Oro e argento La prima volta che vide i suoi occhi fu alla fermata dell

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Oro e argento La prima volta che vide i suoi occhi fu alla fermata dell
Oro e argento
La prima volta che vide i suoi occhi fu alla fermata dell'autobus.
Ogni giorno era lì, immersa nei suoi pensieri, ascoltando la sua musica
nelle cuffie.
Aveva preso l'abitudine di portare con se un taccuino, sul quale scriveva
tutto quello che le veniva in mente, incantesimi, rune, pensieri sparsi. Al suono
del suo gruppo preferito, guardava la gente passare ma senza vederla
veramente.
L'autobus passava ogni due ore, un tempo lunghissimo a volte, altre
infinitamente breve.
Quel giorno non era tanto ansiosa di andare all'accademia di magia, quel
giorno voleva perdersi in quegli occhi color ambra. Fuoco liquido che sembrava
trapassarla.
Non lo conosceva, a volte lo vedeva lì fermo ad aspettare qualcosa, forse la
corsa dopo la sua.
Anche lui la osservava, seguiva il contorno del suo corpo spogliandola con
lo sguardo, affondando in lei come a divorarle l'anima.
Abbassò il viso, lasciando che i capelli rossi la nascondessero, attraverso
quella cortina color rubino poteva ancora guardarlo, celandosi a lui,
proteggendosi da quegli occhi voraci.
Le porte dell'autobus si aprirono, il suo corpo traditore si mosse salendovi
e prendendo posto, la mente, lo spirito rimasero lì alla fermata dell'autobus
sessantasei.
Per settimane prese l'autobus sempre allo stesso orario, non per vera
necessità, solo per cercarlo tra la gente. Lui non c'era.
Le lezioni all'accademia si fecero sempre più intense, il livello di
preparazione a cui gli insegnanti volevano portare gli studenti era altissimo. La
competizione diventava a volte insostenibile. La posta in palio era alta. Ogni
anno si diplomavano soltanto una decina di maghi e altrettante maghe, chi non
riusciva a superare l'esame subiva la cancellazione della memoria e veniva
indirizzato verso un'altra carriera.
In pratica rischiava di perdere gli ultimi tre anni della propria vita,
rischiava di veder cancellato in un colpo solo tutto quello che aveva studiato.
Per chi provenisse da una famiglia di maghi era anche peggio, le pressioni
erano tali che a volte alcuni ragazzi preferivano fuggire, in quel caso quando li
ritrovavano, e li ritrovavano sempre, la punizione era ben peggiore.
Quando veniva cancellata la memoria, poteva capitare che, con il tempo,
qualche incantesimo tornasse a galla, in quei casi chiudevano un occhio, il
concilio faceva finta di non vedere. Per chi fosse fuggito e catturato, veniva
imposta una maledizione, ogni parola di magia che veniva ricordata sarebbe
stata intrisa di dolore e di sangue.
L'accademia era spietata, il concilio lo era, ma i migliori potevano essere
maghi!
Durante i primi tre anni si studiavano le leggi della magia, ciò che potevi e
non potevi fare, imparavi a incanalare le forze, ad ascoltare le energie che
scorrevano intorno, ad utilizzarle, plasmandole per i propri desideri.
Quando si superavano gli esami di fine anno, solo allora si poteva
decidere che genere di studi magici intraprendere.
Gli apprendisti maghi potevano diventare elementalisti, plasmatori degli
elementi, protettori dei confini delle città.
Evocatori, maghi capaci di richiamare creature di ogni genere da ogni
piano astrale a cui riuscivano ad avere accesso.
Maghi delle fiamme, luce, fuoco tutto si piegava al loro volere, divenivano
tutti guardiani, trascorrevano la loro vita a dare la caccia ai criminali, loro
difendevano la pace.
Curatori, la magia veniva combinata alle arti clericali per sanare le ferite,
curare le malattie.
Tamara non aveva deciso cosa studiare. Gli esami erano vicini e per
quanto si sforzasse non riusciva a dimenticarlo, l'unica cosa che la tormentava
giorno e notte erano degli occhi d'ambra, oro liquido che la guardavano come se
volessero possederla.
Di notte non riposava, sognava se stessa alla fermata dell'autobus intenta a
cercare l'origine del suo tormento; lì lo vedeva veramente. Alto, con le spalle
larghe, i capelli castani leggermente lunghi sulle spalle, il maglione verde
troppo largo sul torace, i pantaloni trasandati.
Così diverso, lei sempre ben curata, con i jeans a vita bassa neri e la
maglia oversize verde smeraldo, che copriva le curve ma si intonava così bene
alla sua carnagione e agli occhi d'argento.
Lo sognava mentre le si avvicinava. Con un dito le accarezzava il viso,
scendendo lungo la guancia per fermarsi sulle labbra carnose, le apriva la bocca
con il dito, toccandole prima i denti per poi sfiorarle la lingua. Persa in quel
sogno si stringeva a lui in cerca di un bacio, in cerca del suo sapore.
Bam! La porta della stanza veniva spalancata di colpo, Elisa piombava sul
letto svegliandola dal sogno semi erotico, lasciandola in uno stato di
frustrazione.
<<Tammy, indovina cosa ho trovato?>>
Era piombata sul letto tenendo tra le braccia un gatto dal pelo rosso e dagli
occhi dorati.
<<Un altro trovatello? Lo sa papà?>>
<<Sì ed è stato proprio lui a darmi il permesso di tenerlo, ora alzati. Oggi
iniziano gli esami!>>
L'euforia della sorella non contaggiò Tamara, che a quelle parole perse
quel pò di sonno che le era rimasto.
Durante quella giornata la sua vita sarebbe cambiata.
Gli esami si tenevano sempre tre giorni prima della fine dell'anno. In
questo modo, chi li superava poteva festeggiare, per gli altri era l'inizio di una
nuova vita.
Una tradizione antica, che era rimasta immutata nel corso dei secoli.
Si vestì velocemente, scegliendo tuttavia i capi con una certa cura, jeans a
vita bassa blu scuro, un dolcevita color oro e per finire una giacca beige. In
cucina sua madre aveva preparato i suoi piatti preferiti, ma lei non riuscii a
toccare nulla. Per sostenerla e per darle coraggio il padre le aprì un portale nel
soggiorno, stringedola in un forte abbraccio la guardò con orgoglio.
Per alcuni, un giorno così importante sembrava scorrere velocemente, per
altri invece il tempo non passava mai, per Tamara quella giornata divenne un
esperienza trascendentale.
Sentì se stessa divisa in due parti, due essenze legate ma divise; una
presente all'esame, concentrata nel svolgere compiti, disegnare rune, eseguire
incantesimi complessi, mostrando sicurezza e padronanza nelle varie discipline.
L'altra ancora immersa nel sogno della notte precedente, tormentata dal
ricordo.
A fine giornata era esausta, l'adrenalina, la tensione l'avevano lasciata
priva di forze, era sicura, che indipendentemente da come sarebbe andata,
quella notte avrebbe dormito. Al termine delle prove, l'insegnante di
incantesimi richiamava gli studenti uno alla volta, in un aula vuota, lontani da
tutto e tutti venivano elargite congratulazioni o eseguite sentenze.
Quando fu il suo turno, Tamara mostrò una tranquillità che in verità non
le apparteneva, dentro di sè era terrorizzata, il suo cuore batteva furioso
impedendole quasi di udire le parole dell'insegnante.
Dovettero riperterle due volte che era stata ammessa ai corsi successivi,
senza che la sua espressione mutasse, lo shock era tale che non fece caso alle
domande che le venivano poste, rispondendo a monosillabi quando la realtà
riusciva a fare breccia in lei.
Lasciò l'accademia, prese l'autobus per tornare a casa e quando scese alla
sua fermata lo vide. Il proprietario di quegli occhi molesti, così fece una cosa
che non era proprio nella sua natura, mai avrebbe creduto di esserne capace,
mai avrebbe creduto se glielo avessero raccontanto.
Andò da lui, gli prese il viso tra le mani e lo baciò, un bacio lungo,
profondo.
<<Grazie sono Tamara>>
Andò via incredula per il suo ardire e felice, felice per l'incredulità sul viso
di lui.
Quella notte si addormentò con accanto il gatto rosso della sorella,
Caligola.
La notte era serena, il sonno tranquillo, era finalmente rilassata.
In quella tranquillità ritrovata sognò nuovamente il bacio, il sapore di
quella bocca, il calore della sua lingua aveva attecchito in lei come le radici di
un albero, sentiva ancora il suo sapore sulle labbra.
Il sogno cambiò, Tamara fu trasportata in un giardino, tra l'erba alta,
umida di rugiada, un vento caldo le sfiorava la pelle. Non era più sola! Era lì
con lei, il suo respiro era una scia di fuoco sulla sua pelle, mentre la lingua
ruvida come quella di un gatto, le donava brividi deliziosi leccandola
lentamente il collo, dalla base fin al lobo dell'orecchio.
La sua mano si stava insinuando tra le cosce, alla ricerca del punto più
sensibile, il corpo di Tamara si muoveva per aiutarlo, riscaldandosi e
sciogliendosi nell'attesa.
Bam
<<Tammy Tammy è ora di alzarsi, dai il sole è alto!>>
Elisa era piombata nuovamente nella stanza, senza bussare, spalancando
le imposte, così che il sole potesse accecarla.
La camicia da notte era aperta, arrotolata fin sopra le cosce, le labbra erano
gonfie, come se fossero state baciate realmente, tra le gambe un calore
inappagato. Sulla sua pancia era acciambellato Caligola.
<<Caligola vieni a mangiare>>
<<Elisa, bussa la prossima volta>>
<<Non penso proprio, sorellina>>
Il gatto guardava Elisa come a volerla divorare.
La sera di fine anno arrivò velocemente, portando con sè il suo antico
retaggio. Durante la festa, gli apprendisti maghi avrebbero reclamato il loro
retaggio, liberandosi dal fardello fino ad allora portato.
Tamara si guardava allo specchio, non potendo fare a meno di notare che
il vestito era fin troppo provocante.
Lungo fino ai piedi si apriva in due spacchi profondi, stoffe di vari colori si
frapponevano tra loro, blu, azzurro e argento, la scollatura mostrava una
generosa porzione dei suoi seni, le braccia erano coperte da un tulle trasparente
argentato; i festeggiamenti durarono quasi tutta la notte.
Tamara ballò e bevve con i suoi amici. Il suo obiettivo però era dimenticare
il sogno della notte passata e il dubbio che l'assillava, voleva dimenticare quegli
occhi dorati. Fu così, almeno finchè non lo vide farsi largo tra la folla per
raggiungerla, un sogno dorato vestito di nero. La trascinò in pista e ballarono, il
ritmo della musica andava di pari passo con i loro cuori.
Quando tornò a casa Tamara era sola, salì le scale tenendo tra le mani le
scarpe, sapeva di essere brilla, sentiva la testa leggera e i muscoli pesanti.
Le imposte nella sua stanza erano ancora aperte, la luna era alta e sebbene
facesse freddo la sua pelle era bollente.
Ancora presa dall'euforia della festa, si spogliò sotto i raggi della luna,
schioccava le dita per evocare scintelle d'argento, la polvere si posò sul suo
corpo rendendolo luminoso.
Si distese nuda tra le lenzuola, unico spettatore della sua danza Caligola.
Un balzo è fu sul letto, si intrufolò sotto le coperte. Nella penobra della
stanza la sua forma mutò, crebbe allungandosi finchè su di lei non ci fu il
ragazzo con cui aveva ballato tutta la sera.
<<Non potevo lasciarti andare così>>
<<Perchè?>>
<<Perchè non so ancora come ti chiami, occhi d'argento>>
<<Tamara>>
<<Ciao Tamara, io sono Cris>>
<<Cris>> quel nome le scivolava sulle labbra come il miele << o dovrei
chiamarti Caligola? Sei un metamorfo vero?>>
<<Intelligente oltre che bella, sarà il nostro segreto vuoi?>>
La risposta di Tamara si perse in un lungo e profondo bacio.
In quella notte di luna piena i sogni diventarono realtà, la realtà diventò
sogno, la passione divampò portandole finalmente quell'appagamento tanto
agoniato.
La mattina seguente, quando Tamara si svegliò trovò Caligola
acciambellato contro il suo fianco. Accarezzò il pelo folto e rosso del gatto,
sentendosi finalmente rilassata come non lo era stata da molto tempo.
Si alzò dal letto, prese una vestaglia per coprirsi, si diresse verso lo
scrittoio, aprì un cassetto prelevandone un oggetto, poi tornò a letto.
<<Sai, conosco tante storie sui metamorfi>> mentre parlava si era
appoggiata Caligola in grembo, ne accarezzava il pelo fulvo, sentendolo
rilassato continuò le sue carezze <<una di queste parla di come i metamorfi
siano maghi capaci di trasformarsi in animali dalla nascita, non è una magia che
possa essere insegnata. Si nasce metamorfi o lo si diventa, ma nessuno sa
come.>>
Tamara strinse un collare intorno al collo di Caligola, che miagolò con
furia.
<<Non ti arrabbiare, sai bene cos'è! Un collare di melisandre, non è una
dannazione eterna. Lo terrai fino a quando non sarò sicura che non mi hai fatta
diventare come te, inoltre, avremo anche il vantaggio di poter comunicare>>
<<Cosa farai se dovessi diventare come me?>>
<<Ohh! Io spero di diventare come te, mio dolce Caligola>>
Bam
<<Tamaraaa svegliati!>>
<<Elisa, è arrivato il momento che tu apprenda una lezione!>>