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Intersezionale con la sezione CAI di San Bonifacio
DOMENICA 16 OTTOBRE 2016
TRA ANTICHE CONTRADE e COLONNETTE VOTIVE
a sud di San Bortolo delle Montagne
Interessante percorso tra le contrade a meridione di “San Bartolomeo delle Montagne” ricche di testimonianze architettoniche e di
sculture di arte popolare.
Percorso: Due Colonne m. 876, Rama di Bolca m. 728, Sitara m.607, Roncari m.830, Il Finco m. 853, La Rama di san Bortolo m.
769, Tanara m.630, Levorati m.829, Martelletti m.850, Carradori m.836, Due Colonne m.876, Il Finco m. 853.
Difficoltà: E, escursionistica, il percorso si svolge per la maggior parte su vecchie mulattiere tranne la discesa in val Tanara che
segue delle tracce di sentiero scivoloso - Dislivello: m. 600 circa - Tempi di marcia: ore 4,30 più un paio d’ore per la visita alle
contrade – Abbigliamento: da media montagna, giacca impermeabile, giacca in pile, scarponcini…- Pranzo: al sacco, non ci sono
punti d’appoggio - Cartografia: Lessinia 1:25.000 Comitato Gruppi Alpinistici Veronesi – Bibliografia: Le contrade di Selva di
Progno del C.T.G. – Colonnette Alto veronese e vicentino, Curatorium Cimbricum veronese.
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Parcheggiamo l’auto nello spiazzo adibito ad area picnic qualche centinaio di metri a sud della contrada il Finco sulla strada
provinciale Bolca-San Bortolo.
Iniziamo la nostra escursione costeggiando la provinciale verso sud, poco dopo troviamo un bivio, dove sorgono le Due colonne
m. 876, ore 0,05.
Due Colonne: contrapposte alla strada e che danno nome alla località. La prima, del 1852, è incisa suì due lati: di fronte
rappresenta un ostensorio, di dietro la classica immagine a due personaggi (Madonna con Bambino).
L'altra colonnina invece, è chiaramente in pietra smaltata e rappresenta la Beata Vergine col Bambino (in realtà si tratta in entrambi
i casi di copie). Siamo qui al confine tra San Bortolo e Bolca. Dice un proverbio: «No passar le do colone nè par vache nè par done,
parché vache e done da ben soto le do colone no de ven».
Le Due Colonne:
Colonnetta Il Termine.
Vista sulla contrada Roncari dalla carrareccia.
Ora imbocchiamo la bella carrareccia che parte dalla strada in direzione nord-est, il panorama si allarga davanti a noi fino a
scoprire la Lobbia di Campofontana e le cime del Carega, tenendo come costante la Val del Chiampo. Passiamo vicino ad una
colonnetta del Termine.
Colonnetta in pietra con edicola ricavata direttamente nel sottocampo del pilastrino, dove vi è incisa la croce latina. Il rilievo
dell'edicola è a stampo e raffigura la Vergine con il Bambino. Lungo il listello dell'edicola un tempo comparivano le scritte A/18 sul
lato sinistro, e 27 (1827) sul lato destro oggi difficilmente interpretabili. Lo stesso dicasi per quelle incise sul listello inferiore. La
colonnetta è saldamente piantata ai limiti di un bosco, su un dosso. Assolve appieno alla sua funzione apotropaica di baluardo
contro forze avverse.
La Rama: colonnetta del 1565, vista sulla contrada e il cono vulcanico di Durlo, l’altra colonnetta del XVI/XVIII sec.
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Proseguiamo,ci immettiamo sulla carrareccia proveniente dalla contrada Campo,in leggera discesa sempre diritti verso nord, ad un
bivio incontriamo un'altra colonnina questa volta di dimensioni massicce rispetto al solito.
Il nostro sguardo si allieta, per il magnifico panorama, dalle linee dolci affiancati da pini silvestri e magnifici tassi e di abeti rossi con
faggi. Proseguendo, sempre sulla carrareccia in discesa, con tornanti, arrivati nei pressi di un vajo, continuiamo sulla stessa
tenendo la destra, raggiungiamo quindi la strada asfaltata vicino alla contrada Rama di Bolca, m.728, ore 0,30-0,35, dove
incastonata nel muretto a secco vediamo la bella colonnetta Rama.
Trattasi di una bella colonnetta in pietra a due figure, il manufatto è un pilastrino a terminazione triangolare nel cui sotto-campo è
ricavata l'edicola. In quest'ultima la composizione a due figure, secondo lo schema classico del "Madonnaro", espone la Beata
Vergine con il Bambino. Sotto alla composizione sono incise alcune lettere di difficile comprensione e la data, 1565, mentre una
croce si sviluppa lungo il pilastro, eretta dopo la peste di quegli anni.
Ora facciamo un deviazione, seguiamo la strada asfaltata per un chilometro, verso est che porta alle contrade Cracchi e Gaotte, in
leggera salita fino a raggiungere il dosso, il panorama si apre sull’alta valle del Chiampo con l’inconfondibile cono vulcanico di
Durlo. Qui si erge una grande colonnetta
È questa un'insolita colonnetta sia per quanto concerne le dimensioni, sia per la forma, sia per il rilievo a stampo. Il manufatto
artistico del XVI/XVIII secolo è composto da una stele in pietra con edicola a capanna. La composizione nell'edicola è a stampo e
raffigura la Beata Vergine, molto stilizzata, che tiene in braccio il Bambino ancora in fasce. Lungo il pilastro è stata incisa una
croce, il cui braccio minore fuoriesce da ambo i lati del pilastro.
Ritorniamo sui nostri passi fino alla contrada Rama di Bolca, ore 0,20-0,55, passando a fianco del baito diroccato sulla destra,
che mostra una nicchia sopra il suo ingresso ed un arbio riparato sul suo fianco.
La contrada si presenta con una schiera ad angolo ed altre costruzioni attorno, ad essa gravitanti.
Ruscello versonSitara.
Sitara tavoletta del 1655. Colonnetta Sitara sulla mulattiera per Roncari.
Torniamo ora indietro qualche passo per scendere, a destra ovest, su una strada incementata che si imbocca di fronte al baito. Tra
affioramenti di rocce vulcaniche dovute alla vicinanza con le purghe, raggiungiamo contrada Sitara m. 607, ore 0,15-1,10 .
Sitara ci accoglie con un bel arbio in pietra. La contrada non si presenta con un ordine ben preciso, ma chi l'ha costruita ha ben
guardato di lasciare ampi spazi piani tra un gruppo di case e l'altro.
Il toponimo della contrada deriverebbe dall'abbattimento di un gigantesco castagno da parte di un fulmine che in
dialetto si dice «sita», da cui Sitara. Il fatto deve risalire a chissà quale tempo lontano, tanto da far nascere su di esso una
leggenda narrante di questo castagno il quale era talmente gigantesco che quando il fulmine lo squarciò, il ramo più lungo formò un
ponte che attraversava il vajo, poggiando le sue fronde sulle pendici della Purga. Secondo G. Rapelli il toponimo deriverebbe
invece dal veronese «sita»=«erba saetta», ad indicare un terreno pieno di erba saetta (sagittaria, gigaro, ecc.).
Prima di uscire dalla contrada, sopra una pergola a parete, notiamo un affresco sbiadito dal tempo.
Sono inoltre da ammirare sul muro, esposto a est, di una casa a sud della contrada una tavoletta del 1655.
La composizione di quest'opera in pietra è a tre figure.In questa tavoletta il tema compositivo vede le tre figure isolate. La Beata
Vergine non tiene più il Bambino davanti al petto, motivo che appare in una precedente tavoletta presso Sprea già nel 1618, ma lo
espone alla venerazione dei devoti quasi allontanandolo da sé. L'iconografia si svolge su un solo piano secondo un disegno di
elementare semplicità. Sotto il profilo grafico l'insieme si risolve nella stessa linea di contorno. Con una grande armonia plastica
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l'artista risolve gli elementi che definiscono l'immagine. È questo un esempio di piatto rilievo che risponde alle effettive condizioni e
possibilità della zona, tanto che ne divenne il linguaggio figurativo comune.
Sul listello inferiore della tavoletta è incisa la seguente iscrizione: 1655 I0 TOMSO SIT - A FFPSD (1655, io Tommaso Sitara fece
fare per sua approvazione). Infine la presenza del vescovo con il pastorale ci offre l'occasione per fare un ulteriore confronto con la
tavoletta di San Valentino custodita nel Museo di Bosco Chiesanuova e di proprietà del Museo di Castelvecchio di Verona.
Inoltre troviamo una nicchia con Madonna e Bambino, ed un capitello del 1976 eretto per ricordare le battaglie di Sitara Arturo e
Cesare, a lode di Dio.
Dalla contrada seguiamo la carrareccia che sale dalla parte alta della contrada, verso nord, poco dopo notiamo una colonnetta.
Colonnetta Sitara del XVI/XVIII secolo. È questo un classico esempio di colonnetta con bassorilievo a due figure del quale rimane
ben poco. Nell'edicola la figurazione è pressoché illeggibile. I tratti rimasti evidenziano una composizione costituita dalla Beata Vergine mentre espone il Bambino secondo lo schema tradizionale della zona.
Continuiamo verso nord-ovest, al bivio sul tornante teniamo la sinistra, saliamo ancora, altro bivio, teniamo la destra, ora con forte
pendenza fino ai prati poco prima dell’antica contrada Roncari, m. 830, ore 0,50-2,00.
Roncari ci accoglie al suo ingresso, il baito della contrà di costruzione più recente degli altri che abbiamo visto, con delle stupende
finiture in ferro battuto. Roncari si presenta con numerose schiere intrecciate che si affacciano su di una valletta ed è sicuramente
la contrada più consistente del vicinato di San Bortolo. Roncari deriva il nome da «roncàro»=«dissodatore di terreni», forse da un
soprannome dato ad un agricoltore. Lo stile architettonico è estremamente vario, dagli scorci puramente cimbri, ad angoli che
ricordano vagamente l'omonima contrada vicino a Campofontana, con case di stili diversi affiancati tra loro. Al suo interno troviamo
quindi elementi tradizionali posti vicini ad altri invece originali. Molte case abbandonate sono ormai in rovina in quanto la contrada è
abitata solo in parte, sebbene le famiglie che vi vivono come residenti siano più d'una.
Prima di uscire dalla contrada incontriamo il classico capitello della contrada, questo datato 1922.
Contrada Roncari.
Capitello Roncari.
Croce di pietra in contrada Il Finco.
Percorriamo la strada asfaltata servente la contrada che sbuca fuori in prossimità della contrada il Finco m. 853, ore 0,05-2,05.
Piccola schiera con facciate a tratti decorate con terra rossa. Appena prima sulla sinistra, vi è posta una croce in pietra datata
1867 e subito dopo l'osteria, sempre sullo stesso lato, troviamo la «colonnetta del Finco», una bellissima edicola circolare privata
della sua tavoletta (che rappresentava una Madonna con Bambino tra San Rocco ed un altro Santo) e con incisa sul sostegno
un'incomprensibile ma affascinante scultura tonda.
Attraversata la provinciale prendiamo la stradina asfaltata che in direzione ovest porta alla contrada La Rama di San Bortolo (769
m).
La contrada, è composta da due piccole schiere rivolte a sud-est ed un paio di fienili. Unico particolare distintivo, il capitello posto
appena a monte della contrada e datato 1886.
Scendiamo in fondo alla contrada oltrepassiamo la corte tra una casa e una stalla-tesa con soppalchi restaurate, prendiamo il
sentiero che scende nel bosco tra faggi, carpini e cerri, prima a ovest poi a sud, fino a raggiungere il vajo, prendiamo una stradella
che scende e attraversa il vajo un paio di volte, quindi gira a destra scendendo fino a quando si apre un prato piano sulla nostra
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destra e poi in breve alla contrada Tanara m. 630, ore 0,25-2,05.
Tanara: nonostante sia una contrada di fondovalle, Tanara gode di una notevole esposizione al sole, dovuta alla sua magnifica
ubicazione: essa è adagiata dove i due affluenti dell'omonima valle si incontrano formando un ampio spazio pianeggiante,
abbastanza largo da impedire alle boscose colline che la chiudono di oscurarla per gran parte della giornata. La contrada è
composta da una massiccia schiera quasi totalmente rinnovata ed ancora completamente abitata. Il toponimo del luogo è
documentato ancora nel 1206, ma potrebbe derivare anche dal cimbro «tarane» ovvero «abete bianco».
Ruscello che scende in contrada Tanara.
Colonnetta del 1851 in contrada Tanara.
Al centro della contrada accanto alla fontana notiamo la bella colonnetta Tanara.
Nell'edicola di questa colonnetta è raffigurata la Beata Vergine, avvolta in un manto dalle linee sinuose, mentre abbraccia il Figlio.
Sullo stesso lato poco sopra il capo di Gesù compare il volto di un altro personaggio, molto più dettagliato del precedente del quale
però non si hanno notizie. Sul pilastrino è incisa la data 1851 e tre lettere Z. S. R.
Ora risaliamo la valle per un breve tratto, su una stradella, prima a sud-est , poi al bivio verso nord-est seguendo il ruscello.
Passiamo sotto un nucleo di case e seguendo in salita la strada, in questo tratto di sentiero si potrà apprezzare a pieno la bellezza
della parte alta della val Tanara e la sua ottima copertura forestale, sino a raggiungere contrada Levorati m. 829, ore 0,30-3,10.
Levorati è composta da una schiera bassa, ristrutturata ed usata come abitazione estiva, ed una più alta mantenuta ancora
abbastanza bene. Di fronte ad un capitello con statuina, alloggia nella stalla un piccolo gregge di pecore e sopra, nel fienile,
vediamo antichi arnesi quali i rampini di legno, usati per facilitare la legatura della legna. A fianco si trova una nicchia a muro che
dovrebbe risalire ad un passato abbastanza remoto della contrada.
Il nome «Levorati», prima ancora «Leporati» nel 1650, sembra che sia attribuibile alla presenza di un campo di confinamento per
lebbrosi durante la peste del 1630. Secondo G. Rapelli, il toponimo fa invece riferimento al termine vicentino «levoràto»=«leprotto»
ed indicherebbe un soprannome di persona svelta e veloce come un leprotto.
Continuiamo il nostro percorso attraverso la stradina asfaltata che serve la contrada, risalendola fino ad intersecare la strada che
conduce ai Carradori. Qui è edificata la «Casara dei Carradori», ore 0,15-3,25.
Un complesso di stalle e fienili di varie epoche, utilizzato per lo svolgimento delle attività agricole. Sull'incrocio troviamo una stele
del 1837 sulla quale, dicono i locali, era collocata l'immagine scolpita di Sant'Antonio, oggi scomparsa. Attraversata la strada,
appena sul bordo opposto, vi è eretta invece una croce in ferro battuto che ricorda la morte accidentale di tal Toni Carradore.
Ora facciamo un piccola deviazione, teniamo la sinistra e proseguiamo su la strada asfaltata che porta al Finco arrivando così alla
colonnetta in contrada Martelletti m. 850, ore 0,10-3,45.
In questa tavoletta trova spazio una figurazione dal soggetto poco frequente. La Beata Vergine ammantata è posta sulla destra e
tiene in braccio il Bambino, mentre tre teste di committenti o fedeli emergono dal listello di base. A sinistra è posta una figura
maschile eretta, con perizoma ai fianchi e mani giunte, evidentemente ispirata a san Sebastiano. Sul listello di base compare la
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scritta ANO DOMI... ma la datazione è incompleta a causa dell’erosione. Il taglio della bocca e degli occhi nei singoli volti e così
alcune tracce sulla figura di sinistra indicano una semplicità formale che trova la conferma delle descrizioni sino ad ora incontrate.
Sul pilastrino della colonnetta, in alto, sono state incise le lettere I H S che ricompaiono anche sul fianco sinistro dell'edicola. Nella
porzione inferiore vi è una croce papale a tre bracci, con il braccio centrale bilobato. I caratteri epigrafici del simbolo inciso sul
pilastro e sul fianco sinistro dell'edicola, nonché la forma della croce possono essere datati tra la fine del XVI e il principio del XVII
sec. Inoltre il tema iconografico qui raffigurato è il più antico di questa serie. (copia eseguita da Carlo Caporal).
La contrada completamente ristrutturata e con capitello religioso di recente fattura.
Casara Carradori croce di ferro. Martelletti colonnetta.
Carradori: lavatoio e cappellina.
Al lato opposto della strada, sorge recintata una contrada anch'essa completamente ristrutturata. La località dove ci troviamo
prende nome con probabilità da un qualche soprannome cimbro: Ciocio (850 m).
In passato la località fu chiamata anche Sotto Sengio» nell'800 e poi «Sotto Castello» nel primo dopoguerra, probabilmente con
riferimento a qualche insediamento militare ubicato sul soprastante colle detto «el Moto», rilievo dominante sulla zona.
Ritornati alla casara dei Carradori, volgiamo a sinistra per raggiungere contrada Carradori m.836, ore 0,15-4,00.
Carradore ci accoglie con uno stupendo lavatoio in rosso ammonitico datato 1861 con copertura in pietra, sotto l'ombra della quale
è stato eretto, non si capisce con quale criterio, un muretto in mattoni di cemento che copre parte della vasca sconvolgendone
l'armonia. A fianco del fontanile si erge il grosso capitello religioso della contrada, del 1940, dedicato a Cristo. La contrada è
ubicata su un pendio tale da costringere gli edifici a sorgere appoggiati di angolo uno all'altro, anziché affiancati come in tutte le
altre schiere. Dagli intonaci che ricoprono le pareti in pietra, escono numerosi sostegni a gancio che servivano per sostenere le
antiche grondaie.
Carradori deve il suo nome a quello che era il mestiere artigianale di costruir carri e carretti: il «carador» appunto.
Si tiene ora la stradina alta della contrada per uscirne attraverso la carrareccia che scende a sinistra (est). La seguiamo fino ad un
bivio dove terremo la destra per poi piegare nuovamente a destra, passiamo a fianco di una stalla, e continuando in salita arriviamo
nuovamente all’incrocio delle Due Colonne dove tenendo la sinistra in breve ci riportiamo al punto dove era iniziato l'itinerario, ore
0,25-4,25 .
PARTENZA DALLA SEDE ALLE ORE 8,30 CON MEZZI PROPRI
INFORMAZIONI: Graziano Maimeri 333-56.12.182
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