germania - Aiuto alla Chiesa che Soffre

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germania - Aiuto alla Chiesa che Soffre
APPARTENENZA RELIGIOSA
Cristiani 68,7%
Cattolici 32,9% - Ortodossi 1,9% - Protestanti 33,9%
Non affiliati 24,7%
Musulmani 5,8%
Altre religioni 0,8%
AREA
357.000 km2
POPOLAZIONE RIFUGIATI (interni*) RIFUGIATI (esterni**) SFOLLATI
81.147.300
168.512
180
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*Rifugiati stranieri che vivono in questo Paese **Cittadini di questo Paese rifugiati all’estero
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I rapporti tra Stato e Chiese – Chiesa cattolica e Chiese evangeliche (luterane e
riformate), c.d. tradizionali – sono disciplinati da Accordi e Concordati siglati sia a
livello federale che in ogni Stato federato (Land); riguardo alla Chiesa cattolica, è
tuttora in vigore il Concordato del 1933. Il riconoscimento dei gruppi religiosi è disciplinato da leggi del Governo federale; quelli regionali possono attribuire loro lo
status di enti di diritto pubblico che implica alcune prerogative, tra cui il diritto a ricevere un contributo obbligatorio da parte dei propri membri.
Accanto alle Chiese tradizionali, sono stati riconosciuti altri gruppi religiosi, tra cui
la Comunità ebraica, la Chiesa metodista, la Chiesa degli avventisti del settimo
giorno, la Chiesa battista e l’Esercito della salvezza.
Sul piano giuridico, attraverso una serie di sentenze nell’ambito della libertà religiosa, l’Alta Corte sembra però voler circoscrivere quelle che vengono definite
«società parallele»; con tali pronunciamenti, infatti, sono apertamente limitate attività come l’istruzione parentale, cioè l’insegnamento impartito dai genitori a casa, una pratica preferita da numerose famiglie cristiane che non sono disposte ad
affidare l’educazione dei figli alle autorità civili.
In alcuni casi, la conflittualità tra istituzioni e famiglie ha raggiunto livelli elevati, come accaduto il 29 agosto 2013, quando un gruppo di 20 operatori sociali, poliziotti
e agenti speciali armati, hanno fatto irruzione in casa della famiglia Wunderlich, nei
pressi di Darmstadt, e forzatamente portato via i quattro i figli, di età compresa tra i
sette e i 14 anni. Il motivo dichiarato per questa azione è stato il fatto che i genitori
– Dirk e Petra Wunderlich – stavano educando i loro figli a casa a dispetto del divieto esistente al riguardo. I bambini sono stati restituiti alla famiglia dopo tre settimane1, anche a seguito di una protesta internazionale, guidata dall’Associazione per
la difesa dell’istruzione parentale2 (HSDLA); va segnalato che la vicenda si è conclusa dopo che il tribunale ha imposto alla famiglia l’obbligo di iscrivere i figli alle
scuole pubbliche. Successivamente, il giudice che aveva appunto ordinato di por1 2 www.welt.de/vermischtes/article120256781/Unsere-Kinder-gehoeren-nicht-dem-Staat.html
www.hslda.org/hs/international/Germany/201308300.asp
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tare via i figli alla famiglia, aveva bloccato la richiesta dei genitori di emigrare in un
Paese europeo dove l’istruzione parentale fosse legale3.
Il responsabile della Sezione affari internazionali della HSDLA, Michael Donnelly,
ha assicurato che l’organizzazione continuerà a sostenere la famiglia Wunderlich e
che spera che la legge sia modificata e legalizzi l’istruzione parentale. «Stiamo lavorando con l’avvocato della famiglia e speriamo di portare questa situazione all’attenzione internazionale; come Repubblica federale – ha dichiarato Donnelly – è il
legislatore federale che deve decidere in materia di istruzione parentale. Abbiamo
bisogno che qualche politico si svegli e faccia la cosa giusta. Da tempo, la nazione
tedesca è culturalmente ostile a questa modalità di istruzione. Il nostro obiettivo è
cambiare questa situazione, ma far sì che cambi la mentalità di un’intera nazione è
un’impresa enorme. La Germania è uno Stato di 80 milioni di abitanti, con una lunga storia di conformismo educativo e culturale. In passato, abbiamo affrontato ostilità analoghe negli Stati Uniti, ma oggi l’istruzione parentale è legale ed è in crescita in tutti i 50 Stati dell’Unione. Gli americani hanno già contribuito a salvare il popolo tedesco dal totalitarismo una volta. Forse possono farlo di nuovo»4.
Michael Farris, il Presidente della HSDLA, ha dichiarato che, negando ai genitori
il diritto di educare i propri figli, la Germania è venuta meno ai suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani. «Sono stati firmati – ha aggiunto – numerosi
Trattati sui diritti umani che riconoscono il diritto dei genitori a dare una formazione diversa da quella delle scuole pubbliche, in modo che i bambini possano essere educati secondo le loro convinzioni religiose. La Germania, semplicemente,
non ha rispettato né gli obblighi che ha assunto aderendo a questi Trattati né il
suo essere una democrazia liberale. I giudici e i politici tedeschi hanno le loro ragioni, a mio avviso errate, ma, in ogni caso, stiamo parlando di un diritto umano.
Da quale parte vuol essere la Germania quando si tratta di diritti umani?5».
Trovare un equilibrio tra convinzioni religiose e la loro esclusione dal sistema scolastico, resta un obiettivo difficile, come evidenzia anche il divieto di distribuire copie della Bibbia nelle scuole pubbliche, imposto nell’ottobre del 2012 dal Ministero dell’Istruzione ai Gedeoni (Gideons International)6.
Altre limitazioni imposte all’espressione pubblica della religione – e, di fatto, alla libertà di espressione tout court – includono il divieto di protestare contro l’aborto nei pressi di ospedali e cliniche nel territorio delle città di Friburgo e di Monaco di Baviera o di offrire alternative all’aborto alle donne in gravidanza. Tali liwww.hslda.org/LandingPages/Wunderlich/
ibid.
5 www.christianpost.com/news/police-raid-home-seize-children-of-homeschooling-family-ingermany-103435/
6 Observatory on Intolerance and Discrimination Against Christians in Europe, Report 2012,
Europe: Legal Restrictions Affecting Christians; 2012: Cases of Intolerance or Discrimination
against Christians, Kairos Publications 2013, www.IntoleranceAgainstChristians.eu
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mitazioni sono il frutto di sentenze dei tribunali, ma la battaglia legale resta
aperta e c’è la speranza che alcune mozioni presentate da organizzazioni prolife, abbiano un seguito7.
Va rilevato che le istituzioni governative non sembrano esprimere analoga ostilità nei confronti dei musulmani, sebbene – secondo quanto emerso da un’indagine sociologica dell’Università di Bielefeld8 – meno di un cittadino tedesco su
cinque ritenga l’islam compatibile con la cultura del proprio Paese. Sono perfino
tollerate “strutture parallele” che sfuggono al sistema giuridico; tra i musulmani
che vivono in Germania è infatti diffusa la pratica di ricorrere a mediatori islamici per questioni che rientrano nel diritto di famiglia e questo accade malgrado le
autorità religiose islamiche giudicanti basino le loro decisioni sulla legge coranica, ignorando i principi della cultura occidentale sui diritti umani, in particolare
quelli delle donne9.
ibid.
Ulriche Hummel, Why Germans distrust Islam, Deutsche Welle, 23 gennaio 2013, http://
dw.de/p/17Nw1
9 Joachim Wagner, In the Name of Allah: Islamic Mediators and Germany’s ‘Two Legal Systems’, Der Spiegel, 20 giugno 2012, www.spiegel.de/international/germany/islamic-mediators-facilitate-two-legal-systems-in-germany-a-839580.html
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