Lettura Quale avvenire per un`illusione? - 4° - 11

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Lettura Quale avvenire per un`illusione? - 4° - 11
Letture in preparazione del 4° Simposio 2015
QUALE AVVENIRE PER UN’ILLUSIONE?1
Sabato 24 febbraio 2007
di Maria D. Contri
Nella giornata di apertura di questo Seminario Giacomo Contri ha parlato di Tribunale
Freud. Propongo di considerare questa seduta del Seminario Pensiero-figlio-civiltà una sessione di
questo tribunale.
É un tribunale al cui riconoscimento si tratta di lavorare, pur sapendo che tale
riconoscimento è ancora più incerto di quello degli altri Tribunali, internazionali, che da dopo la
seconda guerra mondiale si è tentato di istituire per punire crimini contro l’umanità la cui fattispecie
apparentemente è più facilmente individuabile e addirittura condivisibile, che tutti, anzi dichiarano
di condividere: genocidio, persecuzione razziale, strage con armi di distruzione di massa, violazione
dei diritti civili.
L’idea di istituire un tale Tribunale appartiene già a Freud, anche se Freud non la
formalizza col nome di tribunale. Il disagio nella civiltà, del 1929, per esempio, è un testo che
possiamo leggere come un’arringa in cui vengono individuati i misfatti di una civiltà che giustifica
la propria violenza come rimedio all’odio che la sua stessa ingiustizia ha provocato. Ma tutta
l’opera di Freud è leggibile in questo modo.
Farò oggi riferimento a un altro testo freudiano, L’avvenire di un’illusione2, del 1927, da
cui prenderò i passi che di volta in volta vi citerò: è un testo costruito come un vero e proprio
dibattimento.
Qualcuno potrebbe sostenere che il genere a cui questo testo appartiene è piuttosto quello
del dialogo, sul modello dei dialoghi platonici. Viceversa si potrebbe sostenere che anche i dialoghi
platonici andrebbero letti come dibattimenti in un processo che perviene a una sentenza finale su
quali debbano essere i principi su cui si deve reggere un ordinamento politico, una civiltà, e che
individua la fattispecie dei principi dannosi.
In buona sostanza, quello di cui si fa promotore Platone è un ordinamento in cui solo una
minoranza, di filosofi e scienziati, accede a che cosa sia il buono il bello il giusto, mentre tutti gli
altri si perderebbero nel volgare perseguimento dei beni della vita. Freud, se fosse stato un attore nei
dibattimenti platonici, avrebbe fatto opposizione: fonte di dis-ordine è proprio il principio che
distoglie gli uomini dal farsi regolare dal proprio individuale principio di piacere o di profitto nel
1
Relazione al Seminario del 24 febbraio 2007 tenuta ad Ancona nel corso Child. Pensiero-figlio-civiltà organizzato da
Carla Urbinati.
2
S. Freud, L’avvenire di un’illusione, 1927, OSF, vol. 10.
1
perseguimento dei beni della vita, per sottometterli a una minoranza che si regola secondo
l’astrazione della teoria.
In quel dibattimento che è L’avvenire di un’illusione, da una parte c’è un pubblico
ministero, Freud stesso, che si pone come difensore della civiltà da teorie che, a suo avviso,
fomentano il disordine sociale, la ribellione e la violenza: il “compito che ci proponiamo, dice
Freud, è quello di riconciliare gli uomini con la civiltà” 3. Si ha, infatti, “l’impressione che la civiltà
sia qualcosa che fu imposto a una maggioranza recalcitrante da una minoranza che aveva capito
come impossessarsi del potere e dei mezzi di coercizione” 4: “se soltanto si riuscisse a far diventare
minoranza l’attuale maggioranza ostile alla civiltà, si sarebbe ottenuto molto” 5
Dall’altra parte c’è un avvocato che difende queste teorie come necessaria guida di chi
governa.
E il paragone che Freud avanza, nel proporre la propria riforma, è con la rivoluzione
sovietica, con il “grande esperimento di civiltà che viene attualmente intrapreso nel vasto paese
situato tra l’Europa e l’Asia”. Un esperimento su cui tuttavia dice di non “avere né la conoscenza,
né le capacità necessarie per decidere in merito alla sua attuabilità, per appurare l’efficacia dei
mezzi impiegati o per misurare la profondità dell’inevitabile abisso che separa le intenzioni dalle
realizzazioni. In quanto incompiuto, ciò che laggiù si prepara si sottrae a una disamina cui offre
invece materia la nostra civiltà da tempo consolidata”6.
D’altronde, nell’avanzare nel giudizio critico sugli attuali ordinamenti civili – le cose del
resto non sono cambiate dal 1927 a oggi, semmai si sono radicalizzate –, nel fare riferimento alla
possibilità di un altro ordinamento, diversamente fondato, non solo di quello sovietico, ma anche
del nostro, Freud è molto prudente: “ Si può mettere in dubbio se sia possibile in genere e fin da
oggi, nelle condizioni attuali del nostro dominio sulla natura, approntare tali ordinamenti civili; ci si
può porre la domanda donde possano essere reclutati i numerosi capi ... destinati a fungere da
educatori delle nuove generazioni; e si può rimanere spaventati di fronte all’enorme impiego di
coercizione che sarà comunque inevitabile prima che questi scopi siano raggiunti” 7.
Vi ho letto questo passo per segnalarvi il rilievo che Freud dà al processo che sta
intraprendendo. Il suo non è il “modo per così dire ingenuo” con cui gli uomini vivono la loro realtà
“senza poterne valutare i contenuti” 8. La sua è una piena consapevolezza della “grandiosità di
questo piano, (della) sua importanza per il futuro della società umana” 9. Ve li ho letti anche per dare
il giusto rilievo a un tema come quello di oggi: accostando tre termini come partnership profitto
figlio si pongono le chiavi di volta di un ordinamento sociale altro rispetto alla” nostra civiltà ormai
consolidata”.
E noi come Freud dobbiamo avere presente non solo la posta in gioco di questo lavoro di
riforma, ma anche che si tratta di lavorare alla “formazione” di uomini “nuovi”, all’altezza di
3
Ivi, p. 474.
Ivi, p.436.
5
Ivi, p. 439.
6
Ivi, p. 439.
7
Ivi, p. 438.
8
Ivi, p. 435.
9
Ivi, p. 438.
4
2
un’altra idea di civiltà. Intervenendo, nel 1926, su La questione dell’analisi laica10, Freud aveva
introdotto a questo proposito l’idea di “curatori d’anime laici” che non siano cioè, diceva, né preti
né medici, liberi cioè loro stessi, e capaci di liberare altri, dalla teoria che comporta la sostituzione
del pensiero individuale con la religione o con la scienza, capaci di liberare il pensiero anzitutto
proprio dalle catene inibenti in cui esso è stato bloccato da procedimenti educativi consistenti nel
sostituirlo con teorie precostituite al pensiero individuale stesso.
Si tratta, dunque, nel processo in cui consiste L’avvenire di un’illusione, “del giudizio che
può essere dato dell’umana civiltà” 11, delle teorie su cui si regge il modo di “governare la nostra
esistenza”12, così da “rendere la vita sopportabile per tutti e la civiltà non più oppressiva per
alcuno”13.
Nel Tribunale Freud infatti la sanzione è il giudizio. E, del resto, che cos’è una cura
analitica stessa se non l’istituzione di un processo a teorie che falliscono quanto alla loro capacità di
governo della nostra vita? La guarigione verrà dal giudizio: le si lascerà cadere. Nella prospettiva
analitica non è prevista infatti nessuna presa di palazzo d’inverno.
“Mentre a tutta prima – precisa Freud – si poteva pensare che l’essenziale di questa (della
civiltà) consistesse nel dominio della natura in vista dell’acquisizione di beni materiali necessari
alla sopravvivenza, e che, con un’opportuna distribuzione di questi ultimi tra gli uomini, i pericoli
che minacciano la civiltà potessero essere eliminati, l’aspetto più importante ci appare ora non più
quello materiale, bensì quello psichico”14.
Il giudizio di cui si tratta nel Tribunale Freud si deve dunque applicare allo psichico. Ma
che cosa intende Freud parlando di psichico? Di fatto parla del politico, della dimensione politica
nel suo momento costituzionale. Marx avrebbe parlato di rapporti di produzione, di produzione
materiale, e di rapporti sociali. La produzione avviene sempre, infatti, all’interno di determinati
rapporti sociali e politici.
Quel che si tratta di fare è di individuare le fattispecie di “reato” imputabili alla civiltà, su
cui “la nostra civiltà da tempo consolidata” si regge e che sono all’origine dell’odio delle masse per
la civiltà, che allora sì diventano “masse pericolose” da “tenere a freno” 15.
Si tratta di risolversi nell’alternativa che una serie di questioni pongono:
- “se e in quale misura è possibile ridurre il peso dei sacrifici pulsionali imposti agli
uomini”:. Che cosa vuol dire? Si tratta di scegliere se la civiltà debba, o no, essere costruita con
sacrificio del pensiero individuale nel suo orientamento a una meta di soddisfazione. In altri termini
ancora se il legame sociale debba instaurarsi, o no, al costo del sacrificio del principio di piacere e
dunque del pensiero;
- se sia, o no, “possibile evitare che la massa sia dominata da una minoranza” “tramite
forme di
coercizione“;
- se sia vero, o no, che “non si può fare a meno di imporre il lavoro nella vita civile”;
10
S. Freud, La questione dell’analisi laica, 1926, OSF, vol. 10.
S. Freud, L’avvenire di un’illusione, cit., 437.
12
Ivi, p. 483.
13
Ivi, p. 479.
14
Ivi, p. 437.
15
Ivi, p. 469.
11
3
- se sia vero, o no, “le masse sono infatti svogliate e prive di senno”. Domina infatti la
teoria secondo cui: “Due sono le caratteristiche umane molto diffuse cui va addebitato il fatto che
gli ordinamenti civili possono essere mantenuti solo tramite una certa misura di coercizione: gli
uomini non amano spontaneamente il lavoro e gli argomenti non possono nulla contro le loro
passioni”16;
- ma in ultima analisi se sia vera, o no, la teoria sulla cui base le teorie precedenti
vengono sostenute e difese nel corso del dibattimento dall’avvocato. E’ la teoria della debolezza
intellettuale, della debolezza del pensiero che si orienti secondo principio di piacere.
Tra parentesi, sia chiaro che parlare di principio di piacere, che a volte Freud chiama di
guadagno, equivale a parlare di principio di profitto. Un principio che fa sì che un individuo si
rivolga alla realtà, che anzitutto è la realtà dei suoi altri, con un suo lavoro di domanda rispetto a cui
l’apporto, la risposta, dell’altro risulterà il profitto del suo lavoro. Il fatto stesso che l’altro risponda
alla mia domanda verrà sperimentato come profitto: per capire questo basta pensare al gelo che
compare in certi sogni di fronte all’altro assolutamente impermeabile a una domanda del soggetto.
Che l’altro risponda alla mia domanda col suo apporto attiene alla sua libertà: è il solo caso in cui la
parola gratuità assume significato. O basta pensare anche alla rappresentazione, da svegli, dell’altro
come cieco e sordo, impassibile e imperturbabile, non modificabile dalla propria domanda.
La teoria della originaria debolezza intellettuale dell’individuo si esprime come teoria della
debolezza intellettuale del bambino: dobbiamo aver chiaro che le teorie sulla debolezza intellettuale
del bambino sono teorie sulla debolezza intellettuale dell’individuo che si regola secondo principio
di piacere.
La teoria, nel dibattimento, viene così formulata dall’avvocato: il “bambino è
intellettualmente debole”. Per questo gli “vanno imposte decisioni e scelte che solo l’intelligenza
matura dell’adulto potrebbe legittimare”. Non importa che si tratti di dottrine religiose. Se si
abbandonassero le dottrine religiose, che tuttavia sono le meglio organizzate e quindi sono
preferibili, si dovrebbe sostituirle con altre “della stessa santità, rigidità, intolleranza, e imporre al
pensiero le medesime proibizioni”. 17 Quello che conta è che un soggetto venga scardinato da un
principio di profitto come orientamento, perché questo lo renderebbe svogliato rispetto al lavoro e
privo di senno, ed egli venga sottomesso a teorie su un al di là incontrollabile, perché questo è
l’unico modo di scardinarlo radicalmente dal principio di piacere o di profitto. .
É una teoria operante in un’antichità, in cui il sistema produttivo si reggeva sulla schiavitù,
ma in pieno Rinascimento Montaigne nei suoi Essais scriveva. “Non si può lasciare al giudizio di
ciascuno la conoscenza del suo dovere; bisogna prescriverglielo e non lasciarglielo scegliere a sua
discrezione … La prima legge che Dio diede mai all’uomo fu una legge di pura obbedienza, fu un
comando puro e semplice in cui l’uomo non avesse nulla da conoscere e da discutere”18.
É a partire da qui, da questa teoria – “bisogna tenere a freno queste masse pericolose” 19 –
che, prima che riguardare il bambino, riguarda l’individuo in quanto tale, che si genera la teoria di
una scissione tra una maggioranza, una massa, fannullona e che non sa, o meglio che sa di cose
pericolose e minacciose per l’ordine sociale, e una minoranza che, grazie a una qualche forma di
16
Ivi, pp. 437-438.
Ivi, p. 480.
18
M. Montaigne, Essais, 1588, 2, XII. La traduzione è dell’autore.
19
S. Freud, L’avvenire di un’illusione, cit., p. 469.
17
4
ascesi, morale religiosa o professionale o scientifica, sa e impone alla maggioranza scelte e
decisioni, anche con forme di coercizione più o meno brutali. Medici e preti sono le due categorie
professionali che meglio rappresentano questa minoranza in grado di guidare queste masse
fannullone e dissennate.
Quali sono gli argomenti che Freud contrappone nella sua “arringa” a queste teorie?
- Anzitutto quello, di carattere epistemologico, della scarsa scientificità di queste teorie. Si
tratta di teorie che scambiano la causa con l’effetto. In altri termini, si tratta di teorie che
infantilizzano gli uomini per sostenere poi che essi devono essere trattati come bambini:
“Fintantoché incidono sui primi anni di vita dell’essere umano da una parte l’inibizione a rivolgere
il proprio pensiero alle cose sessuali, e dall’altra l’inibizione religiosa e quella da essa derivante di
tipo lealistico, non possiamo dire come l’uomo sia fatto in realtà” 20. Ricordiamo come per Freud, in
ultima analisi, tutti i rapporti siano sessuali, ossia orientati alla soddisfazione attraverso la
partnership: è a proposito della differenza sessuale che viene, infatti, riformulata l’idea di
partnership già introdotta nella sua prima formulazione come rapporto ereditario padre-figlio. In
alternativa non resta che subordinarsi a un ordine costituito imposto nei cui confronti si nutrirà un
dovere di lealtà.
Freud, in questo caso, è tutto interno al dibattito scientifico sull’osservatore che modifica la
realtà: è del resto nel 1927 che Heisenberg enuncia il principio di indeterminazione.
- In ogni caso fin d’ora è un dato di osservazione la falsità della teoria concernente la
debolezza intellettuale del bambino: “Pensi al deprimente contrasto tra la radiosa intelligenza di un
bambino sano e alla debolezza intellettuale dell’adulto medio” 21. La “relativa atrofia”
dell’intelligenza dell’adulto medio, che sembra dar ragione del dover poi la civiltà provvedervi con
decisioni e scelte proprie da imporre, non è, in realtà, che l’effetto dell’aver destituito il pensiero
con tali decisioni e scelte calate dall’alto.
- L’ostilità degli uomini per la civiltà non è che il frutto di un tale trattamento del pensiero,
privandolo di quell’unico orientamento che renderebbe pacifico il rapporto con la civiltà. “l’indole
delle masse umane così descritta non è nient’altro che il risultato di ordinamenti civili difettosi, a
causa dei quali gli uomini si sono esacerbati e sono diventati cattivi e intrattabili” 22. Ogni rinuncia
di principio alla soddisfazione genera, infatti, la sequenza odio, senso di colpa, angoscia.
- Chi sostiene le teorie dell’Avvocato è imputabile di conservatorismo cieco e fondato su
ragioni pseudoscientifiche. Si tratta di intravedere le linee di una riforma, sia pure con estrema
prudenza stante la “grandiosità del compito”: “voglio moderare il mio zelo e ammettere la
possibilità che anch’io corra dietro a un’illusione ... Ma Lei mi deve concedere che siamo qui in
presenza di una speranza legittima per il futuro, che forse c’è da scoprire un tesoro che può
arricchire la civiltà .. Qualora questo tentativo si rivelasse insoddisfacente, sarei pronto a rinunciare
alla riforma e a tornare al mio precedente giudizio, puramente descrittivo: l’uomo è un essere di
intelligenza debole, dominato dai suoi desideri pulsionali” 23.
20
Ivi, p. 477.
Ivi, p. 476.
22
Ivi, p. 438.
23
Ivi, p. 477.
21
5
- E qual è la chiave di volta della riforma? Che si trovino i modi per cui la civiltà, in tutte le
sue istituzioni, si rivolga all’individuo, a cominciare dai bambini, liberandolo dallo statuto di idiota,
di intellettualmente debole, per riconoscergli lo statuto di figlio: “ Le nuove generazioni educate
con amorevolezza e ad avere grande stima del pensiero, avendo sperimentato fin dai primi
anni di vita i benefici della civiltà, avranno certamente un diverso atteggiamento verso di essa, la
sentiranno come il loro patrimonio più inalienabile e saranno pronte a sopportare i sacrifici di
lavoro e di soddisfacimento pulsionale, necessari per conservarla” 24.
Lo statuto di figlio è l’unico logicamente possibile che permetta di conciliare
pacificamente pensiero individuale e civiltà, pensiero individuale e cura del patrimonio, pensiero
individuale, apprendimento e lavoro per far fruttare il patrimonio ricevuto. Ma è uno statuto che
abbisogna del compimento dell’idea di relazione ereditaria, prima edizione di partnership, nella sua
riedizione che sfrutta la risorsa naturale della differenza sessuale. La differenza sessuale, di per sé
una banalità biologica, offre, per così dire, la materia prima per pensare una dissimmetria di posti il
cui frutto, il cui guadagno, il cui profitto, è la reciproca soddisfazione. Il pensiero dell’eredità
ricevuta si deve completare col pensiero della possibilità di collaborazione con altri figli, uomini e
donne, in vista della reciproca soddisfazione.
- Senza questa prospettiva di riforma ”non solo i grandi problemi di questa vita appaiono a
tutt’oggi insolubili, ma anche molte questioni minori risultano difficili da risolvere” 25.
In Appendice al mio intervento, mi sembra interessante riportare parte del testo
introduttivo a una serie di incontri di alcuni Avvocati della salute con insegnanti di una scuola di
Milano. Tema degli incontri, svolti nella specificità del rapporto insegnante allievo, è appunto
quello che Freud pone al centro del testo che ho ricostruito nella mia relazione: l’odio e la
rivoltosità, o comunque il rifiuto di investire nel lavoro di apprendimento – che in molti casi si
manifesta solo come inibizione – che insorgono quando non si è lasciato il tempo allo studente di
apprezzare come opportunità l’eredità di conoscenze e abilità che la scuola è lì a trasmettere:
“L’Associazione Studium Cartello-Il Lavoro Psicoanalitico, che ha introdotto la nuova
figura professionale dell’Avvocato della salute, sostiene la tesi che nella riuscita scolastica ciò di
cui si tratta non è anzitutto una questione di buona volontà, ma di orientamento ad una meta, ad uno
scopo elaborati in proprio dagli studenti: la buona volontà ne consegue.
In assenza di un orientamento in proprio nei confronti della scuola – la cui fonte è
l’interesse e l’investimento da parte di genitori e insegnanti – , una volta cioè che gli studenti non
siano giunti a pensarsi come beneficiari del patrimonio di sapere che nella scuola si trasmette, non
resterà loro come ragione sociale che l’idea di un’imposizione tirannica vissuta come sopruso. Ne
conseguirà il costituirsi di una controvolontà che sfocerà a volte in atteggiamenti ribellistici, sempre
in fallimenti più o meno sistematici e in alcuni casi in abbozzi di comportamenti delinquenziali.
É solo sulla base dell’idea di essere eredi di un lascito culturale e civile come ricchezza che
si costruisce la capacità di, e la disponibilità a, investire nel lavoro di apprendimento.
Che fare di fronte a una controvolontà e a un ribellismo che sono lo sbocco di un accumulo
nel tempo di comportamenti disturbati e disturbanti? Se l’insegnante non si rende conto di come con
il proprio ribellismo anarcoide gli studenti non facciano che ripetere forme di rapporto
24
25
Ivi, p. 438.
Ivi, p. 477.
6
precedentemente sperimentate e mai criticate, corre il rischio di andare ad occupare e a rafforzare
proprio quel posto di tiranno che accende la ribellione o getta nell’impotenza del fallimento.
Boicottaggio degli studenti e risposta tirannica dei docenti porteranno allora ad un
immobilismo contrassegnato, negli uni e negli altri, da una uguale attesa di catastrofico fallimento
del lavoro scolastico. L’alto numero di bocciature da una parte e dall’altra il desiderio di fuga degli
insegnanti da una situazione diventata intollerabile diventeranno l’unica risposta alla questione del
perché tanti studenti non ne vogliano sapere del sapere, e alla questione del posto che nei loro
confronti gli insegnanti possano venire a occupare”.
© Società Amici del Pensiero – Studium Cartello 2015
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