Miklós Perényi violoncello András Schiff pianoforte 21

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Miklós Perényi violoncello András Schiff pianoforte 21
STAGIONE
2008-09
e dintorni
Martedì
12 maggio 2009
ore 20.30
Sala Verdi
del Conservatorio
Miklós Perényi violoncello
András Schiff pianoforte
21
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Letizia Torrani Gonzales
Antonio Magnocavallo
Paolo Arcà
Con il contributo di
Con il contributo di
Con la partecipazione di
Sponsor istituzionali
Sponsor “Bach e dintorni”
Con il patrocinio e il contributo di
Con il patrocinio di
È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala
con qualsiasi apparecchio, anche cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione,
durante gli applausi.
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico
il clima più favorevole all’ascolto, si invita a:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Miklós Perényi violoncello
András Schiff pianoforte
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 - Lipsia 1750)
Sonata n. 1 in sol maggiore BWV 1027 (13’)
Johannes Brahms
(Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Sonata n. 1 in mi minore op. 38 (23’)
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 3 in sol minore BWV 1029 (16’)
Intervallo
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 2 in re maggiore BWV 1028 (15’)
Ludwig van Beethoven
(Bonn 1770 - Vienna 1827)
Sonata n. 3 in la maggiore op. 69 (26’)
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 1 in sol maggiore
BWV 1027
Adagio
Allegro ma non tanto
Andante
Allegro moderato
Sonata n. 3 in sol minore
BWV 1029
Vivace
Adagio
Allegro
Sonata n. 2 in re maggiore
BWV 1028
(Adagio)
(Allegro)
Andante
Allegro
Le Sonate per cembalo e viola da gamba risalgono al periodo di Köthen, dove
Bach prestava servizio in qualità di Kapellmeister alla corte di Anhalt-Köthen,
tra il 1717 e il 1723. La maggior parte della musica di carattere concertante
appartiene agli anni di Köthen, dove il principe Leopold aveva radunato un
Collegium musicum di notevole qualità. Della cospicua produzione di musica da
camera di quest’epoca sono giunte fino a noi tre Sonate destinate a uno strumento a tastiera e alla viola da gamba, lo strumento prediletto dal principe
Leopold, virtuoso dilettante di buon livello. La viola da gamba è uno strumento
di origine rinascimentale che appartiene alla famiglia della viola da braccio e ha
una storia distinta da quella del violoncello, che discende invece dalla famiglia
del violino. Nel corso del Seicento si era sviluppata una vera e propria competizione tra queste due famiglie di strumenti, terminata nel secolo successivo con
la completa disfatta delle viole. Agli albori del XVIII secolo la parabola artistica della viola da gamba, strumento di storia eccezionalmente ricca, era quasi
giunta al termine, pur mantenendo un ruolo nel concerto strumentale, come
parte di ripieno del basso continuo. La viola da gamba, dalla voce morbida e delicata, intona le sei corde per quarte anziché per quinte, come avviene invece nel
violoncello. Delle tre Sonate rimaste per questo strumento, quella che si definisce Terza per convenzione, non conoscendo in quale rapporto compositivo stiano l’una con l’altra, cioè la Sonata in sol minore BWV 1029, costituisce un autentico capolavoro. Lo stile concertante di stampo italiano genera lo straripante
profluvio d’invenzione tematica, che scuote con inconsueta energia ritmica la
convenzionale forma della sonata da chiesa, portando il dialogo tra i due strumenti verso esiti di sconvolgente forza espressiva, in particolare nel magnifico
movimento “Allegro” conclusivo. In questa Sonata Bach innestava la forza
espressiva del nuovo linguaggio elaborato nello stile italiano, formatosi grazie
all’emergere del nuovo gruppo di strumenti ad arco, più agili e robusti delle
antiche viole da braccio, nel corpo di una tradizione più codificata e più legata al
gusto francese. Le altre due Sonate, elencate come BWV 1027 e BWV 1028, conservano meglio il profilo antico della viola da gamba e di conseguenza sembrano il frutto di un linguaggio più conservatore, rispetto a quello della loro sorella più moderna. La prima in particolare, quella in sol maggiore, rivela una natura molto lontana da qualunque forma di virtuosismo strumentale e sembra pensata per un ambiente davvero domestico e privato. La forma dei due lavori ricalca i modelli tradizionali della sonata da camera, con l’alternanza di movimenti
lenti e veloci. La scrittura, in armonia con il carattere laico delle composizioni,
evita le forme più rigorose del contrappunto, come la fuga, ma ricorre ai consueti espedienti tecnici del linguaggio di Bach, come l’imitazione e il canone. La
trama sonora diviene più fitta nella Sonata in re maggiore, che impiega nei due
movimenti veloci una scrittura a quattro voci, a differenza della precedente
Sonata, che rimane rigorosamente nell’ambito delle tre. L’“Andante” della
Sonata BWV 1028, inoltre, esprime con una serietà inconsueta, nella tesa tonalità di si minore, un dolore profondo, che potrebbe figurare senza difficoltà in
una delle pagine più meditative delle Cantate.
Johannes Brahms
Sonata n. 1 in mi minore op. 38
Allegro non troppo
Allegretto quasi Menuetto
Allegro
La musica di Brahms nasce la maggior parte delle volte da un rapporto concreto con lo strumento o da un legame particolare con un determinato musicista.
La prima Sonata per violoncello e pianoforte era frutto del rapporto d’amicizia
con Josef Gänsbacher, violoncellista dilettante e in seguito uno dei più distinti
maestri di canto attivi a Vienna. Nel 1863 Gänsbacher fu il principale sostenitore dell’elezione di Brahms a direttore della Singakademie, ma la sua amicizia fu
di grande aiuto al compositore in molteplici occasioni. Lo stimolo a scrivere un
lavoro per violoncello e pianoforte non dipendeva tuttavia tanto dalle qualità
tecniche di Gänsbacher, quanto piuttosto dal rapporto con la musica di Bach,
della quale erano entrambi ammiratori appassionati. Una delle proverbiali battute di Brahms rivela chiaramente questo aspetto. Una volta, mentre suonava
con Brahms la Sonata, notoriamente uno dei pezzi dove il suono del pianoforte
tende a coprire più facilmente la voce del violoncello, Gänsbacher si lamentò di
non riuscire nemmeno a sentirsi in certi passaggi. «Sei un uomo fortunato», fu
la salace risposta dell’autore.
Brahms scrisse nel 1862 tre movimenti e nel 1865 completò la stesura della
Sonata con l’aggiunta del Finale, ma al momento della pubblicazione, nel 1866,
decise di eliminare un Adagio, per non appesantire troppo il lavoro. La musica
dell’Adagio, rimaneggiata e trasportata in altra tonalità, venne recuperata più
tardi nella seconda Sonata per violoncello. La forma definitiva della Sonata
rivela dunque una leggera frattura stilistica tra i primi due movimenti e l’ultimo, sebbene l’intero lavoro sembra pensato come una sorta di omaggio alla
musica di Bach e più in generale alla tradizione classica. La critica ha rintracciato infatti numerose citazioni non solo di Bach, ma anche di lavori di Schubert
e di altri autori minori. Bach rimane tuttavia il nume tutelare di questa Sonata.
Il primo movimento inizia con un esplicito riferimento all’Arte della fuga. Il soggetto del Contrapunctus 4, lievemente trasformato nel ritmo, diviene infatti la
cellula costitutiva del tema esposto dal violoncello all’inizio dell’“Allegro non
troppo”. Il segno definitivo della tradizione si manifesta tuttavia nella scelta di
modellare l’“Allegro” finale come una sorta di tripla fuga, generata da un’altra
citazione dell’Arte della fuga. Il soggetto questa volta è ricavato da una complicata fuga a specchio sul Tema variato e il suo inverso, indicato nel manoscritto
come Contrapunctus a 3 (XIV) . Le due citazioni conferiscono al lavoro una prospettiva di stampo indiscutibilmente storicistico, che viene solo in parte stemperata dal carattere di valse triste del movimento centrale. L’“Allegretto quasi
Menuetto”, per certi versi assimilabile al tradizionale Scherzo, allude infatti a
un clima pastorale vagamente classicheggiante, benché i modelli del passato
siano interpretati con uno spirito nuovo. La forma architettonica del minuetto
con trio acquista flessibilità e nuove direzioni di sviluppo. La breve figura d’introduzione del pianoforte, per esempio, si trasforma nell’idea melanconica del
Trio centrale, che si sviluppa come una sorta di melodia infinita.
Il marcato carattere retrospettivo della Sonata in mi minore per violoncello e
pianoforte dipende forse dall’approfondirsi del solco che ormai divideva la
musica tedesca di quel periodo. Brahms e Joachim erano stati i primi firmatari, nel 1860, di un manifesto contro la cosiddetta Nuova scuola tedesca, capeggiata da Wagner e Liszt. La polemica era stata condotta in maniera maldestra
e l’iniziativa naufragò malamente, procurando a Brahms un certo danno d’immagine e parecchi nemici, al di là delle sue intenzioni. La vicenda del manifesto
tuttavia rivelava l’irrimediabile divaricazione tra due differenti atteggiamenti
della musica contemporanea tedesca verso la tradizione, che Brahms intendeva
rinnovare riconoscendo la validità di un linguaggio consolidato. Musica del futuro da una parte e storicismo dall’altra si affrontavano ormai in campo aperto.
Brahms rimase fedele alla sua visione per tutto il resto della sua vita, benché
fosse ritenuto a torto un musicista conservatore. Il senso del suo rapporto con
la musica del passato, intesa come un patrimonio da ereditare e da sviluppare
in forme nuove, è racchiuso in un episodio raccontato da Alexander von
Zemlinsky, uno dei più promettenti giovani musicisti viennesi di fine Ottocento
e in seguito cognato di Arnold Schönberg. Nei suoi ricordi su Brahms pubblicati su una rivista viennese nel 1922, Zemlinsky raccontava di aver sottoposto un
suo lavoro al giudizio del compositore. «Cominciammo a ripassare assieme al
pianoforte il mio Quintetto. All’inizio cominciò a fare delle correzioni gentilmente, osservando con attenzione questo o quel punto. Non mi ha mai fatto veramente dei complimenti, ma diventava sempre più animato e addirittura appassionato. E quando timidamente ho cercato di giustificare un passaggio nello sviluppo che mi sembrava essere riuscito con successo in uno spirito “brahmsiano”, ha aperto un quintetto d’archi di Mozart e mi ha spiegato le perfette qualità di questo “tuttora insuperato maestro della forma”. E ciò suonava lampante quando affermò: “Ecco come si è fatto dai tempi di Bach fino a me”».
La coscienza di appartenere a una tradizione antica e ben precisa emerge con
forza nella prima Sonata per violoncello, legata non a caso a un cultore della
grande musica vocale tedesca come Gänsbacher. La forma del movimento iniziale, per esempio, riprende l’idea di Schubert, che allargava l’impianto dell’esposizione a tre gruppi tematici. La scrittura rivela la maggior confidenza di
Brahms con il pianoforte piuttosto che con il violoncello, ma tiene impegnati i
due strumenti in un dialogo incessante. La necessità di trovare un modello da
seguire per stendere la parte del violoncello, specie in un movimento di natura
cantabile come l’“Allegretto”, indusse Brahms a guardare ai lavori più in voga
del repertorio classico dei violoncellisti, come la Sonata in mi minore di
Bernhard Romberg. La scarsa pratica dello strumento si avverte invece nel
movimento finale, quando le idee di Brahms spingono la Sonata verso un territorio più rischioso. Il desiderio di sfruttare i processi tecnici del linguaggio contrappuntistico nel contesto di uno stile romantico contemporaneo rendono il
compito del violoncello particolarmente arduo, dovendo combattere anche nel
registro medio-basso con le robuste sonorità del pianoforte. Il mestiere e l’immenso patrimonio di cultura musicale vennero in soccorso alla scrittura di
Brahms, che riuscì a compiere la miracolosa impresa di conferire a una forma
strettamente codificata come la fuga un’insospettabile fluidità e persino degli
accenti di struggente lirismo.
Ludwig van Beethoven
Sonata n. 3 in la maggiore op. 69
Allegro, ma non tanto
Scherzo: Allegro molto
Adagio cantabile - Allegro vivace
Il barone Ignaz von Gleichenstein figurava tra gli amici intimi di Beethoven.
Gleichenstein e Beethoven avevano corteggiato assieme le sorelle Malfatti,
Anna e Therese, figlie del commerciante all’ingrosso d’origine italiana Jakob
Friedrich Malfatti. Mentre l’amico ebbe successo con Anna, che divenne sua
moglie, Beethoven viceversa non riuscì a conquistare il cuore della giovane
Therese, appena diciottenne, spaventata forse dai suoi sentimenti tumultuosi e
dalle galanterie brusche. Grazie forse al buon esito ottenuto in casa Malfatti,
Beethoven stimava moltissimo Gleichenstein in questioni matrimoniali, tanto
da supplicarlo quasi di trovare una moglie adatta a lui, impresa da scoraggiare
il mezzano più esperto. Dedicò proprio all’amico la Sonata per violoncello e pianoforte op. 69, scritta nel 1808. In quel periodo Beethoven si gettava a capofitto in scomposte avventure sentimentali. Forse è per questo che nel manoscritto della Sonata si leggono queste parole: Inter lacrimas et luctum, che il
Thayer però attribuisce alla difficile situazione politica di Vienna.
La parola d’ordine di Beethoven, in questo periodo, era semplicità. In questo
concetto il musicista sintetizzava gli sforzi compiuti per conferire al pensiero
musicale una forma più organica, tramite un principio unitario in grado di sorreggere la struttura di un intero lavoro. La Sonata infatti espone immediatamente e senza fronzoli il tema principale, presentato in maniera nuda dal violoncello solo. La musica si sviluppa in maniera muscolosa, con una forma ben
articolata e una scrittura densa di suono, ma il discorso rimane tuttavia conciso
e la contrapposizione degli elementi tematici serrata. Il marchio dello stile eroico di Beethoven, in questo primo movimento, consiste proprio nella originale
miscela ottenuta mescolando il linguaggio contrappuntistico di stampo antico
con il nuovo stile strumentale concertante, che aveva trovato nel Concerto per
pianoforte “Imperatore” la sua espressione più spettacolare. L’ampiezza dello
“Scherzo” successivo era una caratteristica insolita per un lavoro di questo
genere. L’armonia è statica, la forma semplice e squadrata. L’aspetto dinamico
rimane da solo, in primo piano, ad articolare la forma, tanto che lo “Scherzo”,
più che terminare, esaurisce la pulsazione vigorosa e cade nel silenzio. L’unica
concessione di questa Sonata alla tenera voce del violoncello consiste nel breve,
delizioso “Adagio cantabile” in mi maggiore posto come preludio all’“Allegro
vivace” finale. Quest’ultimo movimento è un grande rondò-sonata di carattere
strumentale molto brillante, pieno di slancio e di felicità virtuosistica, che rende
questo lavoro particolarmente gradito ai solisti dello strumento.
Oreste Bossini
MIKLÓS PERÉNYI violoncello
Nato a Budapest, Miklós Perényi ha inziato a prendere lezioni di violoncello a
soli cinque anni con Miklós Zsamboki, allievo di David Popper. A nove anni
ha tenuto il suo primo concerto a Budapest. Ha proseguito gli studi
all’Accademia Liszt di Budapest e all’Accademia di Santa Cecilia di Roma con
Ede Banda e Enrico Mainardi. Nel 1963 è stato premiato al Concorso Casals
di Budapest; in seguito ha preso parte alle master class di Pablo Casals a Porto
Rico e a numerose edizioni del Festival di Marlboro.
Docente all’Accademia Liszt, svolge un’intensa attività solistica in Europa,
negli Stati Uniti e in Giappone. È stato ospite di numerosi festival internazionali quali Edimburgo, Lucerna, Ittingen, Praga, Salisburgo, Vienna,
Hohenems, Varsavia, Berlino, Kronberg e Festival Casals di Prades. Da qualche anno si dedica con passione alla composizione.
Particolarmente stretta è la collaborazione con András Schiff, con il quale si è
esibito alla Wigmore Hall di Londra, ai festival di Edimburgo, della Ruhr,
Schubertiade, e ai Concerti di Pentecoste di Ittingen. Collabora inoltre regolarmente con il Quartetto Keller.
Tra le sue registrazioni ricordiamo un CD dedicato ad autori ungheresi (Ernö
Dohnányi, Ferenc Farkas, Zoltán Kodály, György Ligeti, András Mihály,
Sándor Veress), tutte le opere per violoncello di Kódaly e tutte le Sonate per violoncello di Beethoven incise con András Schiff nel 2004 e premiate con il
Cannes Classical Award nel 2005.
Ha ricevuto il Premio Kossuth nel 1980 e il Premio Bartók-Pasztory nel 1987.
È stato ospite della nostra Società nel 2007 con il Quartetto Mikrokosmos.
ANDRÁS SCHIFF pianoforte
Nato a Budapest nel 1953, András Schiff ha iniziato a studiare pianoforte a
cinque anni con Elisabeth Vadász. Ha poi proseguito gli studi all’Accademia
Liszt con Pál Kadosa, György Kurtág e Ferenc Rados e infine a Londra con
George Malcolm.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. I più recenti sono la nomina nel giugno 2006 a membro onorario del
Beethoven-Haus di Bonn, nel 2007 il secondo Premio Abbiati per l’esecuzione
integrale delle Sonate di Beethoven e il Royal Academy of Music Bach Prize
della Kohn Foundation di Londra e nel 2008 la “Wigmore Hall Medal”.
Ospite delle maggiori orchestre in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone e in
Israele, collabora con festival di primo piano quali Salisburgo, Vienna,
Lucerna, Edimburgo e Feldkirch. In recital si dedica in particolar modo a cicli
di concerti monografici su Bach, Haydn, Mozart, Schubert, Schumann,
Chopin e Bartók. Dal 2004 al 2006 ha eseguito nelle maggiori sale da concerto
l’integrale in ordine cronologico delle Sonate di Beethoven. Nel 1999 ha fondato una propria orchestra da camera, la “Cappella Andrea Barca” con la quale
lavora, come con la Philharmonia Orchestra di Londra e la Chamber
Orchestra of Europe, nel duplice ruolo di direttore e solista. Appassionato fin
da giovanissimo di ogni forma di musica da camera, ha fondato nel 1989 il
festival “Musiktage Mondsee” che ha diretto fino al 1998 e, con Heinz Holliger
nel 1995, i “Concerti di Pentecoste” di Ittingen in Svizzera. Dal 1998 anima a
Vicenza una serie di concerti “Omaggio a Palladio” per la quale ha meritato
nel 2003 “Il Palladio d’oro”. Dal 2004 al 2007 è stato “Artist in Residence” del
Festival di Weimar. Per la stagione 2007/08 è stato “Pianist in Residence” dei
Berliner Philharmoniker.
Tra le sue incisioni ricordiamo l’integrale dei Concerti di Beethoven con la
Staatskapelle di Dresda e Bernhard Haitink e quella dei Concerti di Bartók
con la Budapest Festival Orchestra e Ivan Fisher. Nel 1994 ha meritato il premio della Deutsche Schallplattenkritik.
Dal 2006 collabora con la casa editrice Henle al progetto di pubblicazione di
tutti i Concerti per pianoforte di Mozart nella versione originale.
È professore onorario alle Musikhochschulen di Budapest, Detmold e Monaco
di Baviera.
È stato ospite della nostra Società nel 1988, 1993, 1998, 2000, 2006, due volte nel
2007 con il Quartetto Mikrokosmos e per l’integrale delle Suites inglesi di Bach,
e nel 2008 con un concerto dedicato alle Suites francesi di Bach.
Prossimo concerto:
martedì 19 maggio 2009, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Haydn Ensemble Berlin
Hans-Jörg Schellenberger direttore
Iwona Sobotka, Mijke Sekhuis, Aleksander Kunach,
Leif Arun-Solén, Dominik Wörner solisti
L’ultimo concerto della stagione rende omaggio alla musica di Haydn, che
scomparve a Vienna giusto 200 anni fa, il 31 maggio 1809. La figura del geniale
inventore dello stile classico è stata evocata diverse volte nel corso della
stagione, ma l’appuntamento conclusivo offre l’occasione di conoscere una parte
rimasta finora in ombra della sua produzione, la musica per il teatro. L’infedeltà
delusa è una burletta in musica, giusta la definizione dell’autore, scritta nel 1773
in occasione di una visita dell’imperatrice Maria Teresa a casa Esterházy. Il
libretto italiano di Marco Coltellini presenta i consueti e triviali cliché dell’opera
buffa, con la giovane scaltra che beffa il vecchio pretendente, ma la musica di
Haydn riveste le logore situazioni della farsa di un sorprendente splendore
musicale, rivelando le immense possibilità di un teatro d’opera irrobustito dalle
forme della musica strumentale.
Programma (Discografia minima)
F.J. Haydn
L’infedeltà delusa
(La Petite Bande, S. Kuijken, Deutsche Harmonia Mundi)
nsemble Berlin
Hans-Jörg Schellenberger direttore
Iwona Sobotka, Mijke Sekhuis, Aleksander Kunach,
Leif Arun-Solén, Dominik Wörner solisti
Haydn
– L’infedeltà delusa
STAGIONE DI CONCERTI 2009-2010 - ASSOCIAZIONE E ABBONAMENTI
Lunedì 11 maggio a Casa Verdi è stata presentata la nuova Stagione di concerti 2009-2010.
Associazioni e Abbonamenti si possono sottoscrivere in sede da lunedì 25
maggio a venerdì 17 luglio (ore 10 - 12.30 / 13.30 - 17.30, nei venerdì di luglio
ore 10 - 13.30) e da martedì 1° settembre (ore 10 - 17.30).
Per informazioni si prega di rivolgersi alla segreteria della Società (tel. 02
795.393, [email protected]).
Società del Quartetto di Milano
via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it
e-mail: [email protected]