diunastazionediservizio - Festival di narrazione
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diunastazionediservizio - Festival di narrazione
Cultura e spettacoli sabato 1 settembre 2012 laRegioneTicino 23 Microcosmi di Massimo Daviddi Le abbiamo viste nei film americani. Gli enormi bus coast to coast dall’Atlantico al Pacifico in attesa di un rifornimento: le pompe di benzina sulla statale tra la “via Emilia e il West”; i primi autogrill nell’Italia del boom economico, costruiti tra le corsie nord, sud dell’autostrada. Le stazioni di servizio hanno stimolato scrittori e registi perché in quello scambio fugace, sosta e partenza, sogno e realtà, si sono analizzati comportamenti umani, cambiamenti sociali, mode. Alle nostre latitudini, hanno rappresentato l’esperienza giornaliera del frontaliere e quella del cittadino, lo stesso che regolarmente andava nel negozio appena di là, sabato e domenica, per acquistare cioccolata, dadi, caffè. Alimentando un’economia di ritorno certamente redditizia. Le molte stazioni di servizio disseminate nelle zone di frontiera sono state progressivamente assorbite da marchi di grandi gruppi, uniformandosi a uno standard commerciale e organizzativo, simile alla grande distribuzione. Qualche gestione si caratterizza ancora come attività familiare, un rapporto che, oltre il puro commercio, esprime con tenacia aspetti umani vissuti nel corso degli anni. Incontro Gianni e Daniela nella loro stazione di servizio con annesso bar, a Ligornetto. Si sono conosciuti nel ’70, lui benzinaio a Novazzano, lei commessa: la loro storia inizia tra il bancone di un negozio, perché «una volta servivamo tutto noi» e le migliaia di rifornimenti di benzina, miscela, gasolio, usciti dalle colonnine. «Da sempre, ho sentito attrazione per questo lavoro – dice Daniela – perché ogni cliente è prima di tutto una persona; stabilire un contatto è trasmettere qualcosa di noi, sia pure per pochi minuti». Forse, questa attitudine nasce dall’infanzia: «Sono cresciuta a Viggiù. Abitavamo vicino a una famiglia con dieci fratelli, si condividevano nella semplicità tante cose. C’era accoglienza, la tavola imbandita». Quando nell’87 rilevano il negozio di Ligornetto, mettono a nuovo il bar; le lunghe code che si formano da San Sguardi sulle cose che cambiano, nel territorio e nelle persone Oggi il benzinaio e il momento fugace, sosta e partenza, di chi si rifornisce e lascia qualcosa, un contatto umano Breve storia di una stazione di servizio Giuseppe fino al valico, fanno sì che diverse persone si concedano una sosta per bere qualcosa, diventando in seguito clienti abituali. «Il lotto, è venuto dopo – continua Daniela – mentre è stato il bar a costituire un vero e proprio richiamo, un punto di incontro. Ricordo ad esempio il signor Giovannino, detto Nan, vero e proprio personaggio del paese. Veniva tutti i giorni e quando mi dovevo assentare per qualche minuto, curava il negozio, lo animava con le sue battute». Mentre Daniela racconta, prende corpo l’idea di una “zona franca”, una sorta di piccola comunità italo-ticinese che la collocazione del luogo ha favorito. A poche centinaia di metri, ecco il confine; alle spalle, Ligornetto. Durante il corso degli anni, «si sono formate delle compagnie, via via sciolte, anche se qualcosa continua attraverso i figli e ogni tanto capita di assistere a ritorni inaspettati. C’erano poi dei rituali. Nei discorsi del mattino dominava lo sport, mentre verso le sei organizzavamo l’ora della barzelletta. Ognuno diceva la sua e si aggregava sempre qualcuno di nuovo. Quando abbiamo iniziato col lotto, venivano due ragazzi dal Piemonte a giocare: si fermavano in compagnia fino alle dieci, quando ancora era consentito». E la domenica? «I clienti erano prevalentemente milanesi; ma ogni giorno riservava attimi di sorpresa. Il commercio era florido, se penso che eravamo partiti con tre commesse e ora sia- mo rimasti noi due. La chiusura di diverse fabbriche, la crisi dell’edilizia, anche se adesso si è ripresa, la limitazione negli orari, hanno modificato il modo di lavorare». Ci sono stati episodi negativi? «Certo, come capita in tutte le attività. A volte persone poco educate o che hanno pretese. Negli ultimi anni lo si nota maggiormente, ma abbiamo impostato il negozio sul rispetto reciproco. Sono una persona attenta, cordiale e con chiarezza dico quello che penso. Dei clienti si sono staccati per questo, ma dopo un certo periodo, qualcuno torna». Nel frattempo, entrano in negozio diverse persone che salutano Gianni e Daniela, rientrati dopo una settimana di vacanza. Cosa le ha dato, questo lavoro? «Posso proprio dire di essere fiera di ciò che abbiamo fatto; il negozio l’ho voluto tenacemente. La passione, il contatto umano, sono stati determinanti. Vedere i clienti come persone, conoscerli, ascoltarli con garbo. A mia volta devo dire che ho appreso molto da loro, in tutti i sensi. Negli ultimi anni ci sono stati momenti di crisi: la perdita di mia madre, altre cose spiacevoli. Bene: mi hanno sostenuta, mi hanno fatto sentire il loro affetto, la loro presenza. Magari solo con un sorriso, un gesto. Come in famiglia». Nel prato vicino al parcheggio, capita di vedere il cagnolino Whisky, un trovatello, giocare allegramente con in bocca un riccio nero di gomma, sbattuto di qua e di là, facendo capriole a discapito dei suoi tredici anni. «Il vero proprietario!», dice Daniela, sorridendo. Lui, non sa dove finisca la Svizzera e inizi l’Italia; ma qui, senza dimenticare le proprie radici, è un sentimento che appartiene anche agli uomini, almeno per qualche momento. ILLUSTRAZIONE DI OTTONE ONNIS © Riproduzione riservata Arzo, piccole storie che raccontano la grande Storia L’atteso e crudo film trilogia in concorso del regista austriaco Ulrich Seidl suscita accese discussioni Scandalo a Venezia, in ‘Paradies: Glaube’ sesso e fede Incipit perfetto per un Festival di Arzo, il tredicesimo, a cui piacerebbe raccontare la Storia, con la esse maiuscola, partendo dalle piccole storie individuali. Il contenitore e il contenuto, il perimetro e la superficie. Il paese dei diari, portato in scena da Mario Perrotta e Paola Roscioni giovedì sera all’oratorio di Balerna, rappresenta infatti un ideale sunto introduttivo di quanto si potrà vivere fino a domenica ad Arzo. L’autore salentino racconta la genesi dell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, fondato nel 1984 da Saverio Tutino, ex partigiano, per decenni firma de l’Unità e poi tra i fondatori de La Repubblica. È il desiderio di raccontare, ma soprattutto di non dimenticare che spinge Tutino in un’impresa che, presto, si dimostra mastodontica. In poco più di vent’anni – grazie anche al costante impulso dell’annuale Premio Pieve Saverio Tutino – arrivano in Toscana oltre seimilaquattrocento diari. Mario Perrotta va alla scoperta di questo patrimonio tra un’esistenza e l’altra, con grande sensibilità, cosciente di avere tra le mani quanto di più prezioso una persona possa donare: la propria memoria. Ad accompagnarlo, idealmente, vi è lo stesso Saverio Tutino, che da fantasma prende le vesti del più classico dei Caronte. A spasso tra le storie, a spasso nella Storia. Un po’ come da tredici anni succede al Festival di Arzo. Informazioni su www.festivaldinarrazione.ch (programma anche in caso di maltempo). MARCELLO IERACE dall’inviato Ugo Brusaporco Erano anni che mancava un vero scandalo alla Mostra di Venezia (che ieri ha omaggiato Francesco Rosi, 90 anni il 15 novembre, con il Leone d’oro alla carriera), ed ecco che scoppia clamoroso e violento per uno dei film più attesi dalla stampa internazionale “Paradies: Glaube” (Paradiso: Fede) seconda parte di una trilogia che l’austriaco Ulrich Seidl (nella foto), uno dei registi oggi più importanti nel panorama mondiale, ha iniziato con “Paradies: Liebe” visto a Cannes, la terza parte la si vedrà probabilmente a Berlino. Nel primo film avevamo incontrato Teresa, una donna anziana che con le sue amiche si recava in Kenya per ritrovare il piacere dei sensi acquistando i corpi di giovani africani. Qui la protagonista è la sorella di Teresa, Annamaria, una donna matura e persa in una fede selvaggia, come spiega il regista: «Il punto di partenza per la sceneggiatura è stata la storia vera che ho mostrato nel mio documentario, “Jesus, Du weisst”, e che poi ho sviluppato in “Paradies: Glaube”, con personaggi e situazioni di fantasia. Il film racconta la storia di una donna che, delusa dal- ✘ l’amore terreno e dal suo matrimonio (con un musulmano), si rivolge a Gesù – che non solo adora e ama spiritualmente, ma desidera anche sessualmente come amante. Durante la genesi del film, che è durata quattro anni, il mio interesse si è rivolto soprattutto al conflitto coniugale che scoppia il giorno in cui il passato di Annamaria irrompe nel suo presente. La donna non capisce che proprio la sua adorazione cieca per Gesù la porta all’inumanità e all’incapacità di provare amore – e alla perdita di quella virtù cristiana che permette di amare il prossimo». Quello che ha provocato irritazione in molti, dure discussioni e scandalo è la messa in scena, tipica dell’autore, cruda e priva di ipocrite mezze misure, dove l’idea non resta solo nelle intenzioni, ma è pietra che oltre a muovere uno stagno ferisce. Scopriamo Annamaria, che lavora come radiologa in ospedale, che si fustiga davanti al crocefisso, si tormenta con il cilicio, come Paolo VI e la senatrice Binetti, cammina in ginocchio per la casa ferendosi, e che trascorre le ferie tormentando famiglie di immigrati con una Madonna portatile e l’acqua santa, con lo scopo di convertirli e riportare l’Austria al cattoli- cesimo. Nella notte usa lo stesso crocifisso per spendere i suoi baci e per masturbarsi, ed è questo momento che ha scatenato lo scandalo. A questo si aggiunge il marito musulmano che, arrabbiato con lei, fa a pezzi altri crocifissi e immagini sacre, mandando in frantumi anche il ritratto di Benedetto XVI (qui il pubblico come Franti ha riso), prima di bestemmiare contro la comunità che la moglie ospita di tanto in tanto. Immagini certamente forti, mai pornografiche, ma capaci di scuotere coscienze assopite, le cui voci si sono subito alzate in nome della religione tradita. Non che il musulmano ci faccia una bella figura, anzi, ma un crocifisso usato sessualmente non si era mai visto, e solo un regista potente come Seidl poteva pensarlo e di certo è molto più dura l’immagine della protagonista che arrabbiata sputa contro lo stesso, o la parte in cui lei cerca di coinvolgere nella fede un’ immigrata dell’Est senza documenti, che sopravvive prostituendosi e che si ubriaca per dimenticare convinta, nonostante Annamaria, che sia meglio una birra che il buon Dio che se ne resta nei cieli. Con rigore Seidl aggiunge un tassello importante al suo cammino, il film precedente rimandava a un tempo primordiale in cui il sesso non era un problema anche per le donne, qui mostra il rapporto tra donne e sesso che viene segnato dalla religione, dalle religioni, e si resta sconvolti dall’idea sottolineata dal regista in uno dei momenti più felliniani del film, quando nella notte Annamaria scopre un gruppo di uomini e donne che in un campo lontano dalle luci della città fanno sesso insieme. Nascosti. Lei ne è sconvolta. Grandiosa è l’interpretazione di Maria Hofstätter ben coadiuvata da Nabil Saleh. Di sicuro un film per discutere, che non lascia indifferenti, come i grandi film sanno fare, e il secco linguaggio cinematografico di Seidl è garanzia di questo. © Riproduzione riservata in breve Chiarita la causa della morte del figlio di Stallone Il figlio trentaseienne di Sylvester Stallone, Sage, ritrovato morto a luglio nella sua abitazione di Los Angeles, è deceduto per un arresto cardiaco. Lo rende noto l’ufficio di medicina legale della contea, sottolineando che nel corpo del giovane non c’erano tracce di droghe. Sage Stallone, che nel 1990 interpretò Rocky Balboa junior in Rocky 5, è morto il 13 luglio scorso a causa di «un’arteriosclerosi coronarica», ha spiegato il medico legale. Festival musicale Ticino Doc Si apre questo fine settimana la seconda edizione del Festival Ticino Doc – rassegna musicale promossa dall’associazione Musica nel Mendrisiotto – con due concerti dedicati al teatro musicale. Questa sera, in collaborazione con il Festival internazionale di narrazione di Arzo, sarà proposta L’Histoire du soldat di Stravinskij nella versione per trio e voce narrante. Domani, domenica, alle 17 a Mendrisio, al Chiostro dei Serviti (in caso di brutto tempo, chiesa dei Capuccini), spazio ad alcune delle pagine più belle dell’opera lirica interpretate dalla mezzosoprano Giuliana Castellani e da un ensemble composto da dieci musicisti ticinesi. Parolario a Como per ‘Leggere il futuro’ Prosegue a Villa Olmo a Como la dodicesima edizione (a ingresso gratuito) del Festival Parolario. Stamane alle 11.30 il primo appuntamento della giornata, con Antonio Marino. Nel pomeriggio, alle 17 Rosa Teruzzi, insieme a Massimo Picozzi, presenterà il suo giallo Il segreto del giardiniere, seguita alle 18 dal filosofo Salvatore Natoli con Improbabilità e speranza. Alle 20.30 l'atteso incontro con Flavio Insinna, seguito dalla proiezione di ‘Big fish’ di Tim Burton. Domani, domenica, nel pomeriggio è previsto tra l’altro alle 17 l’incontro con Marcello Foa che parlerà del suo Bambino Invisibile. Alle 18.30 l’avvocato Leandro Cantamessa, esperto di libri antichi di astrologia parlerà con Armando Torno sul tema “Leggere il futuro?”. Programma completo all’indirizzo internet: www.parolario.it.