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anno 19 | numero 18 | 8 maggio 2013 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR
settimanale diretto da luigi amicone
L’Europa scopre i limiti
del rigore e pensa di
poter tornare a «spendere
i quattrini». L’Italia taglierà
le tasse per liberare le forze
della crescita? Basta con
il ghiaccio dell’austerità
Scongeliamoci
EDITORIALI
UN DEBUTTO PROMETTENTE
L’unico esecutivo possibile ha radici
forti e delicate. Speriamo che reggano
D
che a destra e a sinistra ci sono ancora grandi querce
capaci di tenuta sulla realtà. Lo ha capito con il solito genio intrepido e guascone
Giuliano Ferrara. E lo ha ammesso, sia pure a denti stretti, Eugenio Scalfari, Fondatore di un fenomeno di egemonia culturale che solo il summenzionato direttore del
Foglio è riuscito a intaccare. Per quanto filiformi e delicate siano le radici che lo sostengono, questo governo non ha alternative. Come farà a resistere il giovane virgulto nella
tempesta della crisi internazionale e sotto i coltellini dei malandrini nostrani? Blowin’
in the wind. Però, in attesa di risposte nel vento, registriamo il bel debutto del premier
e la fiducia incassata da un sorprendente e fantasioso esecutivo. Dalla sua Letta ha già
un buon programma di riforme. Tagli ai costi della politica, alle tasse sul lavoro, alle posizioni di rendita. E cambiamenti istituzionali in materia di Parlamento, fisco e Costituzione. Una cospicua agenda che, come già si capisce dalla cancellazione dell’odiosa Imu
sulla prima casa (e grazie Silvio, e non è forse questo il primo aiuto alle famiglie?), è a
portata di mano proprio perché è un’agenda all’insegna del disgelo della politica commissariata dai giudici e surrogata dai comici. Per tutto ciò, confidando che Letta tenga
botta almeno per i 18 mesi necessari alla “verifica di programma”, mai smettere di inchinarsi al nostro capo dello Stato. Autentico timoniere e solido garante della stabilità e senza il bis di Napolitano,
governabilità del paese. Infatti, senza il bis di
che ha preso per i capelli UN
Napolitano, che ha letteralmente preso per i
capelli e ridato ossigeno a un sistema istitu- SISTEMA ISTITUZIONALE in via
zionale in via di soffocamento, oggi sarem- di soffocamento, saremmo
mo un passo ben oltre il baratro.
GIÀ MOLTO oltre il baratro
obbiamo ringraziare il cielo
LA LUCIDITÀ DI PREITI
La sparatoria a Palazzo Chigi
e il brutto clima delle anime belle
C
i eravamo appena lasciati con Grillo, la scorsa settimana, ricordando in questo editoriale la sua frettolosa discesa a Roma perché – a suo dire, non a nostra speculazione – «ho avuto timore che il movimento dileguasse in violenza», che è successo
quel che è successo. Una strage sfiorata. Perché? Perché, ha confessato l’aspirante omicida, «a 50 anni non si può tornare a vivere con i genitori perché non puoi mantenerti,
mentre invece i politici stanno bene e se la godono. A loro volevo arrivare, sognavo di fare un gesto eclatante. Volevo colpirne uno». Si capirà dove e come ha premeditato di uccidere. Ma è già chiaro che Luigi Preiti non ha sparato all’“impazzata”. Freddo, lucido,
quando ha capito che non sarebbe riuscito ad appostarsi all’entrata del Parlamento, ha
sparato per uccidere. Ha sparato sopra e sotto i giubbotti antiproiettili, mirando al collo
e alle gambe dei carabinieri. Poi, l’ex moglie ha detto ai giornali: «Luigi non è un violento». E il fratello: «Scrivete che non è uno squilibrato, ma una persona intelligente». Infine, benché ex moglie e fratello non ne abbiano fatto cenno, la «disperazione» è la spiegazione del crimine che va per la maggiore. E l’idea che la politica sia la causa di ogni
male, martellata in tutte le salse e in tutti questi anni? Per carità. Il «siete tutti morti!»
di Beppe è solo l’aspetto teatrale di questo clima. Ben più grave è il registro da bava alla bocca che affligge certa pubblicistica. Ben
più seria è la presunzione di anime belle che
Il «siete tutti morti!» di
ritengono la democrazia un’esclusiva “cosa
GRILLO è solo l’aspetto
loro” e ogni volta che la loro sicumera viene
teatrale. Ben più grave è
democraticamente sconfitta (vedi diil registro da bava alla
scorso di Napolitano e governo Letbocca DI certI GIORNALI
ta) reagiscono con impostura e odio.
FOGLIETTO
Nobel totalitario.
Con le sue battutacce
su Brunetta Dario Fo
se lo è finalmente
meritato, quel premio
Q
ualcuno ha proposto di revocargli il premio Nobel. Ammesso
che sia possibile, non sono
d’accordo. Dario Fo merita il Nobel
più per ciò che ha detto a proposito
dell’onorevole Brunetta che per Mistero buffo. L’importante è intendersi sulla
disciplina dalla quale far discendere il
prestigioso premio. Poiché ci stiamo
abituando, dopo aver deriso le persone
serie, a prendere sul serio i comici, è
il caso di prendere le parole di Fo per
quello che sono. Seguendo la sua logica,
chi ha una statura fisica su cui ironizzare è out, deve farsi da parte: il suo
destino è segnato. Magari, se durante
l’amniocentesi già si manifesta il gene
della scarsa altezza, si può agire in via
di prevenzione: lo aggiungo io, ma è del
tutto coerente, e peraltro è praticato
nei reparti ivg, e lo sarà ancora di più
se – come sembra – si estenderanno gli
esami per la trisomia 21 (che non fa riferimento allo standard dei centimetri,
bensì allo standard intellettivo). Ecco:
attraverso la discriminazione fondata
sulle qualità fisiche, Fo si rivela Nobel
del totalitarismo di oggi. Esagerazioni?
L’essenza del totalitarismo coincide
con l’arbitrio che un uomo esercita su
un altro uomo al punto da modificare
o addirittura da togliergli la vita. Se il
confine fra la vita e la non vita non è
netto e invalicabile, non si può dire che
la prospettiva totalitaria sia alle spalle.
Se è possibile (e anzi è stimato un bene,
poiché riceve il contributo pubblico)
togliere la vita a un uomo in quanto è
troppo giovane – non ha completato
i nove mesi di permanenza nel corpo
della madre –, non esistono ragioni di
principio per non uccidere chi è troppo
vecchio (attento, Fo!) o per non uccidere il portatore di handicap. In fondo, va
riconosciuta a Fo coerenza di vita: ha
iniziato la sua da fucilatore nella Rsi, la
conclude da fucilatore verbale, all’insegna del medesimo disprezzo dell’altro.
Alfredo Mantovano
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SOMMARIO
06 PRIMALINEA FINE DELLA GUERRA FREDDA ITALIANA? | CASOTTO, AMICONE
NUMERO
aNNo 19 | NumERo 18 | 8 maggIo 2013 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR
sEttImaNaLE DIREtto Da LuIgI amIcoNE
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L’Europa scopre i limiti
del rigore e pensa di
poter tornare a «spendere
i quattrini». L’Italia taglierà
le tasse per liberare le forze
della crescita? Basta con
il ghiaccio dell’austerità
Scongeliamoci
L’Europa scopre i limiti
del rigore e pensa di poter
tornare a investire.
L’Italia taglierà le tasse
per tornare a crescere?
LA SETTIMANA
14 ESTERI QUANDO IL WEB DIVENTA OPPORTUNITÀ | CIACCI
Foglietto
Alfredo Mantovano...........3
Solo per i vostri occhi
Lodovico Festa........................ 13
Le nuove lettere di
Berlicche................................................ 31
Presa d’aria
Paolo Togni..................................... 38
Mamma Oca
Annalena Valenti............... 39
Post Apocalypto
Aldo Trento.................................. 44
Sport über alles
Fred Perri.......................................... 46
18 CHI È CHI L’ETERNO MASSIMO
D’ALEMA | BORSELLI
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano.................. 47
Diario
Marina Corradi......................50
RUBRICHE
24 ECONOMIA TAGLIARE L’AUSTERITY | CASADEI
32 L’ITALIA CHE LAVORA L’UOMO DEI GIOCATTOLI
Stili di vita........................................... 38
Per Piacere.........................................41
Mobilità 2000............................ 43
Lettere al direttore.......... 46
Taz&Bao................................................48
Foto: Ansa
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 19 – N. 18 dal 2 all’8 maggio 2013
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,
Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato
speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina,
Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo,
Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni
SEGRETERIA DI REDAZIONE:
Elisabetta Iuliano
DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito
PROGETTO GRAFICO:
Enrico Bagnoli, Francesco Camagna
UFFICIO GRAFICO:
Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò
IN COPERTINA: Foto Infophoto,
fotomontaggio Tempi
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pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).
Così la decisione personale del capo dello Stato ha spinto i partiti
ad assumersi le loro responsabilità. Superando l’odio per il “nemico”
e l’illusione di poter governare senza fare i conti con nessuno
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DI UBALDO CASOTTO E LUIGI AMICONE
Scongeliamo
Fine della guerra civile italiana?
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IL RIMBALZO DELLA POLITICA
moci
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zia la politica grillina possa cambiare di
metodi e contenuti.
Non che il disgelo iniziato tra Pd e
Pdl gonfi già di acque impetuose i torrenti della politica. Le resistenze, soprattutto nel Pd, sono forti e più numerose di
quanto si creda. Giuseppe Civati, che ha
dichiarato apertamente che sarebbe uscito dall’aula di Montecitorio al momento del voto di fiducia per non trasgredire né all’ordine del partito pro fiducia né alla sua coscienza politica che gli
dice di votare no, è uno che dice in pubblico quello che altri pensano e non osano dire.
La fiducia, come era nella logica delle cose, alla fine c’è stata. Ma fino all’evidenza del fatto tutti, pur scommettendoci, sono stati con il fiato sospeso, tanto si
era fatto strame di ogni logica, razionalità
politica e buon senso durante le votazioni
per il presidente della Repubblica.
La svolta verso il disgelo inizia con lo
stallo generato dall’intestardimento di
Pier Luigi Bersani nel sogno di un governo di minoranza sostenuto dall’appoggio
di Grillo o di parte dei suoi parlamentari,
un tentativo infrantosi contro il muro di
insulti dei Cinque Selle, proseguito con
l’affossamento della candidatura Marini per il Quirinale e con l’autotrappola
del lancio di Romano Prodi con il quale c’è sempre un problema di pallottoliere: non gli bastavano i voti del Pd, e non
solo non sono arrivati gli 8 suffragi mancanti ma ne sono venuti meno addirittura 101. Ancora adesso il già citato Civati
dice che bisognava «votare Rodotà e spaccare il Movimento 5 Stelle. Provare a fare
il governo con una parte di loro». Un det-
Foto: Ansa/Angelo Carconi; nelle pagine precedenti, foto Ansa/Xu Nizhi
I
l disgelo e lo scongelamento. La
situazione politica italiana galleggia tra queste due esperienze, meteorologica una, preculinaria l’altra. Di inizio di
disgelo si può parlare tra Partito democratico e Popolo della libertà con
il coinvolgimento di Scelta civica, fautore il presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano. Quanto allo scongelamento,
come da superba richiesta in diretta streaming ai parlamentari del Movimento
5 Stelle, Enrico Letta può attendere. Già
tramontato il lodato “modello Sicilia” –
dove i “cittadini” parlamentari dell’isola
votavano di volta in volta i singoli provvedimenti della giunta Crocetta finché è
arrivata la volta che non li hanno votati
più – non si vede come a Roma l’agitazione mediatica e piazzaiola in cui si sostan-
IL RIMBALZO DELLA POLITICA PRIMALINEA
Le forze dell’ordine
sulla scena dell’attentato
di Luigi Preiti davanti
a Palazzo Chigi nel
giorno del giuramento
del governo Letta
Foto: Ansa/Angelo Carconi; nelle pagine precedenti, foto Ansa/Xu Nizhi
inciuciO? tutto È avvenuto sulla scena e NAPOLITANO ha
RIPETUTO IN Parlamento ciò che ha detto Al Quirinale
ai partiti che gli CHIEDEVANO DI RESTARE AL COLLE
to siciliano recita: «La fissazione è peggio
della malattia», e a proposito di intelligenza politica c’è chi si chiede che cosa
avrebbe risposto il gruppo parlamentare
del Pd a un’offerta dei grillini che avesse
come scopo quello di «spaccare il Pd» per
poter governare con una parte di esso. Il
rischio, osserva qualcun altro dietro rigoroso anonimato, era che buona parte
dei parlamentari democrat non avrebbe
declinato l’offerta, essendo molti di essi
«mentalmente grillini».
Basta con le scomuniche
Lo stallo è stato superato da una decisione personale più che politica, quella di
Giorgio Napolitano di accettare la rielezione a capo dello Stato. Non ha senso
vagheggiare di inciuci e di accordi indicibili, è tutto avvenuto sulla scena e il pre-
sidente della Repubblica ha detto chiaro nel suo storico discorso al Parlamento
(è uno dei rari casi in cui l’uso di questo
aggettivo è giustificato) ciò che ha detto nelle riservate stanze del Quirinale ai
leader dei partiti che gli hanno chiesto
di ricandidarsi: «Ho il dovere di essere
franco: se mi troverò di nuovo dinnanzi
a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le
conseguenze dinnanzi al paese». Le “conseguenze” con le quali il capo dello Stato
tiene in pugno i partiti che l’hanno rieletto sono due. La prima è lo scioglimento delle Camere, temuto soprattutto dal
Pd, un partito in fase precongressuale e a
rischio esplosione, cui in questo momento non arridono i sondaggi (va detto che
anche i grillini non amano l’ipotesi di
elezioni anticipate). La seconda “conseguenza”, la vera arma letale con la quale
Napolitano tiene in apprensione soprattutto il Pdl, è il gesto delle sue dimissioni. Non è per «prendere atto dell’ingovernabilità che ho accolto l’invito a prestare di nuovo giuramento come presidente della Repubblica», ha detto Napolitano alzando la voce in altri passaggi commossa, ma «perché l’Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui
ha bisogno».
Con queste due condizioni Napolitano ha convinto due forze politiche logorate da anni di reciproca scomunica a
superare «l’orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra
forze politiche diverse», tacciando questo
atteggiamento di irresponsabilità di fronte alla situazione drammatica in cui versa il paese, «un segno di regressione», di
una politica incapace di fare i conti con la
complessità della realtà e con il momento
eccezionale di emergenza del paese.
Quella di Napolitano è stata una testimonianza umana di “dedizione” per il
paese, come l’ha definita Enrico Letta
all’inizio del suo discorso alla Camera,
quindi una forte sottolineatura dell’idealità che deve animare la politica e nello
stesso tempo una lezione di realismo, un
ritorno alla realtà. Bisogna «fare i conti
con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto» ha detto il presidente della Repubblica nel suo discorso, e
bisogna osare un lavoro comune puntando sulle «grandi riserve di risorse umane
e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui
disponiamo», ha aggiunto citando il suo
intervento al Meeting di Rimini del 2011,
quando con lucidità aveva delineato, proprio davanti a Enrico Letta, il percorso di
riappropriazione del suo compito che la
politica doveva intraprendere.
Tra Repubblica e Corriere
Il richiamo del presidente alla responsabilità riguarda anche altri attori della
vita pubblica, come ad esempio la stampa, chiamandola a rispondere della «molta leggerezza» con la quale ha cavalcato «l’insoddisfazione e la protesta verso
la politica, i partiti, il Parlamento» che
«sono state con facilità alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali
e indiscriminate in senso distruttivo del
mondo dei politici, delle organizzazioni
e delle istituzioni in cui essi si muovono».
Il governo “politico” (Napolitano) e
“di servizio al paese” (Enrico Letta) che
ha appena ottenuto la fiducia potrà ora
forse godere dell’attenzione non pregiudizialmente ostile del principale quotidiano italiano. Mentre dalle pagine della
Repubblica trasuda un po’ di imbarazzo
(il percorso Bersani, Rodotà, Prodi con le
sue velleità e il suo approdo fallimentare
non è stato indolore), anche perché attaccare il governo Letta vuol dire attaccare
direttamente Napolitano visto l’asse (che
ha radici nel tempo come il capo dello
Stato ha tenuto a sottolineare) tra i due,
il Corriere della Sera – dopo lo scotto del
risultato al di sotto delle aspettative
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L’ELEFANTINO E LE LARGHE INTESE
Bentornati
nel mondo reale
E la giustizia?
Un accenno di resipiscenza potrebbe
venire anche dal mondo della giustizia.
Enrico Letta nel suo discorso programmatico ne ha sottolineato l’importanza soprattutto in sede civile, segnalando
come la certezza del diritto e della sua
veloce applicazione siano un volano indispensabile per l’economia, per le imprese e per attirare gli investimenti esteri.
Ma ci sono anche altri segnali – lasciando stare il caso Berlusconi e dei suoi processi che realmente costituiscono un
unicum sul quale ogni previsione è inutile –, come la distruzione delle intercettazioni Napolitano-Mancino che finalmente dà esecuzione a una decisione che ha
coinvolto anche la Corte costituzionale,
o il ritrovato coraggio del Csm nell’applicare norme che sembravano inapplicabili nei confronti di certi magistrati,
come finalmente dimostrato di fronte
alle disinvolture deontologiche del pm
Antonio Ingroia, il quale se vorrà restare magistrato dovrà accettare di esercitare il suo ruolo di tutore della legge ad
Aosta. Dura lex sed lex.
[uc]
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Ferrara vede la chance di archiviare il ventennio
della faziosità e della paralisi, insieme al fastidioso
nulla dei grillini. A patto che la linea di Napolitano
diventi «il manifesto di un nuovo ciclo». E che non
ci si illuda di poter fare le riforme a costo zero
E
Il 26 aprile Giuliano
Ferrara, direttore
del Foglio, ha
dedicato un
editoriale alla
“teologia politica
di Napolitano”
leggendo il discorso
pronunciato dal
capo dello Stato
in Parlamento in
occasione della
riconferma al
Quirinale come un
esempio di riscossa
del principio di
realtà contro
l’incapacità di
misurarsi con i fatti
frutto del moderno
slittamento
della coscienza
«dall’essere
al fenomeno»
sattamente trentacinque anni fa,
un ventenne che ha trovato in un liceo della buona borghesia un insegnamento
conforme alle piazze degli anni Settanta e nessuna introduzione alla realtà, viene arrestato e messo in cella di isolamento. Ha compiuto una serie di rapine per finanziare la propria scheggia di banda armata. E ha ucciso. Adesso, però, un
minuto dopo essere finito in gabbia, proiettandosi in un futuro da murato vivo, ha solo voglia di vuotare il sacco. Così, dallo
spazio cosmico delle idee assassine, ci mette un attimo a ritornare con i piedi per terra. Un particolare però non gli torna. Ed
è la ragione per cui una persona normale, un uomo sulla sessantina che avrebbe potuto essere suo nonno e che è invece un
pezzo grosso dell’antiterrorismo, si è scomodato per visitarlo
in cella e dirgli: «Vedi, noi siamo due combattenti, possiamo
capirci, parliamone».
Mutatis mutandis, è come se l’Italia fosse da decenni visitata da pezzi grossi – delle istituzioni, dei giornali, del mainstream – in una cella di isolamento. E per la prima volta avesse trovato un “pezzo grosso”, il più autorevole, che invece di
offrire dialogo e pacche sulla spalla (per secondi fini), dice la
verità. E senza sconti. Poiché, ha detto Giorgio Napolitano nel
suo discorso per accettazione del secondo mandato presidenziale ai nostri onorevoli rappresentanti in parlamento, «volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se
non ci si misura su problemi». Poiché «il fatto che in Italia si
sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno
di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare
politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne
discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche». Poiché «forse tutto questo è più concretamente il
riflesso di un paio di decenni di contrapposizione – fino allo
smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile – come non
mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti». Perciò, ha tagliato corto il presidente spalancando le porte del carcere: «Occorre un’apertura
Foto: Ansa/Fabio Campana
del progetto Monti-Scelta civica – può
vantare la realizzazione se non dei progetti quanto meno dei desiderata auspicati sin dal giorno seguente il risultato
elettorale. Dall’editoriale con cui il direttore Ferruccio De Bortoli chiedeva a Giorgio Napolitano di candidarsi a un secondo settennato (ricevendo allora in risposta un cortese ma secco “no, grazie”)
alla sponsorizzazione delle larghe intese
come unica possibilità realistica per dare
un governo al paese. (Detto fra parentesi, il risultato presidenziale e governativo, oltre al consolidamento del ruolo di
Banca Intesa e del suo presidente Giovanni Bazoli nel piano di ricapitalizzazione
di Rcs, torna a far crescere le azioni di De
Bortoli per la permanenza alla guida del
quotidiano di via Solferino).
IL RIMBALZO DELLA POLITICA PRIMALINEA
nuova, un nuovo slancio nella società». E così è cominciata l’avventura del governo Letta.
Giuliano Ferrara, che di questa prospettiva liberatoria è
stato un indiscusso sia pur controverso artefice, ha sintetizzato suggestivamente questa svolta in due editoriali particolarmente utili. Uno diretto al “Caro Ezio Mauro”, al quale ha riconosciuto il ruolo pedagogico e la responsabilità, in qualità di
direttore del giornale più rappresentativo della sinistra italiana, nel far circolare l’aria nuova introdotta dai “suoi vecchi” (il
Presidente, ma anche il Fondatore) tra i suoi lettori. L’altro in
cui è andato al cuore della “Teologia politica di Napolitano”,
proponendo in apertura del Foglio di venerdì 26 aprile un’originale interpretazione dello storico discorso pronunciato dal
capo dello Stato in Parlamento: esempio di riscossa del pensiero di realtà contro il pensiero di modernità. Dove per modernità, dice Ferrara citando il padre e teologo Garrigou-Lagrange, si
intende lo spodestamento della verità in guisa della «conformità del giudizio con le esigenze e l’azione della vita umana, che
si evolve continuamente».
tano sarà imbracciato come un manifesto per un nuovo ciclo italiano, quello fondato sul principio di realtà, il governo sfonderà
la barriera della faziosità, delle beghe di sistema, delle ripicche,
dell’incapacità paralizzante a far muovere il sistema. Altrimenti
saremo in breve tempo da capo a dodici.
Davvero pensa che Giorgio Napolitano e Enrico Letta abbiano
nelle mani le chances per riscattare un ventennio di furore e
immobilismo?
Ce le hanno nelle mani quelle chances. Poi ci sono i giornali, i libri, le tv, e molti milioni di italiani che devono reimparare, in particolare nei rapporti con la Germania molto intraprendente, non sempre a torto, e vogliosa di occupare gli spazi vuoti,
a definire un interesse nazionale e a perseguirlo. Facendo quel
che è necessario e non facendosi prendere dal terrore per il fatto che ogni vera riforma passa per una crisi sociale e dell’ordine
pubblico (vedi Thatcher). O pensiamo sempre a quel pasto gratis
che la storia ci deve servire ben caldo?
Berlusconi si è convinto della bontà dei sui consigli. Ma le sentenze non tarderanno a farsi sentire. Lei dice che è con la politica che occorrerà rispondere. Quale?
«Nessuno può eliminare l’aggressione giudiziaria
NEI CONFRONTI DI BERLUSCONI, ma l’esercizio attento
e forte del suo ruolo istituzionale e politico, nella
nuova situazione, renderà quell’accanimento ridicolo,
anche al di là della possibilità di sentenze faziose»
Foto: Ansa/Fabio Campana
Direttore, c’è questo orrore di pistolettate, feriti e un carabiniere in pericolo di vita che ha tenuto a battesimo nel peggiore dei
modi il forse miglior governo oggi possibile. E comunque, cito
l’essenziale dell’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari, «un
buon governo». Condivide?
L’esplosione di violenza davanti a Palazzo Chigi rende pericoloso e drammatico un passaggio che va valutato politicamente in modo sereno, nonostante la follia andante in cui siamo
immersi. La formazione di un governo con dentro centro, sinistra e destra, una grande coalizione, è in sé un fatto nuovo decisivo, perché l’alleanza ABC dell’epoca in cui è stato sostenuto
il governo Monti, prima con una vera apertura di credito poi
in modo malizioso e autocontraddittorio, era condizionata dal
carattere “tecnico” della compagine governativa e dall’acutezza emergenziale della crisi finanziaria. Ora il gioco si è fatto del
tutto politico, e la partita si è conclusa dopo una grave crisi dei
partiti e istituzionale che ha portato all’inaudita soluzione della rielezione di Napolitano. Bisogna anche dire che questa soluzione non sarebbe stata immaginabile senza quella che la precede del novembre 2011. Il ministero è un po’ troppo minimalista e democristiano per i miei gusti, ma non si può anticipare
un giudizio di fragilità o addirittura di inconsistenza. Sarebbe
ingiusto per la formula e per le persone chiamate a incarnarla,
a partire da Enrico Letta. Senza i fatti che lo precedono, e il centralissimo e vivissimo e formidabile discorso di Napolitano alle
Camere, saremmo in una specie di limbo del giudizio. La speranza invece, anche se non ha niente di allettante in sé o addirittura di paradisiaco, viene dall’interpretazione di quel discorso,
e della sua attonita ricezione da parte delle Camere, sia a sinistra (dove la crisi di prospettiva o culturale era più chiara) sia a
destra (dove è meno chiara ma altrettanto rilevante). Se Napoli-
Anche Berlusconi, che ha bisogno
intorno a sé di libertà mentale più che
di consigli, deve sottostare al principio di
realtà, che si combina bene in lui con un
pizzico di follia visionaria. Nessuno può
eliminare l’aggressione giudiziaria, ma
l’esercizio attento e forte del suo ruolo istituzionale e politico, nella nuova situazione, renderà quell’accanimento ridicolo, anche al di là della possibilità di sentenze
faziose. Alternative a una risposta pienamente politica all’aggressione ventennale non ce n’è.
Sono considerati degli sconfitti perché esclusi da responsabilità
di governo, eppure a noi pare che un certo ricompaginamento
dei suoi ex compagni del fu Pci – penso ai D’Alema e ai Violante
– sia una delle chiavi dello scampato pericolo. Crede che questi
dovrebbero tentare di riprendere una leadership più esplicita
all’interno del partito e provare a plasmare il nuovo, Matteo
Renzi, piuttosto che subirlo?
Gli ex e postcomunisti sono portatori di una cultura della
realtà, della duttilità togliattiana, questo è vero. Anche Violante,
cresciuto nella mitologia azionista, essendo intelligente è diventato postcomunista di temperamento e impostazione culturale.
Secondo me c’è sempre bisogno anche di loro, come dimostra il
caso di Napolitano. Ma bisogna camminare con le gambe disponibili alla corsa.
Se pensa alla “bolla” Grillo, ultimo cascame del ventennio che
va da Moretti (il regista) a Moretti (la portavoce), da Biagi a
Travaglio, da Colombo (magistrato) a Colombo (notabile Rai),
su quali forze nuove scommetterebbe per i prossimi anni?
Grillo è un retore del calibro di Fidel Castro, senza la gloria
fosca del caudillo e con molto turpiloquio da commedia all’italiana. Ma è equivalente a zero la possibilità che la compagnia
Casaleggio vada oltre il già fatto, cioè il nulla anche fastidioso
che si è rivelato con l’elezione dei ciuchini alle Camere. Basta
che il mood dell’opinione pubblica sia minimamente rinfrancato da un inizio di soluzione politica e civile, e da una minima
inversione dei dati febbricitanti dell’economia reale, et voilà, i
Casaleggi torneranno nel pianeta Gaia a fare video. [la]
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SOLO PER
I VOSTRI OCCHI
di Lodovico Festa
C
on il governo Letta si apre un’interesVERSO UNA FASE COSTITUENTE?
sante nuova fase per l’Italia. Il tentativo di impedire a parte rilevante della società di concorrere alla direzione dello
Stato ha subìto una sconfitta forse non definitiva ma campale. La portata dell’occasione
che si offre alla nazione non va sottovalutata: il meccanismo di esclusione non poggiava solo su motivazioni ideologiche ma sulla difesa di una concezione elitistica dello
Stato e sulle necessarie alleanze che questa
concezione implicava (per esempio con un
certo sindacalismo centralistico), che aveva
effetti economici allargati (si consideri quelli sulla struttura della finanza italiana) nonché una diminuzione netta della sovranità
rica latina che ci si può rendere conto quanto lì – finita la Guernazionale per uso delle influenze straniera fredda con le alternative tra soluzioni radicali (tipo Fidel Care nel tenere sotto controllo la situazione
stro o Augusto Pinochet) o compromessi per evitare quegli esiti
interna. Allargare le basi dello Stato diven– si affermi la necessità di una verticalizzazione della politica
ta quindi anche via concreta per assumere
anche per diminuirne la pervasività, connaturata a qualsiasi sii provvedimenti di emergenza ora necessastema tendenzialmente proporzionale. È proprio esaminando i
ri: lavoro, sostegno alla produzione, contracasi magici del Brasile, del Cile e oggi del Messico che si apprezsto alla povertà e contrattazione dei rapporzano le virtù di presidenzialismi pur non privi di difetti. E anti con gli altri Stati dell’Unione.
che dove questi sistemi determinano effetti meno desiderabili
Si è creato un varco per
Non SARÀ semplice (certe privatizzazioni in Bolivia), questi sono comunque tempeuscire dalla crisi di lungo
perché il groviglio rati da un’entrata nello Stato di settori secolarmente estromesperiodo dello Stato e della
nazione, resta però la comDEl potere italiano è si (così la popolazione india) che nel medio periodo darà sicuraplessità delle scelte ancocomplesso e PERCHÉ mente risultati positivi. E così anche in Venezuela dove pesa la
ra di fronte a noi, cioè coil centrodestra, che cosiddetta “maledizione del petrolio”, cioè la distribuzione corruttiva di una ricchezza nazionale, o in un’Argentina dove inveme trasformare la caduta
dovrebbe essere uno ce del sindacalismo alla cislina del brasiliano Lula pesa quel sindel muro dell’incomunicadei protagonisti di dacalismo centralista e paralizzante che ben conosciamo.
bilità tra destra e sinistra
questa lotta,
in fase costituente. Non è
non brilla nelle Un’inedita schiera di alleati
semplicissimo: si considerino la protesta irrazionaguerre culturali Una riforma dello Stato in senso presidenzialista deve diventale espressa dai grillini o la
re l’obiettivo di chi vuole passare dalla tregua attuale a un solipersistenza dei poteri oscuri che hanno segnato la vita di questi do assetto fondato su istituzioni che poggino fino in fondo sulle
ultimi venti anni (a partire dai settori combattenti della magi- scelte dei cittadini e siano in grado di affermare la nostra sovrastratura). Il problema centrale sarà quello di pensare la forma di nità nazionale sia pure nel contesto dell’auspicabile integrazioStato necessaria ad affrontare la nuova fase. E in questa impre- ne europea, ma in un processo in cui non solo Berlino, Parigi e
sa uno degli ostacoli con cui ci si confronterà sarà il consolidato Londra siano regine, e Roma non conti meno di Madrid e Varsaconservatorismo che si annida nel Pd: sia nell’integralismo dos- via. Non è una strada semplice perché il groviglio che condiziosettiano che considera ogni revisione della Costituzione un atto na il potere italiano è complesso e perché il centrodestra, che
quasi irreligioso, sia nell’area postcomunista segnata dalla pau- dovrebbe essere uno dei protagonisti di questa lotta, non brilla
ra togliattiana per le modifiche di istituzioni figlie del compro- particolarmente nelle guerre culturali. Però è importante notamesso per “evitare il peggio” realizzato nel ’47-’48. Il timore del re quanti alleati si stiano schierando per questo fine: da Matteo
Pci per il “nuovo” ha bloccato l’Italia per tutti gli anni Ottanta, e Renzi a una schiera ampia di opinionisti del Corriere della Sera,
ha poi fatto sì che le riforme elettorali e quelle ancora più incisi- per non parlare delle sponde che una scelta presidenzialista trove (sindaci, regioni) venissero compiute solo sotto l’onda di refe- va nell’elettorato se non nei vertici grillini. Per battere diffidenrendum e demagogie senza una visione d’insieme. Questa sorta ze che si annidano sia tra i postcomunisti sia in aree del cattolidi oscurantismo, frutto sia di sentimenti nobili sia di interes- cesimo nazionale sia in certo municipalismo, senza parlare dei
si da nomenklatura, si esprime ancora oggi nelle parole di Pier poteri oscuri che difenderanno con unghie e denti la propria inLuigi Bersani quando maledice ogni forma di presidenzialismo fluenza, bisogna studiare bene come il nostro presidenzialismo
come deriva sudamericana. Ma è proprio questa scomunica che possa nascere con i necessari bilanciamenti. Non è uno sforzo
ne rileva a pieno la miopia. È considerando le vicende dell’Ame- impossibile e la meta vale la fatica per raggiungerla.
Ora il presidenzialismo
per passare dalla tregua
alla ricostruzione
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ESTERI
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benedetta community
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DI DANIELE CIACCI
Io lavoro
per migliaia
di datori
Non hai soldi per realizzare la tua idea? Chiedili
alla rete. Così il giornalista perugino Andrea
Marinelli si è finanziato il tour delle primarie
americane. Con il “crowdfunding” anche il web
esce dal mito e diventa un’opportunità concreta
S
Detroit. Qui i cittadini
vogliono regalare alla città il
monumento di uno dei suoi più
celebri protagonisti. Così, si appoggiano
alla piattaforma kickstarter.com e chiedono di essere finanziati perché il progetto diventi realtà. Fanno due conti e
fissano una cifra – 50 mila dollari – con
la quale si possono pagare artisti, decoratori, amministratori, materie prime e
quant’altro e avvisano la folla del web,
impostando un blog e facendosi conoscere sui social. Così, in sei settimane superano la cifra stabilita e portano in cassa 67
mila dollari: i lavori possono cominciare
e il progetto prende vita.
Solo il buon gusto della gente di
Detroit ha permesso al piano di non concretizzarsi: una statua di Robocop a grandezza naturale «per proteggere e servire» gli abitanti della capitale del Michiiamo a
gan. I finanziatori protestano e si chiedono (giustamente) perché ci sia un differente trattamento tra il cyber-poliziotto
e il pugile Rocky Balboa, che, invece, una
statua all’incrocio tra Pattison Avenue e
l’Undicesima Sud, a Philadelphia, ce l’ha.
Ma importa poco se la figura del mezzo-uomo-mezzo-macchina dalle movenze robotiche non sorgerà a intimare ai
malandrini americani di fermarsi. Importa che più di 2.500 persone siano rimaste
colpite dall’iniziativa e abbiano deciso di
finanziarla – chi più chi meno – e l’abbiano attivamente sostenuta. È questo il
crowdfunding, una nuova forma digitale
di sussidiarietà orizzontale che, in America, riesce a realizzare progetti altrimenti
destinati a rimanere nel cassetto.
«È un processo di finanziamento collettivo d’idee, progetti e start-up – ci dice
Claudio Bedino, trentenne, fondatore
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ESTERI benedetta community
di starteed.it, una delle poche e più convincenti piattaforme italiane – che si
basa su alcuni princìpi: fiducia nella piattaforma e nel progetto, coinvolgimento
(anche economico, creando una community di fan e investitori) e appagamento
di un bisogno, specie quando l’idea comporta una realizzazione di un oggetto o
di un servizio. È un processo relativamente nuovo di trasposizioni e donazioni online sia sociali, sia economiche. Al donatore-investitore, poi, è dato un reward che
può essere simbolico (un ringraziamento)
emotivo o funzionale».
Un mercato da 320 milioni
Claudio Bedino mastica il web da sempre,
ma la sua passione è l’imprenditoria. Già
a 19 anni aveva fondato la prima azienda
– un’agenzia di comunicazione integrata
– che a quanto pare non bastava a placare
la sua sete di fare. Così, una cosa tira l’altra, e arrivano le prime elezioni americane di Barack Obama. Siamo nel 2008, e il
candidato democratico chiede un aiuto
fattivo da parte dei suoi sostenitori: una
donazione minima per finanziare la campagna. Ci riesce, e sappiamo come prosegue la storia. Quello fu l’inizio del crowdfunding. O meglio, quello fu il momento di massima autorevolezza del crowdfunding, e la cassa di risonanza mediatica trasportò questa parola composta sino
all’Europa. «La penetrazione del mercato
è però molto più tarda», dice Bedino. «Prima del 2011 la parola “crowdfunding”
non compariva nemmeno tra le ricerche
fatte in Google».
La prima piattaforma crowd italiana,
tuttavia, nasce abbastanza presto (ecco
un altro strano primato del nostro paese). Siamo nel 2005 e si chiama produzionidalbasso.com. Ci vuole qualche tempo
perché prenda piede. Le ragioni le spiega Bedino: «La cultura americana è ben
diversa dalla nostra. Sono più avvezzi a
questo tipo di strumenti, e questo origi16
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na fiducia. Cosa che manca in Italia. C’è
timore. Una delle mission della nostra
associazione International Crowdfunding
Network (Icn) è far conoscere il crowdfunding, creare un’educazione. Spesso si fa
confusione, credendo sia una specie di
elemosina 2.0 oppure un investimento in
start-up. Ma il crowdfunding è un’altra
cosa: o meglio, è tutte queste cose insieme. Si stanno considerando come crowdfunding anche i prestiti peer to peer digitali. Insomma, è un mondo».
Di crowdfunding ce ne sono diversi
tipi: il reward-based (ovvero le piattaforme basate su un ritorno oggettuale) sono il 52 per cento del
«ora vorrei sponsorizzare
totale, movimentano solo 700
un viaggio tra l’Oregon e
mila euro; quelle sociali, ad
esempio per progetti del teril Mississippi per capire
zo settore (è quello che in Italia va per la maggiore), arricosa pensa quella gente
va a formare capitali anche
del matrimonio gay che
di 10 milioni, sono il 30,4 per
cento; quelle basate su semObama vuole introdurre
plici donazioni (8,7 per cento
nella loro Costituzione»
del mercato) e quelle equitybased (anch’esso l’8,7 per cento), dove ogni investitore assorbe quote milione di campagne portate a termine,
aziendali o azioni in relazione alla cifra i numeri del crowdfunding italiano sono
che “dona”. Di fatto è un investimento, molto meno suadenti. Ventuno sono le
e come tale ha i suoi rischi. La Consob è piattaforme attive, di cui due in fase di
quindi intervenuta per cercare di regola- lancio. Kapipal, Prestiamoci, TerzoValomentare garanzie e obblighi tra piattafor- re, Musicraiser, Starteed e altre, hanno
me equity-based, investitori e startupper. generato in tutto un traffico di circa 13
Inoltre, le piattaforme si distinguono per milioni di euro, per 8.819 progetti pubalcune peculiarità. Ad esempio: musicrai- blicati di cui circa 2.500 hanno raggiunser.com si occupa di progetti musicali, to la cifra stabilita. Una frazione miniconcerti e band emergenti. Finanziamoil- ma rispetto al colosso americano. «Quantuofuturo.com, invece, è una piattaforma do scopri che Kickstarter riesce da solo
innovativa volta alla promozione di nuo- a movimentare in un anno 320 miliove progettualità per lo sviluppo del terri- ni di dollari, ti senti come una goccia
torio compreso nel triangolo tra Taranto, nel mare», sintetizza Bedino. «D’altronBrindisi e Bari.
de, l’Italia sta cominciando solo adesso a
Se nel mondo, fino a oggi, il crowd- giocarsi veramente la partita. Non ci sono
funding ha movimentato quasi 2,7 miliar- ancora big player come Kickstarter, e
di di dollari (entro fine 2013 si stima una spesso chi vuole proporre un’idea ricorre
cifra più che raddoppiata), con oltre 1 a piattaforme straniere come Indiegogo».
A CHE PUNTO SIAMO
Roma all’avanguardia ma non troppo
Poche piattaforme nel “decreto crescita”
L’Italia corre il rischio di essere all’avanguardia, almeno in materia di crowdfunding.
Il 29 marzo scorso, infatti, la Consob ha pubblicato il regolamento attuativo dell’articolo 30 d.l.
179/2012 – ai più noto come “decreto crescita” – che ha introdotto l’equity crowdfunding nel
Testo unico finanziario, parlando di «raccolta diffusa di capitali di rischio tramite portali online».
Fino al 30 aprile il documento è stato aperto alle consultazioni online e ai consigli di chi, professionista nell’ambito, voleva azzardare qualche soluzione. Così, l’Italia è la prima in Europa a legiferare
su uno dei fenomeni più rivoluzionari del web. Le start-up innovative potranno presto ricorrere
all’equity crowdfunding per formare il capitale a rischio iniziale cedendo parte delle quote aziendali.
Attraverso offerte di strumenti partecipativi e tramite portali specializzati, gli startupper potranno
raccogliere fino a un massimo di 5 milioni di euro. Le ragioni di questa decisione le spiega la stessa
Consob: «La finalità è incentivare lo sviluppo e la crescita».
Tuttavia, la cultura del crowdfunding non ha ancora attecchito del tutto sul territorio nazionale,
e manca pure una comprensione dei princìpi basilari delle donazioni digitali e delle strategie di
pubblicizzazione delle campagne. Quindi, sembra strano, ma la legislazione è arrivata leggermente
in anticipo. Il carro è stato messo davanti ai buoi. Stavolta, però, la cosa potrebbe non essere un
problema: la legislazione potrebbe infatti mettere quei paletti che segnano il sentiero, limitando ma
definendo bene il passo.
Parole chiave del documento sono: sgravio fiscale (ridurre quanto più possibile gli oneri amministrativi, permettendo l’assoluzione di pratiche burocratiche pesanti) e trasparenza (facilitare
l’accesso alla documentazione, garantendo informazioni corrette e chiare sui progetti). In breve, la
Consob istituisce un registro che include tutti i portali che possono richiedere fondi via crowdfunding. Il gestore del portale dovrà dimostrare di saper valutare i progetti imprenditoriali e fornire
al gestore non professionale un set di informazioni obbligatorie riguardo le offerte pubblicate.
Bisogna poi garantire all’investitore una way out nel caso la quota di controllo passi di mano. Al
momento c’è una pecca: soltanto le piattaforme equity-based sono inserite all’interno del decreto, e
queste formano solo l’8,7 per cento del totale del mercato italiano. Una fetta un po’ misera. [dc]
Ma il crowd è anche un modo interessante di validare le proprie idee: «Per accedere al capitale bisogna fare marketing della propria idea, strutturando un business
plan che possa convincere i futuri investitori che il progetto sia utile e possibile».
Cosa fare se rimani al verde
Un esempio? «In America è stato prodotto un orologio digitale. Il capitale raccolto via crowdfunding ha superato i dieci
milioni di dollari. Così, si è stimolato l’interesse di futuri acquirenti i quali, facendo una donazione, ricevevano l’orologio a un prezzo inferiore e in anteprima.
In una parola: marketing. Si raccoglie il
capitale stimolando la possibilità dell’appagamento di un bisogno. E in questo
modo si crea impresa».
Andrea Marinelli, via crowdfunding,
è riuscito a girare l’America seguendo lo
spettacolo itinerante delle primarie. E
pensare che, a metà strada, aveva finito i
dollari. «Sono un giornalista – dice a Tempi – e le mie storie le racconto sul blog
andreamarinelli.wordpress.com. I primi
tempi, per risparmiare, m’inventavo qualunque escamotage, viaggiavo in autostop. Finché i soldi si sono prosciugati del
tutto e, sul web, ho spiegato i miei problemi economici. A quel punto molti lettori, per continuare a essere informati,
mi hanno offerto del loro. Ho raccolto in
quattro e quattr’otto quasi 4 mila euro, e
ho seguito le elezioni fino alla fine» intervistando, tra gli altri, anche Rick Santorum, candidato cattolico alle primarie
repubblicane.
Adesso Marinelli vuole continuare:
«Sto sponsorizzando un viaggio in Ame-
rica per scrivere di come
è cambiata la percezione
dell’omosessualità. Obama si sta spendendo molto
perché entrino nella Costituzione americana unioni
diverse da quelle tra uomo
e donna. Le città più grandi, come New York, San
Francisco o Miami sono
perlopiù favorevoli a questa svolta. Ma nell’Oregon
o nel Mississippi cosa ne
pensa la gente del matrimonio gay? Cosa credono
sia giusto?». E anche questo progetto sarà finanziato «tramite crowdfunding.
In sé è un ottimo strumento, ma va pubblicizzato. A me hanno dato una
mano alcuni amici giornalisti, che ricordavano ai
loro followers la mia condizione. Insomma, se fossi stato da solo, sperso nelle campagne umbre, nulla
di tutto ciò si sarebbe generato».
È un esempio di sussidiarietà orizzontale unico nel suo genere, «possibile
anche in Italia – profetizza Bedino – perché stanno crescendo progetti interessanti che raccolgono consensi e finanziamenti. L’ultimo è stato indetto da Palazzo Madama per riportare in Italia il servizio di porcellana di Meissen appartenuto
alla famiglia Taparelli d’Azeglio. L’obiettivo era recuperare 80 mila euro: ne hanno
ricevuti quasi 90 mila».
Anche per l’Italia c’è un futuro nel
crowdfunding, basta «superare la diffidenza e alcuni problemi tecnologici e
burocratici sui pagamenti online». Il quadro normativo non è ancora chiaro, la tassazione delle movimentazioni è elevata:
insomma, siamo nella direzione giusta,
ma c’è ancora strada da percorrere. n
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CHI È CHI
un leader alla finestra
Massimo
D’Alema
Iperpolitico, irresistibilmente antipatico,
a ogni conclave entra papa ed esce
cardinale. Ma deve ancora nascere il
compagno che lo manderà ai giardinetti
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Foto: Ansa/Massimo Percossi
S
abato scorso sono andate in fumo le possibilità di una riedi| DI laura borselli
zione delle passeggiate sottobraccio ai leader di Hezbollah
e del “bye bye Condi” sussurrato al termine di una telefonata con l’allora segretario di Stato americano Condoleezza Rice.
Dato per papabile come ministro degli Esteri nel governo delle
larghe intese guidato da Enrico Letta, Massimo D’Alema è rimasto a bocca asciutta. Esattamente come pochi giorni prima quando in ballo c’era la successione a Napolitano e il suo nome era in
tutti i pronostici del toto Quirinale. Ormai quello del “migliorino” è il nome bomba, la carta per far saltare il banco e aprire una strada imprevi- Sono talmente tanti a destra quelli che
sta e imprevedibile. Perché non c’è nessun
lo apprezzano che a sinistra si fanno
nome come quello di Massimo D’Alema
che riesce a polarizzare profondamente e sospettosi. E a destra si ricordano
trasversalmente tanto la destra quanto la che è pur sempre un post comunista
sinistra. Sono talmente tanti a destra quelli che lo apprezzano che a sinistra si fanno tra Enrico Berlinguer. In quell’anno viene 2000 da una rubrica dell’Espresso. Invisospettosi. Viceversa, è talmente incondi- nominato segretario della Fgci e lo resterà tato a cena da Alfredo Reichlin, dirigente
zionato il rispetto che gli porta una parte fino al 1980. La stagione di crescita e soffe- storico del Pci, Massimo si trova tra i piedella sinistra che a destra improvvisamen- renza della Fgci di quegli anni segna mol- di il bassotto del padrone di casa. D’Alete mettono da parte l’attrazione per l’irre- to il giovane D’Alema e già allora, come ma non gradisce le attenzioni della bestiosistibile antipatico e si ricordano che è pur nota il politologo Andrea Romano in Com- la («Questo non è un cane. Un vero cane è
sempre un comunista.
pagni di scuola (Mondadori), emerge quel- il mio labrador Lulù») e ordina a Reichlin:
Comunista era la sua famiglia. Il padre la che diverrà una delle caratteristiche fon- «Levamelo dai piedi! Mi rovina le scarpe
Giuseppe fu una figura di spicco della Resi- danti del personaggio, la «rappresentazio- che costano un milione e mezzo». Di fronstenza nel Ravennate e poi nel Ferrarese ne della politica come tattica della realtà e te agli occhi sgranati dei presenti lui non
e poi deputato rosso per cinque legislatu- navigazione lungo tutte le piccole e gran- fa una piega: «Certo, me le ha fabbricate
re. La madre, Fabiola, era soprannominata di insenature della costa».
su misura un calzolaio calabrese che mi
anche in casa “il generale”. Inutile dire che
Entra per la prima volta in Parlamen- ha segnalato il compagno Marco Minniti».
l’agiografia vuole il nostro somigliante tut- to nel 1987. «Se io vinco le primarie non
Per la Bicamerale, invece, bisogna fare
to alla mamma. All’età di dieci anni, Mas- finirà il centrosinistra, certamente fini- un passo indietro. Archiviato Occhetto con
simo chiese di essere ricevuto da Palmiro rà la carriera parlamentare di D’Alema», l’esordio vincente in politica di Silvio BerTogliatti in quanto membro dell’Associa- diceva pochi mesi fa in giro per l’Italia lusconi nel 1994, D’Alema diventa segretazione pionieri italiani. L’aneddoto narra Matteo Renzi. Di certo, D’Alema era il ber- rio del Pds, anche se lo stesso Occhetto si
che il piccoletto chiese al burbero dirigen- saglio di critiche e ironie molto prima del era speso per Veltroni, che godeva di un
te una stanza dove riunirsi coi compagni. furore della rottamazione. D’Alema, ha più ampio consenso popolare. Di lui GiaPare che al termine del colloquio il Miglio- scritto Paolo Mieli, «sarà perseguitato a nantonio Stella ha scritto che per anni si
re rimase tanto stupito dalla determina- vita... per le scarpe, il risotto, il labrador e era vantato di due cose su tutte: «Essere
zione e dalla disciplina del ragazzo da la Bicamerale». Per divertirsi bisogna par- arrivato “terzo su quarantadue alla Baltic
esclamare: «Ma questo non è un bambino, tire dalla storia delle scarpe, gustosamen- Cup” e di avere portato alla vittoria “una
è un nano!». La svolta della sua vita politi- te ricostruita da Giampaolo Pansa nel suo sinistra che si emozionava, organizzava
ca arriva nel 1975, quando a Pisa incon- Tipi Sinistri (Rizzoli) e svelata nel giugno feste, distribuiva volantini, cucinava tor-
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Foto: Ansa/Massimo Percossi
CHI È CHI MASSIMO D’ALEMA
tellini ma perdeva”». Il fascino dell’uo- nuta per mano di Fausto Bertinotti, è uno inattività pressoché totale». Le cose vanno
mo, “diciamo” (il suo intercalare più famo- dei fatti che viene imputato al famigerato diversamente. D’Alema si dimette nel 2000
so), viene da frasi come queste che tradi- “complottone” dei dalemiani. Anche pochi in seguito alla sconfitta della sinistra alle
scono uno snobismo tagliente, una per- giorni fa l’affossamento di Prodi alla presi- regionali, da lui stesso trasformate in un
fidia tanto più efficace perché mescolata denza della Repubblica è stato ricondotto test politico, e il sogno del Quirinale svaniall’indifferenza. «Il mio amico Massimo – al lider Maximo e ai suoi fedelissimi. Lui rà una prima volta con l’elezione di Giorha detto lo scrittore Montalban a una festa ha minacciato querele contro chiunque gio Napolitano nel 2006 e una seconda volta poche settimane fa.
dell’Unità a Bologna – è il “signor segreta- osi affermare una cosa del genere.
«La mia persona reale – ha detto in
A Palazzo Chigi D’Alema si trova a
rio” perfino quando mangia fette di finocchiona: lo fa come se stesse pensando gestire il bombardamento del Kosovo da un’intervista – è del tutto inoffensiva.
all’origine e alle finalità della finocchio- parte della Nato e non fa una piega. In Anzi, con una forte tendenza all’apatia e
na nel mondo». Si narra che nel 1994 alla quegli anni con lui ci sono due spin doc- alla contemplazione». Colpevoli di diseFesta dell’Unità nazionale i Pink Floyd atti- tor, Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, gnarlo diverso da quel che è sono i giornalisti. Giornalista lui stesso
rarono 60 mila persone, molte
(è stato direttore dell’Unità) ha
meno di quelle che si misero
in fila per il comizio finale del
Colpevoli di disegnarlo diverso fatto sua una delle definizioni
compagno Massimo.
sprezzanti e azzeccate delda quel che è sono i giornalisti. più
La bicamerale arriva nel
la categoria coniata da Togliat1997. Presieduta dallo stesso
ti: iene dattilografe. Qualche
Giornalista lui stesso,
D’Alema, la Commissione ha il
anno fa Giampaolo Pansa ha
ha fatto sua una delle
compito di riformare la seconsignificativamente inaugurada parte della Costituzione,
to il suo passaggio dall’Espresdefinizioni più perfide della
ma dopo meno di due anni
so a Libero con un campionacategoria coniata da togliatti: rio di espressioni di disprezzo
il tavolo salta. A tirarsi indietro è Berlusconi, ma lo stesper i giornalisti collezionate
iene dattilografe
so D’Alema sconterà il discredal nostro negli anni. La sintedito della sconfitta. Più ancosi è che (1993): «In questo Paese
ra porterà il peso di aver concesso un’im- considerati le menti dell’operazione sim- non sarà mai possibile fare qualcosa finché
meritata apertura di credito al nemico. patia del premier che culmina nel risotto ci sarà di mezzo la stampa. La prima cosa
Una certa sinistra non glielo perdonerà cucinato davanti alle telecamere di Vespa. da fare quando nascerà la Seconda Repubmai (Gherardo Colombo parlò di «bicame- La comunicazione politica italiana è rivo- blica sarà una bella epurazione dei giornarale figlia del ricatto»). Una certa destra luzionata e l’indignazione radical chic è listi in stile polpottiano». Vicine alle sensicomincerà a guardarlo con occhi diversi. servita, ché dal risotto di D’Alema al plasti- bilità del centrodestra anche alcune dure
Nel 1998 il nostro sale a Palazzo Chigi, fino co di Cogne il passo è breve. In quegli anni prese di posizione contro la magistratura
ad oggi unico post comunista a farlo. Pec- avventurosi Rondolino e Velardi si dedi- e il rapporto perverso con la stampa, che
cato che ci vada senza voti, ma con l’inca- cano anche a pianificare il futuro del lea- gli costarono, sempre dal puntuto Pansa
rico dal capo dello Stato Oscar Luigi Scal- der. In un memorandum riservato, pubbli- sull’Espresso, il soprannome di Dalemoni.
faro dopo la caduta del primo Prodi che cato per la prima volta nel 1999 in appenIperpolitico, antipatico, cinico e ora
spezza i sogni del centrosinistra italiano. dice al saggio di Alessandra Sardoni Il fan- costretto al ruolo di quello che entra papa
«Per noi fessi – scriveva Edmondo Berselli tasma del leader (Marsilio), i due spiega- in conclave per uscire cardinale. Oggi il
in Sinistrati (Mondadori) –, per noi ulivisti no come lavorano alla costruzione del per- profilo di Massimo D’Alema sembra fuoè più o meno una tragedia. Perché noi non sonaggio per il ruolo che più gli si addice: ri dal tempo, un’intelligenza destinata
abbiamo niente da spartire con D’Alema, quello di capo dello Stato. Infatti, «i ritmi all’oblio in un coté che insegue il nuovo
che è un comunista realista, il quale pro- di lavoro di Palazzo Chigi sono massacran- flirtando con l’arma della rottamazione.
babilmente non crede più in niente tran- ti. D’Alema è un buon lavoratore, ma il Eppure la strategia di destinarlo ai giardine in ciò che al momento pensa lui». Non suo tempo è organizzato in modo partico- netti sembra prematura. E probabilmente
per niente la caduta di Prodi, pur se avve- lare: a fasi “intensive” si affiancano fasi di anche miope. n
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L’INTERVENTO
«I
Foto: Ansa/Massimo Percossi
politici che si richiamano alla tradizione cattolica sono spesso
propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida». Così Matteo Renzi scrive su Repubblica per
contestare l’elezione al Quirinale di Marini in quanto cattolico. E ancora, nella stessa lettera, egli afferma: «Personalmente
dubito di chi riduce il cristianesimo a insieme di precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire e che il buon cristiano dovrebbe difendere dalle insidie della
contemporaneità». L’esponente più “moderno” del Partito democratico sembra così chiarire (una volta tanto) il suo pensiero
sulla laicità e sulla rilevanza della religione nella dimensione pubblica con una secca presa di distanza da coloro che, credenti e non credenti, riconoscono la necessità
di porre alla base dell’azione politica una
verità depositata dall’esperienza insistita nei secoli e dall’osservazione della realtà, anche se talora si rivela scomoda ai fini
del consenso. E nel momento in cui la stessa crisi economica e sociale appare avere
una spiegazione ultima nella crisi antropologica generata da una diffusa perdita
di senso, costoro avvertono il primario impegno politico di difendere e promuovere
quei princìpi che sono stati definiti “non
negoziabili” in quanto riferiti alla sostanza stessa della persona umana.
SE IL DIRITTO NATURALE DIVENTA “ETICA RIGIDA”
Il cattolicesimo adulto
di Renzi apre la strada
al modello Hollande
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DI MAURIZIO SACCONI
Otto princìpi di civiltà
Chiedo così a Renzi che si candida a sindaco d’Italia di chiarire se costituiscano
«una visione etica molto rigida» i seguenti
princìpi: 1) la doverosa accoglienza di ogni
nuova vita, 2) l’assistenza medica alla procreazione collegata alla relazione affettiva
e quindi nei limiti degli elementi naturali propri della coppia, 3) il rifiuto di ogni
forma di commercio dell’umano, 4) l’unicità dell’istituto matrimoniale che non può essere
Al sindaco, Come A Prodi, PIACE il
“per tutti”, 5) la prevalencattolico che ha la “maturità” per
za dei diritti dei minori
allontanarsi dal magistero della
sui desideri degli adulti,
Chiesa,
SOPRATTUTTO quando LO IMPONE
6) l’esclusività delle poLA COABITAZIONE coi laici “immaTURI”
litiche sociali pubbliche
(pensione di reversibilità,
assegni e detrazioni) per la coppia natura- valentemente nel partito e nella coaliziole unita in matrimonio e per la cura dei fi- ne di Matteo Renzi. Ora io non mi rivolgo
gli, 7) la tutela di ogni fragilità umana con tanto al “buon cristiano” quanto al “laiparticolare riguardo all’alimentazione e co adulto” che, a prescindere dalla fede,
idratazione, 8) la piena ed effettiva libertà con la ragione e l’esperienza, può avvertire compiutamente il dovere di difenderli
di scelta tra scuola statale e paritaria.
Rispetto a questi princìpi «le insidie con lo scopo di promuovere il rispetto deldella contemporaneità» sono invero mol- la vita umana, fondamento di ogni etica
te e si nascondono – si fa per dire – pre- pubblica, la vitalità demografica, premes-
sa di quella economica e sociale, il valore
della famiglia naturale, base per la coesione sociale, il pluralismo educativo, ancor
più di fronte alla concorrenza delle fonti
informali di apprendimento.
La sua lettera è parsa invero ispirarsi a quella definizione di “cattolico adulto” che Prodi utilizzò per invitare i credenti a considerare con favore il referendum
contro la regolazione della procreazione
medicalmente assistita. Sarebbe insomma “adulto” il cattolico che ha la “maturità” per allontanarsi dal magistero della
Chiesa, soprattutto quando la coabitazione e la negoziazione con i laici “immaturi” lo impongono. Noi, al contrario, abbiamo fiducia nel fertile incontro tra credenti
e non credenti che si costruisce sul terreno naturale, lontano da ogni pensiero ideologico “sintetico”. Così come sta accadendo in Francia, ove l’ideologia laicista vuole
mettere in discussione la famiglia naturale e, con essa, il contesto logico dell’adozione e della stessa procreazione. Così come è
accaduto in Italia nei giorni della Englaro,
quando molti non credenti parteciparono
alle iniziative di difesa della sua vita.
La posta in gioco è la sopravvivenza
stessa delle nostre società, ove la grande
crisi economica e sociale non è nata da ragioni tecniche e non può quindi essere superata con strumenti meramente tecnici.
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| 8 maggio 2013 |
23
ECONOMIA
TAGLIARE I TAGLI
Un calcio
al rigore
Non sono più i governi inguaiati dai debiti
a chiedere pietà. Adesso è la stessa Unione
Europea ad accorgersi che troppa austerità fa
male ai conti. Ma la Germania resiste (da sola)
sulla linea dura. E non sarà facile smuoverla
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DI RODOLFO CASADEI
Una protesta davanti
al Parlamento di Atene
contro l’austerity imposta
alla Grecia dall’Europa in
cambio di aiuti finanziari
ECONOMIA TAGLIARE I TAGLI
S
ono tutti d’accordo che
l’austerità è la cura sbagliata, tutti tranne la Germania. Eppure si continua a
fare come vuole la Germania. È questa la paradossale situazione in cui l’Unione Europea si
trova alla vigilia del sesto quadrimestre
consecutivo di contrazione del suo Pil,
con il tasso di disoccupazione che ha toccato il suo record storico al 12 per cento della manodopera attiva dopo sedici mesi consecutivi di tagli del personale
nelle imprese di tutta Europa e dopo ventuno mesi consecutivi di contrazione del
Purchasing Managers Index, l’Indice di
gestione acquisti che segnala lo stato di
salute del settore manifatturiero. A Berlino di tutto ciò non importa proprio niente: la Germania è l’unico paese dell’eurozona che ha registrato un attivo di bilancio nel 2012 (+0,2 per cento), e loro sono
contenti così.
Lasciamo pure da parte primi ministri
e ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi dell’euro maggiormente a
disagio coi programmi di aggiustamento strutturale imposti da Bruxelles e consideriamo solo i soggetti “terzi”. Ad aprire il fuoco di fila delle critiche all’austerità depressiva delle politiche fiscali
dell’eurozona è stato il Fondo monetario
internazionale (Fmi) a metà di aprile, poi
sono seguiti l’Istituto Bruegel (di cui sono
membri tutti i paesi dell’Unione Europea
e di cui è stato presidente anche Mario
Monti), il presidente della Commissione
europea José Manuel Barroso, il presidente del più grande fondo di investimenti
in obbligazioni del mondo (Bill Gross della californiana Pimco) e, a leggerlo con
obiettività, anche il comunicato stampa di Eurostat del 22 aprile sui deficit di
bilancio dei paesi dell’eurozona e di quelli della Unione a 27.
Berlino contro tutti
Scorrendo i numeri di Eurostat infatti si
scopre che in tutti i paesi che hanno chiesto aiuti agli altri membri dell’Unione,
concordato piani di salvataggio europei o
deciso autonomamente misure di austerità per affrontare crisi debitorie (è il caso
dell’Italia) si danno una o entrambe delle seguenti negatività: o il deficit di bilancio è ben al di sopra del 3 per cento fissato in sede europea, o il rapporto tra debito pubblico e Pil si è deteriorato dopo la
decisione delle misure di austerità. In Italia il deficit di bilancio nel 2012 si è fermato al 3 per cento, ma il rapporto debito/Pil si è degradato fra il 2010 e il 2012
passando dal 119,3 al 127 per cento del
26
| 8 maggio 2013 |
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TROPPI SACRIFICI
Pil. Nei paesi Pigs la palma del deficit più
Europa, la dieta tedesca
alto nel 2012 va alla Spagna (-10,6 per cennon fa affatto dimagrire
to), seguita da Grecia (-10), Irlanda (-7,6) e
Il comunicato stampa di
Portogallo (-6,4). In tutti e quattro i paesi
Eurostat pubblicato il 22
sopra elencati il rapporto tra debito pubaprile scorso rivela che
in tutti i paesi che hanno
blico e Pil nel 2012 risultava, come in Itaconcordato piani di salvalia, peggiorato rispetto al 2010: in Spataggio europei o adottato
gna è passato dal 61,5 all’84,2 per cento
misure di austerità per
del Pil, in Grecia dal 148,3 al 156,9 (ma
affrontare crisi debitorie
il deficit di bilancio ha
si è abbassato rispetto al 2011), in Irlanda
superato il tetto del 3 per
dal 92,1 al 117,6 e in Portogallo dal 94 al
cento fissato a Bruxelles,
123,6 per cento.
o il rapporto tra debito
Credete che a Berlino importi qualpubblico e Pil si è deteriorato. E nella maggior
cosa dell’evidente impasse della cura
parte dei casi si sono
dell’austerità nei paesi mediterranei (e
registrati entrambi i proceltici) dell’eurozona? Proprio per nienblemi. Tendenza opposta,
te. Lunedì della settimana scorsa Barroso
invece, per la Germania
dichiarava che l’austerità fiscale nei paesi afflitti da crisi del debito era necessaria, ma che «mentre questa politica è fondamentalmente giusta, penso che abbia
raggiunto i suoi limiti sotto molti aspetti.
Per avere successo una politica deve non
solo essere appropriata, ma avere anche
un minimo di sostegno politico e sociale». È bastato questo perché il
giorno dopo il ministro degli
Bill Gross (PIMCO), che due
Esteri tedesco Guido Westerwelle ammonisse: «Siamo conanni fa definiva il debito
vinti che se rinunciamo alle
britannico «un letto di
politiche di consolidamento
di bilancio, se ricadiamo nelnitroglicerina», OGGI dice
le vecchie politiche fatte di
che NON È l’austerità A FARE
accumulazione di debiti, allora alimenteremo la disoccupaLA vera crescita. «Bisogna
zione di massa per molti anni
in Europa». Quando a metà
spendere i quattrini»
aprile il Fmi ha fatto notare
Nel governo tedesco la pensano tutti
che se concentravano troppo l’attenzione sugli obiettivi di riduzione del deficit come lui, come si può dedurre dal fatto
di bilancio annuale i governi dell’eurozo- che nella stessa settimana dell’intervento
na rischiavano di aggravare la recessione del Fmi il gabinetto dei ministri ha appro(«L’aggiustamento fiscale dovrebbe pro- vato nuovi tagli di spesa per essere certi
cedere gradualmente – si legge nel docu- di conseguire un attivo di bilancio anche
mento del Fondo – e fondarsi su misure quest’anno e il prossimo, e per inseguire
che limitano i danni alla domanda nel l’obiettivo di ridurre il rapporto tra debibreve termine»), il ministro tedesco del- to pubblico e Pil dall’80,5 per cento attuale Finanze Wolfgang Schäuble ha pensato le al 69 per cento nel 2017.
bene di autonominarsi portavoce dei paesi europei e di commentare con sufficien- L’erroraccio dei primi della classe
za: «Nessuno in Europa vede questa con- Non ha scosso il governo tedesco dalle
traddizione fra una politica fiscale di con- sue granitiche certezze nemmeno la clasolidamento e la crescita». La stessa suffi- morosa notizia che la dissertazione di
cienza con cui ha liquidato anche la pro- un dottorando dell’Università Amherst
posta di Enrico Letta di rinegoziare il rigo- del Massachusetts, approvata dai profesre e rilanciare la crescita a livello euro- sori Michael Ash e Robert Pollin, smentipeo: «Scaricare sugli altri i propri proble- va le tesi del più famoso e politicamente
mi è comprensibile umanamente, ma è sfruttato studio del decennio: quello intiuna sciocchezza», ha replicato sarcastica- tolato “Growth in a Time of Debt” apparmente Schäuble. «Molti paesi europei fan- so nel 2010 sull’autorevole American Econo grandi progressi, ma non si lamenta- nomic Review, opera di Carmen Reinhart
no ogni giorno e non pretendono sempre e Kenneth Rogoff, due studiosi dell’unidagli altri la soluzione ai loro problemi».
versità di Harvard giunti alla conclusione
Irlanda
Portogallo
Deficit
bilancio 2012
Deficit
bilancio 2012
-
7,6
-
%
6,4
Rapporto
debito/Pil
Rapporto
debito/Pil
2010
2010
92,1
117,6
%
2012
%
%
94,0
123,6
%
2012
%
Germania
Italia
Grecia
Surplus
bilancio 2012
Deficit
bilancio 2012
Deficit
bilancio 2012
0,2
+
-
%
3,0
-
%
10,0
%
Rapporto
debito/Pil
Rapporto
debito/Pil
Rapporto
debito/Pil
2010
2010
2010
82,4
81,9
%
2012
%
119,3 148,3
127,0 156,9
%
%
2012
2012
%
%
Spagna
Deficit
bilancio 2012
-
10,6
%
Rapporto
debito/Pil
2010
61,5
84,2
%
2012
%
Nelle pagine precedenti, foto Ansa/Alkis Konstantinidis
Fonte: Eurostat, comunicato 64/2013, 22 aprile 2013
che quando il rapporto fra il debito pubblico e il Pil nazionale supera il 90 per
cento, il secondo tende a non aumentare più o a retrocedere dello 0,1 per cento
all’anno. La loro analisi è diventata subito
la bandiera di governi e forze politiche –
in Germania, negli Stati Uniti e nel Regno
Unito – impegnati a vendere l’idea che la
ripresa economica deve essere preceduta
da una forte riduzione dell’indebitamento pubblico, e dunque da politiche fiscali
rigorose. Persino il commissario per l’Economia della Commissione europea Olli
Rehn, prima di concedere, giovedì scorso, una qualche apertura alle richieste di
allentare le politiche di rigore, mostrò di
averla fatta propria in un discorso tenuto
nel 2011 al Council on Foreign relations
americano, nel corso del quale aveva
affermato: «È ampiamente riconosciuto,
sulla base di seria ricerca scientifica, che
quando i livelli del debito pubblico salgono oltre il 90 per cento tendono a presentare una dinamica economica negativa, la quale si trasforma in bassa crescita
per molti anni». L’equipe del Massachusetts ha rilevato seri problemi metodologici in quella ricerca: l’esclusione selettiva di alcuni dati, uno schema di bilanciamento dei dati insolito e soprattutto un errore di codice nel foglio di calcolo Microsoft Excel utilizzato. Alla fine la
media della crescita dei paesi oltre la fatidica soglia del 90 per cento non era stagnante o negativa, ma pari al 2,2 per cento annuo, contro il 3,2 per cento dei paesi a indebitamento moderato: tutta un’altra faccenda.
D’altra parte è davvero strano che per
quasi tre anni le tesi di Reinhart e Rogoff
abbiano dominato: poche nozioni di storia dell’economia sarebbero state sufficienti a ricordare che dopo la Seconda
guerra mondiale il debito pubblico degli
Stati Uniti e del Regno Unito si è collocato ben sopra al 100 per cento (nel caso
dell’Inghilterra addirittura sopra il 200
per cento nel 1945), eppure i due paesi sono rientrati ben al di sotto di quei
livelli non con l’austerità ma grazie a
importanti tassi di crescita economica, e
che negli ultimi vent’anni Belgio, Italia
e Giappone, paesi il cui debito pubblico
superava e tuttora supera il 90 per cento,
sono cresciuti a tassi non eccezionali, ma
certamente non negativi (tranne che per
l’Italia nell’ultimo biennio).
Le prime conversioni
In buona sostanza, nessuno può dire se è
l’alto indebitamento che causa una bassa
o negativa crescita, oppure se è una bassa o negativa crescita che produce indebitamento. Una teoria sul tasso ottimale di indebitamento pubblico attualmente non esiste, quella di Reinhart e Rogoff
era puramente empirica e si è rivelata sbagliata. Nel frattempo assistiamo a un certo
numero di conversioni sulla via di Damasco. L’Fmi, che per decenni ha sostenuto le
ragioni dei piani di austerità e di aggiustamento strutturale imposti a mezzo mondo per uscire da crisi finanziarie e debitorie, adesso invita Stati Uniti, Regno Unito
e Unione Europea a rallentare il passo
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| 8 marzo 2013 |
27
ECONOMIA TAGLIARE I TAGLI
Stranieri in fuga
28
| 8 maggio 2013 |
|
+3.647
Cina
180.648
-13.606
Variazione
Paese di provenienza
Totale presenze
-15.558
Germania
181.320
Bolivia
172.412
+246
Italia
192.147
-24.984
-45.951
la politica dell’euro ha causato: «Il tasso
di cambio reale di tutti i membri meridionali dell’eurozona è diventato sopravvalutato, mentre è sottovalutato in gran parte
dei membri settentrionali».
Finora tutte queste conversioni hanno
portato a un unico allentamento dell’ortodossia: il dogma del 3 per cento di deficit massimo annuo tollerabile è stato
sospeso, le tempistiche di rientro dei deficit dei paesi in crisi allungate. Alla Spagna sono stati concessi da Bruxelles due
anni in più per rientrare sotto il tetto del
3 per cento, lo sfondamento di quest’anno previsto al 6,5 per cento sarà tollerato nonostante si fosse concordato un 4,5
per cento. Anche a Francia e Portogallo è
stato concesso un anno in più. I mercati sono tornati a comprare titoli di Stato dell’eurozona a tassi un po’ più bassi
delle aste scorse in mancanza di meglio,
visto il rallentamento dell’economia cinese e degli altri paesi Brics. Ma il peggio
non è passato: se Berlino non cambia
linea, l’uragano è solo rinviato. n
-14.799
delle misure di austerità, e invita i paesi come la Germania che hanno un forte
surplus commerciale (Berlino è arrivata a
un fenomenale 7 per cento) a spendere di
più per stimolare la ripresa nei suoi vicini in difficoltà. Bill Gross, che due anni fa
definiva il debito pubblico britannico «un
letto di nitroglicerina» e invitava a non
investire in quello statunitense giudicandolo rischioso, adesso dice: «Il Regno Unito e quasi tutta l’Europa hanno sbagliato
a credere che l’austerità, l’austerità fiscale nel breve termine, fosse la strada per
produrre vera crescita. Non lo è. Bisogna
spendere i quattrini». E persino l’Istituto
Bruegel, mai critico con le decisioni prese in sede europea, nel suo ultimo rapporto scrive: «La sequenza dell’azione politica
è importante. Senza credito, investimenti e crescita, è probabile che qualunque
riforma strutturale sia vittima del rigetto
popolare. Se la riduzione della spesa pubblica non produrrà risultati, il sostegno a
questa politica svanirà». Il Bruegel riconosce anche i disallineamenti valutari che
-1.550
Il primo censimento della Spagna moderna risale al 1857, e risultò che il
paese aveva un po’ più di 15 milioni di abitanti. Da allora la popolazione residente
è sempre aumentata di numero, con la probabile eccezione degli anni della Guerra
civile (1936-39), durante i quali però non si fecero censimenti. Il 1° gennaio di
quest’anno per la prima volta ufficialmente in più di un secolo e mezzo la Spagna
ha censito meno abitanti di quelli registrati l’anno prima. Fra il 1° gennaio 2012 e
il 1° gennaio 2013 i residenti totali, spagnoli e stranieri, sono scesi da 47.265.321
a 47.059.788, con una flessione secca di ben 205.788 unità. Gli emigranti sono
diventati più numerosi degli immigranti. Che dietro al fenomeno ci sia la difficile
congiuntura economica che da due anni il paese vive è intuitivo. La crisi spinge
all’esodo spagnoli di nascita, immigrati e stranieri da poco naturalizzati spagnoli. I
numeri dell’ultimo censimento non possono individuare la consistenza di queste tre
componenti; possono però dire quali sono i gruppi maggiormente interessati al ridimensionamento. I poco più di 47 milioni di residenti sono per l’88,3 per cento spagnoli e per l’11,7 per cento stranieri. Sono questi ultimi i protagonisti della flessione:
sono diventati 5 milioni e 520 mila, perdendo oltre 216 mila unità rispetto all’anno
precedente. Gli spagnoli di nascita o naturalizzati sono invece aumentati di poco
più di 10 mila unità. Le nazionalità che hanno conosciuto le più forti diminuzioni
sono gli ecuadoregni (meno 45.951 in un anno, un sesto del totale), i rumeni (meno
28.568) e i colombiani (meno 24.984). È curioso che solo due nazionalità straniere
registrano un aumento di presenze, seppure lieve, nel fatale 2012: la prima è quella
cinese (più 3.647), la seconda è quella italiana (più 246 unità). L’unica regione spagnola in cui la popolazione è aumentata l’anno scorso è Melilla, che in realtà si trova
in Africa. Le due regioni che hanno conosciuto la maggiore flessione (1,2 per cento
in meno di abitanti) sono Castilla y Leon e Castilla-La Mancha. [rc]
Romania
868.635
Marocco
787.013
Regno Unito
383.093
Ecuador
262.223
Colombia
221.361
E dopo l’annus horribilis della crisi
gli immigrati lasciano la Spagna
Variazione del numero di immigrati
delle principali nazionalità presenti
in Spagna rispetto al 2012
-28.568
SALDO NEGATIVO
Fonte: El País
LE NUOVE LETTERE
DI BERLICCHE
L’IRRUZIONE DELLA REALTÀ NEL MONDO DEI SOGNI
Accidenti al vecchietto che ci ha
smontato la democrazia del web
M
io caro Malacoda, come al solito abbiamo sottovalutato il fattore umano. Non il romanzo di Graham
Greene, la cosa in sé. Le lunghe fortune del sociologismo, la convinzione che è l’ambiente
a formare il carattere, il determinismo sociale che toglieva ogni responsabilità all’individuo, la quasi sparizione del concetto di colpa (tenuto in vita solo per sacerdoti pedofili
e politici ladri) ci avevano inconsapevolmente convinti che effet- ci siamo costruiti una realtà a nostra immagine.
tivamente andavano così anche AVEVAMO anche lo strumento che ci giustificava:
le cose: le forze che determina- la Rete. Napolitano È CAPITATO FRA i nostri PIANI
no l’assetto sociale indirizzano
inevitabilmente anche le decisioni dei singo- co, ha ridato possibilità di dignità alla politili. Fior di “scienziati” ci avevano spiegato che ca. È stata di più della soluzione di un problel’anima non esiste e che la libertà, come l’in- ma, è stato il ritorno della realtà. Per noi è la
namoramento, è un processo chimico-elettri- sconfitta più cocente, anche perché rimediata
co-neuronale. Abbiamo finito col crederlo, e a un passo dal traguardo, ma dobbiamo ancoabbiamo sostituito la realtà con le nostre pro- ra una volta ammettere che aveva ragione Doiezioni mentali. Di più, ci siamo costruiti una stoevskij: la realtà è testarda, puoi nasconderrealtà a nostra immagine e somiglianza. Ab- la con illusionismi vari, poi basta un bambino
biamo anche trovato lo strumento che ci giu- che urla: “Ma il re è nudo!” (e un vecchio libestificava in questo sogno: la Rete, il popolo del ro è un bambino con i più esperienza e autoweb, la e-democrazia. In Italia la vicenda sem- revolezza) e la costruzione che pareva scintilbrava funzionare alla grande, il candidato di lante di fascino crolla.
Non solo a Dostoevskij, dobbiamo dar ra4.677 persone era diventato “il candidato degli italiani”, il suo nome era ritmato da una gione anche a quel bambinone di Chesterton,
piazza, diventata per estensione “le piazze del che ci ha sgamati quando ha detto che «solo la
Paese”. 10,100,1000 persone invadevano vir- creazione di Dio è un’opera materiale, quella
tualmente tutte le case degli italiani grazie a del diavolo è puramente spirituale».
Continuiamo a riempire di sogni la testa
1, 2, 10 giornalisti che le inquadravano adoranti e le moltiplicavano con la loro cinepre- degli uomini sfruttando la verità del loro desisa. Forse per la prima volta dopo la fine del- derio – la lotta alla corruzione è sacrosanta, il
le ideologie un’opinione (non oso dire un’idea purismo della trasparenza assoluta ne è il priperché anche se sono un diavolo conservo un mo affossatore – ma inevitabilmente prima o
po’ di rispetto per la mia intelligenza) è tor- poi l’uomo che è adombrerà l’uomo che prenata prepotentemente e collettivamente a so- tende di essere.
Ci è capitato questo Giorgio Napolitano in
stituirsi alla realtà. Con la seria prospettiva di
ottenere il risultato sperato: dividere, divide- mezzo ai nostri progetti. Datti da fare, non sia
mai si realizzi quell’altra convinzione del Nere, dividere.
Poi è successo l’imprevisto, il classico gra- mico, «bonum diffusivum sui». Di contagionello di sabbia che blocca il meccanismo. Un so ci deve essere solo la malattia, soprattutto
uomo, uno solo, vecchio in un mondo di rotta- quella forma di demenza adolescenziale tipimatori e di nuovisti, ha detto sì. E ha rovescia- ca dei grilli che, come la mucca pazza, ha troto il tavolo. Con una decisione libera e autono- vato il modo di trasmettersi all’uomo.
Riprenditi.
ma, perché presa davanti a una responsabilità
personale e storica e non a un quadro politiTuo affezionatissimo zio Berlicche
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| 8 maggio 2013 |
31
L’ITALIA
CHE LAVORA
Il signore dei
giocaTtoli
La lezione del cavallo Galoppa, la scoperta dei chiodini,
la conquista dello spazio con un razzo che imbarazzava
gli scienziati. La storia dell’azienda di Stefano Quercetti
è una storia di famiglia. Iniziata nei cieli sopra Torino
quando un pilota di caccia mise le ali alla fantasia
L
ed è facile pensare che una volta sceso a terra un
po’ di quell’aria speciale gli fosse rimasta appiccicata addosso. Lo avevano chiamato alle armi, con l’incarico di pilota sottufficiale di aerei da caccia e bombardieri,
a far valere quel brevetto di volo conquistato per passione a diciott’anni, mentre lavorava come operaio aggiustatore alla Westinghouse, ma ora, che aveva qualche anno di più
e che la guerra era vivaddio finita, nessuno a Torino sembrava avere bisogno di Alessandro Quercetti. Finché, nel 1947, una piccola fabbrica di giocattoli, la Inco Giochi, gli offrì
un lavoro. Ed ecco cosa accadde in un colpo di schioppo: all’ex pilota, abituato a mettere
insieme pensieri, speranze e paure in un abitacolo a tremila metri d’altezza, il portafoglio prodotti della fabbrichetta, consistente in una sola rana con carica a molla di origine tedesca, stava ben stretto e in capo a pochi mesi si trovò a progettare, prototipare e realizzare con le proprie mani piccoli cavalli, tram, motrici, motoscafi, trattori e velieri mossi da molle e ingegnosi ingranaggi. Fu proprio tra i macchinari della Inco che nacque
il primo giocattolo di Alessandro Quercetti l’imprenditore e non più solo il progettista.
«La Inco venne travolta da problemi finanziari e nel 1950 mio padre decise di mettersi in proprio proponendosi al mercato con un nuovo marchio, Hopla, e una nuova creazione, il cavallo Galoppa: “Montai”, scrisse di quel periodo nelle sue memorie, “circa
900 cavalli. Eravamo presso Natale, mi affrettai a venderli girando per i negozi di Torino. Ma l’esito commerciale fu un fiasco solenne. La maggior parte dei cavalli si rompeva,
il motore si staccava dal corpo! A gennaio ritirai tutti i cavalli, pregai i commercianti di
32
| 8 maggio 2013 |
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assù il cielo era di un bell’azzurro,
La storia della
Quercetti è legata
profondamente
alla vita del suo
fondatore, il pilota
di caccia Alessandro
Quercetti (ritratto
a sinistra), un mito
italiano nella storia
del giocattolo
mondiale. A destra,
il figlio Stefano,
amministratore
delegato della
Quercetti ed erede,
insieme ai fratelli
Alberto e Andrea,
della passione
dell’ex pilota che
con i suoi chiodini
e i modelli volanti
continua a mettere
le ali alla fantasia
dei bambini di tutto
il mondo
avvisare a loro volta i clienti che li avevano acquistati.
Avrei sostituito la merce. L’anno successivo, al contrario, un incredibile, insperato, clamoroso successo”. Il
Natale successivo infatti le cose andarono decisamente meglio; riaggiustati e sistemati, vennero venduti in
pochissimo tempo 1.700 cavalli Galoppa. Con il ricavato papà rilevò la Inco Giochi e così inizia ufficialmente la storia della Quercetti». Stefano Quercetti è oggi
amministratore delegato dell’azienda di famiglia,
nonché erede insieme ai fratelli Alberto (responsabile
prodotto) e Andrea (responsabile export), della voglia
inesauribile di fare di papà Alessandro, scomparso a
90 anni nel 2010. Un ingresso in azienda tutt’altro che
scontato: «Laureato in ingegneria elettronica, ero tentato da una carriera diversa da quella respirata fin da
piccolissimo in famiglia. Ma alla fine, la certezza di
quanto avrei perso ha vinto ogni altra ambizione: ero
stato cresciuto in casa e potevo crescere nel lavoro con
il migliore dei maestri, la dote più preziosa. Lavorare
con mio padre è stato un onore. La lezione del cavallo
Galoppa, che non abbatté né fece vacillare di un millimetro la sua voglia di continuare a parlare la lingua
dei bambini e non quella del marketing, resta per me
una grande lezione di imprenditoria. Attualissima».
Sarà per questa fedeltà a una vocazione artigiana
e responsabile di ciascun giocattolo se oggi la Quercetti è l’unica azienda a livello nazionale a poter vantare
un controllo diretto della filiera produttiva: «A dispetto della crisi e di un sistema fiscale mortificante ogni
sforzo di intrapresa, abbiamo deciso di continuare a
produrre giochi formativi ed educativi, realizzandoli interamente in Italia e senza l’utilizzo di materiali o manodopera straniera. L’intero ciclo di produzione, dal concept alla spedizione, viene infatti svolto da
manodopera residente, nella nostra unica sede di corso Vigevano, a Torino». Scelte a dir poco sorprendenti
e in controtendenza con il resto del settore giocattolo
che hanno confermato il trend di crescita degli ultimi
anni anche per il 2012, chiuso con un fatturato pari a
circa 10 milioni di euro. «Il controllo dell’intera filie|
| 8 maggio 2013 |
33
L’ITALIA CHE LAVORA
Giochi semplici
ma geniali come
i popolarissimi
chiodini colorati,
o il missile Tor,
o modelli volanti
come il Sirius,
puntualmente
aggiornati, sono
in produzione da
mezzo secolo.
Come tutti i giochi
Quercetti, anche
questi classici
ineguagliabili
sono interamente
realizzati nella
sede di Torino
ra ci porta, coi nostri 68 dipendenti, a garantire i
tempi di consegna e il rispetto dei più alti standard di
qualità. E il mercato ci premia. Siamo presenti in oltre
40 paesi, riusciamo ad esportare giocattoli perfino in
Cina adempiendo al rigidissimo protocollo di Pechino.
Che a differenza dell’Unione Europea vigila con severità perché in Cina non entrino “cinesate”».
Ma come ha fatto Quercetti a conquistare il drago asiatico? Tutto ha avuto inizio il giorno in cui l’ex
pilota s’imbatté in quello che ancora oggi è non solo
il gioco più rappresentativo dell’azienda piemontese
ma anche il più popolare tra i giochi usati dai nonni, i
genitori e i bambini di oggi: i chiodini. Nato come gioco di composizione nella Francia degli anni Quaranta – allora fiammiferi di legno con capocchia di cera
«il giocattolo ha risolto uno dei problemi
più ardui della tecnica missilistica»
scrive l’Unità magnificando le incredibili
prestazioni del missile tor nel 1959
colorata utilizzati per creare mosaici multicolore su
una tavoletta traforata – nel 1953 Quercetti si accolla,
intuendone le grandissime potenzialità, le spese per
il brevetto italiano, apportando miglioramenti nella
produzione e nell’impiego dei materiali. Semplice ma
geniale, per decenni il gioco farà irruzione nelle case
di tutta Italia, dando vita a infinite composizioni, ispirando in più di un caso il mondo dell’arte contemporanea, fino a consacrarsi, per diffusione e capillarità,
vero e proprio fenomeno di costume.
Poteva fermarsi qui, Alessandro Quercetti. Oppure
poteva sfruttare l’esperienza acquisita in volo e l’entusiasmo scatenato dai primi lanci nello spazio negli
anni Sessanta. Tor nasce così: è un missile giocattolo
che sfrutta il meccanismo di lancio con la fionda fino
a raggiungere i cento metri di altezza. Ma è anche il
primo giocattolo in cui i princìpi dell’aerodinamica trovano applicazione: un meccanismo di apertura ritardata consente il rilascio del paracadute per il
rientro a terra senza danni del missile. «Gli scienziati
astronautici si trovano in grave imbarazzo: il giocattolo ha infatti risolto uno dei problemi più ardui della tecnica missilistica: il recupero non solo dell’ogiva, ma del razzo intero» scriveva l’Unità magnificando il bello del razzo giocattolo già nel 1959. Oggi Tor
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è ancora in produzione dopo più di 50 anni ed è in
assoluto il gioco Quercetti più venduto, con 14 milioni di pezzi distribuiti in tutto il mondo che vanno ad
affiancare numerosissimi altri modelli volanti prodotti dall’azienda. «Non è che un giocattolo, ma con
un braccio come il tuo può essere capace di evoluzioni incredibili, mi diceva papà consegnandomi i
modellini di aerei che non aveva ancora immesso sul
mercato. Tutti i giochi Quercetti sono stati testati in
casa, naturalmente, da me e dai miei fratelli».
Un’azienda ammirata in tutto il mondo
Giochi storici come il Trenino, tutto in plastica, che
si muove a “energia bambino”, giochi per l’infanzia
(come la nuovissima gamma Prime Costruzioni con le
Costruzioni magiche Poli Cubi e le barrette a incastro
Link), giochi didattici, giochi magnetici (come la fortunatissima serie di lavagnette con lettere e numeri calamitati), o ancora giochi esclusivamente pensati per le
bambine: la produzione media alla Quercetti è di settemila prodotti finiti al giorno, con punte nei periodi
di alta stagionalità di 15 mila pezzi. Le linee storiche
vengono puntualmente aggiornate e arricchite di referenze e certificazioni, mentre i fratelli Quercetti continuano a impegnarsi per rendere più spensierata la
vita di milioni di bambini in tutto il mondo.
Per questo continuano a raggiungere Norimberga,
sede del più florido artigianato del giocattolo, che rappresentò per Alessandro Quercetti un approdo significativo: «Torino era diventata grazie a lui la capitale
del giocattolo, l’International Toy Fair di Norimberga una tradizione da rispettare. Quando nel 2010 ci
consegnarono un riconoscimento per i cinquant’anni di presenza ininterrotta abbiamo capito che partendo da semplici chiodini avevamo edificato un’impresa a cui il mondo guardava e di cui dovevamo sentirci ancora più responsabili. Facciamo giocattoli da
sessant’anni trovandoci ogni volta a ricominciare a
imparare dai bambini, dalla loro capacità di scoprire
il mondo. Tutto quello che dobbiamo fare ora – conclude Stefano Quercetti – è di trovare altri “chiodini”.
Un altro gioco, un altro strumento semplice e geniale che ci premetta di continuare a costruire qualcosa
di molto grande». Qualcosa di tanto grande e visibile
anche lassù, dove il cielo è di un bell’azzurro e i grandi uomini guardano sempre avanti come i bambini.
Caterina Giojelli
l’evento
il tour banca generali un campione per amico
Una giornata di sport insieme
a quattro grandi azzurri
1
2
I
l 16 aprile il Circo Massimo è una palestra a cielo aperto, a migliaia ragazzini
d’ogni altezza affollano lo spiazzo nel cuore di Roma, ai piedi un paio di scarpe da tennis e in tasca l’entusiasmo di un’età a cui basta un solo splendido
giorno per cominciare una nuova avventura. Eccoli qui dunque, “atleti per caso”
tra i 6 e i 13 anni, protagonisti della prima giornata dell’edizione 2013 di Banca
Generali Un Campione per Amico, venuti ad allenarsi con l’aiuto di quattro Campioni con la C maiuscola, di quelli che vincono le medaglie d’oro ma si ricordano
sempre come tutto ha avuto inizio. Proprio a questo doveva aver pensato Adriano
Panatta, quando, nel 1998 insieme ad altri tre ragazzi che hanno fatto la storia dello sport, Andrea Lucchetta, Jury Chechi e Francesco Graziani, ha deciso di mettere il proprio talento al servizio dei più giovani. E veicolare attraverso una giornata
di sport vissuta insieme nelle piazze più belle d’Italia, valori come la dedizione, la
correttezza, la fiducia in sé e il rispetto per gli altri. Banca Generali Un Campione
per Amico è nato proprio così: come un’ora di attività fisica all’aria aperta in cui
ciascun ragazzo, senza alcuna distinzione di abilità, potesse giocare a tennis, pallavolo, calcio o fare ginnastica allenato personalmente da un ex ragazzo che sognava il podio olimpico. A promuovere la kermesse, in breve diventata l’iniziativa più importante che lega allo sport le scuole di tutta Italia, è per il quarto anno
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consecutivo Banca Generali: un sostegno arricchito dall’evocazione di messaggi e valori importanti,
frutto della spiccata sensibilità sociale della banca
leader nella gestione del risparmio delle famiglie.
L’edizione 2013 del tour che da sempre si distingue per la straordinaria partecipazione dei bambini si svolgerà dal 16 aprile al 30 maggio, coinvolgendo le onlus del territorio e facendo tappa anche
nelle città del terremoto: Reggio Emilia e L’Aquila.
3
la storia di brent
Coronare un sogno olimpico
in sella alla propria hand bike
Non solo sport. Banca Generali Un Campione per Amico
ha coinvolto le scuole dell’edizione 2012 anche con carta
e penna: “Componi il tuo sogno olimpico senza barriere”,
questo il titolo dell’iniziativa, ha visto i ragazzi cimentarsi
nell’elaborazione di uno scritto sul valore dello sport, un
diritto di tutti che non ammette differenze. E a ispirare i
ragazzi, ancora una volta, è stato un incontro: anzi, tanti
incontri. Quelli con quei campioni che di lì a poco avrebbero raggiunto Londra per le Paralimpiadi; quelli con i ragazzi disabili delle onlus del territorio, protagonisti come loro
di una lezione di educazione fisica all’aria aperta. E quello
con la storia di Brent Winters, protagonista di un docufilm
animato, Il Sogno Paralimpico di Brent Winters, nato da
un’idea di Andrea Lucchetta, realizzato in collaborazione
con Rai Fiction e il sostegno di Banca Generali, e sposato
dalla Fondazione Paralimpica e dal CIP. Una storia che
comincia il giorno in cui Brent, giovane promessa del
motociclismo che ha perso le gambe in un incidente, afferra un pallone da basket. Una sola presa, in cui torna ad
esprimersi potente la voglia del ragazzino di riprendere in
mano la propria vita e continuare a “dare gambe” ai propri
sogni sportivi. Sogni che lo porteranno in fretta lontano, in
sella alla sua hand bike, fino ai Giochi Paralimpici.
LE TAPPE
16 aprile
19 aprile
3 maggio
10 maggio
14 maggio
16 maggio
21 maggio
23 maggio
28 maggio
30 maggio
Roma
Siracusa
La Spezia
Lucca
Monza Reggio Emilia
Mantova
Brescia
L’Aquila
Treviso
Circo Massimo
P.za del Duomo
P.za Europa
P.za Napoleone
P.za Trento e Trieste
P.za Martiri del 7 luglio
P.za Sordello
P.za della Loggia
P.za del Duomo
P.za del Duomo
I NUMERI
Tredici edizioni in archivio, 130 tappe già percorse, uno staff
di 50 persone e oltre 270 mila studenti scesi in campo
i coach in campo
1. JURY CHECHI
Medaglia d’oro alle Olimpiadi di
Atlanta 1996 e bronzo ad Atene
2004. Sono questi i più grandi
successi che hanno reso Chechi
il Signore degli anelli.
2. ANDREA LUCCHETTA
Crazy Lucky è uno di quelli della
“generazione di fenomeni” che
hanno fatto parte della nazionale
italiana di volley più forte di tutti i
tempi. Ha vinto tutto.
3. ADRIANO PANATTA
Dal Roland Garros alla Coppa
Davis, passando per gli
Internazionali di Roma. Il più grande tennista italiano di sempre è
stato anche campione del mondo di
motonautica.
4. CICCIO GRAZIANI
Bomber dal grande fiuto del gol.
Uno scudetto col Torino, ma
soprattutto il Mondiale di Spagna
1982. Graziani ha avuto un passato anche da allenatore.
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STILI DI VITA
CINEMA
SEMPRE LE SOLITE CHIACCHIERE
Quando la rete sostituisce i bar
PRESA D’ARIA
di Paolo Togni
Q
uaranta o cinquant’anni fa molti passavano i pomeriggi al bar, dove al modi-
co prezzo di un paio di consumazioni acquisivano il diritto di sedersi a discutere con gli altri avventori abituali. Le discussioni vertevano stabilmente
su alcuni argomenti: innanzitutto lo sport, poi le donne, i fatti locali e la politica.
In tempo di guerra (vedi Trilussa) si sviluppavano le grandi strategie. Qualche conclusione raggiunta, qualche commento più arguto, venivano riportati a personaggi importanti, che liquidavano la cosa con uno sbrigativo: «Chiacchiere da bar». La
questione era chiusa, e nessuno si sognava di tornarci sopra.
Oggi i bar non sono più luoghi di aggregazione sociale in cui avvengono
scambi di opinioni. I frequentatori sono per lo più occupati a perdere soldi nelle macchinette, e non hanno voglia di interloquire. Ma è impossibile trattenere l’espansione del vapore surriscaldato, come irrefrenabile è la spinta di chi ragiona poco a parlare molto; e così lo sfogo necessario per l’aria fritta compressa
prodotta dagli sciagurati è stato trovato nella rete: Facebook e Twitter sono diventati circhi nei quali vengono esposte le peggiori imbecillità che mente pseudoumana possa immaginare. Del resto è naturale: così come al bar andavano gli
sfaccendati per farsi passare aria attraverso le corde vocali, così sulla rete è solo chi non ha niente di serio da
Facebook e Twitter sono
fare o da dire che si esprime. O
chi abbia interesse a promuodiventati circhi dove esporre
vere determinate idee o posile peggiori imbecillità. La
zioni gabellandole per comucandidatura Marini è stata
ne sentire; esatto, è il “sistema
sommersa da critiche. TEMPI
Beppe Grillo”: pochi imbroglioNUOVI E TEMPI MIGLIORI NON
ni che gestiscono molti babbei.
Ciò che passa nella rete è irSONO SEMPRE LA STESSA COSA
rilevante: non esprime un’opinione condivisa, non dà il senso di un orientamento attendibile, e molto di rado
il singolo messaggio è interessante.
Eppure nelle recenti elezioni presidenziali la candidatura di Franco Marini è stata sommersa da una valanga di messaggi critici o intimidatori, spediti ai
grandi elettori da un branco di sfaccendati di intelligenza corta, pilotati da marpioni che gestiscono per mezzo della rete i propri interessi.
Il fatto non depone a favore delle qualità umane e intellettuali dei grandi
elettori del Partito democratico che si sono fatti influenzare. Che decadenza!
Non dico Togliatti, ma neanche Scoccimarro si sarebbe fatto influenzare, per le
sue scelte politiche, dalle indicazioni del bar in piazza.
Tempi nuovi e tempi migliori non significa sempre la stessa cosa.
[email protected]
HUMUS IN FABULA
STUDI DI SETTORE
Agli stranieri piace
la casa in Italia
Mentre il mercato immobiliare è
ancora in sofferenza, aumentano
gli acquisti di case per vacanza
in Italia da parte di stranieri. A
livello europeo siamo al terzo posto, dopo Francia e Spagna per i
flussi di acquisti dall’estero. Nel
2012 le famiglie straniere hanno concluso circa 4.600 acquisti
spendendo 2,1 miliardi di euro,
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il 13,5 per cento in più rispetto
all’anno precedente. Secondo le
indagini di Scenari Immobiliari,
per il 2013 il giro d’affari complessivo dovrebbe essere di 2,3
miliardi di euro. L’investimento
medio per abitazione è simile a
quello del 2012, attorno ai 460
mila euro. Oltre quattro compratori su dieci provengono dalla Germania e si orientano verso
il litorale adriatico (da Lignano
a Cattolica), oppure scelgono la
Toscana o l’Umbria se hanno elevate disponibilità economiche. Al
secondo posto, molto distanziati, gli inglesi, mentre continua a
crescere la quota rappresentata
Hansel e Gretel:
cacciatori di streghe,
di Tommy Wirkola
Idea già vista,
ma niente male
Sopravvissuti a una disavventura con una strega,
Hansel e Gretel ne diventano cacciatori.
Massacrato dalla critica
americana che non ha perdonato al comico Will Ferrell (qui produttore) di puntare un attimino più in alto
delle solite vaccate, Hansel e Gretel non è così orrendo. Certo: arriva dopo
decine di film horror fatti meglio e l’idea di prendere personaggi delle fiabe
e trasformarli in supereroi
non è nuovissima. Del re-
HOME VIDEO
Il sole dentro,
di Paolo Bianchini
Storia nobile e vera
Due ragazzini, amici sul campo di calcio, decidono di tornare in Africa a piedi.
Film nobile per tematiche affrontate e perché mostra
un’Africa ignota, quella del villaggio affamato di N’Dola (Guinea) in cui due ragazzi vogliono
tornare. Tratto da una terribile
storia vera e diretto da un ambasciatore Unicef, il film è tanto sincero quanto slabbrato dal
punto di vista tecnico e narrativo, con protagonisti due giovani
vivaci ma molto in difficoltà sul
piano dell’interpretazione.
dai russi e da altri Stati dell’est.
Le regioni più richieste sono il
Lazio (con un forte peso della
capitale) e la Puglia, dove la preferenza è per il Salento e le isole. In crescita anche il Piemonte
e la Sicilia, mentre tornano gli investitori in Abruzzo.
lotta ai rifiuti
Svolta green nelle
cucine di New York
Non solo taxi elettrici. Questa
volta ad affiancare Michael Bloomberg nel suo progetto di restituire alla fine del suo terzo
mandato a City Hall una Grande
Mela più pulita e amica dell’ambiente sono stati gli chef: da Le
Bernardin a Momofuku, dai ristoranti di Mario Batali e Lidia
Bastianich a quelli di Danny Meyer, da Gramercy Tavern alla catena Shake Shack, cento tra i più
celebri templi della cucina e catene di fast food si sono infatti impegnati a ridurre del 50 per
cento la spazzatura prodotta
nelle cucine. Una svolta di grande “peso”: New York produce circa 20 mila tonnellate di spazzatura e ad essere responsabili del
70 per cento dei rifiuti commerciali sono proprio i ristoranti.
TUTTE LE NOVITà 2013
sto, se Lincoln ammazzava
vampiri, perché i due fratellini non dovrebbero spaccare la faccia alle streghe?
Non è terribile per una confezione decente e per i due
interpreti, Arterton e Renner che, nei panni di Gretel
e Hansel adulti, hanno un
po’ di carisma e non mancano di fisico. E poi il regista sceneggiatore, il norve-
gese Tommy Wirkola, prova
a metterci del suo: tenta persino la strada dello humour
macabro che aveva segnato
il suo film precedente, Dead
Snow, uno splatterone con
protagonisti nazisti zombie. visti da Simone Fortunato
COMUNICANDO
UN NUOVO PORTALE
Un aiuto per quando
le cose non vanno
Tre professionisti impiegati in
settori diversi: un avvocato,
Giorgio Vaccaro; un medico,
Alberto Eibenstein; una psicologa, Sofia Canapini. Insieme
hanno deciso di mettere a disposizione le loro competenze
professionali in un portale web
molto particolare: “La mia famiglia è complicata”
Il “caro” viaggio
per la Sardegna
Il regista
Tommy Wirkola
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
L
e novità di quest’anno per chi vuole raggiungere a tutti i costi, è il
caso di dirlo, la Sardegna. In attesa della decisione dell’Antitrust, prevista per fine maggio, che, dopo due anni di accertamenti, dovrà confermare
o no l’ipotesi della regione sarda e delle principali associazioni dei consumatori circa un presunto cartello di tutte le compagnie private di navigazione
che dal 2011 hanno aumentato dal 30
al 70 per cento le tariffe dei traghetti.
Sostanzialmente le novità per attirare i
turisti, più di due milioni in meno negli ultimi anni, sono tre, considerando
che il prezzo dei traghetti si è stabilizzato, quello degli aerei, soprattutto delle compagnie low cost, è decisamente
più competitivo (per approfondimenti
e per cercare di partire leggete sul mio
blog) e che il prezzo degli affitti è sceso anche della metà. La prima novità è
che, da nord a sud, aumentano i gruppi di albergatori e gestori di villaggi che
offrono pacchetti completi, comprensivi di alloggio e viaggio con sconti evidenti che diventano molto sostenuti in
alcuni periodi estivi. C’è poi la novità
lanciata quest’anno dalla compagnia
Tirrenia: è possibile comprare il biglietto del traghetto, che costi almeno 300
euro e fino al 31 maggio, in dieci rate
senza interessi. L’ultima è che per raggiungere la Sardegna molti traghetti
sono tornati alle 11 ore di viaggio, causa caro carburante. Come negli anni
’90, non fosse per il prezzo.
mammaoca.wordpress.com
(lamiafamigliaecomplicata.it),
un luogo virtuale dove intercettare le domande, i dubbi e
le preoccupazioni di chiunque
si trovi in un momento, anche
economico, difficile e delicato
della propria esistenza familiare. Un esempio potrebbe essere la fase di separazione.
«In buona sostanza anche un
avvocato può andare verso chi
ha bisogno di un aiuto e “offrirlo” senza perdere né professionalità né considerazione sociale», racconta Giorgio
Vaccaro. «Quando questo aiuto gratuito viene coordinato e
offerto anche per le questioni
psicologiche, mediche e fiscali legate alla famiglia vuol dire
che è nato un modo nuovo di
“porgere la propria competenza” a chi ne ha bisogno».
Talvolta l’aiuto è anche diretto al proprio settore di riferimento. Proprio lo scorso lunedì 29 aprile, presso la Corte di
appello di Roma, si è tenuto un
convegno organizzato dall’Associazione Circolo Psicogiuridico di cui l’avvocato Giorgio
Vaccaro è presidente: “Spunti per una corretta lettura dei
Modelli Reddituali nella separazione e nel divorzio”. La fine
di un matrimonio rappresenta
per tutti un momento di difficoltà a livello affettivo, familiare e pure economico. Proprio
in questo delicato momento,
per entrambi i coniugi, il “rapporto economico di coppia”
muta. Ecco quindi che diventa
fondamentale riuscire a utilizzare al meglio il Modello Reddituale come strumento per
deliberare quanto resta nelle
tasche di chi sarà poi costretto
a pagare gli assegni di separazione, dopo aver pagato non
solo le tasse, ma anche quelle
spese che si sono assunte nel
corso della vita in comune.
Giovanni Parapini
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Tempi
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Beppe Grillo e Casaleggio?
Meluzzi: «Il M5S è una setta
messianica e millenarista»
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Bergomi e Spagna ’82: «La forza
era il gruppo. Come nella
Nazionale di quest’anno»
di Luigi Amicone
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Nazionale di quest’anno»
era il gruppo. Come nella
Bergomi e Spagna ’82: «La forza
di Luigi Amicone
per la famiglia»
le magnifiche giornate milanesi
Papa: «Come ho vissuto
di Carlo Candiani
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«Una follia anche economica»
Bologna, referundum anti-paritarie.
di Antonio Simone
del nuovo compagno di cella
Simone: Il segreto (rivoluzionario)
TUTTI GLI ARTICOLI
di Oscar Giannino
di religione
spread, ormai è una guerra
Giannino: Altro che debiti e
PER PIACERE
ANTICA TRATTORIA DEL GALLO, GAGGIANO (MI)
Costoletta alta e umorosa
pollo alla diavola da manuale
IN BOCCA ALL’ESPERTO
AMICI MIEI
LIBRI
Il significato della
cresima secondo
il cardinale Bergoglio
Il nuovo libro illustrato di Piccola Casa Editrice dedicato ai ragazzi si intitola «Gesù vi dà la
forza» (48 pagine, 12 euro). È rivolto, in particolare, ai cresimandi e a coloro che stanno iniziando il percorso di preparazione al
sacramento della confermazione. In questo libro papa Francesco ci guida alla scoperta del
valore e del significato della cresima attraverso alcune omelie che, da cardinale, ha pronunciato ad alcuni cresimandi della
diocesi di Roma, riconoscendo
senza timore che «Gesù è l’unico
che può fare nuove tutte le cose». A cura di Daniele Ciacci con
illustrazioni di Franco Vignazia, il
testo contiene inoltre la testimonianza della vita di alcuni giovani santi e beati, cambiati dall’incontro con Gesù fino a decidere
di dare la vita per Lui. Da queste
storie emerge con chiarezza che
il cristianesimo compie la vita di
ogni uomo, ricordandoci – con le
parole di papa Francesco - che
«non noi, ma Gesù ci dà la forza
per essere cristiani veri».
di Tommaso Farina
B
Milano, direzione sud-est, per
trovarsi in un altro mondo: risaie, campi, immense campagne, cascine. Una vera evasione dal logorio della vita
moderna. Se poi vi fermate in qualche ristorantino, tipo l’Antica Trattoria del Gallo, a Gaggiano (Milano), la sensazione sarà ancor più incantevole.
Un posto bello, riposante, con sale confortevoli, e un bellissimo pergolato per mangiare anche fuori, se il Signore dei piani alti lo permette: attorno, uccelli che cantano, stormire di fronde,
qualche occasionale auto che passa senza disturbare.
E nel piatto? Cucina tradizionale, ma anche piatti “fosforici”,
ossia piccole invenzioncine che piacciono, eccome. D’antipasto,
d’inverno e d’estate, qui c’è il cotechino: lo facevano in casa i vecchi gestori, lo fanno i “nuovi” (che poi sono qui da tanti anni), con
immutato risultato gustativo. Se no, la selezione di salumi spagnoli, o il delicatissimo Uovo 61. In questo caso, 61 sono i gradi a
cui è cotto: ne origina una sorta di via di mezzo tra uovo alla coque e uovo in camicia, che ben si sposa a una suadente crema di
Parmigiano e a verdi, croccanti asparagi di stagione.
Primi piatti? Potete scegliere il piatto bandiera: ravioli di carne al burro versato e Parmigiano 24 mesi. Se no, lasagnetta di
asparagi, stracchino e patate; oppure spaghetti con bottarga di
tonno e agrumi.
Di secondo, due piatti valgono il viaggio. Il primo è la costoletta (non scordate la “s”) alla milanese, proposta sia bassa e ben battuta, sia (ed è ancor meglio) alta, umorosa, leggera, rispettosa della tradizione. L’altro piatto da ricordare è il pollo alla diavola, che
richiede trenta minuti di cottura. Ambedue vanno alla grande se
accompagnati dalle mitiche patate casalinghe, tipo chips. C’è anche altro, come il rognone di vitello rosato con spinaci e sesamo,
o il filetto di baccalà con verdurine primaverili.
Imperdibili i cannoncini alla crema, per dessert. Spesa di 50
euro. Menù bambini a 17 euro. Grande cantina.
asta uscire pochi chilometri da
Per informazioni
Antica Trattoria del Gallo
www.trattoriadelgallo.com
Via Kennedy, 1 – Loc. Vigano Certosino Gaggiano (Milano)
Tel. 029085276 – Chiuso lunedì e martedì
FILM
Pablo Dominguez,
sacerdote “normale”
È il documentario più visto nella
storia della Spagna. L’ultima
cima è uscito nel 2010 in 4 sale
a Madrid; nel giro di un mese
veniva proiettato in 168 cinema
in tutta la Spagna, dove nel
2011 ha vinto il premio del Cec
– Premios del Círculo des Escritores Cinematográficos (meglio
noto come il Cinema Writers
Circle Awards) – per il miglior
documentario. Eppure la pellicola parla della vita di don Pablo
Dominguez, un giovane prete di
42 anni, non un vescovo, non un
missionario, neppure un parroco,
semplicemente un sacerdote
“normale”: Pablo Dominguez,
sacerdote madrileno morto nel
febbraio del 2009 a 42 anni, in
un incidente mentre scendeva
dalla cima del Mocayo. L’ultima
Cima, del regista spagnolo Juan
Manuel Cotelo, mostra un tipo
di sacerdote di cui nessuno
parla: generoso, allegro, attivo,
umile. Sacerdote che serve Dio
nell’anonimato, aiutando il prossimo: semplicemente un buon
sacerdote. Nato a Madrid il 3
luglio 1966, diventa sacerdote a
24 anni. Era dottore in Filosofia
e Teologia, ha pubblicato sette
libri e decine di articoli. I dodici
giorni prima della sua morte
sono stati il fattore scatenante
di questo documentario. Il
regista, che aveva conosciuto
per caso il giovane sacerdote, ha
rivelato di non riuscire a credere
che una persona fosse «davvero
così buona». Per questo si è
messo a investigare sulla vita
del sacerdote, quasi per coglierlo
in fallo. Ma più procedeva, più
l’impressione iniziale lo travolgeva con un’infinità di fatti. In lui
è emersa la domanda su come
fosse possibile vivere così intensamente l’esistenza, a un livello
quasi umanamente impossibile,
scoprendo che «se lo desideri
può accadere anche a te». Nel
documentario parlano bambini,
adulti, ricchi, poveri, gente della
strada, vescovi, preti, madri, padri, amici e familiari: «Mi diceva
che potevo chiamarlo a ogni ora
del giorno e della notte»; «durante una fiera del libro di Madrid
lo vidi parlare agli anarchici
con allegria, e quelli imbarazzati erano loro»; «mi guardava
come la cosa più importante al
mondo»; «si preoccupava solo
della salute altrui mentre lui
era stato ricoverato 47 volte»;
«predicava e insegnava teologia
con una semplicità che capivano
i bambini»; «in un giorno teneva
conferenze, confessava un
convento intero, scriveva libri,
visitava i poveri, sembrava
vivesse 48 ore. Ti chiedevi
come potesse essere sempre
dappertutto». Pablo sapeva che
sarebbe morto giovane e voleva
farlo in montagna. Le ultime
parole che disse alla sua famiglia
per telefono, pochi minuti prima
di morire, furono: «Sono arrivato
alla cima». Al suo funerale erano
presenti più di tremila persone,
tra cui ventisei vescovi.
Per organizzare proiezioni del
film visitate il sito internet
www.laultimacima.it.
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41
MOBILITÀ 2000
DI NESTORE MOROSINI
UNA BERLINA PEUGEOT DI GRANDE APPEAL
508 RXH, l’ibrida
che consuma poco
I
l gruppo Psa, che comprende Peugeot
e Citroën, è stato tra i primi a mettere a punto un sistema di propulsione ibrida che conta su un motore turbodiesel. Ho avuto modo di guidare una
berlina 508 RXH, che si pone ai vertici
della gamma ed è stata studiata per un
uso ognitempo.
La 508 RXH ha quattro modalità di
utilizzo. Scegliendo quella automatica,
si lascia al sistema di gestione il compito di far lavorare in alternativa oppure
insieme il turbodiesel e l’elettrico. I consumi sono molto promettenti, con una
media omologata di 4,1 litri per 100 chilometri. Con un pieno da 107 euro più
50 euro di gasolio ho percorso 1.640 chilometri, fra Lombardia, Marche, Emilia
e Toscana.
In modalità Sport, i due motori spingono alla ricerca delle massime presta-
L’elegantissima
silhouette della
Peugeot 508 RXH
Hybrid con cambio
automatico. I sedili
della versione top
sono in pelle
zioni: con potenza complessiva di 200 cavalli, la
508 RXH può toccare i 213
km/h e accelerare da 0 a
100 all’ora in 8,5 secondi.
Poiché il motore elettrico
agisce sulle ruote posteriori, l’auto è di
fatto una quattro ruote motrici, modalità selezionabile autonomamente, indicata dalla sigla 4WD. La vettura può essere
usata anche in modalità esclusivamente
elettrica, ma solo se le batterie sono almeno a metà carica e solo per una distanza di 3-4 chilometri a 60 km/h.
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| 8 maggio 2013 |
43
POST
APOCALYPTO
IL SENSO DELL’INNAMORAMENTO. LETTERA DI UN’AMICA
«Sono solo una schifosa
che voleva rubare
il marito di un’altra?»
C
aro padre Aldo, desidero raccontarti di un fatto imprevisto. Nella routine consolidata di
tutta la giornata (vedere sempre gli stessi amici rassicuranti e con reputazione di ciellini di
spicco, ritmo regolare dedicato a cose buone: marito, figli, caritativa e quant’altro) ho iniziato a vedere un’insufficienza, a provare un disagio. Mi pesava passare i sabato sera criticando gli
altri. Ero stanca di respirare un’aria “consumata” dove Cristo veniva nominato, ma non era lì. Ho
dato ascolto a questo fastidio che sentivo, e guardandomi attorno ho riconosciuto la mia stessa
esigenza in altri amici che conoscevo più superficialmente. Una persona in particolare è stata per
me come una finestra che si è aperta su tutto quello che avevo dimenticato. Ma lo è stato nel modo che meno avrei immaginato, né desiderato, perché è cresciuta tra noi un’affezione “impossibile”, avendo entrambi una famiglia. È stato un terremoto nella mia vita.
Non ho mai avuto dubbi su quale fosse la mia strada, ho sempre speso tutte le energie per la mia
famiglia. Sono stata perciò obbligata a ritrovare ogni giorno il motivo del mio star lì. È stato il sorriso di Dio per me, da subito ho riconosciuto che quella persona era questo: la crepa attraverso
la quale ho di nuovo incontrato Dio che era diventato solo una parola. Chi mi sta intorno mi guarda come una che ha sbagliato e sta sbagliando. È vero, ma non è tutto… e lo so. Per me è stato un
regalo poter amare quella persona, Dio se ne è servito per raggiungermi. Diverse persone si sono
preoccupate perché potevo disobbedire alle “leggi”. Quasi tutti quelli che prima si dicevano miei
amici, ora non mi salutano più, per loro sono solo una schifosa che voleva rubare il marito a un’altra donna; una persona che ha messo in imbarazzo la “brava gente”.
Tante volte ho chiesto al Signore che mi togliesse di mezzo, ho persino sperato di morire. Ma ogni
mattina riaprivo gli occhi e iniziava un’altra giornata, lunga, vuota, insopportabile. Poi, come d’improvviso, ho cominciato a guardarmi diversamente: aprire gli occhi non era la mia volontà ma la
Sua. In questi ultimi anni ho dovuto riconsiderare tutto della mia vita e di come guardavo la realtà. Mi sono chiesta chi fossero gli amici veri. Ho imparato a intercettare gli occhi di chi ha nel cuore il mio stesso urlo, e mi sono accorta che Cristo arriva a me senza seguire i miei schemi.
Dentro di me si è spezzato qualcosa. Ora mi
immergo nelle occasioni che Lui mi offre ogni
Finalmente Dio ti sta
giorno. Che siano cose belle o brutte, so che il
dando la possibilità
legame con Lui ha la forma di questa realtà.
Attraverso la “mancanza” di una persona che
di essere una donna,
ho amato e che amo, Cristo mi ha portato a riuna sposa e una madre.
conoscere la “mancanza” di Lui. Senza questa
nostalgia non vivrei più.
Innamorarsi non è
Sin da quando ero bambina ho sempre chiesto
un peccato, anzi, in
al Signore che mi togliesse la paura di morire,
perché mi angosciava il pensiero di dover esuna situazione come
sere strappata da tante cose belle per andare
la tua, così borghese,
verso qualcosa di incerto. Ora non ho più questa paura, e non certo perché non vedo più cocosì tiepida, è stata
se buone e belle. Ora non riesco più a guardare
una grazia che ti ha
le stelle senza desiderare di vederle tutte e per
messo sottosopra
sempre; tutto porta a una promessa di gran-
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Georges
De La Tour,
La Maddalena
Penitente
(1630-1635),
Parigi, Louvre
dezza che vorrei adesso. A volte ho paura di
essere ingrata della vita che mi è data. Ho paura di essere così ottusa da non vedere il centuplo quaggiù. Forse ho un’idea sbagliata del
centuplo, come se dovessi ridere dalla mattina
alla sera. Penso anche però che le cose umane
che si possono vivere sono indispensabili per
intuire che esiste una pienezza.
Come i discepoli di Emmaus
Forse il dolore ha bisogno del suo tempo, non
per andarsene, ma per farmi fiorire. La mia
unica ricchezza è questa tristezza che mi fa
cercare Lui. Per ora non vedo qualcosa di più
prezioso. Potrei magari essere più allegra ma
anche altrettanto disperata. Capisco che non
sono affatto delle parole quando leggiamo
che Lui vuole diventare il “centro affettivo”
del nostro “io”: a me pare di sentirLo fisicamente farsi spazio nel mio cuore, e questo mi
toglie ogni paura o ansia. Ti ho ascoltato due
anni fa raccontare di te, e cerco sempre le cose che scrivi, anche dei tuoi bambini, perché
sono vere e le vorrei fare mie, perché quella è la vita vera. Capisco adesso quando dicevi di sentirti come i discepoli di Emmaus: tristi
mentre andavano e felici mentre tornavano.
Anche a me succede. Per tutta la vita ho cercato i Suoi “beni”, ora inizio a vedere e a sperimentare che Lui si sta dando a me.
Lettera firmata
di Aldo Trento
don Giussani mi disse:
«il tuo cuore è come
un bicchiere. Se è zeppo
di acqua impedisce
che una cosa esterna
entri; ma se è vuoto
può riempirsi di tutto.
Così se il tuo cuore
è pieno di Cristo
nessuno potrà entrare,
ma se non è zeppo di
cristo, qualsiasi cosa
potrà contaminarlo»
C
arissima, ti ringrazio della tua lette-
ra, perché è un segno evidente del modo con cui il Mistero ci scuote dal letargo, da quella fede mondana e borghese con cui
viviamo l’esistenza.
Cantava l’amico Claudio Chieffo: «Io ero un uomo tranquillo, vivevo bene del mio, facevo anche gli onori alla casa di Dio… ma un giorno
venne quell’uomo…». Scriveva Camus: «La cosa peggiore non è avere un’ anima cattiva, ma
averne una bell’e fatta».
La società di oggi assomiglia a quei fiumi brasiliani pieni di piranha. Uno ci cade dentro e in
pochi minuti diventa uno scheletro bianco. Che
ne faremo di questi “morti viventi” che, non
avendo un’anima alla mattina, non la potranno
avere neppure a mezzogiorno? Quanto tu affermi di te e dei tuoi amici è l’evidenza di questi “morti viventi”. Dice l’Apocalisse: «Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo,
sto per vomitarti dalla mia bocca…». Poi un
giorno, per una grazia particolare, è arrivato
quell’uomo. È accaduto un fatto che ha messo
a soqquadro la tua vita, svegliandoti, facendoti
vedere tutta la tua apatia, il tuo borghesismo.
Apparentemente avevi tutto ma all’improvviso ti sei accorta di non avere niente. Non basta un marito, dei figli, una bella casa, dei buoni
amici per essere felici. Il cuore non può vivere
per cose così piccole, anche se buone e belle. Il
cuore vuole l’infinito; ma se il nostro cuore non
è pieno di questo irriducibile desiderio, qualsiasi cosa può entrare con l’illusione di riempirlo.
Ricordo sempre quel giorno che per una questione simile alla tua sono andato da don Giussani che, conoscendomi, mi disse: «Finalmente stai diventando un uomo! Vedi, il tuo cuore
è come un bicchiere. Se è zeppo di acqua trasborda, impedendo che una cosa esterna entri;
ma se è vuoto può riempirsi di tutto. Così se il
tuo cuore è pieno di Cristo nessuno potrà entrare, ma se non è zeppo di Lui, qualunque cosa potrà entrare contaminandolo». È ciò che ti
è accaduto e di cui sei cosciente.
Quando sono diventato adulto
Finalmente Dio ti sta dando la possibilità di essere una donna, una sposa e una madre. Innamorarsi non è un peccato, anzi, in una situazione come la tua, così borghese, così tiepida,
è stata una grazia che ti ha messo sottosopra.
Però mi permetto di chiarire una cosa prima
di continuare. Innamorarsi non significa andare a letto con un uomo o con una donna o lasciare il marito o la sposa o il sacerdozio. L’innamoramento è qualcosa di non programmato
e che può accadere a qualsiasi essere umano
normale. E quando è vissuto bene, quando lo
affidi a una persona adulta nella fede, può ridestarci dalla routine nichilista. Nel tempo si
stabilirà una diversa percezione di te e di tutto, pur dentro il dolore che ti stravolge perfi-
no la testa e lo stomaco; cresceranno in te una
coscienza e una certezza più acute e durature
della propria vocazione, della propria responsabilità. Per cui sono davvero meschini quelli che, invece di accompagnarti e sostenerti in
questa tua situazione, si sono permessi di giudicarti. Ma non preoccuparti perché le «razze di vipere e di sepolcri imbiancati» sono tante anche fra di noi.
Quando ripenso alla mia storia, provo un senso
di ironia ricordando le stesse cose che tu scrivi. Guarda alla positività che l’accaduto ha generato nella tua vita. Cosa c’è di più bello di
ciò che disturba il nostro tran tran quotidiano,
di ciò che ci rimette in discussione di fronte a
Cristo, di ciò che ci permette di riprendere coscienza e responsabilità della nostra vocazione? Tutti i giorni siamo richiamati dagli incontri di Zaccheo, della Maddalena, di Levi, della
samaritana con Gesù. Persone che vivevano
una vita disordinata. Ma pensa che razza di
cambiamento è avvenuto dopo l’incontro con
Cristo. I loro occhi, pieni di quella misericordia,
non si staccavano più da Lui.
Che dolore quando dici che fra voi si nomina
Cristo, «ma Cristo non è lì». Per quegli amici,
invece, Cristo era diventato “i loro occhi”. Così
come accade a te.
Allora vai alla radice dell’accaduto per poter
essere ancora di più donna, sposa e madre.
[email protected]
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LETTERE
AL DIRETTORE
Chi viene al Meeting sa
che Letta non inciucia
ma è sulla via maestra
F
inalmente abbiamo un governo, anzi un “governicchio”.
Sì perché questo “governicchio” è costituito, in massima parte, da figure di terzo e quarto livello, da veri
e propri delegati, in particolare quelli del Partito democratico, i cui veri mandanti non amano rischiare di esporre la
propria faccia. Infatti dietro alle quinte troviamo gli Amato
(che tanto amato non è), i D’Alema, i Monti. Questi delegati
non sono altro che esecutori (sacrificabili) di ordini, provenienti dai loro mandanti. Questo è il governo presidenziale,
partorito dalla Casta, dopo quasi due
mesi dalle ultime elezioni politiche. In
mezzo a tanta nullità, si nota sempre
la lunga mano della Trilaterale, gruppo Bilderberg di massonica provenienza, la cui presenza ha onorato tutti i
governi italiani dal dopoguerra a oggi e onorerà anche i futuri (se ce ne
saranno ancora). E questo sarebbe il
tanto decantato governo politico d’alto profilo? O un governo balneare, in
cui le porzioni della torta sono state
mantenute sostanziose, lontane dalla
eventuale condivisione grillina, che le
avrebbe diminuite notevolmente. E poteva mancare il battesimo del fuoco,
con lo strano e discutibile attentato
del solito “squilibrato”? Ma… manipolato da chi? Sicuramente dalla disperazione! Troppe parole incandescenti
e in libertà possono portare a questo e
altro. Ecco cosa siamo costretti a subire a causa di una legge elettorale,
di una Costituzione obsoleta e di una
struttura statale che sono vere e proprie anomalie e non solo in Europa. Stelio Bonsegna via internet
Leggo e non approvo una virgola. La
sua lettera è l’esatto elenco di tutto
il robivecchi da cui ci libererà quello
che lei chiama “governicchio” e che
invece è un tosto governo di salvezza nazionale, sotto l’alto patrocinio
del Presidente. Evviva la Repubblica. Abbasso i repubblichini.
2
Nelle mie sistematiche frequentazioni del Meeting di Rimini, uno degli appuntamenti che ho sempre seguito
con maggiore attenzione è stato l’incontro proposto dall’Integruppo per
la sussidiarietà, un insieme di parlamentari trasversalmente orientati che, senza dimenticare le differenti
storie culturali e politiche, hanno ritenuto di sposare l’obiettivo di un confronto sereno, teso a guardare all’altro non come a un irriducibile nemico
da battere ma come a un essere umano con cui dialogare, rendendo la dialettica parlamentare meno aspra e più
costruttiva. Quando è nato il governo
Letta, il mio pensiero è andato subito con piacere alla constatazione che
dell’esecutivo, a partire dal premier,
fanno parte animatori di quel gruppo di lavoro e dei tanti incontri proposti a Rimini, come Alfano , Lupi, Mauro. Nessuno pretende che le intese tra
soggetti diversi si trasformino in plebiscitarismi, ma soltanto che ci si renda conto che nel superiore interesse
del paese occorre cercare di far convergere gli sforzi comuni sulla soluzione di problemi che sono percepibili da
tutti. Con questo spirito formulo i migliori auguri ai componenti il nuovo
governo, sperando che il senso di responsabilità, portato a valorizzare ciò
che può unire invece di enfatizzare ciò
che ancora divide, possa adoperarsi
per un miglioramento delle condizioni generali della nostra Italia, sia realizzando riforme strutturali relative
all’assetto dei poteri statuali, sia concorrendo a rilanciare il potere d’acquisto di famiglie e imprese, alleggerendo un fisco troppo esoso che ha di
fatto inesorabilmente mortificato quel
ceto medio che è stato a lungo il polmone della nostra economia. Daniele Bagnai Firenze
Baci e abbracci, sottoscrivo in toto.
2
La vicenda di Ambrogio Crespi è emblematica, è l’esempio dell’utilizzo
strumentale di una norma del codice di procedura penale che prevede che la custodia cautelare in carcere sia l’extrema ratio e non la regola.
Dovrebbe essere la misura cautelare applicata quando tutte le altre risultano inefficaci, per pericolo di fuga,
di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove. La logica dice che
se c’è stato il rinvio a giudizio le indagini sono concluse, pertanto il rischio
di inquinamento delle prove è inesistente. Il pericolo di reiterazione del
reato, che deve essere riferito allo specifico capo d’imputazione, nel caso di
Ambrogio Crespi appare quantomeno improbabile visto che non ci sono
all’orizzonte elezioni e di conseguenza ipotetici voti da condizionare. Il pericolo di fuga rientra tra quelle condizioni oggettive che lasciano spazio
a interpretazioni fantasiose: è sempre invocabile quando vengono meno
gli altri presupposti. Ma in questo cadi Fred Perri
SEMPRE GOVERNATIVO
Q
ualche anno fa, un allenatore di pallanuoto, diventato ct del Settebello, era convinto che io ce
l’avessi con lui. In precedenza l’avevo criticato e gli era rimasto lì. Succede sempre così e non soltanto nello sport. Aveva rimosso tutte le buone parole
spese per lui e si ricordava solo quelle negative. Vabbè. La verità era che non mi esaltava, certo, ma non ho
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mai scritto di nessuno male solo per il gusto di farlo.
Quella volta lì ci trovavamo in un posto lontano, ad
un oceano di distanza da qua, e quello se ne esce, dopo una sconfitta, e dice: «Siete contenti che ho perso,
eh?». Sbagliato. Gli ho levato la pelle, scrivendo che
ho sempre tifato per la nazionale, da quando la allenava il mitico Bandy Zolyomy a quando in panchina
Foto: AP/LaPresse
Io non tifo mai contro l’Italia
tanto meno quando gli altri gufano
[email protected]
so ci troviamo di fronte a una persona che professa la propria innocenza e
ha tutto l’interesse a difendersi, a vedersi riconosciuta l’estraneità ai fatti, per quale ragione dovrebbe sottrarsi al giudizio? Quando non sussistono
i presupposti per trattenere in carcere una persona perché vengono meno
le esigenze cautelari, è inevitabile parlare di accanimento giudiziario e la custodia cautelare diventa una mera anticipazione di una pena che con tutta
probabilità non verrà mai inflitta. E allora sorge spontanea una domanda:
perché non ai domiciliari? Forse perché il carcere serve a distruggere fisicamente e psicologicamente un uomo
portandolo a vedere come unica via
d’uscita l’ammissione di responsabilità
che non gli appartengono? Ma questa
si chiama tortura, e siccome in Italia
il reato di tortura non esiste, è tutto
a posto, dormite sonni tranquilli e do
mani toccherà a un altro.
Claudio Bottan diversamente libero
Non solo tortura, è colpirne 1, 10,
100, 1000 per far capire chi comanda sul serio in questo paese.
IL NUOVO FASCINO DEL MESSAGGIO EVANGELICO
Rotto l’assedio del turbocapitalismo
la Chiesa vive una primavera cristiana
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
I
l Novecento è stato il secolo della grande disillusione. L’illusione era quella della fi-
ne dell’Ottocento, quando si pensava che, sull’onda del progresso, si sarebbe arrivati a un’epoca di pace, di luce e prosperità. Invece è cominciato un secolo di
tragedie spaventose: le due guerre mondiali, l’Olocausto, l’atomica, i gulag… A metà
del Novecento c’è stato un rigurgito di saggezza dopo tante atrocità. In Italia una ripresa economica (grazie soprattutto ai politici cattolici) ha creato una fiorente classe
media ma il liberismo di Reagan e della Thatcher ha rilanciato la corsa selvaggia del
capitalismo senza regole a vantaggio dei pochi ricchi e a svantaggio dei poveri sempre più poveri e numerosi. Eppure s’intravede la via d’uscita che non è quella delle
ruggenti economie orientali o di alcuni popoli emergenti. La via d’uscita sta nella ricomprensione del cristianesimo. Mentre i media mondiali attaccano la Chiesa cattolica appigliandosi ad ogni pretesto, i Papi dal ’78 in poi hanno rotto l’assedio della
cultura illuminista-capitalista presentando con un nuovo fascino il messaggio evangelico. Papa Francesco parla il linguaggio di Gesù: le pecore, la vecchietta, il perdono,
l’autenticità che smaschera i farisei… e si mette a capo di una rivoluzione silenziosa che ha come meta non più Mammona ma il Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Devo accorgermi dell’importanza di ciò che sta accadendo e devo lasciar spazio alla preghiera non solo per me ma per una nuova primavera della civiltà che sarà cristiana.
2
Ho visto in televisione la pubblicità
della presidenza del Consiglio che invita ad avere eguale rispetto per uomini, donne, gay e lesbiche. Ho due
nipotine (6 e 4 anni e mezzo) interessatissime a conoscere i contenuti di
nomi, aggettivi e avverbi che sentono per la prima volta. Di istinto (come tutti i bambini della loro età in famiglie normali), ma anche con l’aiuto
sensibile dei genitori, hanno consapevolezza che il loro essere è indisso-
lubilmente legato a mamma e papà;
considerano naturali le differenze evidenti tra loro femmine e i compagni
maschi d’asili, e sanno che la loro gatta ha avuto quattro piccoli perché ha
conosciuto un gatto maschio. Ho tentato di preparare una risposta adeguata alle loro capacità di intendere
nel caso sentissero lo “spot” e mi chiedessero di chiarire loro i contenuti dei
termini “gay” e “lesbiche”. Ma non sono venuto a capo di nulla, nonostan-
te il flusso di argomenti di natura antropologica, etica, culturale e religiosa,
forse perché “inquinati” dalla pregiudiziale che quella iniziativa (soprattutto
per come realizzata) sia demenziale.
Come potrei superare il blocco che mi
paralizzerebbe di fronte a una richiesta di spiegazione dalle bimbe?
Nicola Guiso
Metaforicamente spiegata è: micini
e micine, no gattini, ma vicini vicini.
Foto: AP/LaPresse
SPORT ÜBER ALLES
stava il mio amico Ratko Rudic. E, malgrado lui, anche il giorno prima avevo tifato per il Settebello.
Perché vi racconto questo apologo? Perché ho
sempre fatto il tifo per il governo, anche per quelli
che non avevo votato. Una volta lì, è il mio ragionamento, spero che facciano bene, per me, per la mia
famiglia, per l’Italia. Ma per questo faccio un tifo particolare. Perché, oltre al mio senso di appartenenza,
c’è anche il fatto che tutta la gente che piace (e si piace) spera che crolli, che perda, che affondi. E per la
proprietà intransitiva, se loro, quelli che pensano di
saperne sempre una più di me, sono contro, beh, io
sono due volte a favore.
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taz&bao
Nelle circostanze date
È UN BUON G
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| Foto: Roma, luglio 1943, italiani leggono la notizia dell’incarico di formare il governo al generale Badoglio (AP/LaPresse)
N GOVERNO
Eugenio Scalfari, Repubblica, 28 aprile 2013
DIARIO
insieme, in centro
Non è qui che ti
ritroverò, papà
di Marina Corradi
S
ono andata a prenderlo sotto casa, al solito angolo di corso Sempione. Lui era
già lì che mi aspettava. Aveva la giacca grigia spiegazzata, e quella sua terribile camicia color senape. E il Burberry vecchio di vent’anni, di un indefinito colore tra la pioggia e il fango. Aveva in mano un ombrello a quadrettoni – naturalmente, con una stecca rotta. Sali, gli ho detto senza scendere dall’auto. Lui ha
borbottato qualcosa sul disordine – giornali vecchi e caramelle sparse – sui sedili.
Ho sorriso, senza che lui se ne accorgesse: la mia macchina è un caos, come sempre lo è stata la sua.
«Dove andiamo?», chiedo. Lui fa un gesto vago con la mano, poi: «Portami in
centro, è tanto che non vado». Via Piero della Francesca, poi il verde acerbo del
parco in questo aprile freddo. Brera, largo Treves. Lo vedo che si volta verso sinistra, a cercare con gli occhi l’insegna del Corriere in via Solferino; denso di nostalgia – trent’anni di vita – lo sguardo nei suoi occhi di un vago grigioverde,
da pigro, grosso felino. I pochi capelli grigi sono come sempre un po’ spettinati. «Possibile che hai solo quattro capelli e non riesci a tenerli in ordine?» gli dico, mentre con una mano cerco di ravviarli. Al semaforo di via san Marco un Un’ora insieme, le dita gialle di nicotina,
ragazzo parla da solo, a voce alta, con- la milano di oggi che non riconosce. No,
citato. «Poveretto», scuote la testa mio non è sotto questo cielo che possiamo
padre. Dovrei spiegargli che in questi riabbracciare chi abbiamo perduto
vent’anni hanno inventato i cellulari e
gli auricolari, e che quello non è un matto, ma non c’è tempo. Andiamo di fretta. Mi hanno concesso un’ora sola.
Parcheggio in via Pontaccio. Il traffico rarefatto dell’area C lo meraviglia: «Ma
è festa, oggi? Dove sono andati tutti?». Sai, papà, ora il centro è a pedaggio, spiego,
è per via dell’inquinamento; si circola liberamente solo fuori dai Bastioni. Lui corruga la fronte: non è la città che ricorda, questa. «Sarà – commenta – ma Milano
me la ricordavo più viva». Poi andiamo verso la Scala. Lui cammina adagio, guardandosi intorno, attento a ogni particolare. «Qui c’era un bar tabacchi che faceva
un caffè buonissimo», protesta, deluso davanti alla vetrina di uno stilista. Passiamo davanti alla scultura dell’artista di grido, quella con una mano che alza beffarda il dito medio al cielo. Qui mio padre è sinceramente stupefatto. «È arte, papà», gli spiego. «Ma va’ là» ride lui, e però lo vedo che prosegue immalinconito.
Com’è altra, questa Milano pure rimasta quasi uguale. Diversa nel ritmo, nelle facce, nel respiro. Beviamo un caffè. Le sue dita, grosse, gialle di nicotina. E già
è tempo di andare. (Mi hanno dato un’ora soltanto, e in via del tutto eccezionale). Lascio mio padre davanti al Monumentale. Si allontana con il suo impermeabile che svolazza al vento, tenendosi fermo il cappello di feltro con la mano. No,
non si può: non è su questa terra che possiamo ritrovare chi abbiamo perduto.
Ogni cosa sembra così trasfigurata e lontana. Per riabbracciarsi, occorre un altro
tempo; e tutto un altro cielo.
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