scarica il file - Il licenziamento dei dirigenti_Italia oggi

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Le novità nella atsctptma
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' della risoluzione del rapporto
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lavorativo manageriale
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di EDGARDO RATTi, ÿI/[-AT'rÿ:o POLLAROLI e FRANCESCO PAU
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1. Top. manager e amministratori nel mirino. Sia nel
ucenmamento che nella revocaÿ a seconda che si tratti
!,
di dirigenti
o amministratori, assume un ruolO fonda-
mentale il venir meno del vincolo fiduciario. Se por gli
amministratori
(di società dirimesso
capitali)
il pmcedimento
,«1 di
revoca è sostanzialmente
nelle
mani dell'assemblea, píù complessi appaiono i profili inerenti la
risoluzione del rapporto lavorativo dei dirigenti che
varia
anche in funzione del ruolo ricoporto all'interno
d ' "
eli amenda e dell effettività o meno della posizione
:
ii
ntroduzione
1. Il top management ed il vincolo fiduciario
i Il licenziamento nell'ambito del rapporto di lavoro
!i manageriale è connotato da una disciplina peculiare
i. mVero
ragione
della particolarità
del rapportoossia
stesso.
è, infatti,
che il top management
la dirigenza vera .e propria - a differenza della categoria della così detta «mini dirigenza», anche definita
sovente «pseudo
- assurge,
all'interno
! dell'azienda,.ad
un dirigenza»
ruolo per così
dire di «alter
ego
plina giuridica del rapporto e ciò, per quanto più
interessa nella presente sede, anche in relazione ;ÿ
alla fase di risoluzione del medesimo.
A tale riguardo, occorre fare preliminarmente ri_ !!
levare che il vincolo fiduciario, che sempre deve sus- ii
sistere all'interno di qualsivoglia rapporto di lavoro ÿ i
tra il datore di lavoro e il prestatore di lavoro, assume ÿ!
nel caso di specie una connotazione e un'importanza i
ancora più marcate, tanto che al top management ii
viene chiesto non solo un comportamento diligente, ÿ!
fedele e leale nei confronti della società datrice di i
lavoro ma anche la condivisione di valori ed obiet-
tivi aziendali e, quindi, in ultima analisi una sorta il
di allineamento rispetto alle strategie aziendali ed ii
ai valori nonché per così dire allo ,ÿtile» che carat- !
terizzano ]'impresa; il cha rende evidentemente più ii
agevole procedere al licenziamento del top manager
per giusta causa (con effetto immediato e senza ri- fl
conoscimento del preavviso) o comunque per ragioni' [
soggettive (ossia con riconoscimento del preavviso) i!
legate a compoÿamenti poco virtuosi o comunque . !
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dellÿmprenditore» connotato da ampi poteri di au- per così dire «non allineati» del medesimo.
Peraltro anche la risoluzione per ragioni orga- =
+
i toriomia,
fermo restando
discrezionalità
ovviamente
ed indirizzo
il rispettodell'impresa,
delle direttinizzative del rapporto di lavoro del top manageve programmatiche definite dal datore di lavoro,
stico •meno
stringente
rispetto
a quello
ment
è comunque
soggetta
ad un
regimeriservato
vincoli- ii
Tali connotati del rapporto di lavoro del top ma- ai lavoratori per così dire «ordinari» anche ove !'
i nagement si riflettono in modo incisivo sulla disci- quest'ultimi siano dotati di responsabilità, posto ii
ii
che la disciplina di tale tipologia di licenziamento
è ispirata, nel caso dei dirigenti, alla ratio per la
quale esso risulti più agevote per la società datrice di lavoro non potendosi, ad esempio, richiedere
alla medesima, anche in virtù della professionalità e della peculiare posizione del top manager, lo
sforzo di verificare preliminarmente la possibilità di ricollocarlo all'interno dell'azienda (trattasi
tecnicamente dell'inesistenza dell'obbligo di procedere al così detto tentativo di repechage).
Ebbene, quanto sinteticamente enunciato chiarisce la ragione per la quale .il licenziamento del top
manager ovvero di chi sia dirigente in senso proprio
e cioè dotato di quei sopraccennati poteri di autonomia, discrezionalità e indirizzo non soggiaccia al regime vincolistico proprio dei licenziamenti ordinari,
tanto da legittimare l'affermazione, più volte ricorrente a tal riguardo, per la quale il licenziamento del
topmanager costituirebbe un recesso ad nutum ossia
non bisognoso di una precisa motivazione ed attuabile ogni qualvolta si sia in presenza di un fatto e/o
un elemento non discriminatorio né pretestuoso né
comunque contrario al canoni di correttezza e buona
fede di cui agli artt. 1366 e 1375 del codice Ovile.
2.
La nozione di top manager
Ai sensi dell'articolo 2095 del Codice Civile, i
prestatori .di lavoro subordinato si distinguono in
dirigenti, quadri, impiegati ed operai; per costante
giurisprudenza e dottrina, la figura del dirigente
che possa dirsi effettivamente tale e quindi del top
manager si caratterizza - a differenza del così detto
pseudo dirigente» o «mini dirigenteÿ» - per l'autonomia e la discrezionalità delle decisioni e per la mancanza di una vera e propria dipendenza gerarchica,
sicché il top manager è colui che in definitiva possiede l'effetti;co potere di influire sulla conduzione
dell'intera azienda o di un suo ramo autonomo ossia
di imprimere un indirizzo e un orientamento al governo complessivo dell'azienda o dell'articolazione
della stessa cui è preposto, assumendone la corrispondente responsabilità ad alto livello.
Il top
manager
La sentenza della Cassazione del 26
settembre 2007, n. 20i65 rileva il
tratto caratteristico della figura del dirigente di azienda, rispetto a funzioni
contigue, (...) nell'autonomia e nella
discrezionalità delle.scelte decisionali, in modo che l'attività del dirigente
gli consenta, sia pure nell'osservanza
delle diÿettive programmatiche del datore di lavoro., di imprimere un indirizzo
ed un orientamento al governo com)lessivo dell'azienda, assumendo la
corrispondente responsabilità ad alto
livello (in senso conforme, tra le molte:
Cass. 22 dicembre 2006, n. 27464;
Cass. 19 settembre 2005, n. i8482;
Cass. 30 agosto 2004, n. 17344;
Cass. 27 aprile 2004, n. 8064; Cass.
28 agosto 2003, n. i2650).
to con funzioni direttive di alto li:¢ello ossia un
preposto a un singolo ramo di servizio, ufficio o
reparto, il quale svolge la propria attività sotto il
controllo dell'imprenditore o di un altro dirigente
e quindi con poteri di iniziativa e responsabilità
del tutto circoscritti..
La sentenza della Cassazione del
22 dicembre 2006, n. 27464, chiarisce le differenze tra il dirigente
in senso proprio ed il c.d. mini o
pseudo dirigente, stabilendo che la
qualifica di dirigente spetti soltanto
al prestatore di lavoro che, come
alter ego dell'imprenditore, sia
preposto alla direzione dell'intera
organizzazione aziendale, ovvero ad
una branca o settore autonomo di
essa, e sia investito di attribuzioni
che, per la loro ampiezza e per i po-!
teri di iniziativa e di discrezionalità
Il mini
o pseudo
dirigente
che comportano, gli consentono,
!sia pure nell'osservaoza delle di'rettive programmatiche del datore
di lavoro, di imprimere un indirizzo
e un orientamento al governo com31essivo dell'azienda, assumendo
la corrispondente responsabilità ad
alto livello; da questa figura si differenzia quella dell'impiegato.'con
funzioni direttive che è preposto a
un singolo ramo di servizio, ufficio o
reparto e che svolge la sua attività
sotto i! controllo dell'imprenditore o
di un dirigente, con poteri di iniziativa circoscritti e con corrispondente
limitazione di responsabilità (c.d.
»seudo-dirigente). L'accertamento
in concreto della sussistenza delle
condizioni necessarie per l'inquadramento del funzionario nell'una
o nell'altra categoria costituisce
apprezzamento di fatto riservato
al giudice di merito e censurabile
in sede legittimità soltanto per vizi
di motivazione. Il licenziamento «ad
nutum», a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o da
un giustificato motivo, è applicabile
solo al dirigente in senso proprio,
mentre il licenziamento dello pseu-
do dirigente è soggetto alle norme
ordinarie.
L'inquadramento della figura effettivamente dirigenziale e la relativa differenziazione di questa
da quella del così detto pseudo-dirigente non sono
questioni meramente astratte ed accademiche,
avendo - come già accennato in premessa - impor-
tanti riflessi pratici, stante la peculiare disciplina
giuridica applicabile al rapporto (genuinamente)
dirigenziale in tema, per quanto qui più ci interessa, di licenziamento.
Diverso è invece il caso del così detto «mini o
pseudo dirigente», il quale di fatto è un impiega-
2
3. Cenni generali in merito alla disciplina
(legale e contrattuale collettiva) applicabile
XtaXiaOggi7
al licenziamento dei top management
A1 licenziamento del top management, nel senso prima definito, si applicano le disposizioni del
Codice Civile di cui agli articoli 2118 (Recesso dal
contratto a tempo indeterminato).e 2119 (Recesso
per giusta causa), mentre non trovano applicazione - fatte salve alcune limitate eccezioni riguardanti la forma scritta dell'atto di recesso (art. 2,
comma 4, della Legge n. 604/1966) e il diritto comunque del manageral1'•mdenmtà di anzianith le previsioni stabilite dalla normativa in materia
di licenziamento individuale di cui alla Legge 15
luglio 1966, n. 604 e ciò giusto il mancato riferimento, all'interno dell'art. 10 della legge in questione, ai dirigenti•
L'art. 2118 («Recesso dal contratto
tempo indeterminato») stabilisce che:
1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo
indeterminato, dando il preawiso nel
Articolo
2118 del
codice
civile
termine e nei modi stabiliti dagli usi o
secondo equità.
2. In mancanza di preawiso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a
un'indennità equivaente all'importo
della retribuzione che sarebbé spettata per il periodo di preavviso.
3. La stessa indennità è dovuta dal
datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro..
Articolo
2119 dei
codice
civile
Ai sensi di quanto previsto dall'art
2119 («Recesso per giusta causa»):
1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine,•se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se
il contratto è a tempo indeterminato
qualora si verifichi una causa che non
consenta la prosecuzione, ancheprovv[soria, del rapporto. Se il contratto è
a tempo indeterminato, al prestatore
di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel
secondo comma dell'articolo prece-
dente.
2. Non costituisce giusta cau.sa di
risoluzione del contratto il fallimento
dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.
Articolo
10 della
legge n.
604/1966
Secondo quanto stabilito da 'art. 10, le
norme del a presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro
che rivestano la qualifica di impiegato e
di operaio, ai sensi dell'articolo 2095
del codice civile e, per quelli assunti in
prova, si applicano dal momento in cui
l'assunzione diviene definitiva e, in ogni
caso, quando sono decorsi sei mesi
dall'inizio del rapporto di lavoro..
[11 quarto comma dell'art. 2 stabi sce
che le dispos z oni di cui al comma
Articolo 1 (li datore di lavoro, imprenditore o
2, comma non imprenditore, deve comunicare
per iscritto il licenziamento al presta4, della
tore di lavoro) e di cui all'articolo 9
legge n.
6.04./1966 (L'indennità di anzianità è dovuta al
prestatore di lavoro in ogni caso di
risoluzione del rapporto di lavoro) si
applicano anche ai dirigenti.
In tale caso, si parla infatti di recesso ad nutum
ossia senza obbligo (per lo meno legale) di motivare le ragioni del recesso da parte della società
datrice di lavoro; a tal riguardo, occorre però osservare che sovente la motivazione del licenziamento viene comunque richiesta dalle previsioni
della maggior parte della contrattazione collettiva
di settore (si veda, ad esempio, I art. 22, comma 2,
del Ccnl Dirigenti Industria), sicché in tali frangenti il recesso deve risultare pur sempre motivato, pena l'applicazione delle tutele risarcitorie
previste dai relativi contratti collettivi nazionali
di lavoro.
Articolo 22
Tale previsione contrattuale col
stabilisce che nel caso di risoluzior
a iniziativa dell'azienda, quest'ultima
Dirigenti In- è tenuta a speciflcarne contestualdustria
mente la motivazione.
comma 2,
del Ccnl
Il Qcnl in questione al riguardo prevede che, nel caso di licenziamento, il
Articolo 36, datore di lavoro è tenuto" ad indicarcomma 1,
ne contestualmente la motivazione
del Ccnl Di- fatto salvo il Caso in cui s tratti di
rigenti Com- risoluzione del rapporto nei confronti
mercio
de! dirigente che sia in possesso dei
requisiti di legge per avere diritto alla
pensione di vecchiaia.
Come già anticipato, la motivazione del licenziamento, ove richiesta dalla contrattazione collettiva di settore applicata, non è però soggetta da
parte del giudice del lavoro eventualmente adito
o dei membri del Collegio arbitrale (ove la controversia connessa all'impugnazione del recesso sia
portata all'attenzione di quest'ultimo organo) ad
una valutazione rigorosa secondo i parametri particolarmente stringenti elaborati dalla giurisprudenza in materia di giusta causa di licenziamento
o di giustificato motivo (soggettivo oppure oggettivo) di recesso.
Considerata, infatti, la specialità del rapporto di
lavoro dirigenziale e l'impossibilità per tale ragione di fare proprio il concetto di «giusta causa» e di
tíciUStificato motivo» di licenziamento di.cui all'arolo j della legge n. 604/1966, la giurisprudenza, per valutare la legittimità del licenziamento
del dirigente, ha elaborato la particolare nozione
j ÿ'uaf¢UÿtÿÿÿÿecZZaÿo''na::ÿa'eeÿÿÿa::ÿSa$oOÿ!
l'tÿÿOggi7
3
I
scriminatorie e/o arbitrarie e, comunque, contrarie ai sopracitati principi di correttezza e buona
fede contrattuali.
La Cassazione, in più occasioni, ha
affermato che la nozione contrattuale
di giustificatezza si discosta, sia sul
piano soggettivo che su quello oÿettiv(y, da quella di giustificato motivo
di cui alla legge 15 luglio 1966, n.
604, art.. 3. Sul piano soggettivo, tale
asimmetria trova la sua ragion d'essere nel rapporto fiduciario che lega
in maniera più o meno penetrante al
datore di lavoro il dirigente in ragione
delle mansioni a lui affidate per la realizzazione degli obiettivi aziendali, per
cui anche la semplice inadeguatezza
del dirigente rispetto ad aspettative
riconoscibili ex ante o una importante deviazione del dirigente dalla linea
segnata dalle direttive generali del
datore di lavoro o un comportamento
La nozione extralavorativo incidente sull'immagidi giustifica- ne aziendale a causa della posizione rivestita dal dirigente possono, a
tezza
seconda delle circostanze, ,costituire
ragione di rottura di tale rapporto fiduciario e quindi giustificare il licenziamento sul piano delle disciplina
contrattuale dello stesso.
Sul piano oggettivo, la concreta posizione assegnata al dirigente nella
articolazione della struttura direttiva
dell'azienda può inoltre divenire nel
tempo non pienamente adeguata nello sviluppo delle strategie di impresa
del datore di lavoro nell'esercizio della Sua iniziativa economica e quindi
rendere, anche solo per questa minore utilità, giustificata la sua espulsione nel quadro di scelte orientate al
miglior posizionamento dell'impresaÿ
sul merca:to (Cass. 11 giugno 2008,
n. 15496).
Quanto sopra conduce a ritenere che fatti o condotte non idonei ad integrare la giusta causa e/o il
giustificato motivo di licenziamento per la generalità dei lavoratori ordinari possano invece giustificare il licenziamento del top manager.
E così, ad esempio, è stato ritenuto ,,giustificato» il licenziamento del dirigente che si sia reso
responsabile anche solo di negligenze lievi e di atteggiamerÿti non in linea con la strategie aziendali
e ciò sul presupposto, già enunciato, per il quale maggiori poteri presuppongono una maggiore
intensità della fiducia e uno spazio più ampio m
fatti idonei a scuoterla.
Se è vero, come lo è, quanto sopra enunciato, è
evidente che ogni fatto posto a base della revoca
dell'incarico organico eventualmente ricoperto dal
top manager all'interno del Consiglio di amministrazione della società datrice di lavoro (o di società facenti parte del medesimo gruppo) sarà idoneo
4
a giustificarne e legittimarne il licenziamento per
giusta causa (senza pertanto neppure riconoscere
il preavviso) o, a tutto voler concedere, il licenziamento per ragioni soggettive con il riconoscimento
del preavviso.
4. Il licenziamento per giusta causa o comunque per ragioni soggettive del top management .
Quanto al licenziamento dettate da ragioni disciplinari, si evidenzia innanzitutto il profilo procedurale per il quale tale recesso, secondo il più
accreditato e recente orientamente giurisprudenziale, deve essere preceduto dall'applicazione delle
garanzie di cui all'articolo 7 dello Statuto dei lav0ratori (ossia la legge 20 maggio 1970, n. 300).
Ne deriva che la società datrice di lavoro dovrà
preliminarmente contestare al top m#nager i fatti
e/o le condotte nelle quali la medesima ravvisi la
violazione, da parte del dirigente, degli obblighi
legali e contrattuali su di lui gravanti in forza del
rapporto di lavoro; il top manager avrà poi il diritto di difendersi rendendQ le proprie giustificazioni
e, solo all'esito della valutazione (negativa) delle
controdeduzioni del dirigente, la società potrà intimare, per iscritto, il licenziamento.
In assenza di dette garanzie procedurali (comunque anche di ordine sostanziale), il licenziamento sarà illegittimo e viziato, con conseguente diritto del manager di vedersi riconoscere il
preavviso (ove non concesso stante l'invocazione
della giusta causa) e, in ogni caso, l'indennità supplementare stabilita dal Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Ferma restando l'applicazione delle predette
garanzie procedurali, il licenziamento del dirigente potrà essere per giusta causa (dunque, senza
Hconoscimento del preavviso) oppure per ragioni
soggettive con riconoscimento del preavviso; il discrimine tra le due fattispecie risiede nella gravità
dei fatti e/o delle condotte addebitati al manager,
nel senso che, ove i medesimi siano così gravi da
non consentire la prosecuzione neppure tempora-
nea e provvisoria del rapporto, verrà intimato il
licenziamento per giusta causa avente, giusto il
dettato dell'articolo 2119 del codice civile, effetto
immediato al momento della comunicazione del
medesimo mentre, laddove non si ravvisino fatti
e/o condotte di tale gravità, sarà possibile recedere dal rapporto fatto però salvo il riconoscimento
del preavviso stabilito in base al Ccnl applicato o t
dal contratto individuale di lavoro (ove le previSioni di quest'ultimo siano di maggior favore per
il dirigente); il preavviso potrà essere prestato in
servizio oppure, come più sovente accade, essere
sostituito dalla relativa indennità ed in tale ultimo caso, per individuare il quantum dell'indennità, occorrerà tenere in considerazione la previsione dell'articolo 2121 del codice civile che prevede
che il calcolo dell'indennità in esame avVenga sulla base della media degli emolumenti degli ultimi
tre anni o del minor periodo di servizio prestato
(l'eventuale diverso criterio stabilito dal Ccnl di
settore prevale su tale disciplina legale solo ove
risulti più favorevole per il dirigente).
Quanto alla valutazione della gravità dei fatti
e/o delle condotte poste a base del recesso, si ricorai quanto già dedotto in merito al concettó di
«giustificatezza» del licenziamento e, per meglio
dare concretezza a tale principio, si consideri ad
esempio che la giurisprudenza ha ritenuto giustificato e sorretto dalla irivocata giusta causa il
licenziamento del top manager che abbia che non
segnali l'esistenza di attività irregolari compiute
in azienda e sconosciute ai vertici aziendali, ponendone le risultanze nell'oggetto della propria
dei lavoratori subordinati e considerando quindi,
giusta di regola la particolare composizione del
trattamento retributivo del dirigente, che nella
base del computo del trattamento di fine rapporto
occorrerà considerare tutta la retribuzione variabile (Mbo, bonus ecc.) e quella in natura goduta
dal manager (ad esempió, la concessione in uso
privato, o anche privato, dell'auto aziendale e le
utilità diverse quali la concessione dell'alloggio
aziendale, le erogazioni in natura di qualsiasi tipo
ecc.).
attività; il dirigente, quale responsabile della logistica, pur non dichiarando la presenza di scarti
di produzione, ritenendo che la stessa spettasse
all'ente che creava tali scarti, è cioè alla produzione, aveva rettificato la contabilità proprio per
le incongruenza tra quantità fisica di scarti e la
consistenza contabile, che evidenziava l'esistenza
di attività irregolari da lui non segnalate, aventi
ripercussione sull'erogazioni di premi ed aumenti
stipendiali, nonché sulla strategia di impresa. Il
comportamento del predetto, anche eventualmente solo omissivo, era idoneo, per la funzione dirigenziale ricoperta, a ledere gravemente il vincolo
fiduciario, onde gli addebiti ritualmente contestati erano idonei a giustificare il recesso, essendo del
tutto ininfluente stabilire se le ulteriori motivazioni contenute nella lettera di licenziamento rafforzassero le precedenti contestazioni disciplinari
ovvero costituissero nuovi addebiti, come tali illegittimi perché non ritualmente contestati. La giurisprudenza ha, altresì, rilevato che non è sproporzionata la sanzione del recesso per giusta causa
comminata dal datore di lavoro nei confronti del
dirigente che abbia posto in essere una condotta
consistita nell'utilizzare la carta di credito aziendale per esigenze personali ed estranee al lavoro,
senza fornire alcuna giustificazione; in considerazione del ruolo rícoperto dal lavoratore in azienda
e la fiducia esistente tra le parti, la sua condotta
integra gli estremi della giusta causa. Parimenti è
stato ritenuto che la nozione di giustificatezza del
licenziamento, che rileva ai fini del riconoscimento
í]el diritto all'indennità supplementare, spettante
• in base alla contrattazione collettiva al dirigente,
non coincide con quelle di giusta causa o giustificato motivo del licenziamento del lavoratore subordinato, ma è molto più ampia, e si estende sino
comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne
esclu.da l'arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei
principi di correttezza e buona fede e del divieto
del licenziamento• discriminatorio. Ne deriva che
possono ricorrere le condizioni per non corrispondere l'indennità supplementare, in presenza della
giustificatezza del licenziamento, e non sussistere
quelle per negare l'indennità sostitutiva del preavviso in assenza di giusta causa
Infine, occorre far rilevare che, a prescindere
dall'intimazione del licenziamento per giusta causa oppure per ragioni soggettive con il riconoscimento del preavviso, al manager spetta sempre
il trattamento di fine rapporto da liquidarsÿ nel
rispetto •della normativa valida per la generalità
La Cassazione a Sezioni Unite, con
sentenza del 30 marzo .2007, n.
7880, ha ritenuto necessaria l'applicazione, anche alla categoria diriLa neces(ivi inclusa quella apicale),
sità della genziale
delle garanzie poste dall'articolo 7
preventiva
dello Statuto dei lavoratori a favore
contestaziodei lavoratori ordinari e, quindi, la prene discipliventiva contestazione disciplinare e
nare
l'esercizio del diritto di difesa prima
che possa intervenire eventualmente
il licenziamento per giusta causa o
comunque per ragioni soggettive.
per giusta
Il licenziamento per giusta causa interviene, giusto il principio generale
di cui all'articolo 2119 del codice
civile, in presenza della lesione del
vincolo fiduciario e quindi produce
la risoluzione del rapporto di lavoro
causa del
dirigenziale con effetto immediato al
dirigente
momento della comunicazione del
Il licenziamento
recesso, senza riconoscimento per-
tanto del preavviso o della relativa
indennità sostitutiva.
Il licenziamento per ragioni soggettive del dirigente comporta, giusto il
principio generale dell'articolo 2118
del codice civile, il riconoscimento
Il licenzia- del preawiso o, in luogo di esso, il
mento per pagamento della relativa indennità
ragioni sog- sostitutiva.
gettive del L'articolo 2121 del codice civile predirigente, vede che il calcolo dell'indennità in
con ricono- esame avvenga sulla base della mescimento dia degli emolumenti degli ultimi tre
del preav- anni o del minor periodo di servizio
prestato; l'eventuale diverso criterio
viso
stabilito dal Contratto-collettivo nazionale di lavoro di settore prevale
sulla disciplina legale solo Ove risulti
i più favorevole per il dir.igente.
5. Il licenziamento del top manager per ra-
gioni oggettive
Per completezza ed ancorché il tema che più interessa in questa sede è quello del licenziamento
del top manager per giusta causa o comunque per
ragioni soggettive connesse alla revoca dell'incarico organico ricoperto dal medesimo all'interno
della società datrice di lavoro (o del gruppo),ÿ si
precisa per completezza quanto segue in merito al
licenziamento del manager per ragioni oggettive.
Anche in tema di licenziamento del dirigente
per ragioni oggettive viene in considerazione, il
concetto di «giustificatezza».
Ebbene, la «giustificatezza» è da ravvisarsi - secondo la giurisprudenza - tutte le volte in cui il
recesso non sia motivato da ragioni discriminatorie io arbitrarie, bensì oggettive e concretamente
accertabili ovvero da ragioni tali da ledere il particolare rapporto di fiducia che intercorre tra datore
di lavoro e dirigente, fermo restando il rispetto dei
fondamentali principi di correttezza e buona fede
da parte del datore di lavoro; in altri termini, fatti
o condotte non idonei ad integrare la giusta causa
e/o il giustificato motivo di licenziamento perla
generalità dei rapporto di lavoro possono invece
giustificare il licenziamento del dirigente.
In particolare, sotto il profilo oggettivo, ove vengano dedotte esigenze di riassetto organizzativo
finalizzato a una più economica gestione dell'impresa - la cui scelta imprenditoriale è insindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità - lduò
considerarsi licenziamento ingiustificato del diÿigente - e.quindi far scattare il diritto al!'indennità supplementare - quello non sorretto da alcun
motivo (e che quindi sia meramente arbitrario)
ovvero sorretto da un motiÿio che si dimostri pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà.
Sicché, la ragione di tale licenziamento debba essere rinvenuta unicamente nell'intento di liberarsi della perÿona del dirigente e non in quello di
perseguire il legittimo esercizio del potere riservato all'imprenditore.
In altro caso, la giurisprudenza ha ritenuto che,
al fini dell'indennità supplementare prevista dalla
contrattazione collettiva in caso di licenziamento
del dirigente, tale «giustificatezza» non deve necessariamente coincidere con l'impossibilità della
continuazione del rapporto di lavoro e con una
situazione di grave crisi aziendale tale da rendere impossibile o particolarmente onerosa tale
prosecuzione, posto che il principio di correÿezza
e buona fede, che costituisce il parametro su cui
misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con quello di iniziativa economica,
garantita dall'art. 41 della Costituzione, che verrebbe realmente negata ove si impedisse all'imprenditore, a fronte di razionali e non arbitrarie
ristrutturazioni aziendaliÿ di scegliere discrezionalmente le persone idonee a collaborare con lui
ai più alti livelli della gestione dell'impresa.
In ogni caso, il recesso in questione non può risultare privo di qualsiasi giustificazione sociale
perché concretizzantesi unicamente in condotte
lesive, nella loro oggettività, della personalità del
dirigente e, al fine di accertare la configurabilità
del diritto del dirigente all'indennità supplementare, l'ingiustificatezza del recesso datoriale può
evincersi da una incompleta o inveritiera comunicazione dei motivi di licenziamento ovvero da
un'infondata contestazione degli addebiti, potendo tali condotte rendere quantomeno più disage-
6
vole la verifica che il recesso sia eziologicamente
riconducibile a condotte discriminatorie ovvero
prive di adeguatezza sociale.
L'effettivo processo di riorganizzazione del settore al quale il dirigente era preposto costituisce
un motivo valido. E così costituisce giustificato
motivo di licenziamento il conglobamento delle
attività di progettazione macchine, engineering e
tecnologie sotto un'unica direzione, con soppressione del ruolo di direttore tecnico ricoperto dal
ricurrente.
Peraltro, poiché il licenziamento del dirigente
non richiede necessariamente un giustificato motivo Oggettivo, esso è consentito in tutti i casi in cui
sia stato adottato in funzione di una ristrutturazione aziendale dettata da scelte imprenditoriali
non arbitrarie, non pretestuose e non persecutorie.
(In applicazione di tale principio, la Suprema corte
ha ritenuto correttamente motivata la decisione di
merito con cui era stata esclusa l'illegittimità del
licenziamente di un dirigente, giustificata con la
necessità di una ristrutturazione aziendale, le cui
mansioni erano state assegnate ad altro dirigente,
in aggiunta alle mansioni proprie di quest'ultimo).
Più precisamente è stato affermato che, per
stabilire se sia giustificato il licenziamento di un
dirigente intimato per ragioni di ristrutturazione aziendale, non è dirimente la circostanza che
le mansioni da questi precedentemente svolte
vengano affidate ad altro dirigente in aggiunta
a quellé sue proprie, in quanto quel che rileva è
che presso l'azienda non esista più una posizione
lavorativa esattamente sovrapponile a quella del
lavoratore licenziato, dovendo altresì considerarsi che, poiché il licenziamento del dirigente non
richiede necessariamente un giustificato motivo
oggettivo, esso è consentito in tutti i casi in cui sia
stato adottato in funzione di una ristrutturazione
aziendale dettata da scelte imprenditoriali non
arbitrarie, non pretestuose e non persecutorie.
Tuttavia, non ricorre il requisito della giustificatezza del licenziamento del dirigente nel caso in cui
dalla comunicazione di recesso emerga il connotato meramente eventuale e potenziale, non attuale, d.ella soppressione del posto di lavoro, collegata
all'approvazione di un progetto di ristrutturazione
e riorganizzazione aziendale nel quale non sono
esplicati tempi e modalità delle medesime, e nella
quale si faccia riferimento alla non prevedibilità di
un futuro proficuo utilizzo del lavoratore.
- Assenza di alcun motivo
- Motivo pretestuoSo
- Indompleta o inveritiera comunicazione dei motivi di licenziaIngiustifimento
catezza del
- Infondata contestazione degli
recesso
addebiti
datoriale
- Contrasto coi principi di correttezza e buona fede
- Condotte discriminatorie ovvero
prive di adeguatezza sociale
Ueventualità di «repechage, di un dirigente li-
xÿogÿ7
cenziato per esigenze di ristrutturazione aziendale è inconciliabile con la Stessa posizione dirigenziale del lavoratore, posizione che, d'altro canto,
giustifica la libera recedibilità del datore di lavoro
senza che possano essere richiamati i principi elaborati dalla giurisprudenza per la diversa ipotesi
del licenziamento per giustificato motivo del non
dirigente.
Fatta eccezione per il licenziamento per giusta
causa, al dirigente, in caso di recesso, è dovuto il
preavviso stabilito dal contratto individuale ò dalla contFàttaziorìe collettiva di settore; in alternativa, ove il preavviso non sia prestato in servizio
per volontà aziendale, il manager ha diritto alla
corresponsione, da parte del datore di lavoro recedente, di un'indennità sostitutiva del periodo di
rigenziale, la novella del Collegato lavoro- la cui
ratio è quella di introdurre stringenti termini per
scadenziare la proposizione dell'azione in giudizio
- pare avere aperto la discussione in merito alla
questione se anche il licenziamento intimato al
dirigente debba essere ora impugnatO entro il termine, previsto a pena di'decadenza, di 60 giorni
a decorrere dal .momento in cui il soggetto viene
a conoscenza del licenziamento e non si può sottacere che una soluzione ed un approccio pruden-
te potrebbero suggerire una risposta positiva al
predetto interrogativo; a tal riguardo, si osserva
inoltre che un recente orientamento giurisprudenziale ha riconosciuto l'applicabilità, anche in
relazione al rapporto dirigenziale, dei termini di
decadenza di cui al novellato art. 6 della legge n.
preavviso non lavorato.
604/1966 ossia quello di 60 giorni per impugna-
La legge ossia l'art. 2121 del codice civile prevede che il calcolo dell'indennità in esame avvenga
sulla base della media degli emolumenti degli ultimi tre anni o del minor periodo di servizio prestato; l'eventuale diverso criterio stàbilito dal contratto collettivo nazionale di settore prevale sulla
disciplina legale solo ove risulti più favorevole per
re, anche in via stragiudiziale, il licenziamento e
quello successivo di 180 giorni dalla impugnazio-
il dirigente.
Da notare che taluni accordi collettivi, per lo più
nel settore industria, prevedono che in caso di ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione,
ovvero di crisi aziendale di cui alla legge n. 223
del 1991, in materia di integrazione salariale ed
eccedenze di personale, il datore di lavoro che risolva il rapporto di lavoro a tempo indeterminato
con il dirigente motivando il recesso come dovuto
alle situazioni appena indicate, dovrà erogare al
dirigente stesso, oltre alle somme dovute per la
cessazione del rapporto di lavoro, un'indennità
supplementare pari al corrispettivo del preavviso
individuale maturato.
Peraltro, in tali situazioni è bestpractica ricercare con il top manager un accordo che» a fronte
di un importo transattivo e/oa titolo di incentivazione all'esodo, regoli la cessazione del rapporto di
lavoro, tenendo conto anche di particolari clausole
quali manleve e disposizioni sulla riservatezza.
Altro punto decisamente importante per il diri:
gente è la regolazione delle responsabilità e delle
eventuali conseguenze economiche e risarcitorie
assunte nel corso del rapporto; aspetto che in parte viene già disciplinato dalla contrattazione collettiva.
ne per proporre il ricorso.
Una volta impugnato (prudenzialmente nel
summenzionato termine di 60 giorni) il licenziamento, anche solo in via stragiudiziale e ciò
mediante semplice raccomandata A/R con cui il
dirigente renda manifesta alla società datrice di
lavoro la propria volontà di opporsi al recesso,
il top manager avrà facoltà di adire il Triburíale
del lavoro territorialmente competente oppure il
Collegio arbitrale costituito ai sensi del Contratto
collettivo nazionale di lavoro applicato.
La procedura arbitrale è alternativa all'adire
l'ordinaria giustizia (ossia il Tribunale del lavoro),
spettando al dirigente la scelta tra uno e l'altro
strumento; tuttavia, una volta compiuta la scelta
a favore del Collegio Arbitrale, la giurisprudenza
ritiene che il dirigente non possa più proporre la
medesima azione in sede giudiziaria, non essendo
abilitato a trasferire unilateralmente la questione
davanti at giudice ordinario dopo il compimento
di atti incompatibili con la volontà di avvalersi di
tale tutela e in. mancanza di una volontà del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale.
6. L'impugnazione del licenziamento da
parte del top manager e gli strumenti di giustizia
L'art. 32 della legge n. 183/2010 (ossia il c.d. Collegato lavoro) ha novellato l'art. 6 della legge n.
604/1966, introducendo termini, a pena di decadenza, più stringenti per l'instaurazione del giudizio una volta impugnato il licenziamento entro
il termine, anch'esso previsto a pena di decadenza, di 60 giorni a decorrere dalla data di avvenuta
conoscenza del provvedimento di recesso.
Ancorché la disciplina dell'art. 6 della legge n.
604/1966 non si applichi al rapporto di lavoro di-
oggÿ
7
\
Ancorché il licenziamento del dirigente
si sottragga, fatte salve alcune rare
eccezioni, alla disciplina dettata dalla
legge n. 604/1966, ivi incluso l'art.
6 in tema di termini di decadenza per
proporre l'impugnazione, la novella le-
limitativo alla reintegrazione nel posto
di lavoro anche in ipotesi di illegittimità del recesso (cfr. art. 1, comma 42, I
legge n. 92/2012) - la disciplina di
cui all'art. 6, legge .n. 604/1966 tÿovi pacifica applicazione pure nei casi
in cui all'invalidità del licenziamento
debbano far seguito esclusivamente le
conseguenze previste dall'art. 8 della
legge da ultimo citata. Ancora, a fronte della ampia, e generica espressione
utilizzata dall'art. 32, comma 2, legge
n. 183/2010, neppure è possibile argomentare che l'estensione al licen-
gislativa del Collegato lavoro del 2010
potrebbe suggerire, quanto meno in via
prudenziale, al top manager licenziato ii
di impugnare, anche solo stragiudizialmente mediante apposita lettera raccomandata A/R, il proprio licenziamento
entro il termine di 60 giorni dall'awerìuta conoscenza dell'atto di recesso.
In tal senso si è peraltro espresso
anche un recente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l'obiezione circa il fatto che il licenziamento del dirigente sarebbe escluso dal
doppio termine decandenziale dellz
Impugnazione stragiudiziale e del de3osito del ricorso nella carÿcelleria del
tribunale e ciò per espressa previsione di legge ex art. 2, comma 4, legge
n. 604/1966, non merita di essere
condivisa: infatti, l'art. 32, comma
2, legge n. 183/2010, facendo rife-
ziamento del dirigente della disciplina
prevista dall'art. 6, legge n. 604/1966
sarebbe preclusa dal fatto che, per tale
categoria di dipendenti, la tutela prevista nell'ipotesi di licenziamento viziato
n termini di assenza di giustificatezza
sia di origine contrattuale e non legale:. infatti, si versa comunque in un
caso di invalidità dell'atto di recesso,
né, d'altro canto, con riferimento al
licenziamento del lavoratore subordinato non dirigente, Si è mai effettuata
alcuna differenziazione di disciplina in
unto di decadenza ex art. 6, legge n.
rimento a tutti i casi di invalidità del
licenziamento, estende la regolamentazione di cui all'art. 6 della Legge n.
604/1966 per le ipotesi in cui l'illegittimità dell'atto espulsivo derivasse dalla
violazione di una norma prevista dalla
contrattazione collettiva applicata al
rapporto (Tribunale del lavoro di Milano, giudice dott. Greco, 30 novembre
604/1966 anche alla ipotesi di nullità
Impugnazione del
recesso
/ ingiustificatezza dell'atto di recesso
ad iniziativa datoriale posto in essere
nei confronti del dipendente con qualifica dirigenziale. Infatti, con riguardo a
quanto osservato in relazione al fatto
che per il licenziamento del dirigente non essendo prevista una tutela avente ad oggetto il ripristino della concreta,
funzionalità del rapporto, ma solo una
tutela di tipo risarcitorio per equivalente (pagamento dell'indennità supplementare, nonché, per il caso di recesso per giusta causa iJlegittimo, della
indennità sostitutiva del preawiso) '
- non sarebbe dato rawisare quell'esigenza di definire entro un breve lasso
di tempo se il recesso sia contestato
o meno e l'opportunità di accelerare la
conseguente introduzione del giudizio,
finalità perseguite dal legislatore con
la disciplina dell'art. 6, commi 1 e 2,
legge n. 604/1966, non si può fare a
meno di osservare come, da un lato,
essendo dedotta nel caso di specie la
natura ritorsiva dell'atto espulsivo, la
domanda principale risulta essere pro»rio diretta ad ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre a tutte le
altre conseguenze previste dall'art. 18
legge n. 300/1970 in punto di risarcimento del danno e versamento dei
contributi previdenziali ed assistenziali; dall'altro, come - pur prescindendo
dalla riforma che ha interessato l'area
della tutela cosiddetta l"eale in. senso
8
2012).
La Cassazione (Cass. 28 marzo 2002
n. 4566) ha chiarito che i due strumenti in questione sono tra loro alternativi
nel senso che il dirigente di azienda
(nel caso.di specie, industriale) che,
ai sensi dell'art. 19 del contratto col-
lettivo di categoria 16 maggio 1985,
concretante una clausola compromissoda per arbitrato irrituale, abbia adito il collegio arbitrale, senza che a ciò
si sia opposta la controparte - per la
determinazione dell'indennità suppleAlternatività mentare in relazione alla mancanza
tra giustizia di giustificazione del proprio licenziaordinaria mento - non può (salvo che il collegio
e collegio predetto si sia dichiarato privo di legitarbitrale timazione a decidere la controversia o
che il procedimento non sia pervenuto
alla sua conclusione con il lodo o che il
relativo patto sia divenuto per qualsiasi
ragione inoperante) proporre la medesima azione in sede giudiziaria, non
essendo abilitato a trasferire unilateralmente la questione davanti al giudice
dopo il compimento di atti incompati-
bili con la volontà di awalersJ di tale
tutela ed in mancanza di una volontà
del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale
messo in moto dal dirigente medesimo
r
IuslÿOggs7
(in tal senso anche' Cass. 13 novembre 3.992, n. 12223; Cass. 20 aprile
1998, n. 4014). Siffatti principi sono
stati applicati dall'impugnata sentenza
che, dopo avere delineato in generale il
sistema imperniato sulla garanzia della «facoltà delle parti di adire l'autorità
giudiziaria» (art. 5, comma 1, legge n.
533 del 3.973),.salvo «il limite costituito dalla soprawenienza di un valido
lodo», ha accertato che, nella specie,
il collegio arbitrale investito dal ricorso
del dirigente, ex art. 19 del Ccnl in vigore per i dirigenti di aziende industriali,
della cognizione della vertenza relativa
L'indennità supplementare è com
sa tra un minimo pari alle mensilità
del preawiso ed un massimo pari al
corrispettivo di 18 mesi di preawiso;
il tutto però con la precisazione per
Articolo 31 la quale, in caso di licenziamento di
del Ccnl Di- un dirigente con anzianità di servizio
rigenti Com- »restato in azienda nella qualifica sumercio
periore a 10 anni, l'indennità Supplementare è automaticamente aumentata, in relazione all'età del dirigente
licenziato, ove questa risulti compresa
tra 50 e 64 anni, in misura variÿ
tra le 9 e le 4 mensilità.
alla legittimità del licenziamento ai fini
della corresponsione della indennità
supplementare nella misura massima,
si era regolarmente formato; il giudizio
- il quale si era svolto dopo instaurazione del contraddittorio con una serie
di riunioni collegiali, caratterizzate da
esperimenti di tentativi di conciliazione
e da concessione di termini per note
-si era concluso con un valido lodo
che aveva dichiarato l'irricevibilità del
ricorso, per mancata osservanza del
termine decadenziale previsto dalla
procedura arbitrale era pertanto prec usa la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria.
7. Conseguenze del licenziamento ritenuto
non sorretto dal concetto di «ÿqustificatezza»
Ove il recesso non fosse considerato «giustificato», al dirigente spetterà, oltre all'eventuale
pagamento del preavviso ove non già riconosciuto (ossia laddove fosse stato licenziato per giusta
causa), la liquidazione dell'indennità supplementare prevista dal Contratto collettivo nazionale di
lavoro di settore.
I principali contratti collettivi modulano l'indennità supplementare in un range compreso tra
un minimo ed un massimo di mensilità, all'interno del quale la scelta del giudice del lavoro eventualmente adito oppure del Collegio arbitrale in
ipotesi instaurato si orientorà avendo a mento le
ragioni e le modalità (più o meno diffamanti, ingiuriose e/o screditanti) di intimazione de] licenziamento.
Ccnl Dirigenti Cre-
dito
L'indennità supplementare prevede
minimo pari a 7 mensilità di preawiso
sino ad un massimo di 22 mesi di preawiso, fermo restando che, in caso
di licen.ziamento di un dirigente con
una anzianità di servizio globalmente prestato in impresa o nel gruppo
in qualsiasi qua f ca, superiore a 10
anni, l'indennità supplementare è automaticamente aumentata, in relazione all'età del dirigente ed ove questa
risulti tra i 46 ed i 56 anni, in misura
di 2 mensilità sino ad un massimo di
7 mensilità.
Le conseguenze risarcitorie del licenziamento
del dirigente eventualmento considerato illegittimo, ossia non sorretto dal concetto di ,ÿgiustificatezza», vengono meno solo nel caso eccezionale in
cui il recesso sia giudicato discriminatorio ovvero
nullo per motivi illeciti; in tali ultime ipotesi (per
il vero ecceziorÿali e limite), il top manager, ai sensi
della legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero) e della relativa riforma dell'articolo 18, comma 1, dello
Statuto dei lavoratori, avrà infatti diritto all'applicazione delle tutele previste dal predetto articolo
18 ossia la reintegrazione nel posto di lavoro o, in
alternativa ad essa, il pagamento dell'indennità
sostitutiva pari a 15 mensilità oltre, in ogni caso,
il risarcimento del danno (comunque non inferiore
a 5 mensilità) secondo i canoni di cui all'articolo 18
dello Statuto dei lavoratori.
8" L'amministratore e la funzione dirigen-
ziale
La indennità supplementare varia da
un minimo pari al corrispettivo del
preawiso individuale maturato maggiorato dell'importo equivalente a
Articolo 3.9 2 mesi del preavviso stesso sino a
del Ccnl un massimo equivalente a 20 mesi.
Dirigenti Inoltre, l'indennità supplementare è
Industria automaticamente aumentata, in relazione all'età del .dirigente licenziato,
ove questa risulti compresa tra i 50
e i 59 anni (l'aumento varia da 3 a 7
mensilità).
La carica di amministratore non vaie ad escludere a priori che con la società possa instaurarsi
anche un rapporto di lavoro subordinato. Il rapporto lavorativo non è configurabile nelripotosi in
cui l'organo amministrativo sia unipersonale per
l'ovvia incompatibilità tra il concetto di autonomia
che caratterizza l'amministratore unico e il vincolo
di subordinazione. È invece possibile, come la Cassazione ha avuto più volte modo di chiarire, che ÿ1
tra ramminisLratore e la società (di capitali) am- í]
ministrata si venga a creare un rapporto di lavoro Ii
subordinato di natura dirigenziale. Così è possibile il
che il direttore generale svolga altresì il ruolo di !i
9
amministratore e che quindi sussista con la stessa
un rapporto di lavoro subordinato (Cass. sent. n.
18759 del 26 settembre 2005)
Le caratteristiche dell'attività da cui derivano
diversi rapporti creditori nei confronti della società
dipendono dal tipo di attività svolta• Infatti, ha specificato la Cassazione nella sent. 14 dicembre 1994
ni 10680, se verso i terzi estranei all'organizzazione societaria è configurabile, tra amministrazione
e società, un rapporto di immedesimazione organica, all'interno dell'organizzazione ben sono conti-
gurabili rapporti di credito nascenti da un'attività,
come quella resa dall'mnministratóre che sia:
• continua,
• coordinata e
• (prevalentemente) personale.
Non rileva il contenuto parzialmente imprenditoriale dell'attività gestoria e l'eventuale mancanza di una posizione di cosiddetta debolezza contrattuale dell'amministratore. L'azione con la quale si
chiede la condanna della società al pagamento di
una somma dovuta per effetto dell'attività di esercizio delle funzioni gestorie ha ribadito la Cassazione è quindi soggetta al rito del lavoro ex art. 409,
n. 3, cod. proc. civ.
('
9 La. revoca degli amministratori:giusta
causa soggettiva ed oggettiva
La nozione di giusta causa rileva anche nei con-
fronti degli amministratori di società di capitali
anche se con specifiche modalità e conseguenze tipiche del rapporto societario. Il principio generale
secondo cui l'amministratore è revocabile dall'assemblea anche in assenza di una giusta causa è
applicabile senza grandi distinzioni sia per le spa
che per le srl. Nell'ip0tesi in cui la revoca non sia
fondata su una giusta causa, all'amministratore
revocato spetta il risarcimento danni. Lo prevede
l'art. 2383 terzo comma c.c. in base al quale gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello stàtuto, e sono revocabili dall'assemblea
in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto
costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al
!
risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza
giusta causa.
Iÿamministratere è legato alla società da un vin1 colo Contrattuale sostanzialmente assimilabfle al
mandato che la società conferisce all'amministratore affinché questi lo eserciti in maniera indipendente.
Proprio in virtù del vincolo di tipo contrattuale
tra l'amministratore e la società, può ben dirsi che
il diritto della società di revocare l'amministratore
t si pone in qualche modo come una sorta di recesso
l: unilaterale in cui la mancanza di giusta causa non
I fa venir meno l'esercizio del diritto ma costituisce
• Si è soliti distinguere tra giusta causa per ragioni soggettive e giusta causa oggettiva. La linea di
i laconfine
base per
il risarcimento
danni.
tra le
due fattispecie
consiste nell'imputare
!i o meno al comportamento (più in generale alla sfe! ra volitiva) dell'amministratore i motivi che hanno
.... Esempi
giusta causa soggettiva si rinvengono
Ii portato
alla di
revoca.
10
nella generale mancanza di diligenza (inadempimento delle proprie fimzibni) o nel porre in essere
atti in conflitto di interessi (atti di concorrenza) ovvero eccedenti i poteri delegati (stipula di contratti
non autorizzati). Tipico esempio di giusta causa
oggettiva è la malattia che renda impossibile la
prosecuzione del rapporto.
La revoca degli amministratori per giusta causa
si basa sul venir meno del vincolo fiduciario posto
alla base della nomina e che deve necessariamente
permanere per tutta la durata del rapporto.
Fondamentale è quindi individuare i comporta«
menti dell'amministratore in seguito ai quali tale
vincolo è venuto meno. La delega gestoria presuppone altresì l'assenza di conflitti in capo all'amministratore. Se cosi non fosse, vaie a dire nell'ipotesi
in cui l'amministratore fosse portatore di interessi
in contrasto con quelli sociali, la fiducia insita nella delega verrebbe necessariamente meno autoriz-
zando quindi la revoca per giusta causa.
Illuminante in tal senso il caso affrontate dalla.
Cassazione con la sentenza n. 8221 del 24 maggio
2012 in cui il contrasto in capo all'amministratore
viene alla luce in relazione a dei sindacati di voto
contenuti in dei patti parasociali.
Il patto parasociale prevedeva un doppio sindacato di voto che agiva sia a livello di delibere
assembleari che consiliari ivi incluse quelle relative alla nomina dei dirigenti. I sindacati di
voto rischiano di diventare illegittimi quando i
contraenti assumono obbligazioni in contrasto
con norme imperative ovvero si pongano dome
strumento teso ad eluderle. Con il c.d. sindaca-
to di gestione in sostanza gli amministratori si
mpegnavano a svolgere il loro mandato secondo
quanto deciso dalla direzione del sindacato ed alterando quindi il centro decisionale della società.
Ne! caso di specie il patto parasociale impegnava il
1 soci a votare in assemblea contro l'eventuale
proposta di intraprendere l'azione di responsa- Il
)ilità sociale nei confronti degli amministratori.
Un tale patto si po'neva in aperta violazione degli
artt. 2392 e-2393 c.c. in quanto finalizzato «a far
prevalere l'interesse di singoli "soci chè, per rego-
lamentare i propri rapporti, si sono accordati a
pregiudizio dell'interesse generale della società.» ÿ',
La Cassazione nel caso di specie ha ravvisato
il venir meno del necessario rapporto fiduciario
come derivante dalla «grave situazione imma- :I
nente di conflitto nel quale, con la partecipazione al patto parasociale (...). Situazione che, del
resto, non può essere direttamente equiparata a
quella dell'influenza che possa derivare sull'agire dell'amministratore dai meri orientamenti !ÿ
espressi dal socio di maggioranza che lo hanominato, stante l'assunzione nel caso in esame di ii•
uno specifico vincolo giuridico di natura obbliga- ÿ;
toria(...)». Il patto.di gestione cosi stipulato an- {i
dava ad incidere «sui comportamenti di soggetti li
inves,titi per legge di una funzione nell'interesse ÿ;
della società» in tal modo violando l'esclusività Il
della funzione gestoria e giustificando quindit;,
la revoca per giusta causa degli amministratori :!
poiché veniva meno il rapporto fiduciario
Ii
/
si precisa nel paragrafo che segue, non vÿ traccia,
Sia la nomina che la revoca degli amministratori spetta, secondo quanto
stabilito dall'art. 2383 c.c. all'assemblea,fatta eccezione peri primi amministratori, che sono nominati nell'atto
costitutivo, e salvo il disposto degli
articoli 2351, 2449 e 2450.
Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi, e scadono alla
data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo
all'ultimo esercizio della loro carica.
Gli amministratori sono rieleggibili,
Nomina e
revoca degli salvo diversa disposizione dello staamministratori tuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se
(Spa)
nominati nell'atto costitutivo, salvo il
diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.
L'eventuale sussistenza di cause di
nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno
la rappresentanza della società non
sono, a norma dell'art. 2383, opponibili ai terzi dopo l'adempimento
della pubblicità di cui al quarto comma, salvo che la società provi che
terzi ne erano a conoscenza.
Per le srl l'a'rt. 2745 stabilisce che
salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione
della società è affidata a uno o
più soci nominati con decisione
Nomina
e revoca degli dei soci presa ai sensi dell'artiamministratori colo 2479. E possibile quindi che,
se previsto nell'atto costitutivo,
(srl)
la decisione dei soci sia adottata
mediante consultazione scritta o
sulla base del consenso espresso
per iscritto.
dato che neppure in questa sede egli ha indicato quali essi siano stati». Danni ulteriori quindi rispetto al
lucro cessante. La Cassazione ha altresì precisato
con la sentenza n. 11801 del 21 novembre 1998 che
la responsabilità personale dei soci, che concorrono
mediante il voto alla formazione della volontà societaria, ma non sono autori della revoca, potrebbe discendere non dalla disciplina del rapporto di
mandate (del quale non sono parti), ma dai comuni
canoni dell'illecito ex art. 2043 cod. civ., ove essi compiano con dolo o colpa' autonomi atti lesivi dei diritti dell'amministratore. Un criterio utilizzabile per
quantificare il lucro cessante consiste nel calcolare
compenso che avrebbe normalmente percepito per
il tempo occorso all'amministratore revocato per trovare una nuova occupazione.
In sostanza la giusta causa opera come elemen-
to al fine del disconoscimento all'amministratore
(mandatario) del risarcimento del danno altrimenti spettante in ragione dell'anticipato scioglimento
del rapporto. Più specificamente, come precisato
dalla Cassazione nella sentenza 5 agosto 2005, n.
16526 «la giusta causa della revoca dell'amministratore societario, quale ragione di disconoscimento
al mandatario del danno prodotto dall'anticipato
scioglimento del rapporto (ex art. 2383, terzo comma cod. cia), può derivare anche da fatti non integranti inadempimento, ma richiede pur sempre un
«quid pluris», rispetto al mero dissenso (alla radice
di ogni recesso «ad nutulrv,), ossia esige situazioni
sopravvenute (provocate o meno dall'amministrato-
#e stesso) che minino il «pactum fiduciae», elidendo
l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e
le capacità dell'organo di gestione» Non si ravvisa
la sussistenza della giusta causa, e di conseguenza
l'esenzione dall'obbligo risarcitorio, nelripotesi in
cui l'amministratore esprima il suo dissenso anche
quaddo tale dissenso si manifesti rispetto alle scelte
di gruppo. Così il Tribunale di Napoli ha precisato
che/e decisioni gestionali non vincolano comunque
gli amministratori, «non avendo l'assemblea i mezzi
per poterne imporre l'attuazione, ma potendo valu-
10 La revoca senza giusta causa: la questione del danno
La revoca dell'amministratore che avvenga senza giusta causa comporta in primo luogo il risarcimento del danno da lucro cessante vaie adire del
compenso che l'amministratore, ingiustamente, re-
vocato avrebbe altrimenti percepito. A1 riguardo la
Cassazione (sent. 12 settembre 2008; n. 23557) ha
quantificato il danno con «riferimento all'ammontare dei compensi non percepiti nell'arco di "tempo
ordinar.iamente occorrente al soggetto revocato di
procurarsi una corrispondente adeguata occupazione nello stesso o anche in altro settore operativo». Il
lucro cessante non esclude perb necessariamente
eventuali altre ragioni di risarcimento danni da parte dell'amministratore revocato senza giusta causa
(si pensi solo al danno d'immagine). La stessa Corte
d'appello nella sentenza in oggetto ha chiarite che «il
ricorrente avrebbe potuto ottenere la liquidazione di
danni ulteriori e diversi rispetto a quelli consistenti
nel lucro cessante, ma di tali danni, tranne quanto
ItallaOggl7
tare se nella disapplicazione della delibera assembleare sussistano gli estremi di una giusta causa di
revoca dall'incarico». Tuttavia poiché l'amministratore che agisce nell'ambito di un gruppo societario,
deve pur sempre agire nell'interesse della società
amministrata. L'esistenza di un gruppo di società,
ha chiarito il Tribunale, rende quindi responsabile
l'amministratore nei confronti della rappresentata qualora abbia perseguito l'interesse della capogruppo a discapito di quello sociale.» In quest'ottica
l'espressione di un parere contrario ad un'operazio-
ne, per quanto ritenuta dal gruppo societario di fondamentale importanza, non può essere interpretata
come una violazione del vincolo fiduciario ma al con-
trario è stata ritenuta dai giudici di merito un indice
di autonomia di pensiero e di sicuro attaccamento
alle sorti della sociétà. Allo stesso modo non costituisce giusta causa di revoca l'eventuale divergenza di
vedute nell'ambito del consiglio di amministrazione
anche qualora l'amministratore sia in una posizione
minoritaria.
11