scarica il file - Il licenziamento dei dirigenti_Italia oggi
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' ÿ www.italiaoggi,it mm im ÿ Sette i'ÿ ll licenziamento" dei dirigenti i: L! i,i fÿ Le novità nella atsctptma 1. ._,. ' della risoluzione del rapporto .. lavorativo manageriale !i »i di EDGARDO RATTi, ÿI/[-AT'rÿ:o POLLAROLI e FRANCESCO PAU i' " 1. Top. manager e amministratori nel mirino. Sia nel ucenmamento che nella revocaÿ a seconda che si tratti !, di dirigenti o amministratori, assume un ruolO fonda- mentale il venir meno del vincolo fiduciario. Se por gli amministratori (di società dirimesso capitali) il pmcedimento ,«1 di revoca è sostanzialmente nelle mani dell'assemblea, píù complessi appaiono i profili inerenti la risoluzione del rapporto lavorativo dei dirigenti che varia anche in funzione del ruolo ricoporto all'interno d ' " eli amenda e dell effettività o meno della posizione : ii ntroduzione 1. Il top management ed il vincolo fiduciario i Il licenziamento nell'ambito del rapporto di lavoro !i manageriale è connotato da una disciplina peculiare i. mVero ragione della particolarità del rapportoossia stesso. è, infatti, che il top management la dirigenza vera .e propria - a differenza della categoria della così detta «mini dirigenza», anche definita sovente «pseudo - assurge, all'interno ! dell'azienda,.ad un dirigenza» ruolo per così dire di «alter ego plina giuridica del rapporto e ciò, per quanto più interessa nella presente sede, anche in relazione ;ÿ alla fase di risoluzione del medesimo. A tale riguardo, occorre fare preliminarmente ri_ !! levare che il vincolo fiduciario, che sempre deve sus- ii sistere all'interno di qualsivoglia rapporto di lavoro ÿ i tra il datore di lavoro e il prestatore di lavoro, assume ÿ! nel caso di specie una connotazione e un'importanza i ancora più marcate, tanto che al top management ii viene chiesto non solo un comportamento diligente, ÿ! fedele e leale nei confronti della società datrice di i lavoro ma anche la condivisione di valori ed obiet- tivi aziendali e, quindi, in ultima analisi una sorta il di allineamento rispetto alle strategie aziendali ed ii ai valori nonché per così dire allo ,ÿtile» che carat- ! terizzano ]'impresa; il cha rende evidentemente più ii agevole procedere al licenziamento del top manager per giusta causa (con effetto immediato e senza ri- fl conoscimento del preavviso) o comunque per ragioni' [ soggettive (ossia con riconoscimento del preavviso) i! legate a compoÿamenti poco virtuosi o comunque . ! :i dellÿmprenditore» connotato da ampi poteri di au- per così dire «non allineati» del medesimo. Peraltro anche la risoluzione per ragioni orga- = + i toriomia, fermo restando discrezionalità ovviamente ed indirizzo il rispettodell'impresa, delle direttinizzative del rapporto di lavoro del top manageve programmatiche definite dal datore di lavoro, stico •meno stringente rispetto a quello ment è comunque soggetta ad un regimeriservato vincoli- ii Tali connotati del rapporto di lavoro del top ma- ai lavoratori per così dire «ordinari» anche ove !' i nagement si riflettono in modo incisivo sulla disci- quest'ultimi siano dotati di responsabilità, posto ii ii che la disciplina di tale tipologia di licenziamento è ispirata, nel caso dei dirigenti, alla ratio per la quale esso risulti più agevote per la società datrice di lavoro non potendosi, ad esempio, richiedere alla medesima, anche in virtù della professionalità e della peculiare posizione del top manager, lo sforzo di verificare preliminarmente la possibilità di ricollocarlo all'interno dell'azienda (trattasi tecnicamente dell'inesistenza dell'obbligo di procedere al così detto tentativo di repechage). Ebbene, quanto sinteticamente enunciato chiarisce la ragione per la quale .il licenziamento del top manager ovvero di chi sia dirigente in senso proprio e cioè dotato di quei sopraccennati poteri di autonomia, discrezionalità e indirizzo non soggiaccia al regime vincolistico proprio dei licenziamenti ordinari, tanto da legittimare l'affermazione, più volte ricorrente a tal riguardo, per la quale il licenziamento del topmanager costituirebbe un recesso ad nutum ossia non bisognoso di una precisa motivazione ed attuabile ogni qualvolta si sia in presenza di un fatto e/o un elemento non discriminatorio né pretestuoso né comunque contrario al canoni di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1366 e 1375 del codice Ovile. 2. La nozione di top manager Ai sensi dell'articolo 2095 del Codice Civile, i prestatori .di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati ed operai; per costante giurisprudenza e dottrina, la figura del dirigente che possa dirsi effettivamente tale e quindi del top manager si caratterizza - a differenza del così detto pseudo dirigente» o «mini dirigenteÿ» - per l'autonomia e la discrezionalità delle decisioni e per la mancanza di una vera e propria dipendenza gerarchica, sicché il top manager è colui che in definitiva possiede l'effetti;co potere di influire sulla conduzione dell'intera azienda o di un suo ramo autonomo ossia di imprimere un indirizzo e un orientamento al governo complessivo dell'azienda o dell'articolazione della stessa cui è preposto, assumendone la corrispondente responsabilità ad alto livello. Il top manager La sentenza della Cassazione del 26 settembre 2007, n. 20i65 rileva il tratto caratteristico della figura del dirigente di azienda, rispetto a funzioni contigue, (...) nell'autonomia e nella discrezionalità delle.scelte decisionali, in modo che l'attività del dirigente gli consenta, sia pure nell'osservanza delle diÿettive programmatiche del datore di lavoro., di imprimere un indirizzo ed un orientamento al governo com)lessivo dell'azienda, assumendo la corrispondente responsabilità ad alto livello (in senso conforme, tra le molte: Cass. 22 dicembre 2006, n. 27464; Cass. 19 settembre 2005, n. i8482; Cass. 30 agosto 2004, n. 17344; Cass. 27 aprile 2004, n. 8064; Cass. 28 agosto 2003, n. i2650). to con funzioni direttive di alto li:¢ello ossia un preposto a un singolo ramo di servizio, ufficio o reparto, il quale svolge la propria attività sotto il controllo dell'imprenditore o di un altro dirigente e quindi con poteri di iniziativa e responsabilità del tutto circoscritti.. La sentenza della Cassazione del 22 dicembre 2006, n. 27464, chiarisce le differenze tra il dirigente in senso proprio ed il c.d. mini o pseudo dirigente, stabilendo che la qualifica di dirigente spetti soltanto al prestatore di lavoro che, come alter ego dell'imprenditore, sia preposto alla direzione dell'intera organizzazione aziendale, ovvero ad una branca o settore autonomo di essa, e sia investito di attribuzioni che, per la loro ampiezza e per i po-! teri di iniziativa e di discrezionalità Il mini o pseudo dirigente che comportano, gli consentono, !sia pure nell'osservaoza delle di'rettive programmatiche del datore di lavoro, di imprimere un indirizzo e un orientamento al governo com31essivo dell'azienda, assumendo la corrispondente responsabilità ad alto livello; da questa figura si differenzia quella dell'impiegato.'con funzioni direttive che è preposto a un singolo ramo di servizio, ufficio o reparto e che svolge la sua attività sotto i! controllo dell'imprenditore o di un dirigente, con poteri di iniziativa circoscritti e con corrispondente limitazione di responsabilità (c.d. »seudo-dirigente). L'accertamento in concreto della sussistenza delle condizioni necessarie per l'inquadramento del funzionario nell'una o nell'altra categoria costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e censurabile in sede legittimità soltanto per vizi di motivazione. Il licenziamento «ad nutum», a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o da un giustificato motivo, è applicabile solo al dirigente in senso proprio, mentre il licenziamento dello pseu- do dirigente è soggetto alle norme ordinarie. L'inquadramento della figura effettivamente dirigenziale e la relativa differenziazione di questa da quella del così detto pseudo-dirigente non sono questioni meramente astratte ed accademiche, avendo - come già accennato in premessa - impor- tanti riflessi pratici, stante la peculiare disciplina giuridica applicabile al rapporto (genuinamente) dirigenziale in tema, per quanto qui più ci interessa, di licenziamento. Diverso è invece il caso del così detto «mini o pseudo dirigente», il quale di fatto è un impiega- 2 3. Cenni generali in merito alla disciplina (legale e contrattuale collettiva) applicabile XtaXiaOggi7 al licenziamento dei top management A1 licenziamento del top management, nel senso prima definito, si applicano le disposizioni del Codice Civile di cui agli articoli 2118 (Recesso dal contratto a tempo indeterminato).e 2119 (Recesso per giusta causa), mentre non trovano applicazione - fatte salve alcune limitate eccezioni riguardanti la forma scritta dell'atto di recesso (art. 2, comma 4, della Legge n. 604/1966) e il diritto comunque del manageral1'•mdenmtà di anzianith le previsioni stabilite dalla normativa in materia di licenziamento individuale di cui alla Legge 15 luglio 1966, n. 604 e ciò giusto il mancato riferimento, all'interno dell'art. 10 della legge in questione, ai dirigenti• L'art. 2118 («Recesso dal contratto tempo indeterminato») stabilisce che: 1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preawiso nel Articolo 2118 del codice civile termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. 2. In mancanza di preawiso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivaente all'importo della retribuzione che sarebbé spettata per il periodo di preavviso. 3. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.. Articolo 2119 dei codice civile Ai sensi di quanto previsto dall'art 2119 («Recesso per giusta causa»): 1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine,•se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, ancheprovv[soria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo prece- dente. 2. Non costituisce giusta cau.sa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda. Articolo 10 della legge n. 604/1966 Secondo quanto stabilito da 'art. 10, le norme del a presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell'articolo 2095 del codice civile e, per quelli assunti in prova, si applicano dal momento in cui l'assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall'inizio del rapporto di lavoro.. [11 quarto comma dell'art. 2 stabi sce che le dispos z oni di cui al comma Articolo 1 (li datore di lavoro, imprenditore o 2, comma non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al presta4, della tore di lavoro) e di cui all'articolo 9 legge n. 6.04./1966 (L'indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro) si applicano anche ai dirigenti. In tale caso, si parla infatti di recesso ad nutum ossia senza obbligo (per lo meno legale) di motivare le ragioni del recesso da parte della società datrice di lavoro; a tal riguardo, occorre però osservare che sovente la motivazione del licenziamento viene comunque richiesta dalle previsioni della maggior parte della contrattazione collettiva di settore (si veda, ad esempio, I art. 22, comma 2, del Ccnl Dirigenti Industria), sicché in tali frangenti il recesso deve risultare pur sempre motivato, pena l'applicazione delle tutele risarcitorie previste dai relativi contratti collettivi nazionali di lavoro. Articolo 22 Tale previsione contrattuale col stabilisce che nel caso di risoluzior a iniziativa dell'azienda, quest'ultima Dirigenti In- è tenuta a speciflcarne contestualdustria mente la motivazione. comma 2, del Ccnl Il Qcnl in questione al riguardo prevede che, nel caso di licenziamento, il Articolo 36, datore di lavoro è tenuto" ad indicarcomma 1, ne contestualmente la motivazione del Ccnl Di- fatto salvo il Caso in cui s tratti di rigenti Com- risoluzione del rapporto nei confronti mercio de! dirigente che sia in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia. Come già anticipato, la motivazione del licenziamento, ove richiesta dalla contrattazione collettiva di settore applicata, non è però soggetta da parte del giudice del lavoro eventualmente adito o dei membri del Collegio arbitrale (ove la controversia connessa all'impugnazione del recesso sia portata all'attenzione di quest'ultimo organo) ad una valutazione rigorosa secondo i parametri particolarmente stringenti elaborati dalla giurisprudenza in materia di giusta causa di licenziamento o di giustificato motivo (soggettivo oppure oggettivo) di recesso. Considerata, infatti, la specialità del rapporto di lavoro dirigenziale e l'impossibilità per tale ragione di fare proprio il concetto di «giusta causa» e di tíciUStificato motivo» di licenziamento di.cui all'arolo j della legge n. 604/1966, la giurisprudenza, per valutare la legittimità del licenziamento del dirigente, ha elaborato la particolare nozione j ÿ'uaf¢UÿtÿÿÿÿecZZaÿo''na::ÿa'eeÿÿÿa::ÿSa$oOÿ! l'tÿÿOggi7 3 I scriminatorie e/o arbitrarie e, comunque, contrarie ai sopracitati principi di correttezza e buona fede contrattuali. La Cassazione, in più occasioni, ha affermato che la nozione contrattuale di giustificatezza si discosta, sia sul piano soggettivo che su quello oÿettiv(y, da quella di giustificato motivo di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, art.. 3. Sul piano soggettivo, tale asimmetria trova la sua ragion d'essere nel rapporto fiduciario che lega in maniera più o meno penetrante al datore di lavoro il dirigente in ragione delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per cui anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro o un comportamento La nozione extralavorativo incidente sull'immagidi giustifica- ne aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a tezza seconda delle circostanze, ,costituire ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano delle disciplina contrattuale dello stesso. Sul piano oggettivo, la concreta posizione assegnata al dirigente nella articolazione della struttura direttiva dell'azienda può inoltre divenire nel tempo non pienamente adeguata nello sviluppo delle strategie di impresa del datore di lavoro nell'esercizio della Sua iniziativa economica e quindi rendere, anche solo per questa minore utilità, giustificata la sua espulsione nel quadro di scelte orientate al miglior posizionamento dell'impresaÿ sul merca:to (Cass. 11 giugno 2008, n. 15496). Quanto sopra conduce a ritenere che fatti o condotte non idonei ad integrare la giusta causa e/o il giustificato motivo di licenziamento per la generalità dei lavoratori ordinari possano invece giustificare il licenziamento del top manager. E così, ad esempio, è stato ritenuto ,,giustificato» il licenziamento del dirigente che si sia reso responsabile anche solo di negligenze lievi e di atteggiamerÿti non in linea con la strategie aziendali e ciò sul presupposto, già enunciato, per il quale maggiori poteri presuppongono una maggiore intensità della fiducia e uno spazio più ampio m fatti idonei a scuoterla. Se è vero, come lo è, quanto sopra enunciato, è evidente che ogni fatto posto a base della revoca dell'incarico organico eventualmente ricoperto dal top manager all'interno del Consiglio di amministrazione della società datrice di lavoro (o di società facenti parte del medesimo gruppo) sarà idoneo 4 a giustificarne e legittimarne il licenziamento per giusta causa (senza pertanto neppure riconoscere il preavviso) o, a tutto voler concedere, il licenziamento per ragioni soggettive con il riconoscimento del preavviso. 4. Il licenziamento per giusta causa o comunque per ragioni soggettive del top management . Quanto al licenziamento dettate da ragioni disciplinari, si evidenzia innanzitutto il profilo procedurale per il quale tale recesso, secondo il più accreditato e recente orientamente giurisprudenziale, deve essere preceduto dall'applicazione delle garanzie di cui all'articolo 7 dello Statuto dei lav0ratori (ossia la legge 20 maggio 1970, n. 300). Ne deriva che la società datrice di lavoro dovrà preliminarmente contestare al top m#nager i fatti e/o le condotte nelle quali la medesima ravvisi la violazione, da parte del dirigente, degli obblighi legali e contrattuali su di lui gravanti in forza del rapporto di lavoro; il top manager avrà poi il diritto di difendersi rendendQ le proprie giustificazioni e, solo all'esito della valutazione (negativa) delle controdeduzioni del dirigente, la società potrà intimare, per iscritto, il licenziamento. In assenza di dette garanzie procedurali (comunque anche di ordine sostanziale), il licenziamento sarà illegittimo e viziato, con conseguente diritto del manager di vedersi riconoscere il preavviso (ove non concesso stante l'invocazione della giusta causa) e, in ogni caso, l'indennità supplementare stabilita dal Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato. Ferma restando l'applicazione delle predette garanzie procedurali, il licenziamento del dirigente potrà essere per giusta causa (dunque, senza Hconoscimento del preavviso) oppure per ragioni soggettive con riconoscimento del preavviso; il discrimine tra le due fattispecie risiede nella gravità dei fatti e/o delle condotte addebitati al manager, nel senso che, ove i medesimi siano così gravi da non consentire la prosecuzione neppure tempora- nea e provvisoria del rapporto, verrà intimato il licenziamento per giusta causa avente, giusto il dettato dell'articolo 2119 del codice civile, effetto immediato al momento della comunicazione del medesimo mentre, laddove non si ravvisino fatti e/o condotte di tale gravità, sarà possibile recedere dal rapporto fatto però salvo il riconoscimento del preavviso stabilito in base al Ccnl applicato o t dal contratto individuale di lavoro (ove le previSioni di quest'ultimo siano di maggior favore per il dirigente); il preavviso potrà essere prestato in servizio oppure, come più sovente accade, essere sostituito dalla relativa indennità ed in tale ultimo caso, per individuare il quantum dell'indennità, occorrerà tenere in considerazione la previsione dell'articolo 2121 del codice civile che prevede che il calcolo dell'indennità in esame avVenga sulla base della media degli emolumenti degli ultimi tre anni o del minor periodo di servizio prestato (l'eventuale diverso criterio stabilito dal Ccnl di settore prevale su tale disciplina legale solo ove risulti più favorevole per il dirigente). Quanto alla valutazione della gravità dei fatti e/o delle condotte poste a base del recesso, si ricorai quanto già dedotto in merito al concettó di «giustificatezza» del licenziamento e, per meglio dare concretezza a tale principio, si consideri ad esempio che la giurisprudenza ha ritenuto giustificato e sorretto dalla irivocata giusta causa il licenziamento del top manager che abbia che non segnali l'esistenza di attività irregolari compiute in azienda e sconosciute ai vertici aziendali, ponendone le risultanze nell'oggetto della propria dei lavoratori subordinati e considerando quindi, giusta di regola la particolare composizione del trattamento retributivo del dirigente, che nella base del computo del trattamento di fine rapporto occorrerà considerare tutta la retribuzione variabile (Mbo, bonus ecc.) e quella in natura goduta dal manager (ad esempió, la concessione in uso privato, o anche privato, dell'auto aziendale e le utilità diverse quali la concessione dell'alloggio aziendale, le erogazioni in natura di qualsiasi tipo ecc.). attività; il dirigente, quale responsabile della logistica, pur non dichiarando la presenza di scarti di produzione, ritenendo che la stessa spettasse all'ente che creava tali scarti, è cioè alla produzione, aveva rettificato la contabilità proprio per le incongruenza tra quantità fisica di scarti e la consistenza contabile, che evidenziava l'esistenza di attività irregolari da lui non segnalate, aventi ripercussione sull'erogazioni di premi ed aumenti stipendiali, nonché sulla strategia di impresa. Il comportamento del predetto, anche eventualmente solo omissivo, era idoneo, per la funzione dirigenziale ricoperta, a ledere gravemente il vincolo fiduciario, onde gli addebiti ritualmente contestati erano idonei a giustificare il recesso, essendo del tutto ininfluente stabilire se le ulteriori motivazioni contenute nella lettera di licenziamento rafforzassero le precedenti contestazioni disciplinari ovvero costituissero nuovi addebiti, come tali illegittimi perché non ritualmente contestati. La giurisprudenza ha, altresì, rilevato che non è sproporzionata la sanzione del recesso per giusta causa comminata dal datore di lavoro nei confronti del dirigente che abbia posto in essere una condotta consistita nell'utilizzare la carta di credito aziendale per esigenze personali ed estranee al lavoro, senza fornire alcuna giustificazione; in considerazione del ruolo rícoperto dal lavoratore in azienda e la fiducia esistente tra le parti, la sua condotta integra gli estremi della giusta causa. Parimenti è stato ritenuto che la nozione di giustificatezza del licenziamento, che rileva ai fini del riconoscimento í]el diritto all'indennità supplementare, spettante • in base alla contrattazione collettiva al dirigente, non coincide con quelle di giusta causa o giustificato motivo del licenziamento del lavoratore subordinato, ma è molto più ampia, e si estende sino comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne esclu.da l'arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede e del divieto del licenziamento• discriminatorio. Ne deriva che possono ricorrere le condizioni per non corrispondere l'indennità supplementare, in presenza della giustificatezza del licenziamento, e non sussistere quelle per negare l'indennità sostitutiva del preavviso in assenza di giusta causa Infine, occorre far rilevare che, a prescindere dall'intimazione del licenziamento per giusta causa oppure per ragioni soggettive con il riconoscimento del preavviso, al manager spetta sempre il trattamento di fine rapporto da liquidarsÿ nel rispetto •della normativa valida per la generalità La Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 30 marzo .2007, n. 7880, ha ritenuto necessaria l'applicazione, anche alla categoria diriLa neces(ivi inclusa quella apicale), sità della genziale delle garanzie poste dall'articolo 7 preventiva dello Statuto dei lavoratori a favore contestaziodei lavoratori ordinari e, quindi, la prene discipliventiva contestazione disciplinare e nare l'esercizio del diritto di difesa prima che possa intervenire eventualmente il licenziamento per giusta causa o comunque per ragioni soggettive. per giusta Il licenziamento per giusta causa interviene, giusto il principio generale di cui all'articolo 2119 del codice civile, in presenza della lesione del vincolo fiduciario e quindi produce la risoluzione del rapporto di lavoro causa del dirigenziale con effetto immediato al dirigente momento della comunicazione del Il licenziamento recesso, senza riconoscimento per- tanto del preavviso o della relativa indennità sostitutiva. Il licenziamento per ragioni soggettive del dirigente comporta, giusto il principio generale dell'articolo 2118 del codice civile, il riconoscimento Il licenzia- del preawiso o, in luogo di esso, il mento per pagamento della relativa indennità ragioni sog- sostitutiva. gettive del L'articolo 2121 del codice civile predirigente, vede che il calcolo dell'indennità in con ricono- esame avvenga sulla base della mescimento dia degli emolumenti degli ultimi tre del preav- anni o del minor periodo di servizio prestato; l'eventuale diverso criterio viso stabilito dal Contratto-collettivo nazionale di lavoro di settore prevale sulla disciplina legale solo Ove risulti i più favorevole per il dir.igente. 5. Il licenziamento del top manager per ra- gioni oggettive Per completezza ed ancorché il tema che più interessa in questa sede è quello del licenziamento del top manager per giusta causa o comunque per ragioni soggettive connesse alla revoca dell'incarico organico ricoperto dal medesimo all'interno della società datrice di lavoro (o del gruppo),ÿ si precisa per completezza quanto segue in merito al licenziamento del manager per ragioni oggettive. Anche in tema di licenziamento del dirigente per ragioni oggettive viene in considerazione, il concetto di «giustificatezza». Ebbene, la «giustificatezza» è da ravvisarsi - secondo la giurisprudenza - tutte le volte in cui il recesso non sia motivato da ragioni discriminatorie io arbitrarie, bensì oggettive e concretamente accertabili ovvero da ragioni tali da ledere il particolare rapporto di fiducia che intercorre tra datore di lavoro e dirigente, fermo restando il rispetto dei fondamentali principi di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro; in altri termini, fatti o condotte non idonei ad integrare la giusta causa e/o il giustificato motivo di licenziamento perla generalità dei rapporto di lavoro possono invece giustificare il licenziamento del dirigente. In particolare, sotto il profilo oggettivo, ove vengano dedotte esigenze di riassetto organizzativo finalizzato a una più economica gestione dell'impresa - la cui scelta imprenditoriale è insindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità - lduò considerarsi licenziamento ingiustificato del diÿigente - e.quindi far scattare il diritto al!'indennità supplementare - quello non sorretto da alcun motivo (e che quindi sia meramente arbitrario) ovvero sorretto da un motiÿio che si dimostri pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà. Sicché, la ragione di tale licenziamento debba essere rinvenuta unicamente nell'intento di liberarsi della perÿona del dirigente e non in quello di perseguire il legittimo esercizio del potere riservato all'imprenditore. In altro caso, la giurisprudenza ha ritenuto che, al fini dell'indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva in caso di licenziamento del dirigente, tale «giustificatezza» non deve necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto di lavoro e con una situazione di grave crisi aziendale tale da rendere impossibile o particolarmente onerosa tale prosecuzione, posto che il principio di correÿezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con quello di iniziativa economica, garantita dall'art. 41 della Costituzione, che verrebbe realmente negata ove si impedisse all'imprenditore, a fronte di razionali e non arbitrarie ristrutturazioni aziendaliÿ di scegliere discrezionalmente le persone idonee a collaborare con lui ai più alti livelli della gestione dell'impresa. In ogni caso, il recesso in questione non può risultare privo di qualsiasi giustificazione sociale perché concretizzantesi unicamente in condotte lesive, nella loro oggettività, della personalità del dirigente e, al fine di accertare la configurabilità del diritto del dirigente all'indennità supplementare, l'ingiustificatezza del recesso datoriale può evincersi da una incompleta o inveritiera comunicazione dei motivi di licenziamento ovvero da un'infondata contestazione degli addebiti, potendo tali condotte rendere quantomeno più disage- 6 vole la verifica che il recesso sia eziologicamente riconducibile a condotte discriminatorie ovvero prive di adeguatezza sociale. L'effettivo processo di riorganizzazione del settore al quale il dirigente era preposto costituisce un motivo valido. E così costituisce giustificato motivo di licenziamento il conglobamento delle attività di progettazione macchine, engineering e tecnologie sotto un'unica direzione, con soppressione del ruolo di direttore tecnico ricoperto dal ricurrente. Peraltro, poiché il licenziamento del dirigente non richiede necessariamente un giustificato motivo Oggettivo, esso è consentito in tutti i casi in cui sia stato adottato in funzione di una ristrutturazione aziendale dettata da scelte imprenditoriali non arbitrarie, non pretestuose e non persecutorie. (In applicazione di tale principio, la Suprema corte ha ritenuto correttamente motivata la decisione di merito con cui era stata esclusa l'illegittimità del licenziamente di un dirigente, giustificata con la necessità di una ristrutturazione aziendale, le cui mansioni erano state assegnate ad altro dirigente, in aggiunta alle mansioni proprie di quest'ultimo). Più precisamente è stato affermato che, per stabilire se sia giustificato il licenziamento di un dirigente intimato per ragioni di ristrutturazione aziendale, non è dirimente la circostanza che le mansioni da questi precedentemente svolte vengano affidate ad altro dirigente in aggiunta a quellé sue proprie, in quanto quel che rileva è che presso l'azienda non esista più una posizione lavorativa esattamente sovrapponile a quella del lavoratore licenziato, dovendo altresì considerarsi che, poiché il licenziamento del dirigente non richiede necessariamente un giustificato motivo oggettivo, esso è consentito in tutti i casi in cui sia stato adottato in funzione di una ristrutturazione aziendale dettata da scelte imprenditoriali non arbitrarie, non pretestuose e non persecutorie. Tuttavia, non ricorre il requisito della giustificatezza del licenziamento del dirigente nel caso in cui dalla comunicazione di recesso emerga il connotato meramente eventuale e potenziale, non attuale, d.ella soppressione del posto di lavoro, collegata all'approvazione di un progetto di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale nel quale non sono esplicati tempi e modalità delle medesime, e nella quale si faccia riferimento alla non prevedibilità di un futuro proficuo utilizzo del lavoratore. - Assenza di alcun motivo - Motivo pretestuoSo - Indompleta o inveritiera comunicazione dei motivi di licenziaIngiustifimento catezza del - Infondata contestazione degli recesso addebiti datoriale - Contrasto coi principi di correttezza e buona fede - Condotte discriminatorie ovvero prive di adeguatezza sociale Ueventualità di «repechage, di un dirigente li- xÿogÿ7 cenziato per esigenze di ristrutturazione aziendale è inconciliabile con la Stessa posizione dirigenziale del lavoratore, posizione che, d'altro canto, giustifica la libera recedibilità del datore di lavoro senza che possano essere richiamati i principi elaborati dalla giurisprudenza per la diversa ipotesi del licenziamento per giustificato motivo del non dirigente. Fatta eccezione per il licenziamento per giusta causa, al dirigente, in caso di recesso, è dovuto il preavviso stabilito dal contratto individuale ò dalla contFàttaziorìe collettiva di settore; in alternativa, ove il preavviso non sia prestato in servizio per volontà aziendale, il manager ha diritto alla corresponsione, da parte del datore di lavoro recedente, di un'indennità sostitutiva del periodo di rigenziale, la novella del Collegato lavoro- la cui ratio è quella di introdurre stringenti termini per scadenziare la proposizione dell'azione in giudizio - pare avere aperto la discussione in merito alla questione se anche il licenziamento intimato al dirigente debba essere ora impugnatO entro il termine, previsto a pena di'decadenza, di 60 giorni a decorrere dal .momento in cui il soggetto viene a conoscenza del licenziamento e non si può sottacere che una soluzione ed un approccio pruden- te potrebbero suggerire una risposta positiva al predetto interrogativo; a tal riguardo, si osserva inoltre che un recente orientamento giurisprudenziale ha riconosciuto l'applicabilità, anche in relazione al rapporto dirigenziale, dei termini di decadenza di cui al novellato art. 6 della legge n. preavviso non lavorato. 604/1966 ossia quello di 60 giorni per impugna- La legge ossia l'art. 2121 del codice civile prevede che il calcolo dell'indennità in esame avvenga sulla base della media degli emolumenti degli ultimi tre anni o del minor periodo di servizio prestato; l'eventuale diverso criterio stàbilito dal contratto collettivo nazionale di settore prevale sulla disciplina legale solo ove risulti più favorevole per re, anche in via stragiudiziale, il licenziamento e quello successivo di 180 giorni dalla impugnazio- il dirigente. Da notare che taluni accordi collettivi, per lo più nel settore industria, prevedono che in caso di ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione, ovvero di crisi aziendale di cui alla legge n. 223 del 1991, in materia di integrazione salariale ed eccedenze di personale, il datore di lavoro che risolva il rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il dirigente motivando il recesso come dovuto alle situazioni appena indicate, dovrà erogare al dirigente stesso, oltre alle somme dovute per la cessazione del rapporto di lavoro, un'indennità supplementare pari al corrispettivo del preavviso individuale maturato. Peraltro, in tali situazioni è bestpractica ricercare con il top manager un accordo che» a fronte di un importo transattivo e/oa titolo di incentivazione all'esodo, regoli la cessazione del rapporto di lavoro, tenendo conto anche di particolari clausole quali manleve e disposizioni sulla riservatezza. Altro punto decisamente importante per il diri: gente è la regolazione delle responsabilità e delle eventuali conseguenze economiche e risarcitorie assunte nel corso del rapporto; aspetto che in parte viene già disciplinato dalla contrattazione collettiva. ne per proporre il ricorso. Una volta impugnato (prudenzialmente nel summenzionato termine di 60 giorni) il licenziamento, anche solo in via stragiudiziale e ciò mediante semplice raccomandata A/R con cui il dirigente renda manifesta alla società datrice di lavoro la propria volontà di opporsi al recesso, il top manager avrà facoltà di adire il Triburíale del lavoro territorialmente competente oppure il Collegio arbitrale costituito ai sensi del Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato. La procedura arbitrale è alternativa all'adire l'ordinaria giustizia (ossia il Tribunale del lavoro), spettando al dirigente la scelta tra uno e l'altro strumento; tuttavia, una volta compiuta la scelta a favore del Collegio Arbitrale, la giurisprudenza ritiene che il dirigente non possa più proporre la medesima azione in sede giudiziaria, non essendo abilitato a trasferire unilateralmente la questione davanti at giudice ordinario dopo il compimento di atti incompatibili con la volontà di avvalersi di tale tutela e in. mancanza di una volontà del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale. 6. L'impugnazione del licenziamento da parte del top manager e gli strumenti di giustizia L'art. 32 della legge n. 183/2010 (ossia il c.d. Collegato lavoro) ha novellato l'art. 6 della legge n. 604/1966, introducendo termini, a pena di decadenza, più stringenti per l'instaurazione del giudizio una volta impugnato il licenziamento entro il termine, anch'esso previsto a pena di decadenza, di 60 giorni a decorrere dalla data di avvenuta conoscenza del provvedimento di recesso. Ancorché la disciplina dell'art. 6 della legge n. 604/1966 non si applichi al rapporto di lavoro di- oggÿ 7 \ Ancorché il licenziamento del dirigente si sottragga, fatte salve alcune rare eccezioni, alla disciplina dettata dalla legge n. 604/1966, ivi incluso l'art. 6 in tema di termini di decadenza per proporre l'impugnazione, la novella le- limitativo alla reintegrazione nel posto di lavoro anche in ipotesi di illegittimità del recesso (cfr. art. 1, comma 42, I legge n. 92/2012) - la disciplina di cui all'art. 6, legge .n. 604/1966 tÿovi pacifica applicazione pure nei casi in cui all'invalidità del licenziamento debbano far seguito esclusivamente le conseguenze previste dall'art. 8 della legge da ultimo citata. Ancora, a fronte della ampia, e generica espressione utilizzata dall'art. 32, comma 2, legge n. 183/2010, neppure è possibile argomentare che l'estensione al licen- gislativa del Collegato lavoro del 2010 potrebbe suggerire, quanto meno in via prudenziale, al top manager licenziato ii di impugnare, anche solo stragiudizialmente mediante apposita lettera raccomandata A/R, il proprio licenziamento entro il termine di 60 giorni dall'awerìuta conoscenza dell'atto di recesso. In tal senso si è peraltro espresso anche un recente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l'obiezione circa il fatto che il licenziamento del dirigente sarebbe escluso dal doppio termine decandenziale dellz Impugnazione stragiudiziale e del de3osito del ricorso nella carÿcelleria del tribunale e ciò per espressa previsione di legge ex art. 2, comma 4, legge n. 604/1966, non merita di essere condivisa: infatti, l'art. 32, comma 2, legge n. 183/2010, facendo rife- ziamento del dirigente della disciplina prevista dall'art. 6, legge n. 604/1966 sarebbe preclusa dal fatto che, per tale categoria di dipendenti, la tutela prevista nell'ipotesi di licenziamento viziato n termini di assenza di giustificatezza sia di origine contrattuale e non legale:. infatti, si versa comunque in un caso di invalidità dell'atto di recesso, né, d'altro canto, con riferimento al licenziamento del lavoratore subordinato non dirigente, Si è mai effettuata alcuna differenziazione di disciplina in unto di decadenza ex art. 6, legge n. rimento a tutti i casi di invalidità del licenziamento, estende la regolamentazione di cui all'art. 6 della Legge n. 604/1966 per le ipotesi in cui l'illegittimità dell'atto espulsivo derivasse dalla violazione di una norma prevista dalla contrattazione collettiva applicata al rapporto (Tribunale del lavoro di Milano, giudice dott. Greco, 30 novembre 604/1966 anche alla ipotesi di nullità Impugnazione del recesso / ingiustificatezza dell'atto di recesso ad iniziativa datoriale posto in essere nei confronti del dipendente con qualifica dirigenziale. Infatti, con riguardo a quanto osservato in relazione al fatto che per il licenziamento del dirigente non essendo prevista una tutela avente ad oggetto il ripristino della concreta, funzionalità del rapporto, ma solo una tutela di tipo risarcitorio per equivalente (pagamento dell'indennità supplementare, nonché, per il caso di recesso per giusta causa iJlegittimo, della indennità sostitutiva del preawiso) ' - non sarebbe dato rawisare quell'esigenza di definire entro un breve lasso di tempo se il recesso sia contestato o meno e l'opportunità di accelerare la conseguente introduzione del giudizio, finalità perseguite dal legislatore con la disciplina dell'art. 6, commi 1 e 2, legge n. 604/1966, non si può fare a meno di osservare come, da un lato, essendo dedotta nel caso di specie la natura ritorsiva dell'atto espulsivo, la domanda principale risulta essere pro»rio diretta ad ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre a tutte le altre conseguenze previste dall'art. 18 legge n. 300/1970 in punto di risarcimento del danno e versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali; dall'altro, come - pur prescindendo dalla riforma che ha interessato l'area della tutela cosiddetta l"eale in. senso 8 2012). La Cassazione (Cass. 28 marzo 2002 n. 4566) ha chiarito che i due strumenti in questione sono tra loro alternativi nel senso che il dirigente di azienda (nel caso.di specie, industriale) che, ai sensi dell'art. 19 del contratto col- lettivo di categoria 16 maggio 1985, concretante una clausola compromissoda per arbitrato irrituale, abbia adito il collegio arbitrale, senza che a ciò si sia opposta la controparte - per la determinazione dell'indennità suppleAlternatività mentare in relazione alla mancanza tra giustizia di giustificazione del proprio licenziaordinaria mento - non può (salvo che il collegio e collegio predetto si sia dichiarato privo di legitarbitrale timazione a decidere la controversia o che il procedimento non sia pervenuto alla sua conclusione con il lodo o che il relativo patto sia divenuto per qualsiasi ragione inoperante) proporre la medesima azione in sede giudiziaria, non essendo abilitato a trasferire unilateralmente la questione davanti al giudice dopo il compimento di atti incompati- bili con la volontà di awalersJ di tale tutela ed in mancanza di una volontà del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale messo in moto dal dirigente medesimo r IuslÿOggs7 (in tal senso anche' Cass. 13 novembre 3.992, n. 12223; Cass. 20 aprile 1998, n. 4014). Siffatti principi sono stati applicati dall'impugnata sentenza che, dopo avere delineato in generale il sistema imperniato sulla garanzia della «facoltà delle parti di adire l'autorità giudiziaria» (art. 5, comma 1, legge n. 533 del 3.973),.salvo «il limite costituito dalla soprawenienza di un valido lodo», ha accertato che, nella specie, il collegio arbitrale investito dal ricorso del dirigente, ex art. 19 del Ccnl in vigore per i dirigenti di aziende industriali, della cognizione della vertenza relativa L'indennità supplementare è com sa tra un minimo pari alle mensilità del preawiso ed un massimo pari al corrispettivo di 18 mesi di preawiso; il tutto però con la precisazione per Articolo 31 la quale, in caso di licenziamento di del Ccnl Di- un dirigente con anzianità di servizio rigenti Com- »restato in azienda nella qualifica sumercio periore a 10 anni, l'indennità Supplementare è automaticamente aumentata, in relazione all'età del dirigente licenziato, ove questa risulti compresa tra 50 e 64 anni, in misura variÿ tra le 9 e le 4 mensilità. alla legittimità del licenziamento ai fini della corresponsione della indennità supplementare nella misura massima, si era regolarmente formato; il giudizio - il quale si era svolto dopo instaurazione del contraddittorio con una serie di riunioni collegiali, caratterizzate da esperimenti di tentativi di conciliazione e da concessione di termini per note -si era concluso con un valido lodo che aveva dichiarato l'irricevibilità del ricorso, per mancata osservanza del termine decadenziale previsto dalla procedura arbitrale era pertanto prec usa la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria. 7. Conseguenze del licenziamento ritenuto non sorretto dal concetto di «ÿqustificatezza» Ove il recesso non fosse considerato «giustificato», al dirigente spetterà, oltre all'eventuale pagamento del preavviso ove non già riconosciuto (ossia laddove fosse stato licenziato per giusta causa), la liquidazione dell'indennità supplementare prevista dal Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore. I principali contratti collettivi modulano l'indennità supplementare in un range compreso tra un minimo ed un massimo di mensilità, all'interno del quale la scelta del giudice del lavoro eventualmente adito oppure del Collegio arbitrale in ipotesi instaurato si orientorà avendo a mento le ragioni e le modalità (più o meno diffamanti, ingiuriose e/o screditanti) di intimazione de] licenziamento. Ccnl Dirigenti Cre- dito L'indennità supplementare prevede minimo pari a 7 mensilità di preawiso sino ad un massimo di 22 mesi di preawiso, fermo restando che, in caso di licen.ziamento di un dirigente con una anzianità di servizio globalmente prestato in impresa o nel gruppo in qualsiasi qua f ca, superiore a 10 anni, l'indennità supplementare è automaticamente aumentata, in relazione all'età del dirigente ed ove questa risulti tra i 46 ed i 56 anni, in misura di 2 mensilità sino ad un massimo di 7 mensilità. Le conseguenze risarcitorie del licenziamento del dirigente eventualmento considerato illegittimo, ossia non sorretto dal concetto di ,ÿgiustificatezza», vengono meno solo nel caso eccezionale in cui il recesso sia giudicato discriminatorio ovvero nullo per motivi illeciti; in tali ultime ipotesi (per il vero ecceziorÿali e limite), il top manager, ai sensi della legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero) e della relativa riforma dell'articolo 18, comma 1, dello Statuto dei lavoratori, avrà infatti diritto all'applicazione delle tutele previste dal predetto articolo 18 ossia la reintegrazione nel posto di lavoro o, in alternativa ad essa, il pagamento dell'indennità sostitutiva pari a 15 mensilità oltre, in ogni caso, il risarcimento del danno (comunque non inferiore a 5 mensilità) secondo i canoni di cui all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. 8" L'amministratore e la funzione dirigen- ziale La indennità supplementare varia da un minimo pari al corrispettivo del preawiso individuale maturato maggiorato dell'importo equivalente a Articolo 3.9 2 mesi del preavviso stesso sino a del Ccnl un massimo equivalente a 20 mesi. Dirigenti Inoltre, l'indennità supplementare è Industria automaticamente aumentata, in relazione all'età del .dirigente licenziato, ove questa risulti compresa tra i 50 e i 59 anni (l'aumento varia da 3 a 7 mensilità). La carica di amministratore non vaie ad escludere a priori che con la società possa instaurarsi anche un rapporto di lavoro subordinato. Il rapporto lavorativo non è configurabile nelripotosi in cui l'organo amministrativo sia unipersonale per l'ovvia incompatibilità tra il concetto di autonomia che caratterizza l'amministratore unico e il vincolo di subordinazione. È invece possibile, come la Cassazione ha avuto più volte modo di chiarire, che ÿ1 tra ramminisLratore e la società (di capitali) am- í] ministrata si venga a creare un rapporto di lavoro Ii subordinato di natura dirigenziale. Così è possibile il che il direttore generale svolga altresì il ruolo di !i 9 amministratore e che quindi sussista con la stessa un rapporto di lavoro subordinato (Cass. sent. n. 18759 del 26 settembre 2005) Le caratteristiche dell'attività da cui derivano diversi rapporti creditori nei confronti della società dipendono dal tipo di attività svolta• Infatti, ha specificato la Cassazione nella sent. 14 dicembre 1994 ni 10680, se verso i terzi estranei all'organizzazione societaria è configurabile, tra amministrazione e società, un rapporto di immedesimazione organica, all'interno dell'organizzazione ben sono conti- gurabili rapporti di credito nascenti da un'attività, come quella resa dall'mnministratóre che sia: • continua, • coordinata e • (prevalentemente) personale. Non rileva il contenuto parzialmente imprenditoriale dell'attività gestoria e l'eventuale mancanza di una posizione di cosiddetta debolezza contrattuale dell'amministratore. L'azione con la quale si chiede la condanna della società al pagamento di una somma dovuta per effetto dell'attività di esercizio delle funzioni gestorie ha ribadito la Cassazione è quindi soggetta al rito del lavoro ex art. 409, n. 3, cod. proc. civ. (' 9 La. revoca degli amministratori:giusta causa soggettiva ed oggettiva La nozione di giusta causa rileva anche nei con- fronti degli amministratori di società di capitali anche se con specifiche modalità e conseguenze tipiche del rapporto societario. Il principio generale secondo cui l'amministratore è revocabile dall'assemblea anche in assenza di una giusta causa è applicabile senza grandi distinzioni sia per le spa che per le srl. Nell'ip0tesi in cui la revoca non sia fondata su una giusta causa, all'amministratore revocato spetta il risarcimento danni. Lo prevede l'art. 2383 terzo comma c.c. in base al quale gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello stàtuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al ! risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Iÿamministratere è legato alla società da un vin1 colo Contrattuale sostanzialmente assimilabfle al mandato che la società conferisce all'amministratore affinché questi lo eserciti in maniera indipendente. Proprio in virtù del vincolo di tipo contrattuale tra l'amministratore e la società, può ben dirsi che il diritto della società di revocare l'amministratore t si pone in qualche modo come una sorta di recesso l: unilaterale in cui la mancanza di giusta causa non I fa venir meno l'esercizio del diritto ma costituisce • Si è soliti distinguere tra giusta causa per ragioni soggettive e giusta causa oggettiva. La linea di i laconfine base per il risarcimento danni. tra le due fattispecie consiste nell'imputare !i o meno al comportamento (più in generale alla sfe! ra volitiva) dell'amministratore i motivi che hanno .... Esempi giusta causa soggettiva si rinvengono Ii portato alla di revoca. 10 nella generale mancanza di diligenza (inadempimento delle proprie fimzibni) o nel porre in essere atti in conflitto di interessi (atti di concorrenza) ovvero eccedenti i poteri delegati (stipula di contratti non autorizzati). Tipico esempio di giusta causa oggettiva è la malattia che renda impossibile la prosecuzione del rapporto. La revoca degli amministratori per giusta causa si basa sul venir meno del vincolo fiduciario posto alla base della nomina e che deve necessariamente permanere per tutta la durata del rapporto. Fondamentale è quindi individuare i comporta« menti dell'amministratore in seguito ai quali tale vincolo è venuto meno. La delega gestoria presuppone altresì l'assenza di conflitti in capo all'amministratore. Se cosi non fosse, vaie a dire nell'ipotesi in cui l'amministratore fosse portatore di interessi in contrasto con quelli sociali, la fiducia insita nella delega verrebbe necessariamente meno autoriz- zando quindi la revoca per giusta causa. Illuminante in tal senso il caso affrontate dalla. Cassazione con la sentenza n. 8221 del 24 maggio 2012 in cui il contrasto in capo all'amministratore viene alla luce in relazione a dei sindacati di voto contenuti in dei patti parasociali. Il patto parasociale prevedeva un doppio sindacato di voto che agiva sia a livello di delibere assembleari che consiliari ivi incluse quelle relative alla nomina dei dirigenti. I sindacati di voto rischiano di diventare illegittimi quando i contraenti assumono obbligazioni in contrasto con norme imperative ovvero si pongano dome strumento teso ad eluderle. Con il c.d. sindaca- to di gestione in sostanza gli amministratori si mpegnavano a svolgere il loro mandato secondo quanto deciso dalla direzione del sindacato ed alterando quindi il centro decisionale della società. Ne! caso di specie il patto parasociale impegnava il 1 soci a votare in assemblea contro l'eventuale proposta di intraprendere l'azione di responsa- Il )ilità sociale nei confronti degli amministratori. Un tale patto si po'neva in aperta violazione degli artt. 2392 e-2393 c.c. in quanto finalizzato «a far prevalere l'interesse di singoli "soci chè, per rego- lamentare i propri rapporti, si sono accordati a pregiudizio dell'interesse generale della società.» ÿ', La Cassazione nel caso di specie ha ravvisato il venir meno del necessario rapporto fiduciario come derivante dalla «grave situazione imma- :I nente di conflitto nel quale, con la partecipazione al patto parasociale (...). Situazione che, del resto, non può essere direttamente equiparata a quella dell'influenza che possa derivare sull'agire dell'amministratore dai meri orientamenti !ÿ espressi dal socio di maggioranza che lo hanominato, stante l'assunzione nel caso in esame di ii• uno specifico vincolo giuridico di natura obbliga- ÿ; toria(...)». Il patto.di gestione cosi stipulato an- {i dava ad incidere «sui comportamenti di soggetti li inves,titi per legge di una funzione nell'interesse ÿ; della società» in tal modo violando l'esclusività Il della funzione gestoria e giustificando quindit;, la revoca per giusta causa degli amministratori :! poiché veniva meno il rapporto fiduciario Ii / si precisa nel paragrafo che segue, non vÿ traccia, Sia la nomina che la revoca degli amministratori spetta, secondo quanto stabilito dall'art. 2383 c.c. all'assemblea,fatta eccezione peri primi amministratori, che sono nominati nell'atto costitutivo, e salvo il disposto degli articoli 2351, 2449 e 2450. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. Gli amministratori sono rieleggibili, Nomina e revoca degli salvo diversa disposizione dello staamministratori tuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se (Spa) nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. L'eventuale sussistenza di cause di nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono, a norma dell'art. 2383, opponibili ai terzi dopo l'adempimento della pubblicità di cui al quarto comma, salvo che la società provi che terzi ne erano a conoscenza. Per le srl l'a'rt. 2745 stabilisce che salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione Nomina e revoca degli dei soci presa ai sensi dell'artiamministratori colo 2479. E possibile quindi che, se previsto nell'atto costitutivo, (srl) la decisione dei soci sia adottata mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. dato che neppure in questa sede egli ha indicato quali essi siano stati». Danni ulteriori quindi rispetto al lucro cessante. La Cassazione ha altresì precisato con la sentenza n. 11801 del 21 novembre 1998 che la responsabilità personale dei soci, che concorrono mediante il voto alla formazione della volontà societaria, ma non sono autori della revoca, potrebbe discendere non dalla disciplina del rapporto di mandate (del quale non sono parti), ma dai comuni canoni dell'illecito ex art. 2043 cod. civ., ove essi compiano con dolo o colpa' autonomi atti lesivi dei diritti dell'amministratore. Un criterio utilizzabile per quantificare il lucro cessante consiste nel calcolare compenso che avrebbe normalmente percepito per il tempo occorso all'amministratore revocato per trovare una nuova occupazione. In sostanza la giusta causa opera come elemen- to al fine del disconoscimento all'amministratore (mandatario) del risarcimento del danno altrimenti spettante in ragione dell'anticipato scioglimento del rapporto. Più specificamente, come precisato dalla Cassazione nella sentenza 5 agosto 2005, n. 16526 «la giusta causa della revoca dell'amministratore societario, quale ragione di disconoscimento al mandatario del danno prodotto dall'anticipato scioglimento del rapporto (ex art. 2383, terzo comma cod. cia), può derivare anche da fatti non integranti inadempimento, ma richiede pur sempre un «quid pluris», rispetto al mero dissenso (alla radice di ogni recesso «ad nutulrv,), ossia esige situazioni sopravvenute (provocate o meno dall'amministrato- #e stesso) che minino il «pactum fiduciae», elidendo l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e le capacità dell'organo di gestione» Non si ravvisa la sussistenza della giusta causa, e di conseguenza l'esenzione dall'obbligo risarcitorio, nelripotesi in cui l'amministratore esprima il suo dissenso anche quaddo tale dissenso si manifesti rispetto alle scelte di gruppo. Così il Tribunale di Napoli ha precisato che/e decisioni gestionali non vincolano comunque gli amministratori, «non avendo l'assemblea i mezzi per poterne imporre l'attuazione, ma potendo valu- 10 La revoca senza giusta causa: la questione del danno La revoca dell'amministratore che avvenga senza giusta causa comporta in primo luogo il risarcimento del danno da lucro cessante vaie adire del compenso che l'amministratore, ingiustamente, re- vocato avrebbe altrimenti percepito. A1 riguardo la Cassazione (sent. 12 settembre 2008; n. 23557) ha quantificato il danno con «riferimento all'ammontare dei compensi non percepiti nell'arco di "tempo ordinar.iamente occorrente al soggetto revocato di procurarsi una corrispondente adeguata occupazione nello stesso o anche in altro settore operativo». Il lucro cessante non esclude perb necessariamente eventuali altre ragioni di risarcimento danni da parte dell'amministratore revocato senza giusta causa (si pensi solo al danno d'immagine). La stessa Corte d'appello nella sentenza in oggetto ha chiarite che «il ricorrente avrebbe potuto ottenere la liquidazione di danni ulteriori e diversi rispetto a quelli consistenti nel lucro cessante, ma di tali danni, tranne quanto ItallaOggl7 tare se nella disapplicazione della delibera assembleare sussistano gli estremi di una giusta causa di revoca dall'incarico». Tuttavia poiché l'amministratore che agisce nell'ambito di un gruppo societario, deve pur sempre agire nell'interesse della società amministrata. L'esistenza di un gruppo di società, ha chiarito il Tribunale, rende quindi responsabile l'amministratore nei confronti della rappresentata qualora abbia perseguito l'interesse della capogruppo a discapito di quello sociale.» In quest'ottica l'espressione di un parere contrario ad un'operazio- ne, per quanto ritenuta dal gruppo societario di fondamentale importanza, non può essere interpretata come una violazione del vincolo fiduciario ma al con- trario è stata ritenuta dai giudici di merito un indice di autonomia di pensiero e di sicuro attaccamento alle sorti della sociétà. Allo stesso modo non costituisce giusta causa di revoca l'eventuale divergenza di vedute nell'ambito del consiglio di amministrazione anche qualora l'amministratore sia in una posizione minoritaria. 11