314-Convegno Assoenologi Italpollina
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314-Convegno Assoenologi Italpollina
ATTUALITÀ ATTUALITÀ L’ENOLOGO DEL SAPER FARE E DEL SAPER DIRE… In occasione dell’evento regionale delle Marche “Tipicità” che si è tenuto a Fermo lo scorso marzo, nell’ottica di favorire la formazione e un confronto dei tecnici del settore, l’Assoenologi Marche e Abruzzo hanno organizzato un convegno dal titolo “Vigne, cantina, mercati: l’enologo del saper fare e del saper dire”. di Luigi Costantini L’incontro ha toccato diversi argomenti riguardanti il vigneto, la vinificazione e la comunicazione. Sono intervenuti il professor Luigi Bavaresco, direttore del Centro di ricerca per la viticoltura (Cra-Vit) che ha affrontato le tematiche della fertilizzazione della vite nell’ottica della sostenibilità, il dottor Cristian Argenta, dell’Italpollina Spa, che ha descritto la tecnica di miglioramento del profilo aromatico dei vini bianchi grazie all’aumento dei valori dell’Apa, l’enologo Paolo Ulpiani che ha mostrato i risultati di una ricerca sull’evoluzione del glutatione (GSH). Il presidente nazionale Assoenologi ha invece toccato l’argomento riguardante la figura futura dell’enologo, sempre più incentrata sulla comunicazione oltre che sulla produzione. 32 TECNICA FOGLIARE DI AGGIUSTAMENTO Il dottor Argenta ha presentato una tecnica d’integrazione fogliare volta al miglioramento dell’Apa (azoto prontamente assimilabile) nei mosti di uve a bacca bianca. Lo scopo è quello di ottenere una maggiore efficienza fotosintetica di periodo (invaiatura) attraverso l’utilizzo di prodotti fogliari studiati e dedicati. La tecnica fogliare detta di “aggiustamento” è frutto di dieci anni ricerca dell’Ifv francese e si prefigge di correggere in modo rapido ed efficace eventuali errori gestionali o contrastare condizioni abiotiche sfavorevoli (esempio siccità). L’obiettivo è quello d’incrementare i valori di Apa e dei precursori aromatici nelle uve. Le esperienze sono state condotte nelle Marche, in stretta collaborazione e con la supervisione degli enologi responsabili. Dopo una preventiva diagnostica fogliare, sono state effettuate concimazioni fogliari con due differenti for- mulazioni, una per il convenzionale (Nutrimyr thiols) e l’altra per il bio (Trainer). Il periodo di applicazione è stato per entrambi all’inizio invaiatura (20%), con un secondo intervento dopo 10/12gg. I due anni di prova sono stati condotti presso le aziende Moncaro, Illuminati Dino, Colli Ripani e Collevite. Tutte le prove illustrate hanno evidenziato che i trattamenti eseguiti in fase di invaiatura determinano un significativo e costante incremento dell’APA nei mosti. RAME E FOSFITO PER LA DIFESA DELLA VITE Il professor Bavaresco ha messo in evidenza, in un’ottica di sostenibilità, come la fertilizzazione del terreno e la nutrizione della vite acquisiscano un ruolo determinante nell’aumentare le difese endogene delle piante attraverso meccanismi fino ad oggi poco considerati rispetto alla difesa fitosanitaria convenzionale. Alla ben nota azione della concimazione organica come base di riferimento della fertilizzazione della vite, si aggiunge una nuova metodologia tecnica N°5 - MAGGIO 2014 che porta ad un aumento di autodifesa delle piante. In questo contesto il rame non è da considerare solo come un metallo tossico per la pianta e per i funghi, ma va anche considerato come elemento nutritivo che può essere assorbito nei vari organi. Il vantaggio è considerevole poiché si utilizzano minime dosi rispetto a quelle fino ad oggi considerate ottimali. In questo modo il rame non si disperde nell’ambiente perché viene in parte metabolizzato dalla pianta favorendo il rispetto dei limiti di rame imposti nei disciplinari di conduzione biologica. Lo stesso concetto vale per il fosfito che non va considerato solo per la sua attività nutritiva, ma anche per sua azione diretta sull’aumento delle difese naturali tramite l’ispessimento dei tessuti fogliari e degli acini oltre all’azione di contenimento dello ione fosfonico sulla germinazione delle spore funginee. I lavori sperimentali del Cra-Vit di Conegliano hanno messo in evidenza come prodotti quali lo Scudo ed il Phosfit-One, rispetto ai classici metodi di difesa, hanno permesso di migliorare l’approccio alla difesa integrata attraverso l’ottimizzazione dei dosaggi. Le N°5 - MAGGIO 2014 migliori realtà viticole italiane stanno mutando il loro approccio a favore di soluzioni sempre meno impattanti al fine di rispettare l’ambiente e preservare la salute dei consumatori. L’enologo Paolo Ulpiani ha mostrato i risultati di un lavoro sul monitoraggio dei quantitativi del glutatione (Gsh) durante i processi di lavorazione delle uve, di vinificazione e di affinamento dei vini. Nel mosto e nel vino vi sono numerosi composti, fra i quali i tioli che svolgono numerose attività. Fra essi il glutatione è un particolare tripeptide di origine non proteica formato da acido glutamico, cisteina e glicina. Il Gsh è in grado di ridurre le forme chinoniche formatesi dall’ossidazione enzimatica dei fenoli attraverso le polifenolossidasi (Ppo), prevenendo così l’imbrunimento nei mosti. Il Gsh è il più abbondante dei composti tiolici nell’uva e la sua concentrazione aumenta in concomitanza della maturazione. Il Gsh può raggiungere i 90-100 mg/l nella bacca per poi diminuire in relazione al processo enologico adottato. Anche piccole concentrazioni di Gsh possono favorire la longevità olfattiva del vino in affinamento. L’apporto di Gsh non è riconducibile esclusivamente all’uva ma può derivare anche dai lieviti enologici che sono in grado di sintetizzarlo fino a quantità pari allo 0,51% del peso secco della cellula. Le prove sono state condotte su uve Chardonnay, Verdicchio e Vermentino provenienti dal nord e centro Italia. Nelle uve il tenore di Gsh è risultato compreso tra 0,7 ed 84,4 mg/l. Il contenuto di Grp (acido caftarico complessato con il glutatione) è risultato compreso tra 4,3 mg/l e 15 mg/l. I valori alti di Grp, associati a basse concentrazioni di Gsh, sono stati riscontrati per le uve provenienti dal centro Italia probabilmente a causa delle avverse condizioni climatiche che si sono verificate nel periodo vendemmiale. Durante le fasi pre-fermentative è stata osservata una diminuzione di Gsh del 95% rispetto alle concentrazioni iniziali nelle uve. Tale importante diminuzione è da ricondurre all’esposizione dei mosti all’aria ed alla presenza di rame residuale proveniente dai trattamenti fitosanitari. Durante la fermentazione alcolica si osserva un aumento della concentrazione di Gsh, dovuta al rilascio da parte del lievito, fino a raggiungere valori di 27 mg/l. I livelli di azoto prontamente assimilabile (Apa) non sembrano condizionare il rilascio di Gsh. Dopo la svinatura le concentrazioni di Gsh tornano a diminuire probabilmente per l’instaurarsi di fenomeni ossidativi. I dati ottenuti dalla ricerca hanno mostrato come la disponibilità di Gsh sia influenzata da numerosi parametri quali cultivar, gestione delle fasi pre-fermentative, dal ceppo di lievito e dalla concentrazione di rame. L’ottimizzazione dei processi di lavorazione potrebbero aumentare considerevolmente i valori di glutatione fino a valori tali da consentire un utilizzo minimale delle quantità di solfiti. L’ENOLOGO PROFESSIONISTA A TUTTO TONDO Ultimo intervento dei lavori del convegno è stato quello del presidente dell’Assoenologi Riccardo Cotarella. Un intervento che ha “calato” la figura dell’enologo nel contesto della manifestazione di Tipicità. Il presidente ha presentato un modo moderno di essere professionisti del fare vino, una professione, ha sottolineato, scevra da poesie bucoliche che a volte alterano il valore scientifico dell’enologia e della viticoltura, e che, se da una parte sono giustificabili per un contesto di marketing di prodotto artigianale, dall’altro devono essere misurate e valutate solamente per una responsabilità di comunicazione “antica”, legata all’immagine non sempre vincente e reale del vino del contadino. ”Il vino si fa” ha sottolineato con fermezza, e quindi bisogna saperlo fare, per fare bisogna sapere, per sapere bisogna studiare, ricercare, sperimentare, applicare, valutare, misurare: l’enologo riassume tutto questo “saper fare” e lo applica per migliorare, per esprimere, per dare valore aggiunto ai vini di tradizione ed ai vini che rappresentano le nuove tendenze del consumo. L’Enologo non vive sempre e solo dentro la cantina: l’enologo vive dal vigneto alla cantina ma sempre con la frequentazione dei mercati, delle fiere, dei convegni, dei centri di ricerca e soprattutto frequenta il mondo della comunicazione e della distribuzione del vino, dove deve saper interpretare le aspettative, le nuove tendenze e dare al processo produttivo un’efficacia tale da creare il vino giusto per ogni consumatore tipo. L’Enologo moderno parla di tipicità in lingua inglese o francese, interpreta il concetto di tradizione in senso dinamico, crede nella genuinità nel senso del fare bene, non del non fare. Quindi tipicità certamente si ma intesa come nobiltà delle origini, mai come fare senza sapere. Al termine della relazione il Presidente Cotarella, dopo un breve dibattito, ha presentato il prossimo 69° Congresso Assoenologi che si terrà a San Patrignano nelle colline Romagnole invitando tutti gli associati a partecipare. 33