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Anno IV - Numero 213 - Giovedì 10 settembre 2015 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Tv e veleni L’intervento Mineo Casamonica: Vespa dribbla le polemiche Eterologa, bluff da smascherare Il Cara dei killer verso la chiusura Zappa a pag. 3 Tarzia a pag. 4 Fruch a pag. 10 NEL SILENZIO GENERALE SI PREPARA IN AFFIDAMENTO DIRETTO IL BUSINESS DEI TERMOVALORIZZATORI SENZA ALCUN RISPETTO PER LE NORME SULLA CONCORRENZA di Francesco Storace ALL’APPALTO nche sui rifiuti - è il caso di dirlo l’amministrazione regionale gioca sporco. È un assalto al business contro chi ostacola disegni affaristici progettati a tavolino. Nel mirino, in questo caso, un pezzo di imprenditoria che ha osato contrapporsi - con denunce e non con chiacchiere - al monopolio di Cerroni nei rifiuti. Che sarà la magistratura a stabilire se instauratosi illecitamente, ma certo l’abbattimento di ogni concorrenza ha rappresentato per tantissimi anni la regola. Soprattutto in Campidoglio. Ora ci si mette anche la regione di Nicola Zingaretti, che ormai si crede un imperatore. Decreta tutti i giorni su ogni materia istituzionale, pretende di non rendere conto a nessuno delle sue scelte. Anche sull’interrogazione in tema di rifiuti che abbiamo depositato formalmente in aula alla Pisana, state certi che come una saponetta punterà a sfuggire. Fosse solo una partita tra poteri, amen, il cittadino potrebbe fregarsene. Ma se quello che Zingaretti e il suo assessore Civita stanno architettando ha un sovraccosto di sei milioni di euro in più per i cittadini del Lazio con l’aggravante di voler ignorare deliberatamente ogni procedura di trasparenza e concorrenza in tema di appalti di servizi, allora A L’azienda di Fabio Altissimi, la Rida ambiente, scrive alla regione manifestando interesse all’acquisizione del ramo d’azienda. Per il privato, consentire la chiusura del ciclo dei rifiuti trasferendo all’impianto dI una società che è già dotata di ogni tecnologia necessaria per trasformare il rifiuto urbano indifferenziato in combustibile solido secondario, garantirebbe continuità e qualità del servizio nonché un costo certo e contenuto per i comuni serviti dall’impianto con un significativo risparmio per le amministrazioni locali - ergo i contribuenti - di circa 60 euro a tonnellata. Se consideriamo che le tonnellate che può ricevere in più la RIDA Ambiente sono oltre 100.000, il risparmio annuo per i comuni serviti dall’impianto è di oltre 6.000.000 di euro. La regione Lazio schiva, si nega, non risponde. Ben tre lettere per chiedere come partecipare all’operazione non hanno avuto alcuna risposta, e del resto nel decreto di Zingaretti c’è incredibilmente scritto che “si prevede la cessione della partecipazione o l’ingresso in partnership di un grosso operatore del settore entro il primo semestre del 2016”. Il colpo gobbo è già pronto, senza alcuna gara, in affidamento diretto. Senza rispetto per la concorrenza da garantire. Stavolta finiscono in tribunale anche loro. Altro servizio a pag.7 Alla regione Lazio anche i rifiuti diventano un business per pochi, gettando dalla finestra sei milioni di euro: da Cerroni al monopolio Acea diventa obbligatorio arrabbiarsi. In gioco c’è la dismissione di Lazio Ambiente, azienda partecipata dalla regione in tema di rifiuti. Il primo atto è la cessione del ramo d’azienda che riguarda i termovalorizzatori. Zingaretti ha varato il decreto di avvio della procedura ma tutto sembra già scritto: in affidamento diretto “deve” vincere l’Acea capitolina (leggasi Pantalone), che attraverso la sua rete societaria passerebbe al controllo di una quota enorme di mercato di del settore, IMMIGRAZIONE: NEL MIRINO CHI NON SI ALLINEA a colpi di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti trasformati in combustibile solido secondario. Manlio Cerroni era un liberal-liberista-liberalizzatore al confronto. Occhi e portafogli puntati verso l’impianto di Colleferro. PADOVA: “IL SEGRETO DI ITALIA” CONTESTATO DAI CENTRI SOCIALI I “soliti noti” e le loro invettive contro la storia Il regista Antonello Belluco: “Il mio film ha smosso qualcosa. E questo fa paura a qualcuno” di Cristina Di Giorgi erata movimentata quella di martedì a Padova. In programma, nell’ambito della rassegna cinematografica “Arena Estate 2015” (in corso presso i Giardini di piazza Eremitani) c’era un appuntamento dedicato al film “Il segreto di Italia” e al volume che il regista ha scritto per raccontare il suo lavoro. Ad introdurre l’evento, Antonello Belluco stesso. Che, raggiunto telefonicamente, ci ha raccontato quello che è successo: “poco dopo l’inizio del film, a vedere il quale era presente parecchia gente, una trentina di persone con megafoni e striscioni ha oltrepassato il botteghino ed ha iniziato ad urlare e ad inveire”. Gli esponenti dei centri sociali, al grido di “ora e sempre Resistenza”, hanno quindi cercato S TUTTI I RAZZISMI D’EUROPA Vignola a pag 2 senza riuscirci di interrompere la proiezione ed hanno anche reagito male a chi tentava di filmare quel che stava accadendo. “E pensare – commenta amareggiato il regista - che era la prima volta che fuori da un cinema in cui veniva proiettato ‘Il segreto di Italia’ non c’era la polizia. Mi sono illuso che fosse un buon segno. Purtroppo mi sbagliavo”. Nonostante l’azione di disturbo, alla quale hanno posto fine le forze dell’ordine intervenute su sollecitazione del regista, il pubblico ha ancora una volta accolto bene “Il Segreto di Italia”. E se c’è qualcuno che “reagisce in maniera scomposta come i centri sociali – commenta Belluco - è perché quando si racconta una verità che non piace, come ho fatto io e come hanno fatto anche Pansa e Cristicchi, oggetti delle stesse ‘attenzioni’ ricevute dal mio film, si destabilizza un sistema, se ne evidenziano gli errori e si contribuisce ad allon- tanare la gente dalla falsa ideologia che ne è alla base”. Tra l’altro, dice ancora il regista, “anche qualche ex partigiano ha apprezzato il mio film. Uno di loro, presente a Padova, mi ha detto che non è ‘Il segreto di Italia’ ad offendere la Resistenza, ma la gente che si comporta come i centri sociali”. Che, comportandosi come l’altra sera, non si rendono conto della loro ristrettezza mentale. E per fortuna che all’estero queste cose non succedono: “il mio film è stato recentemente proiettato a Montreal. Un successo enorme: sale strapiene e standing ovation. E mi è stato chiesto di presentarlo anche a vari festival negli Stati Uniti e in India. Questa è la prova che ‘Il segreto di Italia’ ha mosso qualcosa. E probabilmente – conclude il regista - questo fa paura a qualcuno”. 2 Giovedì 10 settembre 2015 ATTUALITA’ IL SISTEMA DELL’ACCOGLIENZA ORMAI FA CORTO CIRCUITO IN TUTTE LE LINGUE D’EUROPA Traduttore simultaneo di razzismi La Danimarca cerca di scoraggiare l’arrivo di rifugiati e finisce nel mirino insieme all’Ungheria Il commissario Juncker minaccia: dovete accogliere tutti. Ma la Germania lo fa solo coi siriani di Robert Vignola tutto un fomentarsi, sulle sorti dei migranti. Ieri il più arcigno difensore di quote e nuove direttive dell’Ue, da accettare a scatola chiusa pena le sanzioni, è stato Jean-Claude Juncker. Per la serie “oste, com’è il vino?” il commissario Ue ha difeso le decisioni sostanzialmente da lui prese davanti all’Europarlamento riunito. La sua richiesta? Presto detto: accogliere ulteriori 160mila rifugiati in Europa da ripartirsi in quote obbligatorie tra gli Stati. “Non parliamo di numeri, ma di esseri umani che vengono da Siria e Libia. Quello che stanno passando potrebbe accadere a chi oggi vive in Ucraina: non si può fare distinzione di credo, etnia o di altro tipo”. Come non si può fare distinzione neanche sulle cause della situazione in Siria, Libia o Ucraina: destabilizzazioni eterodirette, alle quali (quando non vi ha partecipato direttamente attraverso singoli stati) l’Europa non ha saputo mettere un freno. Ecco, ma su queste cose non è il caso di fare “razzismo”: il danno lo fa uno? Pagano tutti. Anzi, pronti a ricevere ucraini (in fuga da Putin, va da sé). Per Juncker l’esodo biblico davanti al quale si trova il vecchio continente è comunque poca cosa, in termini percentuali, rispetto a ciò che sta affrontando il Libano. Anche qui, però, totale è il silenzio sulle cause che hanno portato quel Paese a ospitare un rifugiato ogni quattro dei suoi abitanti. Il lussemburghese sventola invece il nuovo spauracchio, l’uomo con la bandiera nera: “Non ci sarebbe prezzo che non paghereste per fuggire, non c’è mare che non cerchereste di attraversare, non c’è confine che non cerchereste di varcare se alle vostre spalle ci fosse l’Isis. E anche se costruiamo muri e barriere, i rifugiati non smetteranno di venire verso l’Europa”. Il che è vero. Per l’intanto si registra pure che verso l’Europa sono già arrivati, travestiti da rifugiati, fior di comandanti di battaglioni da 700 uomini che hanno combattuto in Siria e che oggi “scappano dall’Isis”. Ma anche da accuse di violenze, profanazioni e atti terroristici che i cristiani di Siria gli mandano dietro. Pure qua, evidentemente, non è il caso di fare razzismo: il profugo è profugo, anche se ha partecipato alla carneficina. Meno convinta è la Danimarca. Il regno scandinavo sta lentamente scalzando l’Ungheria dal primato della xenofobia. Ieri ha conquistato per due volte le headlines della stampa europea superallineata: un record. Dapprima, perché si è premurata di comprare spazi pubblicitari sui giornali del Libano per dire che il nuovo governo di Copenaghen (centrodestra) ha introdotto delle norme che riducono i sussidi destinati ai profughi del 50% e che in futuro saranno limitate le possibilità di ottenere il permesso di soggiorno; che il ricongiungimento famigliare non è consentito durante il primo anno di permanenza nel paese per i titolari di permesso di soggiorno temporaneo; e via dicendo. Davanti alle prime critiche, il ministro per l’Immigrazione e l’Integrazione danese, Inger Stojberg, ha spiegato che l’avviso è volto a “informare È oggettivamente e con sobrietà” sulle regole del Paese. Ma è stato comunque zittito dall’ondata d’indignazione dei benpensanti continentali, tutti uniti contro la bandiera danese: come si può contraddire il verbo merkeliano, che promette l’accoglienza a tutti? Razzismo anti-rifugiati e per giunta antitedesco! Sfugge tuttavia che giornali turchi si siano prodigati nel rifiutare la vile corona danese, rifiutandosi di pubblicare il messaggio. Non dite che lo hanno fatto perché ben contenti di svuotarsi dei profughi (la frontiera turca è quella più burrosa dell’intera rotta balcanica): sarebbe razzismo anti-Erdogan. Tornando alla piccola Danimarca ha comunque deciso, siccome anche nella fiera lingua scandinava deve esistere una fedele traduzione del motto ‘ca nisciuno è fesso, di fermare i treni alla sua frontiera sud, l’unica terrestre che ha, con la Germania, e di controllare il passaporto ai gentili passeggeri. Onta suprema al dogma della libera circolazione delle merci e degli uomini (anche se clandestini, quando non direttamente terroristi): e giù accuse di egoismo e “populismo”. Praticamente razzismo. E quando sono austriaci e tedeschi a controllare il Brennero? Rassismus? Nein! In Ungheria si saranno almeno rinfrancati di non prendere da soli gli anatemi di chi ha scelto l’accoglienza come unica religione laica del terzo millennio. Anche se gli insulti (e l’immediato licenziamento) sono piovuti su una videoperatrice che, travolta da una carica di aspiranti rifugiati che rompeva un cordone di polizia, ha tirato calci (dopo aver ricevuto qualche spallata? Sssshht, occhio al razzismo…) ai nuovi ospiti. O sul sindaco del paesino di Asotthalom che ha affisso manifesti in cui invita i cittadini a non toccare gli oggetti abbandonati dai “migranti” e a prestare attenzione, recandosi dal medico in caso di sintomatologie. Raccomandazioni igieniche davanti a un’emergenza? No, razzismo cinico e per giunta clinico. Passa invece sott’occhio un altro razzismo: quello britannico. Loro festeggiano la Regina e intanto bloccano le frontiere. Il sindaco di Calais, Natacha Buchart, ha detto qualcosa d’interessante: il 90% degli immigrati che hanno fondato una baraccopoli da decine di migliaia di persone in riva alla manica non vogliono chiedere asilo alla Francia. Razzismo anti-francese? Lasciamo perdere. Anche perché lo stesso sindaco ha accusato l’Italia di averli fatti passare (razzismo anti-italiano) e i governanti per conto di Sua Maestà di fregarsene ostentatamente. Chiaro razzismo anti-britannico, solo che Cameron ha appena fatto sapere che i suoi servizi segreti s’andranno a scegliere personalmente i propri rifugiati nei campi Onu in Medio oriente, fregandosene di quelli già arrivati in Europa. Razzismo anti-europeo. Ma non possono prendere esempio dalla Germania: che accoglie sì mezzo milione l’anno di cittadini, come strilla Juncker. Ma ‘sto mezzo milione è tutto siriano, quindi di profughi con un livello d’istruzione superiore garantito dagli anni di benessere passati sotto le grinfie di quel cattivone di Assad. Mica sarà razzismo verso gli altri migranten, tipo quelli sbarcati a centinaia di migliaia in Italia? Macché: teutonica efficienza! IL TESTO È GIÀ APPRODATO ALLA CAMERA Ius soli, le tante strade per diventare italiano e qualcuno pensa che davanti alla massa che si annuncia alle porte d’Europa, dopo quella che è già entrata, vi sia una qualche sorta di ripensamento sullo ius soli, è servito. La prossima settimana, per l’esattezza giovedì, scade il termine per presentare gli emendamenti del testo unificato a firma di Marilena Fabbri (Pd). Che è già alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, e gode pure del privilegio di essere definito “priorità”, quindi di avere una corsia agevolata per dribblare le proverbiali lentezze parlamentari dell’ordinamento italiano. Testo unificato ma che non gode della firma della correlatrice Mariagrazia Calabria (Forza Italia) che si è sfilata per divergenze. Lo ius soli che rischia quindi di essere S approvato, anche in tempi piuttosto brevi, prevede per chi nasce in Italia la cittadinanza qualora almeno uno dei due genitori sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni, antecedenti alla nascita o se uno dei due genitori, sia nato in Italia e vi risieda da almeno un anno. Come se non bastasse, anche i minori i cui genitori non abbiano i requisiti di cui sopra, e hanno meno di 12 anni, possono ottenere la cittadinanza se hanno frequentato regolarmente per cinque anni le scuole nazionali. Invece, i ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni e aver frequentato “un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”. R. V. INTERROGAZIONE SUL RICHIAMO DELL’UNAR ALLA MELONI: FIGURACCIA IN AULA DEL MINISTRO Il governo prende Boschi per fiaschi a tutta l’aria di una tremenda figuraccia quella rimediata da Maria Elena Boschi alla Camera ieri pomeriggio. Il ministro ai Rapporti con il parlamento doveva replicare in question time all’interrogazione di Fabrio Rampelli (Fdi) sulla vicenda del richiamo dell’Unar, l’ufficio antidiscriminazione, alla presidente del suo partito, Giorgia Meloni. Sul merito, ha fatto buon viso a cattivo gioco riportando che il segretario generale di Palazzo Chigi “ha chiesto formalmente chiarimenti al responsabile” dell’Ufficio, “che sono stati forniti e al momento sono al vaglio per verificare se ci siano o meno gli estremi per eventuali provvedimenti di carattere disciplinare”. Nel metodo, è scivolata nel classico “colpa di chi c’era prima”. E poteva essere davvero un H colpo da novanta, quando ha detto in Aula che “il dirigente ha fatto fede a quanto voluto dal governo Berlusconi e dalla dottoressa Rauti, allora responsabile dell’Ufficio”. Solo che gliel’avevano raccontata male. A svelarlo è stata la stessa Giorgia Meloni. “Non so davvero cosa si possa rispondere a un Governo che durante il Question Time alla Camera dei Deputati dichiara il falso. È inesatto quello che il ministro Boschi sostiene in riferimento alla lettera di censura che mi ha inviato la Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso l'Unar. È inesatto che vi sia un presunto schema tipo delle lettere dell'Unar: la prassi consolidata prevede che la missiva di 'richiamo' entri nel merito della vicenda, tanto che anche sulla lettera che ho ricevuto vengono riportati il numero del 'caso da citare nella risposta' e le mie dichiarazioni virgolettate. Di conseguenza non è vero che questo schema tipo di lettera sia stato ideato nel 2009, anche perché ricordo al Governo che l'istituzione dell'Unar risale al 2003 con a capo il direttore attuale”. La leader di Fdi smentisce anche un altro passaggio della risposta del governo. “Ma l'apice della falsità è stato toccato dal ministro Boschi quando ha letto 'le esatte parole' come dai lei stessa precisato, il testo della lettera tipo dell'Unar”. Il confronto è impietoso, in effetti: il testo è completamente diverso e la Boschi poteva facilmente verificare da sé. “Per noi l'italiano non è un'opinione e soprattutto non lo è la Costituzione che sancisce il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero - Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia conclude Giorgia Meloni -. Evidentemente lo è per un governo illegittimo, che nessuno ha voluto e nessuno ha votato, abituato ad offendere le Istituzioni italiane tanto da presentarsi a Montecitorio e mentire anche di fronte a un testo scritto su carta intestata della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. R.V. Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Giovedì 10 settembre 2015 ATTUALITA’ HA SCATENATO UN PUTIFERIO PIÙ LA PUNTATA DI PORTA A PORTA CHE GLI STESSI FUNERALI DI CASAMONICA Un “vespaio” fuori tempo massimo Cinque Stelle e autorevoli voci del Pd arrivano quasi a chiedere la testa del conduttore, che si difende in diretta. Storace: critiche ipocrite. In trasmissione intervista “riparatrice” all’assessore Sabella di Marco Zappa n’autentica tempesta di polemiche s’è abbattuta su Bruno Vespa e la Rai per la puntata di Porta a Porta sui Casamonica, che ha visto protagonisti la nipote e il figlio dell’ormai ex capoclan Vittorio. Che hanno difeso a spada tratta il “padrino”, paragonandolo addirittura al Papa buono, Karol Wojtyla. Una serata dedicata ai funerali della vergogna - che si sono celebrati nella Capitale lo scorso 20 agosto a base di poster con la scritta “Re di Roma”, petali di rosa sparsi dall’elicottero, carrozze e cavalli - che ha raggiunto uno share del 14,54% con 1,34 milioni di telespettatori che hanno sì criticato lo “spettacolo”, salvo poi rimanere inchiodati davanti alla tv fino alla fine dell’evento. Dito puntato contro il noto conduttore, accusato di aver lasciato a Vera e Victor Casamonica la possibilità di tutelare defunto, famiglia e esequie senza un efficace contraddittorio. Uno show che ha scatenato un’infinità di reazioni con il U Partito Democratico che s’è detto addirittura “indignato”. La bacchettata è arrivata dal Commissario Pd a Roma, nonché presidente dell’Assemblea nazionale, Matteo Orfini. Che ha spiegato come offrire un palcoscenico ai Casamonica sia stato “un errore grave che non c’entra nulla con il servizio pubblico”. Ma è stata solo la primissima stoccata di una lunghissima serie. Con l’indignazione che col passare del tempo è montata quasi fino a sembrare davvero esagerata. Il vice sindaco di Roma, Marco Causi, ha invitato la Rai “a chiedere scusa alla città. Perché trovo davvero inaudito che il servizio pubblico ospiti componenti di quella famiglia per fare intrattenimento mascherato da informazione. Quella andata in scena l’altra sera è la dimostrazione di ciò che dico da tempo: la mafia a Roma è da molti sottovalutata e c’è ancora chi la ritiene alla stregua di un fenomeno davvero folkloristico”. Da che pulpito arriva la predica, verrebbe da dire. Da un’amministrazione, quella comunale, già colpita e offuscata dallo scandalo di mafia Capitale. Un’inchiesta che avrebbe dovuto portare alle dimissioni del primo cittadino Ignazio Marino, commissariato e affiancato dal prefetto di Roma Franco Gabrielli, incaricato da Matteo Renzi di fargli praticamente da badante. Salvato, da Angelino Alfano, che a sentire le parole di Causi avrebbe dovuto sciogliere anche il comune di Roma e non solo il municipio di Ostia. Altro giro altra corsa. Sull’Aventino pure Guelfo Guelfi (ex Lotta Continua), da poco approdato nel Cda Rai, che ha sparato a zero contro la trasmissione: “Le fasce morbose fanno l’indice di ascolto”. Puntuale, come un orologio svizzero, il siluro di Beppe Grillo. Che sul suo blog ha preso di mira “il servizio pubblico paramafioso”. Durissimo, il commento del Se- gretario della Vigilanza Rai, Michele Anzaldi (Pd): “La puntata sui Casamonica lascia sconcertati”. Di diverso avviso Francesco Storace, leader de La Destra, che ha twittato: “Mah, tutte 'ste proteste sui Casamonica a Porta a porta mi paiono ipocrite. Nei Tg e sui giornali invece sì? Si chiama informazione”. Tutti, o quasi, contro Vespa, che intanto festeggia gli ec- cezionali numeri fatti registrare. Con una audience più alta che con Renzi. Il popolare conduttore s’è fatto sentire in serata, dopo che anche il direttore di RaiUno Giancarlo Leone aveva già definito “trasparente e completa” la puntata, annunciando comunque l’intervista “riparatrice” col prezzemolino mediatico del Campidoglio: l’assessore alla legalità Alfonso Sabella, ex magistrato. Tornando al giornalista, non ha certo perso in mezzo alla gran tempesta il suo tradizionale aplomb. “Io credo che il servizio pubblico debba trattare tutto, il problema è come. E io credo che abbiamo trattato la vicenda dei Casamonica da servizio pubblico”, ha detto davanti alle telecamere della puntata di ieri sera. “Lasciateci fare il nostro mestiere”. E ancora: quella dei Casamonica “è una famiglia molto complessa e con un alto tasso di criminalità, la persona di cui sono stati celebrati quei funerali volgari ed eccessivi non era un mafioso né uno spacciatore. Noi dovevamo contestare quello che Polizia e Carabinieri e l’opinione pubblica gli ha contestato”. GIRONE RISCHIA DI RESTARE IN INDIA ANCORA UN ANNO, IN ATTESA DELLA PRIMA UDIENZA DAVANTI ALLA CORTE DELL’AJA Calma piatta sul fronte Marò Tempi lunghissimi e l’Italia ha le mani legate La Marina perde la pazienza: “Salvatore deve tornare” di Marcello Calvo alma piatta sul fronte Marò. L’Italia sembra avere le mani legate, in attesa dei primi pronunciamenti da parte della Corte arbitrale dell’Aja. Il collegio dei giudici è già stato costituito, ma per la prima udienza ci vorrà almeno un anno. Tempi lunghissimi, infiniti. Soprattutto C per chi, da oltre tre anni e mezzo, viene tenuto letteralmente in ostaggio in India. Lontano dalla propria famiglia, in attesa di ricevere giustizia. E’ il caso di Salvatore Girone, vittima di una situazione davvero paradossale. Praticamente abbandonato dai tre governi che si sono interessati della vicenda (Monti, Letta e Renzi), fautori della politica degli annunci. Quella caratterizzata da promesse mai mantenute e telefonate di circostanza nei giorni di festa o malattia. Di trattative diplomatiche fallite e di mosse tardive. A niente sono valse le campagne umanitarie, le mobilitazioni di massa e le iniziative mosse soprattutto da quotidiani di centrodestra. Siamo in una situazione di stallo assoluto. Solo un grave problema di salute ha permesso a Massimiliano Latorre di poter rientrare in Patria per curarsi. Con i Marò quasi ridotti a sperare in un infortunio per riabbracciare i propri cari. Ma che razza di giustizia è questa? La febbre Dengue, quella che ha costretto al ricovero Girone, non è servita ad ottenere un provvedimento clemente da parte della magistratura indiana. Insensibile, menefreghista e sporadica al tempo stesso. Calma piatta, appunto. Tutti in silenzio. Tranne chi ha preso davvero a cuore questa battaglia ed intende vincerla. E chi, invece, di abbandonare i propri “figli” non ne ha la minima intenzione. E così il Consiglio Centrale di Rappresentanza (Cocer) della Marina militare ha deciso di alzare nuovamente la voce. Perché dopo quasi quattro anni di ingiusta “detenzione”, a “Salvatore deve essere consentito di rientrare in Italia. Se non è un ostaggio, che ci fa ancora in India? Con la sospensione dei procedimenti (per effetto della sentenza del tribunale del mare di Amburgo, ndr), non essendoci alcun capo di imputazione, non si può continuare a limitare la libertà degli individui in barba alle norme sui diritti dell’uomo”. Tant’è, Girone sarà costretto a rimanere ancora a lungo in India. Almeno fino alla prima udienza davanti alla Corte dell’Aja. Mentre per la sentenza definitiva, si rischia di dover aspettare ben 24 mesi di tempo. Una chimera. MARCO CERRETO (PRIMA L’ITALIA) CONTESTA NEL MERITO E NEL METODO IL RILEVAMENTO SU PARTITO E FONDAZIONE “Da Fdi un sondaggio di parte” n sondaggio che non è piaciuto a Prima l’Italia. Marco Cerreto, portavoce della formazione, una delle sigle che sta lavorando alla riunione della de- U stra politica italiana, ha infatti bersagliato Fratelli d’Italia per la scelta di raccogliere l’opinione degli iscritti in merito al soggetto che potrebbe nascere dalla riu- nione della Fondazione An in programma io 3 ottobre. Critiche che Cerreto ha portato sia nel metodo che nel merito. “Apprendiamo dalla stampa i risultati di un sondaggio "fantasma" che sarebbe circolato negli ambienti degli iscritti Fdi-An, il cui esito sarebbe stato sbandierato come un netto rifiuto della base del partito al ritorno di Alleanza Nazionale. Intendo precisare da componente della direzione nazionale del partito che non solo non mi risulta sia stato commis- sionato alcun sondaggio ma, al di là dei dubbi sul committente, io come tanti miei colleghi iscritti a Fdi, non ho mai ricevuto nulla”. “Inoltre, appare del tutto evidente che le modalità con cui sono stati formulati i quesiti risultano forzatamente capziose, oltre che viziate nell'elaborazione, visto che, ad esempio, vengono citate persone che oggi non sono più in politica o non sono iscritte alla Fondazione An. Stesse perplessità le esprimo sulle modalità di somministrazione del sondaggio: per- ché, ad esempio, non pubblicarlo per una settimana sul sito del partito? Ancor meno chiare sono le dinamiche con cui sono stati svelati i risultati, che lasciano intendere una volontà di dar vita ad una temeraria strumentalizzazione su un tema così importante in questi giorni che ci separano dalla data dell'Assemblea degli iscritti della Fondazione An chiamata a decidere il prossimo 3 ottobre sul ritorno all'impegno politico della fondazione stessa”, conclude Cerreto. R.V. 4 Giovedì 10 settembre 2015 ATTUALITA’ MANCANO I DONATORI E VIENE COSÌ ALLA LUCE TUTTO IL PERICOLOSO RETROTERRA DI INTERESSI E BUSINESS Eterologa, smascherato il bluff ideologico DA RELATRICE AL DDL UNIONI CIVILI “Cirinnà intollerante”, chieste le dimissioni opo l’intervista al ''Corriere della sera'', in cui la senatrice del Pd Monica Cirinnà parla di "posizioni da Medioevo" facendo riferimento ai senatori azzurri e a quelli di Ncd perché "non vogliono proprio accettare l'idea delle coppie omosessuali. Non vogliono dare diritti alla coppia", Forza Italia ha chiesto le dimissioni della relatrice del ddl sulle unioni civili. La richiesta è stata formalmente avanzata in commissione Giustizia al Senato da Giacomo Caliendo e Lucio Malan. Sulla stessa lunghezza d’onda anche D di Olimpia Tarzia opo la sentenza della Corte Costituzionale che nell’aprile 2014 ha abbattuto l’ultimo paletto della Legge 40 in difesa dell’embrione, sancendo l'incostituzionalità del divieto di fecondazione eterologa e nonostante l'approvazione delle linee guida da parte delle Regioni, la fecondazione eterologa, soprattutto per quel che riguarda le modalità di reperimento di gameti, resta priva di un’analitica disciplina. Tale anomalia permarrà anche con l'entrata in vigore delle nuove Linee Guida che non disciplinano tale aspetto. Come era facile ipotizzare, quindi, il via libera alla fecondazione ete- D rologa si sta rivelando un boomerang per le amministrazioni locali. Tutte le principali Regioni che hanno mutuato le linee guida e avviato la fecondazione eterologa hanno dichiarato più o meno ufficialmente, tramite i dirigenti sanitari dei centri pubblici autorizzati, che il nodo centrale della questione è proprio l'assenza di banche nazionali e regionali di donatori di gameti sia maschili che femminili per assenza di donatori. Il sì sbrigativo all’eterologa, spinto da interessi delle cliniche private, non ha permesso di cogliere appieno la complessità della tematica, sottovalutando il fatto che la fecondazione da donazione di gameti non erano state mai eseguite prima nei centri pubblici italiani. La soluzione adottata per la maggior parte delle fecondazioni eterologhe fin qui avviate è stata il ricorso alle banche estere; tuttavia ciò è avvenuto con iniziative autonome delle singole strutture in assenza di una disciplina legislativa che regoli con certezza la materia. Il ricorso alle banche estere nasconde, quindi, molteplici rischi tra i quali quello di una speculazione sull’acquisto dei gameti che sarebbe peraltro vietata dalla normativa comunitaria che prevede, come noto, l’assoluta gratuità della donazione. È evidente come in presenza di un vuoto normativo che regoli la donazione e il reperimento da banche estere di ovociti, il tutto è lasciato in balia di autonome e singole iniziative nelle quali non è possibile controllare che siano stati rispettati i principi previsti dalla nor- mativa comunitaria. Ricordo quanto dichiarato da Giovanni La Sala, direttore del centro di Reggio Emilia: “A livello personale sono contrario alle bio-banche estere. Formalmente risultano a posto con la legge comunitaria che vieta di remunerare le donatrici, nella pratica la ricompensa c’è. Si chiama in altro modo, ad esempio indennità". In tempi non sospetti avevo denunciato più volte come l’ok all’eterologa fosse un annuncio ideologico e avrebbe ovunque incentivato il business delle cliniche private e il mercato nero dei gameti, il tutto a scapito della salute delle donne. Se la donazione di spermatozoi è infatti più semplice, la donna deve invece sottoporsi a iperstimolazione ovarica e poi a un intervento chirurgico in il senatore Maurizio Gasparri, che ha dichiarato: "Opportunamente il capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, Caliendo, e il collega Malan hanno chiesto la sostituzione della Cirinnà, che oggi (ieri, ndr) in un'intervista ha attaccato e offeso in modo inaccettabile e con palesi menzogne quanti chiedono su adozioni e uteri in affitto modifiche al testo. L'intolleranza della Cirinnà è intollerabile. Non può svolgere la funzione affidatale, in Aula con lei avremmo il caos e la paralisi", conclude l’azzurro Maurizio Gasparri. anestesia. Insomma, ad una tecnica invasiva come la donazione di midollo. Una donazione che dovrebbe essere libera e gratuita, ma che, come era immaginabile, sta incentivando il mercato nero degli ovociti sulla pelle delle donne. Sui muri dell’Università La Sapienza recentemente era comparso un avviso ‘cercasi donatrici ovuli, previsto rimborso spese’. Una bufala? Forse. O forse no. Il business ha le sue regole e non ammette limiti di alcun genere tanto meno di natura etica: poco importa se questo richiede il sacrificio di tante vite umane come gli embrioni manipolati nella fecondazione artificiale e la messa a repentaglio della salute e, a volte, della vita delle donne che vi si sottopongono. LA MAGGIORANZA NON DEMORDE E RIPROPONE LA NORMA CONTRO QUESTO TIPO DI INFORMAZIONE L’ammazza-blog rientra dalla finestra Oltre ai grillini, che rischiano grosso, quella di Storace una delle poche voci levatesi a difesa orna la cosiddetta norma ''Ammazza blog'' e a denunciarlo è di nuovo il Movimento 5 stelle. La norma, scrive su facebook il deputato Danilo Toninelli, “si trova all'interno di quell’orrenda proposta di legge piddina con cui i partiti andranno a scassinare la cassaforte dei soldi pubblici, prendendosi la bellezza di 45,5 milioni di euro. Lo faranno senza pudore come senza pudore stanno cercando di ammazzare lo strumento di informazione politica del blog. Uno strumento che si finanzia con la pubblicità dei privati e non con i soldi dei cittadini. Inutile il dire che non gli conviene far passare questa norma”, aggiunge Toninelli, in merito alla proposta di legge in discussione in queste ore a Montecitorio. Il riferimento è all’emendamento a firma del deputato Mauro Ottobre (Misto) al ddl di modifica dell'articolo 9 della legge 6 luglio 2012, concernenti la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. L'emendamento chiede che blog e siti che fanno riferimento a partiti o movimento politici e nei quali sono presenti delle pubblicità, devono certificare flusso degli accessi, ricavi, spese, provider su cui vengono effettuati i servizi di pubblicità nonché i soggetti a cui sono intestati gli account. Una norma che la maggioranza di governo cercò di far passare già nel luglio scorso e contro la quale, a parte quella dei grillini, T MA IL MINISTRO POLETTI FA FINTA DI NIENTE Garanzia Giovani a rischio senza i soldi dell’Europa ette le mani avanti Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro, davanti alla possibilità che il progetto Garanzia Giovani – un altro dei tanti fallimenti del governo Renzi, anche questo venduto però come un grosso risultato agli occhi dell’opinione pubblica – non prenda più un euro dall’Europa e dunque non possa proseguire. Il progetto Garanzia Giovani "andrà avanti anche se dovesse venir meno il contributo dell'Unione europea. In che modalità lo stabiliremo più avanti", ha detto il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti nel corso della conferenza stampa di presentazione di ''Crescere in digitale'' nella sede del Ministero a Roma. "Interrompere Garanzia Giovani sarebbe come M poche altre voci si levarono allora, ad iniziare da quella di Francesco Storace, leader de La Destra: “La norma sui blog e qualunque altra proposta che puntasse ad impedire raccolta pubblicitaria su testate legate ad esponenti politici come anche il nostro Giornale d'Italia – scrisse Storace anche nella qualità di direttore responsabile - sarebbe palesemente incostituzionale. Con la raccolta pubblicitaria si mantiene chi lavora all'informazione, intere redazioni, collaboratori. Non sono soldi ai partiti. È mercato; il fine è rendere più libera la società, plurale e non monolitica. Il legislatore nazionale non utilizzi la propria competenza a scrivere norme in materia di pubblicità in maniera distorta e antidemocratica. Evidentemente, chi ha certe leggi in testa pensa che la pubblicità sia uno strumento per comprare giornalisti. No, la pubblicità serve a diffondere tutto quel che può interessare l'utente della pubblicità sulle testate presenti nei vari segmenti di mercato: un comune, ad esempio, deve fare comunicazione pubblicitaria sulle testate che parlano della città, e non solo su quelle che parlano bene dell'amministrazione. È un'idea totalitaria quella che concepisce la pubblicità come strumento per comprare o annientare il nemico", concluse il segretario nazionale de La Destra e vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. comprare una macchina nuova ogni volta che finisce la benzina- ha aggiunto il ministro- ora la struttura è avviata e non avrebbe senso interromperla". Ma con quali fondi?, è stato quindi chiesto al ministro: "Sono cose che eventualmente bisognerà stabilire più avanti – ha risposto Poletti, secondo l’autentico ‘stile’ di questo governo che tende sempre a rinviare problemi e soluzioni ma abbiamo a disposizione fondi per l'occupazione sia a livello statale che regionale, si tratterebbe di incanalarli in Garanzia Giovani". 5 Giovedì 10 settembre 2015 ESTERI CONFRONTI DIPLOMATICI E GUERRA ALL’ISIS Gli Usa contro l’asse Putin-Assad Kerry: “Intensificare il sostegno militare al governo siriano potrebbe avere conseguenze drammatiche” di Tatiana Ovidi intervento di Mosca al fianco di Assad, che alcuni considerano come l’ultimo baluardo di difesa di un Medio Oriente laico e nazionalista in grado di contrastare il Califfato che avanza, sembra abbia un po’ infastidito gli americani. Il giornalista Gwynne Dyer ha infatti scritto di un John Kerry molto nervoso nei confronti del Cremlino: “il segretario di stato americano ha telefonato al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, avvertendolo di non intensificare il sostegno militare al governo siriano”. Ed ha aggiunto che le azioni della Russia potrebbero “portare alla perdita di altre vite innocenti, all'incremento dei flussi migratori e al rischio di uno scontro con la coalizione che lotta contro lo Stato islamico in Siria”. Dichiarazioni queste ultime piuttosto pesanti, alle quali si potrebbe rispondere con una domanda sull’utilità ed incisività dell’intervento della citata coalizione, che ad oggi sembra tutt’altro che determinante. Fino ad ora comunque, Mosca si è limitata ad inviare in Siria una squadra militare, di quelle che solitamente vengono dislocate per preparare l'arrivo di un contingente più ampio. E questo significa che molto probabilmente i russi si stanno preparando a intervenire in forze per salvare il presidente Bashar al Assad. Per tutta la durata della guerra civile in Siria, il Crem- L’ lino ha fornito a Damasco sostegno diplomatico, aiuti economici e armi, ma questo oggi non è più sufficiente: ci vorrà infatti almeno una rapida consegna di armamenti pesanti e probabilmente anche l’intervento dell’aviazione russa in sostegno all’esausto esercito siriano. Ed in proposito sempre il giornalista canadese Dyer, ripreso da L’Internazionale, scrive che la Siria ha davvero bisogno di aiuto “da maggio, quando i jihadisti del gruppo Stato islamico hanno conquistato Palmira nel centro della Siria, hanno continuato ad avanzare verso ovest a partire dalla loro nuova base. Un mese fa hanno conquistato la città a maggioranza cristiana di Al Qaratayn, a nordest di Damasco (i cui abitanti, naturalmente, sono fuggiti). E ora le truppe dello Stato islamico sono a trenta chilometri dalla M5, l'autostrada che collega Damasco con le altre parti della Siria che sono ancora sotto il controllo del go- PRESIDENZIALI USA: LA CLINTON CALA NEI SONDAGGI E-mail gate: Hillary chiede scusa L’ex first lady ammette: “È stato un errore, me ne assumo le responsabilità” rosegue la “telenovela” tutta americana che ha come protagonista Hillary Clinton, accusata di aver utilizzato email private per il lavoro nel periodo in cui era segretario di Stato durante il primo mandato di Barack Obama. L’ex first lady, in un’intervista, si è infatti pubblicamente scusata per quanto avvenuto: “è stato un errore e me ne assumo le responsabilità. Cercherò di essere il più trasparente possibile”. Frase storica questa, anche se decisamente non in linea con quanto in precedenza dichiarato: la Clinton aveva infatti sempre detto di non aver nessuna intenzione di scusarsi. Nel frattempo l’Fbi sta continuando ad indagare per capire se quello che ormai tutti definiscono “emailgate” ha avuto conseguenze quanto alla sicurezza delle istituzioni: sembra infatti che, tra la posta elettronica ricevuta, vi siano state anche comunicazioni classificate come “top secret”, inviatale dalla Cia e dall’agenzia dei servizi che raccoglie informazioni mediante droni e satelliti . A rivelarlo è stato il New York Times, anche se la Clinton ha sempre negato. Oltre al fatto che per lo scambio di informazioni delicate è obbligatorio l’uso di canali di comunicazione P verno”. Ed a proposito della conquista di Palmira, Dyer ci va giù duro, sottolineando che se i jihadisti sono riusciti a conquistarla “è perché la ‘coalizione contro lo Stato islamico’ (in pratica l'aviazione statunitense) non ha lanciato neanche una bomba per difenderla. Ha effettuato almeno mille missioni per difendere Kobane, la città curda al confine con la Turchia assediata dai combattenti del gruppo Stato islamico, perché i curdi erano alleati di Washington. Palmira invece DAL MONDO USA-CUBA: PROSEGUE IL DISGELO Il percorso avviato tra Cuba e Stati Uniti per quanto riguarda la ripresa dei rapporti diplomatici prosegue abbastanza rapidamente. La prossima tappa del disgelo tra i due Paesi vedrà riunirsi la commissione mista bilaterale che, questo venerdì a L’Avana, affronterà tematiche importanti. Tra i punti all’ordine del giorno, come ha fatto sapere in un comunicato il ministro degli esteri cubano, ci sono “nuove aree di cooperazione e dialogo sugli affari bilaterali e multilaterali, compresi quelli nei quali sussistono concezioni diverse”. LAS VEGAS: A FUOCO AEREO PER LONDRA istituzionali (usarne altri per la legge americana è illegale), sembra che le email controverse transitate per l’account personale della signora Clinton siano migliaia. E se l’ex first lady ha provato, con le recenti scuse, a porre rimedio ad una situazione che rischia di crearle non pochi problemi, sono sempre di più quelli convinti del fatto che la lentezza con cui si sta facendo chiarezza sia dettata dalla volontà di coprire uno scandalo. E non, come sostenuto inizialmente dall’ex first lady, da un tentativo di distogliere dalla campagna elettorale. Scuse come cambio di strategia prima di un crollo definitivo dei consensi? Probabilmente si. Anche perché i sondaggi parlano, per la candidata democratica Clinton, di una perdita di addirittura dieci punti percentuali (dal 52% di un mese fa al 42% di oggi). E nell’attesa del confronto previsto per ottobre con gli altri concorrenti del suo partito alla corsa per la presidenza, Hillary – fanno sapere i suoi consiglieri potrebbe ulteriormente cambiare strategia. Sempre che l’email gate non le scoppi in faccia prima. Stella Spada era difesa dai soldati di Assad, e quindi gli Stati Uniti hanno lasciato che lo Stato islamico se ne impadronisse”. Questo perché, prosegue Dyer, gli Usa non volevano dare l’impressione che difendendo Palmira volessero aiutare Assad. Se però “le truppe dello Stato islamico riusciranno a tagliare l’M5, questo sarà visto come un segno dell’imminente sconfitta del governo. A quel punto quasi la metà delle persone che ancora vivono in territori controllati dal regime di Damasco (circa 17 milioni di persone) potrebbero farsi prendere dal panico e cercare di lasciare il Paese. Tra questi ci sarebbero naturalmente le minoranze religiose e anche i milioni di musulmani sunniti che hanno servito il governo e l’esercito”. Tutti possibili futuri “profughi che potrebbero riversarsi fuori dai confini della Siria, aggiungendosi ai quattro milioni (di siriani) che lo hanno già fatto. Quel che si lascerebbero alle spalle sarebbe una Siria interamente controllata dai jihadisti”. Scenari questi drammaticamente possibili. Di fronte ai quali l’idea che gli Usa possano creare una forza moderata capace di sconfiggere sia l’Isis sia Assad appare un’illusione. E Mosca, consapevole di questo, ha deciso di mettere in campo le proprie forze. Agli Stati Uniti dunque non resta che scegliere: o con Assad e Putin o con l'Isis. Non c'è via di mezzo. Un volo della British Airways in partenza dall’aeroporto di Las Vegas e diretto a Londra ha preso fuoco in fase di decollo. A bordo del Boeing c’erano 159 passeggeri e 13 membri dell’equipaggio. L’episodio, che poteva rivelarsi decisamente drammatico, ha avuto per fortuna conseguenze piuttosto lievi: soltanto due i feriti che sono stati immediatamente trasportati in ospedale in condizioni sembra non gravi. Gli altri passeggeri sono stati regolarmente evacuati. Quanto alla dinamica dell’incidente, l’autorità federale americana per il trasporto aereo ha fatto sapere che, secondo le prime informazioni, il motore sinistro dell’aereo ha preso fuoco. Dal canto suo la Boeing ha dichiarato di aver aperto un’indagine interna per appurare le cause dell’incendio. Nel frattempo una pista dello scalo internazionale di Mccarran è rimasta fuori uso, ma l’aeroporto continua a funzionare regolarmente. GIAPPONE: LANCIATO L’ALLERTA PER IL TIFONE ETAU L’agenzia meteo nipponica ha lanciato l’allerta per l’arrivo del tifone Etau. La perturbazione, che in queste ore sta raggiungendo il Giappone centrale, porta con sé un abbondante carico di pioggia, con possibili conseguenze in termini di frane e inondazioni. Etau, che attualmente ha raggiunto la penisola di Chita, si sta dirigendo a nord ovest con una velocità di 25 chilometri, con venti fino a 110 km orari. Le autorità locali hanno emesso l’ordine di evacuazione per circa 14mila residenti. Il maltempo ha inoltre avuto pesanti effetti sui trasporti: diverse linee ferroviarie sono state sospese in via prudenziale e alcune tratte autostradali sono state chiuse. I voli cancellati hanno superato quota 50. TURCHIA: ATTACCO A SEDE DEL PARTITO FILOCURDO Una folla inferocita ha attaccato il quartier generale del partito filo-curdo Hdp ad Ankara. L’accusa, mossa dai nazionalisti turchi (che hanno organizzato manifestazioni e proteste in tutto il Paese) è quella di avere rapporti con i guerriglieri del Pkk, che nei giorni scorsi si sono resi responsabili di alcuni attentati contro l’esercito turco e la polizia. Al Jazeera riferisce che secondo alcune fonti a marciare contro il palazzo dell’Hdp sarebbero state 2000 persone. 6 Giovedì 10 settembre 2015 STORIA “CASO” DALSER: IL DUCE TOLSE IL SUO COGNOME AL BAMBINO NEL 1932, PERCHÉ NON FARLO PRIMA? Siamo sicuri che Benito Albino fosse figlio di Mussolini? “Non è mio”, disse a Claretta Petacci nel 1938: non si può escludere che la stessa Ida gli abbia rivelato la verità di Emma Moriconi ulla vicenda Dalser di cui abbiamo cominciato a parlare ieri c'è ancora da dire qualcosa. Al di là dei giudizi sommari forniti nel tempo su Benito Mussolini in merito alla tragica storia di Ida e del figlio Benito Albino, qualche riflessione che scenda un po' più in profondità andrebbe fatta. E ribadisco il quesito: Benito Albino era davvero il figlio di Benito Mussolini? Perché non mi convince tutto questo? E, si badi bene, che lo fosse o meno poco cambia in termini di pietà umana suscitata inevitabilmente dalla sua storia e da quella di sua madre. Quindi lo dico subito, a scanso di equivoci: il destino di Ida Dalser e quello di Benito Albino non possono che provocare immensa pietà. Ma sulla questione delle responsabilità qualcosina da dire c'è eccome. I punti da esaminare sono vari, ed eccone uno: la paternità di Benito Mussolini. Lui riconosce il bambino, è vero. Ida gli ha detto che è figlio suo, perché dubitarne? In effetti la donna aveva avuto una relazione con lui, i tempi ci sono, Benito non ha ragione di dubitare che quel bambino sia suo. Nel 1932 il cognome di Benito Albino viene cambiato in "Bernardi". E qui, giù con gli improperi contro il "tiranno", che - udite udite - toglie il suo cognome al figlio. Nel 1935 Benito Albino viene internato in un ospedale psichiatrico. Dei problemi di madre e figlio abbiamo già ampiamente parlato. Nel 1938 Benito dice in via confidenziale a Clara Petacci che quel ragazzo non è suo figlio. Ora, non prendo per buono tutto ciò che scrive Clara Petacci, specialmente quando dettaglia periodi testuali lunghissimi. Ma nei concetti, in linea di massima, soprattutto quando riferisce questioni "di cuore", la fonte è attendibile. Per esempio, Benito le rivela i suoi dubbi circa la paternità dei figli di Alice Pallottelli De Fonseca, altra sua amante: è sempre il 1938, e ammette che potrebbero essere suoi. E di loro infatti continua ad occuparsi, fornisce aiuto economico alla madre, si informa sul loro stato di salute con frequenza. Di Benito Mussolini ho compreso molte cose, molti aspetti della sua personalità, tutti derivati da documenti che sono andata a cercare al fine di tirar fuori di lui certi aspetti dal punto di vista umano, oltre che politico. Non ha mai abbandonato S Particolare della dichiarazione giurata di Ida Dalser; il notaio scrive: “... è comparsa personalmente la signorina Ida Irene Dalser...” La firma di Ida sotto la dichiarazione giurata al notaio: non compare, ovviamente, il cognome “Mussolini”; sotto, Ida e Benito Albino nessuno a se stesso: di casi ve ne sono molti, la Pallottelli è uno di questi; un altro è quello di Cesira Carocci, che fu la sua governante fino alla metà degli anni Trenta. Delle persone che, a vario titolo, avevano avuto a che fare con lui, Benito Mussolini si è sempre occupato, quando hanno avuto bisogno di lui c'è sempre stato. Nel caso di Benito Albino fece lo stesso. Anche quando fu Arnaldo ad occuparsi di lui, non gli mancò nulla: sostentamento economico, scuole, attenzioni. Altra considerazione: ma come? Benito Mussolini non era il "famigerato dittatore"? E quanto avrebbe impiegato - se fosse stato davvero un "dittatore" - per togliersi dai piedi i fastidiosi "ingombri" che Ida e Benito Albino potevano costituire per lui? E invece che fa, il "dittatore"? Non li fa "sparire", come se non fossero mai esistiti? No. A Benito Albino toglie il cognome. Con tanto di carte che lo testimoniano. Le quali carte mica sono come quelle che storici e studiosi si affannano a cercare da settant'anni a questa parte, quelle che il Duce portava con sé quando la colonna in cui viaggiava fu fermata a Musso, che si sono volatilizzate, per esempio... no, quelle sono lì, non sono andate a finire "misteriosamente" chissà dove. Certo che è proprio uno strano "dittatore", Benito Mussolini. Torniamo al nostro "caso": perché, dunque, togliere al bambino il cognome? Nel 1932? Perché non farlo prima? Benito Albino nasce nel 1915, Mussolini prende il potere nel 1922, le leggi cosiddette fascistissime arrivano tra il '25 e il '26, perché non farlo subito? Perche non togliere immediatamente il proprio cognome allo "scomodo" figlio? Perché non nel 1927? O nel 29? Perché arrivare al 1932? Possiamo escludere del tutto che Benito Mussolini in questo frattempo abbia scoperto che Benito Albino non è suo figlio? È ipotizzabile che la stessa Ida gli abbia rivelato che quel figlio non era il suo? Che era di un altro? Perché furibonda, per esempio, come accadeva spessissimo? Per ferirlo, per tentare di farlo ingelosire? Del resto le ha provate tutte, è plausibilissima anche questa ipotesi. Potrebbe essere stata questa la ragione che lo indusse a riprendersi il cognome che gli aveva dato. Quanto alla condizione dei manicomi, di storie come quella di Ida e di Benito Albino ve ne sono un'infinità, una più tragica dell'altra. Nessun destino può dirsi felice quando si compie dentro un ospedale psichiatrico. Ida e suo figlio avevano grossi problemi di salute psichica, siamo negli anni Trenta, e i manicomi in Italia esistevano già da circa quattro secoli, e anzi nel 1924 (guarda caso proprio nella "famigerata" epoca fascista, e ad appena due anni dall'insediamento di Benito Mussolini), si tentò di invertire la rotta, rendendo le strutture idonee più alla cura dei pazienti che alla loro detenzione, e per abolirle bisognerà attendere il 1978... ben trentatre anni dalla caduta del "famigerato" Fascismo. E negli anni Trenta, due persone con problemi mentali come Ida e Benito Albino, dove avrebbero dovuto metterle? Insomma, tentare di fare ancora demagogia su questa triste vicenda è da sciacalli. Quella tragedia è figlia di un'epoca e di un destino crudele. Certo, oggi fa orrore pensare ad una povera donna disagiata e a un povero giovane sfortunato e malato che finiscono i propri giorni dentro un manicomio. Ma oggi è trascorso un secolo da quei fatti. Un secolo! Se si pensa che quelle strutture esistevano anche quarant'anni fa ben si comprende come la demagogia su questo tema sia pura e semplice [email protected] ipocrisia. 7 Giovedì 10 settembre 2015 DA ROMA E DAL LAZIO FANNO DISCUTERE LE DECISIONI PRESE DALLA GIUNTA DI CENTROSINISTRA Gestione rifiuti: interrogazione di Storace Il presidente della Regione dismette la partecipazione in Lazio Ambiente senza garantire rispetto della concorrenza e con aggravio di costi IL SONETTO Forestgam Fecero n gran firn su n tontarello me pare Forestgam che se chiamasse, però qualunque cosa j'accadesse j'annava tutto pe finì sur bello, nzomma c'ava n gran c..fortuna. Un sinnaco qua se stava pe cacciallo poi d'improviso come n libbro giallo ner buio fu la luce de la luna. Poi venn'o stadio,e gare, l'anno Santo er gran funerale che vedrai je gioverà perchè nu je tira mai de contr'er vento e puro si n è capace de fa gnente sto Forestgam c'aresta ncora qua come si fosse n capo de la gente GRM di Daniele Belli La regione, con decreto del presidente Zingaretti, dispone la dismissione della partecipazione nella Lazio Ambiente iniziando dalla cessione del ramo d’azienda costituito dai termovalorizzatori. Ma se si vuole conoscere termini e modalità per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica necessarie all’acquisizione dello stesso dalla Giunta solo silenzi”. E’ quanto dichiara il vicepresidente del Consiglio regionale e capogruppo de La Destra, Francesco Storace, che ha presentato una interrogazione per chiedere, al Presidente della Giunta, di garantire tutte le procedure di trasparenza e concorrenza in tema di appalti e servizi ed evitare, quindi, che in tema di rifiuti si arrivi ad un regime di monopolio già conosciuto in passato nel nostro territorio. Perché, dopo mesi, sembra che nulla sia cambiato. Il soggetto (Rida Ambiente) che denuncia questa mancanza di trasparenza e concorrenza è lo stesso che per anni si è opposto al monopolio di Cerroni nei rifiuti. Sembrerebbe cambiare soltanto il monopolista. Negli ultimi mesi la Rida Ambiente ha inviato tre lettere in regione. Nelle stesse l’azienda ha manifestato l’interesse ad acquisire, anche in unione con altri partners commerciali, il ramo d’azienda avente ad oggetto i termovalorizzatori e chiede, quindi, di conoscere termini e modalità per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica necessarie all’acquisizione del ramo d’azienda. La prima di queste lettere è stata inviata lo scorso 11 maggio, ma da allora nessuna risposta è giunta al soggetto scrivente che ha cominciato a sospettare che ci sia la volontà di evitare di ga- “ Mafia CUPitale i chiamo Alessandra e non ho mai avuto nulla dalla vita, se non un lavoro dignitoso dopo aver lavorato in nero per anni, accettando condizioni al limite. Sono una ragazza madre e grazie alle agevolazioni di legge sono stata assunta anni fa con un contratto di lavoro regolare. Ho ricominciato a vivere, a respirare. Avevo realizzato il mio sogno finalmente, riuscendo a permettermi un monolocale di 35 metri quadri, la mia reggia, all’interno della quale vivo serenamente e con dignità con mia figlia, la luce dei miei occhi. Nei giorni scorsi tutto questo è stato messo in discussione, poiché qualcuno ha avuto la brillante idea di indire un bando Cup che con ogni probabilità non corrisponde alle esigenze dei lavoratori. Se non dovesse essere bloccata la gara o quantomeno rimodulate le clausole sociali di riassorbimento, la mia vita cambierà drasticamente in negativo e mi ritroverò nuovamente sola, senza uno stipendio fisso, con un affitto da pagare (400 euro) e una figlia di 3 anni da mantenere e crescere, senza che nessuno possa aiutarmi. Dal sogno passerò all’incubo. Sarò costretta a tornare a fare le pulizie e ad accettare nuovamente un contratto in nero e della serenità e della dignità di cui parlavo M all’inizio non ve ne sarà più presenza alcuna. Quotidianamente mi trovo ad aiutare le persone in difficoltà che si rivolgono, bisognose, allo sportello del nosocomio presso il quale lavoro, ma le domande che mi sorgono spontanee sono le seguenti: chi si occuperà dei nostri di problemi, chi penserà a noi lavoratori che a breve potremmo perdere definitivamente il lavoro, chi si prenderà cura di noi? A causa di interessi privati di persone che non hanno preso a cuore la nostra situazione, se tutto dovesse rimanere così come è adesso, verrò con ogni probabilità licenziata e non avendo più uno stipendio per mandare avanti la famiglia, rischierò di perdere, la casa, mia figlia, il mio unico amore, che verrà assegnata ai servizi sociali e la mia vita non avrà più un senso. Non posso e non voglio assolutamente accettare questo futuro, per me e per mia figlia. Può essere questa una vita dignitosa? Può essere questa una vita serena? Spero che qualcuno si metta una mano sul cuore e possa intervenire per evitare che centinaia di persone, con drammi personali analoghi ai miei, possano rischiare di finire sul lastrico per la negligenza di chi pensa più ai propri interessi che a quelli della comunità. Sono una lavoratrice del Cup rantire un adeguato livello di concorrenza, con il rischio che l’operatore pubblico/privato attualmente operante sul territorio (Aria – Gruppo Acea), venga a trovarsi in situazione di monopolio Una attenta lettura del decreto del Presidente della Giunta sembrerebbe confermare la tesi sostenuta dalla Rida Ambiente: “Si prevede la cessione della partecipazione o l’ingresso in partnership di un grosso operatore del settore entro il primo semestre del 2016”. Questo, però, non deve preoccupare soltanto l’azienda di Aprilia, ma l’intera collettività che con la negazione di ogni procedura di trasparenza e concorrenza rischia di trovarsi, in tema di rifiuti, una nuova concentrazione monopolistica che ha già portato enormi danni alla nostra regione. Ma non finisce qui. Secondo quanto comunicato da Rida Ambiente ai competenti uffici regionali, consentire la chiusura del ciclo dei rifiuti trasferendo all’impianto della stessa Rida, già dotata di ogni tecnologia necessaria per trasformare il rifiuto urbano indifferenziato in combustibile solido secondario, garantirebbe continuità e qualità del servizio nonché un costo certo e contenuto per i comuni serviti dall’impianto con un significativo risparmio per i comuni stessi di circa 60 € a tonnellata rispetto a quelli applicati; considerando che le tonnellate che può ricevere in più la stessa azienda sono oltre 100.000, il risparmio annuo per i comuni serviti dall’impianto arriverebbe a oltre i 6.000.000 di euro. Storace nell’interrogazione conclude affermando: “sarebbe opportuno, quindi, che la maggioranza di centrosinistra riveda il decreto di “Riordino Partecipazioni operanti nel settore ambientale” e si attivi per evitare l’eventuale sovraccosto di sei milioni di euro per i cittadini del Lazio, cercando inoltre, di dare riscontro alle tre lettere di richiesta di informazioni della Rida Ambiente su come partecipare alla eventuale procedura di evidenza pubblica necessaria all’acquisizione del ramo d’azienda e garantire tutte le procedure di trasparenza e concorrenza in tema di appalti e servizi. Questo per evitare che in tema di rifiuti si arrivi ad un regime di monopolio già conosciuto in passato nel nostro territorio. ASSOTUTELA RIVOLGE UN APPELLO AL GOVERNATORE E PRESENTERÀ UNA DENUNCIA IN PROCURA “Zingaretti si prenda le sue responsabilità” ssoTutela non molla e rivolge un altro appello al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, su cui sono piombate innumerevoli critiche sia dai lavoratori che dalla politica e dal mondo sindacale sulla nuova gara Cup. “E’ arrivato il momento che Zingaretti si prenda le sue responsabilità e prenda in mano la situazione, mettendo ordine a questa vicenda relativa il bando di gara Cup della regione Lazio, poiché ne vale il futuro di centinaia di lavoratori che a giugno del 2016 rischiano seriamente di perdere il posto di lavoro”. E’ il monito di Michel Emi Maritano e Antonio Petrongolo, rispettivamente presidente di AssoTutela e legale dell’associazione. AssoTutela ha messo in risalto le criticità del bando che “è contrario alla legge regionale numero 16 approvata il 18 settembre 2007, che fa riferimento esplicito all’effetto dei contratti e tale principio è poi stato confermato dal nuovo codice degli appalti, in votazione in Parlamento”, ricordando che “qualche giorno fa infatti, il Senato ha approvato un emendamento che in previsione di una specifica disciplina degli appalti pubblici, sostiene che se il costo della manodopera è pari al 50% dell’importo totale si prevede l’inclusione di clausole sociali per salvaguardare e tutelare la stabilità occupazionale dei lavoratori”. Nell’attuale bando, però, oltre 350 lavoratori rischiano il posto di lavoro, quasi il 20% del personale. L’assenza di una clausola di salvaguardia sociale, infatti, consentirebbe ai vincitori della gara, rispettando le percentuali sulle quote, A di assumere personale nuovo e licenziare i dipendenti attualmente impiegati. Problematiche denunciate da Francesco Storace (La Destra) nell’interrogazione presentata al governatore Zingaretti, in cui ha chiesto l’immediata revoca della gara Recup, anche alla luce della chiusura delle indagini della Procura, nonché della scarsa trasparenza che la Giunta regionale fin qui ha palesato su tutta la vicenda. “Alla luce di ciò, sembra evidente che il bando presenti delle irregolarità ed è quindi da revocare immediatamente”, ha aggiunto AssoTutela, che ha annunciato la presentazione di una denuncia presso la Procura della Repubblica di Roma per abuso di atti d’ufficio, interesse privato in pubblico e tutti quei reati che i pm di Roma possano ravvisare. 8 Giovedì 10 settembre 2015 ECONOMIA COMPLETATO IL PARCO EOLICO MELOWIND - LA SODDISFAZIONE DI VENTURINI, AD DI GREEN POWER Enel col vento in poppa anche in Uruguay nel Green Power (Egp) ha completato e allacciato alla rete il parco eolico Melowind, il suo primo impianto in Uruguay da 50 MW di capacità installata, situato nella zona di Cerro Largo, a circa 320 chilometri dalla capitale Montevideo. “Siamo soddisfatti di aver iniziato la generazione di chilowattora in Uruguay”, ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Enel Green Power, Francesco Venturini.“L’Uruguay ha caratteristiche perfettamente in linea con la nostra strategia di crescita, in quanto è un paese in rapida crescita economica e demografica, connotato da abbondanza di risorse naturali e da un quadro normativo stabile. Il Paese mira a diversificare il mix energetico nazionale, incrementando l'utilizzo delle risorse locali entro il 2030, e la nostra energia pulita contribuirà al raggiungimento di questo obiettivo”. Enel Green Power per la realizzazione di Melowind ha investito circa 98 milioni di dollari statunitensi. L’impianto è in grado di produrre più di 200 milioni di chilowattora all'anno, equivalenti ai consumi di circa 74 mila famiglie uruguaiane, evitando l’emissione in atmosfera di oltre 62 mila tonnellate di CO2. Melowind è caratterizzato da un “load factor” del 47%, equivalente E a più di 4.100 ore di produzione all'anno. L’elettricità prodotta da Melowind sarà venduta a Ute (Administración Nacional de Usinas y Trasmisiones Eléctricas), la società statale per la trasmissione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica in Uruguay, grazie a un “Power Purchase Agreement” (Ppa) della durata di venti anni, già firmato. L’Uruguay ha una capacità installata di circa 3,7 GW, con il 66% della sua produzione elettrica da energia rinnovabile. Enel Green Power è la Società del Gruppo Enel interamente dedicata allo sviluppo e gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili a livello internazionale, presente in Europa, nel continente americano e in Africa. Con una ca- pacità di generazione di energia da acqua, sole, vento e calore della terra pari a circa 32 miliardi di kWh nel 2014 - una produzione in grado di soddisfare i consumi di oltre 11 milioni di famiglie - Enel Green Power è leader di settore a livello mondiale, grazie a un mix di tecnologie ben bilanciato, con una produzione largamente superiore alla media del settore. L’Azienda attual- mente ha una capacità installata di oltre 9.900 MW, con un mix di fonti che comprende l’eolico, il solare, l’idroelettrico, il geotermico e le biomasse. I circa 740 impianti operativi di Enel Green Power sono collocati in 16 paesi. In America Latina, Enel Green Power gestisce impianti da fonti rinnovabili in Brasile, Cile, Costa Rica, Guatemala, Messico, Panama e Uruguay, per una capacità installata totale ad oggi di più di 2.000 MW. Oltre ai 50 MW appena entrati in esercizio in Uruguay, nell’eolico la Società ha impianti per 442 MW in Messico, 283 MW in Brasile, 340 MW in Cile 24 MW in Costa Rica. Nell’area, EGP gestisce inoltre 732 MW di idroelettrico e 178 MW di capacità solare. Grazie all’esperienza secolare nel campo dell’energia geotermica, Enel Green Power sta realizzando l’impianto da 38 MW di Cerro Pabellon in Cile, il primo impianto geotermico in Sud America, con la società nazionale petrolifera Enap. BASTA SALVAGUARDIE PER VITTIME RIFORMA FORNERO Lo scippo agli esodati continua Salta anche Opzione donna, non ci sono le coperture. Fi-Lega e Cgil-Cisl-Ugl all’attacco. Critico anche Damiano (Pd) ltre il danno, la beffa. Il ministero dell’Economia ha deciso, incredibilmente, di non salvaguardare più gli esodati, annunciando lo stop anche per l’“opzione donna”. Le risorse non utilizzate, quindi, torneranno nelle casse dello Stato e non potranno essere più impegnate per tale scopo. Risparmio: 3 miliardi di euro. Una posizione che suscita molti dubbi, seguita dalle ire delle forze parlamentari di minoranza e del mondo sindacale. Una terribile notizia per le vittime della riforma Fornero, emersa prima in via ufficiosa e poi confermata ieri durante la commissione Lavoro della Camera dei deputati con il ministero dell’Economia e delle Finanze, quello del Lavoro, l’Inps e la Ragioneria generale dello Stato. Motivo? Mancano le coperture economiche, anche per anticipare la pensione alle donne di 57 anni con 35 anni di contributi. È andato su tutte le furie il presidente della commissione Cesare Damiano (Pd), secondo il quale il parere espresso dal Mef è “inaccettabile”, c’è un “problema politico” e la commissione intende “interpellare i due ministri di riferimento”. Dura anche Renata Polverini (FI): “È irricevibile l’annuncio del Mef. Quel fondo, per quando ci riguarda, ha come destinazione esclusiva la copertura di nuove salvaguardie delle categorie di esodati ad oggi O ancora escluse”, è la posizione della vicepresidente della commissione, che non ha però nessuna intenzione di rimanere con le mani in mano: “È una vergogna che Forza Italia non può assolutamente accettare, come non accetterà il congelamento della cosiddetta Opzione donna o dell’ormai famoso errore della Riforma Fornero che ha prodotto la categoria dei ‘quota 96’ nel settore della scuola”. Poi si è soffermata sui fondi dell’Opzione donna, che sarebbero “di gran lunga inferiori” rispetto a quanto spiegato dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, mandando poi un messaggio al premier Renzi: “A questo punto deve chiarire definitivamente, se ha intenzione di risolvere una volta e per tutte le troppe ingiustizie presenti nel nostro sistema previdenziale che incidono nella carne viva di troppi cittadini italiani”. Le ha fatto eco la Lega Nord, per voce del deputato Roberto Simonetti: “C’è il tremendo sospetto che Renzi voglia usare i soldi degli esodati per coprire il taglio della tassa sulla prima casa”. “E’ intollerabile lo scippo agli esodati”, ha rincarato la Cgil. Mentre la Uil ha detto “no a penalità aggiuntive”. “Lo Stato ha già fatto cassa con gli esodati e ha gettato sul lastrico centinaia di migliaia di lavoratori”, è l’affondo dell’Ugl, che non ha dubbi: “Questa è l’ennesima ingiustizia”. 9 8 Giovedì 10 settembre 2015 DALL’ITALIA SIRACUSA - L’INCIDENTE AL POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO GARGALLO Cadono in un pozzetto: morti due operai A perdere la vita Salvatore Pizzolo e Michele Assente. Stavano svolgendo operazioni di ispezione con utilizzo di videocamera e robot presso un tombino della rete fognaria oleosa dell’impianto etilene della Versalis di Barbara Fruch ncora morti bianche. Incidente sul lavoro ieri mattina nel polo petrolchimico del gruppo Eni di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, costato la vita a due operai metalmeccanici, Salvatore Pizzolo di 37 anni di Melilli e Michele Assente 33 anni di Siracusa. A quanto si è appreso, da una prima ricostruzione, i due lavoratori di un ditta esterna stavano svolgendo operazioni di ispezione con utilizzo di videocamera e robot presso un pozzetto della rete fognaria oleosa dell’impianto etilene della Versalis, azienda del gruppo Eni. Attorno alle 10.30 un operaio sarebbe scivolato nel pozzetto. Il collega, a questo punto, avrebbe tentato inutilmente di afferrarlo ma, invece di salvarlo, sarebbe a sua volta precipitato. Ignote al momento le cause della caduta. Gli addetti alla sicurezza e altri operai li hanno recuperati e hanno provato a rianimarli con un massaggio cardiaco. Ma non c'è stato nulla da fare: la caduta e le esalazioni sono A risultate fatali. Il trentatreenne Michele Assente sarebbe presto diventato padre di un bimbo. Al momento sono in corso gli accertamenti dell’evento con l’obiettivo di individuare la dinamica dell’incidente e le relative cause. Quello che è successo può essere stato causato delle pericolosissime esalazioni di anidride solforosa, una sostanza letale che non lascia scampo? A chiarirlo sarà la magistratura. Sul posto è giunto il pm Tommaso Pagano che ha disposto il sequestro dell’area mentre l’impianto era stato fermato immediatamente. Dopo la tragedia il sindacato unitario ha indetto per la giornata di oggi uno sciopero generale di tutta la zona industriale, dando appuntamento alle 6.30 davanti alla portineria centrale del polo petrolchimico. I segretari di Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto al prefetto Armando Gradone la convocazione di un tavolo di emergenza per la sicurezza nella zona industriale alla presenza di tutte le aziende del polo.“Quanto accaduto è inaccettabile, non si può andare a lavorare ogni mattina senza sapere se si tornerà a casa – scrive la Fim Cisl in una nota – È assurdo morire di lavoro, bisogna accertare subito i fatti e intensificare i controlli e la prevenzione. La Fim Cisl esprime la propria partecipazione al dolore delle famiglie di Salvatore e di Michele, che avrebbe visto tra un mese la nascita del suo primo figlio”. Intanto la società Eni, attraverso un comunicato,“esprime le più sentite condoglianze alle famiglie coinvolte in questo tragico incidente” sottolineando come “al momento sono in corso gli accertamenti, le analisi dell'evento con l'obiettivo di individuare la dinamica dell'incidente e le relative cause”. Non è la prima volta che al petrolchimico si verificano “morti bianche”. Nel maggio 2013 era deceduto Salvatore Ganci, addetto ad uno degli impianti che trattano acidi di processo di raffinazione alla Isab Nord. Il suo corpo privo di vita venne ritrovato sul percorso che collega l'impianto al quale era addetto con il Cr 34. A dare l'allarme e a fare scattare i soccorsi era stata la segnalazione di alcuni colleghi dell'operatore, insospettiti dal fatto che non rispondesse più alle chiamate della sala radio centrale. L’EPISODIO RIACCENDE LA POLEMICA SUL CAPORALATO Malore nei campi, De Marco non ce l’ha fatta Il bracciante era concittadino di Paola Clemente. Si accasciò nelle campagne del Metapontino il 5 agosto scorso mentre lavorava all’acinellatura dell’uva on ce l’ha fatta. È morto nell’ospedale San Carlo di Potenza, dove era ricoverato nel reparto di rianimazione da oltre un mese, Arcangelo De Marco, il bracciante di 42 anni, di San Giorgio Jonico, colpito da un malore nelle campagne del Metapontino, in provincia di Matera, il 5 agosto scorso. Stava lavorando all’acinellatura dell’uva, quella particolare operazione di eliminazione manuale, dai grappoli di uva da tavola, degli acini sottosviluppati, al fine di ottenere un prodotto uniforme, esteticamente migliore e anche conservabile per periodi più lunghi. Nel nosocomio lucano non si è mai ri- N preso e martedì sera è deceduto. De Marco viveva a San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto, la stessa città di Paola Clemente, la bracciante morta ad Andria durante l’acinellatura dell’uva. Sul caso di De Marco è aperta un’inchiesta coordinata tra le Procure di Matera e di Trani. Inizialmente, infatti, si riteneva che anche De Marco si fosse sentito male ad Andria, poi si è acclarato che invece stava lavorando nelle campagne materane. Anche sul caso Clemente sono state aperte le indagini e dopo la denuncia del marito Stefano Arcuri la Procura di Trani ha iscritto nel registro degli indagati sia il titolare dell'azienda per cui lavorava Clemente sia il responsabile della ditta di trasporti che l'aveva portata da San Giorgio Jonico e l'autista che guidava l'autobus. Il bilancio accertato di lavoratori morti per il caldo durante i lavori in campagna di questa estate sale a 14. Donne e uomini spesso vittime del caporalato: i braccianti agricoli infatti, subiscono sfruttamenti e abusi, sottostando a regole contro ogni linea sindacale, dagli orari alle paghe. Un fenomeno che, soprattutto nel periodo estivo, affligge le campagne dell’area ionica e non solo. Proprio in seguito agli episodi la Guardia di Finanza ha intensificato i controlli, al fine di verificare le condizioni di lavoro nei campi e di accertare eventuali violazioni delle normative. Soltanto nel corso dell’ultima settimana sono state sottoposte a controllo centinaia di aziende agricole, da Lucera a Francavilla Fontana. B.F. MILANO PALERMO Litiga con il socio e cerca di investirlo Debiti: spara al collega e si ammazza a litigato con il socio e ha tentato di ucciderlo, investendolo con il camion. Per questo Federico Pastore, 39enne, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato per tentato omicidio. L’episodio è accaduto fuori da un bar di Rozzano, alle porte di Milano. L’uomo ha tentato di far perdere le sue tracce, mai carabinieri sono riusciti a fermarlo. La vittima della sua furia è R.P., 59 anni, ora ricoverato in gravi condizioni all'ospedale Humanitas. Il fatto, accaduto venerdì scorso, è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza. Grazie ai filmati, è possibile ricostruire la di- H namica. I due soci di un’attività di raccolta porta a porta di rottame metallico (anche se non risultano in possesso della relativa ‘licenza’), entrambi pregiudicati, hanno iniziato a insultarsi e minacciarsi a causa di un debito: uno dei due, infatti, non voleva pagare la propria parte per l’acquisto di un autocarro. Così, l’altro, un 48enne, dopo essersi allontanato per un attimo, è tornato armato di spranga ma è stato travolto dal 39enne, che era già salito a bordo dell’autocarro (quello che era al centro della lite) e ha schiacciato l’acceleratore, travolgendolo. L’impatto sarebbe stato violentissimo, tanto che il 59enne è stato sbalzato per alcuni metri, riportando fratture multiple agli arti inferiori. Il tutto è accaduto in un’area pedonale, vicino ad alcuni passanti terrorizzati. La vittima è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico e ha riportato la subamputazione della gamba sinistra. L’investitore, conosciuto come il Ninja, si è dato subito alla fuga, ma è stato individuato e arrestato dai carabinieri con l'accusa di tentato omicidio e lesioni gravi. Il 39enne, ancora sottoposto all'obbligo di firma, è tornato per la tredicesima volta al carcere di San Vittore. anno litigato per questioni economiche, poi uno ha sparato all’altro, infine si è suicidato. La tragedia è avvenuta ieri nel cuore di Palermo, in via del Parlamento. Il diverbio è nato fra due muratori Giuseppe Di Stefano, 44 anni, proprietario dello stabile, e Alessandro Valenti, 49 anni, la vittima che stava lavorando alla ristrutturazione, che avrebbero avuto problemi economici legati a un debito di lavoro. Secondo una prima ricostruzione i due, che erano colleghi, avrebbero iniziato a litigare per strada, poi all’interno di un magazzino di pro- H prietà di Di Stefano. Di Stefano avrebbe avuto da ridire su come erano stati svolti i lavori. Invece pare che Valenti vantasse un debito proprio per questi lavori. Gli animi si sarebbero surriscaldati. Forse qualche parola di troppo. A un certo punto Di Stefano, residente in una palazzina in ristrutturazione proprio in via del Parlamento, ha deciso di salire a casa. Quando è sceso era armato di un revolver calibro 38 rinvenuto dagli investigatori sul luogo del delitto e successivamente sottoposto a sequestro. Di Stefano prima ha fatto fuoco con due colpi contro Valenti, uccidendolo. Dopo ha rivolto verso se stesso la pistola, togliendosi la vita. Alla scena avrebbe assistito il figlio di Valenti, che era riuscito a scappare ed è stato interrogato dagli investigatori. A dare l’allarme sono state le persone che hanno assistito all’omicidio- suicidio. Inutili i soccorsi. Sul posto sono intervenute pattuglie dei carabinieri che hanno circoscritto l'intera area per preservare la scena del crimine in attesa dell'arrivo degli uomini della Sezione investigazioni scientifiche del Comando provinciale di carabinieri di Palermo, al fine di ricostruire l'esatta dinamica dei fatti. 10 Giovedì 10 settembre 2015 DALL’ITALIA DOPO IL DUPLICE OMICIDIO IN PALAGONIA (CATANIA) SI SVEGLIA ANCHE IL GOVERNO Cara di Mineo verso la chiusura? Il Ministro Boschi spiega che il centro dovrà essere portato a una “situazione ordinaria” per poi valutare se estinguerlo. Intanto un secondo ospite della struttura è indagato per l’uccisione dei coniugi Solano entre emerge un secondo indagato nell’inchiesta sul duplice omicidio a Palagonia, in provincia di Catania, non si placano le polemiche sul Cara di Mineo. L’assassino di Vincenzo Solano e di sua moglie, Mercedes Ibanez, uccisi lo scorso 30 agosto nella loro villa, così come il presunto complice, erano entrambi ospiti della struttura di accoglienza siciliana. Il fatto ha inevitabilmente scatenato una serie di reazioni politiche che si sono susseguite. E ora il governo sta valutando la chiusura del Centro accoglienza richiedenti asilo. Lo ha assicurato il ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi nel question time alla Camera. «A seguito del commissariamento - ha detto Boschi - è stata disposta la richiesta alla prefettura competente di provvedere a recedere anticipatamente gli accordi e la convenzione con i comuni interessati in modo tale da poter provvedere alla gestione tramite la prefettura e poi valutare eventualmente la chiusura o meno in seguito agli accertamenti in corso». Il ministro ha spiegato che il Cara quindi va anzitutto riportato al più presto ad una “situazione ordinaria”, attraverso la diminuzione del numero degli ospiti. La Boschi ha ripetuto le “condoglianze personali M e del Governo” per la famiglia vittima dell'atroce duplice omicidio di Palagonia aggiungendo “l'apprezzamento del Governo” per le parole del presidente della Commissione Ue, Jean-Calude Juncker sul tema dei migranti. Parole, ha spiegato, che segnano “una nuova consapevolezza in Europa che porterà ad un alleggerimento nella gestione del tema accoglienza”. Infine ha ricordato che anche i profughi, se si dimostrerà la loro pericolosità, saranno affidati ai Centri identificazione ed espulsione (Cie) e non più ai Centri accoglienza richiedenti asilo (Cara). Il Cara di Mineo era ritornato al centro delle polemiche proprio dopo la vicenda dei due coniugi uccisi, caso in cui sarebbe coinvolto non solo l’ivoriano Mamadou Kamara, 18 anni, ospite del centro arrestato perché ritenuto autore del massacro e dello stupro della donna. Dagli atti dell’inchiesta emerge infatti il nome di un secondo indagato: si tratta di un maliano di 23 anni, Mouhamed Camara, anche lui ospite del Cara di Mineo, proprietario della bicicletta utilizzata dal 18enne, in sella alla quale è stato ripreso dalle telecamere del circuito di videosorveglianza nei pressi di Villa Solano, proprio la notte del delitto. Il maliano è stato il primo sospettato interrogato dalla polizia di Stato che lo ha messo sotto torchio per via di una presunta telefonata in- tercorsa tra i due immigrati. La Procura di Caltagirone lo aveva inizialmente iscritto nel registro degli indagati per duplice omicidio. La sua posizione è stata poi chiarita dagli sviluppi dell’inchiesta, nella quale risulta ancora iscritto come “atto dovuto”. Un delitto “raccapricciante” come era stato definito dagli inquirenti che aveva nuovamente posto sotto i riflettori il centro di accoglienza che attualmente ospita circa 4mila immigrati. Una struttura che è stata diverse volte al centro di disordini. Non sono mancate proteste degli ospiti e scontri con le forze dell’ordine, come nel 2012, quando diversi agenti rimasero feriti. Poi lo scandalo della gestione, emerso nell’inchiesta romana su mafia-capitale, e l’indagine sulla cosiddetta parentopoli nelle assunzioni che ha portato a cinque informazioni di garanzia nei confronti, tra l’altro, del sindaco di Mineo Anna Aloisi. “Il Cara di Mineo è un caso di Stato”, disse il procuratore di Caltagirone che indagava su illeciti nelle assunzioni e nell'aggiudicazione di un appalto da oltre 100 milioni di euro. Una struttura diventata ormai ingestibile, che potrebbe essere presto chiusa. Ma a quel punto rimarrebbe di certo il problema di dove ospitare quegli stranieri. Questioni con cui ora anche il Governo deve fare i conti. Barbara Fruch MILANO - MARTINA LEVATO E ALEXANDER BOETTCHER NUOVAMENTE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI Coppia dell’acido, la vittima si presenta in aula Stefano Savi vuole guardare in faccia i suoi aguzzini: “Non cerco vendetta, ma voglio la verità” stato sfigurato con l’acido. E ora mostrerà il suo volto per far vedere a tutti ciò che è successo. Lo farà proprio al processo dove sono imputati Martina Levato e Alexander Boettcher, la cosiddetta coppia diabolica già condannata a 14 anni per l’aggressione a Pietro Barbini il 28 dicembre scorso. I due il 16 settembre saranno nuovamente in aula per un nuovo processo a loro carico. Vittima è Stefano Savi, lo studente di 25 anni aggredito con l’acido per uno scambio di persona: è stato il primo di una catena criminale. E ora lui, come spiega in un’intervista al Corriere della Sera, è pronto a guardali in faccia. “Vado in aula per guardare negli occhi chi è accusato di avermi devastato la faccia. Voglio che tutti si rendano conto di quello che mi hanno fatto – spiega il 25enne – Non sono certo io che mi devo vergognare”. E l’auspicio è quello di scatenare una È reazione, facendo vedere a tutti quel che è successo a lui. “Forse scoprendomi la faccia, facendomi guardare, provocherò qualche emozione in aula – continua – Non spero in una confessione, ma esigo la verità”. Stefano, studente di economia, era stato aggredito e sfigurato nella notte tra il primo e il 2 novembre dell’anno scorso mentre rincasava dopo una serata in discoteca. Ma il bersaglio non era lui: era stato colpito per errore, la sua fisionomia era stata confusa con quella di un suo coetaneo, Giuliano Carparelli, fotografo, che con Martina Levato aveva avuto un rapporto in discoteca e quindi, nella strategia criminale e folle della coppia, doveva essere sfregiato per ‘purificare’ la ragazza. “L'idea che mi abbiano preso per un'altro mi atterrisce: con quale leggerezza si può rovinare la vita di un ragazzo?” si chiede il 25enne. Lo studente ora è costretto a portare una maschera cicatrizzante per 20 ore al giorno, oltre alle medicazioni quotidiane. I danni stimati, secondo i legali del ragazzo si attestano ad oltre 3 milioni di euro. Ma lui sta trovando la forza per andare avanti e fare in modo che la sua storia possa servire ad aiutare gli altri. “Sono un ragazzo come tanti spero che la mia storia serva da esempio, perché non succeda mai più a nessun altro – ha detto – Ho subito una terribile ingiustizia e ora non mi stanco di ripetere: non cerco vendetta, ma voglio la verità”. Dal canto loro, Martina Levato e Alexander TORINO Furti in villette, presa banda di albanesi S ono almeno sessanta i furti e le rapine, commessi in tutto il Piemonte, di cui sono ritenuti responsabili i sei membri di una banda di ladri albanesi sgominata dai carabinieri di Torino. I malviventi agivano di notte con i proprietari in casa. I componenti della banda sono stati arrestati con l’accusa di associazione per delinquere, furto, rapina, ricettazione e detenzione di armi e munizioni clandestine. Le indagini hanno consentito di acquisire gravi e concordanti elementi di Boettcher hanno sempre sostenuto la loro totale estraneità rispetto all’accusa. Peccato che quell’aggressione con l’acido ricordi molto quella avvenuta lo scorso dicembre, ai danni di Pietro Barbini. E nel nuovo processo infatti la ‘coppia diabolica’ è imputata per associazione a delinquere per una serie di altre aggressioni con modalità simili, a cominciare da quella del 25enne Savi per arrivare a quella avvenuta due settimane dopo ai danni di Giuliano Carparelli, che in quell’occasione riuscì a salvarsi. Non fu così per Savi che dovrà combattere a vita con quello che gli è successo. Proprio come ha fatto Lucia Annibali, la donna sfregiata in volto con l’acido da due sicari assoldati dall’ex fidanzato, divenuta un simbolo alla violenza contro le donne. Donne che non sono sempre vittime e i casi di Savi e Barbini lo dimostrano. B.F. BRINDISI responsabilità in ben sessanta colpi, tra furti e rapine, commessi nella regione. Ma si sospetta che la banda possa aver agito altre decine di volte nelle province di Torino e Alessandria. La base logistica dei quattro rapinatori era un garage dove i carabinieri hanno trovato parcheggiate diciotto autovetture rubate. Dopo gli accertamenti i mezzi sono stati restituiti ai legittimi proprietari. Dimessa due volte, muore: otto indagati er due volte i familiari l'hanno accompagnata al Pronto soccorso di Martina Franca (Taranto), e per due volte i medici l'hanno dimessa. La donna però, Antonia Antico, 47 anni, è poi morta all'ospedale Perrino di Brindisi. P Ora i parenti hanno presentato una denuncia e otto medici sono finiti sotto indagine. La vicenda è cominciata giovedì scorso: la 47enne si è sentita male ed è stata portata al Pronto soccorso; i medici però l'hanno rimandata a casa. Sabato la stessa scena, di nuovo la corsa in ospedale e di nuovo il rinvio a casa. La donna, assistente scolastica madre di due figli residente a Villa Castelli e sofferente di diabete, è morta però nella notte tra domenica e lunedì. Sul caso ha aperto un'inchiesta la Procura di Brindisi, mettendo sotto accusa 8 medici per omicidio colposo. L'incarico per l'autopsia sarà conferito nei prossimi giorni. Intanto sono già stata sequestrate le cartelle cliniche. 11 Giovedì 10 settembre 2015 CULTURA NOVITÀ MUSICALI Gli Iron Maiden e il loro“Libro delle anime” Undici tracce tra le più lunghe della storia della band, composte in studio con istantanea spontaneità. Grande attesa per le date del tour di Cristina Di Giorgi uscito il 4 settembre 2015 il nuovo attesissimo album degli Iron Maiden. Si intitola “The book of souls”, ovvero “Il libro delle anime”. E’ il sedicesimo cd che la band britannica, tra i massimi esponenti del metal mondiale, produce in studio per i suoi tantissimi fan. E arriva, attesissimo, dopo mesi di preoccupazione per le condizioni di salute di Bruce Dickinson, leader e voce della band, al quale lo scorso anno è stato diagnosticato un tumore alla lingua. Tempestivamente curato, Dickinson è riuscito a guarire poco prima dell’annuncio ufficiale dell’uscita di “Book of souls”. Un album doppio che contiene undici tracce completamente inedite. Oltre un’ora e mezza di musica che, anticipata dall’uscita del singolo (il 14 agosto) intitolato “Speed of light”, è stata registrata a Parigi, nello stesso studio in cui vide la lue “Brave New World”. Tra i brani che compongono la track list di questo doppio cd, due sono stati composti interamente da Dickinson. Sono “If eternity should fail” e “Empire of the Clouds”. Quest’ultimo, che è il più lungo mai composto dagli Iron Maiden (dura 18 minuti), è dedicato al disastro aereo del dirigibile R101, caduto in Francia il 5 ottobre 1930 con a bordo 48 persone. Degne di nota sono poi “Death of glory”, che racconta del Barone Rosso e del suo Fokker e “Tears of È a Clown”, che parla di Robin Williams, l’attore premio oscar scomparso nel 2014. Le prime recensioni apparse on line parlano di “un bel colpo”, con una band “in formissima, con un sound fedele al proprio nome e fama, ma al contempo sorprendentemente vitale” (rockol.it), E ancora: “lavoro davvero prezioso, pienamente all’altezza della fama del gruppo e capace anche di qualche novità” (metallus.it). A proposito del loro lavoro, di cui la band ha deciso di posticipare l’uscita per dar modo al suo frontman di riprendersi dal problema di salute che lo ha colpito e potersi dedicare al meglio alla promozione (cosa che Dickinson sembra abbia tutta l’intenzione di fare), i componenti dei Maiden hanno spiegato che “l’approccio a questo album – ha detto Steve Harris in un’intervista - è stato diverso rispetto ai precedenti. Molte delle canzoni sono state scritte quando eravamo in studio. Abbiamo fatto il possibile per provarle e registrarle immediatamente. Penso che questa istantaneità abbia donato ai brani una forte impronta live. Sono molto orgoglioso di The Book Of Souls, lo siamo tutti e non vediamo l’ora di farlo ascoltare ai nostri fan e soprattutto di tornare on the road il prossimo anno”. Per ascoltarli dal vivo, bisognerà dunque attendere il 2016 (le date usciranno presto sul sito ufficiale della band). Nell’attesa, valgono come anticipazione dell’at- mosfera che gli Iron Maiden hanno voluto infondere in questo cd, le parole di Bruce Dickinson: “siamo entusiasti, ci siamo divertiti molto. Abbiamo lavorato all’album circondati da ricordi speciali, magiche vibrazioni che ci hanno fatto sentire a casa”. VICENZA: INAUGURATA A VILLA CECCATO L’ESPOSIZIONE SUI PARAVENTI GIAPPONESI “Hanami: ammirare i fiori”, tra arte e arredo La mostra, visitabile ogni sabato e domenica fino al prossimo 4 ottobre, propone opere di notevole rilevanza storica NOVITÀ IN LIBRERIA “Ricordi di un Hobbit” tra fantasy e teatro Il lavoro di De Turris e Fusco è una prosa di notevole impatto in cui Sam racconta a sua figlia le emozioni delle sue avventure ianfranco De Turris e Sebastiano Fusco, due giornalisti e scrittori romani autori di numerosi scritti dedicati in particolare al mondo fantasy, hanno recentemente pubblicato “Ricordi di un Hobbit” (Ed. Tabula Fati, 2015). Il loro volume propone un testo in prosa di notevole valore che è stato anche rappresentato in teatro, arricchito da molte illustrazioni e dai contributi di due grandi esperti del mondo tolkieniano: Quirino Principe (che ha firmato la prefazione) e Stefano Giuliano (autore della postfazione). Le sessanta intense pagine di questo libro raccontano di un dialogo tra un Sam Gamgee ormai vecchio e la sua figlioletta adolescente. Che, dopo quindici anni dalla partenza di Frodo e G Gandalf dai Porti Grigi verso il Vero Occidente, chiede al padre di raccontargli della sua giovinezza, del mondo che ha conosciuto, delle sue avventure. “Sam risponde ripercorrendo con l’emozione più che con la ragione i pericoli che ha corso, i mostri che ha incontrato, le meraviglie che ha visto, le sofferenze che ha patito. È con un pianto, più che con un grido, che volge al termine l’Età di Mezzo. Il mondo – si legge nella quarta di copertina - si trasforma: ma i fiori sono sempre gli stessi, sempre la stessa è la voce del vento nella foresta, le stelle brillano sempre nel cielo come gemme d’argento. Si chiude la Terza Era, declinano gli dèi e gli eroi, e sorge l’uomo, solo con la nuda spada nel suo pugno”. CdG stata inaugurata sabato scorso (5 settembre) la mostra dedicata all’arte tipicamente orientale dei paraventi. Intitolata “Hanami – Ammirare i fiori”, l’esposizione allestita a Villa Siciliani Ceccato (Montecchio Maggiore,Vicenza) propone un nucleo di opere di grande ricercatezza. Come illustrato dalla dottoressa Rossella Marangoni, nipponista e docente di cultura giapponese, la mostra è stata organizzata in collaborazione con Giuseppe Piva, antiquario milanese specializzato in arte del Sol Levante. La cui ricerca “è finalizzata al ritrovamento e acquisizione di opere importanti. La sua collezione – si legge in una nota di presentazione dell’evento vicentino – è costituita, oltre che da paraventi come quelli che espone a Villa Ceccato, dal fascino unico e misterioso, da molti degli oggetti d’arte tipici della cultura nipponica. I paraventi” che fanno parte della selezione esposta costituiscono uno spaccato dal taglio colto e ricercato sull’arte giapponese. Si tratta di opere del periodo Edo (1615 – 1868) decorate con foglie d’oro, alberi, fiori, animali e persone, per “raccontare il passare È delle stagioni ma anche feste, riti, miti e epiche battaglie”. Di particolare interesse e notevole rilevanza storico – culturale il paravento dedicato alla battaglia di Sekigahara, combattuta il 21 ottobre 1600, “che fu il culmine dell’aspro confronto che teneva impegnati dal luglio precedente i due schieramenti capeggiati da Tokugawa Ieyasu e Ishida Mitsunari. La battaglia contribuì in modo determinante alla fine dell’epoca Sengoku, il lungo periodo di guerre civili che insanguinavano il Giappone dal 1478: grazie alla vittoria conseguita, Ieyasu si garantì il controllo del paese, fondando poi lo shogunato che avrebbe mantenuto il potere fino al 1868”. La mostra sarà aperta tutti i fine settimana fino al prossimo 4 ottobre. CdG 12 Giovedì 10 settembre 2015 SOCIETA’ SIGNIFICATO DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA SINDROME FETO ALCOLICA E DISTURBI CORRELATI Ancora troppo piccolo per bere Con una gravidanza attenta e consapevole, la Fasd è comunque prevenibile al 100% o al consumo di alcol in gravidanza che può causare le malformazioni al feto. L'appello è risuonato al centro della giornata internazionale della Giornata Internazionale della Sindrome Feto Alcolica e Disturbi correlati, che si è tenuta ieri, il 9° giorno del 9° mese, alle 09.09. Nell'occasione la European FASD Alliance ha presentato la Too Young To Drink 2015 ("troppo piccolo per bere"), una campagna di comunicazione internazionale ideata da Fabrica, centro di ricerca sulla comunicazione del gruppo Benetton, per aumentare la consapevolezza della Sindrome Feto Alcolica e Disturbi correlati (FASD), una serie di possibili danni causati dall''esposizione prenatale all''alcol: malformazioni alla nascita, disturbi dell''apprendimento, del comportamento e disturbi mentali. La FASD è prevenibile al 100%, se si evita l'alcol in gravidanza. Quest'anno, la campagna è stata sostenuta dalla rete di organizzazioni partner creata in occasione dell'edizione 2014, più 20 nuovi partner che hanno aderito nel 2015. Più di 80 organizzazioni in 35 paesi si sono unite per promuovere Too Young To Drink. Dalle 9.09 del mattino alle 9.09 di sera, ora locale, striscioni e manifesti hanno mostrato l'immagine di un neonato tra gli ingredienti di un cocktail alcolico, in continuità con il visual dello scorso anno. Per amplificare il messaggio, l'azione è stata integrata con l'uso dei social media. E’ stato anche lanciato il N Social Contest "Diventa Ambasciatore di TYTD2015": i partner sono stati invitati a coinvolgere più cittadini possibile, chiedendo loro di fare foto e video con i materiali della campagna. Le foto e i video realizzati saranno pubblicati e diffusi nei sociali media usando gli hashtag #TYTD2015 #tooyoungtodrink. Too Young To Drink è un'idea di Erik Ravelo, responsabile Social Engagement Campaigns di Fabrica, centro di ricerca con sede in Italia dove giovani creativi provenienti da tutto il mondo sviluppano progetti di comunicazione. Fin dalla sua fondazione nel 1994, Fabrica ha sempre avuto una particolare attenzione per una comunicazione socialmente attenta ed è stata felice di contribuire con la propria creatività alla diffusione del messaggio di non usare alcol durante la gravidanza. Come afferma Erik Ravelo "è stato un grande piacere per Fabrica aiutare EUFASD Alliance a trasmettere un messaggio così delicato e importante; speriamo che possa raggiungere quante più persone possibile, non solo le donne ma anche i loro partner, le famiglie e le istituzioni della società. Per il visual 2015, abbiamo lavorato ancora con l'eterno concetto del nascituro che, invece di essere nel ventre materno, è immerso in un cocktail alcolico, mischiato con altri elementi quali il lime, i cubetti di ghiaccio e le bollicine. L'atmosfera vibrante e i colori vividi catturano l'attenzione del pubblico, immaginando che cosa il bambino potrebbe provare quando la mamma beve alcol". I principali obiettivi della campagna Too Young To Drink sono: aumentare la consapevolezza dei rischi del bere in gravidanza tra la popolazione in età fertile e nella comunità; diffondere informazioni accurate, basate sull'evidenza scientifica; favorire l'empowerment delle donne nel fare le loro scelte e incoraggiare gli amici, le famiglie e la società a sostenere una gravidanza sana, senza uso di alcol. Verrà anche predisposto uno studio, in collaborazione con alcuni paesi partner, per valutare l'efficacia della campagna. "Come madre adottiva di tre bambini con FASD, vedo ogni giorno le battaglie che devono affrontare a scuola e nelle loro relazioni sociali. Sto lavorando per evitare che questo non accada più ad altri bambini", dice Diane Black, presidente di EUFASD Alliance, che anche per la campagna 2015 si è avvalsa del sostegno dell'Azienda Ulss 9 della Regione Veneto sulla scia dell'esperienza di marketing sociale e strategia di comunicazione sulla salute, già sviluppata con il progetto Mamma Beve Bimbo Beve. SONO SEMPRE DI PIÙ IN ITALIA GLI ANZIANI CHE PRATICANO DISCIPLINE ANCHE DOPO I 70 ANNI Lo sport è come l’amore: non ha età L’esperto: “Benefici cardiovascolari e gastrointestinali. Importante anche per socializzare” nche in Italia crescono gli sportivi con una certa età. Quasi un milione di connazionali intorno ai 70 anni pratica infatti sport, addirittura ben più dei neomaggiorenni che sono invece soltanto 600 mila. E gli over 50 che fanno sport continuativamente sono peraltro in aumento, secondo recenti dati Istat. Lo ricordano gli organizzatori delle Olimpiadi di 50&Più, associazione di ultracinquantenni aderente Confcommercio. Le gare quest'anno si tengono in Basilicata, a Marina di Pisticci (Matera). L'appuntamento con la XXII edizione è dal 13 al 20 settembre presso il Ti Blu Village Club. Dieci le discipline in gara, per quasi 1.000 partecipanti: basket-tiri a canestro, bocce, ciclismo, freccette, maratona, marcia, nuoto (stile libero e rana), tennis da tavolo, tennis, tiro con l'arco. Ogni atleta parteciperà a un massimo di 4 gare. Per ciascuna A categoria, ai primi 3 classificati di tutte le gare, sia maschili che femminili, verranno assegnate la medaglia d'oro, d'argento e di bronzo. Mentre ai migliori 3 classificati, maschio e femmina, che totalizzeranno il maggior punteggio assoluto, verrà assegnato il titolo di Vincitori dell'Olimpiade e le Coppe 50&Più. Alle Province che totalizzeranno i 3 migliori punteggi verranno assegnate le Coppe 50&Più, mentre alla provincia vincitrice andrà il Trofeo 50&Più. "L'aumento dello sport tra gli over 50 - spiega Alessandro Mascia, osteopata, fisioterapista e posturologo, interpellata dall’Adn Kronos - è dovuto prevalentemente a due motivi. L'età media è aumentata: rispetto a 30 o 50 anni fa, quello che una volta era definito anziano ora non lo è più. Un settantenne di oggi è piuttosto giovane rispetto al passato, grazie anche alla medicina che aiuta a star bene e aumenta l'aspettativa di vita. Inoltre cinquant'anni fa l'anziano non investiva il suo tempo nello sport o perché non riteneva potesse essere utile. Oggi abbiamo soggetti che da giovani sono stati atleti e che continuano a fare sport". "I benefici dello sport, a qual- siasi età - prosegue Mascia sono molteplici. Il primo è quello cardiovascolare. Lo sport consente la vascolarizzazione generale di tutto il corpo, l'apporto di ossigeno ai muscoli, agli organi interni, al cervello. E' quindi un ottimo alleato per combattere le problematiche neurologiche legate all'invecchiamento. Poi ci sono i vantaggi legati alle funzioni gastrointestinali. Praticare sport facilita i movimenti dell'intestino, del colon, aiuta lo stomaco nella fase di digestione e dell'eliminazione delle scorie". "Altro importante vantaggio riguarda la socializzazione, senza contare i benefici sull'umore", continua l'esperto. L'attività sportiva produce infatti endorfine e queste fanno sì che la persona anziana stia meglio di umore ma anche fisicamente, in quanto "le endorfine aiutano a non sentire dolori, a sentirsi fisicamente meglio, ad affrontare la giornata". Lo sport regolarizza infine il ritmo sonno-veglia. "Il ballo - concldue Mascia - è da privilegiare. Non sovraccarica il sistema cardiovascolare, ci si muove sempre in un regime aerobico, con sforzi cardiaci relativamente bassi".