La grande bellezza - Le recensioni di Paolo
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La grande bellezza - Le recensioni di Paolo
La grande bellezza E a cosa è mai dovuto questo premio Oscar ? Alla stupefacente grandiosità della Capitale? Ai suoi storici monumenti? Ai suoi affascinanti panorami? Alla sua incomparabile arte? “Guarda la maestà der Colosseo… guarda la santità der Cupoloneeeee…” lo sapevamo già tutti che Roma era così spettacolare (e magica), non è certo merito di Sorrentino. Allora date l’Oscar direttamente a Roma. Perché darlo proprio a questo film ? Che poi… anche chiamarlo “film” è eccessivo: trama inesistente, una sequenza casuale di episodi (di cui ben pochi memorabili) che anche a montarli alla rovescia non cambia nulla. Citandone qualcuno alla rinfusa: Il trucidone in canotta che si lava le ascelle nel fontanone del Gianicolo. La signora sul Pincio, in mezzo ai busti dei grandi della Patria, con sigaretta in bocca e giornale in mano dal titolo “Allarme per Totti”. Il turista giapponese che, travolto dal panorama di Roma (letteralmente “mozzafiato”), perde i sensi. Inni sacri, coristi, cardinali e suore ovunque, anche dall’estetista dei VIP (che prende 700 Euro a visita e si lamenta delle tasse… bastardo!). Antonello Venditti seduto squallidamente da solo al tavolo di un ristorante per megaricchi. Sabrina Ferilli che fa lo strip e la lap-dance, ma se si vuole qualcosa di più ci sono le bagasce slave apposite. Incredibili fenicotteri appollaiati sul terrazzo del protagonista. Si vede che è la casa di un miliardario: sul mio terrazzo al massimo ci scacazzano i piccioni. Nobiltà decaduta romana che si “affitta” un tanto a serata per presenziare a cene ed altri eventi mondani. Il tizio che ha fatto una intera esposizione con migliaia di proprie foto-ritratto, scattate tutti i giorni da quando era bambino (quando si dice l’egocentrismo). Il protagonista (Jep) è un gagà sessantacinquenne, ex vitellone partenopeo che vive la spensierata esistenza del miliardario gaudente e nullafacente. In realtà si spaccia per scrittore e giornalista, ma ha scritto un unico romanzo in tutta la sua carriera, e a fare il giornalista ci gioca (la direttrice del giornale è la sua amica del cuore), certo non è col sudore della fronte che mantiene il suo tenore di vita. Per dirne una, abita in un incredibile attico fronte Colosseo (neanche Scagliola ne aveva uno così) con un terrazzo di 300 metri quadri (che vita grama…). Va a dormire quando i normali cittadini si alzano per andare a lavorare e si alza nel pomeriggio (che vita grama). Ha una cameriera sudamericana che gli spiccia tutte le faccende di casa: gli cucina, gli lava e gli stira dei completi di gran spolvero, con delle giacche di panno gialle, che nemmeno Fiorello quando conduceva il Karaoke. Ogni sera è invitato a cena da qualche VIP romano, poi c’è il party, il cocktail, la discoteca, le mignotte sofisticate e snob che si infilano nel suo letto… ma li mortacci sua! Si può immaginare un personaggio più antipatico di così? La voce poi… vi ricordate del cantante napoletano Federico Salvatore? Quello che interpretava i due personaggi: il ricco snob del Vomero con intercalare “E’ vero… è vero…” e lo squattrinato cafone dei quartieri bassi con intercalare “Azz… Azz…”. Ecco: quando parla Jep è identico a Federico Salvatore quando faceva “E’ vero… è vero…”. Gli tireresti uno scarpone in testa. La cerchia dei suoi amici è insopportabile quanto lui: c’è la contessa miliardaria con il figlio depresso, l’intellettuale arrogante e snob, l’attore teatrale fallito, l’industriale pervertito… tutta gente che non ha mai davvero dovuto lavorare per vivere, che non sa cosa significhi alzarsi la mattina alle cinque, prendere un treno di pendolari e poi passare otto ore su una scrivania a subire le angherie del capoufficio. Invece questi, belli freschi di lifting e parrucchiere, trascorrono le serate con un calice di champagne in mano, a chiacchierare amabilmente sulle corna del politico di turno, che poi sono esattamente le stesse chiacchiere che si scambiano i proletari al bar, ma vuoi mettere qui che classe, quando ogni due frasi ci infili una citazione di Proust o di Baudelaire? Sorrentino, che non lesina le pesanti frecciate alla aristocrazia ecclesiastica (con i suoi cardinali esperti di cucina ma in imbarazzo sulle questioni religiose), mostra invece uno sfacciato apprezzamento e compiacenza per questi sofisticati conoscitori di filosofi e letterati, come se la cultura giustificasse il livello sociale, mentre casomai è il contrario. Se uno sta in officina per otto ore al giorno, difficilmente potrà essere esperto di pensiero debole, di post-modernismo o di decostruzionismo. Difficile possa citare Pontiggia, Bufalino, Busi o Tonino Guerra. Più facile possa citare Thomas Milian. Chiaro invece che se uno non ha una mazza da fare tutto il giorno, e le tasche piene di soldi, gli viene più facile frequentare musei, teatri, gallerie d’arte e circoli letterari. E’ vero che c’è un mucchio di burini con i soldi, ma di un’ignoranza bestiale. In generale però la vedo dura fare il dandy annoiato senza avere i miliardi. Ma quanto è triste e vuota la vita del dandy! Che noia chiacchierare sempre di cose futili! ANDATE A LAVORARE E VEDRETE CHE VI PASSA LA NOIA ! Come mai il povero Jep non riesce a trovare un senso che giustifichi la sua esistenza? SI, MA DOVETE ANDARE A LAVORARE !! Come è colto ed erudito Jep, è un filosofo e maestro di vita. Com’è sprecato il suo talento e che peccato che non riesca a trovare l’ispirazione per il suo secondo romanzo! MA VAFFANCULO, ANDATE A LA-VO-RA-RE !!!!! Che poi, a dirla tutta, il percorso dell’anima vuota ed annoiata non è che si discosti molto da quello già visto in “viaggi di nozze” di Verdone. Che cosa è in fondo “o famo strano” di Ivano e Jessica sulla decappottabile a 130 km/h se non il tentativo di sfuggire alla noia ? Qui “o famo strano” diventa lo spettacolo teatrale con l’interprete psicopatica che prende a capocciate i pilastri dell’acquedotto romano, oppure l’affresco dipinto in diretta (nella villa di Lillo di 610) dall’artista bambina che sfoga sui barattoli di vernice l’astio verso i genitori. Tutti tentativi di vincere la noia. E quando Jessica alla fine confessa: “me sento… no strana… più… apatica” è come se lo dicesse anche Jep, solo che Jessica faceva più ridere. E poi, che altro dire ? La Roma (bellissima) in cui vive Jep se la possono godere giusto i miliardari nullafacenti e i turisti giapponesi, certo non chi deve andare ogni mattina a lavorare, e alle otto di sera è così stanco che crolla svenuto sul letto… altro che party e discoteca! Roma, la vera Roma, è anche il GRA paralizzato tra l’Ardeatina e la Casilina (carreggiata esterna). E’ anche il parcheggio che non trovi neanche se ti spari, i cassonetti stracolmi di immondizia (compresi quelli per la differenziata), i rom che ti svaligiano l’appartamento, i barboni ubriachi attorno alla stazione Termini. E’ la metropolitana con l’aria irrespirabile di sudore e sporcizia, è il 719 che non passa mai. E’ il coatto che ti insulta al semaforo, è la fila di 40 minuti alle poste, è l’impiegata cafona allo sportello. Sono le targhe alterne, le polveri sottili e l’amianto nei palazzi, è il concertone del primo maggio. Sono i quartieri proletari: il trullo, il tufello, tor pignattara e quell’oscenità di Corviale. Sono i tifosi che si menano al derby, i black-block, i cortei e le manifestazioni davanti a Montecitorio. E’ la pressione continua ed asfissiante di questi maledetti due milioni e mezzo di persone, che devono stare insieme per forza, senza che a nessuno gliene freghi assolutamente niente l’uno dell’altro. Non è una grande bellezza: mi sa proprio di no. Ma è la Roma vera. Quelli come Jep non la conosceranno mai. Forse un po’ li invidiamo, ma nello stesso modo in cui si invidiano i personaggi delle favole. Vivono nel paese dei balocchi, sono fatti di cartapesta e di zucchero filato. Basta un po’ di pioggia, si scioglie tutto e ti restano solo le mani appiccicose. (intanto però quel paraculo di Sorrentino l’Oscar se l’è portato a casa…) (by Paolo)