La`arte del mediatore dei conflitti

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La`arte del mediatore dei conflitti
INTRODUZIONE
« Il mutamento delle situazioni non si può fissare. Fissandolo
in una regola si mancherebbe il bersaglio ». Cosı̀ recita l’antica
saggezza cinese.
Chi confligge di solito resta fisso su alcune sue posizioni,
l’intervento del mediatore ha senso se fa evolvere la situazione
nella direzione della flessibilità e del cambiamento. Perché faccia accadere ciò, deve certamente aver appreso e sperimentato
su di sé le regole della gestione costruttiva del conflitto, i protocolli operativi, il codice deontologico della professione, ma deve
anche essere capace di non restarne imbrigliato, come puro e rigoroso esecutore. Deve saper « sentire » le persone che ha di
fronte e cogliere velocemente le modalità che risultano funzionali nel caso specifico, sempre nuovo e originale. La sua formazione, pertanto, deve essere molto complessa ed articolata e fornirgli strumenti molteplici. Deve essere volta a rendere il mediatore capace di lasciare il cardine delle regole per ancorarsi al
cambiamento: capirlo, promuoverlo, gestirlo.
L’obiettivo di queste pagine è di promuovere e dare i riferimenti di base per la formazione di questa nuova figura professionale, ma, nello stesso tempo, avviare nel lettore competenze
relazionali nuove per gestire i conflitti e migliorare la propria
vita personale e professionale.
Interessante ci pare, in tal senso, il fatto che questo scritto
nasca da quanto accaduto concretamente nel corso di « Mediazione dei conflitti » da me ideato e coordinato, realizzato nell’anno accademico 2006-2007 presso l’Università Ca’ Foscari di
Venezia.
Si basa su idee da me sviluppate ed elaborate di cui mi
sento responsabile in prima persona. Idee e convincimenti che
L’ARTE DEL MEDIATORE DEI CONFLITTI
hanno trovato alimento nell’esperienza, che ho vissuto in ambiti
applicativi molteplici e in un arco di tempo molto lungo, poi ripensato alla luce dei principi teorici.
L’esperienza di formazione concretizzata ha potuto contare
sul sostegno e sulla guida del Professore Umberto Margiotta, Pro
Rettore dell’ateneo veneziano; nell’apporto degli accademici e dei
docenti, esperti nella materia; nel confronto costruttivo con la
Prof.ssa Francesca Pazzaglia; nella struttura organizzativa e nel
modello formativo del Centro di Eccellenza per la Formazione
Avanzata.
La progettazione del Corso e l’attuazione hanno generato una
molteplicita` di intuizioni e spunti di lavoro.
Li abbiamo in qualche modo voluti fissare, in parte, in queste
pagine, con il desiderio di provare a documentare e condividere con
qualche lettore la passione e i dubbi di una sfida molto impegnativa
e ardua: promuovere una Mediazione umanistica di alto profilo,
capace di dare risposte risolutive a un bisogno sempre piu` sentito
di pacificazione dei rapporti interpersonali.
Queste pagine sono la testimonianza di cio` che e` possibile
realisticamente fare e produrre: un incontro di saperi, di persone, di
esperienze, in dialogo creativo.
Ci ha convinto verso la compilazione di questo scritto la
constatazione che tanto si sta dicendo e facendo, ma poco si
continua a discutere sulla formazione del mediatore, determinante
per rendere concrete ed efficaci le potenzialita` teoriche di questa
linea culturale. Oggi la riflessione sulle prassi e` ancora
insufficiente per mancanza di dati conoscitivi. Che cosa succede
nei luoghi della formazione? Ma soprattutto, che cosa succede nel
percorso interiore di elaborazione e formazione del mediatore?
Per questo vogliamo offrire senza riserve quanto abbiamo
sperimentato. In precedenti pubblicazioni abbiamo provato a
delineare il modello e declinare gli item di un percorso, ora entriamo nel merito dei contenuti e delle attivita` . Li vogliamo ren
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dere pubblici e metterli a disposizione, con la speranza di aprire
una discussione sugli stili di formazione e di dare impulso alla
ricerca di metodi idonei e di tecniche affidabili, efficaci, testate.
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v difficile presentare con le parole un’esperienza di formazione operativa, fondata sui vissuti concretamente sperimentati e
sulla messa in gioco delle proprie emozioni. Caratterizzata dalla
libertà di tacere o di comunicare. Qui le parole degli altri diventano strade verso la comprensione di se stessi e delle dinamiche
relazionali del proprio contesto, alla scoperta della propria ed
altrui umanità.
Queste pagine, infatti, sono frutto delle attività offerte ai
corsisti: lezioni on line, attività di tutoring, stage in presenza, a
volte riprese fedelmente; della vita di una vera comunità di pratiche dove l’esperienza e la competenza di ciascuno arricchiscono gli altri.
Sono anche il frutto di pensieri che sono maturati all’interno del Corso, nella partecipazione attiva e nella piena condivisione che ciascun partecipante ha espresso costantemente. Testimoniano, e questo è il valore implicito, una sinergia feconda
con e tra i partecipanti, affermati professionisti in ambiti diversi,
ma tutti molto convinti dell’apporto che la formazione ai principi della Mediazione può dare alla qualità del loro lavoro e
della loro vita.
Queste pagine rappresentano il primo testo di formazione
per mediatori scritto con gli allievi, che non si limita alla presentazione di un modello e non si sbilancia sul mero resoconto dell’esperienza formativa vissuta isolandone il riverbero soggettivo,
ma che segue lo snodarsi delle diverse fasi del corso strutturandole con riflessioni metodologiche e contrappunti di concretezza. Quasi a voler significare che il modello non sussisterebbe
svincolato da contenuti e vissuti, e che contenuti e vissuti cosı̀
costruiti trovano struttura e armonicità nel modello che contribuiscono a creare.
Vanno citati uno per uno: Alessandra Aiello, Massimiliano
Anzivino, Bonafede Fabio, Barnaba Brunelli, Eleonora Dina Ce-
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schin, Alessia Dal Lago, Gioia Greifenberg, Glorietta Iseppi,
Pasquale Lacalandra, Rosella Magliano, Alessandro Panciera,
Emma Pat, Maria Gabriella Perrera, Ivana Rendina, Elena Romano, Antonella Soda, Marcello Soprani, Maria Grazia Turra,
Valeria Valenti, Francesco Valsesia.
Al di fuori degli impegni del percorso, lungo ed articolato,
di formazione si è deciso di raccogliere e sistematizzare i materiali del corso. Ci si è voluti mettere in gioco più che mai accettando la prova, tutt’altro che facile, di un lavoro a più mani, di
un’unità di prodotto a partire dalla diversità dei singoli, peraltro
di provenienze territorialmente lontane e con riferimenti culturali plurali: tutti nuovi all’interesse per la Mediazione. Un’occasione per sperimentare che viviamo in una realtà di sistemi interconnessi che ci condizionano e che noi stessi condizioniamo,
spesso in modo inconsapevole. In questo caso in modo voluto e
colto, cioè gestito con consapevolezza ed applicando i principi
della Mediazione, fin qui scoperti. Una via per giungere dalla
diversità all’unità!
Come dice Aldous Huxley: « L’esperienza non è quello che
succede a un uomo, ma è quello che un uomo realizza utilizzando
quello che gli succede ». Cosı̀, questo lavoro concretizza a pieno
un obiettivo implicito del modello di formazione: rendere protagonisti gli attori del Corso di Perfezionamento perché, sperimentandolo e sperimentandosi, divenissero capaci di rendere
protagonisti gli attori del conflitto: le parti che siedono al tavolo
della Mediazione.
Sarebbe auspicio velato che l’esito di questa fatica producesse occasioni di confronto tra modelli diversi di formazione, in
modo da scongiurare tutti il rischio che proposte sporadiche,
episodiche, restino isolate e assumano l’inutile stile autoreferenziale. Diversamente dal contribuire ad accreditare la Mediazione
e promuoverne la cultura, si determinerebbe una forma di banalizzazione di una risorsa che davvero può essere, se ne siamo all’altezza, o almeno se tendiamo a esserlo, una prospettiva grande
per il futuro.
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Noi abbiamo la ferma percezione che sia necessario pensare ad un modo nuovo di considerare il conflitto, cosı̀ come articoliamo nella prima parte del testo, ed altresı̀ assumere riferimenti culturali e filosofici che fungano da guida per una scelta
di vita aperta, sempre più, alla logica della sintesi nel rispetto
dell’unicità, della gestione della complessità senza forme semplificatorie che escludano od opprimano, del riconoscimento della
valenza di fondamenti etici quali orientamenti per una piena
realizzazione umana.
Da queste considerazioni è scaturita la progettazione della
esperienza di formazione e di ricerca-azione che presentiamo
nella seconda parte di questo volume. Ha avuto come mission
quella di migliorare le personali competenze di ciascun partecipante, sia in veste di professionista che vuole acquisire strumenti
nuovi che rendano più efficace il suo lavoro, sia come mediatore
professionale che vuole spendersi perché il conflitto trovi luoghi
e spazi per la gestione e risoluzione alternativa alle vie giudiziarie. Di quanto realizzato ne decliniamo, nelle linee generali, i
contenuti, la metodologia, la struttura organizzativa, con il desiderio di farne emergere la valenza pur nella limitatezza del linguaggio. Significativi sono sicuramente gli apporti individuali,
contenuti nel bilancio conclusivo tratteggiato da ciascun partecipante.
Da questa avventura sono emerse nitidamente alcune categorie che devono appartenere alla figura del mediatore, specialista che ha chiare regole di riferimento, ma che sa andare oltre i
protocolli: facili da dirsi, difficili da incarnare, che comunque
costituiscono l’orizzonte di senso. Le presentiamo nella sezione
intitolata: « Virtù, caratteristiche, competenze del mediatore ».
Segue quindi una parte finale, dalla connotazione di carattere applicativo, comprendente la visione della mediazione che è
risultata congruente alle linee operative, con la trascrizione di
alcune prove di sedute di Mediazione, simulate durante la formazione. Quest’ultimo aspetto potrà apparire limitante perché
esito in qualche modo di una « finzione »; non è possibile andare oltre, proprio per non inficiare una caratteristica fonda-
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mentale del rapporto tra il mediatore e i confliggenti: la segretezza, fattore indispensabile perché ciascuno possa sentirsi accolto, sostenuto, mantenendo salda la sua dignità umana. Da
questo percorso scaturisce qualcosa d’altro: la proposta, che il
Senato Accademico ha deliberato, del nuovo corso di Alta Formazione biennale di cui in appendice si riporta il bando.
Parlare oggi di conflitto è davvero un modo per rispondere
all’emergenza dell’imbarbarimento delle relazioni interpersonali.
Aprire alla logica innovativa della Mediazione è offrire un’opportunità, ancor più se valorizzata dall’ottica umanistica, fondamentale sia per chi intende seguire questo modello operativo, sia
per chi, di altro orientamento, vi trova criteri e orientamenti per
la sua formazione di base. Questo libro contempla tutti questi
items, pertanto può essere un utile stimolo per l’autoformazione
continua sia del mediatore professionale sia del professionista
mediatore, cioè di chi vuole restare professionista nel proprio
settore, ma arricchito da competenze più articolate e ampie.
Può, altresì, costituire una traccia per chi offre e fruisce di percorsi di formazione finalizzati a creare questa nuova figura professionale.
Un libro che si mette in gioco e, come una certificazione
DOC, lascia spazio a chi si assume l’onere e l’onore di proporre
un corso di formazione alla Mediazione per dichiarare a chiare
lettere obiettivi, metodi e contenuti. Ma che vuole anche « giocare », interagire con i lettori, in un confronto che può alimentare il dibattito, cosı̀ scarso in un settore delicato di per sé e
tutto da costruire per la sua novità. Un settore da cui dipende
l’accreditamento di una linea culturale che può essere preziosa
per il prossimo futuro se non la buttiamo alle ortiche solo perché non ne siamo all’altezza.
Un libro, che è il primo, ma che non vuole restare l’unico.
Un libro per chi è interessato alla Mediazione, per chi intende
diffonderla, radicarla, introdurla nei vari settori di applicazione,
ma soprattutto vuole che sia affidata ad operatori all’altezza del
compito. Per chi crede in una Mediazione che usa la parola, il
coraggio, la paura, l’amore come strumenti di trasformazione.
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Per chi crede in una Mediazione cosı̀ come delineata, a fine
corso, da Antonella Soda nello stile del divertissement:
« La vita d’ogni giorno si dipana tra i conflitti
e se anche li ignoriamo e ce ne stiamo zitti...
la psiche si danneggia perché quel che non esplode
si trasforma in scoria tossica che prima o poi implode
e quel che rode dentro e a voce non si esprime
nel corpo e nella mente per rivalsa alfin si imprime.
Una paura non detta, un dolore inespresso
son ferite nascoste che ci portiamo appresso.
Se il tono del linguaggio si alza per paura
il livello dei contenuti si abbassa a dismisura.
Per questo è assai importante imparare a litigare,
per gestire le emozioni senza farsi sopraffare.
Per questo è assai importante imparare a dialogare,
per riaprire vie bloccate e tornare a comunicare.
Il dialogo è un’arma assai efficace e potente
se il linguaggio è del cuore e l’armonia è della mente.
La relazione è un giardino da coltivar con amore
cosı̀ non cresceran rovi ma piante di valore.
Abbiamo uno strumento di pensiero e di azione
per imparar tutto questo: si chiama “MEDIAZIONE”.
La mediazione è un’arte che agevola l’incontro,
e ci fa sperimentare lo star “con” e non “contro”.
E
v un’alchimia di intenti che elabora lo scontro
e lo trasforma in magico e costruttivo confronto.
Lavora dentro noi ed arriva a smascherare
i motivi veri e profondi che ci fa litigare:
in tal modo il conflitto non viene eliminato
ma trasformato in risorsa, se ben rielaborato.
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L’ARTE DEL MEDIATORE DEI CONFLITTI
Accettar che gli ostacoli sian risorsa e lezione
disvela i nostri limiti e ne consente l’evoluzione.
Le luci ed ombre altrui ci fan meno paura
se le riconosciamo anche in noi, e ce ne prendiam cura.
Cambiare prospettiva e smascherare le illusioni
ci fa scoprir che ognuno ha il suo bagaglio di ragioni.
Focalizzar gli obiettivi senza cadere in compromessi
ci rende consapevoli dei nostri e altrui interessi.
Mettersi in gioco e vedere oltre le proprie verità
ci fa trasformar il dolore in opportunità.
Nel dar rispetto all’altro e nel prestar ascolto
riscopro il mio rispetto e rispecchio l’altrui volto.
Comprender altre ragioni ci allarga gli orizzonti
e ci rende responsabili delle nostre albe o tramonti.
Perché non è importante quel che gli altri ci fanno
ma ciò che NOI facciamo per trasformarlo in danno.
E
v questo il gran valore di una buona MEDIAZIONE:
ci conduce a vivere in perenne autoformazione:
perché siamo NOI gli artefici d’ogni trasformazione... ».