Casabianca: moderna multifunzionalità
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Casabianca: moderna multifunzionalità
PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE Casabianca: moderna multifunzionalità di Marie Vida L’allevamento di Massimo Bergamaschi a Besenzone, in provincia di Piacenza. L’ allevamento che ha un passato, non fatica ad avere un futuro: se vogliamo, semplicisticamente, riassumere la storia dell’evoluzione delle vacche che attualmente costituiscono l’allevamento “Casabianca”, non possiamo dimenticare da dove vengono e che cosa hanno fatto le loro ascendenti, il che, in buona misura, determina il loro oggi. Una mandria che spesso si è trovata ai vertici delle classifiche per indice genetico e produzione, che ha vinto competizioni e mostre di rilievo, italiane ed europee, che ha mandato figlie e figli in selezione italiana e estera, e il cui prefisso è stato sinomino di genetica italiana d’élite. Oggi le discendenti di questa stessa mandria mantengono una produzione intorno ai 100 quintali di latte, ottengono premi per grasso e proteine, continuano ad avere un buon punteggio medio, buone prestazioni riproduttive e PFT medio 611: Massimo Bergamaschi quasi si schermisce, dicendo che però, da tempo, nell’ambito aziendale, la selezione genetica spinta non è più la sua assoluta priorità, come è stata in passato. “Mungiamo 250 vacche, con il latte destinato alla produzione di Grana Padano, abbiamo certificazione di filiera OGM free, ingrassiamo circa 6.000 suini destinati alla produzione di Prosciutto di Parma, produciamo biogas con le sole deiezioni dell’allevamento, abbiamo un agriturismo annesso all’azienda con ristorante e alloggio: le attività non ci mancano”. Massimo Bergamaschi è Giudice onorario della Frisona, è stato Giudice incaricato dal 1980 al 1990 ed ha sempre partecipato 12 BIANCONERO . GIUGNO 2010 Massimo Bergamaschi con la moglie Enrica e la figlia Anna, secondogenita tra Umberto e Ferdinando attivamente alla vita della Frisona, come presidente dell’Associazione Provinciale di Piacenza dal 1991 al 2007 e come vicepresidente del Comitato direttivo dell’Anafi dal 1978 al 2000. Ci racconta la storia sempre coinvolgente e interessante del suo percorso e, ripercorrendo la storia della “Casabianca”, riviviamo le tappe che hanno segnato l’evoluzione della Frisona Italiana negli ultimi quarant’anni, alle quali queste vacche hanno partecipato e concorso in prima persona, come pure il loro proprietario. ■ Come inizia ad occuparsi dell’allevamento? Nel 1972, fresco di laurea, presi in mano l’allevamento di mio padre Ferdinando, un’azienda di rilievo nel piacentino: un polo multifunzionale, come si usava, dove, oltre a cereali, foraggi, bovini e suini, si coltivavano pomodoro e piselli, c’erano caseificio, vigneto, cantina, frutteto. Di tutte queste diverse attività, non più proponibili nel contesto dell’epoca, mantenni i suini e mi dedicai alla zootecnia, con entusiasmo ed una Casabianca Bell Mary Lou Tra i molti trofei conquistati negli anni dagli animali dell’allevamento “Casabianca”. “La bella vacca, per me - dice Massimo Bergamaschi - è la vacca con una bella mammella. Mi sento di dire, senza voler esagerare che, alla Casabianca, le mammelle sono “garantite” passione quasi “mistica”. Erano gli anni in cui se c’era una vacca Eccellente, poniamo, in Calabria, si partiva per andarla a vedere. Il nostro coinvolgimento e la partecipazione erano grandi: visitavamo tutte le fiere del settore, gli allevamenti più all’avanguardia in Italia e nel mondo, vivevamo con la dedizione dei pionieri ed il fervore degli appassionati. La mandria “Casabianca” venne sviluppata da un gruppo di vacche importate e dalle figlie degli incroci di sostituzione con tori americani e canadesi. Prima si lavorava molto con gli accoppiamenti di tendenza, si inseguivano gli indici, si acquistavano animali, si impiegava embryo transfer per creare qualcosa di nuovo, di diverso per le aste, le mostre, i Centri. Da qualche tempo le cose sono cambiate, nel mio allevamento. La focalizzazione è sulla gestione e l’obiettivo imprenditoriale è prettamente orientato alla redditività, da due punti di vista, uno più contingente, che è quello di fare del latte con grande qualità, un’impostazione che produce una certa differenza economica. L’altro punto di vista è meno contingente, ma ugualmente economicamente rilevante: avere un tasso di rimonta fisiologico, con meno problemi di fertilità per poter aumentare gli animali. La stalla è un meccanismo ben oliato, con una buona percentuale di fecondità, alimentazione corretta, comfort della stalla, della sala mungitura, tutto con parametri accettabili. ■ Parliamo delle vacche di fondazione, quali sono state le sue capostipiti più importanti? Le campionesse e le vacche che hanno segnato la storia di questa Massimo Bergamaschi giudica la Nazionale del 1987, nel palazzetto dello sport alla Fiera di Cremona. Dopo aver svolto l’attività nel ring dal 1980 al 1990, ora è presente nell’Albo d’Onore della Frisona Italiana azienda sono tante e di molte abbiamo discendenza in stalla, diretta ed indiretta. Mi vengono in mente, tra le altre, Casabianca Deacon Anna E93, Campionessa in molte mostre o Casabianca Ronald Babs, E90 che vinse il Confronto Europeo del 1993 a Barcellona: il giudice danese disse che le mancavano tre dita di statura per essere la più bella vacca che avesse mai visto o, più indietro ancora la Casabianca Tradition Caryn E90, figlia di una Marquis Ned, vacca molto produttiva che fu presentata alla prima esposizione non competitiva europea a Parigi nel 1989. Ma la vacca che ricordo più volentieri è la Casabianca Bell Mary Lou, una figlia di Carlin M-Ivanhoe Bell per Elle Elevation Darbel, un animale dell’allevamento Ferrarini, che acquistai ad una asta a Grazzano Visconti. Mary Lou segnò il passaggio alla vacca “moderna”, un termine che coniai durante una mostra che giudicavo, e con il quale intendevo il passaggio dalla genetica canadese ad un tipo di vacca più funzionale e produttivo e adatta alle nostre condizioni di allevamento. Mary Lou ebbe una figlia Casabianca Blackstar Evelyn ET MB89, tra le prime per ILQM, l’indice di selezione del tempo. Tra le prime ad ILQM c’era anche Casabianca Cleitus Tania MB85, che ebbe alcune figlie Mtoto. ■ E da parte maschile, qualche toro? Furono diversi i torelli che entrarono ai Centri di f.a., figli delle vacche più importanti e che uscirono bene, per ricordare qualche nome con il prefisso Casabianca, Bell Zeb, Target Deniro; Mascot Eastwood, Rex Harrison, anche se la star del gruppo direi che fu Casabianca Odeon, un Cleitus che dava figlie dalle mammelle notevoli, molto latte e arti e piedi molto corretti. Fu scelto dai sire analyst della Cofa, ma la madre era una Valiant che non proveniva da una famiglia particolare, aveva vinto in mostra una categoria da primipara, purtroppo con una carriera produttiva breve. ■ Quale è stata la motivazione del suo ripensamento sulla genetica? Posso dire di aver cominciato ad avere qualche ripensamento nel 1998, in piena crisi della vacca pazza. Ricordo che incorniciai un assegno di 50.000 lire che mi diedero per una vacca da macello, buona, in piedi. Allora mi vidi mancare il valore di quello che era stato l’impegno precedente: si pensava di avere un enorme capitale in casa, la figlia del tale toro e della tale vacca che, invece, valevano poco anche come carne da macello. Ho cominciato a rivedere gli obiettivi della mia azienda, non più solo in vista della selezione genetica spinta, con conseguenti investimenti. Intendiamoci, ancora oggi la vacca bella, con un ottima mammella mi piace ancora, mi riempie la giornata, è ancora motivo di soddisfazione personale. Investire di meno non significa aver abbandonato i principi della selezione genetica, nei quali continuo a credere, ma la BIANCONERO . GIUGNO 2010 13 Casabianca Blackstar Evelyn Casabianca Ronald Babs mia filosofia è leggermente cambiata: negli ultimi anni ho usato una serie di tori, meno di tendenza, come Mtoto, Britt, Capri, Champion e alcuni altri d’importazione che mi hanno dato tutti buoni risultati. Per esempio, il gruppo delle Mtoto ha avuto una media di punteggio da 84 a 88, uno standard piuttosto elevato e qualcuna è diventata Eccellente. Tuttavia, oggi penso che non faccia testo l’individualità, ma che la media sia più importante. Apprezzo maggiormente sentirmi dire da chi visita il mio allevamento che ha visto una belle serie di mammelle ed una buona omogeneità della mandria, più che compiacermi di avere la vacca di 90 punti e credo che questo sia avere centrato i miei obiettivi selettivi. ■ La vacca bella, per lei, è sempre la stessa o le sue opinioni sono cambiate? Un buona vacca è, per prima cosa, una vacca con una bella mammella, con un certo stile, di taglia media, né piccola, né grande, che si presta bene anche a quegli allevamenti dove vi sono tante situazioni artificiali. Nel definire la nostra idea di vacca ideale abbiamo, quasi tutti, passato tre fasi importanti: siamo partiti dai primi insegnamenti di Romualdo Tartara, che ci aveva educato ad apprezzare la vacca che avesse struttura ed imponenza, ma non una morfologia fine a se stessa. Poi la lezione del sangue americano ci ha molto insegnato sul tipo di vacca funzionale, poi sono intervenuti i parametri della qualità del latte a farci rivedere le nostre convinzioni. 14 BIANCONERO . GIUGNO 2010 Casabianca Cleitus Tania Nel periodo in cui avevo dei torelli da vendere e mandare al centro genetico, vi erano obiettivi fissi di tendenza, linee di sangue e indici, prima con l’ILQM, poi con il PFT. I mie obiettivi odierni non sono più i tori caldi, ma, comunque, sono i tori buoni: sono quasi tutti italiani, con oltre il 30% di prove di progenie. Con attenzione alla mammella, sempre, e parametri qualitativi in primo piano. La qualità è diventata il mio cavallo di battaglia, l’unico modo per aggiungere un plus al latte che vendo: mi piace disegnare dei diagrammi sulle medie dei dati ufficiali delle percentuali di grasso e proteine, nel corso dell’anno e da questi si nota che vi sono punte del 4,10% di grasso, con minimi a 3,65%, mentre la media delle proteine è 3,65%, con il calo estivo a 3,50%. Con questi dati e la certificazione di filiera OGM-free, riesco ad ottenere un significativo aumento del prezzo base del latte. ■ Quindi continua ad investire in questa direzione. Ho acquistato quote latte, sto impiegando tutta la rimonta per aumentare il numero dei capi, nel 2006 ho completato l’ultimo allargamento della stalla e nel corso di quest’anno completerò un altro ampliamento che mi consentirà di raggiungere i 350 capi in mungitura. Ho stimato che questo è il numero di animali dimensionato per gli allestimenti tecnologici aziendali e corrisponde a quello che erano le 100 vacche di una volta, il numero economicamente sufficiente a sostenere costi e miglioramenti. Due anni fa, nel 2008, ho affiancato all’allevamento un impianto per la produzione di biogas, che utilizza i reflui delle vacche e dei maiali aziendali. ■ Come si integra nel lavoro dell’azienda il biogas? L’impianto è dimensionato sulle deiezioni prodotte nell’azienda, non utilizza biomasse, come il mais, un prodotto che io reputo “nobile” e destinato all’alimentazione e del quale non mi sento di appoggiare l’uso per la produzione di energia. L’impianto è in funzione tutto il giorno ed essendo una cosa viva, necessita di attenzione e contribuisce ad integrare il reddito dell’azienda. L’energia che viene prodotta dal digestore viene rivenduta al gestore che paga le tariffe vigenti per legge. Alla fine del ciclo i reflui vengono separati e sono utilizzati per la fertilizzazione della campagna. Stiamo ritornando, per strade diverse, ad un’azienda diversificata, pur rimanendo in un ambito strettamente agricolo.