ANCORA TU? MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIU`?

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ANCORA TU? MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIU`?
circolazione extracorporea
ANCORA TU? MA NON
DOVEVAMO VEDERCI PIU’?
Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità
a cura di Peppino Ortoleva
PATTERN DISTRIBUTIVI E RIPETIZIONI FORZATE:
DAI TRAILER ALLE LOCANDINE IL RICALCO REGNA
SOVRANO
TOPOI FREQUENTI
Due tra i “lavori” del blogger
francese Christophe Courtois,
che affianca in enormi poster
i luoghi comuni dei tabelloni
cinematografici
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
gennaio-febbraio 2012
“Mi sembra di averlo già visto (o sentito)”: in modo più o meno consapevole, lo spettatore è
sempre alle prese con modelli narrativi costanti, generi che si ripetono seguendo le “mode”
culturali, veri e propri rifacimenti e remake, colpi di scena “telefonati”. È naturale, fa parte
del gioco. Ma non è solo il corpo del film a essere investito da questa sensazione di
déjà-vu, a diventare terreno di stereotipi, di materiali ricorrenti, a volte persino di
furti: perché spesso la ripetizione si costruisce molto prima, ancora fuori dal cinema,
attraverso le tracce costantemente seminate della distribuzione e promozione della
pellicola. Pezzi di prodotto che diventano circolazione extracorporea, trovando diffusione sugli altri media e rimbalzando su spazi diversi (previsti o meno). E che aiutano
a muovere le pedine nella partita a scacchi che da sempre, nell’industria culturale,
vede opposti il nuovo e il sempre uguale, l’inedito sorprendente e la rassicurante
conferma di quello che è già noto (e amato). Prendiamo i trailer. Quante volte i filmati
promozionali, con abili montaggi e accompagnamenti sonori ad hoc, ci convincono
a vedere un titolo sulla base della garanzia di altri film? Per esempio, con formule
come “dal regista di” o “dal produttore di”, che a volte vanno fuori controllo e arrivano all’inganno, come quando Hostel è “venduto” allo spettatore come fosse il nuovo
film di Quentin Tarantino, o un film come Super, amara storia di un supereroe, diventa “il ritorno dei protagonisti di Juno”. Oppure con uno “scambio di genere”, che
rende (banalmente) action film più complessi come Drive o Match Point.
Ma non sono soltanto i trailer, che pure – tra la tv e YouTube, gli attimi prima della proiezione e i social network – costituiscono spesso il primo contatto con il film,
e marcano tale incontro per sempre. Con i titoli e sottotitoli non è molto diverso,
specialmente quando vengono tradotti da distributori italiani un po’ spericolati. Si
riscontrano spesso veri e propri pattern, soprattutto tra i blockbuster: da qui nasce
il florilegio di chiusure in Pie e Movie che dai capostipiti American Pie e Scary Movie si ripercuotono su film che c’entrano poco; e per questo, dopo Se scappi ti sposo, un film dei Coen
diventa Prima ti sposo poi ti rovino (era Intolerable Cruelty) e uno di Gondry Se mi lasci ti
cancello (da Eternal Sunshine of a Spotless Mind).
L’escamotage della ripetizione, dell’affinità e assonanza con il già visto, si trova inoltre nelle locandine.
E a questo proposito è interessante il lavoro di un
La grafica e il design
blogger francese, Christophe Courtois, che affianca
della promozione
in enormi poster i topoi dei tabelloni cinematografici. Si affastellano occhiali su cui compaiono immasembrano conoscere
gini riflesse, figure sognanti sospese nel cielo di un
solo schemi ricorrenti
paesaggio marino, caratteri neri su sfondo giallo,
abiti da sera rosso fiammante, eroi in cappotto girati di spalle, occhi in primissimo piano, bende sugli
occhi. E così via, in modo trasversale ai generi, alle nazionalità, agli attori. Come se la grafica
e il design di questa forma promozionale conoscessero solo schemi ricorrenti, come ci fosse
una costante imitazione che attraversa le frontiere. Secondo una strategia distributiva che
può rivelarsi efficace, ma di certo non evita fraintendimenti e confusioni di vario genere. E
allora: ne vale la pena?
LUCA BARRA