose opere sacre e per l’ influenza che le sue composizioni
ebbero sullo stile di Haydn. Lavorò anche con Bach, Boccherini
e Mozart. Insomma Adriano Celentano non poteva crescere altrove se non al numero 14 di via
Gluck dove la mamma faceva la
sartina in un locale al piano terra.
La casa c’è ancora, ma chiusa. Il
campo delle bocce “alla milanese” è sparito e anche quello alle
spalle dello stabilimento Crodo
che si trasformava in un piccolo
San Siro (allora non si chiamava
ancora Meazza). Qualcuno ha
proposto di metterci una targa
sulla casa del Molleggiato, un po’
come è successo al numero 20 di
Forthlin Road a Liverpool, dove è
nato Paul Mc Cartney e che pare
sia meta di un numeroso turismo
da parte dei fans degli “Scarafaggi”. Certo, diciamo la verità, tra i
Beatles e i Ribelli forse una certa
differenza c’è.
Un pulmino Fiat 850 Coriasco,
una Ford azzurrina, una 128, una
Uno e qualche altra macchina,
Varie ed eventuali
tutte auto con un denominatore
comune: vecchie e con una Madonnina sul tetto legata al portapacchi. Partenza dal fondo di
via Sammartini e poi in giro per
la città con una voce che spesso
usciva da un altoparlante a tromba recitando in Rosario. Per quasi
25 anni una presenza costante nella zona. Alla guida un frate dalla
lunga e consunta veste nera con
un Croce rossa sul petto. Il suo
nome Ettore Boschini. Per tutti
Fratel Ettore. Nacque a Roverbella, nella campagna mantovana, il
25 marzo 1928 da una famiglia
contadina che ben presto lo spedì a lavorare in una stalla e lì tra
una bestemmia e l’altra imparò
così bene la lezione tanto da diventare il gioco degli amici: 30
bestemmie di fila in cambio di
30 centesimi. Durò fino alla sua
conversione nel 1952 e l’ingresso
nell’ordine fondato da San Camillo De Lellis, l’apostolo dei malati.
Arrivò a Milano da Venezia nel
1976 per occuparsi della cura dei
malati a domicilio. Poi decise che
la sua casa era la strada e i suoi
familiari gli ultimi che impararono ben presto che alla portineria
del Santuario di San Camillo, in
via Boscovich, potevano trovare
cibo e vestiti, ma soprattutto una
casa e qualcuno pronto ad ascoltarli. Ma lo spazio era angusto, i
soldi per pagare un affitto non
c’erano e quindi di nuovi locali neanche a parlarne. Finchè un
giorno il capostazione Venturelli,
affascinato dall’ instancabile frate,
si fece avanti quasi con vergogna
dicendo che si, forse qualcosa
c’era, ma non era degno per delle
persone. I due si avviarono verso
i due grandi magazzini alla fine di
via Sammartini. Il giorno dopo sul
marciapiede c’erano una statua
della Madonna ed una di San Camillo. La notte di Natale del 1979
venne inaugurato ufficialmente il
Rifugio del Cuore Immacolato di
Maria con 30 posti letto su vecchi
divani e bidoni tagliati come sedie nella mensa e davanti all’ altare. Fratel Ettore morì il 20 agosto 2004. Il suo funerale si svolse
in Sant’Ambrogio celebrato dal
Cardinale Tettamanzi. Lo scorso
febbraio i Vescovi lombardi hanno dato il via all’istruttoria per la
causa di beatificazione di quel frate “matto” che girava per Milano
con la statua della Madonna sul
tetto della macchina recitando il
Rosario.
Chissà se nella futura zona della
movida, nell’ultimo magazzino di
via Sammartini ci sarà spazio per
una auto scassata e due statue sul
marciapiede.
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l’amministratore
47
Sicurezza edifici
e lavoratori
Pericoli
condominiali
Pericoli
a cura di Cristoforo Moretti
a cura di Cristoforo Moretti
condominiali
Questa rubrica si occupa di evidenziare situazioni di pericolo presenti nei condomini italiani.
Questa rubrica si
occupa di evidenziare
situazioni di
presenti delle
nei condomini
italiani.sicurezza del lavoro, gli
A prescindere
dall’eventuale
applicabilità
alpericolo
condominio
leggi sulla
A
prescindere
dall’eventuale
applicabilità
al
condominio
delle
leggi
sulla
sicurezza
edificii non
devono
edifici non devono essere pericolosi per chi li abita, per chi ci lavora, del
perlavoro,
chi ligli
visita:
codici
e la
essere
pericolosi
per
chi
li
abita,
per
chi
ci
lavora,
per
chi
li
visita:
i
codici
e
la
giurisprudenza
ci
insegnano
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sempre
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giurisprudenza ci insegnano da sempre che i danni ingiusti devono essere evitati.
danni ingiusti
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evitati. contribuire a diffondere una cultura di prevenzione.
Le iimmagini
che
seguono
Le immagini che seguono vogliono contribuire a diffondere una cultura di prevenzione.
58. Porte interferenti (2)
Dopo quanto presentato al n.14 di questa rubrica,
torniamo a mostrare porte che – per cattiva
progettazione
e/o
cattiva
installazione
e/o
interpretazione ottusa di norme di sicurezza –
risolvono un problema (la possibilità di evacuare
velocemente un luogo) e ne creano altri maggiori.
A sinistra, porta bianca di emergenza di una unità
immobiliare privata, che se aperta blocca il
passaggio dal vano scale all’androne condominiale
al piano terra.
Sotto, porta di accesso alle cantine dotata dal
costruttore, per malintesi presunti (ed inesistenti)
obblighi di legge, di apertura a spinta: non
vorremmo essere il signore che sta per uscire
dall’ascensore.
MIGLIORAMENTI POSSIBILI – Le eventuali
porte che dovessero obbligatoriamente richiedere
l’apertura verso l’esodo devono essere progettate in
modo che la loro apertura non crei pericolo ad altre
persone. Le porte esistenti, quando sono pericolose,
vanno modificate: arretramenti, inversioni di
apertura, sostituzione di serramenti e tutto ciò a cui
il progettista e/o l’installatore avrebbero dovuto
pensare fin dall’inizio.
48
l’amministratore
Sicurezza edifici
e lavoratori
59. Vie di fuga “complicate” (2)
Riparliamo (dopo le schede n.12 e
n.29) di vie di fuga rese difficili dalle
modifiche gestionali o strutturali
sopravvenute nel tempo.
Sopra, la gestione di cartoni, sacchi e
bidoni di immondizia avviene nello
spazio che serve per l’evacuazione di
uno stabile tramite una scala di
emergenza metallica: in caso di esodo,
i bidoni costituirebbero un sicuro
impedimento alla fuga.
A lato, una modifica probabilmente
avvenuta decenni dopo la costruzione
del fabbricato ha ristretto molto
significativamente la larghezza della
via di fuga al piano terra, riducendo a
77 cm la larghezza utilizzabile da chi
usa le scale condominiali.
E’ evidente che l’amministrazione in
carica non ha alcuna responsabilità
sulle modifiche del passato, ma
l’eventualità di dover evacuare
l’immobile non può essere ignorata e
il problema va dettagliatamente posto
in assemblea.
MIGLIORAMENTI POSSIBILI –
Ripristinare le condizioni originali e
lasciare costantemente praticabili le
vie di fuga per tutta la originaria
ampiezza.
l’amministratore
49
Tasse e guai
DETRAZIONI FISCALI PER INTERVENTI
DI EFFICIENZA ENERGETICA E DI
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
Romano Bionda
Indiscrezioni di stampa avevano
preannunciato che il Governo,
ravvisando un caso straordinario
di necessità e d’urgenza, nella
riunione del Consiglio dei Ministri del 31 maggio scorso aveva
stabilito di adottare un provvedimento provvisorio con forza di
legge (cosiddetto “decreto legge”) che avrebbe interessato, tra
le altre cose, le agevolazioni fiscali connesse con le ristrutturazioni edilizie, in esse comprese
le opere finalizzate al risparmio
energetico.
gore, dunque, dal 6 giugno 2013
e dovrebbe già essere stato presentato alle Camere per essere
convertito in legge dello Stato.
Benché sia superfluo ricordiamo, infatti, che la Costituzione
italiana prevede che i provvedimenti adottati provvisoriamente
dal Governo con forza di legge,
nei casi straordinari di necessità e d’urgenza, debbano essere
convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione, a pena di perdere efficacia
sin dall’inizio.
Ha quindi visto la luce il decreto-legge n. 63 del 4 giugno
2013 (Disposizioni urgenti per
il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19
maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per
la definizione delle procedure
d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre
disposizioni in materia di coesione sociale).
Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali accordate dal
legislatore in relazione agli interventi di efficienza energetica
e di ristrutturazione edilizia, riteniamo utile riesporre il contenuto dei seguenti articoli del
decreto in questione:
articolo 14 (Detrazioni fiscali
per interventi di efficienza energetica);
articolo16 (Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di
ristrutturazione edilizia e per
Il decreto-legge è stato pubblica- l’acquisto di mobili).
to nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana del 5 giu- Articolo 14
gno c.a. ed è entrato in vigore il L’articolo 14 richiama l’articogiorno successivo, per espressa lo 1, comma 48, della legge 13
disposizione contenuta nel de- dicembre 2010 n. 220, la quacreto stesso; tale decreto è in vi- le aveva dichiarato applicabili
50
l’amministratore
le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 344 a 347 della
legge 27 dicembre 2006 n. 296,
nella misura del 55%, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2012: tale termine era
poi stato prorogato al 30 giugno 2013 ad opera del secondo
comma dell’articolo 11 del decreto-legge del 22 giugno 2012
n. 83, convertito con modificazioni nella Legge 7 agosto 2012
n. 134.
Le richiamate disposizioni
prevedevano una detrazione
dall’imposta lorda correlata agli
importi rimasti a carico del contribuente, per l’esecuzione di interventi finalizzati al risparmio
energetico, sintetizzabili nelle
seguenti tipologie:
ƒƒ Riqualificazione energetica
di edifici esistenti (comma 344);
ƒƒ Interventi sull’involucro di
edifici esistenti (comma 345);
ƒƒ Installazione di pannelli solari (comma 346);
ƒƒ Sostituzione di impianti di
climatizzazione invernale (comma 347).
Il comma 48 dell’articolo 1 della
legge citata aveva disposto che
la detrazione accordata dovesse essere ripartita in dieci rate
di pari importo e che la “sostitu-
Tasse e guai
Il primo comma dell’articolo 14
del decreto-legge entrato in vigore il 6 giugno 2013 ha disposto che le detrazioni fiscali per
le tipologie di interventi finalizzati al risparmio energetico
si applicano nella misura del
65% anche alle spese sostenute
dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto) al 31
dicembre 2013, “con l’esclusione delle spese per gli interventi
di sostituzione di impianti di riscaldamento con pompe di calore ad alta efficienza ed impianti
geotermici a bassa entalpia
nonché delle spese per la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di
calore dedicati alla produzione
di acqua calda sanitaria”.
Articolo 16
L’articolo 16 si richiama all’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83,
convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012
n. 134, il quale disponeva che
per le spese relative agli interventi di cui all’articolo 16-bis,
comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (Testo Unico
delle Imposte sui Redditi) sostenute dal 26 giugno 2012 e
fino al 30 giugno 2013 spettasse una detrazione dall’imposta lorda del 50% delle spese
stesse, da ripartire in dieci rate,
fino ad un ammontare complessivo massimo di 96.000 euro
per unità immobiliare. Si rammenta che le spese per gli interventi di cui si tratta, elencati
nell’art. 16-bis del Testo Unico
delle Imposte sui Redditi, sono
definite dal legislatore: “spese
per interventi di recupero del
patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici”.
Il secondo comma di detto articolo 14 ha precisato che la
suddetta detrazione del 65% si
applica anche alle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 30
giugno 2014 per interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali (articoli 1117 e
1117-bis del codice civile) o che
interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
Il primo comma dell’art. 16 del
decreto-legge entrato in vigore il 6 giugno 2013 ha disposto
che il termine entro il quale il
sostenimento delle spese elencate nell’articolo 16-bis del
T.U.I.R. dà diritto alla detrazione d’imposta, già fissato al 30
giugno 2013 dall’articolo 11,
comma 1, del D.L. n. 83/2012,
è stato prorogato al 31 dicembre 2013.
zione di impianti di climatizzazione invernale” comprendesse
anche la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua
a pompa di calore dedicati alla
produzione di acqua calda sanitaria.
l’acquisto di mobili finalizzati all’arredo dell’immobile
oggetto di ristrutturazione, fino all’ammontare massimo di
10.000 euro. Si precisa, infine,
che tale detrazione dall’imposta, da ripartire tra gli aventi diritto, viene riconosciuta in
dieci quote annuali di pari importo.
In sintesi, per l’anno 2013, le
opere finalizzate al risparmio
energetico daranno diritto ad
una detrazione d’imposta:
del 55% delle spese sostenute
nel periodo dal 1° gennaio al 5
giugno;
del 65% delle spese sostenute
nel periodo dal 6 giugno al 31
dicembre.
Inoltre, qualora gli interventi finalizzati al risparmio energetico riguardino le parti comuni di
un condominio o tutte le unità
immobiliari di uno stesso condominio, il diritto alla detrazione d’imposta spetterà anche per
le spese che saranno sostenute
fino al 30 giugno 2014.
Dall’altro canto, le spese sostenute nell’intero arco dell’anno
2013 per opere di ristrutturazione edilizia, contemplate
dall’art. 16-bis del Testo Unico delle Imposte sui redditi, daranno diritto ad una detrazione
d’imposta del 50% mentre la
stessa detrazione del 50% si
applicherà anche alle spese, sostenute nel periodo dal 6 giuIl terzo comma dello stesso ar- Il secondo comma di detto ar- gno al 31 dicembre 2013, per
ticolo riconferma la ripartizione ticolo 16 estende poi la detra- l’acquisto di mobili destinati
della detrazione spettante in die- zione dall’imposta lorda del all’arredamento degli immobici quote annuali di pari importo. 50% delle spese sostenute per li ristrutturati.
l’amministratore
51
Sicurezza edifici
Obbligo di DVR per studi
associati o per uffici in cui
lavorino parenti?
Cristoforo Moretti
Sicurezza sul lavoro degli uffici
e negli studi professionali: il 31
maggio 2013 è scaduta la proroga della validità dell’autocertificazione di valutazione dei rischi
per le aziende che occupano fino
a dieci lavoratori. Quindi dal 1°
giugno il DVR (documento di valutazione dei rischi) è obbligatorio per tutti gli uffici e gli studi
professionali con presenza di almeno un lavoratore come definito all’art.2 comma 1 lettera a del
d.lgs. 81/2008.
Questa definizione è così importante che deve essere riportata
per esteso: è lavoratore la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge
un’attività lavorativa nell’ambito
dell’organizzazione di un datore
di lavoro pubblico o privato, con
o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,
un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici
e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la
sua attività per conto delle società e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione (degli utili
– ndr) di cui all’articolo 2549, e
seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative
di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della
52
legge 24 giugno 1997, n. 196, e di
cui a specifiche disposizioni delle
leggi regionali promosse al fine di
realizzare momenti di alternanza
tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante
la conoscenza diretta del mondo
del lavoro; l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il
partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature
di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici, ivi comprese le
apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi
in cui l’allievo sia effettivamente
applicato alla strumentazioni o ai
laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco e della protezione civile;
il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468,
e successive modificazioni”.
Chi lavora in un ufficio e rientra in
questa definizione fa del suo datore di lavoro soggetto obbligato
alla redazione di DVR dal 1° giugno.
Approfondiamo due casi particolari di non immediata lettura: lo
studio associato e l’ufficio in cui
un parente lavora gratuitamente
per l’altro.
intellettuale e la propria responsabilità professionale, e mettono in comune utili e spese. Fondamento legislativo di questo tipo
di associazione è stata per oltre
settant’anni la legge 1815/1939,
ancora vigente al momento dell’emanazione del d.lgs. 81/2008 e
della sua più importante correzione (d.lgs. 106/2009). Nella definizione di lavoratore riportata sopra
non viene espressamente citato il
professionista associato e sull’impossibile equiparazione tra professionista associato di cui alla legge
1815 e lavoratore soggetto alla tutela del d.lgs. 81/2008 non ci sono
dubbi: il professionista che collabora con il suo associato stabilisce
comunque un rapporto diverso da
quelli dell’art.2549 cc (Cassazione civile, sentenza 2555/1987) e
quindi non è soggetto all’obbligo
di DVR.
Ma l’abrogazione della legge
1815 contenuta della legge di stabilità del 2012 potrebbe cambiare l’approccio, perché di fatto gli
“studi associati” ai sensi della legge 1815 non possono più essere
creati, essendo stati sostituiti dalle “società per l’esercizio di attività professionali” (art.10 legge
183/2011): ed il socio lavoratore
di società è assolutamente incluso
Negli studi associati due o più nella definizione di lavoratore che
professionisti lavorano mante- porta all’obbligo di DVR. L’asnendo la propria indipendenza sociazione di fatto però, secondo
l’amministratore
Sicurezza edifici
parente che lavora gratuitamente (cioè senza inquadramento
lavorativo, che eliminerebbe ogni
dubbio) in un ufficio/studio in cui
il titolare sia un altro parente?
Si può facilmente riscontrare nella
definizione di lavoratore trascritta
dal d.lgs. 81/2008 come, da un lato, sia previsto il caso di lavoro
“senza retribuzione” e, dall’altro,
manchi la citazione dell’impresa
familiare di cui all’art.230-bis cc,
i cui obblighi – che non comprendono il DVR – sono al comma 12
dell’articolo 3 e all’articolo 21.
Il lavoro da ufficio tra parenti (diretti entro il terzo grado, affiliati
entro il secondo) è considerabile “impresa familiare”? La risposta non è univoca. Infatti più volte
è stato affermato – sia in giurisprudenza che in vertenze fiscali ed assicurative – che l’attività professionale svolta tra parenti
non può essere considerata impresa familiare, essendo questa tipologia rivolta esclusivamente al lavoro di cui all’art.2082 cc, cioè
il all’imprenditore (qualifica che
alcuni interpreti, sarebbe ancora possibile senza dovere per forza aprire una società; il problema
è comprendere come verrà considerata (dal fisco e dalla giurisprudenza) l’associazione di fatto tra
due professionisti, se equiparabile
alla somma di due attività da lavoro autonomo (e quindi per definizione senza DVR) o ad una forma
societaria di fatto. L’argomento è
molto delicato, in questa lunga e
complessa fase di riforma delle
professioni, e richiede un approccio tecnico/giuridico scrupoloso
non possibile in queste note. Attualmente sembra possibile escludere con certezza dall’obbligo di
DVR solo ed esclusivamente lo
studio associato di cui alla legge
1815/1939 in cui lavorino solo i
professionisti associati (mentre
lo studio associato che occupi lavoratori di altro tipo è ovviamente soggetto all’obbligo, a carico di
tutti i professionisti associati solidalmente).
Come
considerare
invece
discende appunto dalla conduzione di una “impresa”, attività diversa dall’esercizio di professione intellettuale di cui all’art.2229 cc).
Per cui un parente che assista un
professionista mentre questi svolge attività professionale autonoma assume lo status di lavoratore
dipendente o equiparato (“con o
senza retribuzione”, precisa la definizione di lavoratore citata), da
cui discende l’obbligo di DVR.
L’amministratore immobiliare deve considerarsi professionista o
imprenditore?
La risposta è quanto mai difficile
in questi anni. Se nel primo caso,
come detto, l’impresa familiare
non potrà essere mai invocata, nel
secondo l’art.2082 cc è certamente applicabile e l’obbligo di DVR
insussistente; ma l’erogazione di
servizi – tra cui l’amministrazione immobiliare – dovrà avvenire
in forma societaria, cioè per esempio tramite una vera impresa familiare, costituita come da criteri di
legge e cioè con atto pubblico o
scrittura privata autenticata.
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l’amministratore
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53
Problemi del lavoro
A PROPOSITO DI FERIE
Vincenzo Di Domenico
Il diritto al riposo (minimo 4 settimane consecutive all’anno) nel nostro ordinamento giuridico lavoristico nasce
da una serie di fonti: l’articolo 36 della Costituzione, il
2109 del Codice civile e il numero 10 dei Dlgs 66/2003
e 213/2004 da una direttiva europea del 1993.Per quanto riguarda il periodo di ferie dovuto al lavoratore, rientra l’impossibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere
un indennizzo sostitutivo per le ferie non godute. Il periodo annuale di ferie retribuite, non si può “convertire”
in denaro. La disposizione, tuttavia, non interessa i casi
di cessazione dal lavoro per i quali le ferie non sfruttate
vengono liquidate nel trattamento di fine rapporto. L’art
36 della Costituzione sancisce il diritto irrinunciabile alle Ferie, quindi, quello che è un diritto per tutti, non opera
però allo stesso modo per ogni lavoratore. Per alcune particolari categorie di lavoratori o in alcune fasi del rapporto
lavorativo ci sono, delle eccezioni quali il periodo di assenza per congedo di maternità obbligatorio a tal riguardo
si precisa, altresì che vanno esclusi agli effetti della maturazione delle ferie, anche i congedi parentali, ottenuti dal
lavoratore padre o dalla lavoratrice madre per accudire il
bambino nei suoi primi anni di vita. Il periodo trascorso
in cassa integrazione guadagni, sia ordinaria che straordinaria, non dà diritto alle ferie se è a zero ore. Se invece
è a orario ridotto, matura il diritto alle ferie e alla relativa retribuzione.
Per meglio focalizzare la situazione ci possiamo aiutare
con alcuni quesiti incentrate sul rapporto di portierato e
degli studi professionali amministrativi
QUESITO N° 1
In caso di dimissioni di una Custode o di un dipendente dello studio, con effetto dal 1° di Agosto che ne
sarà delle ferie e dei permessi contrattuali?
(il dipendente ha ancora 6 giorni di Ferie arretrate
più quelle maturate fino al 31 luglio e non ha usufruito dei permessi contrattuali)
Le ferie sono un diritto inalienabile del dipendente, trattasi di un periodo di riposo psicofisico che succede ad
un periodo di lavoro. Nel caso di recesso dal rapporto
di lavoro dovranno essere pagate nella misura di SEI
giorni arretrati più 11/12 di 26 giorni; a questi importi si dovranno aggiungere i 7/12 di 60 ore (permessi
Igiene, qualità e sicurezza nei luoghi di lavoro
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54
l’amministratore
Problemi del lavoro
contrattuali) in quanto “…Nell’anno di inizio o termine
del rapporto di lavoro i permessi matureranno in ragione del servizio prestato nell’anno stesso, arrotondando
matematicamente le frazioni di mese….”
domanda sottolineo che le modalità di conteggio dei mesi e delle frazioni di mese lavorate vengono stabilite dal
contratto collettivo (art 116, c.3 La frazione di mese pari o superiore ai 15 giorni vale per un mese intero….”),
pertanto il lavoratore, assunto il 17 agosto 2013, cessa il
QUESITO N° 2
rapporto di lavoro il 13 settembre prossimo, tenendo preSono una Custode e lavoro da circa 3 anni presso un sente che Il contratto collettivo applicato considera come
condominio ho chiesto un giorno di ferie e non me mese intero solo le frazioni superiori a 15 giorni si delilo hanno dato nonostante ne abbia accumulate mol- nea la seguente situazione:
te. Possono farlo? Vorrei un quadro più specifico per I mesi interi lavorati sono due (Agosto e settembre), il
quanto riguarda le ferie che mi può gestire il mio da- lavoratore non raggiunge il limite fissato dal contratto
tore di lavoro e quelle che posso gestire io.
collettivo, diverso poteva essere se terminava la sostituzione il 16 di settembre, avrebbe maturato un mese di
Il lavoratore non può attribuirsi i giorni di ferie se non Ferie.
concordandole con il datore di lavoro e viceversa.(art
82) del vigente CCNL)
QUESITO N° 4
Quando il lavoratore deve assentarti per una singola Un Portinaio che termina il rapporto di lavoro - presgiornata può chiedere permessi retribuiti (60 ore annua- so il condominio da me amministrato-il 31 agosto,
li - art 84 del vigente CCNL) “… con almeno 24 ore di può sostituire il preavviso con le Ferie?
anticipo, salvo casi di forza maggiore …” concordandole con l’Amministratore.
Le residue ferie non godute non possono sostituire il
Le ferie dovranno essere “gestite “ nella seguente ma- preavviso,di cui all’art 118 del vigente CCNL, ma verniera:
ranno regolarmente liquidate, in modo aggiuntivo; a con*Lei ha la facoltà di “…di decidere la collocazione tem- forto di quanto asserito vi è, tra l’altro, una sentenza del
porale di metà del periodo feriale tra il 1° settembre ed Tribunale di Milano in data 7 aprile 1989 che asserisce,
il 30 giugno dell’anno successivo, escludendo comun- in sintesi, quanto segue:
que il periodo dal 20 dicembre al 10 gennaio.
“Le ferie residue possono tramutarsi in indennità sostituLa collocazione della restante metà del periodo feria- tiva solo nel caso di impossibilità assoluta derivante dalle verrà decisa dal datore di lavoro comunicando al la- la cessazione del rapporto…”
voratore stesso la collocazione del periodo di ferie, da
effettuare nel periodo dal 1° aprile al 31 marzo dell’an- QUESITO N° 5
no successivo…”
Qualora, durante il godimento delle ferie, non fosse
possibile rientrare per il giorno stabilito, a causa di
QUESITO N° 3
un volo cancellato per motivi tecnici, il giorno o i giorDelle Ferie che ha maturato un mio collaboratore ni di ritardo, tempestivamente segnalato/i,viene addequante posso monetizzare?, inoltre dovrò assumere a bitato al lavoratore?
tempo determinato una persona in data 17 Agosto, in
sostituzione di un portiere che si è assenterà per ferie Si possono coprire con ferie oppure con permesso confino al 13 settembre 2013 quest’ultimo a quanti gior- trattuale o con permesso non retribuito. In ogni caso
ni di ferie ha diritto?
giustificando e certificando il ritardo dovuto a cause indipendenti dalla volontà del lavoratore
Per rispondere al primo quesito preciso che sono soggette a monetizzazione le giornate di ferie eccedenti il mini- QUESITO N° 6
mo legale di quattro settimane all’anno e quelle maturate Il periodo di ferie viene prolungato in caso di festivinell’anno di cessazione del rapporto. Per la seconda tà con esso coincidente
l’amministratore
55
Problemi del lavoro
Non esiste un criterio generale al riguardo. Il trattamento
da applicare è normalmente quello di applicare il prolungamento del periodo o la liquidazione di una quota aggiuntiva di retribuzione
QUESITO N° 7
Recentemente un condominio-da me amministratoha assunto un addetto alle pulizie (cat. B/5) e siccome
il periodo di prova coincide con il mese di Agosto, la
lavoratrice mi ha chiesto di poter usufruire, come devo comportarmi?
testualmente “…In caso di rapporto a tempo parziale, i
permessi di cui sopra matureranno proporzionalmente
al minor orario pattuito….” nel Suo caso essendo la prestazione lavorativa limitata a 25 ore settimanali sarà: [25
/45 di 60 ore annuali]
QUESITO N° 10
Nel condominio da me amministrato si è verificato la
seguente situazione: “l’addetto alle pulizie-extracomunitario –un giorno prima del termine del periodo
di Ferie concordate ha telefonato alla mia dipendente asserendo di voler prolungare il periodo di Ferie di
una settimana rispetto al periodo pattuito, come mi
devo comportare?
Può- se lo ritiene opportuno –concedere fino a due giorni
e mezzo di (di calendario); se, ad esempio, ha chiesto di
usufruire di un periodo che decorre dal Lunedi e termina
alla Domenica (sette giorni) i rimanenti giorni (7-2,5) re- Non è ben chiaro se il dipendente ha atteso l’assenso da
stano a DEBITO finchè non li compensa
parte dell’Amministratore, comunque in base ad una sentenza di cassazione (10 gennaio 1994 n. 175) quando al
QUESITO N° 8
termine del periodo utile per la fruizione delle ferie il
Quali periodi sono utili per la maturazione delle fe- lavoratore si assenta, pretendendo di imputare detta asrie?
senza alle ferie, dopo aver fatto richiesta al datore di lavoro ma senza attenderne il consenso. In questa ipotesi,
Le ferie maturano in proporzione al servizio prestato il comportamento del lavoratore, può legittimare l’adonell’anno. Per la maturazione delle ferie sono conside- zione di provvedimenti disciplinari da parte del datore di
rati utili, oltre al periodo di prova ed ai periodi di effetti- lavoro (artt. 130 e seguenti del CCNL), non può pregiuva prestazione, alcuni tipi di assenza come, ad esempio, dicare il diritto alla retribuzione dell’assenza, comunil congedo per maternità, la malattia o l’infortunio sul la- que riferibile alle ferie residue effettivamente dovute.
voro nei limiti del comporto, il congedo matrimoniale, lo
svolgimento di funzioni presso i seggi elettorali.
QUESITO N° 11
Nel mese di maggio ho avuto l’incarico di amminiQUESITO N° 9
strare un Condominio- di recente costituzione - che
Nel condominio che amministro vi è la seguente situa- fino al mese di Aprile era di proprietà di una Società
zione: due Portinai di categoria, rispettivamente, A/4 Assicuratrice; il portinaio è stato regolarmente liquied A/3 sono in forza a tempo pieno, recentemente l’as- dato dalla suddetta società assicuratrice per le comsemblea a deliberato a maggioranza la possibilità di petenze a Lui spettanti, quale comportamento devo
far effettuare al Custode di categoria A/3 la prestazio- seguire per le Ferie del mese di Agosto?
ne a tempo parziale-cinque ore giornaliere per cinque
giorni alla settimana- vorrei sapere se le ferie ed i per- Il trasferimento di proprietà dello stabile è disciplinato
messi contrattuali dovranno essere ridotti.
dall’art 129 del CCNL il quale recita “ … Il trasferimento
della proprietà dello stabile non risolve il rapporto di laLe Ferie per effetto della riduzione della prestazione voro ed il lavoratore conserva i diritti e gli obblighi conlavorativa NON si riducono in proporzione rimango- templati nel precedente contratto individuale di lavoro.
no quantitativamente ovvero,26 giorni; i permessi con- Il nuovo proprietario è esonerato dall’obbligo di ricotrattuali per espressa dicitura contrattuale (art 84) recita noscere i diritti acquisiti dal lavoratore a tutti gli effetti
56
l’amministratore
Problemi del lavoro
dell’anzianità di servizio, soltanto se tali diritti siano
stati liquidati dal precedente proprietario…” pertanto il
dipendente avrà diritto alle Ferie che matureranno nella “nuova” gestione che nel caso descritto sarà:[ 4/12 di
26 giorni].
QUESITO N° 12
Con il dipendente dello stabile si è concordato il periodo di Ferie che dovevano coincidere con il mese di
Luglio, successivamente a causa di un contrattempo verificatosi nel Condominio (allagamento dei box
e delle cantine, con successiva riparazione dei danni:
durata due settimane) ho dovuto modificare il periodo pattuito; Ho comunicato- mediante lettera - l’evento accaduto precisando il nuovo periodo; Il portinaio
in un primo momento non ha avuto nulla da dire, successivamente, esattamente dieci giorni dopo mi ha
fatto pervenire un raccomandata con la quale obbiettava al condominio la decisione presa di posticipare
il periodo di Ferie e chiedeva-inoltre -il risarcimento
delle spese sostenute per la prenotazione dell’albergo.
Quale atteggiamento devo mantenere?
In base ad una sentenza di Cassazione (11 febbraio 2000
n. 1557) Lei,dopo avere fissato il periodo di godimento
delle ferie del custode, può successivamente modificarlo.
Questo anche qualora non si siano verificati fatti sopravvenuti, ma solo sulla base di una riconsiderazione delle
esigenze condominiali. Lei ha agito bene comunicando
mediante lettera (meglio se raccomandata) preavvisando il lavoratore, il quale era tenuto a sollevare tempestivamente eventuali obiezioni circa la decisione presa.
In considerazione di quanto sopra esposto nulla compete
per il risarcimento richiesto.
diritto ferie che saranno godute in un secondo tempo;
a tal fine è peraltro indispensabile che il lavoratore,
ammalatosi durante le vacanze, si munisca immediatamente di un certificato medico che attesti il suo stato
di malattia e che copia di questo certificato venga spedito a mezzo lettera raccomandata al datore di lavoro
e alla USL di competenza entro due giorni dall’insorgenza della malattia. Solo così facendo si ha poi diritto di richiedere di godere del periodo di ferie perduto
a causa della malattia.Si tenga presente, infine, che il
lavoratore che cada malato nel corso delle ferie non
è tenuto a fare rientro presso il proprio domicilio per poter invocare la sospensione delle ferie stesse. Infatti, il periodo di malattia può essere trascorso
anche in un luogo diverso dalla propria abitazione, e
dunque anche in una località di villeggiatura, a condizione che di ciò venga data immediata notizia, tramite le opportune indicazioni da apporsi sul certificato
di malattia, all’Istituto Previdenziale, che deve sempre avere la possibilità di valutare le effettive condizioni di salute del lavoratore.
c) Se lo Studio amministrativo chiude per “Ferie
Collettive” ed il lavoratore si ammala durante tale periodo, egli potrà godere delle Ferie restanti una volta
terminata il periodo di malattia.
QUESITO N° 14
Presso un Condominio ho un’addetta alle pulizie
che presta la sua attività lavorativa presso altri due
Condomini, recentemente si è assentato a causa di
un infortunio occorso presso un altro stabile, chiedo
a) come devo comportarmi per l’infortunio occorso
presso altro datore di lavoro; b) Le Ferie già programmate da quest’ultima, presso questa struttura,si
dovranno computare
In merito preciso quanto segue:
QUESITO N° 13
La malattia insorta durante le ferie può sospenderne Per quanto riguarda l’infortunio, nella recente circolare
INPS (n° 136 del 25 luglio 2003) ha asserito quanto seil decorso?
A tal proposito si possono verificare le seguenti situazio- gue: “…Come da avviso espresso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali si precisa che, nell’ipotesi
ni:
a) se la malattia insorge prima dell’inizio del pe- rappresentata, il riconoscimento da parte dell’INAIL di
riodo feriale e si protrae per il periodo convenuto, la un evento come infortunio esonera l’Istituto dall’obbligo
malattia NON incide sulle ferie che saranno godute in di intervento anche per gli altri rapporti di lavoro, dovendosi ritenere l’assenza del lavoratore quale assenza
un secondo tempo;
b) se la malattia insorge durante le ferie già pro- per infortunio nei confronti di tutti i datori di lavoro.;Per
grammate quest’ultimo deve essere considerato in il periodo Feriale vale quanto espresso nel quesito precemalattia fino a completa guarigione e resta integro il dente (n° 14)
l’amministratore
57
Problemi del lavoro
QUESITO N° 15
Una dipendente del mio studio professionale si è recata in Ferie in Messico, durante il Suo soggiorno si è
ammalata, come devo comportarmi in merito al certificato di malattia ed il periodo suddetto in assenza
di idonea certificazione è da considerarsi interruttivo del periodo feriale?
Per poter rispondere a questo quesito preciso che la circolare INPS n° 136 del 25 luglio 2003 ha chiarito quanto segue:” …nel caso di assicurati occupati in Italia che
si ammalano durante soggiorni all’estero in Paesi non
facenti parte della Comunità europea ovvero in Paesi
che non hanno stipulato con l’Italia convenzioni ed accordi specifici che regolano la materia, la corresponsione dell’indennità di malattia può aver luogo solo dopo
la presentazione all’INPS della certificazione originale, legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o
consolare italiana operante nel territorio estero.
L’adempimento, potendo richiedere tempi più lunghi,
può essere espletato, a cura dell’interessato, anche in
un momento successivo al rientro (e, ovviamente, pure
per via epistolare), fermo restando che il lavoratore
è tenuto all’invio della certificazione entro 2 giorni
dal rilascio al datore di lavoro ed all’INPS (eventualmente in copia).
In relazione a richieste di chiarimenti al riguardo, si precisa che per “legalizzazione” si intende l’attestazione,
da fornire anche a mezzo timbro, che il documento è
valido ai fini certificativi secondo le disposizioni locali.
Conseguentemente la sola attestazione della autenticità della firma del traduttore abilitato ovvero della conformità della traduzione all’originale non equivale alla
legalizzazione e non è sufficiente ad attribuire all’atto valore giuridico in Italia.Si conferma da ultimo, come di recente ribadito dal Ministero degli affari esteri,
interessato a seguito di posizioni diverse assunte da alcune Ambasciate o Consolati, che in materia di legalizzazione continuano ad essere applicate le procedure
vigenti….”
Se il lavoratore non fornisce idonea documentazione
ovvero un semplice certificato non è interruttivo del
periodo feriale sino a quando non produrrà la certificazione come previsto dalla circolare anzidetta.
58
QUESITO N° 16
Una dipendente del mio studio deve recarsi in una
località termale per un periodo di cura, la devo considerare in ferie?
Le cure termali effettuate entro TRENTA giorni dalla data di prescrizione,per motivi legati esclusivamente per la terapia o la riabilitazione relative ad affezioni
o stati patologici per la cui risoluzione sia giudicato
determinante, anche in associazione con altri mezzi di
cura, un tempestivo trattamento termale non è da considerarsi periodo feriale, diversamente sono da considerare periodo feriale il recarsi presso una località
termale senza che vi sia una prescrizione medica (art.
13 L. 638/83; art. 1, c. 8, L. 8/90).
QUESITO N° 17
La Custode di un Condominio in ferie mi ha comunicato prima telefonicamente poi per iscritto l’interruzione del periodo feriale causa il ricovero ospedaliero
di suo figlio di sette anni, come devo comportarmi?
In base a quanto disposto dall’art. 47 D.Lgs. 151/2001
la malattia del bambino fino agli 8 anni di età che comporti il suo ricovero ospedaliero interrompe il decorso
delle ferie in godimento da parte della dipendente
QUESITO N° 18
Nel mio Studio Professionale occupo una lavoratrice
a progetto del maggio 2012, vorrei sapere:
- c’è un minimo e un massimo di ore lavorative?
- le ferie esistono?
Bisogna precisare che dato il particolare rapporto di
lavoro (autonomo) il riferimento alla temporalità della prestazione lavorativa NON esiste nessun minimo o
massimo, ma che un collaboratore una volta ricevuto
indicazioni sull’obiettivo da raggiungere dovrebbe poter determinare autonomamente tempi e modalità della propria prestazione lavorativa. Le ferie non esistono
a meno che non si pattuisca, nel contratto, qualcosa di
analogo, anche perché il lavoro a progetto (ex Collaborazione Coordinata e continuativa) non ha vincoli di
presenza.
l’amministratore
Centro studi
Il Centro Studi risponde
Impianto acqua
centralizzato
La presente per chiederVi se
è possibile installare dei conta
litri per rilevare consumi singoli dell’acqua, dato che in
fase di costruzione l’impianto
è stato creato centralizzato,
inoltre, in caso alcuni condomini non fossero d’accordo di
eseguire tale intervento, se lo
stesso è approvato dalla maggioranza e messo all’ordine
del giorno in fase assembleare,
chi non è favorevole è comunque obbligato all’installazione?
Risponde l’avv.
Marina Figini
Secondo quanto riferito nel
quesito, l’impianto idrico è
centralizzato e non esistono
contatori misuratori del consumo.
Dal momento che nel quesito
non viene specificato, è da ritenere che il regolamento non
contenga alcuna disposizione
in materia di ripartizione delle
relative spese.
In assenza di normativa condominiale specifica, dovrà applicarsi la normativa codicistica, in particolare il criterio di
cui all’art. 1123, 2° comma,
c.d. “uso potenziale”: “in
proporzione dell’uso che ciascuno può farne, se si tratta di
cose destinate a servire i condomini in misura diversa”.
La Cassazione ha precisato
che tale criterio riguarda i casi
di impianti e servizi comuni
strutturalmente destinati a permettere ai singoli condomini
un uso oggettivamente differenziato di intensità, diverso
dalla misura del loro diritto di
proprietà (Cass. 17/02/1977 n.
1511), e ha affermato la preferibilità della ripartizione dei
costi in base al concreto utilizzo di servizi destinati ad essere fruiti in maniera diversa
dai singoli condomini (Cass.
17/09/1998 n. 9263).
La misurabilità dell’uso è fuori discussione nel caso dell’acqua calda erogata da impianto
centralizzato, così come indubbia è la diversità della fruizione del servizio da parte di
l’amministratore
ciascun condomino.
Quello dei contatori appare
dunque come il sistema migliore perché determina l’esatta proporzionalità fra il godimento del servizio e l’onere
delle relative spese, evitando
di ottenere risultati approssimativi rimessi alla variabilità
di elementi discrezionali.
Dunque, in assenza di diverse
disposizioni regolamentari, e
vertendo in materia del principio di legge di cui all’art.
1123, 2° comma c.c., è legittima, e vincolante anche per
i dissenzienti (che non impugnino la delibera stessa, entro
30 giorni, per validi motivi,
ottenendone la sospensione
della esecutività), la delibera assembleare con la quale
venga decisa la installazione
di contatori individuali per la
misurazione dei consumi di
acqua calda.
Come d’uso, oltre al consumo
effettivo ripartito sulla base
dei contatori, sarà opportuno
attribuire una quota percentuale ai millesimi di proprietà,
a fronte delle spese di manutenzione e di conservazione
dell’impianto.
59
Le nostre tabelle
INDICI NAZIONALI DEI PREZZI AL CONSUMO PER LE FAMIGLIE DI OPERAI E IMPIEGATI
INDICE GENERALE
VARIAZIONI PERCENTUALI DEL MESE INDICATO RISPETTO ALLO STESSO MESE DELL’ANNO PRECEDENTE
ANNO GEN
FEB
MAR APR
MAG GIU
LUG
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
2003
+ 2,7
+ 2,5
+ 2,6
+ 2,5
+ 2,4
+ 2,3
+ 2,5
+ 2,5
+ 2,5
+ 2,4
+ 2,4
+ 2,3
2004
+ 2,0
+ 2,2
+ 1,9
+ 2,0
+ 2,1
+ 2,2
+ 2,1
+ 2,1
+ 1,8
+ 1,7
+ 1,7
+ 1,7
2005
+ 1,6
+ 1,6
+ 1,6
+ 1,7
+ 1,7
+ 1,6
+ 1,8
+ 1,8
+ 1,9
+ 2,0
+ 1,8
+ 1,9
2006
+ 2,2
+ 2,1
+ 2,1
+ 2,0
+ 2,2
+ 2,1
+ 2,1
+ 2,1
+ 2,0
+ 1,7
+ 1,7
+ 1,7
2007
+ 1,5
+ 1,5
+ 1,5
+ 1,4
+ 1,4
+ 1,6
+ 1,6
+ 1,6
+ 1,6
+ 2,0
+ 2,3
+ 2,6
2008
+ 2,9
+ 2,9
+ 3,3
+ 3,3
+ 3,5
+ 3,8
+ 4,0
+ 3,9
+ 3,7
+ 3,4
+ 2,6
+ 2,0
2009
+ 1,5
+ 1,5
+ 1,0
+ 1,0
+ 0,7
+ 0,4
- 0,1
+ 0,2
+ 0,1
+ 0,2
+ 0,7
+ 1,0
2010
+ 1,3
+ 1,3
+ 1,5
+ 1,6
+ 1,5
+ 1,3
+ 1,7
+ 1,5
+1,6
+1,7
+1,7
+1,9
2011
+ 2,2
+ 2,3
+ 2,5
+ 2,6
+ 2,6
+ 2,7
+ 2,7
+ 2,8
+3,0
+3,2
+3,2
+3,2
2012
+ 3,2
+ 3,3
+ 3,2
+ 3,2
+3,0
+3,1
+2,9
+3,1
+3,1
+2,7
+2,4
+2,4
2013
+2,2
+1,8
+1,6
+1,1
TABELLA DEL TASSO DEGLI INTERESSI LEGALI
ANNO
TASSO
Dal 19/04/1942 al 15/12/1990
5%
Dal 16/12/1990 al 31/12/1996
10%
Dal 01/01/1997 al 31/12/1998
5%
Dal 01/01/1999 al 31/12/2000
2,50%
Dal 01/01/2001 al 31/12/2001
3,50%
Dal 01/01/2002 al 31/12/2003
3%
Dal 01/01/2004 al 31/12/2007
2,50%
Dal 01/01/2008 al 31/12/2009
3%
Dal 01/01/2010 al 31/12/2010
1%
Dal 01/01/2011 al 31/12/2011
1,50%
Dal 01/01/2012 al 31/12/2012
2,50%
Dal 01/01/2013
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