Eros e cioccolato dalla parte di lei: l`attrazione fatale
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Eros e cioccolato dalla parte di lei: l`attrazione fatale
Dora PICCALUGA, sessuologa, Società Italiana di Sessuologia Clinica Relazione per il Convegno “Processo al cioccolato”, Unive rsità di Pavia, 1999 Eros e cioccolato dalla parte di lei: l’attrazione fatale L’altra metà del cielo è la più grossa consumatrice di cioccolato: le statistiche ci dicono che una donna su cinque è ghiotta di cioccolato contro un uomo su otto/dieci; è inevitabile domandarsi il perché di questa attrazione così polarizzata; qual’è la natura del cioccolato, è maschio o femmina? la sua natura bisessuale, a partire dall’aspetto linguistico è ampiamente riconosciuta (1): si intende al femminile come bevanda e al maschile come forma solida; la prima, assai più antica, risale, in altra forma e sapore, a tremila anni fa: la storia tramanda che Montezuma ne bevesse prima di accedere alle stanze delle mogli, per trarre vigore virile, mentre essa era proibita alle donne, non si sa perché(2); la ben nota tavoletta, invece, è assai più giovane, non va oltre i duecento anni (3). Ma al giorno d’oggi la definizione di genere, maschile o femminile, in termini così riduttivi è mal posta, poiché la bevanda, presunta femminile, sia per gli uomini che per le donne ha un consumo minimo rispetto al cioccolato o ai cioccolatini: la si gusta solo d’inverno, occasionalmente, e non è certo lei a causare stupore per l’attrazione fatale che il cioccolato esercita, tanto prepotente da chiedersi se non sia una sorta di droga; è evidente che la definizione del sesso del cioccolato viaggia per itinerari più nascosti. La prima domanda che si impone è se il cioccolato abbia qualità afrodisiache: è appurato che non esistono cibi afrodisiaci, per studiare le sostanze che hanno per certo queste caratteristiche bisogna avventurarsi in complicati percorsi biochimici o farmaceutici, come la nota pillola azzurra che fa sognare tanti uomini oggi; e anche se molte leggende e tradizioni attribuiscono a taluni cibi questi particolari poteri, si può asserire che essi non sono niente più che complici dell’eros: ostriche, cibi al peperoncino, vini, tartufo. Per giustificare la loro valenza erotica, ad essi viene attribuito un sesso, a seconda che ricordino il corpo o i genitali maschili o femminili: come l’ostrica che evoca con la sua forma il sesso femminile, o il peperoncino quello maschile, o il tartufo che pare richiami l’odore muschiato dell’uomo (4). L’eros del cioccolato, e così il suo sesso, continua ad essere un mistero: esercita una sorta di dipendenza, tant’è vero che è stato 1 analizzato nei suoi componenti per verificare se alcuni di questi possano esserne ma causa, ma Pasini nega autorevolmente qualsiasi certezza in proposito: ad esempio la caffeina è una pallida presenza in rapporto alla tazzina di espresso, e riguardo alle possibili sollecitazioni erotiche la serotonina, dice l’autore, è presente in modo ben più rilevante in altri cibi, come il salame o il formaggio affumicato, che invece non godono dello stesso alone, o i carboidrati che stimolano l’insulina sono assai più copiosi in un piatto di spaghetti, ecc.; per dipanare il mistero l’autore suggerisce di orientarsi verso schemi simbolici, di ordine psicologico, piuttosto che inseguire una giustificazione biochimica troppo evanescente (5). Il cioccolato viene spesso apprezzato dai consumatori uomini come sostanza che carbura, e quindi attivante la sessualità, -ma mi chiedo se il classico uovo sbattuto non lo sia altrettanto-, al contrario per la donna questo non accade: gli autori delle ricerche negano che il cioccolato sia usato dalle donne come predisponente alla sessualità; se gli uomini da Montezuma a Napoleone ricercavano in esso energie anche sessuali, Luigi XV quando voleva sollecitare la frigida Pompadour ricorreva alla classica coppa di champagne, anzi pare che avesse fatto disegnare la coppa di cristallo proprio sul seno della bella amante. Le statistiche, infatti, attestano che le donne preferiscono, in più del 50% dei casi, il cioccolato al sesso: Pasini riporta il risultato di un’indagine Gallup in cui, alla domanda posta a diverse donne se preferiscono il cioccolato o il sesso, la risposta pende per il cioccolato (6); la Waterhouse in un’analoga inchiesta arriva alle stesse conclusioni (7). Emerge l’immagine di un cibo compensativo, cui una donna si abbandona più volentieri quando è delusa o frustrata, quindi gratificante, antidepressivo e induttore di un senso di piacevole sazietà contro i momenti vuoti della vita; non complice dell’eros, spesso competitivo. Questo induce a pensare che il cioccolato abbia un suo eros, una sua potenzialità particolare, simbolica o analogica, rispetto alla sessualità: a questo punto diventa sempre più intrigante abbandonarsi a vagare nel labirinto delle suggestioni e delle sensorialità che preludono all’eros, alla ricerca di accostamenti o dissonanze. Si può partire dall’olfatto che ha una grande parte nell’attrazione sessuale, come ci conferma l’etologia: anche se negli umani si è attutito per la stazione eretta, resta presente e intenso, come un filo sottinteso e misterioso. Al contrario, nel cioccolato l’elemento olfattivo è pressoché inesistente: si parla del suo profumo, ma questo si manifesta quando il cioccolato viene scaldato e lavorato, la classica tavoletta o i cioccolatini sono quasi inodori; sotto questa angolatura il genere del cioccolato corrisponde alla sua forma grammaticale: odoroso quando è femminile, 2 come il corpo femminile è odoroso per effetto degli estrogeni, ma quasi inodoro quando è solido. I gastronomi e i sommeliers testimoniano un fenomeno ben noto agli anatomi, che l’olfatto è molto più raffinato del gusto: ad es. nella degustazione dei vini l’olfatto consente la distinzione di decine e decine di profumi diversi, mentre il gusto, assai più grossolano, non va oltre i quattro sapori fondamentali (8); questo significa che quando noi gustiamo un cibo o un vino abbiamo una anticipazione olfattiva del suo aroma, che si amalgama con la percezione interna dataci dalle papille gustative e dalla tattilità del cavo orale, per combinarsi nella sua interezza. Il cioccolato invece non dà nessuna anticipazione ‘ante portam’, si consuma tutto dentro la bocca, all’interno, esso impregna la cavità orale. Si connota anche di qualità particolari di tipo tattile: fonde alla temperatura corporea, per cui lo si introduce duro nella bocca e se ne gode il liquefarsi lento e subitaneo, attraverso passaggi morbidi e cremosi, sensualità che non manca di attrarre il piacere femminile, dove la tattilità che predispone all’eros incontra l’inclinazione erotica della donna. Come dicevo, il cioccolato impregna la cavità orale, im-pregna; questo evoca altre suggestioni: la Pasqua recente ci ricorda l’imperversare delle nere uova (inammissibili in altra forma se non di cioccolato), sorta di grandi dolcissimi uteri che nascondono al loro interno la sorpresa misteriosa; ma non solo le uova hanno questa suggestione: la Waterhouse descrive l’importanza dello scartare l’involucro del cioccolato, non solo per l’uovo di Pasqua, ma anche per i cioccolatini, prediletti nella carta metallizzata, il che manifesta quanto sia importante il rituale dell’aprire/scoprire per trovare il misterioso dolce dentro. Emerge prepotente un’insospettata natura ermafrodita del cioccolato, che è sì maschile/penetrativo, ma anche femminile/uterino, misterioso, -ma piace mantenere il suo mistero, per poterlo svelare nel rituale dell’apertura dell’involucro-; lo stesso colore così scuro/oscuro ha la sua importanza suggestiva: rimanda alla donna la percezione archetipica del suo corpo come una cavità misteriosa, caverna senza fondo, giustamente oscura come tutte le caverne che si rispettino. Ma il consumo del cioccolato è anche un’abitudine -o viziosolitaria: non ha la funzione socializzante di altri cibi, anche dolci, come la torta che si consuma in compagnia, al tè con le amiche, o alla fine di una cena conviviale, o in occasione di una festa. Nella maggior parte dei casi il cioccolato viene goduto in solitudine, conforto per la stanchezza o compensativo di una frustrazione; può essere un oggetto di regalo, ma 3 della scatola di cioccolatini, pochi vengono gustati in compagnia; il resto è destinato a riempire la triste o felice solitudine. E’ anche regressivo: nelle interviste alle donne degustatrici di cioccolato emerge una sorta di ‘madeleine proustiana’: una delle ragioni per cui il cioccolato esercita la sua malia è che rimanda ai ricordi infantili, ricorda il ricevere le cose buone dalla mamma (9), tant’è vero che viene assimilato simbolicamente al latte materno. Ma è regressivo anche in forma più ampia della libido orale, lo hanno ben capito le industrie delle merendine per bambini, inesorabilmente farcite di cioccolato, i cui involucri riportano immagini schiettamente coprofiliche, alla ricerca dell’attrazione che il bambino inevitabilmente ha verso una fase libidica, quella anale, che egli ha appena superato o che è ancora presente ed attiva. Per il cioccolato, oltre alla sua natura ermafrodita, il ventaglio simbolico dell’ erotismo si allarga, quindi, a tutte le forme pregenitali e genitali della sessualità, ben al di là delle forti ma univoche percezioni orali del gastronomo che arriva ad ululare di piacere nel gustare il cibo prediletto, con un’intensità quasi orgasmica. Per concludere il percorso delle analogie, bisogna toccare un tasto amaro: anche il cioccolato porta con sé i tristi fardelli che intralciano la vita sessuale femminile: il senso di colpa; la Waterhouse ci descrive le donne ghiotte di cioccolato come attanagliate dai sensi di colpa (10); la demonizzazione, tacciato di essere molto più ingrassante di quanto non sia, e infine, parallelamente ad altre note abitudini solitarie non precipuamente femminili, l’infondata accusa di essere portatore di malattie e foruncoli! ______________ Note: (1) PROCENZANO R., I segreti del cioccolato, in “Focus” n. 78, Aprile 99, p.156 e segg. (2) PASINI W., Il cibo e l’amore, Arnoldo Mondadori Ed., Milano 1994, p. 215 e segg. (3) per la storia del cioccolato: SCHIAFFINO M., Cioccolato e cioccolatini, Idealibri, Milano 1985 (4) PASINI W., Op. cit., p. 205 e segg. (5) PASINI W., Op. cit., pp. 216-217 (6) PASINI W., Op. cit., p. 218 (7) WATERHOUSE D., Perché alle donne piace il cioccolato, trad. di Daniela Piccini, Sperling paperback, 1995, p. 19 e segg. 4 (8) Associazione Italiana Sommelliers, Introduzione alla degustazione e vitivinicoltura, Grafiche Ceresoli, Milano 1987, pp. 9-11 (9) SCHIAFFINO M., Op. cit., p. 44 (10) WATERHOUSE D., Op .cit. , p. 54 BIBLIOGRAFIA Associazione Italiana Sommelliers, Introduzione alla degustazione e vitivinicoltura, Grafiche Ceresoli, Milano 1987 BALDARO VERDE J., Donna maschere e ombre, Raffaello Cortina Ed. Milano 1988 ESQUIVEL L., Dolce come il cioccolato, Trad. it., Garzanti, Milano 1991 GOCKEL R., Donne che mangiano troppo, Trad. it., Lyra Libri, Como 1990 PASINI W., Il cibo e l’amore, Arnoldo Mondadori Ed., Milano 1994 PROCENZANO R., I segreti del cioccolato, in “Focus” n. 78, Aprile 99, p.156 e segg. PORTINARI F., Il piacere della gola, Camunia, Milano 1986 ROBERT H., Les vertues thérapeutiques du chocolat, Artulen, Paris 1990 SCHELOTTO G., Una fame da morire. Anoressia e Bulimia, Mondadori, Milano1992 SCHIAFFINO M., Cioccolato e cioccolatini, Idealibri, Milano 1985 VASQUEZ MONTALBAN M., Ricette immorali, Trad. it., Feltrinelli, Milano 1987 WATERHOUSE D., Perché alle donne piace il cioccolato, Trad. it. , Sperling paperback, 1995 5