02 relazione di mons. FRANCO APPI 17/10/2016

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02 relazione di mons. FRANCO APPI 17/10/2016
NO AD UNA ECONOMIA DELL’ESCLUSIONE - QUESTA ECONOMIA UCCIDE
(Evangelii Gaudium n. 53)
Incontro di Coriano (17 ottobre 2016)
Relatore FRANCO APPI)
Sotto accusa il sistema economico
La “Evangelii Gaudium” costituisce la Magna Carta del pontificato di papa Francesco e vi
troviamo le linee programmatiche del suo pontificato; la critica al sistema economico
dell’esclusione e la denuncia della cultura dello scarto sono punti fondamentali del secondo
capitolo.
Qui si trova quell’affermazione che ha suscitato notevole scalpore e che costituisce il titolo
di questa comunicazione. Dice testualmente al n. 53: “Così come il comandamento “non
uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire
“no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide.”
Questa affermazione è tutt’altro che iperbolica.
Pensiamo, per esempio, ai primissimi momenti della crisi quando qualche centinaio di
milioni di persone, per giochi speculativi sui cereali, non hanno potuto accedere ai generi
alimentari di prima necessità alla base della loro alimentazione. Eravamo solo nel 2006. E
che dire dell’ancora presente crisi scatenata dalla avidità di sistemi bancari americani che
spolpavano ingenui debitori, riformulando i crediti-debiti? Da cui poi ha avuto origine la
bolla speculativa che ha generato una crisi senza precedenti a livello globale anche nel
mercato dell’economia reale.
Che dire poi degli incidenti sul lavoro, solo nel mese di settembre a Torino, a Taranto, a
Roma, a Sondrio... 1
Dire che l’economia uccide significa affermare che il sistema economico nel suo complesso,
la speculazione finanziaria, la modalità della produzione, il mercato non sorvegliato e
indirizzato al bene comune producono vittime.
Della follia intrinsecamente connessa con il mercato selvaggio, non implementato di valori
etici finalizzati alla persona umana e non controllato dalla politica, ne sta parlando con
molta sorpresa qualche significativo imprenditore italiano.2
1
“Di lavoro si continua a morire. Anzi, si muore sempre di più: nel 2015 il numero dei morti è stato di 1.172, con una crescita del
16 percento rispetto all’anno precedente. Quest’anno a giugno erano già 562. Ottanta il mese all’incirca, quasi tre al giorno.”
N.Graziani “Si muore ancora sul lavoro”. In Il Momento ( settimanale diocesano di Forlì-Bertinoro) del 06-10-16.
2
Sergio Marchionne ha detto in una lezione alla LUISS agli studenti del premio Rotman, secondo quanto riportato dalla stampa
nazionale: “Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa”, infatti, essi “non hanno
1
Quando il profitto e il denaro sono l’idolo, il vitello d’oro3, allora la vita umana non è che uno
strumento. Così abbiamo avuto:
 Una crisi globale che ha impoverito centinaia di milioni di persone, diversi suicidi, crisi
dell’economia reale con aumento di disoccupazione,
 aziende chiuse perché il mercato finanziario ha tolto le risorse necessarie per motivi
speculativi,
 oppure perché, pur produttive, sono state delocalizzate per un aumento di profitti di
chi ne è proprietario.
 in alcuni periodi, per una maggiore capacità di concorrenza e competizione, si sono
diminuite le tutele ambientali, o quelle meccaniche e i sistemi di sicurezza. Di qui
l’aumento dei morti e incidenti sul lavoro.
 La disoccupazione e inoccupazione di molti giovani i quali fanno sempre più fatica a
costruirsi un futuro in una società che offre loro sempre meno opportunità.
 le terre dei fuochi dove sono stati scaricati rifiuti speciali senza tutele per ambiente e
vita delle persone.
 il clima e con esso l’ambiente naturale con un’eccessiva produzione di gas serra,
effetto di una produzione industriale che privilegia il profitto privato e anche di stili di
consumo non attenti all’ambiente.
Ci si chiede: chi produce con l’idea del massimo profitto calcola le negatività esterne come
costo: quelle che mettono a rischio la vita delle persone, quelle che degradano la vivibilità
biologica, o quelle che degradano la dimensione estetica ed evocativa?
Non se lo chiede perchè non sostiene lui i costi relativi; ma li sostiene l’umanità intera e in
specie quella del posto.
coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è”. Riferendosi poi alla crisi generata dai
mutui sub – prime e di come hanno reagito le banche d’investimento ha aggiunto: … gli eventi e la storia hanno dimostrato che ci
reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del
capitalismo stesso, e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, no n la
società … se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E
questo non può essere accettabile". Certamente per Marchionne "la forza del libero mercato in un'economia globale è fuori
discussione … nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati … questo campo aperto è la garanzia per tutti di
combattere ad armi pari". Tuttavia "il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della
nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine". Occorre quindi "creare le condizioni per un
cambiamento virtuoso … per promuovere la globalizzazione che sia davvero al servizio dell'umanità ... per promuovere la
globalizzazione che sia davvero al servizio dell'umanità se li lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno
anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile” Il capitalismo va ripensato… “l’efficienza non è e
non può essere l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero
mercato ha il dovere di fare i conti con la propria coscienza …” . Cfr ANSA del 27-08-16, La Stampa del 27-08-16,“Il fatto
quotidiano” del 29-08-16 art di D.Fusaro e “Il Corriere della sera” del 29-08-16 art di M. Di Giacomo.
3
Cfr Evangelii Gaudium n. 55
2
E chi consuma si chiede che incidenza ha la sua scelta sulla vita in sè, sui diritti di chi lavora,
sulla vivibilità dell’ambiente? Sa che può cambiare con gli stili di vita il modello di
produzione e consumo e le conseguenze sulla vita delle persone? ambientali?
A livello internazionale che dire delle guerre per il petrolio e altre ricchezze, lo sfruttamento
delle materie prime di terre le cui popolazioni fuggono per fame?
Le nostre politiche espansive e di occupazione degli ultimi secoli e l’incomprensione
dell’importanza delle identità culturali e religiose, a cui in occidente ( a causa del
secolarismo) non abbiamo data una sufficiente attenzione, sono cause delle attuali
situazioni di aumento di rifugiati, di guerre e di atti terroristici.
Così nasce la denuncia del papa per un sistema economico che procura morte. Qualche
amico mi ha detto che non è opportuno iniziare con una nota negativa come questa.
Ne dovremo, invece, prenderne atto per provvedere a cambiare e non seguire la politica
dello struzzo.
In ogni modo ne viene un dato positivo ed è che solo vedendo la realtà ( vedere), si può dare
una valutazione realistica ( giudicare), per progettare un’azione efficace sul territorio e di
governance sull’intero globo (agire).4
È la conversione pastorale, come viene indicata nella Evangelii Gaudium.5
Non è la prima volta che il tema di una economia selvaggia veniva denunciato dal magistero.
Lo stesso papa Francesco lo afferma in un’intervista6: “… non ho detto nulla che non sia
contenuto negli insegnamenti delle dottrina sociale della Chiesa. … Ho cercato di descrivere
ciò che accade. L’unica citazione specifica è stata per le teorie sulla ricaduta favorevole,
secondo le quali ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per
sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo.”7
4
Il metodo della dottrina sociale è in realtà quello del discernimento che tutti i cristiani adulti devono saper fare. È stato proposto
innanzitutto dalla mater et Magistra di Giovanni XXIII al n 217: “ Nel tradurre in termini di concretezza i principi e le direttive
sociali, si passa di solito attraverso tre momenti: rilevazione delle situazioni; valutazione di esse nella luce di quei principi e di
quelle direttive; ricerca e determinazione di quello che si può e si deve fare per tradurre quei principi e quelle direttive nelle
situazioni, secondo modi e gradi che le stesse situazioni consentono o reclamano. Sono i tre momenti che si sogliono esprimere nei
tre termini: vedere, giudicare, agire.” È stato poi ripreso e sviluppato da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis al n 41
quando riferisce che si deve giungere ad un risultato da…: ““…attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo,
nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare
tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione
terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano.”
La governance dipende da ciascuno di noi: Tutte le azioni sia dei governanti e degli amministratori, sia dei produttori e dei
consumatori, sia dei risparmiatori e degli speculatori, a tutti i livelli, si intersecano producendo appunto la governance.
5
Cfr n 15,17,32. Al 25 si evidenzia la necessità di una Chiesa missionaria, espansiva, aperta.
6
A. Tornielli – G. Galeazzi Papa Francesco – Questa economia uccide- PIEMME Milano 2015 pg 21
7
Anche questo concetto non è del tutto assente nel magistero dei suoi predecessori. Vedi Caritas in veritate n. 36 e tutto il
capitolo 3.
3
Prima di Papa Francesco
Per verificare questo anche un excursus rapido ci prenderebbe molto tempo; ma un cenno
serve a capire come abbiamo potuto lasciar cadere questo magistero nel silenzio, mentre le
nostre attenzioni erano prese da altri pensieri. Forse ha prevalso l’idea che non era
necessario, che bastava la preghiera perché chi prega si salva, che comunque si poteva
continuare a fare come si è sempre fatto; ignorando che ogni tempo ha problemi diversi da
affrontare.
Così vediamo come già nella Rerum Novarum Leone XIII ne aveva parlato, mettendo in
discussione il principio base di questa economia, e cioè il diritto di uso e abuso della
proprietà privata.8
Molto più radicale è Pio XI nella Quadragesimo Anno.9
Qui il sistema economico dell’epoca di crisi, quella del ’29, è indicato come male profondo.
Soprattutto colpisce il fatto che anche quella crisi era dovuta ad un eccesso del potere del
mercato finanziario: la storia dovrebbe essere una buona maestra ma ha cattivi discepoli.
I problemi, secondo le parole di Pio XI, erano l’imperialismo economico e l’imperialismo
internazionale del denaro che sono il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza
che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti
della coscienza.(Q.A. n.107)
Giovanni XXIII, nella Mater et magistra soprattutto, chiede che tutte le relazioni siamo
finalizzate al bene comune in fase di globalizzazione dei problemi economici. Nella Pacem in
terris chiede che l’impegno delle organizzazioni mondiali tutelino i diritti di ciascun uomo e
ciascun popolo nella complessità economica sovranazionale. (cfr PT n.74)
8
Al n. 19 della RN si legge: ““Il fondamento di tale dottrina (del diritto della proprietà privata, N.d.R.) sta in ciò: che nella ricchezza
si suole distinguere il possesso legittimo dal legittimo uso. Naturale diritto dell’uomo è, come vedremo, la privata proprietà dei
beni e l’esercitare questo diritto è, specialmente nella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario. È lecito, dice
S.Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni. Ma se inoltre si domandi quale deve essere
l’uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto, l’uomo non deve po ssedere
i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all’altrui necessità. Onde l’apostolo dice:
comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio.” Per chi volesse approfondire S.Tommaso nella
Summa, II°-II°, alla Questione 66 articoli 1 e 2 tratta dell’argomento.
9
N. 109: “ Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono poi quelle che voi stessi, venerabili Fratelli e
diletti Figli, vedete e deplorate; la libera concorrenza cioè si è da se stessa distrutta; alla libertà del mercato è sottentrata la
egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l'economia è così divenuta
orribilmente dura, inesorabile, crudele. A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle
ingerenze e servizi propri dell'autorità pubblica con quelli della economia stessa: quale, per citarne uno solo tra i più importanti,
l'abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizione umane, mentre dovrebbe
assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia.
Nell'ordine poi delle relazioni internazionali, da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: da una parte, il nazionalismo o
anche l'imperialismo economico; dall'altra non meno funesto ed esecrabile, l'internazionalismo bancario o imperialismo
internazionale del denaro, per cui la patria è dove si sta bene.” Il passo è ben presente al Card Bergoglio ancora cardinale di
Buenos Aires il quale, ricordando la grande crisi argentina, parlava di un modello di economia speculativa capace di impoverire
all’istante milioni di famiglie. Vedi A. Tornielli – G. Galeazzi Papa Francesco – Questa economia uccide- PIEMME Milano 2015 pg25
4
Paolo VI già nella Populorum progressio del ‘67 parlò di sistema malauguratamente
instaurato.10 Egli tornò sull’ideologia liberale come affermazione erronea dell’autonomia
dell’individuo.11
Questo rimanda a Giovanni Paolo II il quale nella Centesimus annus volle esaminare
l’economia di mercato ed emise un duro giudizio sulla radicalità della libertà assoluta del
mercato, libertà che tende a prevalere sulla dimensione umana, sulla libertà umana
integrale.12
Benedetto XVI dedica all’economia e ai suoi esiti negativi l’intera Caritas in veritate,
soprattutto il secondo e terzo capitolo. Al n. 25 afferma che : “Il profitto è utile se, in quanto
mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul
come utilizzarlo.”
Il criterio viene indicato al n. 36 dove si dice che la logica del mercato non può rispondere da
sola a tutti i problemi sociali e che comunque : “…va finalizzata al perseguimento del bene
comune.”
Su questo, nella Deus Caritas est, aveva già richiamato la politica come responsabile del
bene comune per implementare il mercato con misure a tutela dei diritti fondamentali.13
10
Al n. 26 dice: “ Ma su queste condizioni nuove della società si è malauguratamente instaurato un sistema che considerava il
profitto come motore essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia, la proprietà privata
dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi sociali corrispondenti. Tale liberalismo senza freno
conduceva alla dittatura, a buon diritto denunciata da Pio XI come generatrice dell’"imperialismo internazionale del denaro". Non
si condanneranno mai abbastanza simili abusi, ricordando ancora una volta solennemente che l’economia è al servizio dell’uomo.
Ma se è vero che un certo capitalismo è stato la fonte di tante sofferenze, di tante ingiustizie e lotte fratricide, di cui perdurano gli
effetti, errato sarebbe attribuire alla industrializzazione stessa dei mali che sono dovuti al nefasto sistema che l’accompagnava.
Bisogna, al contrario, e per debito di giustizia, riconoscere l’apporto insostituibile dell’organizzazione del lavoro e del progresso
industriale all’opera dello sviluppo.”Vedere anche il n. 41 in cui si denuncia il materialismo connesso con il capitalismo selvaggio
dell’epoca.
11
Vedi Octogesima adveniens n. 35: “Dall'altra parte si assiste a un rinnovamento dell'ideologia liberale. Questa corrente si
afferma sia all'insegna dell'efficacia economica, sia come difesa dell'individuo e contro le iniziative sempre più invadenti delle
organizzazioni e contro le tendenze totalitarie dei poteri politici. Certamente l'iniziativa personale deve essere mantenuta e
sviluppata. Ma i cristiani che s'impegnano in questa direzione, non tendono, a loro volta, a idealizzare il liberalismo, che diventa
allora un'esaltazione della libertà? Essi vorrebbero un nuovo modello, più adatto alle condizioni attuali, e facilmente dimenticano
che alla sua stessa radice il liberalismo filosofico è un'affermazione erronea dell'autonomia dell'individuo nella sua attività, nelle
sue motivazioni, nell'esercizio della sua libertà. Ciò significa che anche l'ideologia liberale esige da parte loro un attento
discernimento.”
12
Centesimus annus n. 42: “Se con «capitalismo» si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo
dell'impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera
creatività umana nel settore dell'economia, la risposta è certamente positiva, anche se forse sarebbe più appropriato parlare di
«economia d'impresa», o di «economia di mercato», o semplicemente di «economia libera». Ma se con «capitalismo» si intende
un sistema in cui la libertà nel settore dell'economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della
libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico e religioso, allora la
risposta è decisamente negativa.” Vedere anche i nn. 13 e 14 della Laborem exercens o il n. 29 della Sollicitudo rei socialis e
anche il n.42 dove propone l’opzione preferenziale dei poveri come solida Tradizione della Chiesa.
13
n. 28 :“Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo
giustizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri…”
5
C’è un richiamo all’economia sociale di mercato che prevede un intervento dello stato come
regolatore del mercato stesso attraverso sorveglianza sulle regole, sia per la finanza sia per
l’economia reale. Lo scopo è evitare sacche di povertà e monopoli.14
L’economia dello scarto
Come mai, dopo tanti autorevoli insegnamenti dei papi, c’è scarsa sensibilità nella nostra
base?15
Non ne abbiamo fatto materia di formazione e catechesi? Siamo stati inadempienti in modo
forse grave, visti gli effetti. Così abbiamo lasciato crescere la cultura dello scarto, come la
chiama papa Francesco.
Se continuiamo a leggere dal paragrafo della Evangelii gaudium da cui siamo partiti troviamo
(al n. 53): “ Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa.
Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di
qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla
società in cui si vive,
dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta
fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”.16
Il papa usa un noi, una prima persona plurale, che non è un plurale maiestatico, è un plurale
che non ci permette di chiamarci fuori.
La cultura dello scarto che riguarda le persone è la stessa che degrada l’ambiente. C’è stretta
connessione fra custodia del creato e scelta dei poveri.
Per rispondere ad un’obiezione frequente si deve chiarire che l’evangelizzazione è rivolta a
tutti ma è evidente che l’annuncio ai poveri, agli scartati, è diverso da quello ai ricchi, di
14
La sua origine è da cercare nella cosiddetta scuola di Friburgo che nasce dalla critica dei regimi totalitari ad economia
centralizzata; ma anche da una critica della economia di mercato che poteva portare a monopoli per sé distruttivi del mercato
stesso. La scuola di Friburgo nasce da un gruppo di studiosi, che già sotto il regime nazista, si raccolsero sotto la guida del prof.
Walter Eucken e fondarono una rivista dal titolo Ordo, da cui la denominazione ordoliberalismo.
15
Io stesso sono testimone di un grande cammino rispetto a quando, nei primissimi anni ’70, cominciai, su richiesta di un gruppo
scaut di Predappio, a presentare la Populorum progressio. Il giudizio negativo era su di me ma le parole erano quelle
dell’enciclica, di Paolo VI. Questa veniva rifiutata e viene ancora oggi, non rifiutato forse, ma ritenuto non centrale il magistero
sociale della Chiesa. Poi ci chiediamo, affranti, come vivere in questo mondo di rischi e pericoli; mondo di cui non abbiamo ancora
assunto una corresponsabilità insieme a tutti gli altri.
16
Vedi A. Tornielli – G. Galeazzi Papa Francesco – Questa economia uccide- PIEMME Milano 2015 a pg206 dice papa francesco
rispondendo all’intervista: “…questo sistema si mantiene con la cultura dello scarto…. Quando al centro del sistema non c’è più
l’uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema
sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E così si scarta quello che non serve a questa logica: è
quell’atteggiamento che scarta bambini e anziani, e che ora colpisce i giovani…” Ed ascrive a questa logica, oltre che il degrado
ambientale e la crescita della povertà che esclude, e anche l’aborto, l’eutanasia, le manipolazioni genetiche e la teoria del gender.
6
coloro che sono scartati da coloro che scartano o comunque partecipano, seppure a volte
inconsapevolmente, a scartare le persone.
Ai poveri, in Luca 4, è dato un lieto messaggio, quello della loro liberazione. Ai ricchi
l’annuncio è quello della condivisione della loro ricchezza. Vediamo in Luca 19, il
cambiamento di Zaccheo; oppure l’invito al giovane ricco di Matteo 19.
L’enciclica Laudato Si, pubblicata poco dopo la Evangeli Gaudium, evidenzia la necessaria
“dolorosa presa di coscienza” per decidere, ognuno e tutti insieme, quali contributi
possiamo portare per tutelare la vita umana e la casa comune.17
Così leggiamo al n. 74 della stessa enciclica: “ … sono moltissimi i “non cittadini”, i “cittadini
a metà” o gli “avanzi urbani”.
E al n. 75 sulla città e sullo sfruttamento degli esclusi dice: “ facilmente si incrementa il
traffico di droga e di persone, l’abuso e lo sfruttamento di minori, l’abbandono di anziani e
malati, varie forme di corruzione e di criminalità.”
C’è la stessa logica; chi non è più utile è lo scarto, l’avanzo urbano, il non cittadino.
Sono rifiuti urbani da smaltire in qualche modo, dispersi nel territorio come i rifiuti tossici
della terra dei fuochi, e così si avvelena la società come si avvelena l’ambiente, distribuendo
disgregazione, risentimenti, rabbia e ribellione
Gli scartati possono davvero diventare “tossici”per trovare un qualche modo di
sopravvivenza; chi riceve violenza subisce la tentazione di rispondere con altrettanta
violenza.
Chi è ignorato vittima dell’indifferenza è tentato da vendetta e ritorsione. La cosiddetta
mala vita li assolderà con grande facilità.
17
Come prima osservazione di deve notare che non si tratta di un’enciclica sul clima ma sociale, a difesa dei poveri. Questi,
infatti, sono i primi a pagare gli effetti del clima e del degrado del pianeta; loro le vittime della cultura dello scarto. Il 2015 è stato
l’anno dell’ambiente. A New York si è tenuto il congresso sul terzo millennio con ampia sottolineatura della tutela dell’ambiente.
C’è stato il Cop 21 di Parigi nel cui contesto si è trovato un accordo che dovrà cambiare l’economia del mondo e da cui non si
potrà tornare indietro. Chi lo rifiuterà rimarrà fuori mercato. Ambiente e sviluppo non sono da considerare antitetici. L’attenzione
si è concentrata molto sulla problematica dell’ambiente per le ansie che ci vengono dai disordini climatici. C’è un allarme diffuso
su questi. Anche in Italia ormai la sensibilità è alta; le energie alternative sono in crescita, ma si dovrà consumare meno con
accorgimenti tecnici e cambi di stili di vita. Bisogna far sì che il termometro del mondo non salga di oltre due gradi rispetto ai
valori che segnava prima della rivoluzione industriale. Se si fallisce, a pagarne il conto saremo tutti, ma le conseguenze cadranno
soprattutto sulle spalle dei Paesi poveri. Le conseguenze, espresse in dollari, sono quantificate in quasi 800 miliardi all'anno solo
per adattarsi agli effetti del cambiamento climatico. Dal rapporto di Oxfam 2015:“Le chiavi di svolta per l’accordo sul clima di
Parigi”, pubblicato alla vigilia della COP21. In questo scenario i Paesi poveri dovranno farsi carico di una spesa annua per loro
insopportabile. A tali costi si aggiungono poi le perdite economiche. Dunque il cambiamento climatico è una grande sfida che
dovremo affrontare e i paesi più poveri e le persone più povere non ci riusciranno. In questo scenario i paesi in via di sviluppo,
che hanno le minori responsabilità, dovranno pagare il prezzo più salato; dovrebbe essere il contrario. E invece, con il land
grabbing, portiamo via le loro stesse terre per produrre profitto per noi, per la parte ricca della popolazione mondiale. Il land
grabbing (accaparramento delle terre) è la compravendita di grandi appezzamenti di terreno” venduti ad aziende o governi di
altri paesi senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano per coltivare e produrre il loro cibo. Il fenomeno,
dallo scoppio della crisi finanziaria è cresciuto enormemente, spingendo nella fame migliaia di contadini del Sud del mondo. Dal
2008, cioè dallo scoppio della crisi finanziaria è cresciuto del 1000%. La domanda per terreno vola: investitori cercano dove
coltivare cibo per l’esportazione, per i biodiesel, o semplicemente per fare profitto.
7
Alla fine però le accuse che si alzano dalle nostre parti, sono contro i rifiutati e non contro le
cause dello scarto, della dispersione e della mala gestione. L’inequità genera violenza.18
L’ecologia integrale
La cultura dello spreco ci introduce all’ecologia integrale.19 Cioè comprende la tutela
dell’ambiente e dell’uomo in una modalità unica: custodire l’ambiente e custodire l’uomo
sono la stessa cosa.
Lo ha ripetuto papa Francesco nel messaggio della giornata per la cura del creato del 01-0916: “Come l’ecologia integrale mette in evidenza, gli esseri umani sono profondamente legati
gli uni agli altri e al creato nella sua interezza. Quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo
anche gli esseri umani. Allo stesso tempo, ogni creatura ha il proprio valore intrinseco che
deve essere rispettato. Ascoltiamo «tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri»
(Laudato si n. 49).
Per questi motivi papa Francesco in questo Messaggio ha inserito il “custodire la casa
comune” fra le opere di misericordia da aggiungere sia a quelle corporali che quelle
spirituali.20
Custodire l’uomo significa custodire le sue dimensioni, compresa quella della trascendenza.
L’uomo è fatto di terra. La custodia della terra è custodia di qualcosa di cui l’uomo è parte, è
custodia dell’uomo stesso. Ma l’uomo trascende la terra; egli vive anche, e soprattutto, di
18
Evangelii Gaudium n. 59: “Oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e
l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le
popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terre no
fertile che prima o poi provocherà l’esplosione. Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una
parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la
tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché
il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè
l’ingiustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale,
per quanto solido possa apparire. Se ogni azione ha delle conseguenze, un male annidato nelle strutture di una società contiene
sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. È il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, a partire dal quale non ci si
può attendere un futuro migliore.”
19
Venne introdotto da Paolo VI nell’Octogesima adveniens del ’71 Lettera Apostolica Octogesima Adveniens 14 maggio 1971,
ottantesimo anniversario dell’enciclica Rerum Novarum,al n. 81:"uno sfruttamento sconsiderato della natura, da parte dell'uomo
… rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l'ambiente materiale diventa una
minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l'uomo non
padroneggia più creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile". In un’udienza del 7-11-1973 coniò il
termine mentre rifletteva sull’interiorità umana e su ciò che la turba, esclamò: “Dov’è l’«ecologia» umana?” L’espressione era
nuova per l’epoca ma venne ripreso e sviluppato da Giovanni Paolo II. Questi constatò che la contaminazione dell'ambiente
terrestre e atmosferico, e gli esiti drammatici per la salute della popolazione, sono provocati da un modello di sviluppo
economico e sociale teso alla quantità, senza tenere molto in conto la qualità umana della vita. Centesimus annus n. 38. Per
Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in Veritate, la responsabilità per il creato, cioè per la terra, l’acqua e l’aria, non si disgiunge
dalla tutela dell’uomo nella sua verità totale. Caritas in Veritate n. 51.
20
Vedi al n. 5
8
beni culturali, spirituali e religiosi.21 Abbiamo il dovere di rispettare e custodire la nostra
umanità che è fatta di corpo e lo trascende nella dimensione dello spirito.
Il tema della trascendenza apre a spazi in cui l’ecologia classica non era mai salita, e
comprende tutta la dimensione culturale e spirituale.
La promozione della capacità di contemplazione, per percepire cose che sfuggono alla
semplice osservazione scientifica, assume un aspetto ecologico.
È lo spazio esplorato dai mistici, dai poeti, dagli artisti, dalle espressioni che tentano di dire e
comunicare l’indicibile, come affermava Turoldo.
La via della bellezza, nella linea della ricerca di ciò che è essenziale, sposa la via della
sobrietà, termine che indica non ebbrezza, non ubriacatura.
In questa logica invocare sobrietà non è proporre una penitenza ma il rispetto della nostra
stessa dignità.
Più volte l’enciclica parla di un consumismo compulsivo da rifiutare. 22
Dunque la sobrietà dà spazio alla dimensione umana, alla essenzialità di ciò che siamo.23
La ricchezza di senso della vita umana non dipende direttamente dal reddito o dal consumo.
Non può essere solo il profitto a determinare le scelte. 24
Tutto questo ci porta a verificare quanto l’homo oeconomicus, o l’homo faber, con la sua
fede nella felicità raggiungibile attraverso il possesso e il consumo insaziabili, sia
fallimentare. Il consumo non può essere la via dell’autorealizzazione.
C’è abbondanza di mezzi a fronte di scarsi e rachitici fini.25
La terza guerra mondiale a pezzi
Uno dei problemi più sentiti è quello delle migrazioni di chi fugge dalla guerra e dalla fame. E
non possiamo dimenticare il terrorismo che è connesso con questi fenomeni, ma non vi si
identifica. Sono gli effetti della terza guerra mondiale a pezzi.
21
Non di solo pane vivrà l’uomo. Vangelo di Matteo 4,4
22
Qualcuno ha calcolato che dal 2000 ad oggi c’è stato un incremento del 23% di tutto ciò che è stato prodotto dall’anno 0.
L’accelerazione è evidentemente eccessiva. Le proposte sono di pensare, progettare e costruire un sistema produttivo e di
consumo a rifiuti zero. L’idea è separare il valore aggiunto dal consumo di risorse. Il vero valore aggiunto è un valore non
commerciale, un valore umano che fa crescere il senso della vita di ciascuno.Vedi L. Becchetti La ricca sobrietà ECRA Roma 2016
pgg 20 ss Cfr Ludato si n. 192
23
Cfr. Laudato si n. 105
24
La Laudato Si evoca in qualche modo l’espressione di Fiodor Dostoevskij. (n.205 ss) Quello che lo spingeva, infatti, era la ricerca
della bellezza per la quale ci ha lasciato la famosa frase: “La bellezza salverà il mondo” che appare nel libro “L’idiota”. Con questo
voleva dire: è la bellezza che ci porta all’amore condiviso con il dolore; il mondo sarà salvo oggi e sempre fin quando ci sarà
questo gesto. Cfr anche Evangeli gaudium 71 ss
25
Cfr Laudato si n. 203 I termini “scarsi e rachitici” esprimono molto al riguardo se anche G.Zagrebelsky denuncia questa
situazione. Vedi Contro la dittatura del presente – Perché è necessario un discorso sui fini. Laterza Bari 2014.
9
Ogni nuovo orrore conferma la lungimiranza e la precisione della definizione di papa
Francesco di una guerra a pezzi, asimmetrica e globale, anti occidentale e anti islamica,
barbara ma guidata da menti sofisticate.26
Le crisi mondiali a cui assistiamo hanno avuto una accelerazione dalla crisi iniziata otto anni
fa, frutto di una vera guerra economico-finanziaria del tutto miope, perché accumula
capitale in mano ai grandi della finanza mondiale e non distribuisce più ai ceti medi che sono
coloro che spendono e che fanno girare l’economia.
Diventano capitali accumulati in forma sterile, non investiti in economia reale, frutto di
speculazioni finanziarie che stanno determinando povertà, fame e morte; stanno rendendo
stagnante lo sviluppo e hanno creato alcune premesse al disagio e al ribellismo diffuso oggi,
che da noi prende la faccia del populismo. Se non si affrontano i problemi che la gente sente
su di sé non possiamo uscire da questa situazione.
Si aggiunga a tutto questo un commercio di armi (a cui partecipa in maniera abbondante
anche l’Italia) che sembra crescere verso Arabia Saudita e presumibilmente destinate a ISIS.
In nome del petrolio abbiamo scatenato in pochi anni molte guerre e disordini:
 prima due nel Golfo Persico, (a cui si oppose Giovanni Paolo II) che ha dato il segnale
per l’avvio di altre crisi belliche e terroristiche;
 in Afganistan,
 in Libia,
 ora in Siria a cui si era opposto con altrettanta fermezza Francesco.
 c’è la situazione di guerra in Nigeria, suscitata dalla stessa tensione antioccidentale.
 C’è guerriglia nello Yemen su cui c’è solo silenzio per non turbare alleanze importanti
sempre per il petrolio.
Ci sono poi zone instabili e in stato di guerra in Etiopia, in Somalia, in Eritrea … dove
abbiamo responsabilità notevoli se non altro per il nostro passato. Non possiamo ignorare le
crisi nei mari cinesi, nelle relazioni Cina, Giappone, Korea Nord e sud… E come non vedere
l’agitazione nell’intera zona araba.
Chi fugge dalle zone in guerra viene definito facilmente come immigrato, ignorando che si
tratta di rifugiati.27
26
La prima volta ne parlò di ritorno dalla Corea del Sud in aereo: “ Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si
combatte a pezzetti, a capitoli”. Denunciò in quella occasione la crudeltà delle guerre non convenzionali : “un livello di crudeltà
spaventosa” di cui spesso sono vittime civili inermi, donne e bambini. In più: “La tortura è diventata un mezzo quasi ordinario”.
Questi "sono i frutti della guerra, qui siamo in guerra, è una Terza guerra mondiale ma a pezzi". (18 Agosto 2014) Riprese il
discorso pochi giorni dopo al sacrario di Redipuglia per il centenario della prima guerra mondiale in cui aveva combattuto anche
suo nonno che ha ricordato. Qui ha suggerito, contro questa guerra, la lotta contro l’indifferenza: “Anche oggi, dopo il secondo
fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri,
distruzioni… Ad essere onesti, la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: “A me che importa?”. Caino direbbe:
“Sono forse io il custode di mio fratello?”.Queste affermazioni di papa Francesco sulla terza guerra mondiale a pezzi ha stimolato
molte riflessioni in personaggi importanti della politica internazionale.
10
Occorre un risveglio collettivo a discernere i fatti per arrivare a scelte mature, non più
emotive, o di pancia come si dice con un termine non gradevole.
Papa Francesco ad Assisi il 20 settembre ha più volte richiamato l’ipocrisia dei Paesi più
ricchi che parlano di pace, ma producono armi e bombe con le quali si provocano
distruzione e morte.
Ha poi aggiunto: “Noi la guerra non la vediamo. E ci spaventiamo per qualche atto di
terrorismo ma questo non ha niente a che fare con quello che succede in quei Paesi, in quelle
terre dove giorno e notte le bombe cadono e cadono e uccidono bambini, anziani, uomini,
donne. Pensiamo oggi non solo alle bombe, ai morti, ai feriti ma anche alla gente alla quale
non può arrivare l'aiuto umanitario per mangiare ".
In Europa la divisione di fronte ai problemi di immigrazioni, rifugiati e terrorismo, è frutto
anche della dimenticanza delle sue origini dopo la seconda guerra mondiale.
Ci fu un desiderio di arrivare ad una pace che disarmasse le coscienze e le popolazioni,
soprattutto i governi, in modo da non avere più guerre per la proprietà dei territori. Si
doveva guardare ad un futuro in cui i problemi si superavano non mettendosi gli uni contro
gli altri ma gli uni con gli altri.
Non c’era più bisogno di rivendicare territori perché ormai uniti in un unica Europa. Ora
invece sembra che si torni all’epoca dei nazionalismi e degli egoismi nazionali.
Il papa vede nell’indifferenza la prima debolezza per noi.28 Gli indifferenti si chiudono in se
stessi e rendono la loro vita infeconda e svuotata di senso, chiusi nel proprio egoismo non
vedono gli altri e si condannano alla solitudine.
La globalizzazione dell’indifferenza è l’ostacolo a impegnarsi per il bene comune e la pace.29
La guerra a pezzi produce fame, morte, dispersione di persone e culture, impedimento allo
27
Deve nascere almeno il sospetto che la questione migratoria e il terrorismo sono per l’Isis uno strumento per sconfiggere i
moderati nelle elezioni prossime in Francia e in Germania e forse da noi. Se vanno al potere le destre estremiste sarà più facile
giustificare una continuazione della guerra in atto e logorare l’Europa nei suoi principi fondamentali di tolleranza, solidarietà,
giustizia e rispetto dei diritti. Sarà una vera sconfitta per noi! Questa operazione di ISIS ha l’alleanza, inconsapevole, dei populismi
arringati da espressioni che descrivono i rifugiati come invasione e che non distinguono immigrati da rifugiati: i primi sono arrivati
per lavorare e le loro risorse, per esempio, servono a pagare la,pensione a circa 600.000 pensionati nostri; i secondi fuggono dalla
guerra e dalla morte di fame. La differenza è notevole, ma ignorata colpevolmente.
28
Ne ha parlato parla al n. 54 della Evangeli Gaudium:“Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi
entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene,
diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri
né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete. La cultura del benessere ci
anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite
stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo.” L’indifferenza nasce dalla:
“… relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre
società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la
negazione del primato dell’essere umano!”(EG55) Ha ripreso il concetto nel messaggio per la giornata della pace del 1 gennaio
2016.
11
sviluppo in quei territori e, ovviamente, degrado e distruzione. Da qui le fughe dei rifugiati e
degli affamati. I migranti producono certamente problemi fra noi. Occorre saper governare il
fenomeno di rifugiati, lasciati ad accattonare davanti ai super mercati ... a bighellonare
senza aver niente che li occupi,
Il discernimento ci porterà a capire che lo scontro con ISIS non è guerra di religione, come ha
detto il papa in aereo nel viaggio a Cracovia per la giornata della gioventù: “Quando parlo di
guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C’è guerra di interessi, c’è
guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli,
questa è la guerra.”30
Il lavoro31
Fra le cause dell’esclusione dalla società va rilevata la mancanza di lavoro. Dice la Evangelii
gaudium 192: “nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e
accresce la dignità della propria vita.”32
Questo, infatti, oltre a procurare il sostentamento del lavoratore e della sua famiglia, è
luogo di relazioni e di aggregazione con i compagni, di dibattito circa i diritti e i doveri; è
luogo delle responsabilità verso fornitori e clienti, verso l’ambiente per i processi produttivi.
Tutto questo dà identità sociale, introduce in società e fa crescere la coscienza di
appartenenza.
È l’ambito del multiforme sviluppo personale per la creatività, lo sviluppo delle capacità, la
comunicazione con gli altri. Per questo è necessario perseguire l’accesso al lavoro che è
premessa per una vita dignitosa: il lavoro è decente quando promuove la dignità umana a
tutto tondo.
Rieccheggia lo stesso concetto nel discorso di papa Francesco ai movimenti popolari, il 28
ottobre 2014, in cui l’esclusione dal lavoro e conseguentemente dalla società è all’origine
dello scarto delle persone: “L’assenza di lavoro… è la più grande “povertà materiale”, perché
a chi manca il lavoro manca la “dignità” e finisce vittima di una “cultura dello scarto”.
29
Contro l’indifferenza e a sostegno della scelta dei poveri e degli esclusi, nella intervista già ricordata il papa cita S. Ambrogio e
S. Crisostomo. A. Tornielli – G. Galeazzi o.c. og 212 da S.Ambrogio:“Non è del tuo avere che tu fai dono al povero; tu non fai che
rendergli ciò che gli appartiene. Perciò è quel che è dato in comune per l’uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti, e
non solamente ai ricchi” Da S. Giovannio Crisostomo: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli della llro mvita.
I beni che possediamo non sono nostri ma loro”.
30
Interessante il commento che ho trovato in un breve corsivo del Corriere Della Sera del 01-08-2016: “Una delegazione
islamica di dieci persone è intervenuta alla messa delle 11 in una parrocchia del Ticinese. Tra loro l’antropologa somala Maryan
Ismail che propone un parallelo storico: «L’assassinio di padre Jacques Hamel in Francia potrebbe essere paragonato a quello del
sindacalista Guido Rossa ai tempi del terrorismo brigatista. Da quel momento ci fu la reazione di tutta la sinistra italiana».
31
Vedi il mio articolo in Il Momento, del 06-10-16 “Dimensione antropologica del lavoro”.
32
Cfr Laudato si ai n. 124-128
12
Ricordiamo il suo appello a far si che ogni persona possa portare a casa il pane per la
famiglia ed essere inserito costruttivamente nella società.
Noi ci stiamo preoccupando, con ragione, della frantumazione della famiglia e della
precarietà delle relazioni affettive nella vita delle coppie. Dovremmo analizzare più a fondo il
rapporto che ci può essere fra precarietà del lavoro e instabilità delle relazioni famigliari,
non solo fra le giovani coppie.
“La disoccupazione e la precarietà lavorativa possono rendere instabili anche le relazioni
affettive. Il lavoro non finisce più ad un’ora precisa e non si può perdere tempo con relazioni
dall’esito incerto. Nell’era della flessibilità, siamo anche precari emotivi», dice Gabriella
Seghenzi, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa a Roma.
La parola d’ordine del lavoro nell’ultimo periodo è stata sempre “flessibilità”. Bisogna
essere flessibili a 50 anni, quando ricollocarsi nel lavoro può essere un’impresa.
Soprattutto devono essere flessibili i giovani. “Davvero vi sorprende che questi valori stiano
rimodellando anche il modo in cui ci approcciamo all’amore e al sesso?” si è chiesta Moira
Wiegel sul New York Times .33
La Chiesa in uscita
L’espressione “Chiesa in uscita” ci ha messo in difficoltà.
Ha affermato il card. Scola: “diventa difficile aiutarci a quella che il Papa chiama “la Chiesa in
uscita”. Citando il Vangelo ha detto: “Il campo è il mondo”. Facciamo ancora troppo
affidamento sulle strategie, e non vediamo che non c’è uomo che prescinda dall’esperienza
comune a tutti: gli affetti, il lavoro, il riposo... Inventiamo strumenti per andare verso i
cosiddetti “lontani”; ma di lontano da questa esperienza umana non c’è nessuno».34
Le strategie che ricorda Scola sono legate ai tre settori “liturgia, catechesi, carità”, o anche
alle scelte di pastorale d’ambiente che rischiano di schematizzare una realtà non
schematizzabile. La Chiesa in uscita, egli riconosce, è di più e diversa, è l’immergersi nella
vita comune, nella esperienza comune delle persone a cui annunciamo e testimoniamo il
vangelo. Qui sta la conversione pastorale: la Chiesa in uscita chiede di superare le barriere
delle sacrestie e delle pur buone “opere pastorali”.
Papa Francesco sta scalfendo le chiusure durissime dell’occidente europeo secolarista.
L’attenzione su di lui è in gran parte dovuta al suo stile di “uscita”. Le religioni e il
secolarismo sono in conflitto.
33
Cfr Nicola di Turi in Corriere della sera 15-08-16, pg 26
34
Intervista di A.Cazzullo al card. A.Scola in Il Corriere della Sera del 04-08-16
13
Basta vedere ciò che è accaduto in Francia con il “burkyni”. Le religioni sono più forti di
quello che si credeva in occidente dove non si è andati verso una sana laicità, come chiedeva
Giovanni Paolo II, che avrebbe ampliato gli spazi di libertà. Il secolarismo li chiude.
Il pluralismo religioso e le migrazioni dei popoli hanno decisamente cambiato il modo in cui
le singole persone sperimentano la propria fede religiosa. La tradizione sociale non fa più da
supporto; è così necessario un consenso voluto e frutto di ricerca e per noi uno stile di
evangelizzazione nuova. Si aprono spazi di libertà di ricerca e di impegno più puntuale;
siamo portati a vedere l’essenziale della mostra fede stessa.35
In più il dialogo improcrastinabile con le altre religioni ci apre a impegni comuni per la libertà
religiosa ma anche per la pace, la giustizia, i rapporti internazionali.36
Papa Francesco dedica tutto la seconda parte del capitolo due alle tentazioni degli operatori
pastorali che possono sentirsi inadeguati o a disagio in questa uscita.
Qualcuno, infatti, mi ha già detto che la Chiesa in uscita è una idea utopica; anche date le
scarse risorse di clero. La spiritualità missionaria ci deve spingere invece in questa direzione
superando pessimismo e divisioni fra di noi; o peggio ancora una spiritualità “mondana”,
come egli la chiama; cioè una spiritualità e una teologia da salotto, che si auto compiace di
belle espressioni, belle lezioni senza nulla cambiare dell’atteggiamento della Chiesa e delle
sue attività pastorali.
La Evangelii Gaudium chiede una Chiesa in uscita alla fine del primo capitolo.37
L’esempio che il papa propone per farci capire è splendido: parla dell’ostentazione della
liturgia, della conoscenza della dottrina e del prestigio della Chiesa, senza preoccuparsi del
reale inserimento del Vangelo nel popolo di Dio e nei bisogni concreti della storia.38
La crescita dell’impegno nella società diventa testimonianza che il messaggio evangelico
“contiene un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita
35
Cfr P.L.Berger in Avvenire del 14-09-16 dal titolo “Siamo pluralisti, grazie a Dio”.
36
Vedi al riguardo la iniziativa di papa Francesco ad Assisi che si è tenuta nei giorni 18-20 settembre, che riprende quella di
Giovanni Paolo II dell’ottobre dell’86.
37
Dice il testo al n 46: “La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie
umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da
parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della
strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza
difficoltà.” E al n. 49: “preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa
malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e
che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra
coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una
comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la pa ura di
rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini
in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: « Voi stessi date loro da
mangiare » (Mc 6,37).”
38
Cfr Evangelii Gaudium 95
14
comunitaria e l’impegno per gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha una immediata
ripercussione morale il cui centro è la carità”. 39
L’amore è una realtà che anima e insieme trascende la risposta ai diritti degli uomini.
In specifico l’amore, soccorrendo bisogni e sofferenze, fa diventare l’assistenza un “bene
relazionale” che lo stato per sé non può garantire e che nello stesso tempo è un bisogno di
ogni uomo, per sfuggire alla solitudine, alla desolazione, all’assenza di relazioni umane.
L’assistenza spicciola non è però sufficiente. Occorre eliminare le cause dell’esclusione e
dell’impoverimento. Questo è ufficio della politica.
Siamo Chiesa, siamo popolo di Dio mandato a evangelizzare tutto il mondo, spinti fuori dalle
nostre mura. La Chiesa e la sua azione pastorale non si risolvono con il clero. I laici sono
semplicemente la stragrande maggioranza del popolo di Dio40, mandati nella missione e in
luoghi a incontrare fratelli e sorelle, che i preti non incontrerebbero mai.41
Il rischio, sia per il clero che per i laici, è di concepire la fede come aspetto dell’ambito
intimo e privato42; questa mentalità è dovuta al processo di secolarizzazione. Lo stesso
processo che conduce a individualismo, a relativismo assoluto e a conflitto fra diritti umani e
diritti individuali.
L’individuo, preso solo dal proprio egoismo, non vede più il legame che intercorre fra il
benessere individuale e quello generale della comunità in cui vive; pensando solamente a se
stesso, non si occupa più del bene comune né dell’interesse generale (concetti diversi come
è diverso il bene dall’interesse: il bene è un concetto oggettivo, l’interesse è soggettivo.)
Il bene comune prevede libertà e promozione di tutti in egual modo. Se si è presi solo dal
proprio particolare, si può essere facilmente impauriti dai fenomeni che ci colgono isolati e
di conseguenza vittime di prassi politiche demagogiche.43
39
Evangelii gaudium 177
40
Evangelii Gaudium n. 102
41
Pensiamo a EN 70: “I laici, che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali,
devono esercitare con ciò stesso una forma singolare di evangelizzazione. Il loro compito primario e immediato non è l'istituzione
e lo sviluppo della comunità ecclesiale - che è il ruolo specifico dei Pastori - ma è la messa in atto di tutte le possibilità cristiane ed
evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nelle realtà del mondo. Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il
mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della
vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte
all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza.
Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti
nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più
queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente
spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell'edificazione del Regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo.” Vedi anche
LG 31 o a GS 43 e 75 e altri.
42
Evangelii Gaudium n. 64: “Il processo di secolarizzazione tende a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato.”
43
Cfr Jacopo Branchesi Il concetto di partecipazione in Tocqueville: il riconoscimento tra individuo e comunità nella democrazia in
America Dialettica e filosofia - ISSN 1974-417X [online] Copyright www.dialetticaefilosofia.it
15
Noi non possiamo adeguarci a questo individualismo che disattende l’annuncio della
fraternità evangelica dentro la Chiesa e, in uscita, spegne ogni istanza sociale distruggendo
la parte relazionale che è un dato essenziale.44
La stessa via della bellezza e dell’ecologia integrale ci porta a questo impegno che ci viene
dal messaggio evangelico. Dalla dimensione della tutela della trascendenza, dalla
contemplazione di Dio nel creato e dell’armonia affidata alle nostre mani nasce un amore
politico45 per custodire la dignità della vita umana e della natura.
Di qui la volontà di creare reti di impegno, di rafforzare mondi intermedi che facciano
pressione affinché i progetti politici non siano asfittici e a corto respiro, ma aprano al
futuro.
La Chiesa, occorre chiarire, non può né deve assumere ruoli diretti in politica. Questa, e ciò
che vi è connesso, non è un proprium della Chiesa. Però fede e politica hanno punti di
contatto.46
Così i cristiani non possono tralasciare l’impegno in questo campo; un impegno che
assumono in nome della fede ma che svolgono secondo coscienza personale e in base a
ragioni naturali.
Attualmente la politica vive solo di presente, di sondaggi che speculano sugli umori
immediati in cui pesa il sacrificio di alcune abitudini a volte iperconsumiste. La politica deve
invece guardare al futuro e saper progettare il futuro.
Il cristiano che entra nel dibattito politico, e lo deve fare laicamente con la “ragione”, si
espone al rischio della confutazione delle sue ragioni.
I cristiani, tutti noi che crediamo, siamo chiamati ad argomentare sul piano della ragione
ogni volta che entriamo nell’agone politico, sociale, economico, nell’ambito degli impegni
terreni; siamo chiamati ad approfondire i concetti ogni volta che una domanda o
obiezione ci mettono in discussione.
Ciò non significa che immediatamente ci si consegna alla argomentazione altrui, piuttosto la
si tiene presente nell’approfondimento e verifica delle proprie ragioni.
Ne derivano due conseguenze.
44
cfr Gaudium et Spes n. 24
45
L’Octogesima adveniens del 14-05-1971 di Paolo VI al n. 46 afferma: “La politica è una maniera esigente di vivere l’impegno
cristiano al servizio degli altri”. Già Pio XI in un discorso ala Fuci del 18-10-1927 aveva detto: “Il campo più vasto della carità è
quello della carità politica, del quale si può dire che nessun altro gli è superiore, salvo quello della religione.”
46
Caritas in veritate n. 28: “In questo punto politica e fede si toccano” perché la fede “è una forza purificatrice per la ragione
stessa. (…) La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. È qui
che si colloca la dottrina sociale cattolica (…essa) Vuole semplicemente contribuire alla purificazione della ragione (…) La dottrina
sociale della Chiesa argomenta a partire dalla ragione e dal diritto naturale, cioè a partire da ciò che è conforme alla natu ra di
ogni essere umano.”
16
A) Si verifica quella purificazione della ragione da tentazioni di suo strumentale degli
argomenti o, peggio, del potere e della ricchezza; in più se ne ottiene l’orientamento in
quanto la luce della fede sostiene e orienta la ricerca della ragione, non la sostituisce. In
politica portiamo solo la nostra ragione, e se vogliamo le nostre passioni, eros-agape. La
fede ci spinge ad assumere le responsabilità e ci illumina.
B) Si crea lo spazio per il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà fra diverse opzioni
politiche, possibili anche dentro la comunità dei credenti. Il dialogo è una connotazione della
Chiesa in tutte le sue espressioni. Essa evangelizza attraverso il dialogo. 47
Spesso si è pensato, nella quotidiana vita delle comunità, che l’impegno nella vita della
società è un optional, che basta avere fede, pregare e fare del bene per i più volonterosi.
Dove fare del bene significa fare un’azione di sostegno alle persone in difficoltà.
L’elemosina è una antica consuetudine che deriva dalla “misericordia”. (Elemosina ha la
stessa radice dell’ “eleison” del kyrie).
Ma ben più alto è l’impegno di un credente che vive nella Chiesa in Uscita.
I laici nell’ambito politico esprimono una loro propria responsabilità e autonomia. Non è più
la Chiesa che detta le vie da percorrere.
Nello stesso tempo l’impegno politico non è un optional. “Il cristiano che trascura i suoi
impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette
in pericolo la propria salvezza eterna.”48
47
Paolo VI nella Octogesima adveniens al n. 50 ha scritto: “Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da
ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili. Una medesima fede cristiana può condurre a impegni
diversi. La chiesa invita tutti i cristiani al duplice compito d'animazione e d'innovazione per fare evolvere le strutture e adattarle ai
veri bisogni presenti. Ai cristiani che sembrano, a prima vista, opporsi partendo da opzioni differenti, essa chiede uno sforzo di
reciproca comprensione per le posizioni e le motivazioni dell'altro; un esame leale dei propri comportamenti e della loro
rettitudine suggerirà a ciascuno un atteggiamento di carità più profonda che, pur riconoscendo le differenze, crede tuttavia alle
possibilità di convergenza e di unità: «Ciò che unisce i fedeli è, in effetti, più forte di ciò che li separa».È vero che molti, inseriti
nelle strutture e nei condizionamenti moderni, sono determinati dalle loro abitudini mentali, dalle loro funzioni, quando non dalla
tutela degli interessi materiali. Taluni risentono così profondamente la solidarietà delle classi e delle culture, che giungono a
condividere senza riserve ogni giudizio e ogni opzione del loro ambiente (cf. 1 Ts 5, 21). Ciascuno avrà cura di esaminare se stesso
e di fare spuntare quella vera libertà nel Cristo che apre all'universale in mezzo alle condizioni più particolari.” Il dialogo è una
connotazione fondamentale nella Chiesa e lui stesso lo aveva scritto nella sua prima enciclica, l’ ECCLESIAM SUAM, del 6 agosto
del 1964in cui al n 67 dice: “La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa
messaggio; la Chiesa si fa colloquio.”
48
Gaudium et spes n. 43. Il testo più esteso dice: “Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di
compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi
non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura , pensano che per questo possono trascurare i propri doveri
terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno . A loro
volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del
tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali. La
dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del
nostro tempo. Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di
più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi. Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le attività
professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi
doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna. Gioiscano piuttosto i cristiani,
seguendo l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani,
domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione
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Dunque si aprono spazi di laicità e per ciò stesso primariamente ai laici ai quali la Chiesa
offre gli strumenti per la formazione della coscienza e per la purificazione della ragione. In
questo trova la sua funzione sia il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, sia la
formazione all’impegno sociale e politico che assumono, così, grande importanza nella
pastorale generale in una Chiesa in uscita.
Non possiamo rimanere dentro le nostre strutture che sembra che ci tutelino e invece ci
paralizzano. La chiesa in uscita è quella che corre i rischi anche di ferirsi.49 A cosa avrà
pensato il papa quando diceva che preferiva una Chiesa sporca e ferita piuttosto che
malaticcia perché chiusa in ambienti malsani?
Uscendo i rischi si corrono per i malintesi, le strumentalizzazioni, i fraintendimenti in ambito
politico e le possibili devianze personali.
Ma poi ci chiediamo: quali sono questi ambienti malsani? È dove prolifera indifferenza verso
poveri ed emarginati, scartati ed oppressi perché presi dalla frenesia dei bei riti? O il
pettegolezzo delle sacrestie? Il mormorio dei fratelli? La ricerca dei privilegi? La paura di
compromettersi? La paura e basta del vuoto e dello spazio? La paura del futuro?
Oppure ancora più la frequentazione dei salotti bene dove si disquisisce di teologia e di vaga
cultura che non incide sulla vita sociale e sull’amore al prossimo? Il papa parla di
mondanità.50 Viene in mente il profeta Amos che se la prende con i dissoluti e i
buontemponi i quali canterellano al suono dell’arpa e si pareggiano a Davide.
La Chiesa in uscita non può avere risultati a breve termine. Ricordiamo che il tempo è
superiore allo spazio e al presentismo, che ne è l’aspetto più evidente.51 Questo significa che
si devono fare le scelte con esiti a lungo periodo.
tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività
temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le
leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro
cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza
tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione. Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di
inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che
i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere
pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria
responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero.”
49
Evangelii Gaudium n. 49
50
La Evangelii gaudium al n. 97 dice: “Chi è caduto in questa mondanità guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei
fratelli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dall’apparenza. Ha
ripiegato il riferimento del cuore all’orizzonte chiuso della sua immanenza e dei suoi interessi e, come conseguenza di ciò, non
impara dai propri peccati né è autenticamente aperto al perdono. È una tremenda corruzione con apparenza di bene. Bisogna
evitarla mettendo la Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri. Dio ci
liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali! Questa mondanità asfissiante si sana assaporando l’aria pura
dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio. Non lasciamoci
rubare il Vangelo!”
51
Confronta Evangelii gaudium n. 222-225
18
La Chiesa motiva i fedeli ad assumersi i loro impegni politici a livello personale ma non li può
né deve abbandonare. Essi poi hanno il dovere di non lasciarsi catturare dalle tentazioni del
clericalismo.52
Questo consiste nel confondere il potere temporale con il servizio della Chiesa; e più ancora
confondere il servizio del clero con il potere, sia dentro la Chiesa sia nell’uscita nella società
e nella politica.
I laici ne possono essere affascinati proprio come i preti e volerne trarre vantaggi personali.
Invece, l’impegno in politica è impegno di amore al prossimo, è servizio e dono a cui siamo
tenuti, impegno non per il proprio vantaggio ma per il bene comune, cioè di ognuno e di
tutti.
La fede purifica la ragione nella concezione e nella analisi più precisa di ciò che è male,
egoismo, chiusura su di sé; tutto ciò che indurrebbe, per esempio, a cercare il proprio
interesse invece che il bene comune.
Conclusione operativa
Come già ricordato sopra, la carità presiede all’impegno sociale politico.
Proviamo quest’anno ad essere presenti nel territorio, nei consigli vari comunali, di
quartiere etc, o anche solo in parrocchia se non c’è altro, per esercitare questo amore al
prossimo in modalità nuova, forse, per molti.
Da soli non siamo niente, insieme diventiamo capaci di comprendere e di progettare per
agire.
Così si arriva a pensare ad una vera governance globale a partire dal territorio in cui si abita,
dalle unità pastorali, dalle parrocchie, dalle associazioni.
I populismi sono certamente dovuti a scarsa conoscenza della complessità dei problemi. Ma
le domande di sicurezza e stabilità, di prospettive di futuro sereno non sono banali.53
52
In una lettera del 19-03-2016 al card Ouellet, presidente della Pontificia commissione per l’America latina, il papa mette in
guardia da questo pericolo. “Il clericalismo – dice - porta a una omologazione del laicato; trattandolo come “mandatario” limita
le diverse iniziative e sforzi e, oserei dire, le audacie necessarie per poter portare la Buona Novella del Vangelo a tutti gli ambiti
dell’attività sociale e soprattutto politica. Il clericalismo, lungi dal dare impulso ai diversi contributi e proposte, va spegnendo
poco a poco il fuoco profetico di cui l’intera Chiesa è chiamata a rendere testimonianza nel cuore dei suoi popoli. Il cleric alismo
dimentica che la visibilità e la sacramentalità della Chiesa appartengono a tutto il popolo di Dio (cfr. Lumen gentium, nn. 9-14), e
non solo a pochi eletti e illuminati.”
53
Come ha detto Graziani se i populisti : “gridano onestà il loro grido deve essere accolto dalle altre forze come un richiamo che
nasce dalla base della società. Se chiedono trasparenza, si faccia lo stesso. Ma il problema, a questo punto, è duplice: la politica si
è dimenticata di ascoltare, e ne ha pagato lo scotto.” In Il momento del 29-09-16
19
Se partiamo dall’ascolto di queste domande della popolazione sia da parte dei governanti e
amministratori, sia da parte nostra, essendo noi parte della società, possiamo diventare una
presenza qualificata e sapiente.
Questa è la meta che ci prefiggiamo in alternativa al pianto e al lamento rassegnato e inutile.
Occorrerà superare la concezione che ha messo in primo piano i diritti individuali
dimenticando che ci sono diversi livelli di diritti della persona e della società: diritti
personali, sociali e politici a cui corrispondono doveri precisi.
Occorrerà trovare le ragioni di impegni condivisi con tutti gli uomini di buona volontà, al di
là di differenze culturali e religiose.
Non ci prenda lo sconforto del lungo lavoro; piuttosto facciamo si che nasca in noi
l’entusiasmo e la passione per i fratelli così che la nostra azione sia animata dall’amore.
È arrivato il tempo in cui si deve superare il “mi faccio i fatti miei”. Occuparci del bene
comune significa superare egoismo intimista e individualista, capire che non basta
l’assistenzialismo, per quanto necessario;
significa assumersi la libertà di scegliere dentro la dimensione politica, di scegliere e non
farsi dirigere.
Il dialogo e il confronto con tutti, senza demonizzazioni, può costruire un nuovo tessuto
sociale, una nuova cittadinanza capace di partecipare alla vita sociale e politica.
L’altro, anche se di diversa cultura e posizione, è una risorsa non un problema, un bene
come si è detto nel Meeting di Rimini del 2016.54 Così il dialogo è sempre fruttuoso, se non
altro di fraternità e di pace.
Ci sono azioni che noi possiamo fare per orientare la governance:
1- Fare pressione presso le amministrazioni locali e nazionali per politiche di difesa dei
diritti di tutti e dei poveri, della accoglienza delle persone, della giustizia, diritti di
tutela della vivibilità della terra. È una riappropriazione che la società opera per i suoi
stessi spazi politici; è la sua vocazione alla aggregazione contro l’individualismo. È
un’azione politica a tutti gli effetti e coinvolge le persone al loro stesso governo; una
riforma della politica a partire dal basso e nello stesso tempo un controllo del
territorio.
2- Per poter fare questo occorre esaminare le problematiche emergenti dovute a crisi e
impoverimento, migrazioni di vario genere e insicurezza, guerra fra poveri nostri e
immigrati per le case, per i posti in asili nido e scuole materne … Si possono
promuovere comitati di quartiere a tutela dei diritti umani, per progetti di
54
Nel Corriere della Sera di venerdì 12 agosto, art a firma di L. Violante, ho trovato una espressione di Julian Carron che dice: “…
se non trova posto in noi l’esperienza elementare che l’altro è un bene, non un ostacolo per pienezza del nostro io, nella politica
come nei rapporti umani e sociali, sarà difficile uscire dalla situazione in cui ci troviamo.”
20
integrazione, per la tutela dell’ambiente, per la promozione della socialità reale, per
esami di situazioni e trarne idee e progetti.
3- Oltre a raccogliere le esigenze e le richieste di tutela del territorio e delle persone, si
potrà e dovrà pensare anche alla promozione economica ecosostenibile là dove è
possibile, facendo discernimento delle opportunità presenti e da utilizzare. La
creatività va educata a partire dalle opportunità presenti. Così si può creare lavoro
invece di semplicemente cercarlo. Era uno slogan del progetto Policoro, dettato dal
compianto amico fraterno don Mario Operti, allora delegato Nazionale della pastorale
sociale.
Queste prime tre le riterrei essenziali e necessarie negli incontri dei consigli e dei
gruppi, non vanno perciò saltate. La difficoltà di realizzazione ci metterà di fronte alla
nostra povertà culturale e progettuale ma anche ci spronerà a superarla; altrimenti ci
limiteremmo alla cultura del lamento senza assunzione di responsabilità. Le altre tre di
seguito hanno il compito di verificare e realizzare una coerenza personale e un rinnovo
degli stili di vita.
4- Sul piano personale si devono scegliere stili di vita e consumi che evitino sprechi sia
personali che sociali.( vedi patto delle catacombe per uso mezzi pubblici, consumi
sobri …55) e che permettano condivisione e solidarietà; sensibilità verso l’ambiente e
verso gli esclusi.
5- Si dovrà partecipare alle elezioni politiche amministrative e referendarie dopo un
profondo discernimento.
6- Infine sapere che si può votare anche con il portafoglio (Becchetti), cioè premiare
con i nostri acquisti le imprese che producono con attenzione sia all’ambiente che alle
persone, quelle che lavorano nelle imprese stesse e quelle che vivono nei territori.
Votare con il portafoglio significa scegliere il modello di consumo e quindi di sviluppo e
produzione.
Queste cose fatte in associazioni, in riaggregazioni della società, promuovono un nuovo
sviluppo di nuovi corpi intermedi di quartiere, di villaggio, di città e rendono la società di
nuovo capace di pensieri, progetti, realizzazioni. Ciò significa dare input democratici alle
amministrazioni e al rinnovo della politica, resa ora asfittica da sterili confronti e contrasti
per divisione del potere fra leader e con scarsa attenzione ai contenuti; ma anche dalla
nostra assenza e colpevole.
55
Il 16 novembre 1965, pochi giorni prima della chiusura del Vaticano II, una quarantina di padri conciliari hanno celebrato una
Eucaristia nelle catacombe di Domitilla, a Roma, chiedendo fedeltà allo Spirito di Gesù. Dopo questa celebrazione, firmarono il
Patto delle Catacombe. I firmatari – fra di essi molti brasiliani e latinoamericani, molti altri più tardi aderirono al patto – si
impegnavano a vivere in povertà, a rinunciare a tutti i simboli o ai privilegi del potere e a mettere i poveri al centro del loro
ministero pastorale. Uno dei firmatari e propositori del Patto fu don Hélder Pessoa Câmara. L’episcopato sudamericano si è
largamente ispirato a questo patto sia per le sue conferenze sia per la pastorale in atto. Papa Francesco è evidentemente ispirato
da queste scelte.
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Va promossa una vera vitalità dei cosiddetti corpi intermedi: partiti, sindacati, purché liberi
da rigidità ideologiche, e altre associazioni di ogni genere, fino alle associazioni per fini
immediati ( feste etc) e arrivare alle famiglie; e anche alle nostre associazioni che un tempo
di queste cose si occupavano e che devono tornare ad occuparsene, superando rigidità
ideologiche e il disagio della pluralità delle posizioni con il dialogo e il discernimento56.
Naturalmente occorrerà prevedere anche incontri di verifica delle attività con criteri etici
sostenuti, purificati e promossi dalla fede, ma di natura razionale come da un documento a
firma di Ratzinger 2002.57
Questo tanto per non finire senza indicazioni pratiche.
(Le riflessioni dei consigli pastorali e dei gruppi, potranno essere la base per riflessioni e
spunti da cui potrà partire chi farà la relazione dell’anno prossimo.
Il metodo che si propone è quello del magistero: vedere, giudicare, agire. Non ci si può
fermare ad uno solo di questi punti. La lettura del presente testo e l’approfondimento
offerto dalle numerose note potrà aiutare a svolgere i tre passaggi. Senza avere alcun
riferimento come giudicare e orientare l’azione? A questo serve tutto l’apparato di note.
Questo è il metodo pratico che qui si intende suggerire.)
56
Può essere utile al riguardo ricordare quanto diceva la Octogesima adveniens in due paragrafi: “50. Nelle situazioni concrete e
tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili. Una medesima
fede cristiana può condurre a impegni diversi.(30) La chiesa invita tutti i cristiani al duplice compito d'animazione e d'innovazione
per fare evolvere le strutture e adattarle ai veri bisogni presenti. Ai cristiani che sembrano, a prima vista, opporsi partendo da
opzioni differenti, essa chiede uno sforzo di reciproca comprensione per le posizioni e le motivazioni dell'altro; un esame leale dei
propri comportamenti e della loro rettitudine suggerirà a ciascuno un atteggiamento di carità più profonda che, pur riconoscendo
le differenze, crede tuttavia alle possibilità di convergenza e di unità: «Ciò che unisce i fedeli è, in effetti, più forte di ciò che li
separa». È vero che molti, inseriti nelle strutture e nei condizionamenti moderni, sono determinati dalle loro abitudini mentali,
dalle loro funzioni, quando non dalla tutela degli interessi materiali. Taluni risentono così profondamente la solidarietà delle classi
e delle culture, che giungono a condividere senza riserve ogni giudizio e ogni opzione del loro ambiente (cf. 1 Ts 5, 21). Ciascuno
avrà cura di esaminare se stesso e di fare spuntare quella vera libertà nel Cristo che apre all'universale in mezzo alle condizioni più
particolari.- 51. Anche qui le organizzazioni cristiane, nelle loro forme differenti, hanno ugualmente una responsabilità di azione
collettiva. Senza sostituirsi alle istituzioni della società civile, esse devono esprimere, a loro modo e superando il loro
particolarismo, le esigenze concrete della fede cristiana in una trasformazione giusta, e quindi necessaria, della società. Oggi più
che mai la parola di Dio non potrà essere annunciata e ascoltata se a essa non si accompagna la testimonianza della potenza
dello Spirito Santo che opera nell'azione dei cristiani posta al servizio dei fratelli, proprio su quei punti dove sono in gioco la loro
esistenza e il loro avvenire.”
57
Dice il documento sul Comportamento dei cattolici in politica al n. 5: “ La “laicità”, infatti, indica in primo luogo l’atteggiamento
di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello
stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. Sarebbe un errore confondere la giusta autonomia che i
cattolici in politica debbono assumere con la rivendicazione di un principio che prescinde dall’insegnamento morale e sociale della
Chiesa.”
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