La legge siciliana sul servizio idrico: un`intera

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La legge siciliana sul servizio idrico: un`intera
ottobre 2015
Acqua N°50
La legge siciliana sul servizio idrico:
un’intera Regione ripiomba nel caos
Laboratorio SPL
Collana Acqua
Abstract
L’ Assemblea siciliana ha recentemente approvato il riordino del servizio idrico integrato. La nuova legge disconosce il
ruolo dell’Autorità e le buone regole che in questi anni hanno faticosamente riportato la fiducia degli investitori nel servizio
idrico. Un intero settore industriale ripiomba nel buio e AEEGSI non può fare altro che prenderne atto. Saranno ancora una
volta i cittadini a farne le spese.
Sulla Regione Sicilia pendono sanzioni comunitarie per 185 milioni di euro per i ritardi nella depurazione, le perdite di rete
hanno raggiunto il 46%, 1,1 miliardi di euro di fondi CIPE destinati a interventi nella depurazione giacciono inutilizzati, il
46% delle famiglie non si fida a bere l’acqua del rubinetto, le interruzioni nell’erogazione e i disservizi non si contano: è in
questi pochi numeri che si misura la “cifra politica” dell’autonomia.
La Sicilia è una terra straordinaria con tanti problemi: ma per l’Assemblea siciliana non sono evidentemente abbastanza.
The Sicilian Regional Assembly has recently approved the reorganization of the integrated water management. The new
law disregards the role of the National Authority (AEEGSI) and the good rules, which in recent years have gained back,
with difficulty, the investors trust. An entire industrial sector seems to be left in a moment of darkness and AEEGSI can’t but
acknowledge that. Once more citizens will bear the burden.
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Gli ultimi contributi
n. 49 - Acqua - Verso il nuovo Codice degli appalti: come conciliare trasparenza e semplificazione,
ottobre 2015
n. 48 - Acqua - Verso il nuovo periodo regolatorio: Metodo Tariffario 2.0, ottobre 2015
n. 47 - Acqua - Le infrastrutture idriche: un "patrimonio comune", settembre 2015
n. 46 - Acqua - Remunerazione del capitale alla prova degli investimenti, luglio 2015
n. 45 - Acqua - Convenzioni tipo e valore di subentro: due tasselli verso la “bancabilità” del SII, luglio
2015
n. 44 - Acqua - Responsabilità e solidarietà: AEEGSI avvia la perequazione economico-finanziaria nel
servizio idrico, luglio 2015
n. 43 - Acqua - Inerzie e inadempienze alla prova della Riforma Madia, giugno 2015
n. 42 - Acqua - Razionalizzazione delle partecipate locali: un'altra occasione mancata, giugno 2015
n. 41 - Acqua - Tariffa pro capite e opzioni tariffarie: l’articolazione 2.0
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dibattito sul futuro dei Servizi Pubblici Locali.
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delle famiglie, il rapporto tra amministratori e cittadini, la tutela dell’ambiente.
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per condurre il dibattito sui Servizi Pubblici Locali su binari di “razionalità economica”, sia per porlo
in relazione con il più ampio quadro delle compatibilità e delle tendenze macroeconomiche del Paese.
Donato Berardi
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Acqua N°50
La legge siciliana sul servizio idrico:
un’intera Regione ripiomba nel caos
La legge regionale siciliana e il dietrofront dell’Autorità
Delibera
474/2015/R/IDR:
riflettori accesi
sul conflitto di
competenze
Il conflitto
istituzionale
davanti alla Corte
Costituzionale
La riforma del
servizio idrico in
Sicilia: un nuovo
casus belli
Legge siciliana
esautora AEEGSI
Un recente provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico
(Delibera 474/2015/R/IDR) ha riacceso le luci sulla governance “alta” del servizio idrico
integrato, e in particolare sul ruolo delle Regioni a statuto speciale e delle provincie
autonome di Trento e Bolzano.
Le competenze legislative in materia di ambiente sono da sempre organizzate su molti
livelli: lo Stato e le Regioni, in primis, e più di recente anche gli Enti di Governo d’Ambito
(EGATO), senza che siano chiaramente definiti i rispettivi ambiti di azione. La riforma
costituzionale del 2001 ha reso ancora più complesso il quadro di riferimento, distinguendo
tra la “tutela” dell’ambiente, di competenza esclusiva statale, e la sua “valorizzazione”, di
competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale, chiamata a dirimere i conflitti di attribuzione
in materia ambientale, si è pronunciata in modo non sempre coerente: quella che in uno
stadio iniziale era un’impostazione possibilista e ispirata alla convivenza dei diversi livelli
legislativi, anche e forse soprattutto per la eccessiva litigiosità delle controparti, è divenuta
negli anni un orientamento di maggiore separazione di ruoli, che prelude, nei fatti, alla più
netta distinzione cui il legislatore sta approdando con l’attesa riforma del Titolo V della
Costituzione, in questi giorni approvata al Senato1.
L’ennesimo casus belli è offerto dalla recente legge di riforma del servizio idrico approvata
dalla Regione Sicilia (legge 19/2015) negli ultimi giorni di agosto u.s., attraverso la quale
l’assemblea siciliana, chiamata dopo la diffida dell’esecutivo a recepire le prescrizioni
dello “Sblocca Italia”2, ha inteso delineare un assetto normativo e regolatorio che si pone in
aperto contrasto con la disciplina nazionale.
L’intervento legislativo della Regione Sicilia disciplina diversi aspetti: dai criteri per la
determinazione della tariffa, all’approvazione delle proposte tariffarie, alla durata delle
concessioni, alle decurtazioni della tariffa riservate ad alcune destinazioni d’uso, alla
previsione di un quantitativo minimo vitale la cui erogazione non può essere sospesa, alle
modalità di affidamento.
In alcuni passaggi la legge siciliana introduce varianti rispetto alla regolazione nazionale,
in altri giunge ad esautorare il ruolo di AEEGSI prevedendo l’approvazione da parte
1 Si veda il Contributo n. 34 - Acqua - Riforma della Costituzione: sull'ambiente decide lo Stato, marzo 2015.
2 Si rinvia al Contributo n.22 - Acqua - Lo "Sblocca Italia" e l'inerzia delle Regioni, settembre 2014 e al Contributo n.24 Acqua - “Sblocca Italia”: tempi certi, poteri sostitutivi e responsabilità erariale, la via al consolidamento del settore, ottobre
2014.
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AEEGSI dichiara la
decaduti i propri
provvedimenti
Una richiesta
di chiarimenti
all’esecutivo
della giunta regionale delle proposte tariffarie formulate dagli EGATO. Accanto a questo
introduce alcune previsioni chiaramente discriminatorie nei confronti delle gestioni non
pubbliche che manifestano la volontà politica di tornare alle gestioni dirette da parte dei
Comuni.
La legge regionale ha cagionato una presa di posizione da parte di AEEGSI che ha
annunciato la decadenza dell’efficacia dei propri provvedimenti sul territorio siciliano
a far data dall’entrata in vigore della legge, oltre alla possibilità di revoca degli effetti
dei provvedimenti già adottati in precedenza: si tratta in particolare di provvedimenti
di approvazione delle tariffe, di determinazione d’ufficio delle stesse o di esclusione
dall’aggiornamento, adottati in conformità al Metodo Tariffario Transitorio (biennio 20122013) e al Metodo Tariffario Idrico (2014-2015)3.
L’azione di AEEGSI si presta a diverse letture, ma può verosimilmente essere interpretata
alla stregua di un invito all’esecutivo a riportare la necessaria chiarezza in merito alla
legittimità costituzionale della legge di riforma del servizio idrico in Sicilia.
Al di là dei risvolti giurisprudenziali che l’intervento di AEEGSI potrà eventualmente
comportare appare utile soffermarsi su alcuni aspetti della legge siciliana.
La riforma del servizio idrico della Regione Sicilia: cui prodest ?
Si abbandona il
metodo nazionale:
quali criteri per la
tariffa ?
18 mc/anno a testa
di acqua gratuita.
Chi pagherà ?
In materia di regolazione tariffaria la legge lascia ampi spazi di discrezionalità alle singole
EGATO siciliane nella determinazione delle tariffe. Il generico richiamo a quanto disposto
dal Codice dell’Ambiente (art. 154 D.Lgs. 152/06) rischia di creare non solo un distacco
rispetto ai criteri nazionali stabiliti da AEEGSI ma anche una eterogeneità di scelte, assetti e
interpretazioni sul territorio siciliano. Una disposizione che si pone in contrasto con le più
recenti pronunce della Consulta laddove si stabilisce che l’organo regionale è comunque
tenuto a uniformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale.
La legge prevede altresì una riduzione della tariffa del 50% nei casi in cui l’acqua non sia
utilizzabile per fini alimentari e l’erogazione giornaliera destinata a soddisfare il fabbisogno
minimo vitale (alimentazione e igiene), pari ad almeno 50 litri per persona (circa 18 mc/
anno a testa). Se la decurtazione della tariffa in ragione della scarsa qualità della risorsa
idrica può essere in linea di principio condivisibile, qualche perplessità è sollevata dalla
previsione di un flusso gratuito di acqua alle utenze finali in aree del territorio nazionale
caratterizzate da elevati livelli di morosità endemica. Il gestore dovrebbe infatti assicurare
l’erogazione di un quantitativo minimo di acqua indipendentemente dalla presenza o meno
di condizioni di disagio economico, potendo esclusivamente tutelarsi con l’installazione di
un limitatore di flusso.
3 Per l’elenco dettagliato dei provvedimenti AEEGSI riferiti al territorio siciliano si veda Allegato A alla Delibera 474/2015/R/
IDR.
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Organizzazione del
servizio: le gestioni
private o miste non
sono gradite
Sembra abbastanza chiaro che una siffatta previsione, calata in contesti nei quali il servizio
idrico paga già oggi il prezzo di forti squilibri economici e finanziari, è suscettibile di
condurre all’impossibilità di una gestione economica, rispettosa del principio comunitario
che prescrive la piena copertura dei costi di gestione e investimento, preludendo ad un
ritorno alle gestioni pubbliche in economia laddove il costo del servizio è annegato nel
bilancio degli enti locali.
Andando oltre il versante tariffario, si riscontrano ulteriori criticità in merito alle scelte in
materia di organizzazione del servizio. In particolare, gli interventi prospettati in materia
di affidamento del servizio sono chiaramente indirizzati ad assicurare la proprietà pubblica
delle gestioni, con un trattamento discriminatorio nei confronti delle gestioni private o
miste.
La legge regionale prevede che la gestione del servizio idrico integrato possa essere
affidata ad enti di diritto pubblico (aziende speciali, aziende speciali consortili, consorzi tra
Comuni, società a totale partecipazione pubblica) a condizione che i Comuni componenti
le assemblee territoriali esercitino il controllo analogo. Qualora invece gli affidatari della
gestione siano privati, individuati attraverso procedura pubblica, la concessione potrà avere
una durata massima di 9 anni e in tale periodo le condizioni economiche dell'affidamento
non potranno mutare. Un limite temporale molto ristretto, che stride con i 30 anni indicati
nello Sblocca Italia.
Interruzione del
servizio: per il
privato può condurre a risoluzione
dell’affidamento
In dubbio anche
il principio della
“gestione unica”: riabilitate le gestioni
dirette
Inoltre, per i gestori privati le condizioni economiche dell’affidamento non possono mutare
per l’intera sua durata, restando a carico dell’affidatario gli oneri relativi ad eventuali
varianti, per qualsiasi causa necessarie, ove funzionali all’espletamento del servizio.
Diverso appare anche il trattamento in caso di interruzione del servizio. Per il soggetto
privato il contratto di affidamento sarà risolto qualora si verifichino interruzioni del
servizio per oltre 4 giorni, se l’interruzione interessa oltre il 2% della popolazione; mentre
nel caso di interruzioni di durata superiore al giorno il gestore sarà comunque chiamato a
sostenere una penale per ciascun giorno di interruzione. Per il soggetto pubblico, invece,
si prevede una riduzione delle tariffe a carico degli utenti finali proporzionale alla durata
dell’interruzione.
Sono questi aspetti che si pongono in aperto contrasto con i principi di parità di trattamento
e che sembrano trovare fondamento in una precisa volontà politica.
Per quanto riguarda l’assetto organizzativo del settore, se da una parte la Regione mette
mano alla riforma delle ATO suddividendo il territorio in 9 ambiti, dall’altra lascia facoltà
ai Comuni che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico integrato
di gestire il servizio in forma singola e diretta, in chiara contraddizione con la normativa
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nazionale (Sblocca Italia) che prevede che gli Enti locali o i gestori senza titolo concessorio
giuridicamente valido debbano consegnare gli impianti al gestore d’ambito.
A chi giova questa
riforma del servizio
idrico in Sicilia ?
Non da ultimo la previsione che, per i gestori pubblici già titolari di affidamento, la gestione
può proseguire a condizione che non siano cedute quote di capitale a soggetti privati,
sempre che l'attività prevalente della società sia rivolta agli enti pubblici soci e che questi
esercitino nei confronti della società il controllo analogo. Il possesso di tale requisiti dovrà
essere verificato per le gestioni attuali affidatarie entro 90 giorni dalla pubblicazione
della legge, dai consigli comunali degli enti soci, che potranno anche modificare la durata
dell’affidamento. Le stesse società potranno ampliare il proprio perimetro di gestione
all'interno dell'ATO di riferimento stipulando appositi contratti di servizio con gli Enti locali
interessanti o mediante il loro ingresso nella compagine sociale. Queste ultime previsioni
sembrano promuovere un’idea di gestione unica d’ambito purché però sia affermata la
natura interamente pubblica della proprietà del soggetto gestore.
Accanto alle scelte di autonomia rispetto alla determinazione della tariffa, che sono
discutibili ma che come vedremo rientrano con ogni probabilità nelle facoltà riconosciute
alla Regioni a statuto speciale e alle provincie autonome, ciò che maggiormente perplime
è l’opportunità di una legge che chiude le porte ad ogni sviluppo industriale del servizio
idrico siciliano. Una legge che “rottama” ciò che di buono la regolazione AEEGSI ha fatto in
questi anni, con regole che agli occhi di tutti gli osservatori hanno avuto il pregio di riportare
la fiducia degli investitori e creare le condizioni per migliorare la qualità del servizio,
realizzare depuratori e reti fognarie, ovvero quelle infrastrutture che particolarmente
deficitano ad una regione, come la Sicilia, dove le condutture perdono quasi metà dell’acqua
(il 46% in media), un quarto dei residenti lamenta interruzioni e disservizi nell’erogazione
dell’acqua e quasi metà della popolazione non si fida a bere l’acqua del rubinetto (il 46%).
A ciò si aggiunga, che a differenza del caso Valdostano o della Provincie autonome trentine,
che vantano una tradizione di pubblica amministrazione efficiente, nel caso siciliano la
situazione è ben diversa: lo testimonia la mancanza di capacità e organizzazione che
impedisce di spendere gli 1,1 miliardi di fondi CIPE disponibili per realizzare i depuratori,
a fronte di sanzioni comunitarie per 185 milioni di euro in arrivo per violazione delle
direttive sulla depurazione stessa.
Ciò che perplime è dunque l’opportunità di una siffatta legge nel contesto in cui si trova
la Regione Sicilia: l’Assemblea siciliana si assume una grande responsabilità con la sua
decisione, giacché i primi danneggiati saranno i cittadini.
Autonomia speciale e riforma del servizio idrico: i precedenti
I precedenti
della Provincia
autonoma di Trento
e della Valle d’Aosta
Nel recente passato la Presidenza del Consiglio dei Ministri (PdCM) ha già impugnato
in almeno due occasioni i provvedimenti delle autonomie regionali dinanzi alla Corte
Costituzionale (Consulta): si tratta nello specifico delle norme approvate dalla Provincia
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autonoma di Trento, prima, e dalla Regione Valle d’Aosta, poi.
Le recenti sentenze della Consulta sanciscono una competenza esclusiva delle Regioni a
statuto speciale sulla regolazione del servizio idrico, facendo conseguentemente decadere
le funzioni attribuite dallo Stato ad AEEGSI.
E’ necessario fare
chiarezza
Sembra opportuno ricostruire l’intersecarsi tra le leggi approvate delle autonomie locali,
le sentenze della Consulta e il processo di riforma costituzionale in corso, anche per
prefigurare la direzione più promettente degli sviluppi sulla materia.
Appare chiaro sin d’ora che la questione, che sta causando nuovi sconvolgimenti in contesti territoriali già provati da lunghi anni di inerzie e inadempienze, non potrà che essere
risolta da un intervento chiarificatore del legislatore nazionale, che forse in passato, e sicuramente in occasione della precedente riforma costituzionale del 2001, ha sacrificato le
tematiche ambientali, e con esse i destini del servizio idrico integrato, sull’altare dell’autonomia, e in particolare degli spazi di manovra riconosciuti alle Regioni a statuto speciale.
Anche il testo della Riforma del Titolo V della Costituzione attualmente in discussione in
Parlamento non sembra esente da controindicazioni.
La recente pronuncia della Consulta sul caso Valle d’Aosta
Un precedente
illustre: il caso Valle
d’Aosta
Respinti i rilievi
di illegittimità
costituzionale
Potere alla
Giunta regionale
di determinare i
modelli tariffari
Quello del conflitto di attribuzioni tra l’autorità di regolazione indipendente e le Regioni
a statuto speciale si è arricchito di un precedente illustre nel luglio u.s. quando la Corte
Costituzionale si è espressa sul ricorso promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
(PdCM) nei confronti della legge regionale di disciplina del servizio idrico integrato adottata
dalla Regione Valle d’Aosta (legge regionale 30 giugno 2014 n. 5) approvata nell’estate del
2014.
In questo caso, la Consulta4 ha rigettato i rilievi di illegittimità costituzionale promossi dalla
PdCM per presunta violazione delle competenze statali esclusive in materia di tutela della
concorrenza e dell’ambiente, tra le quali rientrano pacificamente, come in più occasioni
riconosciuto dalla Corte Costituzionale, la materia tariffaria e la regolazione del servizio
idrico integrato.
In discussione era dunque il passaggio della legge regionale valdostana che conferiva alla
Giunta regionale la competenza di “determinare i modelli tariffari inerenti al ciclo idrico
dell'acquedotto e della fognatura, tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del
servizio fornito, nonché della copertura dei costi diretti d'investimento e di esercizio, nel
rispetto dei vigenti principi comunitari e statali in materia”5.
4 Sentenza n. 142/2015, pubblicazione in G. U. 15/07/2015 n. 28.
5 Art. 5, legge regionale Valle d’Aosta 30 giugno 2014 n. 5.
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Per la PdCM la
determinazione
della tariffa spetta
allo Stato anche
nelle Regioni a
statuto speciale
Le regioni
autonome hanno
competenza
primaria sul
servizio idrico,
se previsto dallo
statuto
La riforma del 2001
non ha ristretto
competenze delle
regioni a statuto
speciale
Le regioni sono
comunque tenute
a conformarsi
alla metodologia
tariffaria statale
Secondo il ricorso della PdCM infatti spetterebbe allo Stato e, in particolare, ad AEEGSI,
la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, come anche le funzioni di
approvazione delle tariffe proposte dalle EGATO e la verifica sul rispetto dei criteri tariffari
adottati. In particolare, per la PdCM la sottrazione del potere di regolazione tariffaria ad
AEEGSI attraverso la normativa regionale avrebbe comportato l'impossibilità di garantire
uniformità sul territorio nazionale dei livelli minimi delle prestazioni, secondo quanto
prescritto dalle norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità6
, con l'effetto di privare gli utenti residenti nella Regione autonoma di quelle tutele
previste per tutti gli altri residenti nel resto del Paese; in questo senso, la PdCM aveva
anche richiamato una precedente sentenza nella quale la stessa Corte aveva sancito che
«l'istituzione di un'Autorità indipendente è tesa a ridurre le criticità che potrebbero derivare
dalla commistione, in capo alle medesime amministrazioni, di ruoli tra loro incompatibili,
introducendo una distinzione tra soggetti regolatori e soggetti regolati»7.
Per la Corte la questione non tiene in dovuta considerazione le prerogative delle Regioni
ad autonomia speciale, ovvero del fatto che alla Regione autonoma Valle d'Aosta deve
riconoscersi “una competenza primaria in materia di organizzazione del servizio idrico,
comprensiva dell'individuazione dei criteri di determinazione delle relative tariffe, che ne
costituiscono il corrispettivo”.
In altre parole, la Corte ha riconosciuto una diversa ripartizione delle competenze tra Stato
e Regioni in funzione dell’ordinarietà o meno degli statuti regionali; in particolare, la Corte
ritiene che alle Regioni a statuto speciale sia attribuita una competenza primaria e non
concorrente a quella dello Stato nelle materie contemplate dai rispettivi statuti regionali,
ricordando che persino il decreto che ha individuato le funzioni di AEEGSI ha previsto la
“salvaguardia” delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome
di Trento e Bolzano8. Secondo la Consulta la riforma del titolo V della Costituzione del
2001 non ha sostituito la competenza regionale con quella esclusiva dello stato in materia
di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente in quanto tale riforma, in forza del
principio ricavabile dalla stessa legge costituzionale9, non ha ristretto l’autonomia
riconosciuta alle regioni e alle province a statuto speciale.
Un giudizio che ricalca per analogia quanto affermato dalla Corte in un precedente ricorso
della PdCM nei confronti della Provincia autonoma di Trento10.
Inoltre la Corte precisa, sempre riguardo al caso della Valle d’Aosta, che la norma regionale
impugnata dalla PdCM richiama espressamente il rispetto dei principi europei e statali
vigenti in materia tariffaria, con ciò intendendo che l’organo regionale è tenuto a conformarsi
alle direttrici della metodologia tariffaria statale: per tale via risulta salvaguardato
l’interesse statale a una regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti, l’efficienza
6 Legge 481/1995.
7 Sentenza n. 41/2013
8 Art. 4 del DPCM 20 luglio 2012.
9 Art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2011, n.3.
10 Sentenza n.233/2013.
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e la qualità del servizio, la tutela degli utenti finali.
AEEGSI non
menziona le
precedenti
sentenze della
Consulta
La legge siciliana
presenta evidenti
tratti discriminatori
tra pubblico e
privato
Su queste basi la semplice trasposizione delle precedenti pronunce della Corte al caso
siciliano suggerisce che la risposta sulla questione vada ricercata nello statuto speciale
della Regione Sicilia, laddove “le acque pubbliche”11 sono espressamente previste tra le
materie che ricadono nella legislazione esclusiva dell’assemblea regionale.
Pur tuttavia, il fatto che AEEGSI non menzioni espressamente le precedenti sentenze della
Consulta tra i suoi considerando, sembra suggerire che la stessa AEEGSI ritenga necessario
che la Consulta torni ad esprimersi anche sul caso siciliano.
In questa eventualità occorrerà tenere presente che, a differenza del caso della Valle d’Aosta,
la legge siciliana presenta chiari tratti discriminatori, laddove prescrive un trattamento
differenziato per le gestioni pubbliche rispetto a quelle private, che si pongono in contrasto
con il mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario, e che palesano la volontà di
“scalzare” le gestioni non pubbliche dal territorio siciliano.
Rimane il fatto che dopo due pronunce della Corte Costituzionale la questione sembra
prendere una direzione assai poco coerente, dove lo Stato, e per il suo tramite AEEGSI,
hanno piena giurisdizione sul servizio idrico integrato nelle Regioni a statuto ordinario,
mentre una giurisdizione separata, seppur coerente con le direttrici del metodo tariffario
nazionale, è riconosciuta alle regioni a statuto speciale e alla province autonome, laddove
prevista dai rispettivi statuti.
Ambiente e autonomie nella Riforma del Titolo V della Costituzione
L’ambiente è
competenza (quasi)
esclusiva dello
Stato
Ancora confusione
nelle competenze di
Stato e Regioni
A partire dalla situazione attuale sembra importante capire se la riforma costituzionale
attualmente in discussione in Parlamento, nel testo approvato in prima lettura al Senato e
alla Camera, contenga elementi utili a chiarire la questione.
La nostra argomentazione è sviluppata lungo due direttrici: la declinazione delle
competenze in materia ambientale tra Stato e Regioni, da un canto, e le prerogative
riservate alle regioni a statuto speciale e alle provincie autonome, dall’altro.
L’ambiente, sia nel testo proposto dal Governo sia nelle versioni approvate in Commissione
e quindi votate in prima lettura al Senato e alla Camera, è confermata materia a competenza
esclusiva dello Stato12. Pur tuttavia, quando si passa a declinare le materie di competenza
delle Regioni, l’ambiente, che nel testo proposto dal Governo non è mai citato (a rafforzare
la competenza esclusiva dello Stato), nella versione approvata in commissione al Senato
torna ad essere menzionato con la dicitura di “valorizzazione dei beni ambientali”, per
divenire “promozione dei beni ambientali” nel successivo passaggio in aula al Senato, ed
11 Art. 14, comma 1, lettera i) dello statuto della Regione Sicilia: “Acque pubbliche, in quanto non siano oggetto di opere
pubbliche d’interesse nazionale”.
12 Art. 117 – Potestà legislativa (e regolamentare) di Stato e Regioni, comma 2, lettera s).
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In 10 anni oltre
200 pronunce della
Consulta
Manca chiarezza
sul perimetro di
applicazione delle
nuove norme
costituzionali
In assenza di
un’intesa tra Stato
e Regioni a statuto
speciale rimarranno
in vigore i vecchi
statuti
essere infine approvato con la stessa formulazione nel primo passaggio alla Camera dei
Deputati.
L’ambiente che nel corso degli ultimi dieci anni è stato oggetto di oltre 200 pronunce della
Corte Costituzionale in ragione della poca chiarezza fatta in occasione della precedente
riforma Costituzionale del 2001, rischia di rimanere terreno di conflitto tra Stato e Regioni.
Vi è poi un ulteriore aspetto che riguarda nello specifico le Regioni a statuto speciale e le
provincie autonome.
Tra le disposizioni transitorie, nel testo proposto dal Governo, si legge che le disposizioni
che prevedono l’immediata applicabilità delle disposizioni contenute nella nuova legge
costituzionale non sono applicabili alle Regioni a statuto speciale e alle provincie autonome
di Trento e Bolzano sino all’adeguamento dei rispettivi statuti. Pur tuttavia, già dal primo
passaggio in Commissione al Senato, viene aggiunto al testo un passo che recita: “sulla base
di intese con le medesime Regioni e Provincie autonome”, al quale nell’ultimo passaggio alla
Camera dei Deputati viene aggiunto un periodo che recita: “sino alla revisione dei predetti
statuti speciali, resta altresì ferma la disciplina vigente prevista dai suddetti statuti e dalle
relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione”
(che istituisce e disciplina i casi di esercizio dei Poteri sostitutivi del Governo nei confronti
di Regioni, Città metropolitane, Provincie autonome e Comuni).
Un passaggio non chiarissimo quest’ultimo, che sembra rimarcare che in assenza di
intesa tra Governo e Regioni a statuto speciale e provincie autonome continuino ad essere
applicati gli statuti stessi. In tale eventualità il ricorso ai poteri sostitutivi sarebbe limitato
alle casistiche disciplinate dall’articolo 120 della Costituzione ovvero:
• il mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria;
• un pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica;
• ovvero ai casi in cui l’intervento sia motivato dall’esigenza di assicurare l'unità giuridica
o l'unità economica, e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali.
In sintesi, con un siffatto testo di riforma costituzionale si corre il rischio che le Regioni
a statuto speciale e le provincie autonome si chiudano dietro la mancanza di un’intesa
per opporsi alla revisione dei rispettivi statuti, eventualità rispetto alla quale l’esecutivo
avrebbe, allo stato attuale delle cose, armi assai spuntate.
Acqua n. 50 - ottobre 2015
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La legge siciliana sul servizio idrico:
un’intera Regione ripiomba nel caos