I Parte punto 3

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I Parte punto 3
CAPITOLO 2
Lettura e nuovi linguaggi
Parlando di lettura, non si può non dedicare uno spazio, anche piccolo,
alle problematiche che derivano dal suo rapporto con i nuovi linguaggi.
Mai, come nel XX secolo, si erano presentati all’umanità tanti diversi e
potenti strumenti di comunicazione.
Oggigiorno la lettura non è più il principale strumento di acculturazione; la
posizione e il ruolo che essa per secoli ha avuto nel sistema di trasmissione
del sapere sono radicalmente cambiati. I mezzi audiovisivi hanno ormai il
primato nella diffusione di massa dell’informazione e il libro e gli altri prodotti
a stampa si trovano ad avere a che fare con un pubblico che è abituato a
leggere immagini in movimento. Si sente spesso affermare che la rivoluzione
elettronica porterà alla scomparsa dei più antichi sistemi di acculturazione e
trasferimento dell’informazione (libro e carta stampata).
“In genere, a smentire gli apocalittici viene invocata la ripetitività dei
verdetti di estinzione: la fotografia avrebbe ucciso la pittura, il cinema la
fotografia e il teatro, la televisione il cinema. Sono sopravvissute tutte queste
arti, ma certamente non uguali a prima.”1
1
LUCA FERRIERI, L’ultimo che se ne va spenga la biblioteca, in Biblioteca e nuovi linguaggi, a
cura di Ornella Foglieni, Milano, Ed.Bibliografica, 1998, p. 64-89; la citazione è da p. 66.
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Le nuove invenzioni tecnologiche hanno modificato notevolmente le
nostre abitudini, assegnando all’immagine e alla parola, scritta e orale,
significati nuovi. La possibilità di accesso ai documenti e alle informazioni in
genere si è, oggi, moltiplicata,
grazie alla riproduzione elettronica, ma il
cambiamento riguarda, anche, l’essenza del documento stesso, che si ritrova
a poter contenere anche informazioni audio, e a poter essere modificato
(annotato, chiosato, tagliato e copiato con un colpo di mouse) direttamente
dal suo utilizzatore. La linearità del testo narrativo è messa completamente in
discussione dalla sostanza dell’ipertesto. In questi ultimi anni si sono
moltiplicate a dismisura le nuove apparecchiature elettroniche e digitali, e si
sono facilmente imposte nella vita di tutti i giorni modificando i gesti e le
abitudini
quotidiane:
videogiochi
al
computer,
cd
audio,
file
mp3,
videocamere, webcamere, fotocamere digitali, dvd, minidisk. Il telefono
cellulare, strumento ormai diffuso, nei paesi industrializzati, capillarmente e a
tutti i livelli sociali, e la più innovativa webcamera, hanno completamente
stravolto il concetto di distanza, ormai siamo tutti rintracciabili in qualsiasi
momento (o al limite momentaneamente non raggiungibili); le distanze si
sono poi ancor più accorciate con la diffusione dell’uso di Internet non solo
per fare delle ricerche e navigare tra le pagine web, ma, appunto, per
comunicare: è oggi possibile chattare con amici o sconosciuti che risiedono
dall’altra parte del globo, è possibile partecipare a discussioni sugli argomenti
più disparati attraverso le newsgroup, ci sono anche milioni di giocatori in
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tutto il mondo che si sfidano in tempo reale a scacchi o in videogame giocati
in rete.
Il problema, che ora ci si pone, dopo aver tentato, nelle pagine precedenti,
di dimostrare l’importanza della diffusione della lettura, intesa in senso
tradizionale, tra i giovani, è cercare di capire come e quanto questi
cambiamenti possano influire su di essa.
“Secondo alcuni studiosi la nostra potrebbe essere considerata una
società dell’antilibro, perché il modo di vivere e l’abitudine alla fruizione
massmediale fanno acquisire capacità e comportamenti antitetici a quelli
abitualmente richiesti e attivati durante la lettura.”2 L’opinione più diffusa è
che i videogiochi, il computer e, soprattutto, la televisione siano tra i principali
nemici della lettura. In molti dei saggi dedicati a questo argomento, si pone
l’accento sul cambiamento delle abitudini e sui ritmi frenetici che
caratterizzano la vita dell’uomo moderno, per niente concilianti con le
esigenze della lettura, che, per essere un’esperienza piacevole e
significativa, abbisogna di tempi lunghi. Come afferma Giuliano Vigini,3 il calo
della lettura è un fenomeno reale e costante. La prima causa è la
diminuzione del tempo libero. È aumentato il tempo disperso, è sempre più
invadente il tempo obbligato, è diminuito il tempo scelto; ci si è trovati in
2
SILVIA BLEZZA PICHERLE, La voglia di leggere, «Il Pepeverde», (1999), n.1, p.38-45.
GIULIANO VIGINI, Lettura e mercato del libro nella società multimediale: le sfide del
cambiamento, in La lettura come progetto, a cura di Massimo Belotti, Milano, Ed.Bibliografica,
1997, p. 43-50; la citazione è da p. 43.
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condizioni fisiche e psicologiche sempre meno favorevoli a costruire gli spazi
della lettura. In questo nuovo contesto, tra la scuola, la piscina e le lezioni di
musica, ai bambini resta poco tempo da dedicare a se stessi e, solitamente,
la scelta di come impiegare questo tempo cade sulla televisione. Luciano De
Crescenzo, in una trasmissione televisiva della serie TG2 Dossier storie il cui
titolo era Il morbo di Gutemberg, andata in onda il 25 maggio 2003, ha
dichiarato: “Il problema di oggi sono le distrazioni. Quando penso a che ora
ho letto i libri che mi hanno formato, mi rispondo che è la sera. Oggi alla sera
c’è la televisione… c’è il calcio alla sera…”
La televisione è meno impegnativa, è più immediata e più facile, per
questo è in testa alle preferenze dei bambini, nonché dei ragazzi e degli
adulti; il libro, come più volte afferma, anche Eros Miari, non è mai facile,
“dalla decodifica del codice alfabetico per i bambini che iniziano a leggere,
fino alla capacità di contestualizzazione e di costruzione del senso richiesta
ai lettori più grandi, il libro esige sempre una partecipazione attiva del lettore,
un grande sforzo.”4 Il concetto di piacere si è, oggi, modificato: piacciono le
cose immediatamente accessibili, subito piacevoli; i bambini di oggi vogliono
fare i calciatori o le veline, una volta andavano di moda i pompieri, i dottori…
Ma demonizzare la televisione e gli altri media, che sono ritenuti
concorrenziali nei confronti della lettura, non è la strada giusta per
comprendere il fenomeno.
4
ANTONIO LEONI, La fatica di leggere: intervista a Eros Miari, «Il Pepeverde», (2003), n.15, p. 3032.
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In realtà diversi studi dimostrano che i ragazzi che leggono di più sono gli
stessi che usano il computer e passano due o tre ore al giorno davanti la
televisione. Nel testo a cura di Marino Livolsi viene fatto un identikit del lettore
forte che mette in evidenza proprio questo fatto:
“L’elemento più rilevante di distinzione è la quantità di consumo culturale:
il lettore abituale si dimostra un forte lettore anche di altri media cartacei (dai
giornali ai settimanali, ai mensili fino ai bollettini o alle pubblicazioni a
fascicoli), è un ascoltatore di dischi, un frequentatore di cinema e di altre
attività culturali (mostre, musei, dibattiti), con percentuali nettamente superiori
agli altri si reca a teatro e ai concerti e frequenta persino in modo più
accentuato le feste popolari (politiche e non).”5
I nuovi strumenti di comunicazione dimostrano, perciò, di non ostacolare
l’abitudine alla lettura; Ermanno Detti, che all’argomento ha dedicato un
intero saggio, sostiene che “i nuovi media, dalla tv al computer, costituiscono
un pericolo solo se il loro uso non è equilibrato, viceversa costituiscono
addirittura un arricchimento per la lettura di cui a prima vista appaiono i
nemici più implacabili.”6 Il vero pericolo è l’uso esclusivo di uno qualsiasi di
essi, “qualsiasi attività, anche la più nobile, se avviene a senso unico, senza
confronti, può essere nociva per lo sviluppo equilibrato della personalità.”7
5
Almeno un libro, gli italiani che (non) leggono, a cura di Marino Livolsi, Roma, La Nuova Italia,
1986, p. 41.
6
ERMANNO DETTI, La lettura e i suoi “nemici”, Roma, La Nuova Italia, 1998, p. 39.
7
Ivi, p. 39.
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Il rapporto tra la lettura e i nuovi mezzi di acculturazione è caratterizzato
dall’interdipendenza.
L’industria televisiva, cinematografica e dell’informazione trasferisce i suoi
modelli e i suoi ritmi nell’orbita della parola scritta e orienta anche il consumo
di libri (libri evento, best-seller) attraverso la pubblicizzazione, spesso
eccessiva, di un numero limitato di titoli. I tempi e i modi attuali di lettura dei
bambini e degli adolescenti riflettono i tempi e i modi dell’intera vita dei
ragazzi di oggi. La rapidità di azione e l’attenzione al soddisfacimento dei
desideri si riflettono nello stile narrativo dei nuovi libri per ragazzi, i cui ritmi
sono, dunque, profondamente cambiati. “I ritmi narrativi risentono dei gusti e
delle esigenze contemporanee, che raramente i classici riflettono. […]
I ragazzi non hanno pazienza (beati loro). Per cui richiedono al libro
un’immediata rispondenza al proprio modo di pensare, ai propri ritmi, che
sono molto diversi dai nostri.”8 Il nuovo modo di narrare, come lo descrive
Roberto Denti, è “estremamente rapido, asciutto e coinvolgente”; “Ci troviamo
di fronte ad un ritmo incalzante, veloce, con il rapido susseguirsi delle azioni,
con repentini, continui ed improvvisi cambi di scena. La storia, inoltre, è tutta
centrata sui dialoghi […], i libri sono quasi delle sceneggiature, in cui
predominano i fatti e le situazioni, gli scenari anziché il pensiero del
protagonista.”9
8
9
ROBERTO DENTI, Lasciamoli leggere, Torino, Einaudi, 1999, p. 75 e succ.
SILVIA BLEZZA PICHERLE, La voglia di leggere, «Il Pepeverde», (1999), n.1, p. 38-45.
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Questa dipendenza non è, però, a senso unico (si è parlato infatti di
interdipendenza!). Come nei libri sono trasferiti i modelli degli altri media, così
questi traggono ispirazione dal mondo della narrativa. E in questo caso sono
proprio i classici ad essere i più gettonati e molto meno i nuovi romanzi
d’avventura (non dimenticando il fenomeno di Harry Potter il cui passaggio
dal testo allo schermo è stato velocissimo ed ha accolto lo stesso successo
di pubblico). Molti gli esempi che possono essere riportati: dal classico
(classico il libro e classico anche il film) Il nome della rosa di Umberto Eco, a
Cuore di De Amicis, che continua ad ispirare edizioni cinematografiche e,
negli anni ottanta, anche un film di animazione a puntate per bambini, fino
alla recentissima edizione televisiva di Madame Bovary di Flaubert che andrà
in onda in prima visione proprio questo autunno; va, poi, menzionato, per il
successo che ha conquistato e per la partecipazione emotiva al fenomeno, la
trasposizione sul grande schermo del capolavoro di J.R.R. Tolkien Il Signore
degli anelli. Questo continuo sconfinamento dal mondo dei media alla
letteratura, spesso, risulta non essere nocivo né per l’uno né per l’altra.
È raro che uno di questi film, anche dei più belli, abbia dato, in chi ha letto
il romanzo da cui è stato tratto, le stesse sensazioni che si sono provate
scorrendo le pagine del libro. Questo non vieta, però, che, chi ha molto
amato il libro, poi non amerà il film e viceversa. Non è inusuale il fenomeno
dell’incremento delle vendite di un testo al momento dell’uscita sul grande o
piccolo schermo del film che lo rappresenta.
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Va, poi, ricordato uno stravagante esercizio letterario in cui la letteratura è
stata unita ancor più strettamente con il cinema e la cui rilevanza è da
sottolineare perché il suo autore è proprio Daniel Pennac (non solo l’autore
del saggio Come un romanzo sulla lettura, ma anche di una serie di romanzi
il cui amatissimo e stravagante protagonista, Malaussène, non ha la
televisione in casa e la sera racconta delle storie, vere o inventate, ai suoi
numerosi fratellini): nel 1998, pubblica il romanzo Signori bambini e
contemporaneamente esce il film omonimo diretto dall’amico regista Pierre
Boutron a cui lo scrittore dedica il suo lavoro “All’amico Pierre Boutron, che
mentre io scrivevo questo romanzo raccontava la stessa storia al cinema.
Leggerà queste righe solo il giorno in cui io vedrò il suo film. È stata questa la
regola del gioco.”
Ecco, dunque, come la lettura può anche trarre giovamento e ispirazione
dalla diffusione dei nuovi media. Anzi forse bisogna partire proprio dai nuovi
mezzi di comunicazione per far conoscere le qualità della carta stampata. Nel
programma televisivo del TG2, che ho già menzionato, ci si poneva un
quesito molto interessante: come si può promuovere il piacere della lettura
attraverso un libro, se quel libro lo leggono solo i lettori? Bisogna, invece, fare
ricorso ai nuovi mezzi di diffusione di massa dell’informazione, la televisione
e la radio.
La conclusione che sembra venir fuori da tutto quanto detto può esser
riassunta nelle parole di Marco Pellettieri: “dunque è opportuno che le
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agenzie educative, più che osteggiare i nuovi linguaggi, cerchino di
disciplinarne l’uso nei giovani, armonizzandolo con il ricorso ai media
tradizionali;”10 o in quelle, emotivamente più coinvolte, di Luca Ferrieri: “La
lettura trova alimento e non concorrenza nelle diavolerie della comunicazione
elettronica (vantaggio delle informazioni bibliografiche in rete). La lettura, la
più provvisoria delle arti, l’unica che per simpatia verso una vita effimera
accetta la sua mortalità, che gioisce del suo consumarsi, sarà per questo
quella che seppellirà tutte le altre. La miglior garanzia contro l’estinzione della
lettura consiste nel suo piacere.”11
10
MARCO PELLITTIERI, La babele digitale under diciotto, «Il Pepeverde», (2003), n.16, p. 23-25.
LUCA FERRIERI, L’ultimo che se ne va spenga la biblioteca, in Biblioteca e nuovi linguaggi, a
cura di Ornella Foglieni, Milano, Ed.Bibliografica, 1998, p. 64-89; la citazione è da p. 88.
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