da_Nuovi_saggi_critici_pagg.1

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da_Nuovi_saggi_critici_pagg.1
FRANCESCA DA
RIMINI
Quasi all'ingresso dell'inferno incontriamo questa Fran-
ha fatto immortale.
Per molti la Divina Commedia non è che due nomi
soli Francesca da Rimini e il Conte Ugolino. E ci sarebbe da fare un bel volume a raccogliere tutto ciò che
cesca, che Dante
;
è sottilizzato e sofisticato, a voce o per iscritto, in-
si
torno a questi due personaggi.
Perchè Dante ha raccontato con tanto affetto
di
Francesca da Rimini? Perchè
Dante ha abitato
in casa di
,
risponde
il
i
casi
Foscolo,
Guido da Polenta padre
camera dove ella dimorò
,
della giovane, e forse vide la
prima
di
maritarsi, e forse udì narrare
il
pietoso acci-
dente dalla famiglia e dovè in quella prima impressione
che poi d' anno in anno andò
toccando e ritoccando insino a che non l'ebbe condotto
a perfezione.
E perchè il poeta ha gittato nell'ombra
concepire queir episodio
,
—
il
petjcato e dato rilievo a giò che di gentile
ed
affet-
tuoso è nella peccatrice? Per delicatezza e per gratitudine
il
,
risponde
padre,
gli
il
Foscolo
sapea male
;
di
perchè accolto ospite
doverne infamar
in
casa
la figliuola.
E perchè , volendo giustificare o attenuare il peccato,
Dante non ha fatto menzione di una circostanza di molto
momento, storia o tradizione che fosse, cioè del perfido
Da Sahotis —
Natovi Saggi Critici.
1
/
'i^f^^'^i^^m^^mmrmmmim'''^m0immm
—2—
inganno
in
che fu tratta
la
misera che
crerlea di spo-
si
sar Paulo, e solo la mattina svegliandosi
avere accanto
il
si
accorse di
deforme e sciancato Lanciotto,
fratello
Perchè una rappresentazione ideale, risponde il
Foscolo non dovea essere sopraccaricata di accidenti
reali che ne avrebbero alterata la purezza. E_^er£hàDante ha uniti insieme nell' inferno due amanti ? Perchè
per si lieve fallo non sono a dir propriamente dannati,
di
lui?
,
i
risponde Ginguené; anzi, corregge
il
citato qui sotto con che
chiude
si
Foscolo, perchè, se
il
come
loro fallo è stato assai grave,
ricordia di Dio è stata maggiore,
vede dal verso
si
racconto,
il
mise-
la
quale volle aver
il
ri-
guardo a tanto amore e scemare la pena concedendo loro
di potersi amare anche nell'inferno. E perche quel paragone delle colombe ? Perchè sono animali lussuriosissimi, salta su un coraentatore. E perchè il poeta fa parlare Francesca e non Paolo ? Perchè le donne, risponde
con poca galanteria
ciarliere
;
il
Magalotti
e perchè, ripiglia
il
sono
,
prendere sul serio
tali futilità, le
passionate sentono
il
torto di
il
donne quando sono ap-
bisogno di parlare e
perchè Dante sente tanto
natura
di loro
Foscolo, che ha
dolore
,
che
la
di sfogarsi.
mente
gli
E
si
chiude dinanzi alla pietà de'due cognati? Perchè, risponde insolentemente un frate, egli dovè ricordarsi
commesso un peccato simile.
Ecco un esempio dei perché
si
stillano
il
cervello
i
e dei
comentatori
forse dietro
Dante. Mi
di
alc'ini
grande bellezza
di
quel canto sia
quali
i
si
che nelle conferenze pedagogiche tenute a Firenze
molto discorso della Francesca da Rimini, e che
gr^^to della
aver
di
dice
si
il
sia
se-
stato da
posto nel verso tanto comentato da' cementatori:
Quel giorno più non vi legge'^jmo avante.
E
se questo è, bisogna pur
dir
che
la critica
ha fatto
cammino
così poco
in
Italia
ancora
da essere
possibili
vaghi
simili discussioni, proprie di cervelli oziosi e
di scia-
rade, ottusi alle pure e immediate impressioni dell'arte.
Ho
ricevuto, è un po' più di un mese, una lettera sot-
da tre Alunni del Liceo di Bari. Questi bravi
me sapere perchè il Petrarca avea
toscritta
giovani volevano da
scritto
il
Canzoniere in italiano e non in latino.
raccontavano che
nendo
ci
E mi
era una scommessa tra loro, soste-
chi un'opinione e chi un'altra.
Ebbi proprio una
il Petrarca aveva
brutta tentazione. Volevo rispondere che
Laura non sapeva di latino. Ma parvemi cosa crudele rispondere con uno scherzo a giovani
fatto cosi, perchè
che disputavano con tanta gravità.
Pur, se la mia voce avesse qualche peso sulla nuova
io direi: Lasciate queste dispute agli oziosi da
convento o da caffè, e voi gittate yia i cementi e avvezzatevi a leggere gli autori tra voi e loro solamente. Ciò
che non capite, non vale la pena che sia capito: quello
solo è bello che è chiaro. Soprattutto, se volete gustar
generazione,
Dante,
fatti
i
debiti studii di lettere e di storia, legge-
senza cementi, senz'altra compagnia che
telo
e non vi caglia di altri
sensi
alle vostre impressioni
e soprattutto
sono
il
le
sia
Più tardi ve
migliori.
vostro gusto;
guasta
,
ma
la via
che del
di lui solo,
letterale.
prime
alle
State
,
che
spiegherete, educherete
le
importa che ne' primi passi non vi
da giudizi preconcetti e da metodi ar-
tificiali.
Tra' più
di
belli,
Francesca.
appunto perchè
Ed
io
tra' più chiari, è
il
canto
domando con che cuore possono
i
cementatori innanzi ad una creazione così limpida abbandonarsi a sciarade e indovinelli e fantasticare su tanti
perché. Io non mi tratterrò a confutare
sposte perchè
sposte,
ma
di
il
torto qui
non è
di
aver
aver poste quelle donifinde.
quando l'impressione
assurde
ri-
fatte quelle
ri-
le
Il
che avviene
esteiica è già cancellata, e la
mente
—4—
radVedda, e
il
critico
nella sua intef^rità,
non sapendo
si
situazione
co. oliere la
smarrisce ne' particolari.
I
quali
separati dal tronco, ovvero dalla loro unità, in cui è posta
la loro ragion d'essere ed
neir arbitrario
,
supposizione gratuita com'
Sgombriamo dunque
sti
il
loro significato,
sciolgono
si
e diventano materia di questa o quella
il
e'
salta in capo
terreno
di
primo venuto.
al
questi forse e di que-
perchè, ed accostiamoci a questa primogenita
figliuola
Dante con non altro sentimento che quello dell'arte,
e con non altro intento che di contemplare e di godere.
di
Come Dante
fu
condotto alla concezione
cesca importa poco.
il
E
importa meno
il
di
questa Fran-
sapere se e che
poeta abbia mutato o alterato della tradizione storica.
Ciò che importa è questo, che la Francesca, come Dante
l'ha concepita, è viva e vera assai più che non ce la
possa dare la storia. Si, certo, Giulietta ed Ofelia e DesdeMargherita ed Ermengarda e
vita
più
salda e reale che non tutte
una
hanno
Silvia
1' aridità della cronaca e la graperchè
storiche
donne
le
mona
e Clara e Tecla e
:
vità della storia toglie a queste tutta la vita intima, ed
elle
stanno come in lontananza da noi, e
piazza e
non
le
azioni ed ignoriamo
il
le
vediamo
sappiamo
loro cuore. Laddove con
conosciamo
in casa, e
le
le
ci sentiamo a fidanza e quasi familiari, ed elle ci
gono
amabili e con perfetto
abbandono
riposte gioie, tanti arcani dolori.
A
ci
si
in
loro
altre
por-
rivelano tante
questa serie
di
fan-
ciulle immortali appartiene Francesca, anzi è essa la pri-
mogenita, la prima donna viva
vera apparsa
e
sull'oriz-
zonte poetico de' tempi moderni.
Francesca non è nata se non dopo una lunga elaborazione nelle liriche de' Trovatori e nella stessa lirica dantesca. Ivi
l'uomo riempie
e parla e fantastica;
la
scena; è
di sé la
donna
lui
minata e non rappresentata, come Selvaggia
ci
sta
come
il
riflesso dell'
uomo
che opera
sta in lontananza, no-
ci
,
la
e
Mandetta;
sua cosa
,
la
sua
,
fattura,
essere uscito dalla sua costa, «-jnza personalità,
1'
propria e distinta
concetto che
:
plice concetto, sul quale
fa spesso
Leopardi ha rappre-
il
poeta raccoglie tutte
come
un
perfezioni mo-
le
corporali, costruzione artificiale e fred-
rali, intellettuali e
assolutamente inestetica. In questo genere
da,
un sem-
è
poeta disserta o ragiona
il
Cavalcanti, e Dante stesso. Poi diviene
il
quale
tipo nel
il
neW Aspasia. Talora
sentato con tanta altezza
la
creatura
poetica più originale e compiuta è Beatrice, bellezza, vir-
tù e sapienza
un individuo scorporato e
,
non più individuo,
il
ma
genere
femminile, l'eterno femminile
ammirabile
ma
;
non
ra persona schietta.
non
si
trovano
di
;
in
sottilizzato
non femmina,
ma
Goethe. Concezione
ancora la donna
è
La potente
è bastata a fondere
menti che
ti
tipo e
,
non è anco-
virtù creativa di Dante
insieme tanta varietà di elelei
congregati,
sì
che spesso
la
pare una personificazione e un simbolo, anzi che per-
sona viva. Se
in queste costruzioni simboliche, teologi-
che, scolastiche
non troviamo
la
donna, tanto
meno
vi
una personificazione, una reminiscenza di Cupido; e quando si sviluppa
dal mito
ed opera direttamente come forza naturale,
malgrado le lagrime e i sospiri del poeta, ci lascia freddi,
perchè troppo idealizzato, e più spesso stima ed ammirazione per le nobili qualità dell' amata e 1' eccellenza
come direbbe
della forma
anzi che fiamma e furore
troviamo
1'
amore. Anch'esso
è sovente
,
,
,
Ariosto, forza invitta e cieca a cui tutto soggiaccia.
Entro a queste costruzioni
artificiali
fondate sul culto
della donna, posta in cima di ogni perfezione, e simbolo
«ji
tutti
sempre
nile,
gli
altri
ideali
che muovono V uomo, rimane pur
concetto della donna, non solo
il
la bella faccia
ma come
che
l'
uomo dà a
come
tutti
i
il
femmi-
suoi ideali,
individuo ella medesima, un essere innamorato
e gentile. Quest' individuo, sviluppato da ogni elemento
!
eterogeneo, non più concetto, o tipo, o personificazione,
—
—
ma
ò
vera e propria persona in tutfa la sua libertà
Francesca. Beatrice è più e nien che donna, quando dice
,
di sé
,
:
E
chi
e non se ne innamora
mi vede
D'amor non ne averà mai
Ciascuno presenta
intelletto.
queste forme un senso ulteriore e
in
più vasto e alto che non è
senso letterale. Beatrice
il
qui è più che donna, è angeletta bella e nora, è
vino non umanato
,
apparenza
faccia
di tutto
buono, che attira a sé
hanno
tenderlo, /che
questo Beatrice è
è
il
genere o
il
tutti quelli
men
il
Ma
appunto per
puro femminile,
l'individuo. Perciò voi potete
contemplarla, adorarla, intenderla, spiegarvela,
r amate, non
la
la
che hanno virtù d'in-
d'amore.
che donna, è
non
tipo,
,
che è bello e vero e
ciò
intelletto
di-
il
non ancora realizzato
ideale
l'
ma non
possedete con pura dilettazione estetica,
anzi ne state a distanza.
Il
che spiega perchè Beatrice
non ha potuto mai divenire popolare, ed è rimasta materia inesausta di dispute e di arzigogoli. Francesca al
contrario acquistò una
zioni
anche meno
immensa
colte,
popolarità, presso le
è rimasta la sola figura sopravvivuta della Divina
media. Certo
quale
,
,
na-
ed anche oggi in moltissimi ella
non era questa
l'
confondendo poesia e scienza
dove fosse maggiore virtù
Com-
intenzione di Dante,
,
il
immaginava che
e verità e perfezione, ivi fosse
maggiore poesia, e la cosa è tutta al rovescio, perchè
la scienza poggia verso l'astratto, l'idea come idea, e
l'arte
ha per obbiettivo
il
concreto, la forma, l'idea ca-
lata e dimenticata nell'immagine.
e la specie
;
l'
arte è
l'
La
scienza è
il
genere
individuo o la persona, e più vi
scostate dall'individuo, più sottihzzate e scorporate, e più
vi allontanate dall' arte.
Francesca è donna e non altro che donna, ed è una
compiuta persona poetica, di una chiarezza omerica. Certo,
,
essa è ideale,
ma non
di se stessa,
ed è ideale compiutamente realizzato, con
una ricchezza
è l'ideale di qualcos'altro, è l'ideale
determinazioni che
di
simulazione di un individuo.
già in tutti
concetti della
i
I
danno tutta la
si trovano
gli
suoi lineamenti
donna prevalenti
nelle poesie
quel tempo, amore, gentilezza, purità, verecondia, leg-
di
Ma
giadrìa.
questi non sono qui epiteti,
persona messe
di
in
ma
vere qualità
azione, e perciò vive. Edipo incon-
sapevole. Dante ha qui ucciso la sfinge, ed è entrato nel
pieno possesso della vita
radiso, eccola qui,
cesca non è
il
:
ma
divino,
fragile, appassionato,
PaFran-
quella donna che cerca in
egli l'ha
l'
capace
trovata
nell'
umano
il
di
e
Inferno.
terrestre, essere
colpa e colpevole, e perciò
in tale situazione che tutte le sue facoltà sono messe in
movimento, con profondi contrasti che generano irresi-
E
emozioni.
stibili
questo è la vita.
Non ha Francesca alcuna
come
qualità volgare o malvagia,
odio, o rancore, o dispetto, e
ciale qualità
neppure alcuna spe-
buona; sembra che nel suo animo non possa
farsi adito altro sentimento che l'amore.
Amore
Né
1
Qui è
ella se
altre
la
sua
felicità
Amot^e,
Amore
sua miseria.
e qui è la
ne scusa, adducendo l'inganno in che fu tratta
La sua parola
circostanze.
formidabile.
— Mi amò, ed
sua mente
ci
io
l'amai
;
è di
una
— ecco
sincerità
tutto. Nella
sta che è impossibile che la cosa andasse
Amore è una forza a cui non si può
Questa onnipotenza e fatalità della passione cho
impadronisce di tutta l'anima e la tira verso l'amato
altrimenti, e che
resistere.
s'
nella piena consapevolezza della colpa è l'alto
cui
si
svolge tutto
è rappresentato
il
carattere.
come una
motivo su
Appunto perchè amore
forza straniera all'anima e
ir-
repugnabile, qui hai fiacchezza, non depravazione. Fran-
cesca è rimasta
il
tipo
onde sono uscite
le
più care crea-
ture della fantasia moderna: esseri delicati, in cui niente
ò che resiste e reagisca, fragili
fiori
a cui ogni lieve sof-
—
fio è
mortale, e che
si
natura. Gittate in un
—
8
rassomigliano tutte per una comune
mondo che non comprendono e da
le vedi, come Dante le rap-
cui non sono comprese, tu
presenta,
di
qua, di
della loro passione
,
là,
di
su,
di
giù,
menate dall'onda
né possiamo senza strazio veder-le
nelle tragedie accostarsi più e più, ridenti e spensierate,
a quell'abisso che elleno medesime si scavano, e dove
va a sprofondare, prima quasi ancora che sia gustata
la vita, tanta gioventù e bellezza. Qui è la tragedia della
ma
donna, variata da mille incidenti,
Ofelia,
Giulietta, Clara, Tecla,
con
lo stesso
fondo.
Margherita, Francesca,
sono parenti, tutte hanno sulla fronte lo stesso destino.
L'uomo nella sua lotta resiste, e vinto anche, l'anima
rimane indomata
e ribolle
che resista e vinca,
:
può
il
in
suo tipo è Prometeo. L'uomo
certi casi essere
un perso-
naggio poetico;' ma l'aureola della donna è la sua fiacchezza; né moralista otterrà mai che la donna invasa e
signoreggiata dalla passione, ove dalla lotta esca vincitrice, sia altro
mai che un personaggio
tuoso, rispettabile,
ma
inestetico.
La
inestetico, vir-
poesia della donna
è l'esser vinta, invano ripugnante contro quella ferrata
necessità che Dante ha espressa con rara energia nella
frase:
Amore a
nullo
amato amar perdonaf Ma
con-
trastando e soggiacendo ella serba immacolata l'anima,
quel non so che molle, puro, verecondo e delicato, che
è il femminile, V essere gentile e puro. La donna depravata dalla passione é un essere contro natura, perciò
straniero a noi e di nessuno interesse. Ma la donna che
nella fiacchezza e miseria della lotta serba inviolate le
qualità essenziali dell'essere femminile, la purità, la ve-
recondia, la gentilezza, la squisita delicatezza de' senti-
menti, poniamo anche colpevole, questa donna sentiamo
che fa parte
di
noi, della
comune natura
e desta
il
più
alto interesse, e cava lacrime dall'occhio dell'uomo, e lo
fa
cadere come corpo morto. Francesca niente dissimula.
—
9
—
niente ricopre. Confessa con una perfetta candidezza
il
suo amore; uè se ne duole, né se ne pente, né cerca circostanze attenuanti e non
di
si
pone ad argomentare contro
Dio. Paolo mi ha amata, perché
io
era bella, ed io
l'ho amato, perchè mi comniaceva d'essere amata, e senlui. Sono tali cose che le donne
non sogliono confessare neppure all' orecchio.
tivo piacere del piacere di
volgari
Chiama
persona
bella
ma piacere
il
carne
di
di
che s'invaghì Paolo; chia-
sentimento che ancora non l'abbandona; e
quando Paolo
la
quello
baciò la bocca tnfto tremante,
le
cèrto
Paolo non tremava per paura. Qui hai pro-
pria e vera passione, desiderio intenso e pieno di voluttà.
Ma
insi'euie
con questo trovi im sentimento che purifica
un pudore che rivergina: talché a tanta gentilezza di
linguaggio mal sai discernere se h li innanzi la colpevole
e
Francesca o
l'
innocente Giulietta. Ci é qui entro un'aura
di tenerezza e di dolcezza
una delicatezza
che
alita
per tutto
il
Canto,
sentimenti squisita, ed una cotal mor-
di
bidezza e direi quasi mollezza femminile in che è l'incanto
e che si sente così bene nel verso :
di queste nature
,
Farò come
cosi simile di senso,
colui che piange e dice
ma
cosi diverso di accento dall'altro:
Parlare e lagrimar vedrà' mi insieme.
Un minimo
atto di bontà che passa inosservato per gli
uomini volgari, è un tesoro per
che cosa avea detto Dante ?
anime
Venite a noi parlar,
Un
interprete
gati per
quelV
si
le
anime
delicate. Intine
offannaté.,
s'altri
noi
niega.
maraviglia che Dante non
li
amor cKei mena, come avea
abbia preconsigliato
—
Virgilio, ed
un traduttore
10
—
latino di Dante,
un
tal
d'Aquino,
corregge appunto come vorrebbe l'interprete. Che cosa
interprete ? che cosa è questo traduttore ? Sono
queir
è
orecchi sordi, accessibili solo al rombo del cannone. La
lo
sola parola a/fannate basta a Francesca da Rimini
un grido
al
:
è
affettuoso, una voce viva di pietà che giunge
suo orecchio nel regno dove la pietà è morta, e nella
prima impressione
come
il
suo primo pensiero è
di
pregare Dio,
solea fare in terra, per l'Uomo che ha pietà del
suo mal perverso. E le esce di bocca la preghiera, ma
condizionata con un se, congiungendovisi immediatamente
la coscienza dell'Inferno, e come Dio non è più il suo
amico, ed ella non ha il dritto di volgere più a Lui la
preghiera.
Se
fosse amico il Re dell'universo,
Koi pregheremmo lui per la tua pace,
Poi che hai pietà del nostro mal perverso.
Questa preghiera condizionata, che dal fondo
manda a Dio un' anima condannata, è uno
ferno
dell'in-
de' sen-
timenti più Ani e delicati e gentili, colto dal vero.
ma
e'
anima
di
c'è la preghiera,
mescolati
uell'
è
l'
intenzione;
Francesca
;
ci
Non
è terra e inferno
una intenzione pia con
ma che
non giunge ad essere preghiera perchè accompagnata con
la coscienza dello stato presente. Un poeta moderno avreblinguaggio ed abitudine
di
persona ancor viva,
be analizzato quello che qui è un solo momento
plesso e immediato.
comAvrebbe rappresentata Francesca in
un momento d' oblio, viva innanzi a persona viva, e le
avrebbe interrotta in Kocca la preghiera con un ahimè,
che dissi/ ec, con un rapido ritorno su di sé stessa, che
sarebbe un colpo
E
ciò
di
scena assai patetico e
di sicuro effetto.
facendo sarebbe stato critico e non poeta, avrebbe
analizzato due movimenti interni e contrarli che qui
si
—
—
11
presentano contemporanei, l'uno nell'altro, e la calma e
sintetica esposizione di
rettorico.
tificio
Dante avrebbe ridotta
medesimo fanno
Il
in
un ar-
questi benedetti co-
mentatori,che analizzando e sottilizzando guastano e cor-
rompono
gusto. Francesca dice
il
Ma
se a conoscer la
:
prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto
e
i
affetto,
comentatori notano: affetto qui è figura rettorica, e
significa desiderio
!
Gente senza cuore e grossolana, che
guasta ogni piti delicata bellezza di sentimento. Quando
Francesca, sforzando la grammatica, dice affetto, non è
già
desiderio che
il
chele
Dant^abbia
col quale
esprime
quale Dante chiamandola per
....
A
rire
conoscere
suo desiderio
il
sfuggire a quell'anima delicata
E
di
la
presenta immediatamente innanzi,
si
Francesca
lacrimar mi
i
sua storia
ma
I'
affetto
non avendo potuto
,
modo commovente
nome disse
il
tuoi martiri
faiiiio
tristo e pio.
tutto in quest'immagine è così fine e delicato.
,
per Francesca
,
col
:
è 'perdere la bella
Mo-
persona ohe
piaceva tanto a Paolo; melanconico pensiero di donna
e d'innamorata, raddolcito da quest'altro pensiero so""praggiunto ch'ella
Amore
mori
insieìue con
lui, fu
una morte.
fu per Paolo necessità di core gentile e per
lei
necessità di donna amata.
Amor
Amor
Amor
che a cor gentil ratto s'apprende....
che a nullo amato amar perdona....
condusse noi ad una morte.
In questi tre versi ammirabili
manzo
dell'
ci
è tutto
amore, come comparisce
alla
l'
eterno ro-
donna. Questa
—
—
12
Francesca è tanto gentile che quando dee esprimere una
cosa che dispiaccia e desti disdegno, dice
e breve senza qualificare,
come
Caìna attende chi in vita
Galeotto fu
Anche dicendo
fatto
il
nudo
:
ci spense....
libro e chi Io scrisse.
il
cose
indiflferenti,
mette non so che
ci
molle e soave, che rivela animo nobile e deHcato. Quest' effetto
producono
i
celebri versi
Siede la terra, dove nata
Sulla marina dove
Per aver pace
Po
il
:
fui,
dit^cende
co' seguaci sui.
In quest' anima gentile e innamorata è una cotal mi-
sura ingenita
quasi una verecondia e una castità che
,
tu senti quando
ella o si arresti
appena, o veli
nudità del cuore. Indi la profonda im-
pressione che
indifferenti.
le
,
o taccia
recano alcune brevi
o accenni
,
in
apparenza
Ancor non mi abbandona! Qui
sotto senti
ci
ancor vivo, eternamente vivo,
il
frasi,
fremito della voluttà,
ra e perciò
modo ancor mi offende ! Frase oscudi poco effetto
ma dove è indicato tutto
un episodio
dell'
il
piacere. Il
,
bella persona.
a mostrare
le
E
anima
momento che
nel
Francesca
si
arresta
nudità della passione
,
,
i
le
fu tolta la
e non
può indursi
dolci sospiri
,
il
domanda
suo manto
dolce peccato, se non sforzatavi dall'affettuosa
di
Dante, e tronca
la storia
avvolgendosi nel
e nascondendosi tutta in quella frase arcana
Quel giorno più non
Hanno dunque anima
turano questa povera
d'
vi
uomo
frase, e
:
leggemmo avante.
quei cementatori che tor-
a modo
di frati
vogliono
—
13
—
ppr forza che questa donna
si confessi e dica quello che
non volle uscire? Veri e impotenti stu-
dal suo labbro
pratori costoro, che
s'
industriano
ciso a ciò che dee rimaner
cercando invano
alzare
di
vago
il
di
dare un senso pre-
e dubbio e indefinito,
denso velo e strappar
al-
suoi misteri. Io mi sdegno quando
anima veracoiìda
vedo gente volgare, curiosa e pettegola gironzare intorno
l'
i
a così delicate concezioni.
Da questa misura, da questa verecondia e castità di sentire nasce uno stile tutto cose, come direbbe Montaigne,
ma
cose pregne
Come
i
sentimenti, d'impressioni e di misteri.
di
frammenti dell'antica
fanno chinare
Roma
o di Pompei, che
capo e fantasticare, questo
il
stile
ti
lapidario
come Dante,
a tenere il capo basso e a penun
lamento,
non
un rimprovero, non un ramsare. Non
non
disdegni,
non movimenti patetici. Quando
marico,
ti
sforza,
pur"talora l'impressione dee uscir fuori,
forma tranquilla
....
Che
e impersonale,
come
si
mostra
in
una
:
nessun n)agj,ior dolore
ricordarsi del
tempo
felice
ISelJa mijjeria.
Le impressioni restano chiuse
e involute nelle cose e con
tanta più potenza se ne sviluppano e risuonano lunga-
mente neir anima
del lettore.
Tale è Francesca: e chi è Paolo?
schile che faccia antitesi e costituisca
cesca empie
muta
di
di
il
la
corda che freme quello che
gesto che accompagna la voce
l'altro i)iange;
il
;
udirli
ma-
non
pianto dell'uno è la parola
sai
la pa-
l'uno parla,
sono due colombe portate dallo stesso volere,
primo
il
sé tutta la scena. Paolo è l'espressione
Francesca;
rola parla;
Non l'uomo,
un dualismo: Fran-
dell' altro:
tal
che
al
quale parli e quale taccia, ed in
—u—
la stessa voce parta
tanta simiglianza ti par quasi che
puoi dire con Dante:
(la tutti e due, e
Queste parole da lor ci fur porte,
Da che io intesi quelle anime offense.
E
perchè
il
poeta ha resi
indivisibili questi
uno? perchè, morta
perchè di due ha
vive ancora l'amore?
Per una sublime inconseguenza
fatto
due cuori?
la speranza,
Dante, risponde
di
il
Ongaro, e si cava d'impaccio. E
so quali pietosi riguardi del roeta
non
scolo narra
E il Ginguenè aggiunge
la famiglia di Francesca.
mio amico
il
Dall'
Fo-
di
verso
non sono propriamente
che quei due che insieme vanno
peccato, ma heve fallo, ucdannati; che il loro non fu
divenisse azione; che Dante ha
cisi prima che il desiderio
rilievo alle buone e
messo il peccato nell'ombra, e dato
amabili qualità
iìsticano
_
-
__
Francesca. Così
quando cercano
non neir insieme.
Que' due vanno insieme
i
migliori ingegni so-
la
spiegazione ne' particolari e
e
si
amano
in eterno,
non
per-
anzi perchè sono dannati; perche ei non sono dannati;
è alzato a divino, laddove
che in paradiso il terrestre
eterno ed immutato; peril terrestre rimane
nell'inferno
pas-
serbano le stesse
peccatori dell'inferno dantesco
impenitenti e dannati; perche Filippo
sioni e perciò sono
in ten-a, e
inferno così bizzarro come fa
chè
i
Argenti è
>
di
nell'
come faceva in terra;
Capaneo bestemmia nell'inferno
che porta nell'inferno tutte
perchè il dannato è l'uomo
Franpassioni buone e cattive; perciò
le sue qualità e
amare;
non
amerà e non può
cesca ha amato ed ama ed
può staccarsi dal cuore queperciò r infelice dannata non
innanzi agU occhi: sentimento
sto Paolo, e lo ha sempre
ponendole
ha rappresentato sensibilmente
il poeta
eternamente accanto U suo Paolo.
che
Il
oual concetto ba-
—
una voce non
SPTiza che
—
16
le
risponda: è peccato, né può
questa voce parlarle, senza che nel costante pensiero non
le si affacci la
male allontanata immagine. E che avviene
allora? innanzi agli altri
si
stero del cuore
dell'anima
di
si
studiano
vorrebbe celare non che ad
;
ma
sguardi,
il
mi-
nel silenzio della stanza, nel segreto
si
beve
il
dolce
nutrono quei desiderii, insino a che
si
d'improvviso e inconsapevole non
momento
gli
a sé stesso
accarezza quell'immagine, e
si
quei pensieri e
passo, al
parole e
le
altri
si
^[iunga al dolorosa
dell'oblio e della colpa:
Quanti dolci pensier, quanto disio
Menò
Questo é
costoro al doloroso passo
I
fondo tragico della storia, la divina tradi Francesca, e che il rève
il
gedia rimasta sulle labbra
di
Dante, immaginato
in
fuori e mette in azione.
modo
E
cosi
commovente, cava
qual valore nelle parole di
Francesca ha mai questa storia se ne
Soli
eravamo
togli
il
peccato?
e senza alcun sospetto.
Chi mai fa quest' osservazione se non l'amore colpevole?
Leggono una
temono che
e
storia d'
1
amore
e
non osano
di
guardarsi,
loro sguardi tradiscano quello che l'uno
sa dell'altro e l'uno nasconde all'altro; e quando
in al-
cuni punti della lettura veggono un'allusione al loro stato,
uno stesso pensiero
sguardi, e gli occhi
di
sostenerli
traditi e
scolora
e
li
fa violenza, sforza,
sospinge
i
loro
immemori s'incontrano, né già osano
riabbassano, e la coscienza
il
fremito della carne
Per
più fiate gli occhi
si
:
ci
di
rivela nel volto
sospingo
Quella lettura e scolorocci
il
viso.
essersi
che
si
—
16
'—
senza che una voce non le risponda: è peccato, né può
questa voce parlarle, senza che nel costante pensiero non
le si affacci la male allontanata immagine. E che avviene
allora? innanzi agli altri
si
stero del cuore;
dell'anima
di
d'
si
studiano
vorrebbe celare non che ad
ma
sguardi,
il
mi-
nel silenzio della stanza, nel segreto
si
beve
il
dolce
nutrono quei desiderii, insino a che
si
improvviso e inconsapevole non
momento
gli
a sé stesso
accarezza quell'immagine, e
si
quei pensieri e
passo, al
parole e
le
altri
si
giunga
al
doloroso
dell'oblio e della colpa:
Quanti dolci pensier, quanto disio
Menò
Questo è
costoro al doloroso passo!
fondo tragico della storia, la divina tradi Francesca, e che il rève
il
gedia rimasta sulle labbra
di
Dante, immaginato
in
fuori e mette in azione.
modo
E
cosi
commovente, cava
qual valore nelle parole di
Francesca ha mai questa storia se ne
Soli
Chi mai
eravamo
fa quest'
Leggono una
e temono che
sa dell'altro
e
il
peccato?
e senza alcun sospetto.
osservazione se non l'amore colpevole?
storia
i
togli
d"
amore
e
non osano
di
guardarsi,
loro sguardi tradiscano quello che l'uno
l'uno nasconde all'altro; e quando in al-
cuni punti della lettura veggono un' allusione al loro stato,
uno stesso pensiero
sguardi, e gli occhi
di sostenerli
traditi e
scolora
e
li
fa violenza, sforza,
sospinge
immemori s'incontrano, né
riabbassano, e la coscienza
il
fremito della carne
Per
più fiat© gli occhi
si
ci
di
rivela nel volto
:
sospinse
Quella lettura e scolorocci
il
viso.
i
loro
già osano
essersi
che
si
—
—
17
Per più
fiate: la lotta si ripete, è
obliarsi,
e poi
Ma
E non
un
un
resistere, e
un punto fu quel che
solo
poi
un
resistere ancora.
una naturale
è vero; è
vinse.
ci
illusione piena di verità
in cui cade Francesca; essi furono vinti a poco a poco: ed
il
giovine cade quando innanzi alla infiammata fantasia
si
presenta l'obbietto desiato,
sospiro, non
come
i
argomento di sogno
bocca no, e neppure
la
ma
comentatori spiegano,
che è
riso,
il
e di
bocca ridente,
la
l'
espres-
sione, la poesia,
il
sentimento della bocca, qualche cosa
d'incorporale che
si
vede errar fra
cato da esse e che tu puoi vedere,
Quando Francesca
già nell'anima
si
è
labbra e
ma non
quando
vinta,
rivela, nel
le
come
stac-
puoi toccare.
peccato ch'era
il
punto stesso del bacio, anzi
prima ancora che il peccato le esca di bocca, tra questi
e la bocca mi baciò, tra l'amante e il peccato si gitta
in mezzo l' inferno, e il tempo felice si congiunge con la
miseria, e quel
momento
cella più, diviene
1'
Questi che
d' oblio,
mai da me non
La bocca mi
si
can-
fìa diviso,
baciò
Che cosa è questo ? È gioia,
è amore ed è peccato
dolore
peccato, non
il
eternità.
,
,
è dolore
?
È
gioia ed ò
è terra ed è inferno, è
l'amarezza dell'amore che ha per dote l'inferno, è la voluttà dell'inferno che ha per soggiorno l'amore; è un
sentimento complesso che non ha parola.
dizione
,
è
il
cuore ne' suoi misteri
,
è
la
È
la
contrad-
vita nei suoi
contrasti, è paradiso ed inferno, è angiolo e demonio, è
r uomo.
Di questa tragedia sviluppata nei suoi lineamenti sostanziaU e pregna di silenzii e di misteri, Musa è la piota,
pura
di
ogni altro soiitimcnto, corda unica e onnipotente,
Dk Haho'HS
— Nuovi
Sajji
Critici.
2
—
che
fa vibrare
l'anima fino
che dà principio
al
—
18
al deliquio.
E
magini più delicate, quasi apparecchio
nome
donne antiche e
delle
pietà e quasi smarrito
alla sola vista di quei
derne
la figura
la
Musa
;
alla scena;
de' cavalieri
che
si
imal
rimane vinto da
sente già impressionato
due che insieme vanno; che a ren-
gentili;
che
alle
prime parole
cesca rimane assorto in una fantasia piena
e tardi si riscuote
,
le
che
trova un paragone cosi delicato e pieno
d'immagini tanto
di dolcezza
è Dante,
Canto già commosso; che usa
occhi; e che nella fine cade
ed ha
le
di
Fran-
dolore e
di
lacrime negli
come corpo morto,
e non è
l'uomo che piange che fa su lui
l'ultima impressione. In questa graduata espressione di
pietà è necessario un perchè ? Perchè deve ricordarsi di
un peccato simile da lui commesso Questa grossolana
spiegazione non ci rivela un uomo straniero nel chiostro
ad ogni afietto umano e avvezzo a udir colpe nel confessionale? Dante è l'eco, il coro, l'impressione, è l'uomo
vivo nel regno de' morti, che porta colà un cuore d'uomo
e rende profondamente umana la poesia del sopraumano.
la
donna che
parla, è
!
Tutta questa concezione è cosi viva e costante innanzi
all'immaginazione, che non trovi qui la più lieve disso-
nanza e
di
troppo
alcuno
di
il
un
di
menomo
in
presenza. Tutta la composizione sembra tirata
fiato e in
perfezione
indizio di rafi'reddaraento. Virgilio è
questa trilogia, e scomparisce, non fa atto
una
tecnica
sola volta; tanta è
l'
armonia e
ne' più piccoli particolari.
Lo
la
stesso
verso ubbidisce alla possente volontà e risponde con la
morbidezza musicale de' suoni alle più delicate intenzioni
del poeta.
La
parola che meglio rappresenta questa perfezione è
genialità.
È
il
genio che crea e non forma e comunica
intorno a sé la sua vita con la facilità e la spensieratezza di chi
si
trastulla.
In questa produzione geniale vivono
i
germi
delle più
—
gentili
19
—
creazioni della poesia moderna, centro la donna
uscita dalle astrazioni e dal misticismo, e divenuta per-
sona viva.
Quando io penso a Silvio Pellico, non so persuadermi
come tante sfumature, tante finezze e delicatezze di sentimenti gli sieno potute sfuggire, e come gli sia uscita
dalla penna una Francesca tutta un pezzo e di una fat-
E
tura così grossolana.
penso pure che
la poesia italiana
è stata poco felice nella rappresentazione della donna, e
che Francesca rimane unica e sola.
Da
tante liriche
è uscita una sola donna viva. Nell'Ariosto
i
ti
non
commovoao
dolci lamenti di Olimpia e Isabella, schizzi superficiali,
Armida
anzi che serii ritratti. Nel Tasso
fronia è astratta, Erminia
è raffinata, So-
è insignificante, Clorinda è
chiusa e fredda. Le donne di Raffaello vivono nelle tele,
ma
invano ne cerchi
abbiamo
i
vestigi
donne sparenti
le
m
nelle nostre poesie.
Noi
cui la vita balena in quel
punto che sparisce: vivono nel momento della morte, come
Clorinda, Ermengarda.
Le donne
del Leopardi sono crea-
spante prime ancora che fosse gustata la
vita e l'amore: tale è ISilvia o Nerina. Salvo queste poche
ture
iniziali,
creature fuggitive
vita
invano
,
donna
tore
ideali
è sopravvissuta.
ondeggianti
la
,
e straniere alla
donna. Dell' Alfieri nessuna
Manzoni
stesso, così potente crea-
ha messo nella sua Lucia non so che
oltrepassato. Raggi divini di donna balenano
d" individui,
artificiale e
in
,
cerchiamo
Beatrice e Laura,
ma
il
sole
manca. Se alcuna cosai
trovar vogliamo comparabile a Francesca, dobbiamo cer-caria in Shakespeare, in Byron, in Goethe, nelle lettera-j
ture straniere, primo e immortale tipo Francesca.
y
eA
IL
FARINATA
BI
DAN?E
Innanzi a questa concezione colossale
dimando:
li
uando
gli
si
uali opinioni
— Cosa
io
arresto e
noi
dunque c'era nell'anima
di
Dante,
presentò quell'immagine? quali sentimenti,
operavano
in lui e gli
accendevano la fan-
asia ?
La generazione ohe
eia
passa, scendendo nel sepolcro, la-
memorie ancor fresche che sono come
elle famiglie, e
i
cui sipario è calato, le
a'nepoti
coli'
il
patrimonio
dramma
vecchi attori superstiti di un
vanno rimemorando
a'tìgliuoli
eterno intercalare: io fui, e mescolano
e'
loro racconti passioni già spente e rimase vive solo
1
loro con passioni ancor verdi, esagerando, lodando,
ituperando, cioè a dire poetizzando
1
prima
storia, o piuttosto
rofondi vestigi nella
la
il
tutto.
Questa è
prima poesia che lascia
nuova generazione. Cosi
la rivo-
prima anora che l'avessimo letta nelle storie; e Robespierre e i
iacobini ne' racconti fattici da' padri nostri ci son parsi
ualcosa di simile a que' paurosi fantasmi di cui le nurici popolano la nostra immaginazione puerile, e le aventure di Napoleone ci son parse una pagina delle Mille
d una Notte. Esse sono le prime impressioni che ispiano la nostra giovanezza, e, per non citare che un esem10, il secreto incanto delle poesie del Béranger è in queazione francese è giunta al nostro orecchio
—
22
—
sto appunto, che
Napoleone
vi è
condo
verità che
come
la storica
tradizione presso
di
i
soldati e
i
rappresentato
meno
se-
è seibaLo vivo nella
si
contadini francesi.;! tempi
Dante furono preceduti da un'epoca
simile, illustrata dal
trionfo e poi dalla caduta di parte ghibellina, e da alcuni
grandi uomini chiari per valore e per consiglio, Farinata, Cavalcante Cavalcanti, Jacopo Rusticucci,
ghiajo e
altri.
il
Teg-
L'im[>ressione che questi grandi nomi, vivi
ancora nella tradizione, produssero sopra
scorge
che
in
fin
da' priuiordii
del suo
fa nell'inferno, incontratosi in
Ciacco
notizie
,
qual è la prima
di costoro, di
Farinata e
di Dante, si
poema. A' primi passi
un uomo insignificante,
domanda che
Tegghiajo, che fur
il
Jacopo Rusticucci, Arrigo e
E
gli altri
Dimmi, ove
Il
primo
di
Farinata è
il
fa ?
Di aver
sapere ove sono...
il
si
degni,
Mosca
che a ben far poser gl'ingegni.
sono, e fa ch'io
li
conosca.
questa lista e il più grande è Farinata, e
primo nel quale e' incontriamo.
Chi legge
la storia di Farinata e di que' tempi
non
può difendere da un senso quasi di terrore; e innanzi
a tanta violenza di passioni e perseveranza di odii gli
parrà che quegli uomini vestiti di ferro fossero poco meno
che belve. Ma la storia scritta a questo modo è una vera
mutilazione, come quella che rappresenta un lato solo
della vita. Se dalla piazza spingiamo 1' occhio tra le pareti domestiche e nelle radunanze private, troveremo i
,
si
Federichi,
gli
Enzi,
i
Manfredi,
i
Latini,
i
Cavalcanti,
cosi ardenti nelle pubbliche lotte, disputare pacificamente
di filosofìa e
tener corti d'amore e scriver sonetti e bal-
late certo rozze ancora,
uno
ma
che pur rivelano un cuore
convegni pacifici delle
Muse, dove si disputava, si poetava, si scioglievano enimmi, si proponevano quistioni, fu letto un sonetto anonischietto e gentile. In
di questi
—
23
—
d'^l tempo
Guido
Guido Cavalcanti, Dante da Majaiio e Gino da
sonetto non usciva dal convenzionale, ovvero
TUO, indirizzato a' quattro più chiari poeti
Guinicelli,
Pistoja.
Il
dal senso allegorico allora in
gno enigmatico del quale
Ecco il sonetto
si
voga
,
e conteneva
chiedeva
un so-
la spiegazione.
:
A
ciascun' alma presa e gentil core
Nel cui cospetto viene il dir presente,
A ciò che mi riscrivan suo parvente.
Salute
Amore.
in lor signor, cioè
Già eran quasi che atterzate l'ore
Del tempo che la stella è più lucente,
Quando m' apparve Amor subitamente
Cui essenza membrar mi da orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo
Mio core in mano, e nelle braccia avea
Madonna, avvolta m un drappo dormendo
Poi la svegliava, e d' esto core ardendo
J^a paventosa umilmente pascea
Appresso gir lo ne vedea piangendo.
:
Questa specie
sciarada o di rebus
di
piacque molto a
quella radunanza, e parecchi non disdegnarono di farvi
risposta, interpretando ciascuno
gli
altri
profondo filosofo e
a qualche cosa
fia,
sogno a suo modo. Fra
uior-alista, sforza và»i di
di
e dispregiava
poeti
il
era Guido Cavalcanti, poeta già celebre,
come
e che,
alzare la poesia
sostanziale, maritandola con la filosole
Virgilio.
nude forme poetiche e con esse
A Guido non dovè dunque
i
dispia-
cere un sonetto immaginato secondo la sua scuola e la
sua maniera,
e
non contento a
cando esser quello
pur allora
nel!'
midezza celasse
un lavoro
farci la risposta, giudi-
di
giovane tirone entrato
arringo poetico e che per modestia o
il
suo nome, per uno
di
ti-
quei movimenti
spontanei che rivelano un nobile core; sentì bisogno di
conoscerlo e lo conobbe-: l'autore era un giovane
di di-
o^
cìannove anni e si chiamava Dante Alighieri. Da quel
tempo cominciò fra Dante e Guido una comunanza di affetti che non si ruppe se non per morte. Amendue d' alto
ingegno, amendue poeti, amendue innamorati. Dante parlava a Guido della sua Beatrice, e Guido parlava a Dante
della sua Mandetta; e quando entrarono nella vita pubblica, amendue d'una parte, amendue esuli, amendue sventurati. Quando Dante perdette la sua Beatrice, cosi g!i
scriveva Guido
Io
:
vegno
E
giorno a te infinite volte,
il
trovoti posar troppo vilmente
:
Molto mi duol della gentil tua mente
E
E
di assai
sue virtù che
a Guido così scriveva Dante,
di fantasia e di
maninconia
ti
son
tolte.
in
uno
de' suoi
momenti
:
Guido, vorrei che tu e Lappo
^
e io
Fossimo presi per incantamento,
E messi in un vascel, che ad ogni vento
Per mare andasse a voler vostro
e
mio;
Sicché fortuna od altro tempo rio
Non
ci
potesse dare impedimento,
Anzi, vivendo sempre in un talento,
Di star insieme crescesse
il
desio.
Quest' ultimo verso è di una singolare energia. Forse non
è alcuno che non abbia taluna volta fantasticato in que-
modo, abbandonandosi a vane immaginazioni, volgenal tristo mondo, e riparando su qualche isola
deserta, solo con l'amata, o co' suoi più cari. E tra' più
cari di Dante era Guido, il più intimo e il primo de'suoi
sto
do
le spalle
amici,
come
dice nella
Questi erano
giovanezza
1
di
Lapo Gianni,
i
Vita Nuova.
sentimenti, queste
Dante.
le
impressioni della
La generazione passata
altro poeta.
gli
era in-
—
—
25
nanzi ne' suoi grandi uomini,
di
cui parla con tanto af-
ammirazione. Quando incontra
fetto e
Rusticucci, dice
il
Tegghiajo
e
il
:
Di vostra terra sono, e sempre mai
L'ovra di voi e gli onorati nomi
Con
Ascoltai
affezion ritrassi ed ascoltai.
Si sente qui fresca
!
l'
impressione del giovane,
giungevano
le
prime volte che
E
con quale commovente semplicità parla
netto
gli
all'
orecchio quei
di
fatti,
Ser Bru-
!
Che
mente m' è
in la
La
Di
voi,
quando
alla
e or m' accora,
mondo ad ora ad ora
nel
M'insegnavate come
Quanto
fitta,
cara buona imagine paterna
uom
1'
s'
eterna.
generazione presente, era quasi una con quella,
nelle opinioni, ne'pregiudizii, ne'sentimenti, ne'partiti,
amori e negli odii.
loro primato : gloriosi
gli
padri.
Non
ci
Gl'illustri casati
ricordavano
figli
ne-
mantenevano
la
il
grandezza dei
era più Farinata degli Uberti e Cavalcante
ma
era Lapo e Fazio degli Uberti,
ci
era
Guido Cavalcanti. Le due generazioni erano una sola
sto-
Cavalcanti,
ci
tutta viva e presente nell'animo de' contemporanei.
Più tardi troviamo questi uomini involti nelle lotte poli-
ria,
tiche; e cosi accaniti
seguitati.
Vien poi
come
il
padri loro: persecutori e per-
i
tempo
della
sventura e del
disin-
ganno. Guido, appena ritornato a Firenze, muore della
malattia contratta nell' insalubre soggiorno
di Sarzana,
Dante va errando di città in città,
spentagli fin la speranza del ritorno in patria. In quegli
anni di tristezza la vita dovè apparirgli altra da quella
luogo del suo
esilio.
che
si
gli
parve
bella e
sì
interessante ne' tempi andati.
Fatto parte per sé stesso, alzatosi sopra amici e nemici,
—
—
26
le ire e le ing'ustizie partigiane sono in lui temperate
da un sentimento più nobile, dall'amor della patria.
Allato a questa vita cosi piena
cui
Dante
si
moveva
di
mezzo a
con quella va-
realtà, in
e a cui partecipava
rietà ed energia di sentimenti, che sono
il
privilegio delle
forti
nature, ce n'era un'altra, la vita delle scuole e dei
libri.
Là
si
apprendeva un'imagine non pur diversa, anzi
contraria del
mondo
non era Farinata,
e dell'uomo.
ma San
Il
grand'uomo, l'eroe,
la gran-
Francesco d'Assisi;
dezza era posta nella povertà,
nell'
astinenza, nell' ubbi-
dienza, neir umiltà; la vera azione era la preghiera e la
contemplazione;
sciogliersi
umano
dàìV
era estasi, aspirazione a
la perfetta vita
umano
e attingere
il
glorificazione, questa
esso appunto
Commedia,
il
ho
stato
commedia
spirituale dell'anima
*
è
concetto dal quale è informata la Divina
e che giace in fondo a tutte le opere didat-
tiche e poetiche di quel tempo. Dante,
è
divino,
o carnale dell' uomo, la sua purificazione e la sua
l'Anima rappresentata
in questi
come
sanno,
tutti
tre gradi della sua
Storia, e Beatrice è la Grazia o la Fede, che la
conduce
a salute. Questo concetto nella sua prima semplicità era
non un'opinione astratta o
teologica,
allora c'era la fede, e c'erano
Al tempo
della fede,
iosofico,
i
ma
vita e azione;
miracoli e c'erano
i
santi.
Dante già non era più un semplice dato
ma un dimostrato, un concetto ters'ogico-S-
di
mescolato
di
elementi platonici e alessandrini,
di
tradizioni pagane, di sottigliezze scolastiche. Indi è che
Dante, come Beatrice, è un personaggio non operante,
ma contemplante, è un essere allegorico, l' uomo o l'ani-
ma
nella storia della sua redenzione, è un' idea
,
non è
Dna rappresentazione allegorica del medio-evo, che è una
anima concepita secondo queste idee. Lo scopo è mostrare
sopraggiunta alla natura la grazia, alla ragione la fed^, venga
1 Titolo di
storia dell'
come
,
l'uomo neWinterezza e perfezione dell'esser buo: che è
Divina Commedia.
il
concetto della
—
—
27
un carattere. Ma in seno a questo Dante ascetico
logo, venuto dalla scuola e da' libri, è rimasto vivo
Dante, quale
l'altro
storia ce lo dipinge e quale l'abbiamo
la
veduto dianzi,
e teo-
il
partigiano,
il
patriota, l'esule,
sde-
lo
gnoso e vendicativo Dante, tutto umano e cavìiale, in
flagrante contraddizione con quello.'Onde nasce l'originalità della Cotnmedm, dove ciò che vi è di più mistico
ed ascetico si congiunge con ciò che vi è di più terreno
e umano, rappresentazione della vita
tutte le
quel tempo in
di
sue gradazioni e contraddiz'oni, dal più intellet-
tuale sino al più grossolano, da'più
pubblica ed
a'
alti
agl'infimi strati
della scuola alle lotte della vita
sociali, dalle astruserie
misteri della vita privata. Certo, questo
mondo
in tanta varietà
l'altro
non è ben fuso e concorde,
di
elementi posti l'uno fuori dele vi
astratto e pedantesco che resiste a
permane un fondo
tutti gli
afforzi
della
fantasia. Sono in presenza due mondi irrecondliabili, un
mondo
mento
dove
dogma 1' annullacomune libero,
un mondo lirico-di-
teocratico-feudale, che ha per
della personalità, ed
la
il
mondo
personalità è tutto. Lì hai
del
uomo è il santo che prega e contempla;
mondo epico-drammatico, dove l'uomo è l'eroe
dattico, dove r
qui hai un
che opera e lotta; nell'uno l'uomo è ancora involto
r oscura notte del mito,
come individuo perfetto
e ci sta
;
come genere,
nell'altro
l'
uomo
nel-
anzi che
apparisce nel
pieno possesso e nella piena coscienza di sé stesso; l'uno
è
il
riflesso
filosofico-artistico del passato
;
1'
altro è
il
preludio della vita e dell'arte moderna.
E
quale preludio!
A
questo
mondo
della libertà e della
coscienza, ritratto dal vivo, da quel fondo vivace di realtà
in
mezzo a
cui
Dante era non solo spettatore,
principale e appassionato, appartengono
le
ma
attore
più oi'iginaii
e profonde concezioni della poesia italiana; qui, in questo
mondo, allato a Ugolino, a Pier
Latini, a
Capaneo, a Nicolò
III,
delle
Vigne, a Brunetto
a Guido da Monteteltro;
v
—
qui
—
mezzo a questo corteggio
in
,
28
grandi
di
figure
,
si
drizza l'imagine di Farinata.
Come
dal seno della mistica Beatrice è spuntata nella
pienezza della vita reale la donna, Francesca da Riraini,
cosi
da entro a questo allegorico Dante, a questo pro-
tagonista della
Commedia
spirituale nel viaggio teolo-
gico da carne a spirito, a questo essere simbolico,
uma-
uomo, piuttosto genere che
individuo, piuttosto idea che carattere, esce in luce, puro
da ogni elemento mistico e dottrinale, Y uomo libero, cosciente, volente e possente, la compiuta e reale persona
anima, non ancora
nità
1'
poetica. Farinata.
In Dante ci era molto del Farinata: indi la sua grande
ammirazione per questo illustre cittadino. Due cose Dante
dispregiava sovranamente ciò che è fiacco e ciò che è
plebeo, papa Celestino e maestro Adamo. II suo ideale,
il suo esser vivo, il suo esser uomo, il virile, l' eroico,
;
è la Forza, non certo la forza materiale,
dell'
animo.iciò che egli chiama
ma
la forza
magnanimità, grandezza
d'animo, una forza invitta, che tiene alta la nostra personalità sulla natura e sullo stesso inferno e su tutti gli
ostacoli e le vicissitudini.
Musa
sitivo
,
come
nei seguenti motti
Sciaurati che
bassa voglia.
da.
Questo concetto del
virile è la
del sublime dantesco, nel suo lato negativo e po:
mai non fur
— E per
— L'esilio che
m'
Guarda
—
e passa.
—
Voler ciò udire è
vivi.
dolor non par lacrime span-
é dato,
— Alma
s'incinse. — E cor-
onor mi
legno.
sdegnosa, benedetta colei che in te
Questo concetto lampegtesia fu lui esser villano.
—
gia pure in quella meravigliosa rappresentazione del viaggio di Ulisse, presentimento di Colombo, là dov'egli dice ai
suoi
:
Consitlerate la vostra
semenza
Fatti non foste a viver
Ma
:
come
bruti,
per seguir virtù 'e e conosceui:a.
—
E
Bruto
(love dice di
Vedi come
E
si
—
29
:
storce e non fa motto.
a questo concetto appartengono tre alte creazioni del'a
la Fortuna, il Capaneo e il Farinata. Nella
Commedia,
Fortuna la Forza non è ancora Libertà, non è ancora
uomo, ma è Natura o Necessità, vuota di passione e di
lotta, perciò tra le imprecazioni degli uomini immutabil-
mente beata
Ma
serena
e
ella
s'
:
è beata e ciò non ode
:
Con le altre prime creature lieta
Volve sua sfera e beata si gode.
Nel Capaneo
il
concetto è colto
al
rovescio e in antitesi
a papa Celestino. In questo papa e ne' suoi simili ci è
l'assenza della forza, il non esser vivo; nel Capaneo ci
è la millanteria della forza, la vanagloria dell'esser vivo:
fui vivo, tal san morto. In questa profonda con cezione di Dante la forza ci sta non per raggiungere al-
Qual
io
cuno
degli
ma
ci
alti
ideali,
a cui è fatta
sta per sé stessa. Se
po'alla tedesca, è
mi è
la
nostra semenza,
lecito
di
parlare un
una forza subbiettiva, vuota
di
conte-
nuto, senza scopo e senza motivo, perciò arbitraria, la
per
forza
forza. Gli
la
antichi
rappresentarono questo
concetto nella favola de' Giganti che volevano scalare
cielo
,
e
cose che
Giove che
si
li
vendica e
fulmina è appunto
li
la
forza
il
delle
Prometeo tace ed è
Prometeo è già l'uomo,
gitta giù.
tranquillo nel suo martirio, perchè
forza conscia e libera, che
ha
le
sue idee e
i
suoi
fini,
anche vinto si sente maggiore della natura o di Giove.
Capaneo non è ancora l'uomo, ma è il nato de' giganti,
la forza ancora bruta e naturale, di jn'apparenza colose
sale al di fuori,
guardiamo
il
ma vuota
di fuori,
e fiacca dentro. In effetti, se
l'iniagine della foi'za
prende
le
più
—
—
30
grandi proporzioni. Capaneo, urciso dal fulmine
ve, non
io
fui
si
vivo,
mettere
in
di
confessa vinto, anzi dice con jattanza:
son morto.
tal
maggior
— Né
risalto la
Se Giove stanchi
il
bastandogli,
sua forza
Gio-
— Qual
si
studia
:
suo fabbro, da cui
Crucciato prese la folgore acuta,
Onde r ultimo
E
di percosso fui
;
a muta a muta,
In Mongibello alla fucina nejra
Gridando: buon Vulcano, ajuta, ajuta,
s'egli stanchi gli altri,
Sì com'ei fece alla
E me
Kon ne
pugna
di tutta
saetti,
di Flegra,
sua forza,
potrebbe aver vendetta allegra.
Capaneo concepisce Giove a sua
similitudine:
si
finge
nn
Giove plebeo e grossolano, pura forza materiale, e senz' avvedersene fa il ritratto e la condanna di sé stesso.
Codesto Giove è crucciato che Capaneo osi vantarsi u
-
superiore a lui; e per farne vendetta lo percote
guale
con
la folgore
piegare
1'
vivo, né
di
il
Giove,
allegra.
giuria,
acuta.
Ma
non perciò Giove ha potuto
orgoglio di Cap meo, rimasto morto qual era
il
potrà mai, che che faccia: e qui è l'impotenza
suo cruccio perpetuo,
Capaneo
come facea
vivo, e per meglio certificare l'impo-
tenza del Dio nella sua lotta contro
successione
di
sua vendetta non
la
dal fondo dell'inferno lo sfida e Io in-
di lui,
ti
offre
una
sforzi con un maraviglioso crescendo, fino
a rappresentare il Dio nell'atto ridicolo di raccomandarsi
ricordanAjuto, ajuto!
al buon Vulcano, gridando
:
do con amaro
frizzo la
salito da' giganti.
E
—
pugna
—
di
a questo Dio, circondato
sua potenza e armato
di tutte le
paneo contrappone? Un semplice
E me
Flegra, quando fu asdi
tutta la
sue armi, che cosa Ca-
me:
saetti di tutta sua forza.
Rappresentazione maravigliosa
di
energia e di armonia,
dove parola, frase, cadenza, periodo, colorito, il tono, lo
stile e la forma esce tutto dalla profonda e immediata
contemplazione del poeta.
Ma tutto questo non è che il di fuori, la simulazione
e l'apparenza della forza, di rincontro a cui sembra impotente lo stesso Giove. La vera forza è al di dentro,
nell'anima, ed è semplice e tranquilla, né per affermarsi
e farsi credere
le è
pompa
mestieri tanto apparato e
este-
Capaneo, che sotto alla pioggia del fuoco giace
dispettoso e torto, sì che secondo l'apparenza la piogriore.
gia noi matura.
Si che la pioggia non par che
il
maturi,
mena vanto, più si sforza di dimostrare
meno ci riesce: perchè la vera forza si
sua forza,
più
la
e
vede, non
si
dimostra. Essendo la sua forza puramente materiale, quan-
do fu percosso dalla folgore, entrò nella sua anima questa persuasione che Giove materialmente è più forte di
lui.
Ma
altri e
la
sua fiacchezza morale
gì'
impedisce di fare ad
a sé stesso questa confessione, e perciò nel suo
linguaggio trovi l'ostentazione della forza, per renderla
credibile agli altri e a sé e dare
pria coscienza.
Il
una mentita
alla pro-
sentimento che nasce da questa con-
traddizione tra l'essere e
il
parere, tra la fiacchezza
in«
terna o la coscienza della sconfitta e la simulazione della
forza e della vittoria, è
il
dispetto o la rabbia, che è la
ribellione impotente de'superbi.quaudosono fiaccati e
da più
forti
di loro
Capaneo,
La
:
in ciò
tua superbia,
se'
che non s'immorza
tu più punito;
Nullo martirio, fuor che la tua rabbia,
Sarebbe
al tuo
furor dolor compito.
domi
La
ma
folgore di Giove
-
32
avea
colpito
il
suo corpo,
l'anima.
Fin qui non abbiamo ancora
il
virile,
l'uomo,
la
forza
l'uomo comparisce per
libera e consapevole. In Farinata
la
,
non pure
prima volta sul moderno orizzonte poetico.
Farinata non solo non mena vanto della sua forza,
ignora
vuota
di
di
ogni contenuto, e intenta solo a soddisfare sé
stessa, è estraneo al suo
Questo solo
ei
sa,
che
carattere.
ama
Non
sa d'aver forza.
la sua parte con tutta l'ener-
gia e la possanza dell'anima.
La
forza in lui non è po-
tenza astratta e vuota, come in Capaneo,
rabilmente congiunta con
egli è
ma
esser forte. Questo concetto della pura forza,
consapevole e che
le idee,
lo
i
ma
motivi e
movono
all'
i
è insepa-
fini, di
cui
opera. Questa
non è necessariamente forza corporale, anzi può talora
dimorare in corpo fiacco; ma è forza d' animo, ciò che
Dante chiama magnanimità, quella grandezza morale che
nell' immaginazione anche le proporzioni corporali, e che oggi noi chiamiamo
abbella la fisonomia e ingrandisce
tempra, o carattere.
Il
carattere nel senso estetico non è questa o quella
parte dell'anima,
ma
è la personalità tutta
l'uomo; non è volontà e potenza
intera, tutto
in astratto,
ma
volontà
e potenza vivente, manifestata nelle idee, ne'sentimenti,
suoi fini: ciò chp Dante
e
chiama esser vivo, e ciò che costituisce l'individuo, la
persona libera e consapevole. In papa Celestino ci è assenza di carattere. Nella Fortuna il carattere è cristallizzato, come nella Natura. Nel Capaneo è pura forza, è
in potenza, non è in atto. Nel Farinata la forza non è
qualche cosa che stia da sé, ma è già un divenuto, e
nelle azioni, co' suoi motivi
i
la senti vivere nell'energia delle
menti e
delle azioni.
E
questo è
la persona, nella ricchezza delle
libertà de'suoi
movimenti vita
convinzioni e de'sentiil
cara ttere, questo è
sue determinazioni, nella
e azione. Coiì
l'uomo esce
dall'indf terminato del simbolo e del puro ideale e diviene
un personaggio drammatico, l'attore.
Ma questo non è fin qui che il nudo e magro concetto
dell' uomo, del virile. Ora noi vogliamo assistere al più
reale, diviene
1
I
magnifico spettacolo a cui l'umanità possa essere invitata; vogliamo vedere questo concetto moversi, animarsi,
prender carne, divenire una forma.
li,
E quando
lo
vedremo
dirimpetto a noi, compiutamente realizzato, potremo
dire
Ecco
:
l'
Farinata^
uomo
il
!
grand'
uomo
della generazione passata, vive
già da molto tempo nell'immaginazione
Dante, è un
di
personaggio lungamente covato e ammirato. Già dicemmo
Dov'è Fariche Dante, incontrando Ciacco, dimandò:
nata
?
che
fa
io lo
sapea Farin;rta
:
Epicuro, e spera trovarlo colà,
di
gente che per
ma
tombe scoperchiate
deluso, nessun uomo, solo
La
—
giunge nel cerchio
sguardo intorno
degli eretici, volge lo
seguace
— Come
conosca.
rimane
:
sepolcri giace,
li
Potrebbesi veder?
domanda
chiede a Virgilio:
in
apparenza generale,
sostanza è non in quello che è espresso,
che è sottinteso, che tace
gli occhi
e Virgilio lo
;
....
Ed
E
al
ma
la cui
in quello
labbro ed hanno già espresso
il
guarda e
l'
indovina
:
satisfatto sarai tosto
desio ancor che tu
mi
taci.
mentre Dante pronunzia una risposta mezza tra
la scu-
sa e r ossequio, ecco una voce uscire improvviso da un
sepolcro, e Dante per naturale
temendo a
istinto
accostarsi quasi
Virgilio, e Virgilio gridare:
....
Ecco
volgiti,
là
obo
fai ?
Farinata che
si
Dalla cintola in su tutto
Db Sanctis — ^«ovt
Hag^ji Criiki.
è dritto,
il
vedrai.
S
~
34
—
L'inattesa comparsa di Farinata sulla scona è apparecchiata in modo, ch'egli è già grande nella nostra itnma*
giiiazinne, e
non l'abbiamo ancora né veduto né udito.
l' importanza che gli ha data
Farinata è già grande per
il
poeta
E
e
per l'alto posto che occupa nel suo pensiero.
non
noi
lo
vediamo ancora
lossale dalle parole di Virgilio
Dalla cintola in su tutto
e
già ce lo fìguriaiiio co-
:
il
vedrai.
Volevi vederlo: eccolo tutto innanzi a
Tasso, rappresentando Clorinda posta su
te.
— Tutto
di
una
!
Il
collina e
contemplata dall'amante, dice:
Tutto quant'ella è grande era scoperta.
Tutto qui non esprime grandezza
proporzioni naturali
gna
cei
Clorinda.
e niente
Il
aggiunge
alle
suo significato biso-
cario nella fantasia dell'amante, innanzi al quale
presenta
ella si
di
in tutta la
sua bellezza, senza che nes-
suna delle elette forme gli rimanga celata, ed egli vi si
affisa, vi s'incanta ed oblia Argante che lo sfida a battaglia. Di altro
valore è
il
tutto
Virgilio: altra é la
di
situazione.[ri significato di questo tutto é nell'opinione
—
che Dante ha preconcetta di Farinata, e vuol dire :
tenendo cosi l'ufvedrai in tutta la sua grandezza,
—
Lo
ficio di
quel che nelle arti plastiche
si
chiama
rilievo,
servendo cioè a trasfigurare il reale e dargli le proporzioni che gli attribuisce la fantasia. Siccome l' immaginazione non può concepire l'astratto e r intellettuale che
dandogli corpo e figura, la grandezza morale m'ingrandisce
anche quel corpo, non altrimenti che
poeta nato, il quale quando
ri, se li rappresenta in forma
gli
si
di giganti.
così in poesia lo studio dell'illusione è
tanti.
fa
il
volgo,
parla di conquistato-
Come
in pittura,
uno de'più impor-
L'artista vi giunge naturalmente, quando abbia
—
—
35
r immaginazione chiara e calda, siche la figura le stia
innanzi tutta intera, e non come semplice esteriorità, ma
come espressione
Di
tal
Farinata
che
in
il
carattere.
poeta rappresenta
:
Ed ei
Come
si
ergea col petto e con
avesse l'inferno in gran
Farinata sta con mezza
mane
come
ciò che è dentro,
di
natura è l'attitudine
solo di fuori
la
la
fronte,
de.,pitto,
l
persona nascosta nell'arca;
ri-
petto e la fronte; e nondimeno egli
il
ci
apparisce come torreggiante sugli oggetti circostanti.
È
un'altra illusione, un altro rilievo prodotto da una pa-
E
qual è
il significato
di questo s'ergea?
prima volta di rincontro ad un
grand' uomo, poniamo pure ch'io sia un gigante e quegli
rola, s'ergea,
Quando
io
mi trovo
la
io mi sento quasi per istinto fiir piccolo picmi par grande, più mi rimpiccolisco. E al conhanno uomini abbietti che vanno per le vie peta testa alta, e possono stirarsi quanto voglio-
un pigmeo,
colo, e più
trario
ci
toruti, e
no, che saranno sempre piccoli
:
perchè
posta non nella realtà delle proporzioni,
la
grandezza è
ma
nella nostra
immaginazione.QuandoKléber, rapito nell'entusiasmo della
Generale, voi siete granvittoria, diceva a Napoleone:
la nostra immaginazione colloca Napoleone sul piede;
—
—
distallo e
il
gigantesco
K
éber
ai suoi
piedi col
capo
in-
Kléber che avea tanto potere sull'esercito s'ecclissava innanzi a Napoleone, perchè Kléber imponeva con
la statura e Napoleone comandava con l'occhio; l'uno parlava a' sensi, l'altro auìmaliava le immaginazioni. Quel
chino.
s'ergea preso solo materialmente è ridicolo; diviene sublime, perchè non ti dà la semplice figura, ma ti dà il carattere
:
Come
Queir ergersi
avesse l'inferno
ti
dà
il
concetto
in
gran despitto.
di
una grantlezza tanto più
—
evidente quanto
meno
—
86
misurabile; è l'ergersi, l'innalzarsi
dell'anima di Farinata sopra tutto l'inferno. Cosi con un
colpo solo di scalpello Dante ha abbozz.ita la statua del-
ha gittata nell'anima l'impressione di una
forza e di una grandezza quasi infinita.
L'inferno qui ci sta non per se stesso, nel suo significato diretto e morale, perchè ciò che qui ti colpisce non
l'Eroe, e
ti
è certo Farinata peccatore, Farinata
in
quanto è eretico.
Il peccato è menzionato unicamente a dare spiegazione,
perchè in questo cerchio si trovino Farinata e Cavalcanti. Dinanzi alla grandezza morale di Farinata, al suo
ergersi, tutte le figure diventano secondarie, e lo stesso
inferno
ci
sta per dar rilievo alla sua grandezza. Nella
nostra immaginazione l'inferno
su cui
si
erge Farinata.
scomparso
così è del pari
è qui l'anima
ma
è
il
per
carne e ossa,
di
l'
base e
il
piedistallo
inferno è scomparso,
Dante simbolico. Dante non
umana peregrina
un Dante
è la
E come
i
il
tre stadii della vita,
cittadino di Firenze,
che ammira
il gran cittadino della passata generazione,
annichilito innanzi a tanta straordinaria
come
rimane
e
grandezza. Eccolo
tanto
di
vedere:
egli èia, estatico,
uomo che ha desiderato
suo viso rimane fitto in quel viso:
turbato, e non sa quel che si faccia,
h, innanzi all'
il
ed è necessario che Virgilio lo scuota e lo pinga con le
Desideravi tanto di veder Farinata
di lui :
—
mani verso
e di parlargli; accostati, eh" egli
ti
possa udire;
le
parole
tue sien conte.
il mio viso nel suo fitto:
ergea col petto e con la fronte,
avesse l'inferno in gran despitto,
r animose man del Duca e pronte
Mi pinser tra le sepolture a lui,
Io avea già
Ed ei
Come
E
si
Dicendo:
Il
gruppo
le
parole lue sien conte.
è perfetto di
armonia
e di disegno. Si vede
Fa-
—
—
37
rinata torreggiante sopra l'inferno, e Dante a distanza,
immobile, attonito
il
volto nel volto di
lui.
Se questa magn'fica messa in iscma desta nell'anima
il
sentimento della grandezza e della forzarle prime pa-
role di Farinata ispirano simpatia e affetto. Sai suo letto
di
foco, chiuso nella
lare toscano, e di
Ecco
Un
là
tomba,
uomo
giunge
gli
all'
orecchi-o
vivo, e balza in pie
Farinata che
si
il
par-
:
è dritto.
cittadino toscano, la loquela del suo paese, la sua Fi-
renze,
più care
le
memorie
gli
si
affollano nell'anima, e
rammorbidiscono la sua fiera natura e danno al suo accento
non so che gentile, l'accento della preghiera. In questa onda di dolci sentimenti si lava e si purifica ciò che è duro
ed eccessivo nell'anima appassionata del partigiano, e sente rimorso, quasi rimorso di aver potuto come capoparte esser molesto alla sua patria, alla sua nobil patria:
Tosco che per- la città del foco
Vivo ten vai, cosi parlando onesto,
Piacciati di restare in questo loco.
La
tua loquela
ti
fa manifesto
Di quella nobil patria natio,
Alla qual forse fui troppo molesto.
Forse! sono
le
balzan fuori
in
sfumature e le delicatezze dell'anima, che
modo spontaneo e irriflesso, evocate da
ingegnosamente inventati. L'imerompere delle
parole, prima ancor che noi sappiamo onde vengano e
Io fui molesto alla mia
da chi. Se Farinata dicesse
patria,
sarebbe un giudizio già fatto e vagliato e determinato. Ma questo concetto gli si presejita ora la prima
fatti
inaspettati e cosi
provviso è espresso fino in quel subito
—
:
—
volta innanzi, colto all'improvviso da una di quelle gagliarde impressioni che mettono
l'
anima a nudo,
la pressione di dolci sentimenti gli esce dalla
e sotto
bocca una
—
—
38
confessione in quella prima forma provvisoria di un giu-
nuovo
dizio
di
e
esaminare.
tico
improvviso che non
Il
Ed
del forse.
riferendosi
alle
avuto
è
si
il
tempo
Leopardi diceva che niente è più polìio
aggiungerò: e niente più profondo;
gradazioni più fuggevoli e più
Fui molesto,
delicate
dà un giudizio assoluto e
astratto; forse fui molesto, te lo dà presente, ora appunto, fra tali impressioni, in tali condizioni, te lo dà non
dell'anima.
ti
ma
nella generalità dell'idea,
Le
passioni di un'
anima
nell'atto della vita.
nobile,
cessive, non l'occupano in
imo alcun che
più profondo ed
quando anche sieno
modo che non
puro e
di
ec-
resti intatto nel
di
grande che
vien fuori subitamente in qualche straordinaria impressione, diffondendo la sua luce e la sua simpatia su tutta
la persona.
Questo alto sentimento che purifica
e abbella
Farinata nplla violenza della sua passione, Dante qui ha fatto scattar fuori con la sua profonda intuizione de' secreti
11 gran cittadino nobilita e assolve il partigiano.
non è che un momento. E quando Farinata si vede
presso quell'uomo e lo ha squadrato e non lo ha conosciuto, diviene quasi sdegnoso, sospettando non forse ap-
del cuore.
Ma
partenesse
al partito
contrario
al
suo. Lui, che poco in-
forse molesto alla
nanzi sentìa rimorso di essere stato
un momento
patria con le sue passioni, è pur lui che
appresso
si
ra ripiglia
sente invadere da quelle passioni. La natuil
suo posto
;
il
partigiano
si
presenta nella
sua crudità. Non basta a Dante esser toscano; per trovar
grazia appresso a Farinata bisogna ch'egli sia ghibellino.
Chi fur li maggior ini? In quei tempi di tanta energia
il
partito
non era solo legame
dità di famiglia
Poscia che
:
tale
al pie
il
della sua
Guardommi un poco,
Mi dimandò: chi fur
opinione,
di
padre, tale
il
tomba
figliuolo
ma
:
fui,
e poi quasi sdegnoso
li
maggior
tui
?
ere-
— solo eh' era di ubbidir desideroso,
Non gliel celai^ ma tutto
Ed ai levò le ciglia un
apersi;
gliel
poco
soso.
in
Poi disse: Fieramente furo avversi
A me, ed a' miei primi ed a mia parte,
Ond'io per due fiate gli dispersi.
L'impressione
di
queste fiere parole accompagnate da
gesti cosi risoluti è irresistibile.
que
tale
in quel
E
che è posto dun-
in
incanto che spieghi questa impressione? Forse
fur
brusco: chi
li
maggior tui?
o
m
levar
così signiticativo di altero corruccio;
quell'atto
le
ciglia in
forse in queir unificare ch'ei ìa. sé e i suoi primi
su ?
e sua parte, come fosse una sola anima e una sola passione
in
?
quel verbo, piantato h
ultimo, solitario e
in
staccato, che nella sua sprezzante r-apidità ricorda
vidi, vici, di Cesare?
il
ve7ii,
In tutto questo, o piuttosto nel
di un getto
da cui scaturisce tanta maraviglia ed evidenza di stile,
in quel misto di passione e di forza in che è posto il ca-
fondo stesso della concezione saputa afferrare
rattere di Farinata. Di qui tanta concordanza di gesti e
di
parole che
cisi;
e di
il
comentano a vicenda:
si
i
dire rotto, brusco, imperativo, di
comando; è
la forza
che
si
gesti brevi e pre-
un uomo d'opera
manifesta nella veemenza
della passione, senza moti incomposti o esagerati, senza
jattanza, con quella sicurezza che ha l'uomo serio quando
parla
di
sé.
Troviamo ora
quel Farinata, che
ci
nelle parole e
parve nella figura
si
riconosciamo
grande, supe-
riore all'inferno.
Dante, abbiamo detto, avea in sé del Farinata. Quest'uomo tutto rimpicciolito innanzi a quella grande figura, estatico, ubbidiente, quando ode oltraggiare la sua
famiglia, sia pure quegli che parla un Farinata, sente
ribollirsi nelle
vene
il
sangue
de' padri suoi,
eoi appa-
risce anch'egli colossale e sta a paro con Farinata.
Ab-
—
biamo tanta miseria
40
—
comentatori che qui
di
sentono
si
impacciati, e disputano se Dante era guelfo o ghibellino
quando Farinata
parlava, e
gli
come essendo
un ghibellino possa qui
tenati guelfi e lui
della causa guelfa.
i
comentatori
ne guelfo, né ghibellino; Dante è
politici
né
figlio,
!
ci
sua famiglia e che
il
é cosa tanto
nemico
al
sta sopra col piede, obblia
le
suo partito e sé stesso, e diviene
sponde
suoi an-
Dante è qui
commovente, quanto questo Dante, che innanzi
della
i
farsi difensore
padre suo e ri-
il
:
S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogni parte
...
Ma
Qui
si
.
.
1
r una
e
sente che
altra fiata
;
quali' arte.
foco dell' ira è montato sul viso di
il
Dante, e che per
1'
non appreser ben
veltri
la
Farinata avea detto:
sua bocca parlano
— Li
dispersi
per
poggiandovi sopra la voce; e Dante
gli
i
suoi an':enati.
d74,e fìate,
rale distinto in due singolari, l'itìia e
V altra fiala;
qual sarcasmo nell'ultimo verso, dove in quell'arce
appresa
di
ritornare in patria
che presuppono
in
chi parla
Arte mal appresa
inchiodati nella mente
in
sente un comico serio,
un
riso,
di
quei
ma
un
riso
amaro!
motti che restano
e
I'
tomba il Cavalcanti
padre
compagno di Dante.
Farinata avea chiesto chi fur li maggior lui ? Dante
sposta, ecco sorgere dalla
di
e
male
si dimenticano più. Il motto
ha raccolto.
questo rapido cambio di parole, tra botta e. ri-
è lanciato, e Farinata
Ma
uno
non
è
si
— ap-
ritorna quel plu-
Guido, r amico e
,
il
il
:
risponde esser
egli
che avea destata
Dante degli
l'ira di
pressione in colui che
Alighieri.
Questo nome,
Farinata, sveglia ben altra im-
gli
giaceva accanto, nel padre
di
Guido. Egli pensa: Dante e Guido sono amici, compagni,
amendue
di
alto ingegno.
Se Dante
è qui e vivo, forse
—
anche qui è Guido,
ne a guardare
mio; e
figlio
il
—
41
si
leva in ginocchio-
:
D'intorno mi guardò, come talento
Avesse
Ma
di
veder
poi che
Piangendo
il
s'
altri
era meco
;
sospecciar fu in tutto spento,
disse: se per questo cieco
Carcere vai per altezza d'ingegno,
Mio
figlio
ov'è?
e
perchè non
è,
Ai contemporanei che aveano innanzi
e
teco
?
Guido
la storia di
Dante, questi versi dovettero suscitare molti senti-
di
menti e idee e memorie per noi perdute: Dante stesso
dovè
scriverli con
grande commozione, perchè, se
al mille
trecento, epoca del suo viaggio allegorico. Guido era an-
cor vivo, quando scriveva, era mofto.
E dovè
pensare
che per suo consiglio Guido fu mandato in bando; che
Be potè farlo rivenire a Firenze, fu troppo tardi, perchè
morì pochi giorni dopo della malattia contratta nell'esilio; e che egli medesimo, chi glielo avrebbe detto quando
sbandeggiava
Priore
suo Guido
il
egli
?
medesimo era
esule, e disperato del l'itorno. Di tutti questi sentimenti
e ricordanze non
e'
è qui vestigio; tutto questo che pei
contemporanei era vivo e presente
perchè
quello solo
,
non rimane
ne' lavori d'arte
della storia se
che è appreso e fissato
l'altro perisce irrimediabilmente:
i
per noi è morto
nella
forma
:
:
non
tutto
conienti storici possono
spiegare, chiarire, risuscitare fatti e circost;ìnze e date;
ma
non
i
sentimenti e
le
impressioni e tante sfumature
e gradazioni fuggevoli e intime in che è
Non c'è poesia che giunge
muore
,
a' posteri
né può disseppellirla
glia? Potete voi disseppellirmi
la storia.
il
il
fino dell'arte.
intera: una parte
E
qnal meravi-
vostro jeri?
Quante im-
pressioni e sentimenti, e non è scorso che un giorno, sono
già fuggiti
più
1
II
dalla vostra
poeta è
uomo
memoria;
e
non torneranno mai
e vive nella storia in
mezzo
al-
—
IJ
—
42
l'incidente, né concepisce
l'eterno se non
quello che muore. Quanta parte
Divina Conunedia, quante parole hanno perduta
freschezza, e quaiìte frasi
sioni
loro significato
il
pello o
il
pennello
non s'indirizza
!
loro colore,
il
ma
a' sensi,
alla
la loro
quante alluscar-
lo
tutta la figura
essa
;
immaginazione, e riesce
con un tratto
con un tutto,
quando lascia
inerte e vuota l'immaginazione, ed è poesia quando molte
idee accessorie tumultuarono nella mente dell'artista che
le ha conce[)ito, e quando esso ha virtù di svegliare nella
mente del lettore altrettali idee accessorie. Ma, se queste
la comunanza di sentimenti tra il
idee sono personali
allo stesso eff"etto spesso
solo,
con un si ergea Questo tratto è prosaico
j
e
La parola non può come
rappresentare
con
insieme
poesia è morta nella
di
,
,
poeta e
il
lettore è interrotta, perchè le idee personali
sono intransitive, non passano, non
si
stano nella persona e muojono con
persona.
ov èì
e
la
trasmettono, re-
Mio
perchè non è teco? Questo verso che ha
figlio
il
suo
interesse in molte idee personali, legate con que' tempi
ha potuto commovere contempoE nondimeno tutta questa
poesia ha traversato i secoli con costante ammirazione;
perchè le idee personali sono qui contorni e gli antecedenti del fatto poetico, occasione e ispirazione, ma non
materia e sostanza di una poesia che ha il suo valore
e il suo interesse e le sue idee accessorie nella immortale e sempre giovine umana natura, e perciò conserva
fatti
la sua freschezza, anche quando le impressioni e
e con quegli uomini,
i
ranei; noi lascia freddi e muti.
i
i
e
i
sentimenti che ispirarono
fetti,
il
poeta sieno spenti. In
ef-
l'interesse è qui posto ne'varii affetti e sentimenti
l'anima di un padre, sia Cavalcante,
Certo non è ind fferente, che il padre sia Cavalcante, che il figlio sia Guido e che il poeta sia Dante,
e neppure, che guida di Dante sia Virgilio, da Guido
da cui
è travagliata
sia altri.
avuto a disdeano:
la
realtà storica concorro
all'
effetto
-
43
—
generale, ed è l'accidente, l'accessorio, l'accompagnamento
obbligato che dà alla creazione artistica l'ultima finitezza,
l'apparenza compiuta del vero; oltreché
ca.sionale e ispiratrice,
è qui
che ha commosso
il
causa oc-
poeta e gli
ha svegliato l'estro. Ma ciò che è uscito dalla fantasia,
è una creazione indipendente da ogni idea personale e
da ogni accessorio storico radicata
umano, perciò riman fresca
nel
,
del cuore
vivace
fondo
e giovane,
ancor-
ché quelle idee e quegli accessorii sieno morti. Che è
questa poesia?
efifetti
È una
pagina
nelle sue più delicate gradazioni.
E
in
umano
del cuore
queste gradazioni sono
espresse sensibilmente da tre movimenti istantanei e irriflessi
che
Dapprima
il
si
poeta attribuisce a Cavalcante,
leva iuginocchione; poi
si
al
padre.
drizza in pie; da
che risponde a tre stati del suo
ultimo icade supino
animo; un desiderio misto d'incredulità; poi una dolorosa ansietà; indi un dolore senza nome.
il
Dapprima si leva inginocchioiie
padre non crede
eppur lo crede,
quello che la ragione gli dice strano
perchè il suo cuore io desidera: il primo suo atto è un
forse, un credere e discredere, è un sospettare, un volger l'occhio intorno; e quando cerca e non trova Gui1
;
;
,
do,
La
il
padre piange, visto cadere
situazione è
equivoca
di
qui tenera,
fin
Dante
l'
terra tanta speranza.
in
ma
tranquilla; una parola
alza fino all'angoscia ed allo strazio.
quando chi parla e
Quando Dante
nomina Virgilio e accenna al disdegno di Guido per il
gran poeta, suo duce e suo maestro, la sua immaginaGli equivoci sono facili a nascere
,
chi ode sono in diversa situazione d'animo.
zione é tutta in quei tempi
giovanili
gare della scuola e de'convegni
bene adoperare un verbo
ma
di
,
in quelle
letterarii,
e
tempo passato,
prime
può molto
dire ebbe a
quel passato giunge all'orecchio del padre
disdegno
;
senza
idee accessorie che lo spiegano, e significa: tuo
figlio
le
è morto. Alla improvvi>^a notizia succede
un mo-
—
44
—
vimento istantaneo di ansietà nel suo animo, a cui risponde un movimento parimente istantaneo del corpo :
Di subito drizzato
dove
il
drizzarsi e
il
gridò:...
come un'azione
gridare è espresso
quasi unica e contemporanea, e quell'accento straordi-
nario nella nona sillaba, quel! ò
tempo
come corda
all'orecchio,
cata segue
di
gridò risuona alcun
dopo toc-
mnsif^ale che
suo tintinnio, e rappresenta e dipinge
il
lo
strazio e l'affetto della voce. Questi versi straordinarii per
la giacitura dell'accento nella settima o
nona
chiamano per l'appunto danteschi,
a disegno, sono
di
grand'
Tale è
efifetto.
scontro a questo
La
I
compreso; e
chio
noto verso del Tasso, che
fa ri-
:
grandi piaceri e
si
sillaba, si
vide, e la conobbe e restò...
a prima giunta;
notizia:
il
e, fatti
si
grandi dolori non acquistano fede
i
vorrebbe non avere udito, non aver
ripetono le parole e
si
desidera
di
frantendere,
si
vuole replicata la
si
discrede all'orec-
:
Come
Dicesti
Non
Questo non
Tasso
?
egli
ebbe
?
Non
viv'egli ancora
fere gli occhi suoi lo dolce
è
una figura
rettorica,
lomc
come
?
?
ne' versi do!
:
Io vivo, io spiro ancora? e gli odiosi
Rai miro ancor
di
questo infausto die?
di esser vivo, ne ci era bisogno che p^r tre volte se lo domandasse. Ma in Cavalcante ci è vero strazio, innanzi a una parola equivoca
Tancredi sapeva benissimo
e al silenzio
di
Dante, che stava come distratto e non
dir lo stesso, troil suo insistere e il
rispondeva. Indi
—
45
—
vando forme sempre più vive, finché all'ultimo tocca il
Cosa è la vita per Cavalcante, giacente nel cieco carcre della tomba? È la luce, la dolce
luce, toltagli per sempre
più alto dell'affetto.
:
Non
A
fere gli occhi suoi lo dolce
ciascuna
zio e
come
domanda
del padre,
lome?
Dante rimane
in
silen-
assorto: diresti che un altro pensiero gli
attraversi pel capo. Pensava: poi che
i
S'
dannati conosco-
no l'avvenire, o come ignorano il presente? come Cavalcante ignora che Guido è ancor vivo? Ma il silenzio
di Dante avea per Cavalcante un terribile significato.
Vi
Tuo figlio è morto!
Quel silenzio voleva dire:
sono momenti ne' quali una parola è un colpo di pugnale,
—
—
e nessun oso profferirla e
quente più
di
si
tace: quel
silenzio è elo-
un discorso. Quando Achille domandò
Patroclo, e vide tutti intorno silenziosi, esclamò:
troclo
è
morto!
— Tuo
cosso da fulmine,
il
in
morto!
è
figlio
ritto
pie
—e
di
— Pa-
come per-
cade supino
:
Supin ricadde, e più non parve fuora.
Il
dolore è sublime, quando all'improvvisa notizia! di-
versi sentimenti
tratto e
in
si
aggruppano
e
si
affollano tutt' ad
un
confuso innanzi all'anima e la soverchiano e
la prosti'ano. Dire
questo dolore inesprimibile, ineffabile,
mancarono le lacrime, alla
modi consueti, di nessuna efficacia più. L'inesprimibile, se volete rendermelo sublime,
datemegli una espressione. Volete rendere sublime la grandezza, mostratemi una piramide. Volete rendere sublime
copritemi di un velo il capo di Agamennone
il dolore,
innanzi al sacrificio d'Ifigenia, o fatemi cadere un uomo,
indicibile,
dire che agli occhi
bocca le parole, è usar
come corpo morto, e soprattutto rubatemelo
meno veggo e più immagino. Di tal natura
alla vista
è la
:
cadala
—
iotantanea
di
Cavalcante,
più non parve fuora.
E qui, nuove miserie
ha interrotto il racconto
46
o,
—
dopo
—
silenzio e tonriba
—e
comentatori. Perchè Dante
de'
ci ha ficha nulla a fare?
Perchè Farinata si mostra insensibile a tanta pietà? Per
dirne una, ecco la risposta di Foscolo. Rifr ubando le antiche cronache, trova che il lìglio di Cavalcante era gedi
Farinata? Perchè
cato
in
nnezzo quest' episodio che non
nero
di
Farinata:
e l'episodiO.
E
indi la
ci
parentela tra
il
fatto principale
se Dante fa rimaner Farinata impassibile
morte del genero, gli è per mostrare
non dee senlire gli affetti pripubblico
l'uomo
come
miserabile fabula docet. E da
un
caduti
in
Eccoci
vali.
alla notizia della
quando in qua è disdetto all' uomo pubblico di versare
una lacrima sulle sue private sventure? Ed anche quando
ti è richiesto il sacrificio degli affetti privati, non è viltà
il
sentire,
ma
cedere
al
sentimento.
Il
sacrificio tanto è
più nobile, quanto costa più lacrime, e se volete rappre-
sentarmi Bruto che danna a morte
i
figliuoli, sta
bene:
ma se volete ch'io m'interessi per lui, fatemelo veder
piangere. Farinata innanzi a uno spettacolo tanto pienon muta aspetto, non move il collo, non piega
sua costa. Perchè ? Vedete là nel tempio la Giulia di
Berchet , in mezzo a popolo variamente atteggiato lei
sola immobile, non ode, non vede, non guarda che in
toso,
ella sembra estranea a tanto movimento
uomini? Perchè Giulia è una madre; perchè il suo pensiero è tutto raccolto nel figlio ch'ella teme
di veder sortire dall' urna soldato austriaco con l'aquila
in fronte, perchè in quel punto il figlio è il suo universo, E perchè Farinata, il magnanimo, rimane immobile
cielo.
Perchè
di cose e di
non vede e non ode, pergiungono al su orecchio
senza andare sino all' anima, perchè la sua anima è tutta
in un pensiero unico, rimasele infisso come uno strale,
come una statua? Perchè
chè
le
parole
di
egli
Cavalcante
)
—
47
—
male appresa, e tutto quello che avviene fuori
come non avvenuto per lei. E così quando
Cavalcante sparisce, quali sono le prime parole di Fal'urie
sé
di
è
,
rinata
,
?
E
continuando
se,
primo detto,
al
Egli han, disse, quali' arte male appresa,
Ciò mi tormenta più che questo letto.
Quest'uomo
questo spazio non pensava che a quel
in tutto
detto di Dante: dalle parole di costui rìno alla sua ri-
sposta corre un qualche intervallo, riempilo da Cavalcante, che è interruzione per il lettore, ma per il ma-
gnanimo continuazione dello stesso pensiero, prolungamento dello stesso dolore: un dolore che vuol dominar
solo,
neo
la
che non patisce compagnia, che
morte
alla
del genero, che dico io?
al foco dell'inferno;
pena materiale,
re, solo per
trovare
o,
il
lo
che
dolore morale
rende estraneo
Io
rende estra-
gli
fa
obbliare
per dir meglio, glie la
fa
ricorda-
il
suo dolore più grande al paragone:
Ciò mi tormenta più che questo letto.
Chi vuol sentire quanta distanza è tra la vanità
rail-
Capaneo e la severa grandezza di Farinata,!]
Capaneo parla con jattanza, per dissimulare^
lantatrice di
vegga
qui.
a sé e agli altri la coscienza della sua sconfitta. Farinata non ha nulla a nascondere; niente è nelle sue parole che non sia dentro nell'anima; e innanzi a Dante
che
gli
h;\
nita del
infisso lo strale,
suo dolore.
Ma
rigetta là ond'è partito
appresa l'arte
di
esprime
quello
— Tu
ritornare
in
dici
che
patria:
grandezza
la
strale
il
i
fiero
lo
lo
miei hanno male
ma anche
per tua esperienza quanto è ddlìcile imparare
È
infi-
uomo
tu saprai
qm-'ll' .irte.
stesso strale lanciato da Dante che colp.sce Dante
nel cuore
:
\
—
48
—
Ma
non cinquanta volte fia raccesa
faccia di colei che quagiriù regge.
Che tu saprai quanto quell'arte pesa.
La
Ma
aprendo
cuore
la ferita nel
Dante, non perciò Fa-
di
rinata sente lenire la sua, e non
si
popolo sia così empio, senza pietà,
può consolare che il
verso i suoi. Dante
non senza una cert'aria d'ironia,
Arbia, dov' egli disperse i Guelfi:
gli ricorda,
dell'
....
strazio e
lo
Che
la battaglia
grande scempio,
il
fece l'Arbla colorata in rosso,
Tale orazione fa far nel nostro tempio.
E
qui balza fuori
un
altro tratto di questo carattere cosi
pieno e ricco. Guardate nel suo insieme una battaglia,
e vi rapirà in ammirazione; guar-date questo o quel morente e voi piangete.
per due
fiate
Quando Farinata ha detto:— 7o
gli dispersi,
— quel
motto
ci
par sublime,
mostra un grand' uomo, che quasi con un solo
sguardo mette in fuga yli avversarli. Ma quando Dante
gli gitta sul viso il sangue cittadino e gli mostra l'Arperchè
ci
bia colorata in rosso,
va
detto testé
egli solo
pagni;
il
ma
io,
e
il
fiero
non
uomo
soff're
ora
sospira, egli che avedi
regger sulle spalle
rimprovero, e va cercando comrileva tosto A capo trovando nella sua vita
peso
di quel
la più bella delie sue azioni, di cui la gloria è tutta sua,
di lui solo: la scena si rischiara e si abbella; al cruento
vincitore di Arbia succede
ma
immagine che
del partigiano
il
salvatore
di
Firenze, ulti-
è la purificazione e la trasfigurazione
:
Poi che ebbe sospirando il capo scosso,
A ciò non fui io sol, disse, né certo
Senza ragion sarei con gli altri mosso;
—
Ma
fui io sol colà,
Fu
4D
—
dove sofferto
per ciascun di tórre via Fiorenza,
Colui che la difesi a viso aperto.
Quest'ultiuio verso è un'epigrafe, l'apoteosi.
sto ne' secoli
il
motto caratteristico
in
cui
Ed
si
è rima-
chiude e
epiloga la vita dell'Eroe.
si
Certo,
per
il
tipo del
Farinata è ancora troppo semplice
O'è li dentro la stoffa ancora epica
Tuomo moderno.
uomo, non ancora drammatica. Manca l'eloquenza,
manca la vita interna dell'anima. La è una grande naha bisogno
tura, ma che, come la statua di Menuone
di esser percossa da impressioni esterne per render^- un
suono. Le impressioni sono trovate con grande felicità e
originaliià, e producono meravigliosi effetti drammatici,
ciò che oggi si direbbe colpi di scena; il suono è una
sola e rapida espressione, ma che lascia intra vvedere tutte
le profondità del sentimento, di un sentimento non sviluppato, non analizzato. È l'uomo ancora primitivo e spontaneo nella sua semplicità, che vive tutto di fuori, e non
si raccoglie e non si esamina, di una vita interiore sindell"
,
tetica,
che attende l'impressione per raggiare. Per ciò
l'espressione è spesso tutta intera in un tratto solo, e
quando vai appresso, già non
duato e riprodotto che
ti
è lo stesso sentimento gra-
è innanzi,
ma una nuova im-
pressione e un nuovo sentimento. Ciò che è proprio della
maniera
di
concepire e
di
esprimere del nostro poeta,
i
cui tratti sono schizzi, anzi che compiute e ricche rap-
presentazioni. Quello che è più sviluppato e graduato in
una rappresentazione unica, è T Ugolino, poesia perciò
moderna e più popolare.
contorni; hai
Qui mancano
lineamenti sostanziali;,
sono guizzi di luce che illuminano a un tratto tutto l'orizzonte, mi si passi la metafora, della vita interna. E tutti'
i hneamenti presi insieme ti offrono in ciò che ha di più
più
i
i
Le Samctis
— AKOft
Haggi
Critici.
4
—
profondo e intimo
r
cepito,
smo
uomo
del
50
—
come Dante V ha con-
tipo del virile,
il
Comune
simboli-
libero, scioltosi dal
de' tempi teocratici e feudali,
formato
dalle lotte della
vita pubblica, e giunto al più alto segno della forza e
della grandezza morale, divenuto
È
la
tristo
ma
a pensarlo,
nostra storia: l'uomo
la stoffa
un carattere.
è facile a concepirlo, chi sa
di
da cui sono usciti
Dante,
i
il
tipo del Farinata,
grandi personaggi
di
Sha-
kespeare^, è rimasto unico e solo esempio nella nostra
poesialJDante stesso ne' suoi tratti essenziali sembra un
poeta estraneo all'arte italiana I Bene abbiamo per lui una
ammirazione rettorica ma siamo fuori del suo spirito.
Dopo il lungo obblio della servitù risensati, Dante fu
,
rimesso sugU
altari,
tentarono d'in-
e poeti e prosatori
vene del popolo un po' di quel sangue e di
quella vita. All'uomo del Metastasio, l'uomo rettorico,
cantante, ballerino, sonetteggiante e accademico, all'uomo
stillare
nelle
arcade,
si
volle sostituire
Diogeni ne andarono
di forza e grandezza
in
l'
uomo
cerca.
e parecchi
di Dante
Era un parlar continuo
,
e dignità e virilità.
Dante, appunto perchè cercato, non
pare invece l'uomo arido e astratto
si
Ma
V
uomo
di
fe'vedere; e ap-
di Alfieri,
non
tro-
vato nel vivo della società, ma nell'alterezza dell'anima
Bruti, Timoleoni, gli
solitaria. Cos'i uscirono in luce
i
Agidi
,
quanto
gì' Icilii
l'Italia
,
che sono tanto
viva e presente
di
i
distanti dal Farinata,
Dante dista da un Ita-
lia
foggiata dal pensiero individuale, e battezzata l'Ita-
lia
futura
L'UGOLINO
Scendendo nel pozzo
mondo
poetico
teri
i
DANTE
troviamo un altro
Dove sono puniti
regno de' grandi carat-
de' traditori
dell'inferno
gl'incontinenti e
DI
,
dantesco.
violenti, è
il
e delle grandi passioni, è la tragedia: là incontria-
mo Francesca, Farinata, Cavalcanti, Pier Delle Vigne,
8er Brunetto Latini, Capaneo, In Malebolge, dove sono
puniti
i
fraudolenti, la passione diventa vizio, e la forza
il male o il
peccato non è più originato
da impetuoso movimento dell'animo, ma da consuetudine
inveterata, da moto quasi meccanico, poco lontano dal
bestiale, sicché non sai se ivi l'uomo sia uomo o bestia:
diventa malizia;
l'eroe di questo
che dice
di
sé
mondo comico
e plebeo è
Vanni Fucci,
:
....
Bestia, e Pistoja
mi
Son Vanni Pucci
degna tana.
fu
/
Qui, nel pozzo de' traditori, nel fondo dell'inferno, dal-
l'uomo bestia caschiamo
un mondo dove
fino all'
uomo
ghiaccio, all'uomo
moto va estinguendosi a poco
a poco, sin che la vita scompare del tutto. L' inferno a
quest'ultimo punto mi rende immagine di un solo individuo malvagio, prima agitato e consumato da passioni,
che poi si trasformano in movimenti meccanici,
quali
pietra, a
il
i
nella vituperosa canizie
siderii
impotenti.
È
la
si
trasfi>rmano anch'essi in do-
storia del male, che
prima mette
—
movimento
in
diventano
52
—
tutte le passioni, le quali a lungo
Vizi!
andare
ed abitudini, insino a che l'anima logo-
rata istupidisce e rimbambisce. L'umanità nel suo corso
va da inferno a paradiso, da carne a spirito; l'in-
ideale
ferno è
mondo
il
della carne e
il
suo progresso è
il
re-
gresso, cioè a dire un continuo offuscarsi dello spirito,
insino a che in ultimo
si
estingue del tutto.
Il
pozzo dei
segna quest'ultimo stadio, ed è propriamente la
morte dello spirito, il puro terrestre, mancato a poco a
poco ogni vestigio di vita interiore.
Gli antichi rappresentarono questo momento storico
traditori
nella lotta de' giganti,
la
mente, natura
grandezza
sua
che
fìsica,
i figli
li
vince col fulmine,
il
prodotto della
intelligenza...
Minaccia ancor dal
Con questo mito concorda
che
della terra, contro Giove,
celeste inferiore a loro di forza e di
si
la
mitologia e bibbia
sola idea.
I
si
i
Cui Giove
quando tuona.
storia biblica degli angioli
ribellarono contro di Dio.
gresso del pozzo, troviamo
cifero;
cielo,
E
mescolano, espressioni-
giganti sono incatenati
carname vuoto
qui, nel primo in-
giganti, e verso la fine
Lucifero è
;
di
Luuna
immane
d'intelligenza; non è in loro altra vita
che materiale, né altra poesia che quella della materia,
il
gigantesco,
la carne
il
quantitativo, carne
come carne.
trenta gran palmi
;
I
ammassata a carne,
giganti dall'timbilico in su sono
la faccia d'uno è
lunga
Roma, Anteo
e grossa,
come
paragonato alla
Carisenda. Lucifero è un gigantesco triplicato, con tre
teste e sei braccia, grandi elle sole come un gigante; è
la
pina di S. Pietro a
é
la poesia della materia. 0, per dir meglio, qui non ci è
propriamente poesia, neppur quella che viene dal sublime
quantitativo; poiché quella grande e subita impressione
che è generata dalle proporzioni gigantesche, è qui in-
—
53
—
en-
fiacchita e quasi naufragata ne'particolarf simbolici,
tro
quali
i
si
Domina
disperde l'attenzione.
l'allegoria;
lettore, non distratto da alcuna impressione
tutto dietro a cercare
ché
senso
il
di
il
estetica, è
ciascun particolare
sic-
;
giganti e Lucifero sono piuttosto segni d'idee, che
i
proprie e vive realtà. Perchè Lucifero ha tre facce? per-
chè ciascuna faccia ha un colore pròprio
ficano quei colori? perchè
giganti?
il
quali,
Lucifero
tana
di
vuoti di spirito, sono meri segni di
simboliche. Coloro dun-
come Lamartine o Lamennais, censurano
Dante
di
e lo
Milton, non
trovano
tanto al di sotto del
accorgono quanto
si
sia
paragone tra due concezioni così diverse.
spirito del male, è tutto l'inferno, e
Lucifero è
sioni.
stiale,
il
Sa-
assurdo
Satana
ne ha tutte
le
il
è
il
lo
pas-
puro terrestre inintelligente e bemale nella sua ultima degradail
,
è r inferno o
zione. Quello è
sue
che signi-
solo interesse in queste rappresentazioni ineste-
concetti, figure assolutamente
i
e
perchè^i giganti somigliano torri? Pullulano
tiche. I personaggi,
que,
?
è sciolto di tutt'i
jjerchè, lasciati alle dispute de'comentatori, e ri-
infiniti
masti
E
Anteo solo
il
rivale di Dio in tutta la pienezza delle
forze e delle
sue passioni; personaggio altamente
drammatico. Questo è
simile più a
il
vinto da Dio, e cristallizzato,
motore meccanico
,
che a libero e conscio
attore; personaggio assolutamente prosaico. Lucifero è
il
re dell'inferno, in questo senso che ne è la più bassa
e materiale espressione. Caronte non è ancora
infernale, cioè a dire
co, e tale
na
non è
il
il
il
puro
puro materiale, e perciò prosai-
diavolo
di
Malebolge, come Calcabri-
Alichino; perchè in questi esseri lo spirito
si
rivela
sempre, sotto una o altra forma tragica o comica; bi-
sogna scendere sino a Lucifero per trovare l'espressione
pura e compiuta dell'infernale. Le acque dell'inferno segnano la stessa gradazione. Nelle regioni superiori sono
mobili e correnti, e si gittano con impeto in Malebolge,
—
5-1
—
dove stagnano e imputridiscono.
di
Lucifero
si
Ma
qui ventate dalle
ali
agghiacciano, s'indurano, e diventano un
mare di vetro, mancato ogni vestigio di vita e moto. Il
medesimo è dei peccatori, ne' quali si va estinguendo successivamente ogni apparenza
mare
di vita.
Mummificati
in
quel
vetro e dannati tutti alla stessa pena, secondo
di
che vai dalla Caina all'Antenora, e dalla Tolomea alla
Giudecca,
la
pena cresce d'intensità, insino a che
si
giunge
all'ultimo sparire di ogni segno di vita. Caino, Antenore,
Tolomeo, Giuda non sono personaggi viventi, ma semnomi; di vivo e di umano i segni sono sempre più
plici
deboli
Caina
la vita si
;
va petrifìcando a poco a poco. Nella
dannati possono esprimere
i
"tono freddo, e battono
I
i
le loro sensazioni;
sen-
denti in nota di cicogna; ^Qn-
tono dolore e piangono. Nell'Antenora son tolte loro le
lacrime; supini, le prime lacrime s'invetriano
siere di cristallo, riempiono
pediscono
anche
persona
i
il
piangere.
la pai ola
,
il
come vi-
cavo dell'occhio, ed im-
Pure possono parlare
;
appresso,
è tolta, seppellita nel ghiaccio tutta la
che ne traspare come festuca in vetro. Non
movimento, non lacrima, non parola; loro non rimane
se non quello che è il puro e vuoto materiale, la positura del corpo.
Effetti estetici qui
non nascono
e
non possono nascere
che dalle varie giaciture e combinazioni de' corpi, ora
grottesche, ora miserevoli, sempre ingegnose, chiare scol-
II
pite e
che prendon rilievo da paragoni nuovi e
Siamo
nel puro descrittivo, la poesia della materia.
arditi.
E
che
questa materia sia animata, non ci è che appena qua e
là qualche debole apparenza, come nel dattero per figa
'
Bocca degh Abati. Sono gli ultimi lampi dello spirito. I personaggi
hanno poca voglia di parlare, e non dicono il loro nome
se non costretti; o, per dir meglio, personaggi veri qui
non ci sono, ma una filza di nomi, parte oscuri, parte
di frate Alberigo, o nell'incidente grottesco di
il
I
OO
illustri,
sio?
dei pari vuoti di vita interiore.
un uomo membruto.
non fa
storce e
E Bruto
è
Che cosa è Casun uomo che si
motto.
In questo mondo ossificato,
poesia è spenta insieme
la
con la vita, non potendo- esserci al più che una poesia
negativa, cioè l'impressione che produce sull'animo di
Dante spettatore questo verace regno de' morti. A quemezzo è ricorso il poeta per gittare un po' di alta e
sto
seria poesia nel comico regno di Malebolge, uscendo nella
sua eloquente invettiva contro i Papi. Ma qui ci è un
modo ancora più ingegnoso e più fecondo di effetti poetici.
Come
il
comico
in
Malebolge
risolve nella subUmc;
si
indegnazione dello spettatore, di Dante, così qui questo
fondo prosaico
si
risolve nel disperato dolore del conto
"Z^
Ugolino.
V^'^Ma
come
luogo
il
qui, fra questi esseri
conte Ugolino,
moderno
Divina Commedia
non è il
della
Gli è che qui Ugolino
dito. Certo,
anche
ciò si trova qui
zione,
sca,
;
Ugolino
si
ma
si
non dall'amore,
traditore,
allusione
;
figli.
non
ma
traditore,
il
tra-
in
eterno a France-
trova legato in eterno a Ruggiero, che
no non parla
sé e ne'suoi
?
per una ingegnosissima combina-
trova legato
lo tradì, legato
il
può aver
conte Ugolino è un traditore e per-
il
come Paolo
petrificati,
personaggio più eloquente e più
il
ma
il
ma
dall'odio. In Ugoli-
tradito,
l'uomo offeso
Al suo delitto non fa
è quistione del
suo delitto
:
in
più lontana
la
attaccato al
teschio del suo nemico, istrumento dell'eterna giustizia,
egli è là, ricordo
vivente e appassionato del delitto del-
l'arcivescovo Ruggiero.
Il
traditore c'è,
ma
lino; è quella testa che gli sta sotto a' denti,
un
di
crollo,
non è Ugoche non
dù,
che non mette un grido, dove ogni espressione
vita è cancellata, l'ideale più perfetto dell'uomo pe-
trilìcato.
Ugolino è
il
tradito che la divina giustizia
attaccato a quel cranio; e non è solo
il
ha
cuinelìce, ese-
—
cutore
ma
;
glione
aggiunge
lui e
i
figli.
termini astratti,
Se
il
modo
il
uomo
per opera sua morto
concetto rimanesse
qui
me
il
:\
di-
il
Ma
di grottesco.
disgusto è immediatamente trasformato nel subli-
un
dell'orrore, perchè l'esecutore della pena non è
istrumento astratto e indifferente
1
in questi
pena genererebbe
della
sgusto e non sarebbe senza un'ombra
\
suo l'odio
di
concetto della pena è la legge del ta-
fiero pasto di un
il
fame,
Il
sua anima rimanga estranea;
la
offeso che vi
contrappasso, come direbbe Dante: Ruggiero
il
diviene
di
l'uomo
vendetta.
e la
;
comandi, a cui
di
è insieme
—
56
offeso che sazia nel suo
[vendetta.
A
nemico
di
la
Dio,
ma
è lo stesso
fame dell'odio
e della
questo non hanno badato quei coraentatori
tenera pasta che si turano il naso per non sentire
puzzo delle cervella e del sangue, e gridano indecente?
di si
I
il
e disgustoso lo spettacolo. Perchè ciò? Perchè nel lettore vi sono due impressioni, e nel poeta ce n'è una sola.
Dante dominato dall'orrore del fatto e con in capo già
abbozzata e fervente l'immagine di Ugolino non si arresta alle cervella ed al sangue, che entrano come iramaigini confuse nella
\
sua visione;
egli dice:
teschio e le
il
altre cose: e quando Ugolino solleva la testa, e
pre quel teschio da
teschio,
ma
lui
ci
sco-
guasto, Dante non guarda già
il
Ugolino, e gittando in mezzo l'immagine fe-
roce del pasto e facendogli forbire la bocca, usando de'capelli
di
quel capo a
modo
di tovagliuolo,
l'immaginazione, che la tiene colà e
nel rimanente dello spettacolo.
Ora
poesia, dee rifare in sé quel primo
poeta.
mo
Ma
spaventa tanto
le toglie
il
distrarsi
chi vuol gustare
momento
una
ere ativo del
noi questo canto del conte Ugolino l'imparia-
a mente sin da
fanciulli, e lo
diciamo bello sulla fede
quando ci si sveglia il senso estetico, è già
troppo tardi, la prima e ingenua impressione è perduta
irreparabilmente, e non sappiamo ritrovarla, non ringiovanirla. Raffreddati non sentiamo, ma analizziamo; l' in-
de' maestri;
e
—
tero della concezione
—
57
sfugge, e
ci
meno
sentiamo
ci
atti
a riafferrare l'insieme, più dimoriamo nei particolari, ed
allora è ben naturale che noi scopriamo le cervella e
sangue, e
turiamo
ci
il
queste seconde impressioni e riverginare
non vede qui
Dante è rapida
e non glie ne lascia
mane come spaventato
lossale apparizione,
ma
^
tario
tempo;
il
ma
e annichilito innanzi a quella
impregnata
uomo
di
suo senso este-
il
tendini, nervi e cervella; la fantasia
tico,
di
il
naso. Ohi ha virtù di lavarsi da
e di
di odio, e di
ri-
co-
odio non set-
padre offeso, e sospetta qual-
che terribile istoria che ha condotto un essere nato di
uomo ad atto così fuor dell'umano, così ferino. Or quando
l'uomo
in
proporzioni così ideali occupa la scena, tira a
sé l'occhio e l'anima dello spettatore e gli ruba ogni al-
E guardate che gran-
tra vista, ogni altra impressione.
dezza
di
proporzioni Dante ha date
Sembra che
a questo Ugolino^s,
quel suo atto così straordinariamente feroce
sia espressione
adeguata
del
suo odio, e basti già a col-
pire di terrore la immaginazione;
ma
che
in quell' atto
sua azione, e
la
si
manifesta
no, egli è più fiero
e
non
si
appaga, come un malcontento artista che non vede sulla
carta
il
suo ideale e non
lo
spera.
Il
dolore di Ugolino
è disperato, non saziato, non placato da quella vendetta:
suo dolore riman vivo e verde, tanto che a solo pen-
il
sarci,
pur pensando,
Anche
come pur ora
lacrima,
Shakespeare
fosse stato
è un padre a cui
sono
figli, e: cìie fai? gli grida un amico: non
ammazzati
calcara il cappello, non torcere gli occhi così: pensa
Egli non ha figli ! risponde Macduff. Ria veìidicarti.
offeso.
in
ci
i
—
sposta spaventevole
,
che fa intravvedere nel padre
disperazione della vendetta, non potendo
gli di
1
colui che
Aroux
dice
:
ha ammazzati
totite In
haine
tiri de vengeance. Io qui trovo
i
figli
ammazzare
suoi.
Ma
di' srrtnirr incetmée.
il
i)adre,
ma nou
il
dans
\'i}<r<^o
il
i
la
fi-
concetto
le
pére al'
setturio.
/
—
—
5S
Dante è ancora più alto. Ugolino ha sotto suoi denti
il nemico, e rimane insoddisfatto, e non perchè desideri
una vendetta maggiore, ma perchè non c'è vendetta che
di
i
possa saziare
Ili
II
suo dolore, essere eguale
il
suo dolore è
della sua azione.
È
stata notata
suo odio.
al
sua anima rimane
infinito; la
al di
sopra
una certa somiglianza
tra le prime parole di Ugolino e le prime di Francesca
vi è ceito lo stesso concetto
Perchè
nelle
,
ma
^;
con diversa musica.
due situazioni vi è qualche cosa
di simile
e di diverso, somiglianza di concetto con diverso senti-
i/mento. «Amendue ricordano con dolore il passato. Cedono
alla dimanda di Dante, e piangono e parlano insieme. Ma
per Francesca è un passato voluttuoso e felice congiunto
con la miseria presente, e la sua anima innamorata ingentilisce il pianto ed abbella il dolore: onde la mollezzae la soavità di quei versi
:
Nessun maggior dolore
Che ricordarsi del tempo felice
I
Nella miseria
Ma
se a conoscer la prima radice
Del nostro amor tu hai cotanto affetto,
Farò come colui che piange e dice.
f
•/
re,
1
e presente sono d'uno stesso colosono uno strazio solo che sveglia sentimenti feroci e
Per Ugolino passato
ravviva
la
rabbia; attraverso
lare la cupa
fiamma
al lacrimare;
queir
venta, e
ti
dell'odio.
uomo
sue lacrime vedi bril-
rodere è posto accanto
piange,
ma
pare ad ogni tratto che
me, mutato il dolore
Parla e piange
schio.
Dante, come
1
le
Il
la
rabbia, dia di
in
,
il
in
e
suo pianto
non già per fare
gentile Francesca,
ma
come
spa-
il
volere
di
per odio, perchè
Parlare e lacrimar vedrà' mi insieme.
Fello
ti
mezzo alle lacrimorso a quel te-
colui che piange e dice.
1
— sole
parole fruttino infamia al traditore. L'ultima psn-
silfi
nelleggiata è in quel terribile tal vicino. Vicino risveglia
idea benigna d'amicizia e dimestichezza di uomini che vi-
vono ed usano insieme; ma
in
bocca ad Ugolino è una
ironia amara.
Con questa combinazione
patetica la poesia entra an-
che in questo prosaico fondo dell'inferno, e fonde
cio e
risuscita la vita,
E
il
ghiac-
poesia non è altro che la
la
rappresentazione del tradimento, che è
la
colpa qui pu-
nita in tutte le sue gradazioni, fatta non dal traditore,
il
cui cuore indurito e perciò ghiacciato è
sentimento, è immobile
vittima, divenuta
il
come
quel teschio,
Creata questa situazione,
come
li
pello al capo
il
regno della ghiacciata è
regno libero dell'arte. Ugolui pure tra' ghiacciati, come
dal divino giudizio col capo
è
dell' ofifensore,
fatale dell'eterna legge,
pimento
dell'ufficio
fatta dalla
il
traditore, è
vittima, posta
ma
suo carnefice.
prosaica necessità ridiviene
lino, se,
morto ad ogni
ma
come cap-
non solo un istrumento
l'offeso
che mette nell'adem-
tutte le sue passioni di
uomo
e di pa-
dre. Indi è che nella rappresentazione della pena
cetto della giustizia rimane un sottinteso: né
fa alcuna allusione, né Ugolino ne
dal
Bormio
conosce
in
non
è
si
In questo caso
osserva
l'
il
con-
poeta vi
ha coscienza. Bertram
altro che peccatore e dannato, che ri-
sé la giustizia della
Cosi
il
in
me
lo
pena
e
può dire
:
contrappasso.
interesse poetico non può nascere che-
una pena così insolita,
chiome pesol con mano il suo
una maraviglia che si trasfor-
dall'orrore e dalla maraviglia di
un busto che
tien per le
capo tronco, un orrore
ma
in
uu appagamento
spiegata e legittimata.
tore e
il
e
intellettuale
Ma
quando
pena
la
Ugolino qui non è
il
è
pecca-
dannato, e non è neppure un esecutore della
—
60
—
legge divina se non inconscio.
Una
sola cosa egli sa, di
aver sotto a'denti il teschio del suo nemico e di sfogare
in quello il suo odio. Dante stesso non è colpito se non
da ciò che in quel fatto è personale, sfogo d'odio d'uomo
offeso
:
O
tu che mostri per
bestiai segno
sì
Odio sovra colui che tu
Dimmi
Che
il
ti
mangi,
perchè, diss'io, per tal convegno:
ragion di
se tu a
liti
ti
piangi,
ec.
Cosi Ugolino è un personaggio compiutauiente poetico,
che può manifestarsi in tutta la ricchezza della sua vita
interiore.
/\j
^ Già
in
pochi tratti
poeta ha abbozzata questa co-
il
lossale statua dell'odio, di un odio che rimane superiore
I
a quel segno bestiale, che già ha fatto tanta impressiono
in Dante. Ma in seno ali' odio si sviluppa l'amore e il
cupo
1^
e
denso
il
;i
'j
L'odio è
animo
dell'
teneri.^i'Q uest'uouìo
perchè
infinito,
disjier ato, jj^ernhè
si
"stempra ne' sentimenti più
odia molto, perche ha
non
e/
infinito è
l'amore
è vendetf.iì uguale
amato molt o.
.
all'
t-_j\
dolore
offesa
ft-
J utto
q uesto trovi mescolato e fuso nel suo racco nt,o_jion_saj^
«^ pili tpìM2Ìjiil£_,ii_più_ pietoso. Accanto alia lacrima sta
l'i mprecaz ione; e spe sso in una stessa frase c'è odio e
c'è amorèy c'è rabbiaT e c'è ten erezza: l'ultimo suono delle
sue p arole, che chiama
i
figli, si
co nfonde con lo_scric^
chiol are delle odiate ossa sotto a' suoi denti.
nGli
antecedenti del racconto sono condensati in rapi-
issimi tratti, che
niero, al
quale
i
ti
stratti nelle faccende
tati
re,
risvegliano tutta la vita del prigio-
mesi e
gli
anni che per
gli
uomini di-
volano come ore, sono secoli con-
minuto per minuto. Ugolino è chiuso in un carcea cui viene scarsa luce da un breve foro, al quale
il
suo orologio è la luna, dalla quale egli
mesi della sua prigionia. Quell'angustia di car-
sta affisso; ed
conta
i
—
—
61
cere paragonato ad una mula, quel piccolo pertugio, e
ore contate sono tutto
le
sue forme
sentato l'animo.
nima
il
romanzo
del prigioniere nelle
Né con meno sicuri
Due sono sentimenti
tocchi è rappre-
visibili.
che nutrono
i
solitaria di Ugolino,
il
dubbio, è
Ugolino ignora
a' timori.
pri-
la
si
abbandona
alle
sua sorte, e teme
morte non può cacciarla da sé. E
quando viene il mal sonno che
e spera: l'idea della
rimane
il
che sarà di me.? la fantasia
il
esagitata da' patimenti e dalla solitudine
speranze e
a-
incertezza del suo destino e
l'
l'accanimento de' suoi nemici. Ciò che più strazia
gioniero, è
l'
quest'ansietà,
in
velame del futuro.
Il poeta di tutta quenon esprime che l'ultima frase, la quale
ad un lettore anche di mediocre immaginazione fa indovinare il resto, ma in quel modo vago e musicale che
è il maggiore incanto della poesia. 11 mal sonno
Quel
m,al, quella imprecazione e maledizione al sonno fa in-i
travvedere quante speranze esso ha distrutte, quante illu-|
sioni ha fatte cadere
Il sogno è un velo, dietro al quale
gli
squat^cia
il
sta storia intima
!
!
è facile vedere le agitazioni della veglia:
il
reale
si
sotto al fantastico. Ruggero, Gualandi, Sisinondi,
rivela
Lan-
franchi stanno presenti innanzi al prigioniero, crudeli in
sé e nei
il
figli,
lupo e
e ora gli appariscono in
sente confusamente che
si
tratta di sé e de' suoi figliuoli,
G quel lupo e quei lupicini
umano
magina
mobile
m padre
e
figli.
si
trasformano con vocabolo
L'uomo
in
sogno quando s'im-
essere inseguito e vuol correre,
di
in
sogno cacciando
vede animali, ma l'anima
lupicini; l'occhio
i
ietto,
gli
pare che
le
gambe
come
Quel lìovero lupo non è che
non può correre e si sente già ne' fianchi
e tarde al corso.
e
zane
:
In picciol corso
Lo padre
]\Ii
e
i
mi parenno stanchi
fi.^li,
e con le acuta zane
parca lor veder fender
li
sta im-
sieno indolenzite
llaiichi.
il
le
padre
acute
,
'
—
Qui entrano
figli
i
—
iscena nuovi attori; Ugolino non è solo;
in
compariscono
02
proprio nel
momento
della crisi, e
per più strazio. Anch'essi sognano; sentono fame e do-
mandano
de'
figli,
pane.
Il
padre congiunge
di
fame! Questo è
E
gli
suo sogno con quello
che si annunziava al suo cuore.
che non sa come non lo senta
non se ne coramova al pari di lui :
ciò
par cosi chiaro
anche Dante
e
Ben
\ò\
il
e l'ultima sua impressione è: Morire, e morir
se'
.
crude], se tu già non
Pensando ciò che
E, se non piangi,
Quando siamo
ti
mio cor
di
che pianger suoli
presi da passione,
tecipassero al nostro dolore, e
s'
annunziava,
?
vorremmo che
ci
fa
male
f
v
duoli,
al
h
y
tutti
par-
la vista delle
Una madre del popolo cne teme ucva borrendo per le vie forsennata chiedendo alla gente: l'avete veduto? quasi tutti sapessero di
chi parli o di che si afi"anni. Ugolino nel sogno suo e dei
figli vede già tutta la sua storia, e qua ndo alzando gli
occhi a Dante, non vede in quel volto più curioso che commosso le ste sse sue impressioni, gli par quasi c he colui
n on abbia ammi~cl uomo, e s e ne sdegna, e gl iene fa, improvviso e brusco rim provero Fieri accenti, che^uscItT
dalTa sincerità di un dolore impaziente e sdegnoso non movono collera in Dante, anzi accrescono la sua commiserazione e gli tirano per forza lacrime non ancora mature.
persone
ciso
il
indifferenti.
figliuolo,
.
Questa rappresentazione può parere scarna a
sono
quelli
inclinati alla rettorica e all'analisi, a ridurre
i
che
sen-
un volume le ullime ore
è un capolavoro della
maniera dantesca, che è la grande poesia, quel dipingere
a larghi e rapidi tocchi, lasciando grandi ombre illumi-
timenti in pillole, a diluire
di
in
un condannato a morte. Essa
nate da qualche vivo sprazzo di luce. Tutto è
al di fuori;
tutto è narrato, anziché descritto o rappresentato,
narrato
in
modo che l'immaginazione,
fatta attiva e
ma
ve-
—
loce,
riempie
le
ma uno
quadro,
63
—
—
lacune e indovina
di
il
schizzo, tale però che
il
Non
dentro.
lettore
ti
fa
è
un
imqua-
mediatamente il quadro. E questo avviene perchè il
dro esiste già nella mente del poeta, esiste e si rivela in
quello schizzo così chiaramente, eh' egli si sdegnerebbe,
se il lettore rimanga freddo ed abbia aria
non capireJLa grandezza dell'ingegno non è in quello
come Ugolino,
di
dire, ma
che fa indovinare.
"J
L'importanza di quello che segue, è tutta nella presenza de' figli. Se Ugolino fosse solo, il racconto finirebbe
in quello
che sa
qui, né
fiero
il
uomo dimorerebbe
sua agonia. L' offesa non è
gliuoli.
E
ne' particolari della
morte sua,
la
questo^l o rende altamente
ma
accorgete a tono così tenero e molle deTsuo
l
per la prima volta mette in iscena
Pianger
sentii fra
'1
sonno
i
de'suoi
i
figli
miei
fi-
Ve ne
quando
in lereìitjaute.
di re,
:
figliuoli,
Cii'eran con meco, e dimandar del pane.
Quest a
gnosa
aj^
vist a
e
ppn^iero
ommove
tanto,
che provoca
la
sua sde-
di
rifS
che_si_ annunziava
al
cuore del padre.
annunziava al cuore era non il dover morir
mg^jj jjovei" va^JAPfti mnrir n fìg liuo]K_F. quando sente
Quello che
lui,
lo c
brusca apostrofe a Dante, non commosso del pari
si
i
chiavar l'uscio
di
all'orribile torre,
sotto
atto è guardare in viso
i
figliuoli,
tito nulla
ed erano ignari della loro sorte.
tenerezza
penetra
patamo-abbella
la
in
il
U na
questa natura salvatira
sua
-fìffur a
primo suo
che non avevano sen-
vena di
amore
;_ r
e raddolcisc e_a]igo
il
s'^o
accento^__QuelIa musica scabra ed aspra nel principio e
nella fine,
quella musica dell'odio ferino, prende qui la
morbidezza e
la soavità quasi dell'elegia.
C'è qui un nuovo Ugolino, che non si può concepirei'
da sé, che ha bisogno, per esser compreso nel suo infì-//
nito dolore, di essere studiato ne"
figli.
l'
^^^
—
61
—
sono giovinetti, stranieri
I figli
alle passioni e alle lotte
politiche, nuovi de' casi della vita, che
dentro
e
non sanno
universo. L'ideale
il
di
perchè.
questa
Il
ride,
una
è
trovano colà
tutto
età novella è la
della vita. Nell'anima del fanciullo è
che
si
padre
il
loro
serenità
sempre qualche cosa
festa interiore che apparisce nella purezza
e soavità dei suoi lineamenti.
l'umana tragedia;
quando tornando
La sua presenza rasserena
e spiana le grinze dal volto
di
Goetz,
dalle battaglie fanciulleggia col suo
fi-
mezzo alle lacrime Andromaca,
videa piangendo, come dice Omero, quando vede il suo
bambino palleggiato dal padre. Tale è lo schietto ideale
del fanciullo, l'ideale sereno di Omero. Il fanciullo è senza
coscienza, senza quel formidabile dimani, che noi consuma, e tra le tempeste della vita a noi piace talora di
affissarci in quella pace. Ma se la tempesta minaccia anco
d'inghiottire quel povero capo innocente ? Allora non c'è
gliuolo, e fa ridere in
nulla che uguagli
il
il
strazio.
Noi
coscienza, e
Meno
patetico di questa situazione.
fanciullo ha coscienza del pericolo
,
e
maggiore
è
lo
poniamo in suo luogo, ci facciamo la sua
pensiamo fremendo a que' mali che gli stan
ci
sopra, de'quali la sua innocenza è quasi un'inconsape-
vole ironia.
della bara,
Ho
visto io un fanciullo scherzare colla coltre
dove fra un minuto dovea esser posto suo
padre, e un uomo
povero fanciullo
!
del popolo asciugarsi gli occhi e dire:
E
se spettatore fosse
rire lui e
i
il
figliuoli,
costui era spettatore indifferente; e,
padre,
il
padre che sa
di
ed essi noi sanno? Ecco
dover mola situa-
zione del conte Ugolino. Nasce una diff'erenza, un contrasto di attitudini e di sentimenti, quella dualità da cui
il dramma.
E jjà^ lajvedete_^olj)ita^i gorosamente.con im mensa p età fin nel j) rimo aprirsi della scen a. Ugoli n^^^al^senUiiJ^hiaTarJ^isc^
esce
i
aVuoL- figliuol L Vorrebbe
lo dice
il
dire: poveri figli!
E
suo sguardo. Lo strazio è tale che
noi dice:
gli
toglie
—
la parola e le lacrime.
sguardo
65
Tutta
la
—
sua vita è raccolta
in
quello
:
Guardai
Nel viso ai miei
Io non piangeva,
Ma
i
figli
piangono.
chè veggono
il
senza far motto.
figliuoi,
dentro impietrai.
sì
E non perchè comprendano, ma
per-
padre guardare così:
Piangevan
elli,
ed Anselrauccio mio
sì, padre: che hai?
Disse: tu guardi
Tu guardi
quel
modo
sì.
di
Anselmuccio non sa
definire,
guardare: quel si significa in
né spiegare
modo
cosi
fuori del naturale e dell'ordinario. Ohe hai? domanda
il
fanciullo.
Lo
strazio è tutto nella coscienza di quello
sguardo senza parola e nell'innocenza
accompagnato con lacrime.
Il
di quello
che hai?
contrasto vion così natu-
ti mette senza
un pittore dovesse
scegliere un'attitudine sintetica che ti ponesse avanti 1
rale, e nella
sua profondità è cosi chiaro, che
più nell'intimo della situazione.
E
se
tratti sostanziali di questa poesia,
sarebbe quest'essa: per-
momento
decisivo del racconto;
chè qui
sei
proprio al
ed hai già nell'attitudine del padre e
del
Il
de'figli tutti
i
mutici
più alto patetico.
primo_pensiero
siero de'figli è
lacrimò e non
il
fé'
del _pad re è
i
fig li.
padre: che hai? Se
il
E
il
primo pen-
padre prima non
motto, perchè rimase impietrato, ora
non parla e non lacrima per non addolorare più i figli.
L'amore gli vieta ogni espansione. La passione ha bisogno di sfogarsi, e non potremmo sopportare il dolore, se
la natura benefica non ci sospingesse ad urlare, a imprecare, a piangere, a strapparci
i
capelli,
a morderci
le
mani; quel padre dovrà divorare in silenzio il suo dolore, comprimere la natura, forzare la faccia ed il gesto,
essere statua e non uomo, la statua della disperazione:
Db Sanctis — JVwovt Sag'ji Crilici.
5
^
66
—
Però non lacrimai, ne rispos'io
Tutto quel giorno, né la notte appresso^
La compressione
è la tenerezza
è tanto più violenta, quanto maggiore
che hai? , e quanto
di quello
com-
è più
movente queìV Anse Imuccio mìo^ che ricorda tante care
gioje di famiglia in tanto mutata situazione. Ma una cosi
lunga compressione della natura, che vuole e non può
sfogarsi per tutto un giorno e una notte, questa tragedia tutta e solo al di dentro, a cui manca \ espressione,
è la negazione di ogni poesia, portata al di là della forma
e perciò della sua vita. Esteticamente non vive ciò che
non può essere rappresentato. Come l'anima ghiacciata del
traditore è la fine della vita infernale, cosi l'immobilità
di
Ugolino è la morte del sentimento, rimaso senza la-
crima, senza accento
senza gesto
,
senza espressione.
,
Questo chiudersi muto dell'anima nella sua disperazione,
può essere in certi momenti sublime ma a parto che
abbia anch'esso la sua espressione, come fé' quell'artista,
,
che ad esprimere
il
dolore inesprimibile del padre innanzi
al sacrificio d'Ifigenia, gli
coperse
Ed anche
il
in questo caso,
la faccia
di
un
fatto dee finir subito
subito venir la morte a chiudere
una situazione
velo.
,
dee
che, pro-
tratta, sarebbe prosaica o ridicola. Bello è Cesare che si
ma a condizione che muoja imDante ha fatto qualche cosa di
meglio; ha trasformata la statua in uomo. Perchè, se
ravvolge nella sua toga,
mediatamente dopo.
Ma
vuoi ch'io m'interessi
a' tuoi
personaggi, per straordi-
narie che sieno le situazioni in cui
quelli sia cancellato T
li
metti,
homo
mai che in
umana, anzi l'uomo dee comparire, perchè
glio
il
contrasto e senta
non dèi far
siim, la faccia
vegga memuta dispe-
io
l'infinito di quella
razione. In quella notte di silenzio, la fame avea lavorato
e trasformato
un
il
viso del padre e de'
figli,
e
quando, fatta
po' di luce, quella vista lo coglie impreparato, in
un
—
momento naturale
G7
—
d'oblio l'uomo
si
un atto
la
compressione fu più violenta, e
di
manifesta e prorompe
rabbia tanto più feroce e bestiale, quanto
in
viva è r impressione
di
inaspettata e più
più-
quella vista
:
Come un poco
di raggio si fu messo
Nel doloroso carcere, ed io scorsi
Per quattro visi il mio aspetto stesso;
Ambo le mani per furor mi morsi.
in un impeto istantaneo di furore dà
sue mani, è g'à in anticipazione colui che
Quest'uomo, che
di
morso
alle
Ma
coMenti nel cranio nequanto dolore ha pro-
Per quattro
visi! Trovi fuso insieaie
nell'inferno è fissato ed eternato
mico, come
d'
un can,
dotto tanto furore!
forti.
pù
ciò che v'è di più tenero e ciò che v'è di
fuso
e
modo, che,
in
un
poi,
se per necessità di parola
salvatico,
v'è un prima
innanzi all'immaginazione è un solo atto,
un
non puoi
fi-
sentimento solo complesso e senza nome,
gurarti quel padre mordersi
insieme guardare
L'impressione
in
le
mani, che non
quei quattro
di quell'atto
e
ne'
lo
vegga
visi.
accresce
figli
l'effetto,
e lo porta sino ad una irresistibile conunozione di tutto
ciò che
si
muove
primo sguardo
nelle nostre fibre.
Tu guardi sì, padre
non intendono, ma fraintendono
chiuder l'uscio:
solo
la
Non
intesero già quel
del padre fisso e travolto,
mano. Credendo che
il
fessi
clie
quando
sentì
hai? Ora non
quel suo mordersi
per voglia
di
manicar.
Ignari delle nostre passioni, interpretano quell'atto nel
modo
immediato
e letterale. Sentono fame, e giudimordere significa per loro mangiare. Il padre
che per fame si mangia le mani è tal cosa, li percuote
più
cano da
so:
tale spavento, che ad un attore intelligente farcMìe
comprendere tutto ciò che si chiude in quel grido: Padre!
accompagnato col subitaneo levarsi in i)iè di tutti e quat-
di
tro, essi
che stavano a terra esausti per fune. Quel grido,
—
G8
—
quel levarsi in pie ha la virtù
padronanza
restituirgli la
di
arrestare
di
tolto
sé,
il
padre, di
per forza a quel-
che è padre, e non
permesso di essere uomo. Quel loro offrirsi in pasto
padre non è già sublime sacrificio dell' amor filiale,
l'istante di obblio, di fargli ricordare
gli
al
è
sentimento troppo
virile ne' teneri petti; è un'offerta tras-
formata immediatamente
in
una pieghiera, come
di
cosa
desiderata e invocata: Uccidici! tronca la nostra agonia
I
Tu ne vestisti
Queste misere carni e tu le spoglia.
Misere carni! Essi sentono già dissolversi e mancar
Misere qui vuol dire estenuate, dove già penetra
la vita.
la morte.
tuale e
bero
di
Quelli che spifgano la parola in senso spiri-
pescano qui un concetto teologico, meriterebandare a braccetto col padre Cesari, che fra tante
ti
sue bellezze
Dante trova qui una bruttezza, un fatto
di
fuor del naturale e del verosimile, proprio qui, in questo
Coro
de' quattro immortali fanciulli, che è stato
mirazione de'
l'am-
secoli.
Ugolino, ritornando padre, ritorna statua:
Quetaimi
Quel
per non
allor,
dì e l'altro
farli
stemmo
più
tristi,
tutti muti.
u del secondo verso ti fanno venire il freddo:
suono è cupo. Nel padre un silenzio di compressione, ne' figli è un silenzio d'agonia, ma non è quel
Quegli
tanto
il
prosaico
non risposi
<'.
non lagrimai;
è
un
silenzio il-
lustrato e fatto eloquente da un grido che annunzia la
prossimità della catastrofe. Oramai, non è solo
prostrato dalla fame; anche
più.
e
l'
anima
Ugolino invoca la terra che
la maledice e la
Ahi cruda
apra e
si
chiama crudele
terra, perchè
è attinta, e
l'
il
corpo
non regge
inghiotta;
:
non
ti
apristi?
,
—
È
l'impazienza della
ffire,
69
fine;
—
mancata
è la forza del
logorata pure da quella lunga compressione
lungo sforzo contro natura.
che non
Ma
il
,
mu-
da quel
feroce poeta noi lascia,
abbia bene infissa nel cuore un'ultima pu-
gli
gnalata, per la
mano
que' fanciulli terribili, ignari nella
di
loro innocenza delle ferite che fanno
Gaddo mi
si
:
gittò disteso a' piedi,
Dicendo: padre mio, che non m'aiuti?
come
se il padre possa e non voglia aiutarlo.
Sopravviene la catastrofe. E il padre li vede morire,
cosi vero, come è vero che Dante vede lui, morire ad
uno ad uno, e fu uno strazio di tre giorni:
Quivi morì; e come tu mi vedi,
Vi d'io cascar
Fra
Non
morte
li
tre ad
quinto di e
il
uno ad uno
sesto.
.
.
un particolare vuoto. Quello spettacolo
è
ci
si
il
di
ripete quattro volte, e a lunghi intervalli, entro
tre giorni, e fu possibile che un padre vedesse questo,
e starsi quieto, tener chiuso
in sé
martirio, snaturarsi,
il
disumanarsi.
Succede
trabocca.
lo
E
L'anima lungamente compressa
scoppio.
non
un sentimento
è già sfogo eloquente di
umano, conscio e attivo, intelligibile a sé e agli altri, È
sfogo di un'anima infranta, più simile a convulsioni, a
delirii, che a discorsi. Non sono pensieri, e quasi neppure
parole
:
sono grida, sono interjezioni.
È
l'
espressione nella
forma bruta. È l'affetto nella forma istintiva e animale.
Vivi figli, non potè chiamarli per nome, non potò esprii
mere
la
sua tenerezza,
colare sopra ciascuno
giorni
il
suo dolore: eccolo
,
e chiamarli,
li
ora, a bran-
chiamarli
:
E
tre di
li
chiamai, poi eh'
ci
fur
morlL
per tre
—
Prima che morisse
pravviveva
cui
il
—
corpo, morto era l'uomo; so-
belva, mezza tra l'amore e
il
furore,
i
ruggiti spaventevoli non sai se esprimano suono di
pietà
più
la
70
di
non c'è più analisi, qui non c'è
non un sentimento chiaro e distinto.
rabbia. Qui
un pensiero
Quel chiamare
,
i
era dolore, era tenerezza, era
figli
fu-
rore, era tutto Ugolino divenuto istinto ed espresso in
un ruggito. C'è intorno a quest'uomo già
reola di oscurità, quali sono
ferino un'au-
ultime
gli ultimi silenzii e le
agonie nella camera del moribondo. Tal è l'effetto
for-
midabile degli ultimi oscuri momenti.
Poscia più che
il
dolor potè
il
digiuno.
Verso letteralmente chiarissimo, e che suona: più che
non potè fare il dolore, fece la fame. Il dolore non potè
ucciderlo; lo uccise la fame.
e pieno
di
Ma
è verso fitto di tenebre
sottintesi, per la folla de' sentimenti
immagini che suscita,
pe' tanti
e delle
forse che ne pullulano,
e che sono così poetici. Forse invoca la morte, e
menta che
il
tendere la morte lenta della fame
;
è
la
la-
un sentimento
disperazione. Forse non cessa di chiamare
quando
si
dolore non basti ad ucciderlo, e deve at-
i
figh, se
di
non
fame più potente del dolore gliene toghe la
prima la vista e poi la voce. E un sentenerezza. Forse, mentre la natura spinge i
forza, mancatagli
timento
di
denti nelle misere carni, in quell'ultimo delirio della farne
e della vendetta quelle sono nella sua immaginazione le
carni del suo
nemico
,
e
Dante ha realizzato
il
delirio
nell'inferno, perpetuando quell'ultimo atto e quell'ultimo
pensiero.
È
un
sentiiiiento di furore canino. Tutto questo
è possibile; tutto questo può essere concepito, pensato,
immaginato; ciascuna congettura ha la sua occasione in
in qualche accesione d'idea. L'immagi-
qualche parola,
nazione dui lettore è percossa, spoltrita, costretta a la-
—
vorare, e non
fissa in
si
alcuna realtà, e fantastica su
umana degradazione. Al
quelle ultime ore della
di
—
71
sopra
di
queste impressioni vaghe e perplesse rimangono quei
quatcro innocenti stesi per terra, e
per tre
di
più se sia
d'uomo
i
loro
nomi
ripetuti
caverna da una voce che non
nella sorda
Ma
o di belva.
l'eco di quei
sai
nomi
ri-
suona nell'anima del lettore, che sente sé stesso nelle
ultime parole di Dante. Perchè mentre la belva torce gli
occhi e riafferra
il
teschio co' denti, innanzi a
que'cari giovinetti, e
tutti e quattro, e
lui
stanno
chiama per nome, ad uno ad uno,
li
grida: erano innocenti:
Innocenti facea l'età novella
....
E gli
Ma,
se
il
Uguccione e
pianto
di
Brigata,
il
due che
altri
il
canto suso appella.
Ugolino è furore, la pietà
di
Dante
impre cazione e in quella collera esce
fuori una nuova maniera di distruzione contro la città
è indegnazione
,
,
che aveva dannato a perire quattro innocenti
Movasi
E
la
Capraja e
la
Gorgona,
Arno
faccian siepe ad
:
su la foce,
in
Sì eh' egli anneghi in te ogni persona.
Non
ha i denti infissi
Dante^cheper vendicare
so se sia più feroce Ugolino ch e
nel cranio del_ suo traditor e, o
quattrb_innocgjiti condaflua a morte tutti gl'innocenti di
u na intera cittàVi padri e
i
figli
e
figli
i
de'
figli.
rore biblico. Fusioni selvagge in tempi selvaggi
Fu-
,
che
resero possibile un inferno poetico, sotto al quale vi è
tanta storia.
Qui tutto à-
ter ribUe.
^^i^tT^^nJa
spetta,tore: tal peccatore, tal
tale poeta: si
in
compiono
proporzioni oltre
misura umana, non
e si
poeta
,
l'attore e
lo,
spiegano a vicenda. Tutto è
il
vero: non
ci
è
la
il
narratore, tale spettatore e
ci
è
ancora
la
giusta
statua: c'è la piramide, c'è
'
—
il
colosso, c'è
il
—
12
gigantesco, dove la primitiva antichità
esprimeva quei primi modi ancora oscuri della coscienza,
quel sentimento della grandezza, dell' inflnito, tanto più
men
tenibile alla fantasia, quanto
zato. Tale è
chiaro,
meno
teschi, cosi scarsi di sviluppi, cosi pieni di
lacune, che per sobrietà di contorno e
gantiscono
proporzioni e
le
analiz-
segreto di questi formidabili schizzi dan-
il
di
ombre e
sentimenti. Spesso è
i
di
chiaroscuro ingi-
una
sola
immagine che opera
e
slancia oltre le leggi del verosimile ne' regni dell'im-
ti
prodigio, e
il
ti
strappa alla realtà
il forbirsi la bocca a' capelli del
muoversi della Capraja e della Gorgona. Quel forbirsi la bocca ti spaventa, e non per l'atto
mensità. Di tal natura è
capo guasto, e
in sé stesso,
il
ma
perchè
presenta tutta
ti
la faccia di
Ugo-
lino, e con lineamenti ideali corrispondenti a quell' atto
:
hai già innanzi l'espressione oltrenaturale dell'immenso
iodio, concepisci l'infinito.
Il
poeta dice:
Io vidi duo ghiacciati in
una buca,
Si che l'un capo all'altro era cappello:
E
come
Cosi
Là
Qui
ci
sono
con termini
pan per fame
il
il
've
le
sovran
il
si
manduca,
denti all'altro pose,
li
cervel s'aggiunge con la nuca.
più minute particolarità topografiche e
volgari: eppure tutto questo è
tecnici, fino
prosaico, perchè al di là non vedi nulla:
finiti,
la
ma
visione è evidente;
se non quello che è espresso
inerte.
,
i
contorni sono
perchè qui non
c'è altro
T immaginazione rimane
e ve ne avvedete alla stessa
La poesia comincia,
solenne ed epica intonazione del verso, quando
La bocca sollevò dal
Quel peccator.
.
e
prima ancora che
.
parli,
fiero pasto
.
con un solo atto inaspettato.
—
—
73
terribile e a lui naturalissimo lo
corpo e anima. Questo è anche
Movasi
È
natura
la
la
Capraja e
la
che viola
stessa,
avete già tutto innanzi,
l'
effetto di quel
Gorgona.
le
sue leggi, esce dalla sua
immobilità, acquista coscienza, anima e moto, e corre a
punire la rea
Una
città.
una pena
di natura,
-catastrofe
€ose alza la colpa allo stesso livello e
colossali.
È
il
straordinaria
tanto
così fuori del corso ordinario delle
le
dà proporzioni
profilo di Eschilo; è l'epica primitiva e in-^'
tegra, dove non è ancora penetrata la lirica e
è
il
masso enorme
maraviglia e
di
di
granito, che
ti
linee,
osa Dante mettervi
tali
dramma:
spavento, e dove non osa penetrare lo
scarpello a cercare le vene, a nudare
Ma
il
spinge indietro di
lo
le
ossature.
scarpello, e tracciarvi tali
configurazioni, che ricordano le
più.
profonde
più alti effetti
drammatiche e suscitano
lirici. In mezzo alla nuda e severa grandezza di una natura gigantesca e monotona apparisce tutta la varietà e
la battaglia degli elementi, una scena della vita, colta
in ciò che ha di più tenero e di più umano. Ugolino sul
suo piedistallo infernale ha la faccia colpita dalla eter-
combinazioni
nità,
i
con lineamenti
è la statua dell'odio, di
fìssati:
odio eterno, insoddisfatto, immenso,
inaccessibile
all'
immaginazione.
come l'immensa
Ma
ecco Ugolino
narsi, e le lacrime spuntare dal ciglio, e le
pagnare
co' gesti le parole e
parire sulla mobile faccia.
i
È
un
alpe,
uma-
mani accom-
più diversi sentimenti
com-
tornato uomo; è un padre
mezzo a' figli. Qui si affacciano le più fine gradazioni
una situazione drammatica profondamente intuita. È
un crescendo che ti conduce dal patetico allo strazio, e
dallo strazio sino alla disperazione, alla morte dell'anima, alla degradazione umana, a quell'essere che con gli
in
di
occhi torti riprende
il
teschio co' denti e
s'
immobilizza
—
di
nuovo
in
—
74
tutte queste gra-
tìgli.
del padre; ciascuna loro parola è
netìci
non se ne avvedono;
cenza,
tirio
E
quella eternità deli' odio.
dazioni saltan fuori per la bocca de'
loro
il
amo re
nel padre, e
bervaT^quaì^è
là,
amano
e lo
convertono
si
glTTpezzano
Sono essi caruna trafittura e
i
tanto!
La
loro_ inno-
mar-
in istrumenti di
l^"ani ma,
e ne fanno lina
sul^suo^piedistallo infernale^TIa tene-
rézza e la pietà paterna diventano ferocia e rabbia
la grime
diventano
de^gli_S]2ettatQri.
È
Lo
lui
di resti
;
,
l
e
c on infinito terrore e orrore^
,
guadagna Dante. _
stesso sentimento
anche
infer ocito
inna nzi,
morsi
quasi
c he
,
se
li
avesse
prenderebb e a mors i, q uei Pisani, vituperio
li
delle__geiiiL
Gittare in mezzo a concezioni così selvagge figure e
situazioni così tenere e gentili e amabili, conservare l'u-
nità del concetto e del disegno e del colorito fra tanta
di gradazioni, far vibrare tante corde senza che
motivo principale fosse dimenticato, anzi far servire
varietà
il
quella diversità a ricondurci allo stesso motivo,
ginare
di
più nuovi,
i
più inaspettati,
i
scena e riempirli
di t^mebre,
di
i
imma-
più pietosi colpi
silenzio
,
di
dispera-
zione e di monotonia, introdurre contrasti cosi veri, cosi
naturali, così intimi accanto a tanta unità, spingere le
immagini
e
i
sentimenti
grandioso,
al
al
selvaggio, al
con tale finezza di
sublime, e con tale fusione
della natura
effusione
gradazioni, con tale ingenuità ed
anzi
esagerato
umana che niente ti paja artificiale e
ne
e
necessario,
tutto ti paja vero, naturale, evidente,
di
colori,
,
resti
percosso profondamente nella tua natura
questi sono
i
ni iracoli
Appunto perchè questo
il
moderno. Francesca e U-jolino sono
terate.
in tutto
il
uomo,
è di tutti gli schizzi danteschi
più graduato e sviluppato, è anche
sti vivi
d'
dell' arte.
mondo
Quel non so che
i
il
due
più popolare e
episodi!
civile nelle classi
di
rima-
anche
illet-
troppo concentrato e fisso e
—
abbozzato, che è
tesche, qui
che
carattere di tutte
il
alla vista le
umano.
Ma come Francesca
liana, così quel
Musa. Non
figli.
Il
le
concezioni dan-
grandi profondità del cuore
è rimasta unica nella poesia ita-
sentimento a cui qui Dante attinge tanti
drammatici,
effetti
—
fonde, mostrandoti contrasti e gradazioni,
si
aprono
ti
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si
può
dir quasi straniero alla nostra
è dato più di ritrovare quel padre e quei
ci
sentimento di famiglia è una pianta
eso-
quatti
tica sul nostro suolo, e né in prosa, né in verso
ti
è dato
una moglie, o ima masi può dir che sieno
sentimenti estranei alla nostra gente; anzi vi hanno radici profonde, massime presso il popolo. Ma come in così
cosa è una
un padre, o un
di sentire
dre,
o
sorella,
figlio.
Non
bella natura è desiderato presso
i
nostri poeti lo schietto
e intimo sentimento della natura, così fra tanti affetti di
famiglia è desiderata quella vita intima e casalinga, dove
abita così spesso e con tanta dimestichezza la
Nord.
A
amori
superficiali, e
noi piace
spettato e
cizia,
lo
le
mobili e vive impressioni, Tina-
il
culto della natura,
modesta, confortata dagli
una vita semdomestici, sono
affetti
materia inadeguata alla nostra immaginazione mobile.
Am-
miriamo Antigone, Merope, Laocoonte, Andromaca,
ii
uu' ammirazione artistica, e perciò superficiale.
[Sentiamo noi stessi, tutto noi,
posi puri, così semplici,
non
alfieri
li
troviamo più
rappresentare
Dante ha
del
spettacoloso, vita di piazza e di toga. L'ami-
la famiglia,
plice e
Musa
fantastico e lo straordinario, e gli
il
i
colà dentro. Questi affetti
mancano con
nel tumulto
Merope
ma
Non
la
nostra prima età,
del
mondo. Poteva
?
suoi successori fuori d'Italia.