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anno 19 | numero 18 | 8 maggio 2013 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR settimanale diretto da luigi amicone L’Europa scopre i limiti del rigore e pensa di poter tornare a «spendere i quattrini». L’Italia taglierà le tasse per liberare le forze della crescita? Basta con il ghiaccio dell’austerità Scongeliamoci EDITORIALI UN DEBUTTO PROMETTENTE L’unico esecutivo possibile ha radici forti e delicate. Speriamo che reggano D che a destra e a sinistra ci sono ancora grandi querce capaci di tenuta sulla realtà. Lo ha capito con il solito genio intrepido e guascone Giuliano Ferrara. E lo ha ammesso, sia pure a denti stretti, Eugenio Scalfari, Fondatore di un fenomeno di egemonia culturale che solo il summenzionato direttore del Foglio è riuscito a intaccare. Per quanto filiformi e delicate siano le radici che lo sostengono, questo governo non ha alternative. Come farà a resistere il giovane virgulto nella tempesta della crisi internazionale e sotto i coltellini dei malandrini nostrani? Blowin’ in the wind. Però, in attesa di risposte nel vento, registriamo il bel debutto del premier e la fiducia incassata da un sorprendente e fantasioso esecutivo. Dalla sua Letta ha già un buon programma di riforme. Tagli ai costi della politica, alle tasse sul lavoro, alle posizioni di rendita. E cambiamenti istituzionali in materia di Parlamento, fisco e Costituzione. Una cospicua agenda che, come già si capisce dalla cancellazione dell’odiosa Imu sulla prima casa (e grazie Silvio, e non è forse questo il primo aiuto alle famiglie?), è a portata di mano proprio perché è un’agenda all’insegna del disgelo della politica commissariata dai giudici e surrogata dai comici. Per tutto ciò, confidando che Letta tenga botta almeno per i 18 mesi necessari alla “verifica di programma”, mai smettere di inchinarsi al nostro capo dello Stato. Autentico timoniere e solido garante della stabilità e senza il bis di Napolitano, governabilità del paese. Infatti, senza il bis di che ha preso per i capelli UN Napolitano, che ha letteralmente preso per i capelli e ridato ossigeno a un sistema istitu- SISTEMA ISTITUZIONALE in via zionale in via di soffocamento, oggi sarem- di soffocamento, saremmo mo un passo ben oltre il baratro. GIÀ MOLTO oltre il baratro obbiamo ringraziare il cielo LA LUCIDITÀ DI PREITI La sparatoria a Palazzo Chigi e il brutto clima delle anime belle C i eravamo appena lasciati con Grillo, la scorsa settimana, ricordando in questo editoriale la sua frettolosa discesa a Roma perché – a suo dire, non a nostra speculazione – «ho avuto timore che il movimento dileguasse in violenza», che è successo quel che è successo. Una strage sfiorata. Perché? Perché, ha confessato l’aspirante omicida, «a 50 anni non si può tornare a vivere con i genitori perché non puoi mantenerti, mentre invece i politici stanno bene e se la godono. A loro volevo arrivare, sognavo di fare un gesto eclatante. Volevo colpirne uno». Si capirà dove e come ha premeditato di uccidere. Ma è già chiaro che Luigi Preiti non ha sparato all’“impazzata”. Freddo, lucido, quando ha capito che non sarebbe riuscito ad appostarsi all’entrata del Parlamento, ha sparato per uccidere. Ha sparato sopra e sotto i giubbotti antiproiettili, mirando al collo e alle gambe dei carabinieri. Poi, l’ex moglie ha detto ai giornali: «Luigi non è un violento». E il fratello: «Scrivete che non è uno squilibrato, ma una persona intelligente». Infine, benché ex moglie e fratello non ne abbiano fatto cenno, la «disperazione» è la spiegazione del crimine che va per la maggiore. E l’idea che la politica sia la causa di ogni male, martellata in tutte le salse e in tutti questi anni? Per carità. Il «siete tutti morti!» di Beppe è solo l’aspetto teatrale di questo clima. Ben più grave è il registro da bava alla bocca che affligge certa pubblicistica. Ben più seria è la presunzione di anime belle che Il «siete tutti morti!» di ritengono la democrazia un’esclusiva “cosa GRILLO è solo l’aspetto loro” e ogni volta che la loro sicumera viene teatrale. Ben più grave è democraticamente sconfitta (vedi diil registro da bava alla scorso di Napolitano e governo Letbocca DI certI GIORNALI ta) reagiscono con impostura e odio. FOGLIETTO Nobel totalitario. Con le sue battutacce su Brunetta Dario Fo se lo è finalmente meritato, quel premio Q ualcuno ha proposto di revocargli il premio Nobel. Ammesso che sia possibile, non sono d’accordo. Dario Fo merita il Nobel più per ciò che ha detto a proposito dell’onorevole Brunetta che per Mistero buffo. L’importante è intendersi sulla disciplina dalla quale far discendere il prestigioso premio. Poiché ci stiamo abituando, dopo aver deriso le persone serie, a prendere sul serio i comici, è il caso di prendere le parole di Fo per quello che sono. Seguendo la sua logica, chi ha una statura fisica su cui ironizzare è out, deve farsi da parte: il suo destino è segnato. Magari, se durante l’amniocentesi già si manifesta il gene della scarsa altezza, si può agire in via di prevenzione: lo aggiungo io, ma è del tutto coerente, e peraltro è praticato nei reparti ivg, e lo sarà ancora di più se – come sembra – si estenderanno gli esami per la trisomia 21 (che non fa riferimento allo standard dei centimetri, bensì allo standard intellettivo). Ecco: attraverso la discriminazione fondata sulle qualità fisiche, Fo si rivela Nobel del totalitarismo di oggi. Esagerazioni? L’essenza del totalitarismo coincide con l’arbitrio che un uomo esercita su un altro uomo al punto da modificare o addirittura da togliergli la vita. Se il confine fra la vita e la non vita non è netto e invalicabile, non si può dire che la prospettiva totalitaria sia alle spalle. Se è possibile (e anzi è stimato un bene, poiché riceve il contributo pubblico) togliere la vita a un uomo in quanto è troppo giovane – non ha completato i nove mesi di permanenza nel corpo della madre –, non esistono ragioni di principio per non uccidere chi è troppo vecchio (attento, Fo!) o per non uccidere il portatore di handicap. In fondo, va riconosciuta a Fo coerenza di vita: ha iniziato la sua da fucilatore nella Rsi, la conclude da fucilatore verbale, all’insegna del medesimo disprezzo dell’altro. Alfredo Mantovano | | 8 maggio 2013 | 3 SOMMARIO 06 PRIMALINEA FINE DELLA GUERRA FREDDA ITALIANA? | CASOTTO, AMICONE NUMERO aNNo 19 | NumERo 18 | 8 maggIo 2013 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR sEttImaNaLE DIREtto Da LuIgI amIcoNE 18 L’Europa scopre i limiti del rigore e pensa di poter tornare a «spendere i quattrini». L’Italia taglierà le tasse per liberare le forze della crescita? Basta con il ghiaccio dell’austerità Scongeliamoci L’Europa scopre i limiti del rigore e pensa di poter tornare a investire. L’Italia taglierà le tasse per tornare a crescere? LA SETTIMANA 14 ESTERI QUANDO IL WEB DIVENTA OPPORTUNITÀ | CIACCI Foglietto Alfredo Mantovano...........3 Solo per i vostri occhi Lodovico Festa........................ 13 Le nuove lettere di Berlicche................................................ 31 Presa d’aria Paolo Togni..................................... 38 Mamma Oca Annalena Valenti............... 39 Post Apocalypto Aldo Trento.................................. 44 Sport über alles Fred Perri.......................................... 46 18 CHI È CHI L’ETERNO MASSIMO D’ALEMA | BORSELLI Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano.................. 47 Diario Marina Corradi......................50 RUBRICHE 24 ECONOMIA TAGLIARE L’AUSTERITY | CASADEI 32 L’ITALIA CHE LAVORA L’UOMO DEI GIOCATTOLI Stili di vita........................................... 38 Per Piacere.........................................41 Mobilità 2000............................ 43 Lettere al direttore.......... 46 Taz&Bao................................................48 Foto: Ansa Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 19 – N. 18 dal 2 all’8 maggio 2013 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò IN COPERTINA: Foto Infophoto, fotomontaggio Tempi FOTOLITO E STAMPA: Roto2000 S.p.A., Via L. da Vinci, 18/20, Casarile (MI) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali). Così la decisione personale del capo dello Stato ha spinto i partiti ad assumersi le loro responsabilità. Superando l’odio per il “nemico” e l’illusione di poter governare senza fare i conti con nessuno | DI UBALDO CASOTTO E LUIGI AMICONE Scongeliamo Fine della guerra civile italiana? 6 | 8 maggio 2013 | | IL RIMBALZO DELLA POLITICA moci | | 8 maggio 2013 | 7 8 | 8 maggio 2013 | | zia la politica grillina possa cambiare di metodi e contenuti. Non che il disgelo iniziato tra Pd e Pdl gonfi già di acque impetuose i torrenti della politica. Le resistenze, soprattutto nel Pd, sono forti e più numerose di quanto si creda. Giuseppe Civati, che ha dichiarato apertamente che sarebbe uscito dall’aula di Montecitorio al momento del voto di fiducia per non trasgredire né all’ordine del partito pro fiducia né alla sua coscienza politica che gli dice di votare no, è uno che dice in pubblico quello che altri pensano e non osano dire. La fiducia, come era nella logica delle cose, alla fine c’è stata. Ma fino all’evidenza del fatto tutti, pur scommettendoci, sono stati con il fiato sospeso, tanto si era fatto strame di ogni logica, razionalità politica e buon senso durante le votazioni per il presidente della Repubblica. La svolta verso il disgelo inizia con lo stallo generato dall’intestardimento di Pier Luigi Bersani nel sogno di un governo di minoranza sostenuto dall’appoggio di Grillo o di parte dei suoi parlamentari, un tentativo infrantosi contro il muro di insulti dei Cinque Selle, proseguito con l’affossamento della candidatura Marini per il Quirinale e con l’autotrappola del lancio di Romano Prodi con il quale c’è sempre un problema di pallottoliere: non gli bastavano i voti del Pd, e non solo non sono arrivati gli 8 suffragi mancanti ma ne sono venuti meno addirittura 101. Ancora adesso il già citato Civati dice che bisognava «votare Rodotà e spaccare il Movimento 5 Stelle. Provare a fare il governo con una parte di loro». Un det- Foto: Ansa/Angelo Carconi; nelle pagine precedenti, foto Ansa/Xu Nizhi I l disgelo e lo scongelamento. La situazione politica italiana galleggia tra queste due esperienze, meteorologica una, preculinaria l’altra. Di inizio di disgelo si può parlare tra Partito democratico e Popolo della libertà con il coinvolgimento di Scelta civica, fautore il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Quanto allo scongelamento, come da superba richiesta in diretta streaming ai parlamentari del Movimento 5 Stelle, Enrico Letta può attendere. Già tramontato il lodato “modello Sicilia” – dove i “cittadini” parlamentari dell’isola votavano di volta in volta i singoli provvedimenti della giunta Crocetta finché è arrivata la volta che non li hanno votati più – non si vede come a Roma l’agitazione mediatica e piazzaiola in cui si sostan- IL RIMBALZO DELLA POLITICA PRIMALINEA Le forze dell’ordine sulla scena dell’attentato di Luigi Preiti davanti a Palazzo Chigi nel giorno del giuramento del governo Letta Foto: Ansa/Angelo Carconi; nelle pagine precedenti, foto Ansa/Xu Nizhi inciuciO? tutto È avvenuto sulla scena e NAPOLITANO ha RIPETUTO IN Parlamento ciò che ha detto Al Quirinale ai partiti che gli CHIEDEVANO DI RESTARE AL COLLE to siciliano recita: «La fissazione è peggio della malattia», e a proposito di intelligenza politica c’è chi si chiede che cosa avrebbe risposto il gruppo parlamentare del Pd a un’offerta dei grillini che avesse come scopo quello di «spaccare il Pd» per poter governare con una parte di esso. Il rischio, osserva qualcun altro dietro rigoroso anonimato, era che buona parte dei parlamentari democrat non avrebbe declinato l’offerta, essendo molti di essi «mentalmente grillini». Basta con le scomuniche Lo stallo è stato superato da una decisione personale più che politica, quella di Giorgio Napolitano di accettare la rielezione a capo dello Stato. Non ha senso vagheggiare di inciuci e di accordi indicibili, è tutto avvenuto sulla scena e il pre- sidente della Repubblica ha detto chiaro nel suo storico discorso al Parlamento (è uno dei rari casi in cui l’uso di questo aggettivo è giustificato) ciò che ha detto nelle riservate stanze del Quirinale ai leader dei partiti che gli hanno chiesto di ricandidarsi: «Ho il dovere di essere franco: se mi troverò di nuovo dinnanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinnanzi al paese». Le “conseguenze” con le quali il capo dello Stato tiene in pugno i partiti che l’hanno rieletto sono due. La prima è lo scioglimento delle Camere, temuto soprattutto dal Pd, un partito in fase precongressuale e a rischio esplosione, cui in questo momento non arridono i sondaggi (va detto che anche i grillini non amano l’ipotesi di elezioni anticipate). La seconda “conseguenza”, la vera arma letale con la quale Napolitano tiene in apprensione soprattutto il Pdl, è il gesto delle sue dimissioni. Non è per «prendere atto dell’ingovernabilità che ho accolto l’invito a prestare di nuovo giuramento come presidente della Repubblica», ha detto Napolitano alzando la voce in altri passaggi commossa, ma «perché l’Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno». Con queste due condizioni Napolitano ha convinto due forze politiche logorate da anni di reciproca scomunica a superare «l’orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse», tacciando questo atteggiamento di irresponsabilità di fronte alla situazione drammatica in cui versa il paese, «un segno di regressione», di una politica incapace di fare i conti con la complessità della realtà e con il momento eccezionale di emergenza del paese. Quella di Napolitano è stata una testimonianza umana di “dedizione” per il paese, come l’ha definita Enrico Letta all’inizio del suo discorso alla Camera, quindi una forte sottolineatura dell’idealità che deve animare la politica e nello stesso tempo una lezione di realismo, un ritorno alla realtà. Bisogna «fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto» ha detto il presidente della Repubblica nel suo discorso, e bisogna osare un lavoro comune puntando sulle «grandi riserve di risorse umane e morali, d’intelligenza e di lavoro di cui disponiamo», ha aggiunto citando il suo intervento al Meeting di Rimini del 2011, quando con lucidità aveva delineato, proprio davanti a Enrico Letta, il percorso di riappropriazione del suo compito che la politica doveva intraprendere. Tra Repubblica e Corriere Il richiamo del presidente alla responsabilità riguarda anche altri attori della vita pubblica, come ad esempio la stampa, chiamandola a rispondere della «molta leggerezza» con la quale ha cavalcato «l’insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento» che «sono state con facilità alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono». Il governo “politico” (Napolitano) e “di servizio al paese” (Enrico Letta) che ha appena ottenuto la fiducia potrà ora forse godere dell’attenzione non pregiudizialmente ostile del principale quotidiano italiano. Mentre dalle pagine della Repubblica trasuda un po’ di imbarazzo (il percorso Bersani, Rodotà, Prodi con le sue velleità e il suo approdo fallimentare non è stato indolore), anche perché attaccare il governo Letta vuol dire attaccare direttamente Napolitano visto l’asse (che ha radici nel tempo come il capo dello Stato ha tenuto a sottolineare) tra i due, il Corriere della Sera – dopo lo scotto del risultato al di sotto delle aspettative | | 8 maggio 2013 | 9 L’ELEFANTINO E LE LARGHE INTESE Bentornati nel mondo reale E la giustizia? Un accenno di resipiscenza potrebbe venire anche dal mondo della giustizia. Enrico Letta nel suo discorso programmatico ne ha sottolineato l’importanza soprattutto in sede civile, segnalando come la certezza del diritto e della sua veloce applicazione siano un volano indispensabile per l’economia, per le imprese e per attirare gli investimenti esteri. Ma ci sono anche altri segnali – lasciando stare il caso Berlusconi e dei suoi processi che realmente costituiscono un unicum sul quale ogni previsione è inutile –, come la distruzione delle intercettazioni Napolitano-Mancino che finalmente dà esecuzione a una decisione che ha coinvolto anche la Corte costituzionale, o il ritrovato coraggio del Csm nell’applicare norme che sembravano inapplicabili nei confronti di certi magistrati, come finalmente dimostrato di fronte alle disinvolture deontologiche del pm Antonio Ingroia, il quale se vorrà restare magistrato dovrà accettare di esercitare il suo ruolo di tutore della legge ad Aosta. Dura lex sed lex. [uc] 10 | 8 maggio 2013 | | Ferrara vede la chance di archiviare il ventennio della faziosità e della paralisi, insieme al fastidioso nulla dei grillini. A patto che la linea di Napolitano diventi «il manifesto di un nuovo ciclo». E che non ci si illuda di poter fare le riforme a costo zero E Il 26 aprile Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, ha dedicato un editoriale alla “teologia politica di Napolitano” leggendo il discorso pronunciato dal capo dello Stato in Parlamento in occasione della riconferma al Quirinale come un esempio di riscossa del principio di realtà contro l’incapacità di misurarsi con i fatti frutto del moderno slittamento della coscienza «dall’essere al fenomeno» sattamente trentacinque anni fa, un ventenne che ha trovato in un liceo della buona borghesia un insegnamento conforme alle piazze degli anni Settanta e nessuna introduzione alla realtà, viene arrestato e messo in cella di isolamento. Ha compiuto una serie di rapine per finanziare la propria scheggia di banda armata. E ha ucciso. Adesso, però, un minuto dopo essere finito in gabbia, proiettandosi in un futuro da murato vivo, ha solo voglia di vuotare il sacco. Così, dallo spazio cosmico delle idee assassine, ci mette un attimo a ritornare con i piedi per terra. Un particolare però non gli torna. Ed è la ragione per cui una persona normale, un uomo sulla sessantina che avrebbe potuto essere suo nonno e che è invece un pezzo grosso dell’antiterrorismo, si è scomodato per visitarlo in cella e dirgli: «Vedi, noi siamo due combattenti, possiamo capirci, parliamone». Mutatis mutandis, è come se l’Italia fosse da decenni visitata da pezzi grossi – delle istituzioni, dei giornali, del mainstream – in una cella di isolamento. E per la prima volta avesse trovato un “pezzo grosso”, il più autorevole, che invece di offrire dialogo e pacche sulla spalla (per secondi fini), dice la verità. E senza sconti. Poiché, ha detto Giorgio Napolitano nel suo discorso per accettazione del secondo mandato presidenziale ai nostri onorevoli rappresentanti in parlamento, «volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi». Poiché «il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche». Poiché «forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione – fino allo smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile – come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti». Perciò, ha tagliato corto il presidente spalancando le porte del carcere: «Occorre un’apertura Foto: Ansa/Fabio Campana del progetto Monti-Scelta civica – può vantare la realizzazione se non dei progetti quanto meno dei desiderata auspicati sin dal giorno seguente il risultato elettorale. Dall’editoriale con cui il direttore Ferruccio De Bortoli chiedeva a Giorgio Napolitano di candidarsi a un secondo settennato (ricevendo allora in risposta un cortese ma secco “no, grazie”) alla sponsorizzazione delle larghe intese come unica possibilità realistica per dare un governo al paese. (Detto fra parentesi, il risultato presidenziale e governativo, oltre al consolidamento del ruolo di Banca Intesa e del suo presidente Giovanni Bazoli nel piano di ricapitalizzazione di Rcs, torna a far crescere le azioni di De Bortoli per la permanenza alla guida del quotidiano di via Solferino). IL RIMBALZO DELLA POLITICA PRIMALINEA nuova, un nuovo slancio nella società». E così è cominciata l’avventura del governo Letta. Giuliano Ferrara, che di questa prospettiva liberatoria è stato un indiscusso sia pur controverso artefice, ha sintetizzato suggestivamente questa svolta in due editoriali particolarmente utili. Uno diretto al “Caro Ezio Mauro”, al quale ha riconosciuto il ruolo pedagogico e la responsabilità, in qualità di direttore del giornale più rappresentativo della sinistra italiana, nel far circolare l’aria nuova introdotta dai “suoi vecchi” (il Presidente, ma anche il Fondatore) tra i suoi lettori. L’altro in cui è andato al cuore della “Teologia politica di Napolitano”, proponendo in apertura del Foglio di venerdì 26 aprile un’originale interpretazione dello storico discorso pronunciato dal capo dello Stato in Parlamento: esempio di riscossa del pensiero di realtà contro il pensiero di modernità. Dove per modernità, dice Ferrara citando il padre e teologo Garrigou-Lagrange, si intende lo spodestamento della verità in guisa della «conformità del giudizio con le esigenze e l’azione della vita umana, che si evolve continuamente». tano sarà imbracciato come un manifesto per un nuovo ciclo italiano, quello fondato sul principio di realtà, il governo sfonderà la barriera della faziosità, delle beghe di sistema, delle ripicche, dell’incapacità paralizzante a far muovere il sistema. Altrimenti saremo in breve tempo da capo a dodici. Davvero pensa che Giorgio Napolitano e Enrico Letta abbiano nelle mani le chances per riscattare un ventennio di furore e immobilismo? Ce le hanno nelle mani quelle chances. Poi ci sono i giornali, i libri, le tv, e molti milioni di italiani che devono reimparare, in particolare nei rapporti con la Germania molto intraprendente, non sempre a torto, e vogliosa di occupare gli spazi vuoti, a definire un interesse nazionale e a perseguirlo. Facendo quel che è necessario e non facendosi prendere dal terrore per il fatto che ogni vera riforma passa per una crisi sociale e dell’ordine pubblico (vedi Thatcher). O pensiamo sempre a quel pasto gratis che la storia ci deve servire ben caldo? Berlusconi si è convinto della bontà dei sui consigli. Ma le sentenze non tarderanno a farsi sentire. Lei dice che è con la politica che occorrerà rispondere. Quale? «Nessuno può eliminare l’aggressione giudiziaria NEI CONFRONTI DI BERLUSCONI, ma l’esercizio attento e forte del suo ruolo istituzionale e politico, nella nuova situazione, renderà quell’accanimento ridicolo, anche al di là della possibilità di sentenze faziose» Foto: Ansa/Fabio Campana Direttore, c’è questo orrore di pistolettate, feriti e un carabiniere in pericolo di vita che ha tenuto a battesimo nel peggiore dei modi il forse miglior governo oggi possibile. E comunque, cito l’essenziale dell’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari, «un buon governo». Condivide? L’esplosione di violenza davanti a Palazzo Chigi rende pericoloso e drammatico un passaggio che va valutato politicamente in modo sereno, nonostante la follia andante in cui siamo immersi. La formazione di un governo con dentro centro, sinistra e destra, una grande coalizione, è in sé un fatto nuovo decisivo, perché l’alleanza ABC dell’epoca in cui è stato sostenuto il governo Monti, prima con una vera apertura di credito poi in modo malizioso e autocontraddittorio, era condizionata dal carattere “tecnico” della compagine governativa e dall’acutezza emergenziale della crisi finanziaria. Ora il gioco si è fatto del tutto politico, e la partita si è conclusa dopo una grave crisi dei partiti e istituzionale che ha portato all’inaudita soluzione della rielezione di Napolitano. Bisogna anche dire che questa soluzione non sarebbe stata immaginabile senza quella che la precede del novembre 2011. Il ministero è un po’ troppo minimalista e democristiano per i miei gusti, ma non si può anticipare un giudizio di fragilità o addirittura di inconsistenza. Sarebbe ingiusto per la formula e per le persone chiamate a incarnarla, a partire da Enrico Letta. Senza i fatti che lo precedono, e il centralissimo e vivissimo e formidabile discorso di Napolitano alle Camere, saremmo in una specie di limbo del giudizio. La speranza invece, anche se non ha niente di allettante in sé o addirittura di paradisiaco, viene dall’interpretazione di quel discorso, e della sua attonita ricezione da parte delle Camere, sia a sinistra (dove la crisi di prospettiva o culturale era più chiara) sia a destra (dove è meno chiara ma altrettanto rilevante). Se Napoli- Anche Berlusconi, che ha bisogno intorno a sé di libertà mentale più che di consigli, deve sottostare al principio di realtà, che si combina bene in lui con un pizzico di follia visionaria. Nessuno può eliminare l’aggressione giudiziaria, ma l’esercizio attento e forte del suo ruolo istituzionale e politico, nella nuova situazione, renderà quell’accanimento ridicolo, anche al di là della possibilità di sentenze faziose. Alternative a una risposta pienamente politica all’aggressione ventennale non ce n’è. Sono considerati degli sconfitti perché esclusi da responsabilità di governo, eppure a noi pare che un certo ricompaginamento dei suoi ex compagni del fu Pci – penso ai D’Alema e ai Violante – sia una delle chiavi dello scampato pericolo. Crede che questi dovrebbero tentare di riprendere una leadership più esplicita all’interno del partito e provare a plasmare il nuovo, Matteo Renzi, piuttosto che subirlo? Gli ex e postcomunisti sono portatori di una cultura della realtà, della duttilità togliattiana, questo è vero. Anche Violante, cresciuto nella mitologia azionista, essendo intelligente è diventato postcomunista di temperamento e impostazione culturale. Secondo me c’è sempre bisogno anche di loro, come dimostra il caso di Napolitano. Ma bisogna camminare con le gambe disponibili alla corsa. Se pensa alla “bolla” Grillo, ultimo cascame del ventennio che va da Moretti (il regista) a Moretti (la portavoce), da Biagi a Travaglio, da Colombo (magistrato) a Colombo (notabile Rai), su quali forze nuove scommetterebbe per i prossimi anni? Grillo è un retore del calibro di Fidel Castro, senza la gloria fosca del caudillo e con molto turpiloquio da commedia all’italiana. Ma è equivalente a zero la possibilità che la compagnia Casaleggio vada oltre il già fatto, cioè il nulla anche fastidioso che si è rivelato con l’elezione dei ciuchini alle Camere. Basta che il mood dell’opinione pubblica sia minimamente rinfrancato da un inizio di soluzione politica e civile, e da una minima inversione dei dati febbricitanti dell’economia reale, et voilà, i Casaleggi torneranno nel pianeta Gaia a fare video. [la] | | 8 maggio 2013 | 11 SOLO PER I VOSTRI OCCHI di Lodovico Festa C on il governo Letta si apre un’interesVERSO UNA FASE COSTITUENTE? sante nuova fase per l’Italia. Il tentativo di impedire a parte rilevante della società di concorrere alla direzione dello Stato ha subìto una sconfitta forse non definitiva ma campale. La portata dell’occasione che si offre alla nazione non va sottovalutata: il meccanismo di esclusione non poggiava solo su motivazioni ideologiche ma sulla difesa di una concezione elitistica dello Stato e sulle necessarie alleanze che questa concezione implicava (per esempio con un certo sindacalismo centralistico), che aveva effetti economici allargati (si consideri quelli sulla struttura della finanza italiana) nonché una diminuzione netta della sovranità rica latina che ci si può rendere conto quanto lì – finita la Guernazionale per uso delle influenze straniera fredda con le alternative tra soluzioni radicali (tipo Fidel Care nel tenere sotto controllo la situazione stro o Augusto Pinochet) o compromessi per evitare quegli esiti interna. Allargare le basi dello Stato diven– si affermi la necessità di una verticalizzazione della politica ta quindi anche via concreta per assumere anche per diminuirne la pervasività, connaturata a qualsiasi sii provvedimenti di emergenza ora necessastema tendenzialmente proporzionale. È proprio esaminando i ri: lavoro, sostegno alla produzione, contracasi magici del Brasile, del Cile e oggi del Messico che si apprezsto alla povertà e contrattazione dei rapporzano le virtù di presidenzialismi pur non privi di difetti. E anti con gli altri Stati dell’Unione. che dove questi sistemi determinano effetti meno desiderabili Si è creato un varco per Non SARÀ semplice (certe privatizzazioni in Bolivia), questi sono comunque tempeuscire dalla crisi di lungo perché il groviglio rati da un’entrata nello Stato di settori secolarmente estromesperiodo dello Stato e della nazione, resta però la comDEl potere italiano è si (così la popolazione india) che nel medio periodo darà sicuraplessità delle scelte ancocomplesso e PERCHÉ mente risultati positivi. E così anche in Venezuela dove pesa la ra di fronte a noi, cioè coil centrodestra, che cosiddetta “maledizione del petrolio”, cioè la distribuzione corruttiva di una ricchezza nazionale, o in un’Argentina dove inveme trasformare la caduta dovrebbe essere uno ce del sindacalismo alla cislina del brasiliano Lula pesa quel sindel muro dell’incomunicadei protagonisti di dacalismo centralista e paralizzante che ben conosciamo. bilità tra destra e sinistra questa lotta, in fase costituente. Non è non brilla nelle Un’inedita schiera di alleati semplicissimo: si considerino la protesta irrazionaguerre culturali Una riforma dello Stato in senso presidenzialista deve diventale espressa dai grillini o la re l’obiettivo di chi vuole passare dalla tregua attuale a un solipersistenza dei poteri oscuri che hanno segnato la vita di questi do assetto fondato su istituzioni che poggino fino in fondo sulle ultimi venti anni (a partire dai settori combattenti della magi- scelte dei cittadini e siano in grado di affermare la nostra sovrastratura). Il problema centrale sarà quello di pensare la forma di nità nazionale sia pure nel contesto dell’auspicabile integrazioStato necessaria ad affrontare la nuova fase. E in questa impre- ne europea, ma in un processo in cui non solo Berlino, Parigi e sa uno degli ostacoli con cui ci si confronterà sarà il consolidato Londra siano regine, e Roma non conti meno di Madrid e Varsaconservatorismo che si annida nel Pd: sia nell’integralismo dos- via. Non è una strada semplice perché il groviglio che condiziosettiano che considera ogni revisione della Costituzione un atto na il potere italiano è complesso e perché il centrodestra, che quasi irreligioso, sia nell’area postcomunista segnata dalla pau- dovrebbe essere uno dei protagonisti di questa lotta, non brilla ra togliattiana per le modifiche di istituzioni figlie del compro- particolarmente nelle guerre culturali. Però è importante notamesso per “evitare il peggio” realizzato nel ’47-’48. Il timore del re quanti alleati si stiano schierando per questo fine: da Matteo Pci per il “nuovo” ha bloccato l’Italia per tutti gli anni Ottanta, e Renzi a una schiera ampia di opinionisti del Corriere della Sera, ha poi fatto sì che le riforme elettorali e quelle ancora più incisi- per non parlare delle sponde che una scelta presidenzialista trove (sindaci, regioni) venissero compiute solo sotto l’onda di refe- va nell’elettorato se non nei vertici grillini. Per battere diffidenrendum e demagogie senza una visione d’insieme. Questa sorta ze che si annidano sia tra i postcomunisti sia in aree del cattolidi oscurantismo, frutto sia di sentimenti nobili sia di interes- cesimo nazionale sia in certo municipalismo, senza parlare dei si da nomenklatura, si esprime ancora oggi nelle parole di Pier poteri oscuri che difenderanno con unghie e denti la propria inLuigi Bersani quando maledice ogni forma di presidenzialismo fluenza, bisogna studiare bene come il nostro presidenzialismo come deriva sudamericana. Ma è proprio questa scomunica che possa nascere con i necessari bilanciamenti. Non è uno sforzo ne rileva a pieno la miopia. È considerando le vicende dell’Ame- impossibile e la meta vale la fatica per raggiungerla. Ora il presidenzialismo per passare dalla tregua alla ricostruzione | | 8 maggio 2013 | 13 ESTERI 14 | 8 maggio 2013 | benedetta community | | DI DANIELE CIACCI Io lavoro per migliaia di datori Non hai soldi per realizzare la tua idea? Chiedili alla rete. Così il giornalista perugino Andrea Marinelli si è finanziato il tour delle primarie americane. Con il “crowdfunding” anche il web esce dal mito e diventa un’opportunità concreta S Detroit. Qui i cittadini vogliono regalare alla città il monumento di uno dei suoi più celebri protagonisti. Così, si appoggiano alla piattaforma kickstarter.com e chiedono di essere finanziati perché il progetto diventi realtà. Fanno due conti e fissano una cifra – 50 mila dollari – con la quale si possono pagare artisti, decoratori, amministratori, materie prime e quant’altro e avvisano la folla del web, impostando un blog e facendosi conoscere sui social. Così, in sei settimane superano la cifra stabilita e portano in cassa 67 mila dollari: i lavori possono cominciare e il progetto prende vita. Solo il buon gusto della gente di Detroit ha permesso al piano di non concretizzarsi: una statua di Robocop a grandezza naturale «per proteggere e servire» gli abitanti della capitale del Michiiamo a gan. I finanziatori protestano e si chiedono (giustamente) perché ci sia un differente trattamento tra il cyber-poliziotto e il pugile Rocky Balboa, che, invece, una statua all’incrocio tra Pattison Avenue e l’Undicesima Sud, a Philadelphia, ce l’ha. Ma importa poco se la figura del mezzo-uomo-mezzo-macchina dalle movenze robotiche non sorgerà a intimare ai malandrini americani di fermarsi. Importa che più di 2.500 persone siano rimaste colpite dall’iniziativa e abbiano deciso di finanziarla – chi più chi meno – e l’abbiano attivamente sostenuta. È questo il crowdfunding, una nuova forma digitale di sussidiarietà orizzontale che, in America, riesce a realizzare progetti altrimenti destinati a rimanere nel cassetto. «È un processo di finanziamento collettivo d’idee, progetti e start-up – ci dice Claudio Bedino, trentenne, fondatore | | 8 maggio 2013 | 15 ESTERI benedetta community di starteed.it, una delle poche e più convincenti piattaforme italiane – che si basa su alcuni princìpi: fiducia nella piattaforma e nel progetto, coinvolgimento (anche economico, creando una community di fan e investitori) e appagamento di un bisogno, specie quando l’idea comporta una realizzazione di un oggetto o di un servizio. È un processo relativamente nuovo di trasposizioni e donazioni online sia sociali, sia economiche. Al donatore-investitore, poi, è dato un reward che può essere simbolico (un ringraziamento) emotivo o funzionale». Un mercato da 320 milioni Claudio Bedino mastica il web da sempre, ma la sua passione è l’imprenditoria. Già a 19 anni aveva fondato la prima azienda – un’agenzia di comunicazione integrata – che a quanto pare non bastava a placare la sua sete di fare. Così, una cosa tira l’altra, e arrivano le prime elezioni americane di Barack Obama. Siamo nel 2008, e il candidato democratico chiede un aiuto fattivo da parte dei suoi sostenitori: una donazione minima per finanziare la campagna. Ci riesce, e sappiamo come prosegue la storia. Quello fu l’inizio del crowdfunding. O meglio, quello fu il momento di massima autorevolezza del crowdfunding, e la cassa di risonanza mediatica trasportò questa parola composta sino all’Europa. «La penetrazione del mercato è però molto più tarda», dice Bedino. «Prima del 2011 la parola “crowdfunding” non compariva nemmeno tra le ricerche fatte in Google». La prima piattaforma crowd italiana, tuttavia, nasce abbastanza presto (ecco un altro strano primato del nostro paese). Siamo nel 2005 e si chiama produzionidalbasso.com. Ci vuole qualche tempo perché prenda piede. Le ragioni le spiega Bedino: «La cultura americana è ben diversa dalla nostra. Sono più avvezzi a questo tipo di strumenti, e questo origi16 | 8 maggio 2013 | | na fiducia. Cosa che manca in Italia. C’è timore. Una delle mission della nostra associazione International Crowdfunding Network (Icn) è far conoscere il crowdfunding, creare un’educazione. Spesso si fa confusione, credendo sia una specie di elemosina 2.0 oppure un investimento in start-up. Ma il crowdfunding è un’altra cosa: o meglio, è tutte queste cose insieme. Si stanno considerando come crowdfunding anche i prestiti peer to peer digitali. Insomma, è un mondo». Di crowdfunding ce ne sono diversi tipi: il reward-based (ovvero le piattaforme basate su un ritorno oggettuale) sono il 52 per cento del «ora vorrei sponsorizzare totale, movimentano solo 700 un viaggio tra l’Oregon e mila euro; quelle sociali, ad esempio per progetti del teril Mississippi per capire zo settore (è quello che in Italia va per la maggiore), arricosa pensa quella gente va a formare capitali anche del matrimonio gay che di 10 milioni, sono il 30,4 per cento; quelle basate su semObama vuole introdurre plici donazioni (8,7 per cento nella loro Costituzione» del mercato) e quelle equitybased (anch’esso l’8,7 per cento), dove ogni investitore assorbe quote milione di campagne portate a termine, aziendali o azioni in relazione alla cifra i numeri del crowdfunding italiano sono che “dona”. Di fatto è un investimento, molto meno suadenti. Ventuno sono le e come tale ha i suoi rischi. La Consob è piattaforme attive, di cui due in fase di quindi intervenuta per cercare di regola- lancio. Kapipal, Prestiamoci, TerzoValomentare garanzie e obblighi tra piattafor- re, Musicraiser, Starteed e altre, hanno me equity-based, investitori e startupper. generato in tutto un traffico di circa 13 Inoltre, le piattaforme si distinguono per milioni di euro, per 8.819 progetti pubalcune peculiarità. Ad esempio: musicrai- blicati di cui circa 2.500 hanno raggiunser.com si occupa di progetti musicali, to la cifra stabilita. Una frazione miniconcerti e band emergenti. Finanziamoil- ma rispetto al colosso americano. «Quantuofuturo.com, invece, è una piattaforma do scopri che Kickstarter riesce da solo innovativa volta alla promozione di nuo- a movimentare in un anno 320 miliove progettualità per lo sviluppo del terri- ni di dollari, ti senti come una goccia torio compreso nel triangolo tra Taranto, nel mare», sintetizza Bedino. «D’altronBrindisi e Bari. de, l’Italia sta cominciando solo adesso a Se nel mondo, fino a oggi, il crowd- giocarsi veramente la partita. Non ci sono funding ha movimentato quasi 2,7 miliar- ancora big player come Kickstarter, e di di dollari (entro fine 2013 si stima una spesso chi vuole proporre un’idea ricorre cifra più che raddoppiata), con oltre 1 a piattaforme straniere come Indiegogo». A CHE PUNTO SIAMO Roma all’avanguardia ma non troppo Poche piattaforme nel “decreto crescita” L’Italia corre il rischio di essere all’avanguardia, almeno in materia di crowdfunding. Il 29 marzo scorso, infatti, la Consob ha pubblicato il regolamento attuativo dell’articolo 30 d.l. 179/2012 – ai più noto come “decreto crescita” – che ha introdotto l’equity crowdfunding nel Testo unico finanziario, parlando di «raccolta diffusa di capitali di rischio tramite portali online». Fino al 30 aprile il documento è stato aperto alle consultazioni online e ai consigli di chi, professionista nell’ambito, voleva azzardare qualche soluzione. Così, l’Italia è la prima in Europa a legiferare su uno dei fenomeni più rivoluzionari del web. Le start-up innovative potranno presto ricorrere all’equity crowdfunding per formare il capitale a rischio iniziale cedendo parte delle quote aziendali. Attraverso offerte di strumenti partecipativi e tramite portali specializzati, gli startupper potranno raccogliere fino a un massimo di 5 milioni di euro. Le ragioni di questa decisione le spiega la stessa Consob: «La finalità è incentivare lo sviluppo e la crescita». Tuttavia, la cultura del crowdfunding non ha ancora attecchito del tutto sul territorio nazionale, e manca pure una comprensione dei princìpi basilari delle donazioni digitali e delle strategie di pubblicizzazione delle campagne. Quindi, sembra strano, ma la legislazione è arrivata leggermente in anticipo. Il carro è stato messo davanti ai buoi. Stavolta, però, la cosa potrebbe non essere un problema: la legislazione potrebbe infatti mettere quei paletti che segnano il sentiero, limitando ma definendo bene il passo. Parole chiave del documento sono: sgravio fiscale (ridurre quanto più possibile gli oneri amministrativi, permettendo l’assoluzione di pratiche burocratiche pesanti) e trasparenza (facilitare l’accesso alla documentazione, garantendo informazioni corrette e chiare sui progetti). In breve, la Consob istituisce un registro che include tutti i portali che possono richiedere fondi via crowdfunding. Il gestore del portale dovrà dimostrare di saper valutare i progetti imprenditoriali e fornire al gestore non professionale un set di informazioni obbligatorie riguardo le offerte pubblicate. Bisogna poi garantire all’investitore una way out nel caso la quota di controllo passi di mano. Al momento c’è una pecca: soltanto le piattaforme equity-based sono inserite all’interno del decreto, e queste formano solo l’8,7 per cento del totale del mercato italiano. Una fetta un po’ misera. [dc] Ma il crowd è anche un modo interessante di validare le proprie idee: «Per accedere al capitale bisogna fare marketing della propria idea, strutturando un business plan che possa convincere i futuri investitori che il progetto sia utile e possibile». Cosa fare se rimani al verde Un esempio? «In America è stato prodotto un orologio digitale. Il capitale raccolto via crowdfunding ha superato i dieci milioni di dollari. Così, si è stimolato l’interesse di futuri acquirenti i quali, facendo una donazione, ricevevano l’orologio a un prezzo inferiore e in anteprima. In una parola: marketing. Si raccoglie il capitale stimolando la possibilità dell’appagamento di un bisogno. E in questo modo si crea impresa». Andrea Marinelli, via crowdfunding, è riuscito a girare l’America seguendo lo spettacolo itinerante delle primarie. E pensare che, a metà strada, aveva finito i dollari. «Sono un giornalista – dice a Tempi – e le mie storie le racconto sul blog andreamarinelli.wordpress.com. I primi tempi, per risparmiare, m’inventavo qualunque escamotage, viaggiavo in autostop. Finché i soldi si sono prosciugati del tutto e, sul web, ho spiegato i miei problemi economici. A quel punto molti lettori, per continuare a essere informati, mi hanno offerto del loro. Ho raccolto in quattro e quattr’otto quasi 4 mila euro, e ho seguito le elezioni fino alla fine» intervistando, tra gli altri, anche Rick Santorum, candidato cattolico alle primarie repubblicane. Adesso Marinelli vuole continuare: «Sto sponsorizzando un viaggio in Ame- rica per scrivere di come è cambiata la percezione dell’omosessualità. Obama si sta spendendo molto perché entrino nella Costituzione americana unioni diverse da quelle tra uomo e donna. Le città più grandi, come New York, San Francisco o Miami sono perlopiù favorevoli a questa svolta. Ma nell’Oregon o nel Mississippi cosa ne pensa la gente del matrimonio gay? Cosa credono sia giusto?». E anche questo progetto sarà finanziato «tramite crowdfunding. In sé è un ottimo strumento, ma va pubblicizzato. A me hanno dato una mano alcuni amici giornalisti, che ricordavano ai loro followers la mia condizione. Insomma, se fossi stato da solo, sperso nelle campagne umbre, nulla di tutto ciò si sarebbe generato». È un esempio di sussidiarietà orizzontale unico nel suo genere, «possibile anche in Italia – profetizza Bedino – perché stanno crescendo progetti interessanti che raccolgono consensi e finanziamenti. L’ultimo è stato indetto da Palazzo Madama per riportare in Italia il servizio di porcellana di Meissen appartenuto alla famiglia Taparelli d’Azeglio. L’obiettivo era recuperare 80 mila euro: ne hanno ricevuti quasi 90 mila». Anche per l’Italia c’è un futuro nel crowdfunding, basta «superare la diffidenza e alcuni problemi tecnologici e burocratici sui pagamenti online». Il quadro normativo non è ancora chiaro, la tassazione delle movimentazioni è elevata: insomma, siamo nella direzione giusta, ma c’è ancora strada da percorrere. n | | 8 maggio 2013 | 17 CHI È CHI un leader alla finestra Massimo D’Alema Iperpolitico, irresistibilmente antipatico, a ogni conclave entra papa ed esce cardinale. Ma deve ancora nascere il compagno che lo manderà ai giardinetti 18 | 8 maggio 2013 | | Foto: Ansa/Massimo Percossi S abato scorso sono andate in fumo le possibilità di una riedi| DI laura borselli zione delle passeggiate sottobraccio ai leader di Hezbollah e del “bye bye Condi” sussurrato al termine di una telefonata con l’allora segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Dato per papabile come ministro degli Esteri nel governo delle larghe intese guidato da Enrico Letta, Massimo D’Alema è rimasto a bocca asciutta. Esattamente come pochi giorni prima quando in ballo c’era la successione a Napolitano e il suo nome era in tutti i pronostici del toto Quirinale. Ormai quello del “migliorino” è il nome bomba, la carta per far saltare il banco e aprire una strada imprevi- Sono talmente tanti a destra quelli che sta e imprevedibile. Perché non c’è nessun lo apprezzano che a sinistra si fanno nome come quello di Massimo D’Alema che riesce a polarizzare profondamente e sospettosi. E a destra si ricordano trasversalmente tanto la destra quanto la che è pur sempre un post comunista sinistra. Sono talmente tanti a destra quelli che lo apprezzano che a sinistra si fanno tra Enrico Berlinguer. In quell’anno viene 2000 da una rubrica dell’Espresso. Invisospettosi. Viceversa, è talmente incondi- nominato segretario della Fgci e lo resterà tato a cena da Alfredo Reichlin, dirigente zionato il rispetto che gli porta una parte fino al 1980. La stagione di crescita e soffe- storico del Pci, Massimo si trova tra i piedella sinistra che a destra improvvisamen- renza della Fgci di quegli anni segna mol- di il bassotto del padrone di casa. D’Alete mettono da parte l’attrazione per l’irre- to il giovane D’Alema e già allora, come ma non gradisce le attenzioni della bestiosistibile antipatico e si ricordano che è pur nota il politologo Andrea Romano in Com- la («Questo non è un cane. Un vero cane è sempre un comunista. pagni di scuola (Mondadori), emerge quel- il mio labrador Lulù») e ordina a Reichlin: Comunista era la sua famiglia. Il padre la che diverrà una delle caratteristiche fon- «Levamelo dai piedi! Mi rovina le scarpe Giuseppe fu una figura di spicco della Resi- danti del personaggio, la «rappresentazio- che costano un milione e mezzo». Di fronstenza nel Ravennate e poi nel Ferrarese ne della politica come tattica della realtà e te agli occhi sgranati dei presenti lui non e poi deputato rosso per cinque legislatu- navigazione lungo tutte le piccole e gran- fa una piega: «Certo, me le ha fabbricate re. La madre, Fabiola, era soprannominata di insenature della costa». su misura un calzolaio calabrese che mi anche in casa “il generale”. Inutile dire che Entra per la prima volta in Parlamen- ha segnalato il compagno Marco Minniti». l’agiografia vuole il nostro somigliante tut- to nel 1987. «Se io vinco le primarie non Per la Bicamerale, invece, bisogna fare to alla mamma. All’età di dieci anni, Mas- finirà il centrosinistra, certamente fini- un passo indietro. Archiviato Occhetto con simo chiese di essere ricevuto da Palmiro rà la carriera parlamentare di D’Alema», l’esordio vincente in politica di Silvio BerTogliatti in quanto membro dell’Associa- diceva pochi mesi fa in giro per l’Italia lusconi nel 1994, D’Alema diventa segretazione pionieri italiani. L’aneddoto narra Matteo Renzi. Di certo, D’Alema era il ber- rio del Pds, anche se lo stesso Occhetto si che il piccoletto chiese al burbero dirigen- saglio di critiche e ironie molto prima del era speso per Veltroni, che godeva di un te una stanza dove riunirsi coi compagni. furore della rottamazione. D’Alema, ha più ampio consenso popolare. Di lui GiaPare che al termine del colloquio il Miglio- scritto Paolo Mieli, «sarà perseguitato a nantonio Stella ha scritto che per anni si re rimase tanto stupito dalla determina- vita... per le scarpe, il risotto, il labrador e era vantato di due cose su tutte: «Essere zione e dalla disciplina del ragazzo da la Bicamerale». Per divertirsi bisogna par- arrivato “terzo su quarantadue alla Baltic esclamare: «Ma questo non è un bambino, tire dalla storia delle scarpe, gustosamen- Cup” e di avere portato alla vittoria “una è un nano!». La svolta della sua vita politi- te ricostruita da Giampaolo Pansa nel suo sinistra che si emozionava, organizzava ca arriva nel 1975, quando a Pisa incon- Tipi Sinistri (Rizzoli) e svelata nel giugno feste, distribuiva volantini, cucinava tor- | | 8 maggio 2013 | 19 Foto: Ansa/Massimo Percossi CHI È CHI MASSIMO D’ALEMA tellini ma perdeva”». Il fascino dell’uo- nuta per mano di Fausto Bertinotti, è uno inattività pressoché totale». Le cose vanno mo, “diciamo” (il suo intercalare più famo- dei fatti che viene imputato al famigerato diversamente. D’Alema si dimette nel 2000 so), viene da frasi come queste che tradi- “complottone” dei dalemiani. Anche pochi in seguito alla sconfitta della sinistra alle scono uno snobismo tagliente, una per- giorni fa l’affossamento di Prodi alla presi- regionali, da lui stesso trasformate in un fidia tanto più efficace perché mescolata denza della Repubblica è stato ricondotto test politico, e il sogno del Quirinale svaniall’indifferenza. «Il mio amico Massimo – al lider Maximo e ai suoi fedelissimi. Lui rà una prima volta con l’elezione di Giorha detto lo scrittore Montalban a una festa ha minacciato querele contro chiunque gio Napolitano nel 2006 e una seconda volta poche settimane fa. dell’Unità a Bologna – è il “signor segreta- osi affermare una cosa del genere. «La mia persona reale – ha detto in A Palazzo Chigi D’Alema si trova a rio” perfino quando mangia fette di finocchiona: lo fa come se stesse pensando gestire il bombardamento del Kosovo da un’intervista – è del tutto inoffensiva. all’origine e alle finalità della finocchio- parte della Nato e non fa una piega. In Anzi, con una forte tendenza all’apatia e na nel mondo». Si narra che nel 1994 alla quegli anni con lui ci sono due spin doc- alla contemplazione». Colpevoli di diseFesta dell’Unità nazionale i Pink Floyd atti- tor, Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi, gnarlo diverso da quel che è sono i giornalisti. Giornalista lui stesso rarono 60 mila persone, molte (è stato direttore dell’Unità) ha meno di quelle che si misero in fila per il comizio finale del Colpevoli di disegnarlo diverso fatto sua una delle definizioni compagno Massimo. sprezzanti e azzeccate delda quel che è sono i giornalisti. più La bicamerale arriva nel la categoria coniata da Togliat1997. Presieduta dallo stesso ti: iene dattilografe. Qualche Giornalista lui stesso, D’Alema, la Commissione ha il anno fa Giampaolo Pansa ha ha fatto sua una delle compito di riformare la seconsignificativamente inaugurada parte della Costituzione, to il suo passaggio dall’Espresdefinizioni più perfide della ma dopo meno di due anni so a Libero con un campionacategoria coniata da togliatti: rio di espressioni di disprezzo il tavolo salta. A tirarsi indietro è Berlusconi, ma lo stesper i giornalisti collezionate iene dattilografe so D’Alema sconterà il discredal nostro negli anni. La sintedito della sconfitta. Più ancosi è che (1993): «In questo Paese ra porterà il peso di aver concesso un’im- considerati le menti dell’operazione sim- non sarà mai possibile fare qualcosa finché meritata apertura di credito al nemico. patia del premier che culmina nel risotto ci sarà di mezzo la stampa. La prima cosa Una certa sinistra non glielo perdonerà cucinato davanti alle telecamere di Vespa. da fare quando nascerà la Seconda Repubmai (Gherardo Colombo parlò di «bicame- La comunicazione politica italiana è rivo- blica sarà una bella epurazione dei giornarale figlia del ricatto»). Una certa destra luzionata e l’indignazione radical chic è listi in stile polpottiano». Vicine alle sensicomincerà a guardarlo con occhi diversi. servita, ché dal risotto di D’Alema al plasti- bilità del centrodestra anche alcune dure Nel 1998 il nostro sale a Palazzo Chigi, fino co di Cogne il passo è breve. In quegli anni prese di posizione contro la magistratura ad oggi unico post comunista a farlo. Pec- avventurosi Rondolino e Velardi si dedi- e il rapporto perverso con la stampa, che cato che ci vada senza voti, ma con l’inca- cano anche a pianificare il futuro del lea- gli costarono, sempre dal puntuto Pansa rico dal capo dello Stato Oscar Luigi Scal- der. In un memorandum riservato, pubbli- sull’Espresso, il soprannome di Dalemoni. faro dopo la caduta del primo Prodi che cato per la prima volta nel 1999 in appenIperpolitico, antipatico, cinico e ora spezza i sogni del centrosinistra italiano. dice al saggio di Alessandra Sardoni Il fan- costretto al ruolo di quello che entra papa «Per noi fessi – scriveva Edmondo Berselli tasma del leader (Marsilio), i due spiega- in conclave per uscire cardinale. Oggi il in Sinistrati (Mondadori) –, per noi ulivisti no come lavorano alla costruzione del per- profilo di Massimo D’Alema sembra fuoè più o meno una tragedia. Perché noi non sonaggio per il ruolo che più gli si addice: ri dal tempo, un’intelligenza destinata abbiamo niente da spartire con D’Alema, quello di capo dello Stato. Infatti, «i ritmi all’oblio in un coté che insegue il nuovo che è un comunista realista, il quale pro- di lavoro di Palazzo Chigi sono massacran- flirtando con l’arma della rottamazione. babilmente non crede più in niente tran- ti. D’Alema è un buon lavoratore, ma il Eppure la strategia di destinarlo ai giardine in ciò che al momento pensa lui». Non suo tempo è organizzato in modo partico- netti sembra prematura. E probabilmente per niente la caduta di Prodi, pur se avve- lare: a fasi “intensive” si affiancano fasi di anche miope. n 20 | 8 maggio 2013 | | L’INTERVENTO «I Foto: Ansa/Massimo Percossi politici che si richiamano alla tradizione cattolica sono spesso propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida». Così Matteo Renzi scrive su Repubblica per contestare l’elezione al Quirinale di Marini in quanto cattolico. E ancora, nella stessa lettera, egli afferma: «Personalmente dubito di chi riduce il cristianesimo a insieme di precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire e che il buon cristiano dovrebbe difendere dalle insidie della contemporaneità». L’esponente più “moderno” del Partito democratico sembra così chiarire (una volta tanto) il suo pensiero sulla laicità e sulla rilevanza della religione nella dimensione pubblica con una secca presa di distanza da coloro che, credenti e non credenti, riconoscono la necessità di porre alla base dell’azione politica una verità depositata dall’esperienza insistita nei secoli e dall’osservazione della realtà, anche se talora si rivela scomoda ai fini del consenso. E nel momento in cui la stessa crisi economica e sociale appare avere una spiegazione ultima nella crisi antropologica generata da una diffusa perdita di senso, costoro avvertono il primario impegno politico di difendere e promuovere quei princìpi che sono stati definiti “non negoziabili” in quanto riferiti alla sostanza stessa della persona umana. SE IL DIRITTO NATURALE DIVENTA “ETICA RIGIDA” Il cattolicesimo adulto di Renzi apre la strada al modello Hollande | DI MAURIZIO SACCONI Otto princìpi di civiltà Chiedo così a Renzi che si candida a sindaco d’Italia di chiarire se costituiscano «una visione etica molto rigida» i seguenti princìpi: 1) la doverosa accoglienza di ogni nuova vita, 2) l’assistenza medica alla procreazione collegata alla relazione affettiva e quindi nei limiti degli elementi naturali propri della coppia, 3) il rifiuto di ogni forma di commercio dell’umano, 4) l’unicità dell’istituto matrimoniale che non può essere Al sindaco, Come A Prodi, PIACE il “per tutti”, 5) la prevalencattolico che ha la “maturità” per za dei diritti dei minori allontanarsi dal magistero della sui desideri degli adulti, Chiesa, SOPRATTUTTO quando LO IMPONE 6) l’esclusività delle poLA COABITAZIONE coi laici “immaTURI” litiche sociali pubbliche (pensione di reversibilità, assegni e detrazioni) per la coppia natura- valentemente nel partito e nella coaliziole unita in matrimonio e per la cura dei fi- ne di Matteo Renzi. Ora io non mi rivolgo gli, 7) la tutela di ogni fragilità umana con tanto al “buon cristiano” quanto al “laiparticolare riguardo all’alimentazione e co adulto” che, a prescindere dalla fede, idratazione, 8) la piena ed effettiva libertà con la ragione e l’esperienza, può avvertire compiutamente il dovere di difenderli di scelta tra scuola statale e paritaria. Rispetto a questi princìpi «le insidie con lo scopo di promuovere il rispetto deldella contemporaneità» sono invero mol- la vita umana, fondamento di ogni etica te e si nascondono – si fa per dire – pre- pubblica, la vitalità demografica, premes- sa di quella economica e sociale, il valore della famiglia naturale, base per la coesione sociale, il pluralismo educativo, ancor più di fronte alla concorrenza delle fonti informali di apprendimento. La sua lettera è parsa invero ispirarsi a quella definizione di “cattolico adulto” che Prodi utilizzò per invitare i credenti a considerare con favore il referendum contro la regolazione della procreazione medicalmente assistita. Sarebbe insomma “adulto” il cattolico che ha la “maturità” per allontanarsi dal magistero della Chiesa, soprattutto quando la coabitazione e la negoziazione con i laici “immaturi” lo impongono. Noi, al contrario, abbiamo fiducia nel fertile incontro tra credenti e non credenti che si costruisce sul terreno naturale, lontano da ogni pensiero ideologico “sintetico”. Così come sta accadendo in Francia, ove l’ideologia laicista vuole mettere in discussione la famiglia naturale e, con essa, il contesto logico dell’adozione e della stessa procreazione. Così come è accaduto in Italia nei giorni della Englaro, quando molti non credenti parteciparono alle iniziative di difesa della sua vita. La posta in gioco è la sopravvivenza stessa delle nostre società, ove la grande crisi economica e sociale non è nata da ragioni tecniche e non può quindi essere superata con strumenti meramente tecnici. | | 8 maggio 2013 | 23 ECONOMIA TAGLIARE I TAGLI Un calcio al rigore Non sono più i governi inguaiati dai debiti a chiedere pietà. Adesso è la stessa Unione Europea ad accorgersi che troppa austerità fa male ai conti. Ma la Germania resiste (da sola) sulla linea dura. E non sarà facile smuoverla | DI RODOLFO CASADEI Una protesta davanti al Parlamento di Atene contro l’austerity imposta alla Grecia dall’Europa in cambio di aiuti finanziari ECONOMIA TAGLIARE I TAGLI S ono tutti d’accordo che l’austerità è la cura sbagliata, tutti tranne la Germania. Eppure si continua a fare come vuole la Germania. È questa la paradossale situazione in cui l’Unione Europea si trova alla vigilia del sesto quadrimestre consecutivo di contrazione del suo Pil, con il tasso di disoccupazione che ha toccato il suo record storico al 12 per cento della manodopera attiva dopo sedici mesi consecutivi di tagli del personale nelle imprese di tutta Europa e dopo ventuno mesi consecutivi di contrazione del Purchasing Managers Index, l’Indice di gestione acquisti che segnala lo stato di salute del settore manifatturiero. A Berlino di tutto ciò non importa proprio niente: la Germania è l’unico paese dell’eurozona che ha registrato un attivo di bilancio nel 2012 (+0,2 per cento), e loro sono contenti così. Lasciamo pure da parte primi ministri e ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi dell’euro maggiormente a disagio coi programmi di aggiustamento strutturale imposti da Bruxelles e consideriamo solo i soggetti “terzi”. Ad aprire il fuoco di fila delle critiche all’austerità depressiva delle politiche fiscali dell’eurozona è stato il Fondo monetario internazionale (Fmi) a metà di aprile, poi sono seguiti l’Istituto Bruegel (di cui sono membri tutti i paesi dell’Unione Europea e di cui è stato presidente anche Mario Monti), il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il presidente del più grande fondo di investimenti in obbligazioni del mondo (Bill Gross della californiana Pimco) e, a leggerlo con obiettività, anche il comunicato stampa di Eurostat del 22 aprile sui deficit di bilancio dei paesi dell’eurozona e di quelli della Unione a 27. Berlino contro tutti Scorrendo i numeri di Eurostat infatti si scopre che in tutti i paesi che hanno chiesto aiuti agli altri membri dell’Unione, concordato piani di salvataggio europei o deciso autonomamente misure di austerità per affrontare crisi debitorie (è il caso dell’Italia) si danno una o entrambe delle seguenti negatività: o il deficit di bilancio è ben al di sopra del 3 per cento fissato in sede europea, o il rapporto tra debito pubblico e Pil si è deteriorato dopo la decisione delle misure di austerità. In Italia il deficit di bilancio nel 2012 si è fermato al 3 per cento, ma il rapporto debito/Pil si è degradato fra il 2010 e il 2012 passando dal 119,3 al 127 per cento del 26 | 8 maggio 2013 | | TROPPI SACRIFICI Pil. Nei paesi Pigs la palma del deficit più Europa, la dieta tedesca alto nel 2012 va alla Spagna (-10,6 per cennon fa affatto dimagrire to), seguita da Grecia (-10), Irlanda (-7,6) e Il comunicato stampa di Portogallo (-6,4). In tutti e quattro i paesi Eurostat pubblicato il 22 sopra elencati il rapporto tra debito pubaprile scorso rivela che in tutti i paesi che hanno blico e Pil nel 2012 risultava, come in Itaconcordato piani di salvalia, peggiorato rispetto al 2010: in Spataggio europei o adottato gna è passato dal 61,5 all’84,2 per cento misure di austerità per del Pil, in Grecia dal 148,3 al 156,9 (ma affrontare crisi debitorie il deficit di bilancio ha si è abbassato rispetto al 2011), in Irlanda superato il tetto del 3 per dal 92,1 al 117,6 e in Portogallo dal 94 al cento fissato a Bruxelles, 123,6 per cento. o il rapporto tra debito Credete che a Berlino importi qualpubblico e Pil si è deteriorato. E nella maggior cosa dell’evidente impasse della cura parte dei casi si sono dell’austerità nei paesi mediterranei (e registrati entrambi i proceltici) dell’eurozona? Proprio per nienblemi. Tendenza opposta, te. Lunedì della settimana scorsa Barroso invece, per la Germania dichiarava che l’austerità fiscale nei paesi afflitti da crisi del debito era necessaria, ma che «mentre questa politica è fondamentalmente giusta, penso che abbia raggiunto i suoi limiti sotto molti aspetti. Per avere successo una politica deve non solo essere appropriata, ma avere anche un minimo di sostegno politico e sociale». È bastato questo perché il giorno dopo il ministro degli Bill Gross (PIMCO), che due Esteri tedesco Guido Westerwelle ammonisse: «Siamo conanni fa definiva il debito vinti che se rinunciamo alle britannico «un letto di politiche di consolidamento di bilancio, se ricadiamo nelnitroglicerina», OGGI dice le vecchie politiche fatte di che NON È l’austerità A FARE accumulazione di debiti, allora alimenteremo la disoccupaLA vera crescita. «Bisogna zione di massa per molti anni in Europa». Quando a metà spendere i quattrini» aprile il Fmi ha fatto notare Nel governo tedesco la pensano tutti che se concentravano troppo l’attenzione sugli obiettivi di riduzione del deficit come lui, come si può dedurre dal fatto di bilancio annuale i governi dell’eurozo- che nella stessa settimana dell’intervento na rischiavano di aggravare la recessione del Fmi il gabinetto dei ministri ha appro(«L’aggiustamento fiscale dovrebbe pro- vato nuovi tagli di spesa per essere certi cedere gradualmente – si legge nel docu- di conseguire un attivo di bilancio anche mento del Fondo – e fondarsi su misure quest’anno e il prossimo, e per inseguire che limitano i danni alla domanda nel l’obiettivo di ridurre il rapporto tra debibreve termine»), il ministro tedesco del- to pubblico e Pil dall’80,5 per cento attuale Finanze Wolfgang Schäuble ha pensato le al 69 per cento nel 2017. bene di autonominarsi portavoce dei paesi europei e di commentare con sufficien- L’erroraccio dei primi della classe za: «Nessuno in Europa vede questa con- Non ha scosso il governo tedesco dalle traddizione fra una politica fiscale di con- sue granitiche certezze nemmeno la clasolidamento e la crescita». La stessa suffi- morosa notizia che la dissertazione di cienza con cui ha liquidato anche la pro- un dottorando dell’Università Amherst posta di Enrico Letta di rinegoziare il rigo- del Massachusetts, approvata dai profesre e rilanciare la crescita a livello euro- sori Michael Ash e Robert Pollin, smentipeo: «Scaricare sugli altri i propri proble- va le tesi del più famoso e politicamente mi è comprensibile umanamente, ma è sfruttato studio del decennio: quello intiuna sciocchezza», ha replicato sarcastica- tolato “Growth in a Time of Debt” apparmente Schäuble. «Molti paesi europei fan- so nel 2010 sull’autorevole American Econo grandi progressi, ma non si lamenta- nomic Review, opera di Carmen Reinhart no ogni giorno e non pretendono sempre e Kenneth Rogoff, due studiosi dell’unidagli altri la soluzione ai loro problemi». versità di Harvard giunti alla conclusione Irlanda Portogallo Deficit bilancio 2012 Deficit bilancio 2012 - 7,6 - % 6,4 Rapporto debito/Pil Rapporto debito/Pil 2010 2010 92,1 117,6 % 2012 % % 94,0 123,6 % 2012 % Germania Italia Grecia Surplus bilancio 2012 Deficit bilancio 2012 Deficit bilancio 2012 0,2 + - % 3,0 - % 10,0 % Rapporto debito/Pil Rapporto debito/Pil Rapporto debito/Pil 2010 2010 2010 82,4 81,9 % 2012 % 119,3 148,3 127,0 156,9 % % 2012 2012 % % Spagna Deficit bilancio 2012 - 10,6 % Rapporto debito/Pil 2010 61,5 84,2 % 2012 % Nelle pagine precedenti, foto Ansa/Alkis Konstantinidis Fonte: Eurostat, comunicato 64/2013, 22 aprile 2013 che quando il rapporto fra il debito pubblico e il Pil nazionale supera il 90 per cento, il secondo tende a non aumentare più o a retrocedere dello 0,1 per cento all’anno. La loro analisi è diventata subito la bandiera di governi e forze politiche – in Germania, negli Stati Uniti e nel Regno Unito – impegnati a vendere l’idea che la ripresa economica deve essere preceduta da una forte riduzione dell’indebitamento pubblico, e dunque da politiche fiscali rigorose. Persino il commissario per l’Economia della Commissione europea Olli Rehn, prima di concedere, giovedì scorso, una qualche apertura alle richieste di allentare le politiche di rigore, mostrò di averla fatta propria in un discorso tenuto nel 2011 al Council on Foreign relations americano, nel corso del quale aveva affermato: «È ampiamente riconosciuto, sulla base di seria ricerca scientifica, che quando i livelli del debito pubblico salgono oltre il 90 per cento tendono a presentare una dinamica economica negativa, la quale si trasforma in bassa crescita per molti anni». L’equipe del Massachusetts ha rilevato seri problemi metodologici in quella ricerca: l’esclusione selettiva di alcuni dati, uno schema di bilanciamento dei dati insolito e soprattutto un errore di codice nel foglio di calcolo Microsoft Excel utilizzato. Alla fine la media della crescita dei paesi oltre la fatidica soglia del 90 per cento non era stagnante o negativa, ma pari al 2,2 per cento annuo, contro il 3,2 per cento dei paesi a indebitamento moderato: tutta un’altra faccenda. D’altra parte è davvero strano che per quasi tre anni le tesi di Reinhart e Rogoff abbiano dominato: poche nozioni di storia dell’economia sarebbero state sufficienti a ricordare che dopo la Seconda guerra mondiale il debito pubblico degli Stati Uniti e del Regno Unito si è collocato ben sopra al 100 per cento (nel caso dell’Inghilterra addirittura sopra il 200 per cento nel 1945), eppure i due paesi sono rientrati ben al di sotto di quei livelli non con l’austerità ma grazie a importanti tassi di crescita economica, e che negli ultimi vent’anni Belgio, Italia e Giappone, paesi il cui debito pubblico superava e tuttora supera il 90 per cento, sono cresciuti a tassi non eccezionali, ma certamente non negativi (tranne che per l’Italia nell’ultimo biennio). Le prime conversioni In buona sostanza, nessuno può dire se è l’alto indebitamento che causa una bassa o negativa crescita, oppure se è una bassa o negativa crescita che produce indebitamento. Una teoria sul tasso ottimale di indebitamento pubblico attualmente non esiste, quella di Reinhart e Rogoff era puramente empirica e si è rivelata sbagliata. Nel frattempo assistiamo a un certo numero di conversioni sulla via di Damasco. L’Fmi, che per decenni ha sostenuto le ragioni dei piani di austerità e di aggiustamento strutturale imposti a mezzo mondo per uscire da crisi finanziarie e debitorie, adesso invita Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea a rallentare il passo | | 8 marzo 2013 | 27 ECONOMIA TAGLIARE I TAGLI Stranieri in fuga 28 | 8 maggio 2013 | | +3.647 Cina 180.648 -13.606 Variazione Paese di provenienza Totale presenze -15.558 Germania 181.320 Bolivia 172.412 +246 Italia 192.147 -24.984 -45.951 la politica dell’euro ha causato: «Il tasso di cambio reale di tutti i membri meridionali dell’eurozona è diventato sopravvalutato, mentre è sottovalutato in gran parte dei membri settentrionali». Finora tutte queste conversioni hanno portato a un unico allentamento dell’ortodossia: il dogma del 3 per cento di deficit massimo annuo tollerabile è stato sospeso, le tempistiche di rientro dei deficit dei paesi in crisi allungate. Alla Spagna sono stati concessi da Bruxelles due anni in più per rientrare sotto il tetto del 3 per cento, lo sfondamento di quest’anno previsto al 6,5 per cento sarà tollerato nonostante si fosse concordato un 4,5 per cento. Anche a Francia e Portogallo è stato concesso un anno in più. I mercati sono tornati a comprare titoli di Stato dell’eurozona a tassi un po’ più bassi delle aste scorse in mancanza di meglio, visto il rallentamento dell’economia cinese e degli altri paesi Brics. Ma il peggio non è passato: se Berlino non cambia linea, l’uragano è solo rinviato. n -14.799 delle misure di austerità, e invita i paesi come la Germania che hanno un forte surplus commerciale (Berlino è arrivata a un fenomenale 7 per cento) a spendere di più per stimolare la ripresa nei suoi vicini in difficoltà. Bill Gross, che due anni fa definiva il debito pubblico britannico «un letto di nitroglicerina» e invitava a non investire in quello statunitense giudicandolo rischioso, adesso dice: «Il Regno Unito e quasi tutta l’Europa hanno sbagliato a credere che l’austerità, l’austerità fiscale nel breve termine, fosse la strada per produrre vera crescita. Non lo è. Bisogna spendere i quattrini». E persino l’Istituto Bruegel, mai critico con le decisioni prese in sede europea, nel suo ultimo rapporto scrive: «La sequenza dell’azione politica è importante. Senza credito, investimenti e crescita, è probabile che qualunque riforma strutturale sia vittima del rigetto popolare. Se la riduzione della spesa pubblica non produrrà risultati, il sostegno a questa politica svanirà». Il Bruegel riconosce anche i disallineamenti valutari che -1.550 Il primo censimento della Spagna moderna risale al 1857, e risultò che il paese aveva un po’ più di 15 milioni di abitanti. Da allora la popolazione residente è sempre aumentata di numero, con la probabile eccezione degli anni della Guerra civile (1936-39), durante i quali però non si fecero censimenti. Il 1° gennaio di quest’anno per la prima volta ufficialmente in più di un secolo e mezzo la Spagna ha censito meno abitanti di quelli registrati l’anno prima. Fra il 1° gennaio 2012 e il 1° gennaio 2013 i residenti totali, spagnoli e stranieri, sono scesi da 47.265.321 a 47.059.788, con una flessione secca di ben 205.788 unità. Gli emigranti sono diventati più numerosi degli immigranti. Che dietro al fenomeno ci sia la difficile congiuntura economica che da due anni il paese vive è intuitivo. La crisi spinge all’esodo spagnoli di nascita, immigrati e stranieri da poco naturalizzati spagnoli. I numeri dell’ultimo censimento non possono individuare la consistenza di queste tre componenti; possono però dire quali sono i gruppi maggiormente interessati al ridimensionamento. I poco più di 47 milioni di residenti sono per l’88,3 per cento spagnoli e per l’11,7 per cento stranieri. Sono questi ultimi i protagonisti della flessione: sono diventati 5 milioni e 520 mila, perdendo oltre 216 mila unità rispetto all’anno precedente. Gli spagnoli di nascita o naturalizzati sono invece aumentati di poco più di 10 mila unità. Le nazionalità che hanno conosciuto le più forti diminuzioni sono gli ecuadoregni (meno 45.951 in un anno, un sesto del totale), i rumeni (meno 28.568) e i colombiani (meno 24.984). È curioso che solo due nazionalità straniere registrano un aumento di presenze, seppure lieve, nel fatale 2012: la prima è quella cinese (più 3.647), la seconda è quella italiana (più 246 unità). L’unica regione spagnola in cui la popolazione è aumentata l’anno scorso è Melilla, che in realtà si trova in Africa. Le due regioni che hanno conosciuto la maggiore flessione (1,2 per cento in meno di abitanti) sono Castilla y Leon e Castilla-La Mancha. [rc] Romania 868.635 Marocco 787.013 Regno Unito 383.093 Ecuador 262.223 Colombia 221.361 E dopo l’annus horribilis della crisi gli immigrati lasciano la Spagna Variazione del numero di immigrati delle principali nazionalità presenti in Spagna rispetto al 2012 -28.568 SALDO NEGATIVO Fonte: El País LE NUOVE LETTERE DI BERLICCHE L’IRRUZIONE DELLA REALTÀ NEL MONDO DEI SOGNI Accidenti al vecchietto che ci ha smontato la democrazia del web M io caro Malacoda, come al solito abbiamo sottovalutato il fattore umano. Non il romanzo di Graham Greene, la cosa in sé. Le lunghe fortune del sociologismo, la convinzione che è l’ambiente a formare il carattere, il determinismo sociale che toglieva ogni responsabilità all’individuo, la quasi sparizione del concetto di colpa (tenuto in vita solo per sacerdoti pedofili e politici ladri) ci avevano inconsapevolmente convinti che effet- ci siamo costruiti una realtà a nostra immagine. tivamente andavano così anche AVEVAMO anche lo strumento che ci giustificava: le cose: le forze che determina- la Rete. Napolitano È CAPITATO FRA i nostri PIANI no l’assetto sociale indirizzano inevitabilmente anche le decisioni dei singo- co, ha ridato possibilità di dignità alla politili. Fior di “scienziati” ci avevano spiegato che ca. È stata di più della soluzione di un problel’anima non esiste e che la libertà, come l’in- ma, è stato il ritorno della realtà. Per noi è la namoramento, è un processo chimico-elettri- sconfitta più cocente, anche perché rimediata co-neuronale. Abbiamo finito col crederlo, e a un passo dal traguardo, ma dobbiamo ancoabbiamo sostituito la realtà con le nostre pro- ra una volta ammettere che aveva ragione Doiezioni mentali. Di più, ci siamo costruiti una stoevskij: la realtà è testarda, puoi nasconderrealtà a nostra immagine e somiglianza. Ab- la con illusionismi vari, poi basta un bambino biamo anche trovato lo strumento che ci giu- che urla: “Ma il re è nudo!” (e un vecchio libestificava in questo sogno: la Rete, il popolo del ro è un bambino con i più esperienza e autoweb, la e-democrazia. In Italia la vicenda sem- revolezza) e la costruzione che pareva scintilbrava funzionare alla grande, il candidato di lante di fascino crolla. Non solo a Dostoevskij, dobbiamo dar ra4.677 persone era diventato “il candidato degli italiani”, il suo nome era ritmato da una gione anche a quel bambinone di Chesterton, piazza, diventata per estensione “le piazze del che ci ha sgamati quando ha detto che «solo la Paese”. 10,100,1000 persone invadevano vir- creazione di Dio è un’opera materiale, quella tualmente tutte le case degli italiani grazie a del diavolo è puramente spirituale». Continuiamo a riempire di sogni la testa 1, 2, 10 giornalisti che le inquadravano adoranti e le moltiplicavano con la loro cinepre- degli uomini sfruttando la verità del loro desisa. Forse per la prima volta dopo la fine del- derio – la lotta alla corruzione è sacrosanta, il le ideologie un’opinione (non oso dire un’idea purismo della trasparenza assoluta ne è il priperché anche se sono un diavolo conservo un mo affossatore – ma inevitabilmente prima o po’ di rispetto per la mia intelligenza) è tor- poi l’uomo che è adombrerà l’uomo che prenata prepotentemente e collettivamente a so- tende di essere. Ci è capitato questo Giorgio Napolitano in stituirsi alla realtà. Con la seria prospettiva di ottenere il risultato sperato: dividere, divide- mezzo ai nostri progetti. Datti da fare, non sia mai si realizzi quell’altra convinzione del Nere, dividere. Poi è successo l’imprevisto, il classico gra- mico, «bonum diffusivum sui». Di contagionello di sabbia che blocca il meccanismo. Un so ci deve essere solo la malattia, soprattutto uomo, uno solo, vecchio in un mondo di rotta- quella forma di demenza adolescenziale tipimatori e di nuovisti, ha detto sì. E ha rovescia- ca dei grilli che, come la mucca pazza, ha troto il tavolo. Con una decisione libera e autono- vato il modo di trasmettersi all’uomo. Riprenditi. ma, perché presa davanti a una responsabilità personale e storica e non a un quadro politiTuo affezionatissimo zio Berlicche | | 8 maggio 2013 | 31 L’ITALIA CHE LAVORA Il signore dei giocaTtoli La lezione del cavallo Galoppa, la scoperta dei chiodini, la conquista dello spazio con un razzo che imbarazzava gli scienziati. La storia dell’azienda di Stefano Quercetti è una storia di famiglia. Iniziata nei cieli sopra Torino quando un pilota di caccia mise le ali alla fantasia L ed è facile pensare che una volta sceso a terra un po’ di quell’aria speciale gli fosse rimasta appiccicata addosso. Lo avevano chiamato alle armi, con l’incarico di pilota sottufficiale di aerei da caccia e bombardieri, a far valere quel brevetto di volo conquistato per passione a diciott’anni, mentre lavorava come operaio aggiustatore alla Westinghouse, ma ora, che aveva qualche anno di più e che la guerra era vivaddio finita, nessuno a Torino sembrava avere bisogno di Alessandro Quercetti. Finché, nel 1947, una piccola fabbrica di giocattoli, la Inco Giochi, gli offrì un lavoro. Ed ecco cosa accadde in un colpo di schioppo: all’ex pilota, abituato a mettere insieme pensieri, speranze e paure in un abitacolo a tremila metri d’altezza, il portafoglio prodotti della fabbrichetta, consistente in una sola rana con carica a molla di origine tedesca, stava ben stretto e in capo a pochi mesi si trovò a progettare, prototipare e realizzare con le proprie mani piccoli cavalli, tram, motrici, motoscafi, trattori e velieri mossi da molle e ingegnosi ingranaggi. Fu proprio tra i macchinari della Inco che nacque il primo giocattolo di Alessandro Quercetti l’imprenditore e non più solo il progettista. «La Inco venne travolta da problemi finanziari e nel 1950 mio padre decise di mettersi in proprio proponendosi al mercato con un nuovo marchio, Hopla, e una nuova creazione, il cavallo Galoppa: “Montai”, scrisse di quel periodo nelle sue memorie, “circa 900 cavalli. Eravamo presso Natale, mi affrettai a venderli girando per i negozi di Torino. Ma l’esito commerciale fu un fiasco solenne. La maggior parte dei cavalli si rompeva, il motore si staccava dal corpo! A gennaio ritirai tutti i cavalli, pregai i commercianti di 32 | 8 maggio 2013 | | assù il cielo era di un bell’azzurro, La storia della Quercetti è legata profondamente alla vita del suo fondatore, il pilota di caccia Alessandro Quercetti (ritratto a sinistra), un mito italiano nella storia del giocattolo mondiale. A destra, il figlio Stefano, amministratore delegato della Quercetti ed erede, insieme ai fratelli Alberto e Andrea, della passione dell’ex pilota che con i suoi chiodini e i modelli volanti continua a mettere le ali alla fantasia dei bambini di tutto il mondo avvisare a loro volta i clienti che li avevano acquistati. Avrei sostituito la merce. L’anno successivo, al contrario, un incredibile, insperato, clamoroso successo”. Il Natale successivo infatti le cose andarono decisamente meglio; riaggiustati e sistemati, vennero venduti in pochissimo tempo 1.700 cavalli Galoppa. Con il ricavato papà rilevò la Inco Giochi e così inizia ufficialmente la storia della Quercetti». Stefano Quercetti è oggi amministratore delegato dell’azienda di famiglia, nonché erede insieme ai fratelli Alberto (responsabile prodotto) e Andrea (responsabile export), della voglia inesauribile di fare di papà Alessandro, scomparso a 90 anni nel 2010. Un ingresso in azienda tutt’altro che scontato: «Laureato in ingegneria elettronica, ero tentato da una carriera diversa da quella respirata fin da piccolissimo in famiglia. Ma alla fine, la certezza di quanto avrei perso ha vinto ogni altra ambizione: ero stato cresciuto in casa e potevo crescere nel lavoro con il migliore dei maestri, la dote più preziosa. Lavorare con mio padre è stato un onore. La lezione del cavallo Galoppa, che non abbatté né fece vacillare di un millimetro la sua voglia di continuare a parlare la lingua dei bambini e non quella del marketing, resta per me una grande lezione di imprenditoria. Attualissima». Sarà per questa fedeltà a una vocazione artigiana e responsabile di ciascun giocattolo se oggi la Quercetti è l’unica azienda a livello nazionale a poter vantare un controllo diretto della filiera produttiva: «A dispetto della crisi e di un sistema fiscale mortificante ogni sforzo di intrapresa, abbiamo deciso di continuare a produrre giochi formativi ed educativi, realizzandoli interamente in Italia e senza l’utilizzo di materiali o manodopera straniera. L’intero ciclo di produzione, dal concept alla spedizione, viene infatti svolto da manodopera residente, nella nostra unica sede di corso Vigevano, a Torino». Scelte a dir poco sorprendenti e in controtendenza con il resto del settore giocattolo che hanno confermato il trend di crescita degli ultimi anni anche per il 2012, chiuso con un fatturato pari a circa 10 milioni di euro. «Il controllo dell’intera filie| | 8 maggio 2013 | 33 L’ITALIA CHE LAVORA Giochi semplici ma geniali come i popolarissimi chiodini colorati, o il missile Tor, o modelli volanti come il Sirius, puntualmente aggiornati, sono in produzione da mezzo secolo. Come tutti i giochi Quercetti, anche questi classici ineguagliabili sono interamente realizzati nella sede di Torino ra ci porta, coi nostri 68 dipendenti, a garantire i tempi di consegna e il rispetto dei più alti standard di qualità. E il mercato ci premia. Siamo presenti in oltre 40 paesi, riusciamo ad esportare giocattoli perfino in Cina adempiendo al rigidissimo protocollo di Pechino. Che a differenza dell’Unione Europea vigila con severità perché in Cina non entrino “cinesate”». Ma come ha fatto Quercetti a conquistare il drago asiatico? Tutto ha avuto inizio il giorno in cui l’ex pilota s’imbatté in quello che ancora oggi è non solo il gioco più rappresentativo dell’azienda piemontese ma anche il più popolare tra i giochi usati dai nonni, i genitori e i bambini di oggi: i chiodini. Nato come gioco di composizione nella Francia degli anni Quaranta – allora fiammiferi di legno con capocchia di cera «il giocattolo ha risolto uno dei problemi più ardui della tecnica missilistica» scrive l’Unità magnificando le incredibili prestazioni del missile tor nel 1959 colorata utilizzati per creare mosaici multicolore su una tavoletta traforata – nel 1953 Quercetti si accolla, intuendone le grandissime potenzialità, le spese per il brevetto italiano, apportando miglioramenti nella produzione e nell’impiego dei materiali. Semplice ma geniale, per decenni il gioco farà irruzione nelle case di tutta Italia, dando vita a infinite composizioni, ispirando in più di un caso il mondo dell’arte contemporanea, fino a consacrarsi, per diffusione e capillarità, vero e proprio fenomeno di costume. Poteva fermarsi qui, Alessandro Quercetti. Oppure poteva sfruttare l’esperienza acquisita in volo e l’entusiasmo scatenato dai primi lanci nello spazio negli anni Sessanta. Tor nasce così: è un missile giocattolo che sfrutta il meccanismo di lancio con la fionda fino a raggiungere i cento metri di altezza. Ma è anche il primo giocattolo in cui i princìpi dell’aerodinamica trovano applicazione: un meccanismo di apertura ritardata consente il rilascio del paracadute per il rientro a terra senza danni del missile. «Gli scienziati astronautici si trovano in grave imbarazzo: il giocattolo ha infatti risolto uno dei problemi più ardui della tecnica missilistica: il recupero non solo dell’ogiva, ma del razzo intero» scriveva l’Unità magnificando il bello del razzo giocattolo già nel 1959. Oggi Tor 34 | 8 maggio 2013 | | è ancora in produzione dopo più di 50 anni ed è in assoluto il gioco Quercetti più venduto, con 14 milioni di pezzi distribuiti in tutto il mondo che vanno ad affiancare numerosissimi altri modelli volanti prodotti dall’azienda. «Non è che un giocattolo, ma con un braccio come il tuo può essere capace di evoluzioni incredibili, mi diceva papà consegnandomi i modellini di aerei che non aveva ancora immesso sul mercato. Tutti i giochi Quercetti sono stati testati in casa, naturalmente, da me e dai miei fratelli». Un’azienda ammirata in tutto il mondo Giochi storici come il Trenino, tutto in plastica, che si muove a “energia bambino”, giochi per l’infanzia (come la nuovissima gamma Prime Costruzioni con le Costruzioni magiche Poli Cubi e le barrette a incastro Link), giochi didattici, giochi magnetici (come la fortunatissima serie di lavagnette con lettere e numeri calamitati), o ancora giochi esclusivamente pensati per le bambine: la produzione media alla Quercetti è di settemila prodotti finiti al giorno, con punte nei periodi di alta stagionalità di 15 mila pezzi. Le linee storiche vengono puntualmente aggiornate e arricchite di referenze e certificazioni, mentre i fratelli Quercetti continuano a impegnarsi per rendere più spensierata la vita di milioni di bambini in tutto il mondo. Per questo continuano a raggiungere Norimberga, sede del più florido artigianato del giocattolo, che rappresentò per Alessandro Quercetti un approdo significativo: «Torino era diventata grazie a lui la capitale del giocattolo, l’International Toy Fair di Norimberga una tradizione da rispettare. Quando nel 2010 ci consegnarono un riconoscimento per i cinquant’anni di presenza ininterrotta abbiamo capito che partendo da semplici chiodini avevamo edificato un’impresa a cui il mondo guardava e di cui dovevamo sentirci ancora più responsabili. Facciamo giocattoli da sessant’anni trovandoci ogni volta a ricominciare a imparare dai bambini, dalla loro capacità di scoprire il mondo. Tutto quello che dobbiamo fare ora – conclude Stefano Quercetti – è di trovare altri “chiodini”. Un altro gioco, un altro strumento semplice e geniale che ci premetta di continuare a costruire qualcosa di molto grande». Qualcosa di tanto grande e visibile anche lassù, dove il cielo è di un bell’azzurro e i grandi uomini guardano sempre avanti come i bambini. Caterina Giojelli l’evento il tour banca generali un campione per amico Una giornata di sport insieme a quattro grandi azzurri 1 2 I l 16 aprile il Circo Massimo è una palestra a cielo aperto, a migliaia ragazzini d’ogni altezza affollano lo spiazzo nel cuore di Roma, ai piedi un paio di scarpe da tennis e in tasca l’entusiasmo di un’età a cui basta un solo splendido giorno per cominciare una nuova avventura. Eccoli qui dunque, “atleti per caso” tra i 6 e i 13 anni, protagonisti della prima giornata dell’edizione 2013 di Banca Generali Un Campione per Amico, venuti ad allenarsi con l’aiuto di quattro Campioni con la C maiuscola, di quelli che vincono le medaglie d’oro ma si ricordano sempre come tutto ha avuto inizio. Proprio a questo doveva aver pensato Adriano Panatta, quando, nel 1998 insieme ad altri tre ragazzi che hanno fatto la storia dello sport, Andrea Lucchetta, Jury Chechi e Francesco Graziani, ha deciso di mettere il proprio talento al servizio dei più giovani. E veicolare attraverso una giornata di sport vissuta insieme nelle piazze più belle d’Italia, valori come la dedizione, la correttezza, la fiducia in sé e il rispetto per gli altri. Banca Generali Un Campione per Amico è nato proprio così: come un’ora di attività fisica all’aria aperta in cui ciascun ragazzo, senza alcuna distinzione di abilità, potesse giocare a tennis, pallavolo, calcio o fare ginnastica allenato personalmente da un ex ragazzo che sognava il podio olimpico. A promuovere la kermesse, in breve diventata l’iniziativa più importante che lega allo sport le scuole di tutta Italia, è per il quarto anno 36 | 8 maggio 2013 | | 4 consecutivo Banca Generali: un sostegno arricchito dall’evocazione di messaggi e valori importanti, frutto della spiccata sensibilità sociale della banca leader nella gestione del risparmio delle famiglie. L’edizione 2013 del tour che da sempre si distingue per la straordinaria partecipazione dei bambini si svolgerà dal 16 aprile al 30 maggio, coinvolgendo le onlus del territorio e facendo tappa anche nelle città del terremoto: Reggio Emilia e L’Aquila. 3 la storia di brent Coronare un sogno olimpico in sella alla propria hand bike Non solo sport. Banca Generali Un Campione per Amico ha coinvolto le scuole dell’edizione 2012 anche con carta e penna: “Componi il tuo sogno olimpico senza barriere”, questo il titolo dell’iniziativa, ha visto i ragazzi cimentarsi nell’elaborazione di uno scritto sul valore dello sport, un diritto di tutti che non ammette differenze. E a ispirare i ragazzi, ancora una volta, è stato un incontro: anzi, tanti incontri. Quelli con quei campioni che di lì a poco avrebbero raggiunto Londra per le Paralimpiadi; quelli con i ragazzi disabili delle onlus del territorio, protagonisti come loro di una lezione di educazione fisica all’aria aperta. E quello con la storia di Brent Winters, protagonista di un docufilm animato, Il Sogno Paralimpico di Brent Winters, nato da un’idea di Andrea Lucchetta, realizzato in collaborazione con Rai Fiction e il sostegno di Banca Generali, e sposato dalla Fondazione Paralimpica e dal CIP. Una storia che comincia il giorno in cui Brent, giovane promessa del motociclismo che ha perso le gambe in un incidente, afferra un pallone da basket. Una sola presa, in cui torna ad esprimersi potente la voglia del ragazzino di riprendere in mano la propria vita e continuare a “dare gambe” ai propri sogni sportivi. Sogni che lo porteranno in fretta lontano, in sella alla sua hand bike, fino ai Giochi Paralimpici. LE TAPPE 16 aprile 19 aprile 3 maggio 10 maggio 14 maggio 16 maggio 21 maggio 23 maggio 28 maggio 30 maggio Roma Siracusa La Spezia Lucca Monza Reggio Emilia Mantova Brescia L’Aquila Treviso Circo Massimo P.za del Duomo P.za Europa P.za Napoleone P.za Trento e Trieste P.za Martiri del 7 luglio P.za Sordello P.za della Loggia P.za del Duomo P.za del Duomo I NUMERI Tredici edizioni in archivio, 130 tappe già percorse, uno staff di 50 persone e oltre 270 mila studenti scesi in campo i coach in campo 1. JURY CHECHI Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e bronzo ad Atene 2004. Sono questi i più grandi successi che hanno reso Chechi il Signore degli anelli. 2. ANDREA LUCCHETTA Crazy Lucky è uno di quelli della “generazione di fenomeni” che hanno fatto parte della nazionale italiana di volley più forte di tutti i tempi. Ha vinto tutto. 3. ADRIANO PANATTA Dal Roland Garros alla Coppa Davis, passando per gli Internazionali di Roma. Il più grande tennista italiano di sempre è stato anche campione del mondo di motonautica. 4. CICCIO GRAZIANI Bomber dal grande fiuto del gol. Uno scudetto col Torino, ma soprattutto il Mondiale di Spagna 1982. Graziani ha avuto un passato anche da allenatore. | | 8 maggio 2013 | 37 STILI DI VITA CINEMA SEMPRE LE SOLITE CHIACCHIERE Quando la rete sostituisce i bar PRESA D’ARIA di Paolo Togni Q uaranta o cinquant’anni fa molti passavano i pomeriggi al bar, dove al modi- co prezzo di un paio di consumazioni acquisivano il diritto di sedersi a discutere con gli altri avventori abituali. Le discussioni vertevano stabilmente su alcuni argomenti: innanzitutto lo sport, poi le donne, i fatti locali e la politica. In tempo di guerra (vedi Trilussa) si sviluppavano le grandi strategie. Qualche conclusione raggiunta, qualche commento più arguto, venivano riportati a personaggi importanti, che liquidavano la cosa con uno sbrigativo: «Chiacchiere da bar». La questione era chiusa, e nessuno si sognava di tornarci sopra. Oggi i bar non sono più luoghi di aggregazione sociale in cui avvengono scambi di opinioni. I frequentatori sono per lo più occupati a perdere soldi nelle macchinette, e non hanno voglia di interloquire. Ma è impossibile trattenere l’espansione del vapore surriscaldato, come irrefrenabile è la spinta di chi ragiona poco a parlare molto; e così lo sfogo necessario per l’aria fritta compressa prodotta dagli sciagurati è stato trovato nella rete: Facebook e Twitter sono diventati circhi nei quali vengono esposte le peggiori imbecillità che mente pseudoumana possa immaginare. Del resto è naturale: così come al bar andavano gli sfaccendati per farsi passare aria attraverso le corde vocali, così sulla rete è solo chi non ha niente di serio da Facebook e Twitter sono fare o da dire che si esprime. O chi abbia interesse a promuodiventati circhi dove esporre vere determinate idee o posile peggiori imbecillità. La zioni gabellandole per comucandidatura Marini è stata ne sentire; esatto, è il “sistema sommersa da critiche. TEMPI Beppe Grillo”: pochi imbroglioNUOVI E TEMPI MIGLIORI NON ni che gestiscono molti babbei. Ciò che passa nella rete è irSONO SEMPRE LA STESSA COSA rilevante: non esprime un’opinione condivisa, non dà il senso di un orientamento attendibile, e molto di rado il singolo messaggio è interessante. Eppure nelle recenti elezioni presidenziali la candidatura di Franco Marini è stata sommersa da una valanga di messaggi critici o intimidatori, spediti ai grandi elettori da un branco di sfaccendati di intelligenza corta, pilotati da marpioni che gestiscono per mezzo della rete i propri interessi. Il fatto non depone a favore delle qualità umane e intellettuali dei grandi elettori del Partito democratico che si sono fatti influenzare. Che decadenza! Non dico Togliatti, ma neanche Scoccimarro si sarebbe fatto influenzare, per le sue scelte politiche, dalle indicazioni del bar in piazza. Tempi nuovi e tempi migliori non significa sempre la stessa cosa. [email protected] HUMUS IN FABULA STUDI DI SETTORE Agli stranieri piace la casa in Italia Mentre il mercato immobiliare è ancora in sofferenza, aumentano gli acquisti di case per vacanza in Italia da parte di stranieri. A livello europeo siamo al terzo posto, dopo Francia e Spagna per i flussi di acquisti dall’estero. Nel 2012 le famiglie straniere hanno concluso circa 4.600 acquisti spendendo 2,1 miliardi di euro, 38 | 8 maggio 2013 | | il 13,5 per cento in più rispetto all’anno precedente. Secondo le indagini di Scenari Immobiliari, per il 2013 il giro d’affari complessivo dovrebbe essere di 2,3 miliardi di euro. L’investimento medio per abitazione è simile a quello del 2012, attorno ai 460 mila euro. Oltre quattro compratori su dieci provengono dalla Germania e si orientano verso il litorale adriatico (da Lignano a Cattolica), oppure scelgono la Toscana o l’Umbria se hanno elevate disponibilità economiche. Al secondo posto, molto distanziati, gli inglesi, mentre continua a crescere la quota rappresentata Hansel e Gretel: cacciatori di streghe, di Tommy Wirkola Idea già vista, ma niente male Sopravvissuti a una disavventura con una strega, Hansel e Gretel ne diventano cacciatori. Massacrato dalla critica americana che non ha perdonato al comico Will Ferrell (qui produttore) di puntare un attimino più in alto delle solite vaccate, Hansel e Gretel non è così orrendo. Certo: arriva dopo decine di film horror fatti meglio e l’idea di prendere personaggi delle fiabe e trasformarli in supereroi non è nuovissima. Del re- HOME VIDEO Il sole dentro, di Paolo Bianchini Storia nobile e vera Due ragazzini, amici sul campo di calcio, decidono di tornare in Africa a piedi. Film nobile per tematiche affrontate e perché mostra un’Africa ignota, quella del villaggio affamato di N’Dola (Guinea) in cui due ragazzi vogliono tornare. Tratto da una terribile storia vera e diretto da un ambasciatore Unicef, il film è tanto sincero quanto slabbrato dal punto di vista tecnico e narrativo, con protagonisti due giovani vivaci ma molto in difficoltà sul piano dell’interpretazione. dai russi e da altri Stati dell’est. Le regioni più richieste sono il Lazio (con un forte peso della capitale) e la Puglia, dove la preferenza è per il Salento e le isole. In crescita anche il Piemonte e la Sicilia, mentre tornano gli investitori in Abruzzo. lotta ai rifiuti Svolta green nelle cucine di New York Non solo taxi elettrici. Questa volta ad affiancare Michael Bloomberg nel suo progetto di restituire alla fine del suo terzo mandato a City Hall una Grande Mela più pulita e amica dell’ambiente sono stati gli chef: da Le Bernardin a Momofuku, dai ristoranti di Mario Batali e Lidia Bastianich a quelli di Danny Meyer, da Gramercy Tavern alla catena Shake Shack, cento tra i più celebri templi della cucina e catene di fast food si sono infatti impegnati a ridurre del 50 per cento la spazzatura prodotta nelle cucine. Una svolta di grande “peso”: New York produce circa 20 mila tonnellate di spazzatura e ad essere responsabili del 70 per cento dei rifiuti commerciali sono proprio i ristoranti. TUTTE LE NOVITà 2013 sto, se Lincoln ammazzava vampiri, perché i due fratellini non dovrebbero spaccare la faccia alle streghe? Non è terribile per una confezione decente e per i due interpreti, Arterton e Renner che, nei panni di Gretel e Hansel adulti, hanno un po’ di carisma e non mancano di fisico. E poi il regista sceneggiatore, il norve- gese Tommy Wirkola, prova a metterci del suo: tenta persino la strada dello humour macabro che aveva segnato il suo film precedente, Dead Snow, uno splatterone con protagonisti nazisti zombie. visti da Simone Fortunato COMUNICANDO UN NUOVO PORTALE Un aiuto per quando le cose non vanno Tre professionisti impiegati in settori diversi: un avvocato, Giorgio Vaccaro; un medico, Alberto Eibenstein; una psicologa, Sofia Canapini. Insieme hanno deciso di mettere a disposizione le loro competenze professionali in un portale web molto particolare: “La mia famiglia è complicata” Il “caro” viaggio per la Sardegna Il regista Tommy Wirkola MAMMA OCA di Annalena Valenti L e novità di quest’anno per chi vuole raggiungere a tutti i costi, è il caso di dirlo, la Sardegna. In attesa della decisione dell’Antitrust, prevista per fine maggio, che, dopo due anni di accertamenti, dovrà confermare o no l’ipotesi della regione sarda e delle principali associazioni dei consumatori circa un presunto cartello di tutte le compagnie private di navigazione che dal 2011 hanno aumentato dal 30 al 70 per cento le tariffe dei traghetti. Sostanzialmente le novità per attirare i turisti, più di due milioni in meno negli ultimi anni, sono tre, considerando che il prezzo dei traghetti si è stabilizzato, quello degli aerei, soprattutto delle compagnie low cost, è decisamente più competitivo (per approfondimenti e per cercare di partire leggete sul mio blog) e che il prezzo degli affitti è sceso anche della metà. La prima novità è che, da nord a sud, aumentano i gruppi di albergatori e gestori di villaggi che offrono pacchetti completi, comprensivi di alloggio e viaggio con sconti evidenti che diventano molto sostenuti in alcuni periodi estivi. C’è poi la novità lanciata quest’anno dalla compagnia Tirrenia: è possibile comprare il biglietto del traghetto, che costi almeno 300 euro e fino al 31 maggio, in dieci rate senza interessi. L’ultima è che per raggiungere la Sardegna molti traghetti sono tornati alle 11 ore di viaggio, causa caro carburante. Come negli anni ’90, non fosse per il prezzo. mammaoca.wordpress.com (lamiafamigliaecomplicata.it), un luogo virtuale dove intercettare le domande, i dubbi e le preoccupazioni di chiunque si trovi in un momento, anche economico, difficile e delicato della propria esistenza familiare. Un esempio potrebbe essere la fase di separazione. «In buona sostanza anche un avvocato può andare verso chi ha bisogno di un aiuto e “offrirlo” senza perdere né professionalità né considerazione sociale», racconta Giorgio Vaccaro. «Quando questo aiuto gratuito viene coordinato e offerto anche per le questioni psicologiche, mediche e fiscali legate alla famiglia vuol dire che è nato un modo nuovo di “porgere la propria competenza” a chi ne ha bisogno». Talvolta l’aiuto è anche diretto al proprio settore di riferimento. Proprio lo scorso lunedì 29 aprile, presso la Corte di appello di Roma, si è tenuto un convegno organizzato dall’Associazione Circolo Psicogiuridico di cui l’avvocato Giorgio Vaccaro è presidente: “Spunti per una corretta lettura dei Modelli Reddituali nella separazione e nel divorzio”. La fine di un matrimonio rappresenta per tutti un momento di difficoltà a livello affettivo, familiare e pure economico. Proprio in questo delicato momento, per entrambi i coniugi, il “rapporto economico di coppia” muta. Ecco quindi che diventa fondamentale riuscire a utilizzare al meglio il Modello Reddituale come strumento per deliberare quanto resta nelle tasche di chi sarà poi costretto a pagare gli assegni di separazione, dopo aver pagato non solo le tasse, ma anche quelle spese che si sono assunte nel corso della vita in comune. Giovanni Parapini | | 8 maggio 2013 | 39 Tempi Leggi il settimanale sul tuo tablet AT&T Aggiorna Beppe Grillo e Casaleggio? Meluzzi: «Il M5S è una setta messianica e millenarista» di Francesco Amicone Tempi.it Il quotidiano online di Tempi Tempi Mobile di Luigi Amicone Le notizie di Tempi.it sul tuo smartphone Bergomi e Spagna ’82: «La forza era il gruppo. Come nella Nazionale di quest’anno» di Luigi Amicone di Luigi Amicone Nazionale di quest’anno» era il gruppo. Come nella Bergomi e Spagna ’82: «La forza di Luigi Amicone per la famiglia» le magnifiche giornate milanesi Papa: «Come ho vissuto di Carlo Candiani Seguici su «Una follia anche economica» Bologna, referundum anti-paritarie. di Antonio Simone del nuovo compagno di cella Simone: Il segreto (rivoluzionario) TUTTI GLI ARTICOLI di Oscar Giannino di religione spread, ormai è una guerra Giannino: Altro che debiti e PER PIACERE ANTICA TRATTORIA DEL GALLO, GAGGIANO (MI) Costoletta alta e umorosa pollo alla diavola da manuale IN BOCCA ALL’ESPERTO AMICI MIEI LIBRI Il significato della cresima secondo il cardinale Bergoglio Il nuovo libro illustrato di Piccola Casa Editrice dedicato ai ragazzi si intitola «Gesù vi dà la forza» (48 pagine, 12 euro). È rivolto, in particolare, ai cresimandi e a coloro che stanno iniziando il percorso di preparazione al sacramento della confermazione. In questo libro papa Francesco ci guida alla scoperta del valore e del significato della cresima attraverso alcune omelie che, da cardinale, ha pronunciato ad alcuni cresimandi della diocesi di Roma, riconoscendo senza timore che «Gesù è l’unico che può fare nuove tutte le cose». A cura di Daniele Ciacci con illustrazioni di Franco Vignazia, il testo contiene inoltre la testimonianza della vita di alcuni giovani santi e beati, cambiati dall’incontro con Gesù fino a decidere di dare la vita per Lui. Da queste storie emerge con chiarezza che il cristianesimo compie la vita di ogni uomo, ricordandoci – con le parole di papa Francesco - che «non noi, ma Gesù ci dà la forza per essere cristiani veri». di Tommaso Farina B Milano, direzione sud-est, per trovarsi in un altro mondo: risaie, campi, immense campagne, cascine. Una vera evasione dal logorio della vita moderna. Se poi vi fermate in qualche ristorantino, tipo l’Antica Trattoria del Gallo, a Gaggiano (Milano), la sensazione sarà ancor più incantevole. Un posto bello, riposante, con sale confortevoli, e un bellissimo pergolato per mangiare anche fuori, se il Signore dei piani alti lo permette: attorno, uccelli che cantano, stormire di fronde, qualche occasionale auto che passa senza disturbare. E nel piatto? Cucina tradizionale, ma anche piatti “fosforici”, ossia piccole invenzioncine che piacciono, eccome. D’antipasto, d’inverno e d’estate, qui c’è il cotechino: lo facevano in casa i vecchi gestori, lo fanno i “nuovi” (che poi sono qui da tanti anni), con immutato risultato gustativo. Se no, la selezione di salumi spagnoli, o il delicatissimo Uovo 61. In questo caso, 61 sono i gradi a cui è cotto: ne origina una sorta di via di mezzo tra uovo alla coque e uovo in camicia, che ben si sposa a una suadente crema di Parmigiano e a verdi, croccanti asparagi di stagione. Primi piatti? Potete scegliere il piatto bandiera: ravioli di carne al burro versato e Parmigiano 24 mesi. Se no, lasagnetta di asparagi, stracchino e patate; oppure spaghetti con bottarga di tonno e agrumi. Di secondo, due piatti valgono il viaggio. Il primo è la costoletta (non scordate la “s”) alla milanese, proposta sia bassa e ben battuta, sia (ed è ancor meglio) alta, umorosa, leggera, rispettosa della tradizione. L’altro piatto da ricordare è il pollo alla diavola, che richiede trenta minuti di cottura. Ambedue vanno alla grande se accompagnati dalle mitiche patate casalinghe, tipo chips. C’è anche altro, come il rognone di vitello rosato con spinaci e sesamo, o il filetto di baccalà con verdurine primaverili. Imperdibili i cannoncini alla crema, per dessert. Spesa di 50 euro. Menù bambini a 17 euro. Grande cantina. asta uscire pochi chilometri da Per informazioni Antica Trattoria del Gallo www.trattoriadelgallo.com Via Kennedy, 1 – Loc. Vigano Certosino Gaggiano (Milano) Tel. 029085276 – Chiuso lunedì e martedì FILM Pablo Dominguez, sacerdote “normale” È il documentario più visto nella storia della Spagna. L’ultima cima è uscito nel 2010 in 4 sale a Madrid; nel giro di un mese veniva proiettato in 168 cinema in tutta la Spagna, dove nel 2011 ha vinto il premio del Cec – Premios del Círculo des Escritores Cinematográficos (meglio noto come il Cinema Writers Circle Awards) – per il miglior documentario. Eppure la pellicola parla della vita di don Pablo Dominguez, un giovane prete di 42 anni, non un vescovo, non un missionario, neppure un parroco, semplicemente un sacerdote “normale”: Pablo Dominguez, sacerdote madrileno morto nel febbraio del 2009 a 42 anni, in un incidente mentre scendeva dalla cima del Mocayo. L’ultima Cima, del regista spagnolo Juan Manuel Cotelo, mostra un tipo di sacerdote di cui nessuno parla: generoso, allegro, attivo, umile. Sacerdote che serve Dio nell’anonimato, aiutando il prossimo: semplicemente un buon sacerdote. Nato a Madrid il 3 luglio 1966, diventa sacerdote a 24 anni. Era dottore in Filosofia e Teologia, ha pubblicato sette libri e decine di articoli. I dodici giorni prima della sua morte sono stati il fattore scatenante di questo documentario. Il regista, che aveva conosciuto per caso il giovane sacerdote, ha rivelato di non riuscire a credere che una persona fosse «davvero così buona». Per questo si è messo a investigare sulla vita del sacerdote, quasi per coglierlo in fallo. Ma più procedeva, più l’impressione iniziale lo travolgeva con un’infinità di fatti. In lui è emersa la domanda su come fosse possibile vivere così intensamente l’esistenza, a un livello quasi umanamente impossibile, scoprendo che «se lo desideri può accadere anche a te». Nel documentario parlano bambini, adulti, ricchi, poveri, gente della strada, vescovi, preti, madri, padri, amici e familiari: «Mi diceva che potevo chiamarlo a ogni ora del giorno e della notte»; «durante una fiera del libro di Madrid lo vidi parlare agli anarchici con allegria, e quelli imbarazzati erano loro»; «mi guardava come la cosa più importante al mondo»; «si preoccupava solo della salute altrui mentre lui era stato ricoverato 47 volte»; «predicava e insegnava teologia con una semplicità che capivano i bambini»; «in un giorno teneva conferenze, confessava un convento intero, scriveva libri, visitava i poveri, sembrava vivesse 48 ore. Ti chiedevi come potesse essere sempre dappertutto». Pablo sapeva che sarebbe morto giovane e voleva farlo in montagna. Le ultime parole che disse alla sua famiglia per telefono, pochi minuti prima di morire, furono: «Sono arrivato alla cima». Al suo funerale erano presenti più di tremila persone, tra cui ventisei vescovi. Per organizzare proiezioni del film visitate il sito internet www.laultimacima.it. | | 8 maggio 2013 | 41 MOBILITÀ 2000 DI NESTORE MOROSINI UNA BERLINA PEUGEOT DI GRANDE APPEAL 508 RXH, l’ibrida che consuma poco I l gruppo Psa, che comprende Peugeot e Citroën, è stato tra i primi a mettere a punto un sistema di propulsione ibrida che conta su un motore turbodiesel. Ho avuto modo di guidare una berlina 508 RXH, che si pone ai vertici della gamma ed è stata studiata per un uso ognitempo. La 508 RXH ha quattro modalità di utilizzo. Scegliendo quella automatica, si lascia al sistema di gestione il compito di far lavorare in alternativa oppure insieme il turbodiesel e l’elettrico. I consumi sono molto promettenti, con una media omologata di 4,1 litri per 100 chilometri. Con un pieno da 107 euro più 50 euro di gasolio ho percorso 1.640 chilometri, fra Lombardia, Marche, Emilia e Toscana. In modalità Sport, i due motori spingono alla ricerca delle massime presta- L’elegantissima silhouette della Peugeot 508 RXH Hybrid con cambio automatico. I sedili della versione top sono in pelle zioni: con potenza complessiva di 200 cavalli, la 508 RXH può toccare i 213 km/h e accelerare da 0 a 100 all’ora in 8,5 secondi. Poiché il motore elettrico agisce sulle ruote posteriori, l’auto è di fatto una quattro ruote motrici, modalità selezionabile autonomamente, indicata dalla sigla 4WD. La vettura può essere usata anche in modalità esclusivamente elettrica, ma solo se le batterie sono almeno a metà carica e solo per una distanza di 3-4 chilometri a 60 km/h. | | 8 maggio 2013 | 43 POST APOCALYPTO IL SENSO DELL’INNAMORAMENTO. LETTERA DI UN’AMICA «Sono solo una schifosa che voleva rubare il marito di un’altra?» C aro padre Aldo, desidero raccontarti di un fatto imprevisto. Nella routine consolidata di tutta la giornata (vedere sempre gli stessi amici rassicuranti e con reputazione di ciellini di spicco, ritmo regolare dedicato a cose buone: marito, figli, caritativa e quant’altro) ho iniziato a vedere un’insufficienza, a provare un disagio. Mi pesava passare i sabato sera criticando gli altri. Ero stanca di respirare un’aria “consumata” dove Cristo veniva nominato, ma non era lì. Ho dato ascolto a questo fastidio che sentivo, e guardandomi attorno ho riconosciuto la mia stessa esigenza in altri amici che conoscevo più superficialmente. Una persona in particolare è stata per me come una finestra che si è aperta su tutto quello che avevo dimenticato. Ma lo è stato nel modo che meno avrei immaginato, né desiderato, perché è cresciuta tra noi un’affezione “impossibile”, avendo entrambi una famiglia. È stato un terremoto nella mia vita. Non ho mai avuto dubbi su quale fosse la mia strada, ho sempre speso tutte le energie per la mia famiglia. Sono stata perciò obbligata a ritrovare ogni giorno il motivo del mio star lì. È stato il sorriso di Dio per me, da subito ho riconosciuto che quella persona era questo: la crepa attraverso la quale ho di nuovo incontrato Dio che era diventato solo una parola. Chi mi sta intorno mi guarda come una che ha sbagliato e sta sbagliando. È vero, ma non è tutto… e lo so. Per me è stato un regalo poter amare quella persona, Dio se ne è servito per raggiungermi. Diverse persone si sono preoccupate perché potevo disobbedire alle “leggi”. Quasi tutti quelli che prima si dicevano miei amici, ora non mi salutano più, per loro sono solo una schifosa che voleva rubare il marito a un’altra donna; una persona che ha messo in imbarazzo la “brava gente”. Tante volte ho chiesto al Signore che mi togliesse di mezzo, ho persino sperato di morire. Ma ogni mattina riaprivo gli occhi e iniziava un’altra giornata, lunga, vuota, insopportabile. Poi, come d’improvviso, ho cominciato a guardarmi diversamente: aprire gli occhi non era la mia volontà ma la Sua. In questi ultimi anni ho dovuto riconsiderare tutto della mia vita e di come guardavo la realtà. Mi sono chiesta chi fossero gli amici veri. Ho imparato a intercettare gli occhi di chi ha nel cuore il mio stesso urlo, e mi sono accorta che Cristo arriva a me senza seguire i miei schemi. Dentro di me si è spezzato qualcosa. Ora mi immergo nelle occasioni che Lui mi offre ogni Finalmente Dio ti sta giorno. Che siano cose belle o brutte, so che il dando la possibilità legame con Lui ha la forma di questa realtà. Attraverso la “mancanza” di una persona che di essere una donna, ho amato e che amo, Cristo mi ha portato a riuna sposa e una madre. conoscere la “mancanza” di Lui. Senza questa nostalgia non vivrei più. Innamorarsi non è Sin da quando ero bambina ho sempre chiesto un peccato, anzi, in al Signore che mi togliesse la paura di morire, perché mi angosciava il pensiero di dover esuna situazione come sere strappata da tante cose belle per andare la tua, così borghese, verso qualcosa di incerto. Ora non ho più questa paura, e non certo perché non vedo più cocosì tiepida, è stata se buone e belle. Ora non riesco più a guardare una grazia che ti ha le stelle senza desiderare di vederle tutte e per messo sottosopra sempre; tutto porta a una promessa di gran- 44 | 8 maggio 2013 | | Georges De La Tour, La Maddalena Penitente (1630-1635), Parigi, Louvre dezza che vorrei adesso. A volte ho paura di essere ingrata della vita che mi è data. Ho paura di essere così ottusa da non vedere il centuplo quaggiù. Forse ho un’idea sbagliata del centuplo, come se dovessi ridere dalla mattina alla sera. Penso anche però che le cose umane che si possono vivere sono indispensabili per intuire che esiste una pienezza. Come i discepoli di Emmaus Forse il dolore ha bisogno del suo tempo, non per andarsene, ma per farmi fiorire. La mia unica ricchezza è questa tristezza che mi fa cercare Lui. Per ora non vedo qualcosa di più prezioso. Potrei magari essere più allegra ma anche altrettanto disperata. Capisco che non sono affatto delle parole quando leggiamo che Lui vuole diventare il “centro affettivo” del nostro “io”: a me pare di sentirLo fisicamente farsi spazio nel mio cuore, e questo mi toglie ogni paura o ansia. Ti ho ascoltato due anni fa raccontare di te, e cerco sempre le cose che scrivi, anche dei tuoi bambini, perché sono vere e le vorrei fare mie, perché quella è la vita vera. Capisco adesso quando dicevi di sentirti come i discepoli di Emmaus: tristi mentre andavano e felici mentre tornavano. Anche a me succede. Per tutta la vita ho cercato i Suoi “beni”, ora inizio a vedere e a sperimentare che Lui si sta dando a me. Lettera firmata di Aldo Trento don Giussani mi disse: «il tuo cuore è come un bicchiere. Se è zeppo di acqua impedisce che una cosa esterna entri; ma se è vuoto può riempirsi di tutto. Così se il tuo cuore è pieno di Cristo nessuno potrà entrare, ma se non è zeppo di cristo, qualsiasi cosa potrà contaminarlo» C arissima, ti ringrazio della tua lette- ra, perché è un segno evidente del modo con cui il Mistero ci scuote dal letargo, da quella fede mondana e borghese con cui viviamo l’esistenza. Cantava l’amico Claudio Chieffo: «Io ero un uomo tranquillo, vivevo bene del mio, facevo anche gli onori alla casa di Dio… ma un giorno venne quell’uomo…». Scriveva Camus: «La cosa peggiore non è avere un’ anima cattiva, ma averne una bell’e fatta». La società di oggi assomiglia a quei fiumi brasiliani pieni di piranha. Uno ci cade dentro e in pochi minuti diventa uno scheletro bianco. Che ne faremo di questi “morti viventi” che, non avendo un’anima alla mattina, non la potranno avere neppure a mezzogiorno? Quanto tu affermi di te e dei tuoi amici è l’evidenza di questi “morti viventi”. Dice l’Apocalisse: «Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca…». Poi un giorno, per una grazia particolare, è arrivato quell’uomo. È accaduto un fatto che ha messo a soqquadro la tua vita, svegliandoti, facendoti vedere tutta la tua apatia, il tuo borghesismo. Apparentemente avevi tutto ma all’improvviso ti sei accorta di non avere niente. Non basta un marito, dei figli, una bella casa, dei buoni amici per essere felici. Il cuore non può vivere per cose così piccole, anche se buone e belle. Il cuore vuole l’infinito; ma se il nostro cuore non è pieno di questo irriducibile desiderio, qualsiasi cosa può entrare con l’illusione di riempirlo. Ricordo sempre quel giorno che per una questione simile alla tua sono andato da don Giussani che, conoscendomi, mi disse: «Finalmente stai diventando un uomo! Vedi, il tuo cuore è come un bicchiere. Se è zeppo di acqua trasborda, impedendo che una cosa esterna entri; ma se è vuoto può riempirsi di tutto. Così se il tuo cuore è pieno di Cristo nessuno potrà entrare, ma se non è zeppo di Lui, qualunque cosa potrà entrare contaminandolo». È ciò che ti è accaduto e di cui sei cosciente. Quando sono diventato adulto Finalmente Dio ti sta dando la possibilità di essere una donna, una sposa e una madre. Innamorarsi non è un peccato, anzi, in una situazione come la tua, così borghese, così tiepida, è stata una grazia che ti ha messo sottosopra. Però mi permetto di chiarire una cosa prima di continuare. Innamorarsi non significa andare a letto con un uomo o con una donna o lasciare il marito o la sposa o il sacerdozio. L’innamoramento è qualcosa di non programmato e che può accadere a qualsiasi essere umano normale. E quando è vissuto bene, quando lo affidi a una persona adulta nella fede, può ridestarci dalla routine nichilista. Nel tempo si stabilirà una diversa percezione di te e di tutto, pur dentro il dolore che ti stravolge perfi- no la testa e lo stomaco; cresceranno in te una coscienza e una certezza più acute e durature della propria vocazione, della propria responsabilità. Per cui sono davvero meschini quelli che, invece di accompagnarti e sostenerti in questa tua situazione, si sono permessi di giudicarti. Ma non preoccuparti perché le «razze di vipere e di sepolcri imbiancati» sono tante anche fra di noi. Quando ripenso alla mia storia, provo un senso di ironia ricordando le stesse cose che tu scrivi. Guarda alla positività che l’accaduto ha generato nella tua vita. Cosa c’è di più bello di ciò che disturba il nostro tran tran quotidiano, di ciò che ci rimette in discussione di fronte a Cristo, di ciò che ci permette di riprendere coscienza e responsabilità della nostra vocazione? Tutti i giorni siamo richiamati dagli incontri di Zaccheo, della Maddalena, di Levi, della samaritana con Gesù. Persone che vivevano una vita disordinata. Ma pensa che razza di cambiamento è avvenuto dopo l’incontro con Cristo. I loro occhi, pieni di quella misericordia, non si staccavano più da Lui. Che dolore quando dici che fra voi si nomina Cristo, «ma Cristo non è lì». Per quegli amici, invece, Cristo era diventato “i loro occhi”. Così come accade a te. Allora vai alla radice dell’accaduto per poter essere ancora di più donna, sposa e madre. [email protected] | | 8 maggio 2013 | 45 LETTERE AL DIRETTORE Chi viene al Meeting sa che Letta non inciucia ma è sulla via maestra F inalmente abbiamo un governo, anzi un “governicchio”. Sì perché questo “governicchio” è costituito, in massima parte, da figure di terzo e quarto livello, da veri e propri delegati, in particolare quelli del Partito democratico, i cui veri mandanti non amano rischiare di esporre la propria faccia. Infatti dietro alle quinte troviamo gli Amato (che tanto amato non è), i D’Alema, i Monti. Questi delegati non sono altro che esecutori (sacrificabili) di ordini, provenienti dai loro mandanti. Questo è il governo presidenziale, partorito dalla Casta, dopo quasi due mesi dalle ultime elezioni politiche. In mezzo a tanta nullità, si nota sempre la lunga mano della Trilaterale, gruppo Bilderberg di massonica provenienza, la cui presenza ha onorato tutti i governi italiani dal dopoguerra a oggi e onorerà anche i futuri (se ce ne saranno ancora). E questo sarebbe il tanto decantato governo politico d’alto profilo? O un governo balneare, in cui le porzioni della torta sono state mantenute sostanziose, lontane dalla eventuale condivisione grillina, che le avrebbe diminuite notevolmente. E poteva mancare il battesimo del fuoco, con lo strano e discutibile attentato del solito “squilibrato”? Ma… manipolato da chi? Sicuramente dalla disperazione! Troppe parole incandescenti e in libertà possono portare a questo e altro. Ecco cosa siamo costretti a subire a causa di una legge elettorale, di una Costituzione obsoleta e di una struttura statale che sono vere e proprie anomalie e non solo in Europa. Stelio Bonsegna via internet Leggo e non approvo una virgola. La sua lettera è l’esatto elenco di tutto il robivecchi da cui ci libererà quello che lei chiama “governicchio” e che invece è un tosto governo di salvezza nazionale, sotto l’alto patrocinio del Presidente. Evviva la Repubblica. Abbasso i repubblichini. 2 Nelle mie sistematiche frequentazioni del Meeting di Rimini, uno degli appuntamenti che ho sempre seguito con maggiore attenzione è stato l’incontro proposto dall’Integruppo per la sussidiarietà, un insieme di parlamentari trasversalmente orientati che, senza dimenticare le differenti storie culturali e politiche, hanno ritenuto di sposare l’obiettivo di un confronto sereno, teso a guardare all’altro non come a un irriducibile nemico da battere ma come a un essere umano con cui dialogare, rendendo la dialettica parlamentare meno aspra e più costruttiva. Quando è nato il governo Letta, il mio pensiero è andato subito con piacere alla constatazione che dell’esecutivo, a partire dal premier, fanno parte animatori di quel gruppo di lavoro e dei tanti incontri proposti a Rimini, come Alfano , Lupi, Mauro. Nessuno pretende che le intese tra soggetti diversi si trasformino in plebiscitarismi, ma soltanto che ci si renda conto che nel superiore interesse del paese occorre cercare di far convergere gli sforzi comuni sulla soluzione di problemi che sono percepibili da tutti. Con questo spirito formulo i migliori auguri ai componenti il nuovo governo, sperando che il senso di responsabilità, portato a valorizzare ciò che può unire invece di enfatizzare ciò che ancora divide, possa adoperarsi per un miglioramento delle condizioni generali della nostra Italia, sia realizzando riforme strutturali relative all’assetto dei poteri statuali, sia concorrendo a rilanciare il potere d’acquisto di famiglie e imprese, alleggerendo un fisco troppo esoso che ha di fatto inesorabilmente mortificato quel ceto medio che è stato a lungo il polmone della nostra economia. Daniele Bagnai Firenze Baci e abbracci, sottoscrivo in toto. 2 La vicenda di Ambrogio Crespi è emblematica, è l’esempio dell’utilizzo strumentale di una norma del codice di procedura penale che prevede che la custodia cautelare in carcere sia l’extrema ratio e non la regola. Dovrebbe essere la misura cautelare applicata quando tutte le altre risultano inefficaci, per pericolo di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove. La logica dice che se c’è stato il rinvio a giudizio le indagini sono concluse, pertanto il rischio di inquinamento delle prove è inesistente. Il pericolo di reiterazione del reato, che deve essere riferito allo specifico capo d’imputazione, nel caso di Ambrogio Crespi appare quantomeno improbabile visto che non ci sono all’orizzonte elezioni e di conseguenza ipotetici voti da condizionare. Il pericolo di fuga rientra tra quelle condizioni oggettive che lasciano spazio a interpretazioni fantasiose: è sempre invocabile quando vengono meno gli altri presupposti. Ma in questo cadi Fred Perri SEMPRE GOVERNATIVO Q ualche anno fa, un allenatore di pallanuoto, diventato ct del Settebello, era convinto che io ce l’avessi con lui. In precedenza l’avevo criticato e gli era rimasto lì. Succede sempre così e non soltanto nello sport. Aveva rimosso tutte le buone parole spese per lui e si ricordava solo quelle negative. Vabbè. La verità era che non mi esaltava, certo, ma non ho 46 | 8 maggio 2013 | | mai scritto di nessuno male solo per il gusto di farlo. Quella volta lì ci trovavamo in un posto lontano, ad un oceano di distanza da qua, e quello se ne esce, dopo una sconfitta, e dice: «Siete contenti che ho perso, eh?». Sbagliato. Gli ho levato la pelle, scrivendo che ho sempre tifato per la nazionale, da quando la allenava il mitico Bandy Zolyomy a quando in panchina Foto: AP/LaPresse Io non tifo mai contro l’Italia tanto meno quando gli altri gufano [email protected] so ci troviamo di fronte a una persona che professa la propria innocenza e ha tutto l’interesse a difendersi, a vedersi riconosciuta l’estraneità ai fatti, per quale ragione dovrebbe sottrarsi al giudizio? Quando non sussistono i presupposti per trattenere in carcere una persona perché vengono meno le esigenze cautelari, è inevitabile parlare di accanimento giudiziario e la custodia cautelare diventa una mera anticipazione di una pena che con tutta probabilità non verrà mai inflitta. E allora sorge spontanea una domanda: perché non ai domiciliari? Forse perché il carcere serve a distruggere fisicamente e psicologicamente un uomo portandolo a vedere come unica via d’uscita l’ammissione di responsabilità che non gli appartengono? Ma questa si chiama tortura, e siccome in Italia il reato di tortura non esiste, è tutto a posto, dormite sonni tranquilli e do mani toccherà a un altro. Claudio Bottan diversamente libero Non solo tortura, è colpirne 1, 10, 100, 1000 per far capire chi comanda sul serio in questo paese. IL NUOVO FASCINO DEL MESSAGGIO EVANGELICO Rotto l’assedio del turbocapitalismo la Chiesa vive una primavera cristiana CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano I l Novecento è stato il secolo della grande disillusione. L’illusione era quella della fi- ne dell’Ottocento, quando si pensava che, sull’onda del progresso, si sarebbe arrivati a un’epoca di pace, di luce e prosperità. Invece è cominciato un secolo di tragedie spaventose: le due guerre mondiali, l’Olocausto, l’atomica, i gulag… A metà del Novecento c’è stato un rigurgito di saggezza dopo tante atrocità. In Italia una ripresa economica (grazie soprattutto ai politici cattolici) ha creato una fiorente classe media ma il liberismo di Reagan e della Thatcher ha rilanciato la corsa selvaggia del capitalismo senza regole a vantaggio dei pochi ricchi e a svantaggio dei poveri sempre più poveri e numerosi. Eppure s’intravede la via d’uscita che non è quella delle ruggenti economie orientali o di alcuni popoli emergenti. La via d’uscita sta nella ricomprensione del cristianesimo. Mentre i media mondiali attaccano la Chiesa cattolica appigliandosi ad ogni pretesto, i Papi dal ’78 in poi hanno rotto l’assedio della cultura illuminista-capitalista presentando con un nuovo fascino il messaggio evangelico. Papa Francesco parla il linguaggio di Gesù: le pecore, la vecchietta, il perdono, l’autenticità che smaschera i farisei… e si mette a capo di una rivoluzione silenziosa che ha come meta non più Mammona ma il Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Devo accorgermi dell’importanza di ciò che sta accadendo e devo lasciar spazio alla preghiera non solo per me ma per una nuova primavera della civiltà che sarà cristiana. 2 Ho visto in televisione la pubblicità della presidenza del Consiglio che invita ad avere eguale rispetto per uomini, donne, gay e lesbiche. Ho due nipotine (6 e 4 anni e mezzo) interessatissime a conoscere i contenuti di nomi, aggettivi e avverbi che sentono per la prima volta. Di istinto (come tutti i bambini della loro età in famiglie normali), ma anche con l’aiuto sensibile dei genitori, hanno consapevolezza che il loro essere è indisso- lubilmente legato a mamma e papà; considerano naturali le differenze evidenti tra loro femmine e i compagni maschi d’asili, e sanno che la loro gatta ha avuto quattro piccoli perché ha conosciuto un gatto maschio. Ho tentato di preparare una risposta adeguata alle loro capacità di intendere nel caso sentissero lo “spot” e mi chiedessero di chiarire loro i contenuti dei termini “gay” e “lesbiche”. Ma non sono venuto a capo di nulla, nonostan- te il flusso di argomenti di natura antropologica, etica, culturale e religiosa, forse perché “inquinati” dalla pregiudiziale che quella iniziativa (soprattutto per come realizzata) sia demenziale. Come potrei superare il blocco che mi paralizzerebbe di fronte a una richiesta di spiegazione dalle bimbe? Nicola Guiso Metaforicamente spiegata è: micini e micine, no gattini, ma vicini vicini. Foto: AP/LaPresse SPORT ÜBER ALLES stava il mio amico Ratko Rudic. E, malgrado lui, anche il giorno prima avevo tifato per il Settebello. Perché vi racconto questo apologo? Perché ho sempre fatto il tifo per il governo, anche per quelli che non avevo votato. Una volta lì, è il mio ragionamento, spero che facciano bene, per me, per la mia famiglia, per l’Italia. Ma per questo faccio un tifo particolare. Perché, oltre al mio senso di appartenenza, c’è anche il fatto che tutta la gente che piace (e si piace) spera che crolli, che perda, che affondi. E per la proprietà intransitiva, se loro, quelli che pensano di saperne sempre una più di me, sono contro, beh, io sono due volte a favore. | | 8 maggio 2013 | 47 taz&bao Nelle circostanze date È UN BUON G 48 | 8 maggio 2013 | | Foto: Roma, luglio 1943, italiani leggono la notizia dell’incarico di formare il governo al generale Badoglio (AP/LaPresse) N GOVERNO Eugenio Scalfari, Repubblica, 28 aprile 2013 DIARIO insieme, in centro Non è qui che ti ritroverò, papà di Marina Corradi S ono andata a prenderlo sotto casa, al solito angolo di corso Sempione. Lui era già lì che mi aspettava. Aveva la giacca grigia spiegazzata, e quella sua terribile camicia color senape. E il Burberry vecchio di vent’anni, di un indefinito colore tra la pioggia e il fango. Aveva in mano un ombrello a quadrettoni – naturalmente, con una stecca rotta. Sali, gli ho detto senza scendere dall’auto. Lui ha borbottato qualcosa sul disordine – giornali vecchi e caramelle sparse – sui sedili. Ho sorriso, senza che lui se ne accorgesse: la mia macchina è un caos, come sempre lo è stata la sua. «Dove andiamo?», chiedo. Lui fa un gesto vago con la mano, poi: «Portami in centro, è tanto che non vado». Via Piero della Francesca, poi il verde acerbo del parco in questo aprile freddo. Brera, largo Treves. Lo vedo che si volta verso sinistra, a cercare con gli occhi l’insegna del Corriere in via Solferino; denso di nostalgia – trent’anni di vita – lo sguardo nei suoi occhi di un vago grigioverde, da pigro, grosso felino. I pochi capelli grigi sono come sempre un po’ spettinati. «Possibile che hai solo quattro capelli e non riesci a tenerli in ordine?» gli dico, mentre con una mano cerco di ravviarli. Al semaforo di via san Marco un Un’ora insieme, le dita gialle di nicotina, ragazzo parla da solo, a voce alta, con- la milano di oggi che non riconosce. No, citato. «Poveretto», scuote la testa mio non è sotto questo cielo che possiamo padre. Dovrei spiegargli che in questi riabbracciare chi abbiamo perduto vent’anni hanno inventato i cellulari e gli auricolari, e che quello non è un matto, ma non c’è tempo. Andiamo di fretta. Mi hanno concesso un’ora sola. Parcheggio in via Pontaccio. Il traffico rarefatto dell’area C lo meraviglia: «Ma è festa, oggi? Dove sono andati tutti?». Sai, papà, ora il centro è a pedaggio, spiego, è per via dell’inquinamento; si circola liberamente solo fuori dai Bastioni. Lui corruga la fronte: non è la città che ricorda, questa. «Sarà – commenta – ma Milano me la ricordavo più viva». Poi andiamo verso la Scala. Lui cammina adagio, guardandosi intorno, attento a ogni particolare. «Qui c’era un bar tabacchi che faceva un caffè buonissimo», protesta, deluso davanti alla vetrina di uno stilista. Passiamo davanti alla scultura dell’artista di grido, quella con una mano che alza beffarda il dito medio al cielo. Qui mio padre è sinceramente stupefatto. «È arte, papà», gli spiego. «Ma va’ là» ride lui, e però lo vedo che prosegue immalinconito. Com’è altra, questa Milano pure rimasta quasi uguale. Diversa nel ritmo, nelle facce, nel respiro. Beviamo un caffè. Le sue dita, grosse, gialle di nicotina. E già è tempo di andare. (Mi hanno dato un’ora soltanto, e in via del tutto eccezionale). Lascio mio padre davanti al Monumentale. Si allontana con il suo impermeabile che svolazza al vento, tenendosi fermo il cappello di feltro con la mano. No, non si può: non è su questa terra che possiamo ritrovare chi abbiamo perduto. Ogni cosa sembra così trasfigurata e lontana. Per riabbracciarsi, occorre un altro tempo; e tutto un altro cielo. 50 | 8 maggio 2013 | |