La rivolta pacifica dei neri che fece la storia dell´America

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MERCOLEDÌ, 03 FEBBRAIO 2010
Pagina 51 - Esteri
Nel febbraio di 50 anni fa quattro studenti di colore si sedettero sugli sgabelli di un bar per soli bianchi
di Greensboro Continuarono a farlo per sei mesi. Nacque così quella forma di ribellione che da allora si
è diffusa in tutto il mondo
La rivolta pacifica dei neri che fece la storia dell´America
La North Carolina era una fortezza del segregazionismo: il gesto dei ragazzi fu scandaloso
L´idea di non far nulla e opporre resistenza passiva si diffuse subito in tutto il Sud
VITTORIO ZUCCONI
«Salta, corvo nero, salta» cantavano nel Sud i menestrelli razzisti con la faccia dipinta di nerofumo, «salta Jim
Crow» quando l´uomo bianco te lo ordina. E saltarono disciplinatamente, fino a quel giorno di febbraio del 1960,
50 anni or sono quando quattro «corvi» rifiutarono di saltare, si appollaiarono sugli sgabelli di un bancone e non
si mossero più, per settimane. Bastò quel gesto, e quel semplice sit in, quel restar seduti, per cambiare una
storia che mezzo secolo più tardi avrebbe portato proprio uno di loro alla Casa Bianca.
I cinquantenario del primo sit in, della tecnica di protesta non violenta che per generazioni, fino ai licenziati e
disoccupati che siedono sui tetti delle aziende anche in Italia, avrebbe segnato l´epoca della disobbedienza
civile, oggi sembra anedottica storica da album dei ricordi ingialliti ed è invece cronaca di ieri. Nella North
Carolina del 1960, un anno e mezzo prima dell´elezione di John F. Kennedy, regnavano, come in undici stati
della Confederazione sconfitta un secolo prima, le leggi segregazioniste, che i signori bianchi del Sud si erano
affrettati a imporre per tamponare e negare di fatto l´abolizione di diritto della schiavitù imposta dal vincitore, da
Lincoln, nel 1865.
Fu nella Carolina del Nord, una delle fortezza invitta della segregazione, che quattro studenti di colore neppure
ventenni osarono l´impensabile. A Greensboro, si sedettero al bancone del ristorante dentro l´emporio
Woolworth, il santuario dello shopping, dove i clienti si fermavano per un boccone rapido tra un acquisto e
l´altro. «Qui non si servono niggers», sporchi negri, tentò di allontanarli una cameriera, usando la espressione
più brutale e offensiva, perchè così volevano la legge dello Stato, le ordinanze comunali e i regolamenti interni
del grande magazzino. I quattro, da allora e per sempre passati nella leggenda dei diritti civili come i
"Greensboro Four" non si mossero.
Restarono seduti. Come in uno stato vicino, il Tennessee, altri neri, senza sapere, si stavano preparando a fare.
Non avevano predisposto nè organizzato nulla, i «quattro del bancone proibito», Joseph McNeil, Ezell Blair Jr.,
David Richmond and Franklin McCain. Semplicemente, avevano deciso di averne avuto abbastanza di essere
trattati come animali infetti, da tenere in quarantena con l´espediente del «separati, ma uguali» che ancora oggi
tenta, nella sua apparente nitidezza, i razzisti e gli xenofobi in tutto il mondo. Ne avevano avuto abbastanza di
non poter bere alle stesse fontanelle riservate ai bianchi, di non poter usare gli stessi bagni, di non poter
mangiare il cibo spesso cucinato proprio da fratelli neri e, come Rosa Parks aveva fatto cinque anni prima a
Montgomery, in Alabama, di essere obbligati a sedere nelle ultime file degli autobus pubblici, comperati e pagati
anche con le loro tasse.
Ma la ribellione non violenta, gandhiana, di Martin Luther King, di Rosa Parks, della marcia sul ponte di Selma
negli anni ‘50, si era afflosciata, aveva perso vapore. Fino a quel febbraio del 1955 quando i quattro studenti si
sedettero per chiedere un hamburger. Nel giro di pochi giorni, la nuova tecnica del sit-in, del sedersi, dell´offrire
resistenza passiva, di non compiere atti violenti o vandalici e lasciare che fossero le autorità bianca a ricorrere
al manganello, alle manette, ai cani e agli idranti, per rimuoverli, si diffuse con la forza di un incendio nella
Prateria. Nelle altre città dei Sud dove vigeva la «Legge del Corvo», l´apartheid, Selma, Montgomery, Atlanta,
Nashville, Memphis, dove King sarebbe stata ucciso otto anni più tardi, studenti e sguatteri, donne delle pulizie e
uomini di fatica, entrarono simultaneamente nel ristoranti, nel supermercati, nel grandi magazzini dove il bancone
per una colazione svelta erano di rigore, e si sedettero.
Fu proprio a Greensboro, dove il primo sit in americano si svolse, che il muro della segregazione cominciò a
crollare. Dozzine di altri ragazzi neri sciamarono nelle vie del centro, entrarono nelle botteghe e negli esercizi
commerciali, senza gridare, senza agitare cartelli. Soltanto per sedersi. E non fu giustizia, o vergogna, o pudore
del proprio anacronismo a smuovere i buoni cittadini della South Carolina. Fu il Dio verde, il dollaro. Quando gli
affari nelle vie del centro collassarono, i negozianti e i proprietari dell´allora formidabile catena Woolworth
cedettero. Senza cambiare le leggi, silenziosamente, cominciarono a servire hamburger, patate fritte e ketchup
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anche agli odiati «negri» e ad aprire a loro le toilette.
Ancora quattro anni, e l´omicidio di un presidente in carica a Dallas, sarebbero dovuti trascorrere perchè la resa
dei commercianti di Greensboro diventasse la «Legge sui Diritti Civili» firmata da Lyndon Johnson nel 1964. Tre
ragazzi scesi da Nord sarebbero dovuti morire ammazzati in Mississippi, perchè quella legge e quel diritto di
voto non fossero svuotati dalla complicità fra sceriffi, sindaci e KKK. Ma il muro del corvo nero era caduto.
Almeno in parte. Nel 2008, Barack Obama, l´uomo ancora troppo corvino, fu sconfitto da McCain e dalla sua
Biancaneve, Sarah Palin, in Carolina del Nord, in Tennessee, in tutto il vecchio Sud di Via col Vento.
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