Il Cubismo La decostruzione della prospettiva

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Il Cubismo La decostruzione della prospettiva
Il Cubismo
La decostruzione della prospettiva
Il percorso dell’’arte contemporanea è costituito di tappe che hanno segnato il
progressivo annullamento dei canoni fondamentali della pittura tradizionale. Nella
storia artistica occidentale l’’immagine pittorica per eccellenza è stata sempre
considerata di tipo naturalistico. Ossia, le immagini della pittura devono riprodurre
fedelmente la realtà, rispettando gli stessi meccanismi della visione ottica umana.
Questo obiettivo era stato raggiunto con il Rinascimento italiano che aveva fornito gli
strumenti razionali e tecnici del controllo dell’’immagine naturalistica: il chiaroscuro
per i volumi, la prospettiva per lo spazio. Il tutto era finalizzato a rispettare il
principio della verosimiglianza, attraverso la fedeltà plastica e coloristica.
Questi principi, dal Rinascimento in poi, sono divenuti legge fondamentale del fare
pittorico, istituendo quella prassi che, con termine corrente, viene definita
«accademica».
Dall’’impressionismo in poi, la storia dell’’arte ha progressivamente rinnegato questi
principi, portando la ricerca pittorica ad esplorare territori che, fino a quel momento,
sembravano posti al di fuori delle regole. Già Manet aveva totalmente abolito il
chiaroscuro, risolvendo l’’immagine, sia plastica che spaziale, in soli termini
coloristici.
Le ricerche condotte dal post-impressionismo avevano smontato un altro pilastro
della pittura accademica: la fedeltà coloristica. Il colore, in questi movimenti, ha una
sua autonomia di espressione che va al di là della imitazione della natura. Ciò
consentiva, ad esempio, di rappresentare dei cavalli di colore blu se ciò era più vicino
alla sensibilità del pittore e ai suoi obiettivi di comunicazione, anche se nella realtà i
cavalli non hanno quella colorazione. Questo principio divenne, poi, uno dei
fondamenti dell’’espressionismo.
Era rimasto da smontare l’’ultimo pilastro su cui era costruita la pittura accademica: la
prospettiva. Ed è quando fece Picasso nel suo periodo di attività che viene definito
«cubista».
Già nel periodo post-impressionista gli artisti cominciarono a svincolarsi dalle ferree
leggi della costruzione prospettica. La pittura di Gauguin ha una risoluzione
bidimensionale che già la rende antiprospettica. Ma colui che volutamente deforma la
prospettiva è Paul Cezanne. Le diverse parti che compongono i suoi quadri sono quasi
tutte messe in prospettiva, ma da angoli visivi diversi. Gli spostamenti del punto di
vista sono a volte minimi, e neppure percepibili ad un primo sguardo, ma di fatto
demoliscono il principio fondamentale della prospettiva: l’’unicità del punto di vista.
Picasso, meditando la lezione di Cezanne, portò lo spostamento e la molteplicità dei
punti di vista alle estreme conseguenze. Nei suoi quadri le immagini si compongono
di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse e miscelati in una sintesi del
tutto originale. Nella prospettiva tradizionale la scelta di un unico punto di vista,
imponeva al pittore di guardare solo ad alcune facce della realtà. Nei quadri di
Picasso l’’oggetto viene rappresentato da una molteplicità di punti di vista così da
ottenere una rappresentazione «totale» dell’’oggetto. Tuttavia, questa sua particolare
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tecnica lo portava ad ottenere immagini dalla apparente incomprensibiltà, in quanto
risultavano del tutto diverse da come la nostra esperienza è abituata a vedere le cose.
E da ciò nacque anche il termine «Cubismo», dato a questo movimento, con intento
denigratorio, in quanto i quadri di Picasso sembravano comporsi solo di sfaccettature
di cubi.
Il Cubismo, a differenza degli altri movimenti avanguardistici, non nacque in un
momento preciso né con un intento preventivamente dichiarato. Il Cubismo non fu
cercato, ma fu semplicemente trovato da Picasso, grazie al suo particolare
atteggiamento di non darsi alcun limite, ma di sperimentare tutto ciò che era nelle sue
possibilità.
Il quadro che, convenzionalmente, viene indicato come l’’inizio del Cubismo è «Les
demoiselles d’’Avignon», realizzato da Picasso tra il 1906 e il 1907. Subito dopo,
nella ricerca sul Cubismo si inserì anche George Braque che rappresenta l’’altro
grande protagonista di questo movimento che negli anni antecedenti la prima guerra
mondiale vide la partecipazione di altri artisti quali Juan Gris, Fernand Léger e Robert
Delaunay. I confini del Cubismo rimangono però incerti, proprio per questa sua
particolarità di non essersi mai costituito come un vero e proprio movimento.
Avendo soprattutto a riferimento la ricerca pittorica di Picasso e Braque, il cubismo
viene solitamente diviso in due fasi principali: una prima definita «cubismo analitico»
ed una seconda definita «cubismo sintetico».
Il cubismo analitico è caratterizzato da un procedimento di numerose scomposizioni e
ricomposizioni che danno ai quadri di questo periodo la loro inconfondibile trama di
angoli variamente incrociati. Il cubismo sintetico, invece, si caratterizza per una
rappresentazione più diretta ed immediata della realtà che vuole evocare, annullando
del tutto il rapporto tra figurazione e spazio. In questa fase, compaiono nei quadri
cubisti dei caratteri e delle scritte, e infine anche i «papier collés»: ossia frammenti,
incollati sulla tela, di giornali, carte da parati, carte da gioco e frammenti di legno. Il
cubismo sintetico, più di ogni altro movimento pittorico, rivoluziona il concetto
stesso di quadro portandolo ad essere esso stesso «realtà» e non «rappresentazione
della realtà».
Il tempo e la percezione
L’’immagine naturalistica ha un limite ben preciso: può rappresentare solo un istante
della percezione. Avviene da un solo punto di vista e coglie solo un momento.
Quando il cubismo rompe la convenzione sull’’unicità del punto di vista di fatto
introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo.
Per poter vedere un oggetto da più punti di vista è necessario che la percezione
avvenga in un tempo prolungato che non si limita ad un solo istante. È necessario che
l’’artista abbia il tempo di vedere l’’oggetto, e quando passa alla rappresentazione porta
nel quadro tutta la conoscenza che egli ha acquisito dell’’oggetto. La percezione,
pertanto, non si limita al solo sguardo ma implica l’’indagine sulla struttura delle cose
e sul loro funzionamento.
I quadri cubisti sconvolgono la visione perché vi introducono quella che viene
definita la «quarta dimensione»: il tempo. Negli stessi anni, la definizione di tempo,
come quarta dimensione della realtà, veniva postulata in fisica dalla Teoria della
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Relatività di Albert Einstein. La contemporaneità dei due fenomeni rimane tuttavia
casuale, senza un reale nesso di dipendenza reciproca.
Appare tuttavia singolare come, in due campi diversissimi tra loro, si avverta la
medesima necessità di andare oltre la conoscenza empirica della realtà per giungere a
nuovi modelli di descrizione e rappresentazione del reale.
L’’introduzione di questa nuova variabile, il tempo, è un dato che non riguarda solo la
costruzione del quadro ma anche la sua lettura. Un quadro cubista, così come
tantissimi quadri di altri movimenti del Novecento, non può essere letto e compreso
con uno sguardo istantaneo. Deve, invece, essere percepito con un tempo preciso di
lettura. Il tempo, cioè, di analizzarne le singole parti, e ricostruirle mentalmente, per
giungere con gradualità dall’’immagine al suo significato.
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Pablo Picasso
Pablo Picasso (1881-1973) nacque a Malaga, in Spagna, da un padre, insegnante nella
locale scuola d’’arte, che lo avviò precocemente all’’apprendistato artistico. A soli
quattordici anni venne ammesso all’’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Due anni
dopo si trasferì all’’Accademia di Madrid. Dopo un ritorno a Barcellona, effettuò il
suo primo viaggio a Parigi nel 1900. Vi ritornò più volte, fino a stabilirvisi
definitivamente.
Dal 1901 lo stile di Picasso iniziò a mostrare dei tratti originali. Ebbe inizio il
cosiddetto «periodo blu» che si protrasse fino al 1904. Il nome a questo periodo
deriva dal fatto che Picasso usava dipingere in maniera monocromatica, utilizzando
prevalentemente il blu in tutte le tonalità e sfumature possibili. I soggetti erano
soprattutto poveri ed emarginati. Picasso li ritraeva preferibilmente a figura intera, in
posizioni isolate e con aria mesta e triste. Ne risultavano immagini cariche di
tristezza, accentuata dai toni freddi (blu, turchino, grigio) con cui i quadri erano
realizzati.
Dal 1905 alla fine del 1906, Picasso schiarì la sua tavolozza, utilizzando le gradazioni
del rosa che risultano più calde rispetto al blu. Iniziò quello che, infatti, viene definito
il «periodo rosa». Oltre a cambiare il colore nei quadri di questo periodo cambiarono
anche i soggetti. Ad essere raffigurati sono personaggi presi dal circo, saltimbanchi e
maschere della commedia dell’’arte, quali Arlecchino.
La svolta cubista avvenne tra il 1906 e il 1907. In quegli anni vi fu la grande
retrospettiva sulla pittura di Cezanne, da poco scomparso, che molto influenza ebbe
su Picasso. E, nello stesso periodo, come molti altri artisti del tempo, anche Picasso si
interessò alla scultura africana, sulla scorta di quella riscoperta quell’’esotico primitivo
che aveva suggestionato molta cultura artistica europea da Gauguin in poi. Da questi
incontri, e dalla volontà di continua sperimentazione che ha sempre caratterizzato
l’’indole del pittore, nacque nel 1907 il quadro «Les demoiselles de Avignon» che
segnò l’’avvio della stagione cubista di Picasso.
In quegli anni fu legato da un intenso sodalizio artistico con George Braque. I due
artisti lavorarono a stretto contatto di gomito, producendo opere che sono spesso
indistinguibili tra loro. In questo periodo avvenne la definitiva consacrazione
dell’’artista che raggiunse livelli di notorietà mai raggiunti da altro pittore in questo
secolo.
La fase cubista fu un periodo di grande sperimentazione, in cui Picasso rimise in
discussione il concetto stesso di rappresentazione artistica. Il passaggio dal cubismo
analitico al cubismo sintetico rappresentò un momento fondamentale della sua
evoluzione artistica. Il pittore appariva sempre più interessato alla semplificazione
della forma, per giungere al segno puro che contenesse in sé la struttura della cosa e
la sua riconoscibilità concettuale.
La fase cubista di Picasso durò circa dieci anni. Nel 1917, anche a seguito di un suo
viaggio in Italia, vi fu una inversione totale nel suo stile. Abbandonò la
sperimentazione per passare ad una pittura più tradizionale. Le figure divennero
solide e quasi monumentali. Questo suo ritorno alla figuratività anticipò di qualche
anno un analogo fenomeno che, dalla metà degli anni ’’20 in poi, si diffuse in tutta
Europa segnando la fine delle Avanguardie Storiche.
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Ma la vitalità di Picasso non si arrestò lì. La sua capacità di sperimentazione continua
lo portarono ad avvicinarsi ai linguaggi dell’’espressionismo e del surrealismo, specie
nella scultura, che in questo periodo lo vide particolarmente impegnato. Nel 1937
partecipò all’’Esposizione Mondiale di Parigi, esponendo nel Padiglione della Spagna
il quadro «Guernica» che rimane probabilmente la sua opera più celebre ed una delle
più simboliche di tutto il Novecento.
Negli anni immediatamente successivi la seconda guerra mondiale si dedicò con
impegno alla ceramica, mentre la sua opera pittorica fu caratterizzata da lavori
«d’’après»: ossia rivisitazioni, in chiave del tutto personale, di famosi quadri del
passato quali «Les meninas» di Velazquez, «La colazione sull’’erba» di Manet o «Le
signorine in riva alla Senna» di Courbet.
Picasso è morto nel 1973 all’’età di novantadue anni.
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Pablo Picasso, Les demoiselles d’’Avignon, 1907
L’’opera che inaugura la stagione cubista di Picasso è il quadro «Les demoiselles
d’’Avignon». Il quadro è stato realizzato tra il 1906 e il 1907. Le numerose
rielaborazioni e ridipinture ne fanno quasi un gigantesco «foglio da schizzo» sul quale
Picasso ha lavorato per provare le nuove idee che stava elaborando. Il quadro non
rappresenta un risultato definitivo: semplicemente ad un certo punto Picasso ha
smesso di lavorarci. Lo abbandona nel suo studio, e quasi per caso suscita la curiosità
e l’’interesse dei suoi amici. Segno che forse neppure l’’artista era sicuro del risultato a
cui quell’’opera era giunta. Anche il titolo in realtà è posticcio, avendolo attribuito il
suo amico André Salmon.
Il soggetto del quadro è la visione di una casa d’’appuntamento in cui figurano cinque
donne. In origine doveva contenere anche due uomini, poi scomparsi nelle successive
modifiche apportate al quadro da Picasso. L’’analogia più evidente è con i quadri di
Cézanne del ciclo «Le grandi bagnanti». Ed è praticamente certo che Picasso
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modifiche continuamente questo quadro proprio per le sollecitazioni che gli vengono
dalla conoscenza delle opere di Cézanne.
Il risultato a cui giunge è in realtà disomogeneo. Le due figure centrali hanno un
aspetto molto diverso dalle figure ai lati. In queste ultime, specie le due di destra, la
modellazione dei volti ricorda le sculture africane che in quel periodo conoscevano un
momento di grande popolarità tra gli artisti europei.
Ciò che costituisce la grande novità dell’’opera è l’’annullamento di differenza tra pieni
e vuoti. L’’immagine si compone di una serie di piani solidi che si intersecano
secondo angolazioni diverse. Ogni angolazione è il frutto di una visione parziale per
cui lo spazio si satura di materia annullando la separazione tra un corpo ed un altro.
Le singole figure, costruite secondo il criterio della visione simultanea da più lati, si
presentano con un aspetto decisamente inconsueto che sembra ignorare qualsiasi
legge anatomica. Vediamo così apparire su un volto frontale un naso di profilo,
oppure, come nella figura in basso a destra, la testa appare ruotata sulle spalle di un
angolo innaturale. Tutto ciò è comunque la premessa di quella grande svolta, che
Picasso compie con il cubismo, per cui la rappresentazione tiene conto non solo di ciò
che si vede in un solo istante, ma di tutta la percezione e conoscenza che l’’artista ha
del soggetto che rappresenta.
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Pablo Picasso, Guernica, 1937
Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima
città in assoluto ad aver subìto un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26
aprile del 1937 ad opera dell’’aviazione militare tedesca. L’’operazione fu decisa con
freddo cinismo dai comandi militari nazisti semplicemente come esperimento. In
quegli anni era in corso la guerra civile in Spagna, con la quale il generale Franco
cercava di attuare un colpo di stato per sostituirsi alla legittima monarchia. In questa
guerra aveva come alleati gli italiani e i tedeschi. Tuttavia la cittadina di Guernica
non era teatro di azioni belliche, così che la furia distruttrice del primo
bombardamento aereo della storia si abbatté sulla popolazione civile uccidendo
soprattutto donne e bambini.
Quando la notizia di un tale efferato crimine contro l’’umanità si diffuse tra l’’opinione
pubblica, Picasso era impegnato alla realizzazione di un’’opera che rappresentasse la
Spagna all’’Esposizione Universale di Parigi del 1937. Decide così di realizzare
questo pannello che denunciasse l’’atrocità del bombardamento su Guernica. L’’opera
di notevoli dimensioni (metri 3,5 x 8) fu realizzata in appena due mesi, ma fu
preceduta da un’’intensa fase di studio, testimoniata da ben 45 schizzi preparatori che
Picasso ci ha lasciato.
Il quadro è realizzato secondo gli stilemi del cubismo: lo spazio è annullato per
consentire la visione simultanea dei vari frammenti che Picasso intende rappresentare.
Il colore è del tutto assente per accentuare la carica drammatica di quanto è
rappresentato. Il posto centrale è occupato dalla figura di un cavallo. Ha un aspetto
allucinato da animale impazzito. Nella bocca ha una sagoma che ricorda quella di una
bomba. È lui la figura che simboleggia la violenza della furia omicida, la cui irruzione
sconvolge gli spazi della vita quotidiana della cittadina basca. Sopra di lui è posta un
lampadario con una banalissima lampadina a filamento. È questo il primo elemento di
contrasto che rende intensamente drammatica la presenza di un cavallo così
imbizzarrito in uno spazio che era fatto di affetti semplici e quotidiani. Il lampadario,
unito al lume che gli è di fianco sostenuto dalla mano di un uomo, ha evidenti
analogie formali con il lampadario posto al centro in alto nel quadro di Van Gogh «I
mangiatori di patate». Di questo quadro è l’’unica cosa che Picasso cita, quasi a
rendere più esplicito come il resto dell’’atmosfera del quadro di Van Gogh –– la
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serenità carica di valori umani di un pasto serale consumato da persone semplici –– è
stata drammaticamente spazzata via.
Al cavallo Picasso contrappone sulla sinistra la figura di un toro. È esso il simbolo
della Spagna offesa. Di una Spagna che concepiva la lotta come scontro leale e ad
armi pari. Uno scontro leale come quello della corrida dove un uomo ingaggia la lotta
con un animale più forte di lui rischiando la propria vita. Invece il bombardamento
aereo rappresenta quanto di più vile l’’uomo possa attuare, perché la distruzione piove
dal cielo senza che gli si possa opporre resistenza. La fine di un modo di concepire la
guerra viene rappresentato, anche in basso, da un braccio che ha in mano una spada
spezzata: la spada, come simbolo dell’’arma bianca, ricorda la lealtà di uno scontro
che vede affrontarsi degli uomini ad armi pari.
Il pannello si compone quindi di una serie di figure che, senza alcun riferimento
allegorico, raccontano tutta la drammaticità di quanto è avvenuto. Le figure hanno
tratti deformati per accentuare espressionisticamente la brutalità dell’’evento. Sulla
sinistra una donna si dispera con in braccio il figlio morto. In basso è la testa mutilata
di un uomo. Sulla sinistra, tra case e finestre, appaiono altre figure. Alcune hanno il
volto incerto di chi si interroga cercando di capire cosa sta succedendo. Un’’ultima
figura sulla destra mostra il terrore di chi cerca di fuggire da case che si sono
improvvisamente incendiate.
Guernica è l’’opera che emblematicamente rappresenta l’’impegno morale di Picasso
nelle scelte democratiche e civili. E quest’’opera è stata di riferimento per più artisti
europei, soprattutto nel periodo post-bellico, quale monito a non esentarsi da un
impegno diretto nella vita civile e politica.
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Pablo Picasso, Poveri in riva al mare, 1903
Se la produzione cubista è stata sicuramente quella che più ha portato Picasso alla
ribalta internazionale, grande fortuna critica hanno ricevuto anche i periodi iniziali
della sua attività. Quei periodi che normalmente sono definiti «blu» e «rosa». Questo
quadro appartiene al periodo «blu», come facilmente si può vedere dalla tonalità
dominante nel quadro. Una famiglia povera, padre madre e figlio, sono su una
spiaggia solitaria, a piedi nudi e con il capo chino. È un’’immagine di grande mestizia,
ed è questo il sentimento che prevale in tutta la produzione del periodo «blu». Da
notare, ovviamente, la grande padronanza dei mezzi tecnici di Picasso e la sua grande
capacità di essere, già a 22 anni, padrone del linguaggio pittorico.
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Pablo Picasso, Famiglia di acrobati, 1905
A partire dal 1905 la tavolozza di Picasso acquista maggior vivacità, ed i suoi quadri
perdono quella dominante «blu», simbolo di tristezza, del periodo precedente. I
soggetti rimangono quasi analoghi, ma ad essere preferiti, rispetto ai poveri, sono gli
artisti di circo e gli acrobati. Nei quadri di questo periodo si avverte inoltre una
semplificazione maggiore del disegno, ma una nuova ed inedita composizione dei
piani di vista e di giacitura, che, per certi versi, già preannunciano il cubismo. Si noti,
ad esempio, in questa tela, il bambino in braccio alla donna: la sua posizione ha
rotazioni impossibili da un punto di vista anatomico. La sua immagine si giustifica
solo con un movimento del bambino, che quindi già introduce la componente
temporale nella rappresentazione figurativa.
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Pablo Picasso, Ambroise Vollard, 1909-10
Ambroise Vollard è stato uno dei maggiori galleristi e mercanti d’’arte parigini nel
periodo tra fine Ottocento e inizi Novecento. La sua attività è stata molto importante
per consentire la conoscenza e la diffusione di molti artisti del periodo
postimpressionista e delle avanguardie storiche. In contatto quindi con grandi talenti,
di lui ci rimangono numerosi ritratti, tra cui uno eseguito da Paul Cezanne. Tuttavia
questo di Picasso, se confrontato con le foto di Vollard, appare straordinariamente
somigliante, pur con una tecnica realizzativa molto poco ortodossa per un ritratto.
Siamo, ovviamente, nel periodo del cubismo analitico, e lo stile di Picasso si
riconosce soprattutto per queste numerose sfaccettature. I suoi quadri appaiono un po’’
come un’’immagine riflessa in uno specchio rotto, i cui frammenti riflettono porzioni
dell’’immagine da diverse angolazioni, ma che riescono a comporsi lo stesso nel
nostro occhio per farci capire qual è la cosa riflessa dallo specchio in frantumi.
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Pablo Picasso, Bottiglia di ““Vieux Marc””, 1913
Opera del periodo sintetico, questa natura morta, come altre dello stesso periodo,
rappresenta un momento di sperimentazione artistica molto importante. In pratica,
ricorrendo al collage di frammenti veri quali un giornale e un pezzo di carta da parati,
per la prima volta, un pittore non si preoccupa di rappresentare aspetti o frammenti
della realtà, ma inserisce la realtà stessa nella sua rappresentazione. Dopo che per
secoli e millenni la linea di confine tra realtà e rappresentazione era stata sempre
rispettata, improvvisamente l’’artista varca questa linea, e l’’arte cambia
improvvisamente di significato. Non è più lo specchio in cui la realtà si riflette, ma
l’’arte tende a confondersi con la realtà stessa. L’’evento, quindi, ha significati e valori
ben più profondi che non la semplice invezione del nuovo mezzo espressivo del
"collage".
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Pablo Picasso, Tre donne alla fontana, 1921
La fase cubista di Picasso dura in realtà una decina di anni. Già all’’indomani della
Prima Guerra Mondiale, egli abbandona la sperimentazione più ardita del periodo
cubista per tornare ad una pittura intesa in senso più tradizionale. Da alcuni questo
passaggio è stato interpretato come un momento di reazione e di ritorno all’’ordine. In
realtà la personalità irrequieta di Picasso lo portava a non fermarsi mai su situazioni
definite. E così la volontà di nuove sperimentazioni lo portò effettivamente ad un
ritorno all’’immagine tradizionale, ma dopo che le avanguardie (e il cubismo) avevano
azzerato il linguaggio precedente. Così le tre donne hanno effettivamente un aspetto
monumentale e classicheggiante (e a ciò non è esente il fatto che siano vestite di
tuniche e sostengono delle anfore) ma la loro realizzazione stilistica non sarebbe
possibile senza l’’aggiornamento del gusto prodotto dal cubismo.
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Pablo Picasso, La colazione sull'erba, 1960
Negli anni del secondo dopoguerra, Picasso, oramai divenuto il pittore vivente più
noto e celebrato, non mancò di praticare un’’arte dal forte impatto visivo, senza mai
nulla concedere al facile apprezzamento del pubblico. Volutamente complesse sono
soprattutto le numerosissime tele che egli produce come opere «d’’apres» di famosi
capolavori del passato. Ridipinge, interpretandoli in chiave cubista-espressionista,
pittori a lui cari quali Velazquez, Goya, Delacroix, Manet ed altri. Molto studiata fu
soprattutto la «Colazione sull’’erba» di Manet, al quale Picasso dedicò una quarantina
circa di tele, di cui quella qui rappresentata è un esempio.
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