Ogni anno è necessario fare una riflessione sul percorso fatto e

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Ogni anno è necessario fare una riflessione sul percorso fatto e
Ogni anno è necessario fare una riflessione sul percorso fatto e soprattutto su dove vogliamo dirigerci.
Quest’anno sarà però particolare, sia nei modi – un’assemblea plenaria prima di dicembre non è possibile
per diversi motivi di agende personali e politiche – sia nei contenuti. Questo perché l’orizzonte politico nel
quale siamo nati, cresciuti, evoluti, sia come gruppo sia individualmente, è mutato profondamente. Quando
siamo nati nel 2007 il PD era un partito “costituendo” dove confluivano due partiti eredi dei partiti storici
della Repubblica italiana e che si apriva alle esperienze del centrosinistra più recente, sia in termini di
militanza para-partitica sia di competenze del mondo delle professioni, della vita quotidiana per portare un
nuovo soffio al centrosinistra italiano, in un intento unitario e al tempo stesso non-rigido che voleva
interpretare il sentimento di un’appartenenza che si sentiva stretta nelle delimitazioni classiche delle
forme-partito tradizionali.
Un centrosinistra che solo tre anni fa era al governo del paese e un PD che era l’asse portante, seppur tra
molteplici problemi, di quel governo. Un partito “nuovo” , si diceva, che voleva essere da una parte il
compimento dell’Ulivo e dall’altra una sua evoluzione verso una forma più stabile.
Nella genesi del PD siamo nati e seppur partendo da un gruppo sparuto, in cui molti lavoravano all’estero,
ci siamo impegnati affinché, come ancor oggi recita il nostro manifesto identificativo, nel PD tra la
possibilità di diventare un rivoluzionario meccanismo di cambiamento e rinnovamento della politica e della
società italiane, avvilite da anni di pigrizie, egoismi e scarsa lungimiranza e quella di essere la riproduzione
di un sistema di autoconservazione di un establishment che ha avuto dei meriti e delle intelligenze, ma che
ha smesso di trarne frutto da un pezzo, potesse prevalere la prima possibilità. Anzi, più sommessamente (e
forse un po’ pessimisticamente, il pessimismo della ragione) eravamo quelli che non si sono ancora
rassegnati a far prevalere la seconda opinione.
Il PD da allora ha compiuto molta strada, ha avuto tre segretari, un lunghissimo congresso e oggi ha una
struttura definita, anche se non è per ora un meccanismo rivoluzionario di cambiamento, e se molto
probabilmente la seconda opzione è quella purtroppo prevalente, chi invece aveva come faro il
rinnovamento della società italiana ha un suo spazio politico nel partito. Uno spazio politico minoritario ma
sui cui deve, e può, lavorare all’interno del partito per farlo crescere e diventare prevalente.
Certo, spesso è scoraggiante notare quanto il PD si incarta spesso attorno a documenti politici branditi
come armi e scritti in un interminabile linguaggio fumoso, involuto e stremante. Questo per noi significa
che tre anni dopo la nascita dei Mille ancora molto è il lavoro da fare nel PD. Si tratta anche di un invito a
discutere del nostro futuro con una concretezza e un piglio diverso da quello della classe dirigente di cui
vorremmo prendere il posto. Per questo però bisogna capire e definire meglio il rapporto con il PD, quello
che esiste attualmente non quello che stava nascendo o quello dei nostri sogni, definire le nostre
aspirazioni sia individualmente, sia come gruppo sia individualmente.
Perché tre anni fa i Mille sono nati in un momento in cui il PD non esisteva, e quindi era potenzialmente
quello che ciascuno di noi desiderava diventasse: la ragione della nostra esistenza era proprio la promessa
di una lavagna da riempire, di una finestra aperta come quella lasciata a Ivan Scalfarotto dalle primarie del
2005. La possibilità di incidere in un progetto che aveva come ragione fondativa il superamento del
passato, mettendo al suo servizio le forze migliori della nostra generazione, frustrate da anni di
conservatorismo e timidezza.
Ve li ricorderete, i discorsi di quei giorni: dicevamo di essere la porta d’ingresso per chi voleva far parte del
Partito Democratico senza passare dall’iscrizione ai DS e alla Margherita. Di fatto lo siamo stati: ci siamo
candidati alle primarie, abbiamo fatto ciò che sapevamo fare e abbiamo imparato molte da ciò che non
sapevamo fare. Nel frattempo il PD è nato, ha affrontato un’elezione politica, un’elezione europea e
molteplici elezioni amministrative, cambiando tre segretari, ma anche perdendo oltre quattro milioni di voti
dalle prime elezioni successive alla sua nascita ad oggi. Un oggi in cui si trova in una fase stagnante.
Ma non è la fase stagnante del PD, la novità principale per noi. È il fatto che oggi il PD è un partito
“compiuto”, che certo assomiglia molto di più ai partiti che lo hanno preceduto che a quelli che noi
avremmo voluto imitare. E’ anche un partito che ha energie dentro di sé, energie che purtroppo devono
faticare moltissimo per imporsi al suo interno e nella percezione che la società ha del PD. Questo è
naturale, è la politica. Chi ha scelto di mettersi in gioco nella politica con il PD, vi è dentro, deve spesso
soggiacere ai ritmi imposti da una tradizione che ha i suoi riti, i suoi tempi.
Questi però sono anche un riferimento interno per chi voglia oggi avvicinarsi al PD. Una nuova generazione
sta crescendo nel partito e si sta facendo conoscere nella società. Sta imparando a farsi le ossa nelle
battaglie interne e nel rapporto con gli elettori. Gruppi, reti, forze che sono ancora eterogenee e non
organizzate, ma che hanno il loro alveo per strutturarsi nel PD. Che devono farlo meglio, con più forza,
acquisire soprattutto più personalità, sicurezza e consapevolezza dei propri mezzi. Crederci di più
all’interno del partito senza mezze misure. Sicuramente dialogando con ciò (ed è tanto) che è fuori dal
partito, per non cadere nell’errore dei “padri”, per non perdere il contatto con i bisogni della società,
capirla vivendola e nutrirsi delle sue forze migliori. Ma questo è un flusso tra partito e società che può
avvenire direttamente, senza mediatori. Ciò può avvenire tanto meglio quanto più chi nel partito ha questa
visione della politica (e della società) sente la propria responsabilità, l’onere e l’onore del proprio compito.
Ed è interamente legittimato a farlo.
Per questa ragione, la missione fondativa dei Mille – essere porta d’ingresso verso il PD, stando sulla
frontiera e facilitare l’ingresso di chi era non solo estraneo a DS e Margherita ma chi soprattutto voleva una
dimensione diversa da quella dei due partiti principali da cui il progetto si originava – è di fatto esaurita.
Oggi non c’è un nuovo progetto da inventare e costruire, bensì un partito che richiede militanza, sacrificio
nel breve periodo per ottenere – con pazienza e ostinazione – risultati nel lungo periodo.
Il ruolo originario che si è naturalmente, storicamente, esaurito ha portato quindi a un vuoto identificativo
e a una serie di attività che non hanno un legame politico coerente. In alcuni casi partecipiamo e
organizziamo iniziative ed eventi politici come iMille, ma altrettanto spesso troviamo più utile anteporre al
nostro simbolo quello del PD. Questo, non solo per ragioni di utilità pratica, ma perché alcuni di noi, per
tanti motivi, non si identificano, e non vogliono identificare il proprio nome e le proprie competenze
totalmente con il PD, altri invece sono molto addentro alle dinamiche del partito. Per questo in molti casi
abbiamo annullato le nostre attività nei confronti di quella parte di persone che non sta dentro il PD e non
ha intenzione di entrarci a breve.
Queste due anime, se pur non contrapposte nella visione di fondo, hanno difficoltà a far crescere il gruppo
come sarebbe necessario, sia per quanto concerne chi vuole fare politica dentro il PD sia per chi vede la
propria azione politica più come una elaborazione culturale e contenutistica.
Lo stallo nasce da questa condizione di fondo: i Mille per come erano stati pensati, ovvero un gruppo di
frontiera tra dentro e fuori il PD, in un momento in cui il PD non aveva frontiere ben definite, non
esistevano tessere, per esempio – non hanno più senso. Perché ora il PD è un partito definito e
quell’attività “sulla soglia” non è più attuabile viste le condizioni politiche odierne, del gruppo e di ciò che ci
sta intorno.
E’ necessario quindi chiarire quale è ad oggi la nostra missione. Una considerazione potrebbe essere quella
di dichiarare che la nostra missione originaria non esiste più e quindi dichiarare finita questa esperienza.
Questa possibilità non è né una constatazione di fallimento né una soluzione triste. Non è un fallimento
perché quando le missioni sono finite si può dirlo e quindi passare ad altro. Non è triste perché le relazioni
personali e politiche che abbiamo instaurato restano e saranno i semi per il futuro.
Non dobbiamo neanche sottostimare i risultati raggiunti da questo gruppo, soprattutto se guardati
relativamente alla vastità dei problemi del Paese, e alle nostre possibilità e alla nostra condizione di
partenza. Tutte le persone dei Mille che in questi tre anni hanno fatto attività politica dentro il PD, oggi
hanno un ruolo nel partito: nelle direzioni e assemblee cittadine, provinciali, regionali e nazionale, fino a
Ivan Scalfarotto che è oggi vice presidente dell’Assemblea Nazionale. Tutto ciò ottenuto in un tempo molto
breve, tre anni, senza avere alcun ruolo all’interno della politica e dei partiti precedenti. Senza modestia
dovremmo dire che è un risultato quasi unico nella politica italiana degli ultimi quindici anni.
Se quindi la fase di nascita, e quindi di apertura totale, del PD è passata, c’è ancora molto lavoro da fare per
migliorare sia il PD sia il paese. Quindi il senso politico più ampio della nostra azione politica è sempre
presente. Da qui trovare nuovi obiettivi e elaborare la migliore forma organizzativa per perseguire la nostra
nuova missione. Sarà così possibile ripartire da questa fase. Una nuova fase che non deve chiaramente
dimenticare completamente il nostro, breve, passato, sia nelle motivazioni sia negli obiettivi raggiunti. E’
bene però partire dalla considerazione che non esistono più le condizioni politiche per questo gruppo di
fare al tempo stesso militanza politica attiva dentro il PD e formazione e discussione ai margini,
indipendentemente, dal PD.
E’ necessario scindere le due attività.
E’ necessario partire da i punti di forza che ci caratterizzano nella scena politica e delineare il modo migliore
per non disperdere ciò che abbiamo conquistato e per far crescere al meglio i diversi aspetti.
Da una parte abbiamo il blog, che ha funzionato bene, funziona ancora e può funzionare ancora meglio
organizzando e allargando i contributi e il parterre di chi scrive per il blog. Non serve essere ossessionati da
numeri e statistiche: un blog come quello dei Mille non si conta, si pesa. Ed è un blog che pesa, che scatena
ancora oggi discussioni interessanti, che vede la partecipazione di autori e commentatori intelligenti e
stimolanti, che incide. Ad oggi, grazie al blog che è il punto cardine del dibattito contenutistico ed è il
principale collettore di energie ci siamo costruiti una autorevolezza sui temi di Università e ricerca, diritti
civili, energia e ambiente. Il blog va però rafforzato investendoci forze, puntando sull’analisi e
l’approfondimento, dandosi l’obiettivo di farlo diventare uno dei punti di riferimento in rete della sinistra
moderna, libera e intelligente, liberandone il potenziale ideativo e cambiando la sua veste “editoriale” .
Deve imporsi, quindi, come un luogo di discussione e elaborazione della sinistra italiana, al di là del PD. Non
in contrapposizione ma libero dalle appartenenze. Ospitando chi fa politica nei partiti e chi la vuole fare al
di fuori. Per questo sarà necessario strutturare il blog in questo verso, con una redazione vera e propria i
cui compiti siano meglio definiti e riconosciuti e un comitato editoriale per nutrire con continuità la
discussione che sia sempre più di ampio respiro. Diventare di fatto una “rivista online” non significa non
darsi la possibilità di organizzare incontri di discussione fisici su argomenti specifici come abbiamo già fatto
in varie occasioni.
La mailing list discussione è un’altra realtà che anima il dibattito, con accesso libero e aperto, che non
domanda alcuna sottoscrizione di fede politica e che ha avuto bisogno di pochissimi atti orientativi. Si
riescono così ad alternare domande, annunci di eventi e intavolare discussioni intorno, soprattutto, ai temi
di attualità. Perdere questa realtà sarebbe perdere un luogo libero di discussione, cosa sempre negativa e
che allontanerebbe da un mondo in cui non sia una visione unica a imporsi ma dove il progresso nasca dal
libero ed educato scambio di idee. Per questo si deve continuare a pubblicizzarla per quel libero spazio di
discussione e intervenire solamente quando si superi il limite dell’educazione e del rispetto che affossa il
dibattito proficuo. Pensiamo che questa mailing list possa continuare ad essere gestita come adesso,
tenuto conto che in questi anni gli interventi di moderazione necessari sono stati pochissimi.
Infine abbiamo chi grazie e per mezzo dei Mille ha profuso gran parte del suo tempo dedicato alla politica
alla militanza organica dentro il PD, spesso partendo da posizioni minoritarie ma grazie alla base “ideale”
personale e del gruppo si è poi costruito posizioni degne di stima e di nota dentro il partito. Stima che è
attestata non solo da noi stessi ma, cosa ben più importante, dagli organi stessi del PD, a tutti i livelli, a
seconda dei casi. Questa militanza interna al PD oramai non può più condursi con gruppi fluidi e composti
da persone che stanno con un piede dentro e un piede fuori il PD. Serve una chiara connotazione dentro il
PD di chi ha in mente un’Italia più moderna, più laica, più di sinistra. Occorre che le anime della sinistra
moderna diventino il cuore dell’area progressista. Per fare questo devono essere ben identificabili
all’interno del partito e, soprattutto, la società deve chiaramente riconoscere che nel PD questa visione
della società è saldamente ancorata, è parte chiara e importante del partito e del progetto di società
proposto dal partito. Per arrivare a delineare il nuovo riformismo progressista del 2000, cosa ciò questo
voglia dire nelle declinazioni concrete della quotidianità, è necessario che queste forze inizino a collegarsi
all’ interno del PD autonomamente.
Uno dei punti di partenza sarà chi nei Mille si è dedicato a lavorare dentro il partito, ma a questi si potranno
e dovranno unire in un soggetto diverso quanti hanno condiviso questa visione della società nella passata
fase congressuale, indipendentemente dalla mozione sostenuta. Soprattutto è necessario un punto di
riferimento chiaro per chi voglia iniziare oggi e nel futuro a fare politica nel partito per cambiare in meglio
la società italiana. La vice-presidenza del PD di Ivan Scalfarotto deve così essere considerata come una
grande occasione di visibilità all’interno e all’esterno per attrarre e unire queste nuove forze. Questo sarà
un nuovo soggetto, con una sua organizzazione e struttura, organico al PD e perciò diverso da iMille. Un
soggetto che per chi sta ne iMille e lavora nel PD non significa chiudere un’esperienza, al contrario. Significa
dare nuova linfa per la formazione e la crescita dentro il partito di chi ha la nostra visione del mondo.
Essere organicamente dentro il PD e generare discussione politica nella società coinvolgendo esperti di ogni
settore che non sempre sono disposti a lavorare per un partito, mentre sono disposti a mettere le proprie
competenze ed esperienze per un progetto politico-culturale dell’area progressista italiana ed europea,
sono due cose difficilmente compatibili all’interno di uno stesso contenitore. Per motivi di appartenenza
ma anche per motivi di dinamicità e organizzazione. Per finalità e per potere espansivo. I due aspetti
chiaramente possono essere dialoganti e questo è sicuramente auspicabile nonché logico, ma non possono
convivere e crescere insieme.
Per concludere, ad oggi possiamo in tutta onestà intellettuale affermare che la finalità politica originaria de
iMille non esiste più e quindi come gruppo organizzato la nostra attività partitica termina naturaliter. Fatta
propria questa conclusione, per il futuro possiamo dire che:
1. Il blog con i suoi progetti di espansione verso una sempre migliore area di discussione ed elaborazione
contenutistica della sinistra italiana resta e si riorganizza. Così come resta la mailing-list discussione. Questo
significa che il blog de iMille resta, anzi amplifica sempre di più questa sua vocazione, un’area di riflessione
e proposta politica, al servizio del progressismo e riformismo indipendentemente dall’appartenenza
partitica.
2. Chi grazie a iMille ha fatto politica nel PD potrà continuare a impegnarsi per contribuire a formare
quell’area moderna e riformista di cui si sente la mancanza in Italia, e che oggi può trovare in Ivan
Scalfarotto uno dei suoi punti di riferimento all’ interno del partito. Chi infine vorrà fare politica in realtà
diverse dal PD potrà comunque far parte di Mille, così com’è sempre stato.