Tra i giovani del Fronte Polisario: «Adesso basta, è il momento dell

Transcript

Tra i giovani del Fronte Polisario: «Adesso basta, è il momento dell
ARTICOLO
Sei in Esteri 27 dicembre 2011
SAHARA OCCIDENTALE ■ AL CONGRESSO DEL PARTITO INDIPENDENTISTA SAHARAWI VIENE RIELETTO IL
“VETERANO” ABDELAZIZ, MA LE NUOVE GENERAZIONI SCALPITANO
Tra i giovani del Fronte Polisario: «Adesso basta, è
il momento dell’intifada»
Tifariti (Sahara Occidentale)
A veva chiesto di potersi far da parte, dopo 35 anni ininterrotti di leadership. Ma il congresso ha
deciso di rieleggerlo, per l’undicesima volta di fila, alla guida del movimento per l’indipendenza del
Sahara Occidentale occupato dal Marocco. Mohamed Abdelaziz, 64 anni (nella foto qui accanto), è
stato riconfermato segretario generale del Fronte di liberazione popolare di Saguia el Hamra e del
Rio de Oro, oltre che presidente della Repubblica araba saharawi democratica (Rasd), durante il
tredicesimo congresso del Fronte Polisario. L’assemblea si è tenuto a Tifariti, nei territori liberati
della Rasd, tra il 15 e il 21 dicembre scorsi (nella seconda e terza foto in alto, due momenti del
congresso).
Sui circa 2.100 delegati riuniti nella località desertica, 370 chilometri a est di al Aaiun occupata,
1622 (il 66 per cento) hanno esercitato il loro diritto di voto, tributando un plebiscito di voti
favorevoli alla rielezione di Abdelaziz: 1.551 i sì, nessun voto contrario, trentanove schede bianche
e trentadue voti non validi.
Un congresso importante e per certi versi storico, quello andato in scena a Tifariti, sotto lo slogan
«lo stato indipendente saharawi è la soluzione». Per la prima volta, infatti, vi hanno preso parte 54
delegati provenienti dai territori occupati dal Marocco nel 1975. E per la prima volta ha avuto luogo
un dibattito interno, tra l’apparato del Polisario e le correnti giovanili provenienti dai campi profughi
di Tindouf, nel sud dell’Algeria, che mordono il freno per una ripresa della lotta armata. Un dibattito
di cui, su Europa, avevamo già dato conto lo scorso aprile. «Io non posso contenere questa
impazienza – spiega Abdelaziz – che non hanno solo i nostri ragazzi, ma tutto il popolo saharawi.
Dobbiamo però cercare una strada per allontanare la guerra e dare più tempo alla diplomazia. Il
nostro programma è chiaro. Continueremo a cercare una soluzione pacifica alla crisi, assieme
all’Onu, ma intensificheremo anche la preparazione della nostra forza militare. Cercheremo, poi, di
rafforzare i rapporti con la solidarietà internazionale e con la diaspora, attraverso una migliore
opera di comunicazione. Ma il primo punto all’ordine del giorno resta l’intifada pacifica nei territori
occupati». Una scelta obbligata, alla luce dei fatti accaduti negli ultimi due anni. Dapprima lo
sciopero della fame messo in atto, sul finire del 2009, da Aminetou Haidar.
Quindi la grande protesta che, a cavallo tra ottobre e novembre dello scorso anno, è andata in
scena a Gdeim Izik, circa 12 chilometri a est di al Aaiun occupata. In quell’occasione furono
almeno 25 mila i saharawi delle zone occupate che si ritirarono in un accampamento, prima che
l’esercito marocchino lo mettesse a ferro e fuoco, provocando un numero tuttora imprecisato di
morti, feriti e desaparecidos.
La guerra che ha insanguinato gli anni Ottanta, fino al cessate il fuoco del ’91, ha tagliato in due un
popolo che oggi, dopo trentasei anni, dimostra di essere ancora unito. «Gdeim Izik ne è stata la
dimostrazione», afferma Hassana Abba, uno dei giovani delegati di al Aaiun, mentre indica un
muro su cui campeggia il volto di Nayem el Garhi, proto-martire di quella protesta, ucciso appena
quattordicenne dall’esercito marocchino. «Capiamo la necessità di azione che hanno i ragazzi
costretti a vivere in esilio nei campi profughi. Attendono da anni un cambiamento che non arriva
mai. Quasi tutti loro sono nati in quelle tende e non sopportano l’idea di doverci vivere ancora.
L’unica soluzione è l’intifada per l’indipendenza».
«La pace combatte – sentenzia anche Fatma Menti, segretario generale delle donne saharawi, che
hanno costituito poco meno della metà dei delegati del congresso – è la maniera migliore di
comunicare e rendere visibile al mondo la nostra situazione. Ed è quella che si adatta meglio alla
nostra indole. La comunità internazionale deve aiutarci». Un primo importante segnale è giunto dal
parlamento europeo che, proprio il 15 dicembre, in concomitanza con l’apertura del congresso a
Tifariti, ha rigettato gli accordi di pesca stretti dal Marocco: 326 no, 296 favorevoli e una
cinquantina di astenuti.
Da sempre i saharawi denunciano l’espoliazione delle risorse naturali del proprio territorio da parte
del Regno di Marocco. Da una parte l’industria ittica, dato che il Sahara occidentale è bagnato da
uno dei tratti di Oceano più pescosi. Dall’altra i giacimenti di fosfati, i più grandi del mondo, che si
trovano proprio nei pressi di al Aaiun. Secondo dati riportati recentemente dal periodico Jeune
Afrique, l’Office chérifien des phosphates (Ocp) risulta essere la seconda industria del Nord Africa,
dopo la Socotec, il gigante algerino del gas, come giro d’affari annuo. «Non possiamo più stare a
guardare – conclude Abdelaziz – il nostro popolo ha bisogno della sua legittima terra».
Gilberto Mastromatteo
http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/131700/tra_i_giovani_del_fronte_polisario_adesso_basta_e_il_momento_dellinti
fada