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Periodico di informazione dell’A.S.S. N. 5 “Bassa Friulana”
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MARZO / APRILE
2010
Valore al merito
La legge 15/2009 al dichiarato fine di valorizzare “il merito”
all’interno delle pubbliche amministrazioni prevede – demandandone l’attuazione al legislatore delegato – l'introduzione di
“sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle
strutture, finalizzati ad assicurare l'offerta di servizi conformi agli
standard internazionali di qualità” e la “valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali per i
singoli dipendenti sulla base dei risultati conseguiti dalle relative
strutture amministrative”.
La legge introduce un sistema premiante che supera quello previsto dalla contrattazione del settore della dirigenza e del comparto e vincola la contrattazione stessa a “stabilire percentuali
minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa valutazione del contributo e del rendimento del singolo
dipendente formulati in relazione al risultato, evitando la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi
incentivanti a tutto il personale”.
Il legislatore delegato ha recepito le indicazioni del Parlamento
costruendo un vero e proprio articolato sistema di valutazione
con lo specifico divieto di distribuire premi senza passare dal
sistema di valutazione, in modo indifferenziato (nel linguaggio
delle trattative sindacali i c.d. premi “a pioggia”).
Il sistema che andiamo ad analizzare è relativo alle amministrazioni centrali dello Stato. Per il comparto del Servizio sanitario
nazionale solo alcune norme entrano direttamente nell’ordinamento: per altre sarà necessario aspettare i recepimenti regionali.
Il sistema di valutazione del personale viene denominato dal
decreto delegato come sistema di “misurazione e valutazione
della performance” a cui è tenuta ogni amministrazione pubblica
nel suo complesso. Il sistema di valutazione diventa la condizione necessaria per l’erogazione dei premi legati al merito.
Viene introdotto “il ciclo di gestione della performance” articolato in una serie di fasi quali la definizione degli obiettivi, il collegamento tra obiettivi e l’allocazione delle risorse, il monitoraggio, la misurazione e la valutazione della performance, l’utilizzo
dei sistemi premianti. I soggetti che fanno parte del sistema di
valutazione della performance sono sia interni che esterni alle
aziende e agli enti di riferimento.
Essi sono nell’ordine:
a) la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche: si tratta di un organismo centrale, a composizione collegiale, composto da cinque componenti esperti di valutazione del personale;
b) gli Organismi indipendenti di valutazione della performance nominati di ogni singola azienda o ente, di composizione
monocratica o collegiale. In questo ultimo caso è composto da tre
componenti esperti di valutazione del personale comunque estranei all’azienda di riferimento.
c) l’organo di indirizzo politico amministrativo di ciascuna
amministrazione: emana le direttive generali contenenti gli indirizzi strategici, definisce il piano della performance e la relazione,
verifica il conseguimento degli obiettivi e il programma triennale per la trasparenza.
d) i dirigenti di ciascuna amministrazione: tutti i dirigenti sanitari in realtà svolgono esclusivamente attività professionali eccezion fatta per coloro che hanno precisi incarichi aziendali, per i
quali l’attività lavorativa si suddivide tra attività professionale e
attività dirigenziale vera e propria. Risulta ben chiara la volontà
della riforma Brunetta di rafforzare il ruolo dirigenziale dei dirigenti con particolare riferimento ai suoi poteri “datoriali” e, in
particolare come “datore di lavoro pubblico”.
Il decreto legislativo distingue tra i criteri di valutazione dei
“dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e di responsabilità” dal restante
personale. Mentre non si creano problemi in ordine alla individuazione dei dirigenti può non essere semplice l’individuazione
della figura del responsabile di una unità organizzativa “in posizione di autonomia e di responsabilità”. Per espressa previsione
dell’art. 16 del D.Lgs saranno i legislatori regionali a recepire
questa parte nei singoli ordinamenti regionali e a fare chiarezza
sul punto.
Ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo, la valutazione dei
dirigenti e del responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità è collegata:
a) agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità;
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materia che è solitamente demandata alla contrattazione - non è
però, né potrebbe esserlo, tassativo. Si demanda infatti alla contrattazione collettiva integrativa – e quindi aziendale - la possibilità di derogare alla percentuale del 25% della fascia alta “in
misura non superiore a cinque punti percentuali in aumento o in
diminuzione” con corrispondente variazione compensativa della
fascia intermedia e della fascia bassa. Quindi si può arrivare a
una prima fascia al 30% o anche al 20%, la fascia intermedia al
55% o anche al 45 % e, in quest’ultimo caso la fascia bassa avrebbe un riconoscimento premiale nella misura del 5%.
b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali;
c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali
dimostrate;
d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.
I criteri per la valutazione del personale del comparto invece
sono collegati:
a) al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali;
b) alla qualità del contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza, alle competenze dimostrate ed ai comportamenti professionali e organizzativi.
I criteri di valutazione differiscono tra dirigenti e dipendenti
per la diversa aggiuntiva richiesta di valutazione dei propri collaboratori “dimostrata tramite una significativa differenziazione
dei giudizi” da non interpretare solo in modo strettamente letterale, in quanto
una valutazione ben può
essere inefficace o sbagliata
ancorchè differenziata.
Inoltre non si può non
notare che questa normativa si cala su una realtà ben
diversa, per quanto concerne la valutazione , tra la
dirigenza e il comparto. Per
la prima infatti esiste da
tempo un sistema ben
strutturato di valutazione
introdotto dal decreto legislativo 502/1992 e successive modificazioni, dove si
introduce un sistema di
valutazione e degli organi
valutatori (il collegio tecnico e il nucleo di valutazione). La normativa contrattuale più recente ha definito la valutazione dei
dirigenti “un elemento strategico del rapporto di lavoro” con un
sistema valutativo articolato, distinguendo tra dirigenti con incarico e dirigenti senza incarico e con i relativi effetti legati sia alla
valutazione positiva che alla valutazione negativa dei dirigenti.
Il decreto sottolinea una politica meritocratica, da attuarsi
mediante valorizzazione dei dipendenti che “conseguono le
migliori performance”, ponendo specifici divieti alla distribuzione di incentivi che si pongono al di fuori del sistema disegnato
dalla riforma e soprattutto vietando ogni premio legato ad automatismi relativi all’anzianità e similari.
In ogni azienda l’organismo di valutazione compilerà annualmente una graduatoria delle valutazioni distinto tra il personale
dirigenziale e il personale non dirigenziale. A quanto sembra di
capire dal decreto stesso – in attesa dei recepimenti regionali – le
graduatorie in una azienda o in un ente del Servizio sanitario
nazionale dovrebbero quindi essere due sole: una per il comparto e una per la dirigenza. Logica vorrebbe, invece, che le graduatorie fossero almeno tre visto che tre sono i contratti della sanità
pubblica: dirigenza medica, dirigenza sanitaria, tecnica e amministrativa e contratto del comparto. In entrambe le graduatorie il
personale viene distribuito in differenti livelli di performance con
la conseguenza che:
a) il 25% è collocato nella fascia di merito alta, alla quale corrisponde l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance individuale;
b) il 50% è collocato nella fascia di merito intermedia, alla quale
corrisponde l’attribuzione del cinquanta per cento delle risorse
destinate al trattamento accessorio collegato alla performance
individuale;
c) il restante 25% è collocato nella fascia di merito bassa, alla
quale non corrisponde l’attribuzione di alcun trattamento accessorio collegato alla performance individuale. Quindi le fasce di
merito sono tre: alta, intermedia e bassa.
Il sistema previsto dal decreto - che interviene in realtà in una
Il periodo finale del comma 4 dell’art. 19 del D.Lgs precisa però
che “la contrattazione può altresì prevedere deroghe alla composizione percentuale delle fasce di cui alle lettere b) e c) e alla
distribuzione tra le medesime fasce delle risorse destinate ai trattamenti accessori collegati alla performance individuale”. In pratica la contrattazione aziendale può derogare in tutto e
per tutto alla distribuzione
del 50% delle risorse premiali per la parte intermedia e bassa. Nei recepimenti regionali si dovrà
comunque prevedere un
sistema sostanzialmente
sovrapponibile, anche se
non necessariamente identico, in quanto si dovrà
comunque prevedere “che
una quota prevalente delle
risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale venga
attribuita al personale
dipendente e dirigente che
si colloca nella fascia di merito alta e che le fasce di merito siano
comunque non inferiori a tre”.
L’interpretazione del disposto “una quota prevalente” è difficile che non possa corrispondere almeno alla metà delle risorse
disponibili esattamente come nella normativa presente nel decreto. Per i dirigenti si applicano i principi visti per la compilazione
della graduatoria (fascia di merito alta, intermedia e bassa) con
la specificità che si fa riferimento alla retribuzione di risultato.
Da queste disposizioni normative si evince che in sede di contrattazione integrativa rimane fermo solo lo zoccolo duro del 25%
(che può andare in realtà al 30% ma anche essere diminuito al
20%) della fascia di merito alta e la relativa distribuzione del 50%
delle risorse disponibili. Tutto il resto è contrattabile e modificabile.
Si può notare come un sistema così previsto presenta delle criticità nella parte in cui sostanzialmente non prevede una diretta
correlazione tra raggiungimento degli obiettivi e premialità.
Ben può un dipendente avere raggiunto gli obiettivi dati ed
essere collocato in fascia intermedia o addirittura bassa stante
l’eccessiva centralizzazione della graduatoria unica.
D’altra parte il mancato stretto collegamento tra premialità e
raggiungimento degli obiettivi è dichiarato dall’art. 18 del decreto legislativo laddove precisa che il sistema è teso a valorizzare “i
dipendenti che conseguono le migliori performance”.
Luca Benci
L’argomento é stato trattato dal dott. Luca Benci durante il
convegno “L’esercizio professionale e il rapporto di lavoro dopo
la riforma Brunetta” organizzato dall’Area Formazione
Aziendale tenutosi a Palmanova il 17 e 18 febbraio 2010.
Tutti gli atti del convegno sono a disposizione in intranet nella
sezione Formazione - Atti degli eventi formativi.
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Obiettivo mediazione
il 13,95%, il cinese per oltre il 13%, seguiti dal serbocroato e dall’inglese nel 6% degli interventi e, con un impegno minore, da
altre 12 lingue diverse (grafico 2).
Il lavoro svolto in questi anni ha evidenziato elementi di critici-
Da più di cinque anni la nostra Azienda ha attivato il servizio
di mediazione linguistico culturale, nella consapevolezza che le
differenze linguistico culturali determinano anche in ambito
sanitario problematiche di tipo metodologico (in termini di
approccio al paziente, diagnosi, terapia, follow-up, ecc).
Le procedure sanitarie derivano infatti anche dall’insieme di conoscenze e di tecniche proprie di una determinata cultura, e pertanto dipendono dall’organizzazione
sociale, dalla storia e dal sistema dei valori di quella cultura. Il mediatore facilita la comunicazione e la comprensione linguistica e culturale tra utente straniero e operatore sanitario, creando le condizioni per una migliore efficacia dell’intervento ed una migliore comunicazione del
disagio sofferto. Egli consente, durante l’accesso ai
Servizi da parte di utenti immigrati, di chiarire ed esplicitare i ruoli e le rappresentazioni del contesto (conoscenza reciproca, motivazione dell'intervento, ruolo del
Servizio) così da costruire, fin dall’inizio, una relazione di
fiducia ed una “alleanza diagnostica” con gli utenti stessi.
Fin dall’attivazione del servizio, le prestazioni di
mediazione linguistico culturale ci sono state assicurate
dal CE.S.I. (Centro Solidarietà
Immigrati) di Udine, con cui
l’Azienda ha stipulato una specifica convenzione di volta in
volta rinnovata. Nel corso degli
anni, gli operatori aziendali
hanno fatto sempre più ricorso
ai mediatori linguistico culturali passando da un utilizzo di 50
ore di mediazione nel 2004, alle
430 ore del biennio 2007-2009.
Grafico 2 - Lingue parlate
tà ma anche indubbi punti di
forza. In alcuni Servizi dalla
lettura dei dati sembrerebbe
che l’aspetto della comunicazione e della comprensione
dell’atto sanitario da parte dell’utente straniero non sia considerato elemento complementare alla prestazione erogata. Lo
sviluppo di specifici progetti
ha tuttavia consentito l’avvio e
il consolidamento di un percorso di sensibilizzazione degli
operatori sanitari e ha supportato gli utenti stranieri nell’accesso
ai vari Servizi della nostra Azienda; le attività sono state caratterizzate da una buona collaborazione interistituzionale con le
Scuole e gli Ambiti Socio-Assistenzali sia in fase di progettazione
che di gestione dell’attività, rappresentando una effettiva funzione di prevenzione dall’esclusione sociale degli
utenti che hanno difficoltà di accesso ai Servizi
socio sanitari e favorendo nel contempo il
mantenimento della relazione di cura nel
tempo.
Anche per il 2010, nell’ambito del progetto
“Mediazione linguistico culturale nei Servizi
Sanitari dell’Ass n. 5 “Bassa Friulana”” cofinanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia,
è stata rinnovata la convenzione stipulata
dall’Azienda con il CE.S.I. – Centro Solidarietà
Immigrati di Udine per le attività di mediazione linguistico-culturale. Le modalità operative
per fruire del Servizio di mediazione culturale
sono stata comunicate ai Direttori dei Presidi
Ospedalieri, dei Dipartimenti e Distretti aziendali, e sono disponibili nella specifica sezione
sul sito intranet aziendale al link area amministrativa. Per eventuali informazioni contattare
la dott. Paola Menazzi (tel. 0431387705
e-mail:[email protected]) oppure il dr. Roberto Romano
(tel. 0432921893 e-mail: [email protected]).
Dall’esame dell’attività svolta
nell’ultimo biennio, emerge che
la fruizione delle ore disponibili è stato superiore alle previsioni
nell’Ospedale di Palmanova e nel Distretto Ovest. Il grafico 1
descrive come gli interventi forniti dal CE.S.I. abbiano coinvolto
utenti provenienti per oltre il 25% dal Marocco, nel quasi 14%
dalla Romania, nel 13,43% dalla Cina, e in un altro 15% persone
Grafico 1 - Paesi di Provenienza
originarie dell’area balcanica (Albania e Macedonia in particolare). Gli altri interventi sono stati invece effettuati con soggetti
provenienti da altri 21 Paesi diversi. Parallelamente le lingue utilizzate sono state l’arabo per il 25,85% degli interventi di mediazione linguistico-culturale, l’albanese per il 15.25%, il rumeno per
Paola Menazzi - Distretto Est
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Così si ripensa la disabilità
prima parte
in forme uniche e spesso imprevedibili. Le necessità classificatorie impongono di passare dal piano unico ed irripetibile dell’individuo a quello dell’insieme categorizzato sulla base delle caratteristiche condivise, in altri termini, si condensa l’insieme dei
tratti tipici di quel soggetto all’interno di una definizione di massima che li sussume. Ne emerge l’immagine statica non del soggetto intero ma della sua condizione, fotografata in un tempo
definito, una sintesi che in quanto tale non ha lo scopo di rendere ragione dell’equilibrio delle caratteristiche adattive in gioco.
Chi si occupa di minori, tuttavia, continua a cozzare contro un
tema poco esplorato, ma tanto fastidioso quanto inesorabile: l’età
evolutiva è per definizione il periodo in cui ritmo, quantità e qualità delle modificazioni adattive
è più spiccato, un aspetto complesso, già difficile da catturare
nello sviluppo normale e ancora
più sfuggente, o poco prevedibile, o francamente anarchico
nello sviluppo patologico. Se
l’età evolutiva è un periodo
dinamico, allora i criteri di codifica dello stato funzionale debbono tenerne debito conto per
poter generare un profilo sufficientemente realistico. Sarebbe
quindi importante predefinire lo
standard di riferimento ed il metro adeguato per misurare. Ci si
può riferire alle performance “a regime”, cioè a quelle dell’adulto sano. In questo caso, ad esempio, l’attività d475 - Guidare (un
veicolo) sarà assente o minima per il minore sotto i 16 anni, parzialmente acquisita per il ragazzo tra i 16 e i 18 con il patentino
per il ciclomotore, massima, o a regime, per l’adulto con patente
di guida. Certo, un bambino di cinque anni non può mettersi al
volante di un’auto, però può usare il triciclo, la bici o il monopattino: in questo caso lo standard diventa l’attività disponibile e po
ssibile per l’età raggiunta – ma il metro è diverso.
Questa definizione è ancora inevasa tanto per l’applicazione di
ICF quanto per molti altri campi. Abbiamo quindi il rischio concreto di ottenere profili che, già statici per natura, possono essere
troppo impoveriti e sbilanciati verso l’adulto. Anche se probabilmente il futuro svelerà i meccanismo eziopatogenetici di molte
forme con genesi ancora sconosciuta, ad oggi abbiamo parecchi
minori con disabilità e/o handicap senza nessi organici certi
direttamente riconducibili al profilo di funzionamento, con evidenze praticamente nulle a carico di strutture, evidenze parziali
per funzioni e pesanti deficit per attività e partecipazione. Basta
citare i molti casi con diagnosi ICD 10 Q01 - Livello intellettivo
limite o F70 - Ritardo Mentale, da NDD, che sperimentano difficoltà con i pari, scolastiche, familiari e via dicendo. In questi casi
la sintesi e la lettura secondo un metro adulto possono rendere
ancora più indecifrabile il quadro ottenuto.
Questi soggetti sono una buona fetta dell’utenza in carico
all’EMT, e proprio per loro sono decisivi gli apporti positivi o
negativi dell’ambiente, anche settoriali e molto precisi, che non
peserebbero molto in situazioni più fisiologiche. E’ uno dei motivi che orientano l’EMT alla massima integrazione di rete con gli
altri servizi sanitari, sociali, educativi e così via, al fine di dare un
senso coerente agli interventi clinici all’interno del progetto di
vita di un individuo. ICF risponde all’obiettivo di fornire un quadro del funzionamento presente in termini bio-psico-sociali e non
può certo catturare in modo fine il progetto e gli obiettivi che
motivano una presa in carico in equipe, esso ha lo scopo di registrare puntualmente l’attivazione degli interventi e perciò non
può permettere di leggere direttamente motivazioni ed obiettivi
della presa in carico, ma solo di inferirli.
La Regione Friuli Venezia Giulia nel 2008 ha aderito al progetto nazionale di applicazione di ICF nel campo della disabilità e
dell’handicap. Anche l’ASS n. 5 “Bassa Friulana” ha attuato la
sperimentazione su un campione di soggetti con condizioni di
handicap riconosciute dall’apposita Commissione aziendale,
suddivisi tra minori e adulti, e l’EMT di Latisana ha realizzato il
profilo ICF dei dodici utenti assegnati.
L’esperienza ha rappresentato un impegno importante e denso,
perché, come succede sempre quando si utilizza uno strumento
nuovo, è stato necessario mettere a punto i molti aspetti di merito e rodare i relativi meccanismi di metodo rispettando la scadenza prevista del 30 giugno 2009 per il completamento del lavoro e
l'inserimento dei profili nel
database informatico.
In tema di merito pensare la
disabilità e l’handicap significa
fare un riferimento, esplicito o
implicito, allo stato ideale del
benessere e della salute di un
individuo mediante una lettura reciproca di normalità e
patologia fondamentale per
chiunque si occupi di clinica.
Certo, il campo è vasto, si è
prestato e si presterà a modificarsi sulla base delle oscillazioni culturali e sociali nelle quali è
radicato, può lasciare un margine sfumato che sfugge a definizioni nette. L’OMS ha dedicato parte del proprio operato, nel tempo,
proprio a questi temi e ha prodotto quelle concezioni successive
di stato di normalità che continuano a rappresentare una base
condivisa in ambito internazionale.
Negli anni ‘70 si concepiva lo stato di salute come equivalente
ad assenza di disturbi, poi, fino agli anni ‘90, le situazioni di
malattia venivano collegate in modo biunivoco alle conseguenze
in termini di handicap e disabilità. In seguito l’interruzione dello
stato di salute è stata interpretata non più come causa di, ma
come correlata a disabilità e/o handicap, ovvero alle limitazioni
delle attività e dei ruoli sociali possibili ed accessibili, che possono beneficiare delle risorse intrapersonali e dei supporti ambientali, se presenti, oppure possono risentire della carenza o dell’assenza di risorse. Questo modello riconosce il peso di fattori interpersonali ed ambientali nel quadro della persona, la legge soprattutto come organismo biologico, come corpo, ma anche come
individuo che vive nel tessuto più ampio della società. La chiave
di lettura usata cattura al meglio l’organismo e gli eventuali problemi del substrato fisico, mentre gli altri domini restano più
vaghi. Fra gli strumenti prodotti dall’OMS ci sono l’ICD, nelle
varie versioni, e l’ICF. Entrambi sono sistemi di classificazione:
l’ICD, International Classification of Diseases, si impiega per
poter decidere se il soggetto “x” presenti tutte e solo le caratteristiche che consentono di inserirlo nella categoria diagnostica “y”.
La classificazione di un soggetto attraverso ICF, International
Classification of Functioning, parte da una diagnosi ICD già effettuata e procede poi a codificare lo stato organico, cioè la condizione biologica delle strutture, delle funzioni garantite dalle strutture stesse, delle attività possibili o precluse, del grado di partecipazione interpersonale e sociale raggiunto, anche attraverso elementi facilitativi o impedimenti. Ad esempio una persona con
amputazione di una gamba (struttura) avrà ripercussioni sul
cammino (funzione) e limitazioni, ad esempio, quando deve spostarsi a piedi (attività) e in ambito lavorativo (partecipazione),
può essere supportata mediante una protesi (facilitatore) ma
potrebbe non essere in grado di salire le scale per tre piani (barriera). Ovviamente questa è una descrizione molto semplificata
dato che la trama della vita di ogni persona è fitta di aspetti, più
o meno codificati, più o meno idiosincratici, che si amalgamano
Loretta Lena - EMT Distretto Ovest
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Contro la rabbia
selvatici (tasso, faine). Gli animali domestici (cani-gatti-boviniovini- equini) possono in misura minore trasmettere il virus, se
morsicati da un animale rabido.
Sono iniziate anche le vaccinazioni di tutti i cani di età
superiore a 3 mesi dei proprietari residenti nell' A.S.S. n.° 5, a
seguito dell'ordinanza del
31/12/2009 del Direttore
Generale. Le vaccinazioni vengono effettuate dai veterinari
dell'A.S.S. n.° 5 nelle giornate
del lunedì, martedì, giovedì,
venerdì e sabato dalle ore
10.00 alle ore 12.30 presso la
sede del Servizio veterinario in
via Molin 21, Palmanova e
presso le strutture dei comuni.
Dopo l'ultimo caso di rabbia nella volpe, diagnosticato in Friuli
Venezia Giulia nel lontano 1995, dall'ottobre 2008 la rabbia è
ricomparsa nella nostra regione a seguito dell'evolversi dell'epidemia dalla Slovenia. Nel corso
del 2009 la malattia si è propagata nel vicino Veneto, in particolare nella provincia di
Belluno, facendo salire i casi di
rabbia a quota 126, di cui 45 in
Friuli e ben 81 in Veneto. A
seguito di tale situazione, è iniziata anche nella nostra regione
una campagna vaccinale nei
confronti della volpe, principale veicolo di trasmissione della
malattia che colpisce l'uomo e
gli animali sia selvatici che
domestici. L'ultima campagna
vaccinale ha interessato anche
i comuni del territorio dell'
A.S.S. n.° 5 "Bassa Friulana"
nel periodo dal 06/12/09 al
19/01/10. L'intervento si è svolto con la posa di ca. 11.000 esche
vaccinali, a cura dei cacciatori e della Protezione Civile, coordinati dal Servizio Veterinario competente per territorio.
L'assunzione delle esche vaccinali, della grandezza di un grosso biscotto, permette alle volpi, di immunizzarsi dalla malattia, in
quanto l'esca contiene all' interno di una fiala il vaccino per la
rabbia. Tale tipo di intervento è rivolto anche ad altri animali
Le spese sono a carico dei
proprietari che devono versare
anticipatamente 10 € sul
c.c. 10153336, intestato all'Azienda per i Servizi Sanitari n° 5
"Bassa Friulana", indicando nella casuale la dicitura " vaccinazione antirabbica". In alternativa i cani possono comunque essere
vaccinati da un veterinario libero professionista, o di fiducia, alla
tariffa prevista dall' ordine professionale.
Michele Plozzer - Dipartimento di Prevenzione
Come si sconfigge il mobbing
ore 13.00 alle ore 15.00, sarà possibile, telefonando al numero
335-7699177, parlare con un esperto la dott. Arianna Cataluddi,
psicologa specializzata in psico-somatica al quale esporre le proprie situazioni di disagio lavorativo.
Il mobbing è, nell'accezione più comune, un insieme di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni,
demansionamento, emarginazione, umiliazioni, maldicenze,
ostracizzazione, etc.) perpetrati da
parte di superiori e/o colleghi nei
confronti di un lavoratore, prolungato nel tempo e lesivo della
dignità personale e professionale
nonché della salute psicofisica
dello stesso.
In tutti i casi in cui dai colloqui
emergessero condizioni di lavoro o
fattori organizzativi e gestionali che
possano avere determinato l’insorgere di situazioni persecutorie o di
violenza morale, verrà coinvolto il
Comitato Paritetico anti-mobbing,
che, tra suoi compiti, ha quello di
proporre iniziative volte a prevenire e reprimere le situazioni di criticità che possano favorire l’insorgere
del mobbing.
Una prima riflessione sul fenomeno mobbing era già stata pubblicata su questo giornalino nel
numero di settembre/ottobre
2008, in un articolo dedicato
all’istituzione
del
Comitato
Paritetico sul fenomeno del mobbing dell’Azienda per i Servizi
Sanitari n. 5 “Bassa Friulana”.
Il Comitato ha iniziato la sua
attività da qualche mese, nominando un vice-presidente la dott.
Barbara Della Vedova ed un segretario la sig.ra Giovanna
Guglielmotti, che affiancheranno il Presidente il dr. Marco
Bertoli.
Tra le varie iniziative in programma nel corso del 2010 è prevista l’attivazione (dal 1° marzo) dello sportello anti-mobbing,
riservato a chi lavora nella nostra Azienda: ogni mercoledì, dalle
Chiara Obit, Romina Perossa
Comitato aziendale anti-mobbing
SPORTELLO AZIENDALE ANTI-MOBBING
Mercoledì dalle ore 13.00 alle ore 15.00
Tel. 335–7699177
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GLI ABSTRACT DI TUTTI I CORSI CHE L’AZIENDA PROPONE SONO DISPONIBILI SUL SITO: http://ecm.sanita.fvg.it/ecm/OFRCatalogo.jsp .
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Per eventuali informazioni ci si può rivolgere al proprio referente di dipartimento o all’Area di Formazione Aziendale (0432/921440-496 3316885997) , per le Strutture afferenti a Palmanova, e al
numero 0431-520354 per le Strutture afferenti a Latisana). Possibili variazioni o integrazioni del programma verranno comunicate quanto prima.
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Corsi in programma nei mesi di marzo-aprile
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Persone
Per Clara è arrivato il momento di chiudere con il mondo del lavoro! In questo
ambiente molto variegato e complesso,
fatto di sofferenza ma anche di gioia, hai
saputo con professionalità, umanità e allegria vivere accanto al paziente oncologico,
regalandogli sempre un sorriso e la giusta
attenzione di cui lui necessita. Insieme
abbiamo trascorso momenti belli, difficili
ma pur sempre costruttivi, com'è nello spirito di chi lavora in èquipe come la nostra.
Ti sei sempre prodigata per rendere più piacevole e più tollerante la presenza del malato in questo ambiente. Le tue doti umane
hanno sempre contraddistinto il tuo lavoro e per questo sono
state molte le persone che ti hanno apprezzato: tra queste anche i
volontari che operano presso il nostro servizio. Ora siamo sicuri
che i tuoi innumerevoli impegni ti aspettano fuori... ma tu di questo non ti preoccupi. Con un pizzico di invidia ti auguriamo tanta
felicità e fortuna e ti vogliamo salutare con un tuo famoso motto
" Sinteve là che arriverà il pretor..."
Buongiorno, approfitto di questo
mezzo per salutarvi, in quanto oggi è il
mio ultimo giorno di presenza in questa
azienda: con il 26 febbraio infatti prenderò servizio presso un'altra amministrazione (e nel mezzo qualche giorno di
ferie!).
Credo che la vita sia fatta di incontri,
che in qualche modo incidono sui nostri
percorsi: per me è stato così, un incontro
mi ha portato qui ed un altro mi ha fatto
scegliere di "andare". Ed in questi cinque anni ho potuto incontrare e conoscere molte persone, che in questo modo vorrei salutare
e ringraziare per aver fatto, magari solo per qualche giorno o
qualche ora, un pezzetto di percorso con me.
Simona Schepis
La redazione saluta con affetto Simona collaboratrice di questo giornale fin dall’inizio e redattore della rubrica più amata dai nostri lettori
- IN & OUT Ti auguriamo che i nuovi colleghi sappiano apprezzare la vivacità e
l’ironia che ti contraddistinguono, altrimenti ... ti aspettiamo a braccia
aperte.
Antonietta, Chiara, Daniela,
Giulia, Marco, Melania, Meri, Paola, Patrizia, Tiziana
Il personale medico e infermieristico della SOC di Oncologia di
Latisana.
Quante volte hai “passato” il
Tagliamento? Quasi 40 anni... una vita,
un lungo percorso lavorativo scandito
da incontri, esperienze e speriamo
anche soddisfazioni.Vogliamo ricordare
la tua professionalità, attenta scrupolosa, aperta ai cambiamenti e sempre
disponibile. Avrai perso il conto dei
tanti bambini vaccinati, delle mamme
che hanno raccolto i tuoi consigli, rassicurate dal tuo sorriso. Grazie Gabriella,
ti salutiamo con affetto e ti auguriamo
di spendere bene i tuoi giorni, con rilassanti passeggiate in riva al
mare, e certe che il tanto tempo libero a tua disposizione verrà
dedicato all'arte culinaria, non disdegneremo qualche assaggino,
che a noi l'appetito non manca, l'unica cosa che non riusciamo a
digerire è il fatto che tu sei in PENSIONE!
Discreta, gentile,sobria e rispettosa
questa e' Patrizia Merluzzi. Ti ricordiamo con affetto i momenti passati assieme, ti ringraziamo per la tua collaborazione e ti chiediamo di passare ogni
tanto a salutarci, ritagliando uno spazio per noi, tra mille idee e i mille
impegni che certamente hai già' pianificato per la tua...tranquilla (??!!! !) pensione.
I colleghi della Ragioneria
Un abbraccio le colleghe del Dipartimento di prevenzione
P.S. Non potevamo dimenticare la rima-tormentone:
Hai domato ogni morbo, anche quello suino, ma per domar la Mauro
non esiste vaccino!
IN & OUT IN & OUT IN & OUT IN & OUT IN & OUT IN & OUT IN & OUT IN & OUT
Un arrivederci e grazie a:
• Lucia Buiatti (Distretto Ovest)
• Andrea Urizzi, Francesco Zuliani
(Dipartimento di Prevenzione)
• Alessandra Tagliolato (Dipartimento Salute Mentale)
• Domenico Azzarello, Nives Battello, Anna Candussio,
Raffaella Ceschia, Lucia Rampado, Sara Scarsini, Giulietta
Taverna (P.O. Palmanova)
• Elena Stancata Baciu, Daniele Barban, Anilina Buttò,
Clara Giuseppina Colusso, Paola Olivo, (P.O. Latisana)
• Renata Grosso (Direzione Sanitaria)
• Patrizia Merluzzi, Elena Zanini
(Gestione Economico Finanziaria)
• Simona Schepis (Gestione Risorse Umane)
• Dorina Lestani (Distretto Est)
Un saluto di benvenuto a:
• Loredana Burba, Stefania Rossi, Valentina Soini
(P.O. Palmanova)
• Annamaria Cecon, Nunzio Straci Nunzio (P.O. Latisana)
• Annarita Crescenzi (Distretto Ovest)
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A tutela di chi é più fragile
soggetto fragile. Per esperienza sappiamo che, laddove esista una
famiglia “che funziona”, è possibile approntare i progetti assistenziali più complessi, nel mentre, nel momento in cui tale
garanzia venga a mancare, problemi anche semplici frequentemente possono vanificare l'azione progettuale predisposta.
Sappiamo altresì che le dinamiche familiari e i fattori demografici (denatalità in particolare) si sono profondamente modificati nel
corso degli ultimi decenni. Devono aggiungersi poi la profonda
involuzione in senso individualistico che la nostra società ha vissuto progressivamente nel corso degli ultimi decenni (che continua...) e scenari che non appaiono molto incoraggianti in merito
alla futura sostenibilità economica del welfare attualmente
garantito. Delineare quali azioni potranno essere nel tempo adottate per far
fronte ai problemi che deriveranno in
conseguenza di uno scenario come quello sopra descritto appare al momento
estremamente difficile; appare invece
evidente l'importanza decisiva che la
realizzazione di solidi legami comunitari di tipo solidaristico potrà apportare
per attenuare gli effetti di un contesto in
cui la domanda di assistenza a lungo
termine si farà sempre più pressante. E
il Volontariato costituisce sicuramente
l'espressione che meglio rappresenta tali
auspicate dinamiche comunitarie.
Appare tuttavia importante sottolineare che l'azione del Volontariato non
deve essere considerata “sostitutiva”
rispetto a quelli che sono i compiti e
doveri dei servizi istituzionali, e che
pertanto non possono assolutamente
sottrarsi alle responsabilità che dal loro
ruolo ne consegue.
Il ruolo del Volontariato, a mio avviso,
deve collocarsi sostanzialmente nell'ambito di un' “accoglienza leggera” (il semplice “dare una mano”) rispetto ai problemi dell'altro (e che
comunque non riguardano esclusivamente i bisogni conseguenti
a disabilità importanti); situazioni che, per quanto gravi, possono
essere fronteggiate con il “dono” (di tempo, di capacità di ascolto, di solidarietà, di competenze anche professionali) da parte di
persone motivate ad aiutare l'altro. L'Azienda n° 5 ha formalizzato con alcune associazioni specifici accordi di collaborazione;
deve essere però evidenziato che i rapporti tra i servizi aziendali
e le associazioni, a parte rare eccezioni, non sono frequenti, pur
essendo le associazioni molto diffuse e ben radicate sul territorio.
Nella consapevolezza di ciò, la Direzione Aziendale si è resa
disponibile per un “coordinamento” delle Associazioni con
l’obiettivo di favorire lo scambio di esperienze fra tutte le componenti e la reciproca collaborazione con gli altri soggetti della
società civile e le istituzioni presenti sul territorio. Come già dicevo in precedenza, la società attuale già da tempo si caratterizza
per una forte involuzione individualistica che lentamente, ma
progressivamente, ha minato anche le basi delle nostre relazioni
comunitarie, specialmente sul versante solidaristico. Se il tentativo di ripristinare quei legami ci riguarda tutti quanti molto da
vicino, l'azione che un movimento di volontariato “forte” e “presente” potrà apportare in merito risulterà particolarmente incisiva e determinante. Il Volontariato è sicuramente in prima linea,
molto più di altri, nell'impegno per il bene comune, per i più
deboli e bisognosi. E un Volontariato “forte” e “presente” è sicuramente una garanzia di sviluppo di tutta la società italiana.
La prevalenza sempre maggiore di patologie cronico-degenerative fortemente invalidanti, che si accompagna ad un aumento
progressivo dell'età media della popolazione, determina da
tempo problemi “assistenziali” di sempre più complessa gestione
per il Sistema Sanitario, per gli Enti Locali e soprattutto per le
famiglie che con tali problemi devono quotidianamente convivere. Deve essere infatti sottolineato che molto spesso i familiari letteralmente si annullano, anche per anni, pur di aiutare i propri
cari, accollandosi in alcune situazioni anche la responsabilità
legata all'atto di cura vero e proprio.
Si parla in particolare di “fragilità” qualora, a seguito di un
evento “sfavorevole” anche non importante, la probabilità che la
situazione si evolva ulteriormente
in senso negativo diventa significativa. Del resto, quando diciamo che
un oggetto o un materiale è “fragile”? La risposta immediata è: quando si rompe facilmente. Così la persona in condizione di “fragilità”
presenta un rischio di “rottura”
estremamente elevato se non
dispone di un'adeguata “rete di
protezione”, formale ed informale,
che la tuteli.
Come si è mosso il “sistema” per
tentare di fronteggiare i problemi
sopra brevemente descritti?
Dopo un periodo preparatorio
che ha riguardato l'inizio degli anni
'90 (quanto sono state promulgate
le leggi di riforma del Servizio
Sanitario Nazionale e Regionale), a
partire dalla seconda metà di detto
periodo si è assistito ad una profonda revisione dell'organizzazione
sanitaria con un deciso spostamento del baricentro verso la sanità del
territorio, svincolando l'ospedale
da tutte quelle funzioni di assistenza a lungo termine o addirittura “sociale” che in precedenza aveva comunque assicurato.
Contemporaneamente si sono attivati servizi territoriali grazie ai
quali è stato possibile garantire la possibilità di assistere a domicilio casi anche molto complessi e si sono create strutture di
degenza “intermedie”, alternative alla degenza ospedaliera, per
quelle situazioni per le quali un'assistenza domiciliare potrebbe
risultare più problematica sia per questioni sanitarie (gravità
della malattia), che per fattori socio-ambientali (casa inadatta,
care giver in età avanzata o portatore a sua volta di patologia
invalidante, assenza di familiari di riferimento). Analoghe azioni
sono state condotte dagli Enti Locali che hanno attivato o potenziato i servizi di propria competenza, sempre con la finalità di
favorire la permanenza al proprio domicilio di persone portatrici
di gravi disabilità, generalmente legate all'età. Dopo un discreto
periodo di tempo di attività dei servizi socio-sanitari del territorio come sopra brevemente descritto, lo scenario che si va delineando (si rimanda al riguardo in particolare al Piano Socio
Sanitario regionale di recente approvazione) sarà sempre più
improntato ad evitare una parcellizzazione degli interventi, al
fine di pervenire alla elaborazione di un “progetto personalizzato” che riguardi la persona in maniera specifica, in modo tale che
i bisogni rilevati trovino la possibile risposta in tempi rapidi ed
evitando il continuo peregrinare dell'assistito o dei suoi familiari
da un ufficio all'altro per ottenere ciò che è previsto e dovuto.
Ma tutto ciò potrà bastare? Difficilmente... e per vari motivi.
Innanzitutto la famiglia, che nella maggioranza delle situazioni
rappresenta il principale elemento della rete di protezione di un
Mario Corbatto - Distretto Ovest
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Posta dei lettori Posta dei lettori Posta dei lettori Posta dei lettori Posta dei lettori
Anch’io ho partecipato al corso di aggiornamento relativo alla
medicina narrativa. Lo ritengo un aggiornamento interessante in
quanto offre spunti di riflessione e di approfondimento riguardo
il tema della malattia, dell’essere malato e dell’importanza di riuscire ad instaurare un atteggiamento empatico e non giudicante
nei confronti delle persone che si rivolgono a noi in qualità di
operatori sanitari.
Questo atteggiamento mentale e comunicativo è utile per creare un clima favorente il dialogo e l’apertura può consentire alle
persone di comunicarci i loro bisogni e disagi in modo da riuscire a cogliere elementi utili che vanno ad arricchire l’anamnesi e la
storia dell’utente. Alcuni colleghi hanno evidenziato il problema
del tempo che questa modalità comunicativa richiede, in quanto
le attività infermieristiche sono sempre più improntate alla rapidità d’intervento e all’efficienza. Certamente in alcuni ambiti
questo limite del tempo è più limitante rispetto ad altri ma in
ogni caso è da augurarsi di riuscire ad aderire a tale tipo di
approccio, che qualifica il nostro operato professionale e sicuramente è gratificante per la persona che ne beneficia.
Venerdì 29 gennaio si è tenuto presso l’auditorium S. Marco di
Palmanova il corso di aggiornamento sulla “Medicina
Narrativa” a cui anch’io ho partecipato con molto piacere.
L’obiettivo del corso è proprio il fulcro della nostra attività
lavorativa in ambito ospedaliero: migliorare la capacità relazionale di tutti i professionisti attraverso la medicina narrativa per
creare un rapporto empatico con gli utenti, non dimenticando
mai che la persona è al centro del nostro operato, con una propria
entità ed emozione.
A mio avviso è fondamentale educare e fornire ai professionisti
della salute non solo competenze scientifiche ma aiutarli a diventare esperti in umanità. L’approccio relazionale che offre la
“medicina narrativa” è utile per instaurare un efficace ed efficiente relazione terapeutica.
Michela Chiavone - Medicina Palmanova
Moira Marangoni - Cardiologia Palmanova
Gli atti del convegno sono disponibili sul portale aziendale:
http://www.ass5.sanita.fvg.it
nella sezione Progetti e qualità - Medicina Narrativa
Medici ai fornelli
medici….). Qualcuno si era anche portato il foglietto delle istruzioni (della suocera) e non sono mancati anche piccoli episodi
goliardici (tentativi scherzosi di “inquinare” il piatto degli altri,
giudizi poco lusinghieri dopo
l’assaggio in cucina..).
Tutti eravamo comunque concentratissimi, agghindati con
tanto di grembiule e cappello da
cuoco, nello sforzo di produrre
qualcosa almeno di commestibile.
E l’attesa di quasi un’ora per il
verdetto ci aveva non poco preoccupato (Si saranno sentiti male?
Avranno difficoltà a trovare un
piatto almeno decente?).
Alla fine sono stati proclamati 3
vincitori: il miglior piatto, il
miglior abbinamento con il vino e
la migliore presentazione. Non
svelo i premiati, ma sono tornato
a casa soddisfatto. E anche i miei
familiari hanno tirato un sospiro di sollievo, non dovendo più
assaggiare il mio ”risotto di frontiera” !!!
Aldo Iop
Il 27 novembre u.s. a Carpi (MO) si è svolta una singolare iniziativa di beneficenza a favore del futuro reparto di Radioterapia
dell’Ospedale locale nella quale 6 Primari oncologi (Carpi,
Reggio
Emilia,
Montecchio,
Ferrara, Bologna e…..Latisana) si
sono sfidati nella preparazione di
un primo piatto. La giuria era composta da 15 “esperti” del settore
culinario (chef, sommelier, critici,
giornalisti…), e la cena per ben 300
commensali (ognuno dei quali
aveva acquistato un ticket) era preparata dall’associazione dei volontari dell’oncologia di Carpi
(AMO).
Il tutto all’interno del Circolo culturale Giliberti che in molte stanze
vede appese immagini di Che
Guevara,
Lenin,
Gramsci,
Berlinguer… (sembrava di essere
tornati i tempi di Don Camillo e
Peppone….).
E’ stata una serata piacevolissima e divertente, nella quale
comunque aleggiava un piccolo senso di competizione (i soliti
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Se il gioco é patologico
crescente di giovani. Non tutti i giocatori d'azzardo svilupperanno dipendenza ma, certamente, tutti coloro che giocano corrono
questo rischio. ll gioco d'azzardo diventerà in alcune persone
una vera e propria patologia che le spingerà a giocare in maniera compulsiva per vivere l'eccitazione del rischio, che spesso è
tanto più forte quanto più alta è
la posta: anche se queste persone
sanno perfettamente come funziona il mondo del gioco d'azzardo, continuano a giocare
senza riuscire a fermarsi, che
stiano vincendo o perdendo, finché non hanno perso tutto quello che potevano giocare. Per
questo molto spesso si dice che
chi è malato di gioco d'azzardo
in realtà non gioca per vincere,
ma per perdere.
Nonostante ciò tuttora viene
posta scarsa attenzione sull’entità dei costi sociali che questa
dipendenza comporta; le sue
specifiche caratteristiche causano infatti delle pesanti conseguenze che gravano direttamente non solo sul giocatore stesso, ma
anche sui propri familiari in relazione, sia ad aspetti puramente
psicopatologici, che ad aspetti economici e relazionali; parliamo
di numerosissime famiglie ridotte letteralmente alla fame, indebitate enormemente e facili prede della criminalità. Si pone quindi con urgenza la necessità, da parte delle autorità, sanitarie e
non, di prendere in seria considerazione il fenomeno predisponendo adeguati percorsi terapeutici e di contrasto. Come riconoscere se ci troviamo in presenza di gioco d'azzardo patologico o
del rischio che si sviluppi?
Il gioco d'azzardo patologico (gap) è un disturbo ossessivocompulsivo che, pur venendo tuttora classificato nella categoria
dei “disturbi da discontrollo degli impulsi", ha in realtà una grande attinenza con la tossicodipendenza, tanto da rientrare nell'area delle cosiddette "dipendenze senza sostanze".
Il giocatore patologico, infatti,
mostra una crescente dipendenza
nei confronti del gioco d'azzardo,
aumentando la frequenza delle
giocate, il tempo passato a giocare, la somma spesa nel tentativo
di recuperare le perdite, investendo più delle proprie possibilità economiche e trascurando i
normali impegni della vita per
dedicarsi al gioco.
Il gioco d'azzardo patologico
presenta anche numerosissime
affinitità con l'alcoldipendenza,
tanto che le metodologie di trattamento sono praticamente le
stesse.
Possiamo sintetizzare che siamo in presenza di “Gioco
d’Azzardo Patologico” quando esiste un “comportamento persistente, ricorrente e disadattivo di gioco d’azzardo”, intendendo
in quest’ultimo caso che il gioco è in grado di avere delle pesanti
ricadute negative sulla vita personale, sociale e lavorativa del
giocatore e della sua famiglia.
Il gioco d'azzardo in italia è in vertiginoso aumento, sia come
volume globale di affari che come numero di persone che lo praticano. La spesa degli italiani in giochi d'azzardo è stata consuntivata, nel 2008, in 47.2 miliardi di euro contro i 14.3 del 2000,
ponendo l'industria del gioco d'azzardo al 5° posto tra le industrie italiane. Altro dato importante da considerare è che il gioco
d'azzardo in italia coinvolge maggiormente le fasce economicamente più deboli della popolazione e che riguarda un numero
Sergio Paulon
Dipartimento Salute Mentale
Provate a rispondere alle seguenti domande segnando con un si o con un no:
1. Perdi giorni di lavoro a causa del gioco?
SI
NO
2. Il gioco rende infelice la tua vita domestica?
SI
NO
3. Il gioco mette in pericolo la tua reputazione?
SI
4. Provi rimorsi dopo aver giocato?
SI
5. Giochi per guadagnare denaro per pagare i debiti o
SI
per risolvere i tuoi problemi finanziari?
6. Il gioco riduce le tue ambizioni o
la tua efficienza?
SI
SI
NO
NO
14. Ti capita spesso di giocare più a lungo di quanto
ti eri proposto?
SI
NO
NO
15. Ti hanno mai criticato per le tue attività di gioco?
NO
16. Ti capita di pensare di commettere qualcosa d’illecito
per procurarti il denaro per giocare?
SI
NO
8. Se hai vinto, ti capita di pensare di continuare a
giocare per vincere ancora di più?
NO
9. Ti capita spesso di giocare fino a quando non hai più
SI
un soldo in tasca?
10. Ti capita di chiedere prestiti per finanziare
il tuo gioco?
SI
SI
NO
7. Se hai perso, sei del parere che sia necessario ritornare
SI
a giocare per vincere quanto hai perso?
SI
13. Il gioco ti rende disattento al benessere della tua famiglia?
NO
NO
17. Giocando, hai a volte l’impressione di non avere più le solite
difficoltà della vita?
NO
SI
18. Giochi perché ti senti solo o a terra?
SI
NO
19. A volte hai l’impressione che sia il momento di giocare, perché è
il tuo giorno fortunato?
NO
SI
20. Hai mai considerato il suicidio come una via d’uscita dai
tuoi problemi?
SI
NO
NO
NO
Se hai risposto "sì" a quattro domande, inizi ad avere problemi con il
gioco d’azzardo. Se hai risposto "sì" a cinque o più domande, hai di
certo dei problemi seri con il gioco d’azzardo. In entrambi i casi ti suggeriamo di rivolgerti ad un centro specializzato o a un servizio per le
tossicodipendenze dove troverai informazioni utili su come affrontare il problema. Nella nostra Azienda Sanitaria si può telefonare al
numero 0432 921937 (Servizio di Alcologia di Palmanova)
11. Ti capita di vendere qualcosa di tuo per disporre di denaro
per giocare?
SI
NO
12. Ti capita di spendere, nel gioco, somme di denaro che avevi
destinato ad altri scopi?
NO
SI
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La salût des feminis
“Un uomo è un uomo e una donna è una donna” recita un
modo di dire friulano che appare alquanto lapalissiano, ma il
fatto che uomini e donne siano diversi non è detto sia sempre così
scontato nemmeno in Medicina. Il problema principale nasce dal
fatto che tante medicine (principi farmacologici) e tante terapie
sono state testate sul maschio e per il maschio e adattate solo in
un secondo momento alla donna: infatti negli studi clinici sui
nuovi farmaci venivano reclutati uomini adulti e sani, le donne in
età fertile e quelle in gravidanza venivano escluse e per evitare di
somministrar loro sostanze potenzialmente tossiche che, in un
futuro, avrebbero potuto causare danni sul tessuto fetale, e per
l’interferenza che le variazioni ormonali cicliche potevano avere sui trials stessi. Anche l’etiologia e le manifestazioni
delle malattie sono studiate prima sull’uomo e solo dopo adattate alla donna.
Si è dovuto attendere fino al 2002 perché in una università, la Columbia
University, fosse avviato un corso specifico e in Italia appena nel 2008, presso l’Università di Tor Vergata a Roma è
stato avviato un master sulla Medicina
di genere, che è la scienza che studia
l’influenza che il genere (femminile) ha
sulla fisiologia, la fisiopatologia e la clinica di tutte le malattie e non delle sole
malattie tipicamente femminili, cioè
quelle dell’apparato riproduttivo. Solo
qualche esempio: oggi sappiamo che le
donne si ammalano di più dell’uomo, ma non solo perché vivono
più a lungo, assumono più farmaci, che nelle donne danno più
effetti collaterali che nell’uomo, nelle donne il diabete è più spesso complicato, l’infarto ha più spesso sintomatologia atipica e le
cure per le coronaropatie sono meno efficaci che nell’uomo, le
donne sono più sensibili alle sostanze cancerogene, il fumo di
tabacco provoca alla donna più danno che all’uomo: per esempio
il tumore al polmone fumo correlato nella donna è più aggressivo perché presenta più mutazioni…e ci sarebbe ancora tanto da
dire. Qualche dato tratto da uno studio ISTAT del 2007: il 6%
delle donne ha una qualche disabilità contro il 3% degli uomini,
il 9% delle donne soffre di osteoporosi vs l’1% degli uomini. Le
donne hanno più allergie (+8%), diabete +9%, cataratta +80%,
ipertensione arteriosa +30%, patologie della tiroide +500%, artrosi/artrite +49%, cefalea +123%, calcoli +30%, depressione +138%,
Alzheimer +100%, osteoporosi +736%. La Medicina di genere
vuole perciò sviluppare ricerche specifiche per descrivere tutte le
differenze anatomofisiologiche e patologiche a livello di tutti gli
organi ed apparati per determinare le cure e gli interventi più
appropriati per le donne. Importante sarà anche valutare meglio
l’impatto che ha lo stile di vita (ed i fattori di rischio) sulla salute
delle donne per intraprendere strategie di prevenzione mirate
soprattutto per quelle patologie che tutt’ora colpiscono le donne
in maniera molto diversa o in percentuale sproporzionata rispetto all’uomo come le coronaropatie, le malattie nervose, l’osteoporosi.
Silla Stel - Dipartimento di Prevenzione
“Omp al è omp…..e femine e je femine” e dîs une detule furlane che somearès cetant lapalissiane, ma il fat che oms e feminis a
sedin diferents nol è dit che al sedi simpri cussì tant scontât nancje in te Midisine. Il probleme di fonde al nas dal fat che tantis
medisinis (principis farmacologjics) e tantis curis a son stadis studiadis sul om e pal om e dome dopo “adatadis” a la femine: difat
pai studis clinics di gnovis medisinis a vignivin reclutâts par solit
oms adults e sans, lis feminis in etât fertile e chês che a compravin a erin gjavadis vie par no vê il riscli di dâur sostancis tossichis
che un doman a podevin fâ dams al tessût fetâl, e ancje par vie de
interference che lis variazions ormonalis ciclichis des feminis a
podin vê sui studis farmacologjics.
Ancje la etiologjie e lis manifestazions des malatiis a son stadis studiadis par solit prin sul om e dome
dopo voltadis su lis feminis. Dut
câs o vin dovût spietâ fin tramai tal
2002 par che intune universitât, la
Columbia University, al vegni
inmaneât un cors di “Midisine di
gjenar” e dome tal 2008 in Italie al
è stât inviât un master te universitât Tor Vergata di Rome.
La “Midisine di Gjenar” e je la
sience che e studie la influence dal
gjenar (feminin) su la fisiologjie, la
fisiopatologjie e la cliniche di dutis
lis malatiis e no dome di chês “des
feminis” ven a stai chês dal aparât
riprodutîf.
Dome cualchi esempli: in dì di vuê o savìn che lis feminis a si
inmalin di plui dai oms, ma no dome parcè che a vivin di plui; a
doprin plui midisinis, che ur dan plui efiets contrariis che ai oms,
tes feminis il mâl dal zucar al è plui dispès complicât, l’infart al à
plui dispès sintoms atipics, e lis curis pes coronaropatiis a funzionin mancul ben che tal om; lis feminis a son plui sensibilis a lis
sostancis cancerogjenis, il fum di tabac ur causione plui dams che
al om: par esempli il tumôr polmonâr causionât dal fum di tabac,
te femine al è plui trist parcè che al à plui mutazions…e al sarès
ancjemò tant ce discori.
Cualchi numar tirât fûr di un studi ISTAT dal 2007: il 6% des
feminis e à disabilitât cuintri il 3% dai oms, il 9% des feminis e à
osteoporosi vs l’1% dai oms. Lis feminis a àn plui alergjis (+8%),
diabete +9%, catarate +80%, pression alte +30%, tiroide +500%,
artrosi/artrite +49%, mal di cjâf +123%, calcui +30%, depression
+138%, Alzheimer +100%, osteoporosi +736%.
Vè alore che la midisine di gjenar e vûl disvilupâ ricercjis specifichis par descrivi dutis lis diferencis anatomofisiologjichis e
patologjichis a livel di ducj i orghins, par viodi trop che a zovin
pardabon su lis feminis i intervents diagnostics, terapeutics e di
prevenzion.
Bisugnarès ancje valutâ miôr l’impat che al à tes feminis il stîl
di vite (e i fatôrs di riscli) par inmaneâ strategjis di prevenzion
sordut pes patologjiis che a cjapin lis feminis in maniere diferente o sproporzionade rispiet al om come lis coronaropatiis, lis
malatiis nervosis, la osteoporosi.
Vocabolari/Vocabolario Malatiis des feminis ( gravidance e puerperi)
comprâ, spietâ = essere incinta
e larâ tal jet in Avrîl = partorirà in Aprile
e à vût in Lui = ha partorito a Luglio
e dâ ancjemò di lat = allatta ancora
a lati mâl = ha avuto un aborto involontario
e je sterpe, no pues comprâ = è sterile
àn fermadi lis sôs robis = è in amenorrea
e à vût cul tai = parto cesareo
e à parât jù , e je lade a butâ vie = ha abortito volontariamente
la madrasse = l'utero
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Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi Avvisi
INCONTRI LITURGICI PASQUALI
Venerdì Santo 2 aprile ore 13,30 rito della via Crucis presso la Chiesa dell'Ospedale
di Palmanova
Domenica 4 aprile Santa Messa di Pasqua alle ore 10 presso il soggiorno del reparto di
Medicina di Palmanova
CINEFORUM - LE FOLLE E IL FOLLE
venerdì 16 aprile 2010
L’ospite inatteso
di Thomas McCarthy - USA, 2007 – 103’
Nel film L’ospite inatteso Walter Vale, professore universitario di
Economia, vedovo da cinque anni, vive una vita monotona in una
cittadina del Connecticut. Quando Walter di malavoglia accetta di
sostituire un collega a una conferenza a New York City, scopre
con sorpresa che il suo appartamento, da tempo disabitato, è stato
affittato con un imbroglio a una giovane coppia, il siriano Tarek e
l’africana Zainab.
venerdì 28 maggio 2010
Onora il padre e la madre
di Sidney Lumet - USA, 2007 – 120’
Charles e Nanette Hanson hanno cresciuto i loro figli come si deve.
Andy, il maggiore è innamorato della bella moglie Gina, e guadagna
un superstipendio come dirigente di una grande azienda. Hank, il più
giovane, adora la figlia e sta cercando la maniera per poterla iscrivere
ad un'esclusiva scuola privata. Ma Andy riesce a mantenere uno stile
di vita stravagante e il dispendioso vizio della droga solo attingendo
alle casse della sua società e pur amando la moglie, il suo matrimonio
vacilla.
Inizio proiezioni
ore 20.30 presso l’Auditorium San Marco Palmanova,
info: tel. 339 3110647 http://www.cinemanova.it e.mail [email protected]
Redazione Redazione Redazione Redazione Redazione Redazione Redazione
La Redazione augura a tutti buona Pasqua !!
A.S.S.ieme per 5 minuti
Periodico Bimestrale
dell’Azienda per i
Servizi Sanitari n. 5 ”Bassa Friulana”
Anno IV - Numero 23
Febbraio/marzo 2010
Reg. presso il trib. di Udine
n. 29/06 del 28.06.2006
Direttore responsabile
Daniela Gross
Questo giornale é
stampato su carta riciclata
Redazione
Tiziana Bonardi
Melania Fichera
Antonietta Guerra
Marco Luigiano
Meri Marin
Chiara Obit
Paola Virgolin
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Fax. 0432-921500
E-mail:
[email protected]
Posta interna : Redazione giornale
c/o Ufficio Relazioni con il Pubblico
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A questo numero hanno collaborato:
Luca Benci
Michela Chiavone
Mario Corbatto
Aldo Iop
Loretta Lena
Moira Marangoni
Paola Menazzi
Chiara Obit
Sergio Paulon
Romina Perossa
Michele Plozzer
Silla Stel