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Anno IV - Numero 213 - Giovedì 10 settembre 2015
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Tv e veleni
L’intervento
Mineo
Casamonica: Vespa
dribbla le polemiche
Eterologa, bluff
da smascherare
Il Cara dei killer
verso la chiusura
Zappa a pag. 3
Tarzia a pag. 4
Fruch a pag. 10
NEL SILENZIO GENERALE SI PREPARA IN AFFIDAMENTO DIRETTO IL BUSINESS DEI TERMOVALORIZZATORI SENZA ALCUN RISPETTO PER LE NORME SULLA CONCORRENZA
di Francesco Storace
ALL’APPALTO
nche sui rifiuti - è
il caso di dirlo l’amministrazione
regionale gioca
sporco. È un assalto al business contro chi
ostacola disegni affaristici
progettati a tavolino. Nel mirino, in questo caso, un pezzo
di imprenditoria che ha osato contrapporsi - con denunce e non con chiacchiere
- al monopolio di Cerroni
nei rifiuti. Che sarà la magistratura a stabilire se instauratosi illecitamente, ma
certo l’abbattimento di ogni
concorrenza ha rappresentato per tantissimi anni la
regola. Soprattutto in Campidoglio.
Ora ci si mette anche la regione di Nicola Zingaretti,
che ormai si crede un imperatore. Decreta tutti i giorni
su ogni materia istituzionale,
pretende di non rendere conto a nessuno delle sue scelte.
Anche sull’interrogazione in
tema di rifiuti che abbiamo
depositato formalmente in
aula alla Pisana, state certi
che come una saponetta punterà a sfuggire.
Fosse solo una partita tra poteri, amen, il cittadino potrebbe fregarsene. Ma se
quello che Zingaretti e il suo
assessore Civita stanno architettando ha un sovraccosto di sei milioni
di euro in più per i cittadini del
Lazio con l’aggravante di voler ignorare deliberatamente ogni procedura di trasparenza e concorrenza
in tema di appalti di servizi, allora
A
L’azienda di Fabio Altissimi,
la Rida ambiente, scrive alla
regione manifestando interesse all’acquisizione del
ramo d’azienda. Per il privato, consentire la chiusura
del ciclo dei rifiuti trasferendo all’impianto dI una
società che è già dotata di
ogni tecnologia necessaria
per trasformare il rifiuto urbano indifferenziato in combustibile solido secondario,
garantirebbe continuità e
qualità del servizio nonché
un costo certo e contenuto
per i comuni serviti dall’impianto con un significativo
risparmio per le amministrazioni locali - ergo i contribuenti - di circa 60 euro a
tonnellata. Se consideriamo
che le tonnellate che può
ricevere in più la RIDA Ambiente sono oltre 100.000, il
risparmio annuo per i comuni serviti dall’impianto è
di oltre 6.000.000 di euro.
La regione Lazio schiva, si
nega, non risponde. Ben tre
lettere per chiedere come
partecipare all’operazione
non hanno avuto alcuna risposta, e del resto nel decreto di Zingaretti c’è incredibilmente scritto che
“si prevede la cessione della partecipazione o l’ingresso in partnership di un grosso operatore del settore entro il primo semestre del 2016”. Il
colpo gobbo è già pronto, senza
alcuna gara, in affidamento diretto.
Senza rispetto per la concorrenza
da garantire. Stavolta finiscono in
tribunale anche loro.
Altro servizio a pag.7
Alla regione Lazio anche i rifiuti diventano un business per pochi,
gettando dalla finestra sei milioni di euro: da Cerroni al monopolio Acea
diventa obbligatorio arrabbiarsi.
In gioco c’è la dismissione di Lazio
Ambiente, azienda partecipata dalla regione in tema di rifiuti. Il primo
atto è la cessione del ramo d’azienda che riguarda i termovalorizzatori. Zingaretti ha varato il decreto
di avvio della procedura ma tutto
sembra già scritto: in affidamento
diretto “deve” vincere l’Acea capitolina (leggasi Pantalone), che
attraverso la sua rete societaria
passerebbe al controllo di una quota enorme di mercato di del settore,
IMMIGRAZIONE: NEL MIRINO CHI NON SI ALLINEA
a colpi di centinaia di migliaia di
tonnellate di rifiuti trasformati in
combustibile solido secondario.
Manlio Cerroni era un liberal-liberista-liberalizzatore al confronto.
Occhi e portafogli puntati verso
l’impianto di Colleferro.
PADOVA: “IL SEGRETO DI ITALIA” CONTESTATO DAI CENTRI SOCIALI
I “soliti noti” e le loro invettive contro la storia
Il regista Antonello Belluco: “Il mio film ha smosso qualcosa. E questo fa paura a qualcuno”
di Cristina Di Giorgi
erata movimentata quella
di martedì a Padova. In
programma, nell’ambito
della rassegna cinematografica
“Arena Estate 2015” (in corso
presso i Giardini di piazza Eremitani) c’era un appuntamento
dedicato al film “Il segreto di
Italia” e al volume che il regista
ha scritto per raccontare il suo
lavoro. Ad introdurre l’evento,
Antonello Belluco stesso. Che,
raggiunto telefonicamente, ci ha
raccontato quello che è successo:
“poco dopo l’inizio del film, a
vedere il quale era presente parecchia gente, una trentina di
persone con megafoni e striscioni
ha oltrepassato il botteghino ed
ha iniziato ad urlare e ad inveire”.
Gli esponenti dei centri sociali,
al grido di “ora e sempre Resistenza”, hanno quindi cercato
S
TUTTI I RAZZISMI
D’EUROPA
Vignola a pag 2
senza riuscirci di interrompere
la proiezione ed hanno anche
reagito male a chi tentava di filmare quel che stava accadendo.
“E pensare – commenta amareggiato il regista - che era la
prima volta che fuori da un cinema in cui veniva proiettato ‘Il segreto di Italia’ non c’era la polizia.
Mi sono illuso che fosse un buon
segno. Purtroppo mi sbagliavo”.
Nonostante l’azione di disturbo,
alla quale hanno posto fine le
forze dell’ordine intervenute su
sollecitazione del regista, il pubblico ha ancora una volta accolto
bene “Il Segreto di Italia”. E se
c’è qualcuno che “reagisce in
maniera scomposta come i centri
sociali – commenta Belluco - è
perché quando si racconta una
verità che non piace, come ho
fatto io e come hanno fatto anche
Pansa e Cristicchi, oggetti delle
stesse ‘attenzioni’ ricevute dal
mio film, si destabilizza un sistema, se ne evidenziano gli
errori e si contribuisce ad allon-
tanare la gente dalla falsa ideologia che ne è alla base”. Tra
l’altro, dice ancora il regista,
“anche qualche ex partigiano ha
apprezzato il mio film. Uno di
loro, presente a Padova, mi ha
detto che non è ‘Il segreto di
Italia’ ad offendere la Resistenza,
ma la gente che si comporta
come i centri sociali”.
Che, comportandosi come l’altra
sera, non si rendono conto della
loro ristrettezza mentale. E per
fortuna che all’estero queste cose
non succedono: “il mio film è
stato recentemente proiettato a
Montreal. Un successo enorme:
sale strapiene e standing ovation.
E mi è stato chiesto di presentarlo
anche a vari festival negli Stati
Uniti e in India. Questa è la prova
che ‘Il segreto di Italia’ ha mosso
qualcosa. E probabilmente – conclude il regista - questo fa paura
a qualcuno”.
2
Giovedì 10 settembre 2015
ATTUALITA’
IL SISTEMA DELL’ACCOGLIENZA ORMAI FA CORTO CIRCUITO IN TUTTE LE LINGUE D’EUROPA
Traduttore simultaneo di razzismi
La Danimarca cerca di scoraggiare l’arrivo di rifugiati e finisce nel mirino insieme all’Ungheria
Il commissario Juncker minaccia: dovete accogliere tutti. Ma la Germania lo fa solo coi siriani
di Robert Vignola
tutto un fomentarsi, sulle sorti dei migranti. Ieri il
più arcigno difensore di quote e nuove direttive
dell’Ue, da accettare a scatola chiusa pena le
sanzioni, è stato Jean-Claude Juncker. Per la serie
“oste, com’è il vino?” il commissario Ue ha difeso
le decisioni sostanzialmente da lui prese davanti all’Europarlamento riunito. La sua richiesta? Presto detto: accogliere
ulteriori 160mila rifugiati in Europa da ripartirsi in quote
obbligatorie tra gli Stati. “Non parliamo di numeri, ma di
esseri umani che vengono da Siria e Libia. Quello che
stanno passando potrebbe accadere a chi oggi vive in
Ucraina: non si può fare distinzione di credo, etnia o di altro
tipo”. Come non si può fare distinzione neanche sulle
cause della situazione in Siria, Libia o Ucraina: destabilizzazioni
eterodirette, alle quali (quando non vi ha partecipato direttamente attraverso singoli stati) l’Europa non ha saputo
mettere un freno. Ecco, ma su queste cose non è il caso di
fare “razzismo”: il danno lo fa uno? Pagano tutti. Anzi, pronti
a ricevere ucraini (in fuga da Putin, va da sé).
Per Juncker l’esodo biblico davanti al quale si trova il
vecchio continente è comunque poca cosa, in termini percentuali, rispetto a ciò che sta affrontando il Libano. Anche
qui, però, totale è il silenzio sulle cause che hanno portato
quel Paese a ospitare un rifugiato ogni quattro dei suoi
abitanti. Il lussemburghese sventola invece il nuovo spauracchio, l’uomo con la bandiera nera: “Non ci sarebbe
prezzo che non paghereste per fuggire, non c’è mare che
non cerchereste di attraversare, non c’è confine che non
cerchereste di varcare se alle vostre spalle ci fosse l’Isis. E
anche se costruiamo muri e barriere, i rifugiati non smetteranno di venire verso l’Europa”. Il che è vero. Per l’intanto si
registra pure che verso l’Europa sono già arrivati, travestiti
da rifugiati, fior di comandanti di battaglioni da 700 uomini
che hanno combattuto in Siria e che oggi “scappano
dall’Isis”. Ma anche da accuse di violenze, profanazioni e
atti terroristici che i cristiani di Siria gli mandano dietro.
Pure qua, evidentemente, non è il caso di fare razzismo: il
profugo è profugo, anche se ha partecipato alla carneficina.
Meno convinta è la Danimarca. Il regno scandinavo sta lentamente scalzando l’Ungheria dal primato della xenofobia. Ieri
ha conquistato per due volte le headlines della stampa
europea superallineata: un record. Dapprima, perché si è
premurata di comprare spazi pubblicitari sui giornali del
Libano per dire che il nuovo governo di Copenaghen (centrodestra) ha introdotto delle norme che riducono i sussidi
destinati ai profughi del 50% e che in futuro saranno limitate
le possibilità di ottenere il permesso di soggiorno; che il ricongiungimento famigliare non è consentito durante il primo
anno di permanenza nel paese per i titolari di permesso di
soggiorno temporaneo; e via dicendo. Davanti alle prime critiche, il ministro per l’Immigrazione e l’Integrazione danese,
Inger Stojberg, ha spiegato che l’avviso è volto a “informare
È
oggettivamente e con sobrietà” sulle regole del Paese. Ma è
stato comunque zittito dall’ondata d’indignazione dei benpensanti continentali, tutti uniti contro la bandiera danese:
come si può contraddire il verbo merkeliano, che promette
l’accoglienza a tutti? Razzismo anti-rifugiati e per giunta antitedesco! Sfugge tuttavia che giornali turchi si siano prodigati
nel rifiutare la vile corona danese, rifiutandosi di pubblicare il
messaggio. Non dite che lo hanno fatto perché ben contenti
di svuotarsi dei profughi (la frontiera turca è quella più burrosa
dell’intera rotta balcanica): sarebbe razzismo anti-Erdogan.
Tornando alla piccola Danimarca ha comunque deciso, siccome anche nella fiera lingua scandinava deve esistere una
fedele traduzione del motto ‘ca nisciuno è fesso, di fermare
i treni alla sua frontiera sud, l’unica terrestre che ha, con la
Germania, e di controllare il passaporto ai gentili passeggeri.
Onta suprema al dogma della libera circolazione delle
merci e degli uomini (anche se clandestini, quando non direttamente terroristi): e giù accuse di egoismo e “populismo”.
Praticamente razzismo. E quando sono austriaci e tedeschi
a controllare il Brennero? Rassismus? Nein!
In Ungheria si saranno almeno rinfrancati di non prendere
da soli gli anatemi di chi ha scelto l’accoglienza come
unica religione laica del terzo millennio. Anche se gli
insulti (e l’immediato licenziamento) sono piovuti su una
videoperatrice che, travolta da una carica di aspiranti rifugiati che rompeva un cordone di polizia, ha tirato calci
(dopo aver ricevuto qualche spallata? Sssshht, occhio al
razzismo…) ai nuovi ospiti. O sul sindaco del paesino di
Asotthalom che ha affisso manifesti in cui invita i cittadini
a non toccare gli oggetti abbandonati dai “migranti” e a
prestare attenzione, recandosi dal medico in caso di sintomatologie. Raccomandazioni igieniche davanti a un’emergenza? No, razzismo cinico e per giunta clinico.
Passa invece sott’occhio un altro razzismo: quello britannico.
Loro festeggiano la Regina e intanto bloccano le frontiere. Il
sindaco di Calais, Natacha Buchart, ha detto qualcosa d’interessante: il 90% degli immigrati che hanno fondato una
baraccopoli da decine di migliaia di persone in riva alla
manica non vogliono chiedere asilo alla Francia. Razzismo
anti-francese? Lasciamo perdere. Anche perché lo stesso
sindaco ha accusato l’Italia di averli fatti passare (razzismo
anti-italiano) e i governanti per conto di Sua Maestà di fregarsene ostentatamente. Chiaro razzismo anti-britannico,
solo che Cameron ha appena fatto sapere che i suoi servizi
segreti s’andranno a scegliere personalmente i propri
rifugiati nei campi Onu in Medio oriente, fregandosene di
quelli già arrivati in Europa.
Razzismo anti-europeo. Ma non possono prendere esempio
dalla Germania: che accoglie sì mezzo milione l’anno di
cittadini, come strilla Juncker. Ma ‘sto mezzo milione è tutto
siriano, quindi di profughi con un livello d’istruzione superiore
garantito dagli anni di benessere passati sotto le grinfie di
quel cattivone di Assad. Mica sarà razzismo verso gli altri
migranten, tipo quelli sbarcati a centinaia di migliaia in
Italia? Macché: teutonica efficienza!
IL TESTO È GIÀ APPRODATO ALLA CAMERA
Ius soli, le tante strade
per diventare italiano
e qualcuno pensa che davanti
alla massa che si annuncia alle
porte d’Europa, dopo quella che
è già entrata, vi sia una qualche sorta
di ripensamento sullo ius soli, è servito.
La prossima settimana, per l’esattezza
giovedì, scade il termine per presentare
gli emendamenti del testo unificato a
firma di Marilena Fabbri (Pd). Che è
già alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, e gode pure del
privilegio di essere definito “priorità”,
quindi di avere una corsia agevolata
per dribblare le proverbiali lentezze
parlamentari dell’ordinamento italiano.
Testo unificato ma che non gode della
firma della correlatrice Mariagrazia
Calabria (Forza Italia) che si è sfilata
per divergenze.
Lo ius soli che rischia quindi di essere
S
approvato, anche in tempi piuttosto
brevi, prevede per chi nasce in Italia
la cittadinanza qualora almeno uno
dei due genitori sia residente legalmente
in Italia, senza interruzioni, da almeno
cinque anni, antecedenti alla nascita
o se uno dei due genitori, sia nato in
Italia e vi risieda da almeno un anno.
Come se non bastasse, anche i minori
i cui genitori non abbiano i requisiti di
cui sopra, e hanno meno di 12 anni,
possono ottenere la cittadinanza se
hanno frequentato regolarmente per
cinque anni le scuole nazionali. Invece,
i ragazzi arrivati in Italia tra i 12 e i 18
anni potranno ottenere la cittadinanza
dopo aver risieduto legalmente in Italia
per almeno sei anni e aver frequentato
“un ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo”. R. V.
INTERROGAZIONE SUL RICHIAMO DELL’UNAR ALLA MELONI: FIGURACCIA IN AULA DEL MINISTRO
Il governo prende Boschi per fiaschi
a tutta l’aria di una tremenda
figuraccia quella rimediata da
Maria Elena Boschi alla Camera ieri pomeriggio. Il ministro ai
Rapporti con il parlamento doveva
replicare in question time all’interrogazione di Fabrio Rampelli (Fdi)
sulla vicenda del richiamo dell’Unar,
l’ufficio antidiscriminazione, alla
presidente del suo partito, Giorgia
Meloni. Sul merito, ha fatto buon
viso a cattivo gioco riportando che
il segretario generale di Palazzo
Chigi “ha chiesto formalmente chiarimenti al responsabile” dell’Ufficio,
“che sono stati forniti e al momento
sono al vaglio per verificare se ci
siano o meno gli estremi per eventuali provvedimenti di carattere disciplinare”. Nel metodo, è scivolata
nel classico “colpa di chi c’era prima”. E poteva essere davvero un
H
colpo da novanta, quando ha detto
in Aula che “il dirigente ha fatto
fede a quanto voluto dal governo
Berlusconi e dalla dottoressa Rauti,
allora responsabile dell’Ufficio”.
Solo che gliel’avevano raccontata
male. A svelarlo è stata la stessa
Giorgia Meloni. “Non so davvero
cosa si possa rispondere a un Governo che durante il Question Time
alla Camera dei Deputati dichiara
il falso. È inesatto quello che il ministro Boschi sostiene in riferimento
alla lettera di censura che mi ha inviato la Presidenza del Consiglio
dei Ministri attraverso l'Unar. È inesatto che vi sia un presunto schema
tipo delle lettere dell'Unar: la prassi
consolidata prevede che la missiva
di 'richiamo' entri nel merito della
vicenda, tanto che anche sulla lettera
che ho ricevuto vengono riportati il
numero del 'caso da citare nella risposta' e le mie dichiarazioni virgolettate. Di conseguenza non è
vero che questo schema tipo di lettera sia stato ideato nel 2009, anche
perché ricordo al Governo che l'istituzione dell'Unar risale al 2003 con
a capo il direttore attuale”.
La leader di Fdi smentisce anche
un altro passaggio della risposta
del governo. “Ma l'apice della falsità
è stato toccato dal ministro Boschi
quando ha letto 'le esatte parole'
come dai lei stessa precisato, il testo
della lettera tipo dell'Unar”. Il confronto è impietoso, in effetti: il testo
è completamente diverso e la Boschi
poteva facilmente verificare da sé.
“Per noi l'italiano non è un'opinione
e soprattutto non lo è la Costituzione
che sancisce il diritto di esprimere
liberamente il proprio pensiero -
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conclude Giorgia Meloni -. Evidentemente lo è per un governo illegittimo, che nessuno ha voluto e
nessuno ha votato, abituato ad offendere le Istituzioni italiane tanto
da presentarsi a Montecitorio e mentire anche di fronte a un testo scritto
su carta intestata della Presidenza
del Consiglio dei Ministri”.
R.V.
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n° 286 del 19-10-2012
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Giovedì 10 settembre 2015
ATTUALITA’
HA SCATENATO UN PUTIFERIO PIÙ LA PUNTATA DI PORTA A PORTA CHE GLI STESSI FUNERALI DI CASAMONICA
Un “vespaio” fuori tempo massimo
Cinque Stelle e autorevoli voci del Pd arrivano quasi a chiedere la testa del conduttore, che si difende
in diretta. Storace: critiche ipocrite. In trasmissione intervista “riparatrice” all’assessore Sabella
di Marco Zappa
n’autentica tempesta di polemiche
s’è abbattuta su
Bruno Vespa e la
Rai per la puntata
di Porta a Porta sui Casamonica, che ha visto protagonisti
la nipote e il figlio dell’ormai
ex capoclan Vittorio. Che hanno difeso a spada tratta il
“padrino”, paragonandolo
addirittura al Papa buono, Karol Wojtyla.
Una serata dedicata ai funerali
della vergogna - che si sono
celebrati nella Capitale lo
scorso 20 agosto a base di
poster con la scritta “Re di
Roma”, petali di rosa sparsi
dall’elicottero, carrozze e cavalli - che ha raggiunto uno
share del 14,54% con 1,34
milioni di telespettatori che
hanno sì criticato lo “spettacolo”, salvo poi rimanere inchiodati davanti alla tv fino
alla fine dell’evento.
Dito puntato contro il noto
conduttore, accusato di aver
lasciato a Vera e Victor Casamonica la possibilità di tutelare defunto, famiglia e esequie senza un efficace contraddittorio.
Uno show che ha scatenato
un’infinità di reazioni con il
U
Partito Democratico che s’è
detto addirittura “indignato”.
La bacchettata è arrivata dal
Commissario Pd a Roma,
nonché presidente dell’Assemblea nazionale, Matteo
Orfini. Che ha spiegato come
offrire un palcoscenico ai Casamonica sia stato “un errore
grave che non c’entra nulla
con il servizio pubblico”.
Ma è stata solo la primissima
stoccata di una lunghissima
serie. Con l’indignazione che
col passare del tempo è montata quasi fino a sembrare
davvero esagerata. Il vice
sindaco di Roma, Marco Causi, ha invitato la Rai “a chiedere scusa alla città. Perché
trovo davvero inaudito che il
servizio pubblico ospiti componenti di quella famiglia per
fare intrattenimento mascherato da informazione. Quella
andata in scena l’altra sera è
la dimostrazione di ciò che
dico da tempo: la mafia a
Roma è da molti sottovalutata
e c’è ancora chi la ritiene alla
stregua di un fenomeno davvero folkloristico”.
Da che pulpito arriva la predica, verrebbe da dire. Da
un’amministrazione, quella
comunale, già colpita e offuscata dallo scandalo di mafia
Capitale. Un’inchiesta che
avrebbe dovuto portare alle
dimissioni del primo cittadino
Ignazio Marino, commissariato e affiancato dal prefetto
di Roma Franco Gabrielli, incaricato da Matteo Renzi di
fargli praticamente da badante. Salvato, da Angelino
Alfano, che a sentire le parole
di Causi avrebbe dovuto sciogliere anche il comune di
Roma e non solo il municipio
di Ostia.
Altro giro altra corsa. Sull’Aventino pure Guelfo Guelfi
(ex Lotta Continua), da poco
approdato nel Cda Rai, che
ha sparato a zero contro la
trasmissione: “Le fasce morbose fanno l’indice di ascolto”. Puntuale, come un orologio svizzero, il siluro di Beppe Grillo. Che sul suo blog
ha preso di mira “il servizio
pubblico paramafioso”. Durissimo, il commento del Se-
gretario della Vigilanza Rai,
Michele Anzaldi (Pd): “La
puntata sui Casamonica lascia
sconcertati”. Di diverso avviso
Francesco Storace, leader de
La Destra, che ha twittato:
“Mah, tutte 'ste proteste sui
Casamonica a Porta a porta
mi paiono ipocrite. Nei Tg e
sui giornali invece sì? Si chiama informazione”.
Tutti, o quasi, contro Vespa,
che intanto festeggia gli ec-
cezionali numeri fatti registrare. Con una audience più
alta che con Renzi. Il popolare
conduttore s’è fatto sentire
in serata, dopo che anche il
direttore di RaiUno Giancarlo
Leone aveva già definito “trasparente e completa” la puntata, annunciando comunque
l’intervista “riparatrice” col
prezzemolino mediatico del
Campidoglio: l’assessore alla
legalità Alfonso Sabella, ex
magistrato.
Tornando al giornalista, non
ha certo perso in mezzo alla
gran tempesta il suo tradizionale aplomb. “Io credo
che il servizio pubblico debba trattare tutto, il problema
è come. E io credo che abbiamo trattato la vicenda dei
Casamonica da servizio pubblico”, ha detto davanti alle
telecamere della puntata di
ieri sera. “Lasciateci fare il
nostro mestiere”. E ancora:
quella dei Casamonica “è
una famiglia molto complessa
e con un alto tasso di criminalità, la persona di cui sono
stati celebrati quei funerali
volgari ed eccessivi non era
un mafioso né uno spacciatore. Noi dovevamo contestare
quello che Polizia e Carabinieri e l’opinione pubblica
gli ha contestato”.
GIRONE RISCHIA DI RESTARE IN INDIA ANCORA UN ANNO, IN ATTESA DELLA PRIMA UDIENZA DAVANTI ALLA CORTE DELL’AJA
Calma piatta sul fronte Marò
Tempi lunghissimi e l’Italia ha le mani legate
La Marina perde la pazienza: “Salvatore deve tornare”
di Marcello Calvo
alma piatta sul fronte Marò. L’Italia
sembra avere le mani legate, in
attesa dei primi pronunciamenti da
parte della Corte arbitrale dell’Aja. Il collegio
dei giudici è già stato costituito, ma per la
prima udienza ci vorrà almeno un anno.
Tempi lunghissimi, infiniti. Soprattutto
C
per chi, da oltre tre anni e mezzo, viene
tenuto letteralmente in ostaggio in India.
Lontano dalla propria famiglia, in attesa
di ricevere giustizia. E’ il caso di Salvatore
Girone, vittima di una situazione davvero
paradossale. Praticamente abbandonato
dai tre governi che si sono interessati
della vicenda (Monti, Letta e Renzi),
fautori della politica degli annunci. Quella
caratterizzata da promesse mai mantenute e telefonate di circostanza nei giorni
di festa o malattia. Di trattative diplomatiche fallite e di mosse tardive. A
niente sono valse le campagne umanitarie, le mobilitazioni di massa e le iniziative mosse soprattutto da quotidiani
di centrodestra. Siamo in una situazione
di stallo assoluto. Solo un grave problema
di salute ha permesso a Massimiliano
Latorre di poter rientrare in Patria per
curarsi. Con i Marò quasi ridotti a
sperare in un infortunio per riabbracciare
i propri cari. Ma che razza di giustizia è
questa? La febbre Dengue, quella che
ha costretto al ricovero Girone, non è
servita ad ottenere un provvedimento
clemente da parte della magistratura
indiana. Insensibile, menefreghista e
sporadica al tempo stesso.
Calma piatta, appunto. Tutti in silenzio.
Tranne chi ha preso davvero a cuore
questa battaglia ed intende vincerla. E
chi, invece, di abbandonare i propri
“figli” non ne ha la minima intenzione.
E così il Consiglio Centrale di Rappresentanza (Cocer) della Marina militare
ha deciso di alzare nuovamente la voce.
Perché dopo quasi quattro anni di ingiusta “detenzione”, a “Salvatore deve
essere consentito di rientrare in Italia.
Se non è un ostaggio, che ci fa ancora
in India? Con la sospensione dei procedimenti (per effetto della sentenza
del tribunale del mare di Amburgo, ndr),
non essendoci alcun capo di imputazione,
non si può continuare a limitare la libertà
degli individui in barba alle norme sui
diritti dell’uomo”.
Tant’è, Girone sarà costretto a rimanere
ancora a lungo in India. Almeno fino
alla prima udienza davanti alla Corte
dell’Aja. Mentre per la sentenza definitiva,
si rischia di dover aspettare ben 24
mesi di tempo. Una chimera.
MARCO CERRETO (PRIMA L’ITALIA) CONTESTA NEL MERITO E NEL METODO IL RILEVAMENTO SU PARTITO E FONDAZIONE
“Da Fdi un sondaggio di parte”
n sondaggio che non è piaciuto a Prima l’Italia. Marco
Cerreto, portavoce della formazione, una delle sigle che sta
lavorando alla riunione della de-
U
stra politica italiana, ha infatti bersagliato Fratelli d’Italia per la
scelta di raccogliere l’opinione
degli iscritti in merito al soggetto
che potrebbe nascere dalla riu-
nione della Fondazione An in programma io 3 ottobre. Critiche che
Cerreto ha portato sia nel metodo
che nel merito.
“Apprendiamo dalla stampa i risultati di un sondaggio "fantasma"
che sarebbe circolato negli ambienti degli iscritti Fdi-An, il cui
esito sarebbe stato sbandierato
come un netto rifiuto della base
del partito al ritorno di Alleanza
Nazionale. Intendo precisare da
componente della direzione nazionale del partito che non solo
non mi risulta sia stato commis-
sionato alcun sondaggio ma, al
di là dei dubbi sul committente,
io come tanti miei colleghi iscritti
a Fdi, non ho mai ricevuto nulla”.
“Inoltre, appare del tutto evidente
che le modalità con cui sono stati
formulati i quesiti risultano forzatamente capziose, oltre che viziate nell'elaborazione, visto che,
ad esempio, vengono citate persone che oggi non sono più in
politica o non sono iscritte alla
Fondazione An. Stesse perplessità
le esprimo sulle modalità di somministrazione del sondaggio: per-
ché, ad esempio, non pubblicarlo
per una settimana sul sito del
partito? Ancor meno chiare sono
le dinamiche con cui sono stati
svelati i risultati, che lasciano intendere una volontà di dar vita
ad una temeraria strumentalizzazione su un tema così importante
in questi giorni che ci separano
dalla data dell'Assemblea degli
iscritti della Fondazione An chiamata a decidere il prossimo 3 ottobre sul ritorno all'impegno politico della fondazione stessa”,
conclude Cerreto.
R.V.
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Giovedì 10 settembre 2015
ATTUALITA’
MANCANO I DONATORI E VIENE COSÌ ALLA LUCE TUTTO IL PERICOLOSO RETROTERRA DI INTERESSI E BUSINESS
Eterologa, smascherato il bluff ideologico
DA RELATRICE AL DDL UNIONI CIVILI
“Cirinnà intollerante”,
chieste le dimissioni
opo l’intervista al ''Corriere della
sera'', in cui la senatrice del Pd
Monica Cirinnà parla di "posizioni
da Medioevo" facendo riferimento ai
senatori azzurri e a quelli di Ncd perché
"non vogliono proprio accettare l'idea
delle coppie omosessuali. Non vogliono
dare diritti alla coppia", Forza Italia ha
chiesto le dimissioni della relatrice del
ddl sulle unioni civili. La richiesta è
stata formalmente avanzata in commissione Giustizia al Senato da Giacomo Caliendo e Lucio Malan.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche
D
di Olimpia Tarzia
opo la sentenza della Corte Costituzionale che
nell’aprile 2014 ha abbattuto l’ultimo paletto
della Legge 40 in difesa
dell’embrione, sancendo l'incostituzionalità del divieto di fecondazione eterologa e nonostante l'approvazione delle linee guida da
parte delle Regioni, la fecondazione
eterologa, soprattutto per quel che
riguarda le modalità di reperimento
di gameti, resta priva di un’analitica
disciplina. Tale anomalia permarrà
anche con l'entrata in vigore delle
nuove Linee Guida che non disciplinano tale aspetto.
Come era facile ipotizzare, quindi,
il via libera alla fecondazione ete-
D
rologa si sta rivelando un boomerang
per le amministrazioni locali. Tutte
le principali Regioni che hanno mutuato le linee guida e avviato la fecondazione eterologa hanno dichiarato più o meno ufficialmente, tramite
i dirigenti sanitari dei centri pubblici
autorizzati, che il nodo centrale della
questione è proprio l'assenza di banche nazionali e regionali di donatori
di gameti sia maschili che femminili
per assenza di donatori. Il sì sbrigativo all’eterologa, spinto da interessi
delle cliniche private, non ha permesso di cogliere appieno la complessità della tematica, sottovalutando
il fatto che la fecondazione da donazione di gameti non erano state
mai eseguite prima nei centri pubblici italiani.
La soluzione adottata per la maggior
parte delle fecondazioni eterologhe
fin qui avviate è stata il ricorso alle
banche estere; tuttavia ciò è avvenuto
con iniziative autonome delle singole
strutture in assenza di una disciplina
legislativa che regoli con certezza
la materia. Il ricorso alle banche
estere nasconde, quindi, molteplici
rischi tra i quali quello di una speculazione sull’acquisto dei gameti
che sarebbe peraltro vietata dalla
normativa comunitaria che prevede,
come noto, l’assoluta gratuità della
donazione. È evidente come in presenza di un vuoto normativo che regoli la donazione e il reperimento
da banche estere di ovociti, il tutto è
lasciato in balia di autonome e singole iniziative nelle quali non è possibile controllare che siano stati rispettati i principi previsti dalla nor-
mativa comunitaria. Ricordo quanto
dichiarato da Giovanni La Sala, direttore del centro di Reggio Emilia:
“A livello personale sono contrario
alle bio-banche estere. Formalmente
risultano a posto con la legge comunitaria che vieta di remunerare
le donatrici, nella pratica la ricompensa c’è. Si chiama in altro modo,
ad esempio indennità".
In tempi non sospetti avevo denunciato più volte come l’ok all’eterologa
fosse un annuncio ideologico e
avrebbe ovunque incentivato il business delle cliniche private e il mercato nero dei gameti, il tutto a scapito
della salute delle donne. Se la donazione di spermatozoi è infatti più
semplice, la donna deve invece sottoporsi a iperstimolazione ovarica
e poi a un intervento chirurgico in
il senatore Maurizio Gasparri, che ha
dichiarato: "Opportunamente il capogruppo di Forza Italia in commissione
Giustizia, Caliendo, e il collega Malan
hanno chiesto la sostituzione della Cirinnà, che oggi (ieri, ndr) in un'intervista
ha attaccato e offeso in modo inaccettabile e con palesi menzogne quanti
chiedono su adozioni e uteri in affitto
modifiche al testo. L'intolleranza della
Cirinnà è intollerabile. Non può svolgere
la funzione affidatale, in Aula con lei
avremmo il caos e la paralisi", conclude
l’azzurro Maurizio Gasparri.
anestesia. Insomma, ad una tecnica
invasiva come la donazione di midollo. Una donazione che dovrebbe
essere libera e gratuita, ma che,
come era immaginabile, sta incentivando il mercato nero degli ovociti
sulla pelle delle donne.
Sui muri dell’Università La Sapienza
recentemente era comparso un avviso ‘cercasi donatrici ovuli, previsto
rimborso spese’. Una bufala? Forse.
O forse no. Il business ha le sue regole e non ammette limiti di alcun
genere tanto meno di natura etica:
poco importa se questo richiede il
sacrificio di tante vite umane come
gli embrioni manipolati nella fecondazione artificiale e la messa a
repentaglio della salute e, a volte,
della vita delle donne che vi si sottopongono.
LA MAGGIORANZA NON DEMORDE E RIPROPONE LA NORMA CONTRO QUESTO TIPO DI INFORMAZIONE
L’ammazza-blog rientra dalla finestra
Oltre ai grillini, che rischiano grosso, quella di Storace una delle poche voci levatesi a difesa
orna la cosiddetta norma ''Ammazza
blog'' e a denunciarlo è di nuovo il
Movimento 5 stelle. La norma, scrive
su facebook il deputato Danilo Toninelli,
“si trova all'interno di quell’orrenda proposta
di legge piddina con cui i partiti andranno
a scassinare la cassaforte dei soldi pubblici,
prendendosi la bellezza di 45,5 milioni di
euro. Lo faranno senza pudore come senza
pudore stanno cercando di ammazzare lo
strumento di informazione politica del blog.
Uno strumento che si finanzia con la pubblicità dei privati e non con i soldi dei cittadini. Inutile il dire che non gli conviene far
passare questa norma”, aggiunge Toninelli,
in merito alla proposta di legge in discussione in queste ore a Montecitorio. Il riferimento è all’emendamento a firma del deputato Mauro Ottobre (Misto) al ddl di modifica dell'articolo 9 della legge 6 luglio
2012, concernenti la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il
controllo dei rendiconti dei partiti politici.
L'emendamento chiede che blog e siti che
fanno riferimento a partiti o movimento
politici e nei quali sono presenti delle pubblicità, devono certificare flusso degli accessi, ricavi, spese, provider su cui vengono
effettuati i servizi di pubblicità nonché i
soggetti a cui sono intestati gli account.
Una norma che la maggioranza di governo
cercò di far passare già nel luglio scorso e
contro la quale, a parte quella dei grillini,
T
MA IL MINISTRO POLETTI FA FINTA DI NIENTE
Garanzia Giovani a rischio
senza i soldi dell’Europa
ette le mani avanti Giuliano Poletti, il ministro
del Lavoro, davanti alla
possibilità che il progetto Garanzia Giovani – un altro dei
tanti fallimenti del governo Renzi,
anche questo venduto però
come un grosso risultato agli
occhi dell’opinione pubblica –
non prenda più un euro dall’Europa e dunque non possa
proseguire.
Il progetto Garanzia Giovani "andrà avanti anche se dovesse
venir meno il contributo dell'Unione europea. In che modalità
lo stabiliremo più avanti", ha
detto il ministro del Lavoro e
delle Politiche sociali, Giuliano
Poletti nel corso della conferenza
stampa di presentazione di ''Crescere in digitale'' nella sede del
Ministero a Roma. "Interrompere
Garanzia Giovani sarebbe come
M
poche altre voci si levarono allora, ad
iniziare da quella di Francesco Storace,
leader de La Destra: “La norma sui blog e
qualunque altra proposta che puntasse ad
impedire raccolta pubblicitaria su testate
legate ad esponenti politici come anche il
nostro Giornale d'Italia – scrisse Storace
anche nella qualità di direttore responsabile
- sarebbe palesemente incostituzionale.
Con la raccolta pubblicitaria si mantiene
chi lavora all'informazione, intere redazioni,
collaboratori. Non sono soldi ai partiti. È
mercato; il fine è rendere più libera la
società, plurale e non monolitica. Il legislatore
nazionale non utilizzi la propria competenza
a scrivere norme in materia di pubblicità
in maniera distorta e antidemocratica. Evidentemente, chi ha certe leggi in testa
pensa che la pubblicità sia uno strumento
per comprare giornalisti. No, la pubblicità
serve a diffondere tutto quel che può interessare l'utente della pubblicità sulle testate
presenti nei vari segmenti di mercato: un
comune, ad esempio, deve fare comunicazione pubblicitaria sulle testate che parlano della città, e non solo su quelle che
parlano bene dell'amministrazione. È un'idea
totalitaria quella che concepisce la pubblicità
come strumento per comprare o annientare
il nemico", concluse il segretario nazionale
de La Destra e vicepresidente del Consiglio
regionale del Lazio.
comprare una macchina nuova
ogni volta che finisce la benzina- ha aggiunto il ministro- ora
la struttura è avviata e non avrebbe senso interromperla". Ma con
quali fondi?, è stato quindi chiesto al ministro: "Sono cose che
eventualmente bisognerà stabilire
più avanti – ha risposto Poletti,
secondo l’autentico ‘stile’ di questo governo che tende sempre
a rinviare problemi e soluzioni ma abbiamo a disposizione fondi
per l'occupazione sia a livello
statale che regionale, si tratterebbe di incanalarli in Garanzia
Giovani".
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Giovedì 10 settembre 2015
ESTERI
CONFRONTI DIPLOMATICI E GUERRA ALL’ISIS
Gli Usa contro l’asse Putin-Assad
Kerry: “Intensificare il sostegno militare al governo siriano potrebbe avere conseguenze drammatiche”
di Tatiana Ovidi
intervento di Mosca al
fianco di Assad, che alcuni considerano come
l’ultimo baluardo di difesa di un Medio Oriente laico e
nazionalista in grado di contrastare
il Califfato che avanza, sembra abbia un po’ infastidito gli americani.
Il giornalista Gwynne Dyer ha infatti scritto di un John Kerry molto
nervoso nei confronti del Cremlino:
“il segretario di stato americano
ha telefonato al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, avvertendolo
di non intensificare il sostegno militare al governo siriano”. Ed ha
aggiunto che le azioni della Russia
potrebbero “portare alla perdita
di altre vite innocenti, all'incremento dei flussi migratori e al rischio di uno scontro con la coalizione che lotta contro lo Stato islamico in Siria”. Dichiarazioni queste
ultime piuttosto pesanti, alle quali
si potrebbe rispondere con una
domanda sull’utilità ed incisività
dell’intervento della citata coalizione, che ad oggi sembra tutt’altro
che determinante.
Fino ad ora comunque, Mosca si è
limitata ad inviare in Siria una
squadra militare, di quelle che solitamente vengono dislocate per
preparare l'arrivo di un contingente
più ampio. E questo significa che
molto probabilmente i russi si stanno preparando a intervenire in
forze per salvare il presidente Bashar al Assad. Per tutta la durata
della guerra civile in Siria, il Crem-
L’
lino ha fornito a Damasco sostegno
diplomatico, aiuti economici e armi,
ma questo oggi non è più sufficiente: ci vorrà infatti almeno una
rapida consegna di armamenti pesanti e probabilmente anche l’intervento dell’aviazione russa in
sostegno all’esausto esercito siriano.
Ed in proposito sempre il giornalista canadese Dyer, ripreso da
L’Internazionale, scrive che la Siria
ha davvero bisogno di aiuto “da
maggio, quando i jihadisti del
gruppo Stato islamico hanno conquistato Palmira nel centro della
Siria, hanno continuato ad avanzare
verso ovest a partire dalla loro
nuova base. Un mese fa hanno
conquistato la città a maggioranza
cristiana di Al Qaratayn, a nordest
di Damasco (i cui abitanti, naturalmente, sono fuggiti). E ora le
truppe dello Stato islamico sono a
trenta chilometri dalla M5, l'autostrada che collega Damasco con
le altre parti della Siria che sono
ancora sotto il controllo del go-
PRESIDENZIALI USA: LA CLINTON CALA NEI SONDAGGI
E-mail gate: Hillary chiede scusa
L’ex first lady ammette: “È stato un errore, me ne assumo le responsabilità”
rosegue la “telenovela” tutta
americana che ha come protagonista Hillary Clinton, accusata di aver utilizzato email private
per il lavoro nel periodo in cui era
segretario di Stato durante il primo
mandato di Barack Obama. L’ex
first lady, in un’intervista, si è infatti
pubblicamente scusata per quanto
avvenuto: “è stato un errore e me
ne assumo le responsabilità. Cercherò di essere il più trasparente
possibile”. Frase storica questa, anche se decisamente non in linea
con quanto in precedenza dichiarato: la Clinton aveva infatti sempre
detto di non aver nessuna intenzione
di scusarsi.
Nel frattempo l’Fbi sta continuando
ad indagare per capire se quello
che ormai tutti definiscono “emailgate” ha avuto conseguenze quanto
alla sicurezza delle istituzioni: sembra infatti che, tra la posta elettronica
ricevuta, vi siano state anche comunicazioni classificate come “top
secret”, inviatale dalla Cia e dall’agenzia dei servizi che raccoglie
informazioni mediante droni e satelliti . A rivelarlo è stato il New
York Times, anche se la Clinton ha
sempre negato.
Oltre al fatto che per lo scambio di
informazioni delicate è obbligatorio
l’uso di canali di comunicazione
P
verno”. Ed a proposito della conquista di Palmira, Dyer ci va giù
duro, sottolineando che se i jihadisti
sono riusciti a conquistarla “è perché la ‘coalizione contro lo Stato
islamico’ (in pratica l'aviazione statunitense) non ha lanciato neanche
una bomba per difenderla. Ha effettuato almeno mille missioni per
difendere Kobane, la città curda
al confine con la Turchia assediata
dai combattenti del gruppo Stato
islamico, perché i curdi erano alleati di Washington. Palmira invece
DAL MONDO
USA-CUBA:
PROSEGUE IL DISGELO
Il percorso avviato tra Cuba e Stati
Uniti per quanto riguarda la ripresa dei
rapporti diplomatici prosegue abbastanza
rapidamente. La prossima tappa del
disgelo tra i due Paesi vedrà riunirsi la
commissione mista bilaterale che, questo venerdì a L’Avana, affronterà tematiche importanti. Tra i punti all’ordine
del giorno, come ha fatto sapere in un
comunicato il ministro degli esteri cubano, ci sono “nuove aree di cooperazione e dialogo sugli affari bilaterali e
multilaterali, compresi quelli nei quali
sussistono concezioni diverse”.
LAS VEGAS: A FUOCO AEREO
PER LONDRA
istituzionali (usarne altri per la legge
americana è illegale), sembra che
le email controverse transitate per
l’account personale della signora
Clinton siano migliaia. E se l’ex first
lady ha provato, con le recenti scuse,
a porre rimedio ad una situazione
che rischia di crearle non pochi
problemi, sono sempre di più quelli
convinti del fatto che la lentezza
con cui si sta facendo chiarezza sia
dettata dalla volontà di coprire uno
scandalo. E non, come sostenuto
inizialmente dall’ex first lady, da un
tentativo di distogliere dalla campagna elettorale.
Scuse come cambio di strategia
prima di un crollo definitivo dei
consensi? Probabilmente si. Anche
perché i sondaggi parlano, per la
candidata democratica Clinton, di
una perdita di addirittura dieci punti
percentuali (dal 52% di un mese fa
al 42% di oggi). E nell’attesa del
confronto previsto per ottobre con
gli altri concorrenti del suo partito
alla corsa per la presidenza, Hillary
– fanno sapere i suoi consiglieri potrebbe ulteriormente cambiare
strategia. Sempre che l’email gate
non le scoppi in faccia prima.
Stella Spada
era difesa dai soldati di Assad, e
quindi gli Stati Uniti hanno lasciato
che lo Stato islamico se ne impadronisse”.
Questo perché, prosegue Dyer, gli
Usa non volevano dare l’impressione che difendendo Palmira volessero aiutare Assad. Se però “le
truppe dello Stato islamico riusciranno a tagliare l’M5, questo sarà
visto come un segno dell’imminente sconfitta del governo. A quel
punto quasi la metà delle persone
che ancora vivono in territori controllati dal regime di Damasco (circa 17 milioni di persone) potrebbero farsi prendere dal panico e
cercare di lasciare il Paese. Tra
questi ci sarebbero naturalmente
le minoranze religiose e anche i
milioni di musulmani sunniti che
hanno servito il governo e l’esercito”. Tutti possibili futuri “profughi
che potrebbero riversarsi fuori dai
confini della Siria, aggiungendosi
ai quattro milioni (di siriani) che
lo hanno già fatto. Quel che si lascerebbero alle spalle sarebbe
una Siria interamente controllata
dai jihadisti”.
Scenari questi drammaticamente
possibili. Di fronte ai quali l’idea
che gli Usa possano creare una
forza moderata capace di sconfiggere sia l’Isis sia Assad appare
un’illusione. E Mosca, consapevole
di questo, ha deciso di mettere in
campo le proprie forze. Agli Stati
Uniti dunque non resta che scegliere: o con Assad e Putin o con
l'Isis. Non c'è via di mezzo.
Un volo della British Airways in partenza
dall’aeroporto di Las Vegas e diretto a
Londra ha preso fuoco in fase di decollo. A bordo del Boeing c’erano 159
passeggeri e 13 membri dell’equipaggio.
L’episodio, che poteva rivelarsi decisamente drammatico, ha avuto per
fortuna conseguenze piuttosto lievi:
soltanto due i feriti che sono stati immediatamente trasportati in ospedale
in condizioni sembra non gravi. Gli
altri passeggeri sono stati regolarmente
evacuati. Quanto alla dinamica dell’incidente, l’autorità federale americana
per il trasporto aereo ha fatto sapere
che, secondo le prime informazioni, il
motore sinistro dell’aereo ha preso
fuoco. Dal canto suo la Boeing ha dichiarato di aver aperto un’indagine interna per appurare le cause dell’incendio. Nel frattempo una pista dello scalo
internazionale di Mccarran è rimasta
fuori uso, ma l’aeroporto continua a
funzionare regolarmente.
GIAPPONE: LANCIATO L’ALLERTA
PER IL TIFONE ETAU
L’agenzia meteo nipponica ha lanciato
l’allerta per l’arrivo del tifone Etau. La
perturbazione, che in queste ore sta
raggiungendo il Giappone centrale,
porta con sé un abbondante carico di
pioggia, con possibili conseguenze in
termini di frane e inondazioni. Etau,
che attualmente ha raggiunto la penisola
di Chita, si sta dirigendo a nord ovest
con una velocità di 25 chilometri, con
venti fino a 110 km orari. Le autorità
locali hanno emesso l’ordine di evacuazione per circa 14mila residenti. Il
maltempo ha inoltre avuto pesanti
effetti sui trasporti: diverse linee ferroviarie sono state sospese in via prudenziale e alcune tratte autostradali
sono state chiuse. I voli cancellati
hanno superato quota 50.
TURCHIA: ATTACCO A SEDE
DEL PARTITO FILOCURDO
Una folla inferocita ha attaccato il quartier generale del partito filo-curdo Hdp
ad Ankara. L’accusa, mossa dai nazionalisti turchi (che hanno organizzato
manifestazioni e proteste in tutto il
Paese) è quella di avere rapporti con i
guerriglieri del Pkk, che nei giorni
scorsi si sono resi responsabili di
alcuni attentati contro l’esercito turco
e la polizia. Al Jazeera riferisce che secondo alcune fonti a marciare contro
il palazzo dell’Hdp sarebbero state 2000
persone.
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Giovedì 10 settembre 2015
STORIA
“CASO” DALSER: IL DUCE TOLSE IL SUO COGNOME AL BAMBINO NEL 1932, PERCHÉ NON FARLO PRIMA?
Siamo sicuri che Benito Albino
fosse figlio di Mussolini?
“Non è mio”, disse a Claretta Petacci nel 1938: non si può escludere che la stessa Ida gli abbia rivelato la verità
di Emma Moriconi
ulla vicenda Dalser di cui abbiamo
cominciato a parlare ieri c'è ancora
da dire qualcosa. Al di là dei giudizi
sommari forniti nel tempo su Benito
Mussolini in merito alla tragica storia
di Ida e del figlio Benito Albino, qualche riflessione che scenda un po' più in profondità
andrebbe fatta. E ribadisco il quesito: Benito
Albino era davvero il figlio di Benito Mussolini? Perché non mi convince tutto questo?
E, si badi bene, che lo fosse o meno poco
cambia in termini di pietà umana suscitata
inevitabilmente dalla sua storia e da quella
di sua madre. Quindi lo dico subito, a scanso
di equivoci: il destino di Ida Dalser e quello
di Benito Albino non possono che provocare
immensa pietà. Ma sulla questione delle responsabilità qualcosina da dire c'è eccome.
I punti da esaminare sono vari, ed eccone
uno: la paternità di Benito Mussolini. Lui riconosce il bambino, è vero. Ida gli ha detto
che è figlio suo, perché dubitarne? In effetti
la donna aveva avuto una relazione con lui, i
tempi ci sono, Benito non ha ragione di dubitare che quel bambino sia suo.
Nel 1932 il cognome di Benito Albino viene
cambiato in "Bernardi". E qui, giù con gli
improperi contro il "tiranno", che - udite
udite - toglie il suo cognome al figlio. Nel
1935 Benito Albino viene internato in un
ospedale psichiatrico. Dei problemi di madre
e figlio abbiamo già ampiamente parlato.
Nel 1938 Benito dice in via confidenziale a
Clara Petacci che quel ragazzo non è suo figlio. Ora, non prendo per buono tutto ciò
che scrive Clara Petacci, specialmente quando dettaglia periodi testuali lunghissimi. Ma
nei concetti, in linea di massima, soprattutto
quando riferisce questioni "di cuore", la
fonte è attendibile. Per esempio, Benito le
rivela i suoi dubbi circa la paternità dei figli
di Alice Pallottelli De Fonseca, altra sua
amante: è sempre il 1938, e ammette che
potrebbero essere suoi. E di loro infatti continua ad occuparsi, fornisce aiuto economico
alla madre, si informa sul loro stato di salute
con frequenza. Di Benito Mussolini ho compreso molte cose, molti aspetti della sua
personalità, tutti derivati da documenti che
sono andata a cercare al fine di tirar fuori di
lui certi aspetti dal punto di vista umano,
oltre che politico. Non ha mai abbandonato
S
Particolare della dichiarazione giurata di Ida Dalser; il notaio scrive:
“... è comparsa personalmente la signorina Ida Irene Dalser...”
La firma di Ida sotto la dichiarazione giurata al notaio: non compare, ovviamente,
il cognome “Mussolini”; sotto, Ida e Benito Albino
nessuno a se stesso: di casi ve ne sono molti,
la Pallottelli è uno di questi; un altro è quello
di Cesira Carocci, che fu la sua governante
fino alla metà degli anni Trenta. Delle persone
che, a vario titolo, avevano avuto a che fare
con lui, Benito Mussolini si è sempre occupato,
quando hanno avuto bisogno di lui c'è sempre
stato. Nel caso di Benito Albino fece lo stesso.
Anche quando fu Arnaldo ad occuparsi di
lui, non gli mancò nulla: sostentamento economico, scuole, attenzioni.
Altra considerazione: ma come? Benito Mussolini non era il "famigerato dittatore"? E
quanto avrebbe impiegato - se fosse stato
davvero un "dittatore" - per togliersi dai
piedi i fastidiosi "ingombri" che Ida e Benito
Albino potevano costituire per lui? E invece
che fa, il "dittatore"? Non li fa "sparire",
come se non fossero mai esistiti? No. A
Benito Albino toglie il cognome. Con tanto
di carte che lo testimoniano. Le quali carte
mica sono come quelle che storici e studiosi
si affannano a cercare da settant'anni a questa
parte, quelle che il Duce portava con sé
quando la colonna in cui viaggiava fu fermata
a Musso, che si sono volatilizzate, per esempio... no, quelle sono lì, non sono andate a finire "misteriosamente" chissà dove. Certo
che è proprio uno strano "dittatore", Benito
Mussolini.
Torniamo al nostro "caso": perché, dunque,
togliere al bambino il cognome? Nel 1932?
Perché non farlo prima? Benito Albino nasce
nel 1915, Mussolini prende il potere nel
1922, le leggi cosiddette fascistissime arrivano tra il '25 e il '26, perché non farlo
subito? Perche non togliere immediatamente
il proprio cognome allo "scomodo" figlio?
Perché non nel 1927? O nel 29? Perché arrivare al 1932? Possiamo escludere del tutto
che Benito Mussolini in questo frattempo
abbia scoperto che Benito Albino non è suo
figlio? È ipotizzabile che la stessa Ida gli
abbia rivelato che quel figlio non era il suo?
Che era di un altro? Perché furibonda, per
esempio, come accadeva spessissimo? Per
ferirlo, per tentare di farlo ingelosire? Del
resto le ha provate tutte, è plausibilissima
anche questa ipotesi. Potrebbe essere stata
questa la ragione che lo indusse a riprendersi
il cognome che gli aveva dato.
Quanto alla condizione dei manicomi, di
storie come quella di Ida e di Benito Albino
ve ne sono un'infinità, una più tragica dell'altra.
Nessun destino può dirsi felice quando si
compie dentro un ospedale psichiatrico. Ida
e suo figlio avevano grossi problemi di salute
psichica, siamo negli anni Trenta, e i manicomi
in Italia esistevano già da circa quattro secoli,
e anzi nel 1924 (guarda caso proprio nella
"famigerata" epoca fascista, e ad appena
due anni dall'insediamento di Benito Mussolini), si tentò di invertire la rotta, rendendo
le strutture idonee più alla cura dei pazienti
che alla loro detenzione, e per abolirle bisognerà attendere il 1978... ben trentatre anni
dalla caduta del "famigerato" Fascismo. E
negli anni Trenta, due persone con problemi
mentali come Ida e Benito Albino, dove
avrebbero dovuto metterle? Insomma, tentare
di fare ancora demagogia su questa triste
vicenda è da sciacalli. Quella tragedia è
figlia di un'epoca e di un destino crudele.
Certo, oggi fa orrore pensare ad una povera
donna disagiata e a un povero giovane sfortunato e malato che finiscono i propri giorni
dentro un manicomio. Ma oggi è trascorso
un secolo da quei fatti. Un secolo! Se si pensa
che quelle strutture esistevano anche quarant'anni fa ben si comprende come la demagogia su questo tema sia pura e semplice
[email protected]
ipocrisia.
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Giovedì 10 settembre 2015
DA ROMA E DAL LAZIO
FANNO DISCUTERE LE DECISIONI PRESE DALLA GIUNTA DI CENTROSINISTRA
Gestione rifiuti: interrogazione di Storace
Il presidente della Regione
dismette la partecipazione
in Lazio Ambiente
senza garantire rispetto
della concorrenza
e con aggravio di costi
IL SONETTO
Forestgam
Fecero n gran firn su n tontarello
me pare Forestgam che se chiamasse,
però qualunque cosa j'accadesse
j'annava tutto pe finì sur bello,
nzomma c'ava n gran c..fortuna.
Un sinnaco qua se stava pe cacciallo
poi d'improviso come n libbro giallo
ner buio fu la luce de la luna.
Poi venn'o stadio,e gare, l'anno Santo
er gran funerale che vedrai je gioverà
perchè nu je tira mai de contr'er vento
e puro si n è capace de fa gnente
sto Forestgam c'aresta ncora qua
come si fosse n capo de la gente
GRM
di Daniele Belli
La regione, con decreto del presidente Zingaretti, dispone la dismissione della partecipazione nella Lazio
Ambiente iniziando dalla cessione
del ramo d’azienda costituito dai
termovalorizzatori. Ma se si vuole conoscere
termini e modalità per la partecipazione alle
procedure di evidenza pubblica necessarie
all’acquisizione dello stesso dalla Giunta solo
silenzi”.
E’ quanto dichiara il vicepresidente del Consiglio regionale e capogruppo de La Destra,
Francesco Storace, che ha presentato una interrogazione per chiedere, al Presidente della
Giunta, di garantire tutte le procedure di trasparenza e concorrenza in tema di appalti e
servizi ed evitare, quindi, che in tema di rifiuti
si arrivi ad un regime di monopolio già conosciuto in passato nel nostro territorio. Perché,
dopo mesi, sembra che nulla sia cambiato. Il
soggetto (Rida Ambiente) che denuncia questa
mancanza di trasparenza e concorrenza è lo
stesso che per anni si è opposto al monopolio
di Cerroni nei rifiuti. Sembrerebbe cambiare
soltanto il monopolista.
Negli ultimi mesi la Rida Ambiente ha inviato
tre lettere in regione. Nelle stesse l’azienda
ha manifestato l’interesse ad acquisire, anche
in unione con altri partners commerciali, il
ramo d’azienda avente ad oggetto i termovalorizzatori e chiede, quindi, di conoscere
termini e modalità per la partecipazione alle
procedure di evidenza pubblica necessarie
all’acquisizione del ramo d’azienda. La prima
di queste lettere è stata inviata lo scorso 11
maggio, ma da allora nessuna risposta è giunta
al soggetto scrivente che ha cominciato a sospettare che ci sia la volontà di evitare di ga-
“
Mafia CUPitale
i chiamo Alessandra e
non ho mai avuto nulla
dalla vita, se non un
lavoro dignitoso dopo aver lavorato in nero per anni, accettando condizioni al limite.
Sono una ragazza madre e grazie alle agevolazioni di legge
sono stata assunta anni fa con
un contratto di lavoro regolare.
Ho ricominciato a vivere, a respirare. Avevo realizzato il mio
sogno finalmente, riuscendo a
permettermi un monolocale di
35 metri quadri, la mia reggia,
all’interno della quale vivo serenamente e con dignità con
mia figlia, la luce dei miei occhi.
Nei giorni scorsi tutto questo
è stato messo in discussione,
poiché qualcuno ha avuto la
brillante idea di indire un bando
Cup che con ogni probabilità
non corrisponde alle esigenze
dei lavoratori.
Se non dovesse essere bloccata
la gara o quantomeno rimodulate le clausole sociali di riassorbimento, la mia vita cambierà
drasticamente in negativo e mi
ritroverò nuovamente sola, senza uno stipendio fisso, con un
affitto da pagare (400 euro) e
una figlia di 3 anni da mantenere
e crescere, senza che nessuno
possa aiutarmi. Dal sogno passerò all’incubo.
Sarò costretta a tornare a fare
le pulizie e ad accettare nuovamente un contratto in nero e
della serenità e della dignità di
cui parlavo
M
all’inizio non ve ne sarà più
presenza alcuna.
Quotidianamente mi trovo ad
aiutare le persone in difficoltà
che si rivolgono, bisognose,
allo sportello del nosocomio
presso il quale lavoro, ma le
domande che mi sorgono spontanee sono le seguenti: chi si
occuperà dei nostri di problemi,
chi penserà a noi lavoratori che
a breve potremmo perdere definitivamente il lavoro, chi si
prenderà cura di noi?
A causa di interessi privati di
persone che non hanno preso
a cuore la nostra situazione, se
tutto dovesse rimanere così
come è adesso, verrò con ogni
probabilità licenziata e non avendo più uno stipendio per mandare avanti la famiglia, rischierò
di perdere, la casa, mia figlia, il
mio unico amore, che verrà assegnata ai servizi sociali e la
mia vita non avrà più un senso.
Non posso e non voglio assolutamente accettare questo futuro, per me e per mia figlia.
Può essere questa una vita dignitosa? Può essere questa una
vita serena? Spero che qualcuno
si metta una mano sul cuore e
possa intervenire per evitare
che centinaia di persone, con
drammi personali analoghi ai
miei, possano rischiare di finire
sul lastrico per la negligenza di
chi pensa più ai
propri interessi che a quelli
della comunità.
Sono una lavoratrice del Cup
rantire un adeguato livello di concorrenza,
con il rischio che l’operatore pubblico/privato
attualmente operante sul territorio (Aria –
Gruppo Acea), venga a trovarsi in situazione
di monopolio
Una attenta lettura del decreto del Presidente
della Giunta sembrerebbe confermare la tesi
sostenuta dalla Rida Ambiente: “Si prevede la
cessione della partecipazione o l’ingresso in
partnership di un grosso operatore del settore
entro il primo semestre del 2016”. Questo,
però, non deve preoccupare soltanto l’azienda
di Aprilia, ma l’intera collettività che con la
negazione di ogni procedura di trasparenza
e concorrenza rischia di trovarsi, in tema di
rifiuti, una nuova concentrazione monopolistica
che ha già portato enormi danni alla nostra
regione.
Ma non finisce qui. Secondo quanto comunicato
da Rida Ambiente ai competenti uffici regionali,
consentire la chiusura del ciclo dei rifiuti trasferendo all’impianto della stessa Rida, già
dotata di ogni tecnologia necessaria per trasformare il rifiuto urbano indifferenziato in
combustibile solido secondario, garantirebbe
continuità e qualità del servizio nonché un
costo certo e contenuto per i comuni serviti
dall’impianto con un significativo risparmio
per i comuni stessi di circa 60 € a tonnellata
rispetto a quelli applicati; considerando che
le tonnellate che può ricevere in più la stessa
azienda sono oltre 100.000, il risparmio annuo
per i comuni serviti dall’impianto arriverebbe
a oltre i 6.000.000 di euro.
Storace nell’interrogazione conclude affermando: “sarebbe opportuno, quindi, che la
maggioranza di centrosinistra riveda il decreto
di “Riordino Partecipazioni operanti nel settore
ambientale” e si attivi per evitare l’eventuale
sovraccosto di sei milioni di euro per i cittadini
del Lazio, cercando inoltre, di dare riscontro
alle tre lettere di richiesta di informazioni della
Rida Ambiente su come partecipare alla eventuale procedura di evidenza pubblica necessaria all’acquisizione del ramo d’azienda e
garantire tutte le procedure di trasparenza e
concorrenza in tema di appalti e servizi.
Questo per evitare che in tema di rifiuti si
arrivi ad un regime di monopolio già conosciuto
in passato nel nostro territorio.
ASSOTUTELA RIVOLGE UN APPELLO AL GOVERNATORE E PRESENTERÀ UNA DENUNCIA IN PROCURA
“Zingaretti si prenda le sue responsabilità”
ssoTutela non molla e rivolge un
altro appello al presidente della
Regione Lazio, Nicola Zingaretti,
su cui sono piombate innumerevoli critiche sia dai lavoratori che dalla politica
e dal mondo sindacale sulla nuova gara
Cup.
“E’ arrivato il momento che Zingaretti
si prenda le sue responsabilità e prenda
in mano la situazione, mettendo ordine
a questa vicenda relativa il bando di
gara Cup della regione Lazio, poiché
ne vale il futuro di centinaia di lavoratori
che a giugno del 2016 rischiano seriamente di perdere il posto di lavoro”. E’
il monito di Michel Emi Maritano e Antonio Petrongolo, rispettivamente presidente di AssoTutela e legale dell’associazione.
AssoTutela ha messo in risalto le criticità
del bando che “è contrario alla legge
regionale numero 16 approvata il 18
settembre 2007, che fa riferimento esplicito all’effetto dei contratti e tale principio
è poi stato confermato dal nuovo codice
degli appalti, in votazione in Parlamento”,
ricordando che “qualche giorno fa infatti,
il Senato ha approvato un emendamento
che in previsione di una specifica disciplina degli appalti pubblici, sostiene
che se il costo della manodopera è pari
al 50% dell’importo totale si prevede
l’inclusione di clausole sociali per salvaguardare e tutelare la stabilità occupazionale dei lavoratori”.
Nell’attuale bando, però, oltre 350 lavoratori rischiano il posto di lavoro, quasi
il 20% del personale. L’assenza di una
clausola di salvaguardia sociale, infatti,
consentirebbe ai vincitori della gara,
rispettando le percentuali sulle quote,
A
di assumere personale nuovo e licenziare
i dipendenti attualmente impiegati. Problematiche denunciate da Francesco
Storace (La Destra) nell’interrogazione
presentata al governatore Zingaretti, in
cui ha chiesto l’immediata revoca della
gara Recup, anche alla luce della chiusura delle indagini della Procura, nonché
della scarsa trasparenza che la Giunta
regionale fin qui ha palesato su tutta la
vicenda.
“Alla luce di ciò, sembra evidente che
il bando presenti delle irregolarità ed è
quindi da revocare immediatamente”,
ha aggiunto AssoTutela, che ha annunciato la presentazione di una denuncia
presso la Procura della Repubblica di
Roma per abuso di atti d’ufficio, interesse
privato in pubblico e tutti quei reati che
i pm di Roma possano ravvisare.
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Giovedì 10 settembre 2015
ECONOMIA
COMPLETATO IL PARCO EOLICO MELOWIND - LA SODDISFAZIONE DI VENTURINI, AD DI GREEN POWER
Enel col vento in poppa anche in Uruguay
nel Green Power (Egp) ha
completato e allacciato
alla rete il parco eolico
Melowind, il suo primo
impianto in Uruguay da
50 MW di capacità installata, situato
nella zona di Cerro Largo, a circa
320 chilometri dalla capitale Montevideo.
“Siamo soddisfatti di aver iniziato
la generazione di chilowattora in
Uruguay”, ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Enel Green Power, Francesco Venturini.“L’Uruguay
ha caratteristiche perfettamente in
linea con la nostra strategia di crescita, in quanto è un paese in rapida
crescita economica e demografica,
connotato da abbondanza di risorse
naturali e da un quadro normativo
stabile. Il Paese mira a diversificare
il mix energetico nazionale, incrementando l'utilizzo delle risorse locali entro il 2030, e la nostra energia
pulita contribuirà al raggiungimento
di questo obiettivo”.
Enel Green Power per la realizzazione di Melowind ha investito circa
98 milioni di dollari statunitensi.
L’impianto è in grado di produrre
più di 200 milioni di chilowattora
all'anno, equivalenti ai consumi di
circa 74 mila famiglie uruguaiane,
evitando l’emissione in atmosfera
di oltre 62 mila tonnellate di CO2.
Melowind è caratterizzato da un
“load factor” del 47%, equivalente
E
a più di 4.100 ore di produzione
all'anno.
L’elettricità prodotta da Melowind
sarà venduta a Ute (Administración
Nacional de Usinas y Trasmisiones
Eléctricas), la società statale per la
trasmissione, distribuzione e vendita
dell’energia elettrica in Uruguay,
grazie a un “Power Purchase Agreement” (Ppa) della durata di venti
anni, già firmato.
L’Uruguay ha una capacità installata
di circa 3,7 GW, con il 66% della
sua produzione elettrica da energia
rinnovabile.
Enel Green Power è la Società del
Gruppo Enel interamente dedicata
allo sviluppo e gestione delle attività
di generazione di energia da fonti
rinnovabili a livello internazionale,
presente in Europa, nel continente
americano e in Africa. Con una ca-
pacità di generazione di energia
da acqua, sole, vento e calore della
terra pari a circa 32 miliardi di kWh
nel 2014 - una produzione in grado
di soddisfare i consumi di oltre 11
milioni di famiglie - Enel Green Power è leader di settore a livello
mondiale, grazie a un mix di tecnologie ben bilanciato, con una produzione largamente superiore alla
media del settore. L’Azienda attual-
mente ha una capacità
installata di oltre 9.900
MW, con un mix di fonti
che comprende l’eolico,
il solare, l’idroelettrico,
il geotermico e le biomasse. I circa 740 impianti operativi di Enel
Green Power sono collocati in 16 paesi.
In America Latina, Enel
Green Power gestisce
impianti da fonti rinnovabili in Brasile, Cile,
Costa Rica, Guatemala,
Messico, Panama e Uruguay, per una capacità
installata totale ad oggi
di più di 2.000 MW. Oltre
ai 50 MW appena entrati
in esercizio in Uruguay,
nell’eolico la Società ha
impianti per 442 MW in
Messico, 283 MW in Brasile, 340 MW in Cile 24
MW in Costa Rica. Nell’area, EGP gestisce inoltre 732 MW
di idroelettrico e 178 MW di capacità solare.
Grazie all’esperienza secolare nel
campo dell’energia geotermica,
Enel Green Power sta realizzando
l’impianto da 38 MW di Cerro Pabellon in Cile, il primo impianto
geotermico in Sud America, con
la società nazionale petrolifera
Enap.
BASTA SALVAGUARDIE PER VITTIME RIFORMA FORNERO
Lo scippo agli esodati continua
Salta anche Opzione donna, non ci sono
le coperture. Fi-Lega e Cgil-Cisl-Ugl
all’attacco. Critico anche Damiano (Pd)
ltre il danno, la beffa. Il ministero dell’Economia ha
deciso, incredibilmente, di
non salvaguardare più gli esodati,
annunciando lo stop anche per
l’“opzione donna”. Le risorse non
utilizzate, quindi, torneranno nelle
casse dello Stato e non potranno
essere più impegnate per tale
scopo. Risparmio: 3 miliardi di
euro.
Una posizione che suscita molti
dubbi, seguita dalle ire delle forze
parlamentari di minoranza e del
mondo sindacale. Una terribile
notizia per le vittime della riforma
Fornero, emersa prima in via ufficiosa e poi confermata ieri durante la commissione Lavoro della
Camera dei deputati con il ministero dell’Economia e delle Finanze,
quello del Lavoro, l’Inps e la Ragioneria generale dello Stato.
Motivo? Mancano le coperture
economiche, anche per anticipare
la pensione alle donne di 57 anni
con 35 anni di contributi. È andato
su tutte le furie il presidente della
commissione Cesare Damiano
(Pd), secondo il quale il parere
espresso dal Mef è “inaccettabile”,
c’è un “problema politico” e la
commissione intende “interpellare
i due ministri di riferimento”.
Dura anche Renata Polverini (FI):
“È irricevibile l’annuncio del Mef.
Quel fondo, per quando ci riguarda, ha come destinazione esclusiva
la copertura di nuove salvaguardie
delle categorie di esodati ad oggi
O
ancora escluse”, è la posizione
della vicepresidente della commissione, che non ha però nessuna intenzione di rimanere con
le mani in mano: “È una vergogna
che Forza Italia non può assolutamente accettare, come non accetterà il congelamento della cosiddetta Opzione donna o dell’ormai famoso errore della Riforma
Fornero che ha prodotto la categoria dei ‘quota 96’ nel settore
della scuola”. Poi si è soffermata
sui fondi dell’Opzione donna, che
sarebbero “di gran lunga inferiori”
rispetto a quanto spiegato dal
presidente dell’Inps, Tito Boeri,
mandando poi un messaggio al
premier Renzi: “A questo punto
deve chiarire definitivamente, se
ha intenzione di risolvere una
volta e per tutte le troppe ingiustizie
presenti nel nostro sistema previdenziale che incidono nella carne
viva di troppi cittadini italiani”. Le
ha fatto eco la Lega Nord, per
voce del deputato Roberto Simonetti: “C’è il tremendo sospetto
che Renzi voglia usare i soldi
degli esodati per coprire il taglio
della tassa sulla prima casa”.
“E’ intollerabile lo scippo agli esodati”, ha rincarato la Cgil. Mentre
la Uil ha detto “no a penalità aggiuntive”. “Lo Stato ha già fatto
cassa con gli esodati e ha gettato
sul lastrico centinaia di migliaia
di lavoratori”, è l’affondo dell’Ugl,
che non ha dubbi: “Questa è l’ennesima ingiustizia”.
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Giovedì 10 settembre 2015
DALL’ITALIA
SIRACUSA - L’INCIDENTE AL POLO PETROLCHIMICO DI PRIOLO GARGALLO
Cadono in un pozzetto: morti due operai
A perdere la vita Salvatore Pizzolo e Michele Assente. Stavano svolgendo operazioni di ispezione con utilizzo
di videocamera e robot presso un tombino della rete fognaria oleosa dell’impianto etilene della Versalis
di Barbara Fruch
ncora morti bianche. Incidente sul lavoro ieri
mattina nel polo petrolchimico del gruppo Eni
di Priolo Gargallo, in
provincia di Siracusa, costato la
vita a due operai metalmeccanici,
Salvatore Pizzolo di 37 anni di Melilli e Michele Assente 33 anni di
Siracusa.
A quanto si è appreso, da una prima
ricostruzione, i due lavoratori di un
ditta esterna stavano svolgendo operazioni di ispezione con utilizzo di
videocamera e robot presso un pozzetto della rete fognaria oleosa dell’impianto etilene della Versalis,
azienda del gruppo Eni.
Attorno alle 10.30 un operaio sarebbe scivolato nel pozzetto. Il collega, a questo punto, avrebbe tentato
inutilmente di afferrarlo ma, invece
di salvarlo, sarebbe a sua volta precipitato.
Ignote al momento le cause della
caduta.
Gli addetti alla sicurezza e altri operai li hanno recuperati e hanno provato a rianimarli con un massaggio
cardiaco. Ma non c'è stato nulla da
fare: la caduta e le esalazioni sono
A
risultate fatali. Il trentatreenne Michele Assente sarebbe presto diventato padre di un bimbo.
Al momento sono in corso gli accertamenti dell’evento con l’obiettivo di individuare la dinamica
dell’incidente e le relative cause.
Quello che è successo può essere
stato causato delle pericolosissime
esalazioni di anidride solforosa,
una sostanza letale che non lascia
scampo?
A chiarirlo sarà la
magistratura. Sul
posto è giunto il
pm Tommaso Pagano che ha disposto il sequestro
dell’area
mentre l’impianto
era stato fermato
immediatamente.
Dopo la tragedia
il sindacato unitario ha indetto per
la giornata di oggi
uno sciopero generale di tutta la
zona industriale,
dando appuntamento alle 6.30
davanti alla portineria centrale
del polo petrolchimico. I segretari di Cgil, Cisl e
Uil hanno chiesto
al prefetto Armando Gradone la
convocazione di un tavolo di emergenza per la sicurezza nella zona
industriale alla presenza di tutte le
aziende del polo.“Quanto accaduto
è inaccettabile, non si può andare a
lavorare ogni mattina senza sapere
se si tornerà a casa – scrive la Fim
Cisl in una nota – È assurdo morire
di lavoro, bisogna accertare subito
i fatti e intensificare i controlli e la
prevenzione. La Fim Cisl esprime
la propria partecipazione al dolore
delle famiglie di Salvatore e di Michele, che avrebbe visto tra un mese
la nascita del suo primo figlio”.
Intanto la società Eni, attraverso un
comunicato,“esprime le più sentite
condoglianze alle famiglie coinvolte
in questo tragico incidente” sottolineando come “al momento sono in
corso gli accertamenti, le analisi
dell'evento con l'obiettivo di individuare la dinamica dell'incidente e
le relative cause”.
Non è la prima volta che al petrolchimico si verificano “morti bianche”. Nel maggio 2013 era deceduto
Salvatore Ganci, addetto ad uno degli impianti che trattano acidi di
processo di raffinazione alla Isab
Nord. Il suo corpo privo di vita
venne ritrovato sul percorso che
collega l'impianto al quale era addetto con il Cr 34. A dare l'allarme
e a fare scattare i soccorsi era stata
la segnalazione di alcuni colleghi
dell'operatore, insospettiti dal fatto
che non rispondesse più alle chiamate della sala radio centrale.
L’EPISODIO RIACCENDE LA POLEMICA SUL CAPORALATO
Malore nei campi, De Marco non ce l’ha fatta
Il bracciante era concittadino di Paola Clemente. Si accasciò nelle campagne
del Metapontino il 5 agosto scorso mentre lavorava all’acinellatura dell’uva
on ce l’ha fatta. È morto nell’ospedale San Carlo di Potenza, dove
era ricoverato nel reparto di rianimazione da oltre un mese, Arcangelo
De Marco, il bracciante di 42 anni, di
San Giorgio Jonico, colpito da un malore
nelle campagne del Metapontino, in provincia di Matera, il 5 agosto scorso.
Stava lavorando all’acinellatura dell’uva,
quella particolare operazione di eliminazione manuale, dai grappoli di uva da
tavola, degli acini sottosviluppati, al fine
di ottenere un prodotto uniforme, esteticamente migliore e anche conservabile
per periodi più lunghi.
Nel nosocomio lucano non si è mai ri-
N
preso e martedì sera è deceduto. De
Marco viveva a San Giorgio Jonico, in
provincia di Taranto, la stessa città di
Paola Clemente, la bracciante morta ad
Andria durante l’acinellatura dell’uva.
Sul caso di De Marco è aperta un’inchiesta
coordinata tra le Procure di Matera e di
Trani. Inizialmente, infatti, si riteneva
che anche De Marco si fosse sentito
male ad Andria, poi si è acclarato che
invece stava lavorando nelle campagne
materane.
Anche sul caso Clemente sono state
aperte le indagini e dopo la denuncia del
marito Stefano Arcuri la Procura di
Trani ha iscritto nel registro degli indagati
sia il titolare dell'azienda per cui lavorava
Clemente sia il responsabile della ditta
di trasporti che l'aveva portata da San
Giorgio Jonico e l'autista che guidava
l'autobus.
Il bilancio accertato di lavoratori morti
per il caldo durante i lavori in campagna
di questa estate sale a 14. Donne e
uomini spesso vittime del caporalato: i
braccianti agricoli infatti, subiscono sfruttamenti e abusi, sottostando a regole
contro ogni linea sindacale, dagli orari
alle paghe. Un fenomeno che, soprattutto
nel periodo estivo, affligge le campagne
dell’area ionica e non solo.
Proprio in seguito agli episodi la Guardia
di Finanza ha intensificato i controlli, al
fine di verificare le condizioni di lavoro
nei campi e di accertare eventuali violazioni delle normative. Soltanto nel corso
dell’ultima settimana sono state sottoposte
a controllo centinaia di aziende agricole,
da Lucera a Francavilla Fontana. B.F.
MILANO
PALERMO
Litiga con il socio e cerca di investirlo
Debiti: spara al collega e si ammazza
a litigato con il socio e ha
tentato di ucciderlo, investendolo con il camion. Per
questo Federico Pastore, 39enne,
già noto alle forze dell’ordine, è
stato arrestato per tentato omicidio.
L’episodio è accaduto fuori da un
bar di Rozzano, alle porte di Milano.
L’uomo ha tentato di far perdere
le sue tracce, mai carabinieri sono
riusciti a fermarlo. La vittima della
sua furia è R.P., 59 anni, ora ricoverato in gravi condizioni all'ospedale Humanitas.
Il fatto, accaduto venerdì scorso,
è stato ripreso dalle telecamere
di videosorveglianza. Grazie ai filmati, è possibile ricostruire la di-
H
namica. I due soci di un’attività
di raccolta porta a porta di rottame
metallico (anche se non risultano
in possesso della relativa ‘licenza’),
entrambi pregiudicati, hanno iniziato a insultarsi e minacciarsi a
causa di un debito: uno dei due,
infatti, non voleva pagare la propria
parte per l’acquisto di un autocarro.
Così, l’altro, un 48enne, dopo essersi allontanato per un attimo, è
tornato armato di spranga ma è
stato travolto dal 39enne, che era
già salito a bordo dell’autocarro
(quello che era al centro della
lite) e ha schiacciato l’acceleratore,
travolgendolo. L’impatto sarebbe
stato violentissimo, tanto che il
59enne è stato sbalzato per alcuni
metri, riportando fratture multiple
agli arti inferiori.
Il tutto è accaduto in un’area pedonale, vicino ad alcuni passanti
terrorizzati. La vittima è stata sottoposta a un delicato intervento
chirurgico e ha riportato la subamputazione della gamba sinistra.
L’investitore, conosciuto come il
Ninja, si è dato subito alla fuga,
ma è stato individuato e arrestato
dai carabinieri con l'accusa di
tentato omicidio e lesioni gravi. Il
39enne, ancora sottoposto all'obbligo di firma, è tornato per la
tredicesima volta al carcere di
San Vittore.
anno litigato per questioni
economiche, poi uno ha
sparato all’altro, infine si è
suicidato. La tragedia è avvenuta
ieri nel cuore di Palermo, in via
del Parlamento.
Il diverbio è nato fra due muratori
Giuseppe Di Stefano, 44 anni,
proprietario dello stabile, e Alessandro Valenti, 49 anni, la vittima
che stava lavorando alla ristrutturazione, che avrebbero avuto problemi economici legati a un debito
di lavoro.
Secondo una prima ricostruzione
i due, che erano colleghi, avrebbero
iniziato a litigare per strada, poi
all’interno di un magazzino di pro-
H
prietà di Di Stefano. Di Stefano
avrebbe avuto da ridire su come
erano stati svolti i lavori. Invece
pare che Valenti vantasse un debito
proprio per questi lavori. Gli animi
si sarebbero surriscaldati. Forse
qualche parola di troppo. A un
certo punto Di Stefano, residente
in una palazzina in ristrutturazione
proprio in via del Parlamento, ha
deciso di salire a casa. Quando è
sceso era armato di un revolver
calibro 38 rinvenuto dagli investigatori sul luogo del delitto e successivamente sottoposto a sequestro. Di Stefano prima ha fatto
fuoco con due colpi contro Valenti,
uccidendolo. Dopo ha rivolto verso
se stesso la pistola, togliendosi la
vita. Alla scena avrebbe assistito
il figlio di Valenti, che era riuscito
a scappare ed è stato interrogato
dagli investigatori.
A dare l’allarme sono state le
persone che hanno assistito all’omicidio- suicidio. Inutili i soccorsi. Sul posto sono intervenute
pattuglie dei carabinieri che hanno
circoscritto l'intera area per preservare la scena del crimine in
attesa dell'arrivo degli uomini
della Sezione investigazioni scientifiche del Comando provinciale
di carabinieri di Palermo, al fine
di ricostruire l'esatta dinamica
dei fatti.
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Giovedì 10 settembre 2015
DALL’ITALIA
DOPO IL DUPLICE OMICIDIO IN PALAGONIA (CATANIA) SI SVEGLIA ANCHE IL GOVERNO
Cara di Mineo verso la chiusura?
Il Ministro Boschi spiega che il centro dovrà essere portato a una “situazione ordinaria” per poi valutare
se estinguerlo. Intanto un secondo ospite della struttura è indagato per l’uccisione dei coniugi Solano
entre emerge un secondo indagato nell’inchiesta sul duplice
omicidio a Palagonia, in provincia
di Catania, non si placano le polemiche sul Cara di Mineo.
L’assassino di Vincenzo Solano e di sua moglie,
Mercedes Ibanez, uccisi lo scorso 30 agosto
nella loro villa, così come il presunto complice,
erano entrambi ospiti della struttura di accoglienza siciliana.
Il fatto ha inevitabilmente scatenato una serie
di reazioni politiche che si sono susseguite.
E ora il governo sta valutando la chiusura del
Centro accoglienza richiedenti asilo. Lo ha
assicurato il ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi
nel question time alla Camera. «A seguito
del commissariamento - ha detto Boschi - è
stata disposta la richiesta alla prefettura competente di provvedere a recedere anticipatamente gli accordi e la convenzione con i
comuni interessati in modo tale da poter
provvedere alla gestione tramite la prefettura
e poi valutare eventualmente la chiusura o
meno in seguito agli accertamenti in corso».
Il ministro ha spiegato che il Cara quindi va
anzitutto riportato al più presto ad una “situazione ordinaria”, attraverso la diminuzione
del numero degli ospiti.
La Boschi ha ripetuto le “condoglianze personali
M
e del Governo” per la famiglia vittima dell'atroce duplice omicidio di Palagonia aggiungendo “l'apprezzamento del Governo” per le
parole del presidente della Commissione Ue,
Jean-Calude Juncker sul tema dei migranti.
Parole, ha spiegato, che
segnano “una nuova consapevolezza in Europa
che porterà ad un alleggerimento nella gestione del tema accoglienza”. Infine ha ricordato che anche i profughi, se si dimostrerà la
loro pericolosità, saranno affidati ai Centri
identificazione ed espulsione (Cie) e non più
ai Centri accoglienza richiedenti asilo (Cara).
Il Cara di Mineo era ritornato al centro delle
polemiche proprio dopo la vicenda dei due
coniugi uccisi, caso in cui sarebbe coinvolto
non solo l’ivoriano Mamadou Kamara, 18 anni,
ospite del centro arrestato perché ritenuto
autore del massacro e dello stupro della donna.
Dagli atti dell’inchiesta emerge infatti il nome
di un secondo indagato: si tratta di un maliano
di 23 anni, Mouhamed Camara, anche lui
ospite del Cara di Mineo, proprietario della
bicicletta utilizzata dal 18enne, in sella alla
quale è stato ripreso dalle telecamere del circuito di videosorveglianza nei pressi di Villa
Solano, proprio la notte del delitto.
Il maliano è stato il primo sospettato interrogato
dalla polizia di Stato che lo ha messo sotto
torchio per via di una presunta telefonata in-
tercorsa tra i due immigrati. La Procura di
Caltagirone lo aveva inizialmente iscritto nel
registro degli indagati per duplice omicidio.
La sua posizione è stata poi chiarita dagli sviluppi dell’inchiesta, nella quale risulta ancora
iscritto come “atto dovuto”.
Un delitto “raccapricciante” come era stato
definito dagli inquirenti che aveva nuovamente
posto sotto i riflettori il centro di accoglienza
che attualmente ospita circa 4mila immigrati.
Una struttura che è stata diverse volte al centro
di disordini. Non sono mancate proteste degli
ospiti e scontri con le forze dell’ordine, come
nel 2012, quando diversi agenti rimasero feriti.
Poi lo scandalo della gestione, emerso nell’inchiesta romana su mafia-capitale, e l’indagine
sulla cosiddetta parentopoli nelle assunzioni
che ha portato a cinque informazioni di garanzia
nei confronti, tra l’altro, del sindaco di Mineo
Anna Aloisi. “Il Cara di Mineo è un caso di
Stato”, disse il procuratore di Caltagirone che
indagava su illeciti nelle assunzioni e nell'aggiudicazione di un appalto da oltre 100 milioni
di euro.
Una struttura diventata ormai ingestibile, che
potrebbe essere presto chiusa. Ma a quel
punto rimarrebbe di certo il problema di dove
ospitare quegli stranieri. Questioni con cui
ora anche il Governo deve fare i conti.
Barbara Fruch
MILANO - MARTINA LEVATO E ALEXANDER BOETTCHER NUOVAMENTE SUL BANCO DEGLI IMPUTATI
Coppia dell’acido, la vittima si presenta in aula
Stefano Savi vuole guardare in faccia i suoi aguzzini: “Non cerco vendetta, ma voglio la verità”
stato sfigurato con l’acido. E ora
mostrerà il suo volto per far vedere
a tutti ciò che è successo. Lo farà
proprio al processo dove sono imputati
Martina Levato e Alexander Boettcher, la
cosiddetta coppia diabolica già condannata
a 14 anni per l’aggressione a Pietro
Barbini il 28 dicembre scorso. I due il 16
settembre saranno nuovamente in aula
per un nuovo processo a loro carico. Vittima è Stefano Savi, lo studente di 25
anni aggredito con l’acido per uno scambio
di persona: è stato il primo di una catena
criminale.
E ora lui, come spiega in un’intervista al
Corriere della Sera, è pronto a guardali in
faccia. “Vado in aula per guardare negli
occhi chi è accusato di avermi devastato
la faccia. Voglio che tutti si rendano conto
di quello che mi hanno fatto – spiega il
25enne – Non sono certo io che mi devo
vergognare”.
E l’auspicio è quello di scatenare una
È
reazione, facendo vedere a tutti quel che
è successo a lui. “Forse scoprendomi la
faccia, facendomi guardare, provocherò
qualche emozione in aula – continua –
Non spero in una confessione, ma esigo
la verità”.
Stefano, studente di economia, era stato
aggredito e sfigurato nella notte tra il
primo e il 2 novembre dell’anno scorso
mentre rincasava dopo una serata in discoteca. Ma il bersaglio non era lui: era
stato colpito per errore, la sua fisionomia
era stata confusa con quella di un suo
coetaneo, Giuliano Carparelli, fotografo,
che con Martina Levato aveva avuto un
rapporto in discoteca e quindi, nella strategia criminale e folle della coppia, doveva
essere sfregiato per ‘purificare’ la ragazza.
“L'idea che mi abbiano preso per un'altro
mi atterrisce: con quale leggerezza si può
rovinare la vita di un ragazzo?” si chiede
il 25enne.
Lo studente ora è costretto a portare una
maschera cicatrizzante per 20 ore al
giorno, oltre alle medicazioni quotidiane.
I danni stimati, secondo i legali del ragazzo
si attestano ad oltre 3 milioni di euro.
Ma lui sta trovando la forza per andare
avanti e fare in modo che la sua storia
possa servire ad aiutare gli altri. “Sono
un ragazzo come tanti spero che la mia
storia serva da esempio, perché non succeda mai più a nessun altro – ha detto –
Ho subito una terribile ingiustizia e ora
non mi stanco di ripetere: non cerco vendetta, ma voglio la verità”.
Dal canto loro, Martina Levato e Alexander
TORINO
Furti in villette, presa
banda di albanesi
S
ono almeno sessanta
i furti e le rapine,
commessi in tutto il
Piemonte, di cui sono ritenuti responsabili i sei
membri di una banda di
ladri albanesi sgominata
dai carabinieri di Torino.
I malviventi agivano di notte con i proprietari in casa.
I componenti della banda
sono stati arrestati con l’accusa di associazione per
delinquere, furto, rapina,
ricettazione e detenzione
di armi e munizioni clandestine.
Le indagini hanno consentito di acquisire gravi e
concordanti elementi di
Boettcher hanno sempre sostenuto la
loro totale estraneità rispetto all’accusa.
Peccato che quell’aggressione con l’acido
ricordi molto quella avvenuta lo scorso
dicembre, ai danni di Pietro Barbini. E
nel nuovo processo infatti la ‘coppia diabolica’ è imputata per associazione a delinquere per una serie di altre aggressioni
con modalità simili, a cominciare da
quella del 25enne Savi per arrivare a
quella avvenuta due settimane dopo ai
danni di Giuliano Carparelli, che in quell’occasione riuscì a salvarsi.
Non fu così per Savi che dovrà combattere
a vita con quello che gli è successo.
Proprio come ha fatto Lucia Annibali, la
donna sfregiata in volto con l’acido da
due sicari assoldati dall’ex fidanzato, divenuta un simbolo alla violenza contro le
donne.
Donne che non sono sempre vittime e i
casi di Savi e Barbini lo dimostrano.
B.F.
BRINDISI
responsabilità in ben sessanta colpi, tra furti e rapine, commessi nella regione. Ma si sospetta che
la banda possa aver agito
altre decine di volte nelle
province di Torino e Alessandria.
La base logistica dei quattro rapinatori era un garage dove i carabinieri hanno
trovato parcheggiate diciotto autovetture rubate.
Dopo gli accertamenti i
mezzi sono stati restituiti
ai legittimi proprietari.
Dimessa due volte,
muore: otto indagati
er due volte i familiari
l'hanno accompagnata al
Pronto soccorso di Martina Franca (Taranto), e per
due volte i medici l'hanno dimessa.
La donna però, Antonia Antico,
47 anni, è poi morta all'ospedale Perrino di Brindisi.
P
Ora i parenti hanno presentato
una denuncia e otto medici
sono finiti sotto indagine.
La vicenda è cominciata giovedì scorso: la 47enne si è
sentita male ed è stata portata
al Pronto soccorso; i medici
però l'hanno rimandata a
casa.
Sabato la stessa scena, di
nuovo la corsa in ospedale e
di nuovo il rinvio a casa.
La donna, assistente scolastica
madre di due figli residente a
Villa Castelli e sofferente di
diabete, è morta però nella
notte tra domenica e lunedì.
Sul caso ha aperto un'inchiesta la Procura di Brindisi,
mettendo sotto accusa 8 medici per omicidio colposo.
L'incarico per l'autopsia sarà
conferito nei prossimi giorni.
Intanto sono già stata sequestrate le cartelle cliniche.
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Giovedì 10 settembre 2015
CULTURA
NOVITÀ MUSICALI
Gli Iron Maiden e il loro“Libro delle anime”
Undici tracce tra le più lunghe della storia della band, composte in studio con istantanea spontaneità. Grande attesa per le date del tour
di Cristina Di Giorgi
uscito il 4 settembre 2015
il nuovo attesissimo album
degli Iron Maiden. Si intitola “The book of souls”,
ovvero “Il libro delle anime”. E’ il sedicesimo cd che la
band britannica, tra i massimi esponenti del metal mondiale, produce
in studio per i suoi tantissimi fan.
E arriva, attesissimo, dopo mesi di
preoccupazione per le condizioni
di salute di Bruce Dickinson, leader
e voce della band, al quale lo scorso
anno è stato diagnosticato un tumore
alla lingua. Tempestivamente curato,
Dickinson è riuscito a guarire poco
prima dell’annuncio ufficiale dell’uscita di “Book of souls”. Un album
doppio che contiene undici tracce
completamente inedite. Oltre un’ora
e mezza di musica che, anticipata
dall’uscita del singolo (il 14 agosto)
intitolato “Speed of light”, è stata
registrata a Parigi, nello stesso studio
in cui vide la lue “Brave New World”.
Tra i brani che compongono la track
list di questo doppio cd, due sono
stati composti interamente da Dickinson. Sono “If eternity should fail”
e “Empire of the Clouds”. Quest’ultimo, che è il più lungo mai composto
dagli Iron Maiden (dura 18 minuti),
è dedicato al disastro aereo del dirigibile R101, caduto in Francia il 5
ottobre 1930 con a bordo 48 persone. Degne di nota sono poi “Death
of glory”, che racconta del Barone
Rosso e del suo Fokker e “Tears of
È
a Clown”, che parla di Robin Williams, l’attore premio oscar scomparso nel 2014.
Le prime recensioni apparse on
line parlano di “un bel colpo”, con
una band “in formissima, con un
sound fedele al proprio nome e
fama, ma al contempo sorprendentemente vitale” (rockol.it), E ancora:
“lavoro davvero prezioso, pienamente all’altezza della fama del
gruppo e capace anche di qualche
novità” (metallus.it).
A proposito del loro lavoro, di cui la
band ha deciso di posticipare l’uscita
per dar modo al suo frontman di riprendersi dal problema di salute
che lo ha colpito e potersi dedicare
al meglio alla promozione (cosa che
Dickinson sembra abbia tutta l’intenzione di fare), i componenti dei
Maiden hanno spiegato che “l’approccio a questo album – ha detto
Steve Harris in un’intervista - è stato
diverso rispetto ai precedenti. Molte
delle canzoni sono state scritte quando eravamo in studio. Abbiamo fatto
il possibile per provarle e registrarle
immediatamente. Penso
che questa istantaneità abbia donato ai brani una
forte impronta live. Sono
molto orgoglioso di The
Book Of Souls, lo siamo
tutti e non vediamo l’ora
di farlo ascoltare ai nostri fan e soprattutto di tornare on the road il
prossimo anno”. Per ascoltarli dal
vivo, bisognerà dunque attendere il
2016 (le date usciranno presto sul
sito ufficiale della band). Nell’attesa,
valgono come anticipazione dell’at-
mosfera che gli Iron Maiden hanno
voluto infondere in questo cd, le parole
di Bruce Dickinson: “siamo entusiasti,
ci siamo divertiti molto. Abbiamo lavorato all’album circondati da ricordi
speciali, magiche vibrazioni che ci
hanno fatto sentire a casa”.
VICENZA: INAUGURATA A VILLA CECCATO L’ESPOSIZIONE SUI PARAVENTI GIAPPONESI
“Hanami: ammirare i fiori”, tra arte e arredo
La mostra, visitabile ogni sabato e domenica fino al prossimo 4 ottobre, propone opere di notevole rilevanza storica
NOVITÀ IN LIBRERIA
“Ricordi di un Hobbit”
tra fantasy e teatro
Il lavoro di De Turris e Fusco è una prosa
di notevole impatto in cui Sam racconta
a sua figlia le emozioni delle sue avventure
ianfranco De Turris e
Sebastiano Fusco, due
giornalisti e scrittori romani autori di numerosi scritti
dedicati in particolare al mondo
fantasy, hanno recentemente
pubblicato “Ricordi di un Hobbit” (Ed. Tabula Fati, 2015). Il
loro volume propone un testo
in prosa di notevole valore che
è stato anche rappresentato in
teatro, arricchito da molte illustrazioni e dai contributi di
due grandi esperti del mondo
tolkieniano: Quirino Principe
(che ha firmato la prefazione)
e Stefano Giuliano (autore della
postfazione).
Le sessanta intense pagine di
questo libro raccontano di un
dialogo tra un Sam Gamgee
ormai vecchio e la sua figlioletta
adolescente. Che, dopo quindici
anni dalla partenza di Frodo e
G
Gandalf dai Porti Grigi verso il
Vero Occidente, chiede al padre
di raccontargli della sua giovinezza, del mondo che ha conosciuto, delle sue avventure.
“Sam risponde ripercorrendo
con l’emozione più che con la
ragione i pericoli che ha corso,
i mostri che ha incontrato, le
meraviglie che ha visto, le sofferenze che ha patito. È con
un pianto, più che con un
grido, che volge al termine
l’Età di Mezzo. Il mondo – si
legge nella quarta di copertina
- si trasforma: ma i fiori sono
sempre gli stessi, sempre la
stessa è la voce del vento nella
foresta, le stelle brillano sempre
nel cielo come gemme d’argento. Si chiude la Terza Era,
declinano gli dèi e gli eroi, e
sorge l’uomo, solo con la nuda
spada nel suo pugno”. CdG
stata inaugurata sabato
scorso (5 settembre)
la mostra dedicata all’arte tipicamente orientale
dei paraventi. Intitolata “Hanami – Ammirare i fiori”,
l’esposizione allestita a Villa
Siciliani Ceccato (Montecchio Maggiore,Vicenza) propone un nucleo di opere di
grande ricercatezza.
Come illustrato dalla dottoressa Rossella Marangoni,
nipponista e docente di cultura giapponese, la mostra
è stata organizzata in collaborazione con Giuseppe
Piva, antiquario milanese
specializzato in arte del Sol
Levante. La cui ricerca “è finalizzata al ritrovamento e
acquisizione di opere importanti. La sua collezione
– si legge in una nota di
presentazione dell’evento
vicentino – è costituita, oltre
che da paraventi come quelli
che espone a Villa Ceccato, dal fascino
unico e misterioso, da molti degli oggetti d’arte tipici della cultura nipponica. I paraventi” che fanno parte della
selezione esposta costituiscono uno
spaccato dal taglio colto e ricercato
sull’arte giapponese. Si tratta di opere
del periodo Edo (1615 – 1868) decorate
con foglie d’oro, alberi, fiori, animali
e persone, per “raccontare il passare
È
delle stagioni ma anche feste, riti, miti
e epiche battaglie”.
Di particolare interesse e notevole rilevanza storico – culturale il paravento
dedicato alla battaglia di Sekigahara,
combattuta il 21 ottobre 1600, “che fu
il culmine dell’aspro confronto che teneva impegnati dal luglio precedente
i due schieramenti capeggiati da Tokugawa Ieyasu e Ishida Mitsunari. La
battaglia contribuì in modo determinante alla fine dell’epoca Sengoku, il
lungo periodo di guerre civili che insanguinavano il Giappone dal 1478:
grazie alla vittoria conseguita, Ieyasu
si garantì il controllo del paese, fondando poi lo shogunato che avrebbe
mantenuto il potere fino al 1868”. La
mostra sarà aperta tutti i fine settimana
fino al prossimo 4 ottobre.
CdG
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Giovedì 10 settembre 2015
SOCIETA’
SIGNIFICATO DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA SINDROME FETO ALCOLICA E DISTURBI CORRELATI
Ancora troppo piccolo per bere
Con una gravidanza attenta e consapevole, la Fasd è comunque prevenibile al 100%
o al consumo di alcol in
gravidanza che può causare le malformazioni al
feto. L'appello è risuonato
al centro della giornata
internazionale della Giornata Internazionale della Sindrome Feto
Alcolica e Disturbi correlati, che
si è tenuta ieri, il 9° giorno del 9°
mese, alle 09.09. Nell'occasione la
European FASD Alliance ha presentato la Too Young To Drink 2015
("troppo piccolo per bere"), una
campagna di comunicazione internazionale ideata da Fabrica,
centro di ricerca sulla comunicazione del gruppo Benetton, per
aumentare la consapevolezza della
Sindrome Feto Alcolica e Disturbi
correlati (FASD), una serie di possibili danni causati dall''esposizione
prenatale all''alcol: malformazioni
alla nascita, disturbi dell''apprendimento, del comportamento e disturbi mentali.
La FASD è prevenibile al 100%, se
si evita l'alcol in gravidanza.
Quest'anno, la campagna è stata
sostenuta dalla rete di organizzazioni partner creata in occasione
dell'edizione 2014, più 20 nuovi
partner che hanno aderito nel
2015. Più di 80 organizzazioni in
35 paesi si sono unite per promuovere Too Young To Drink. Dalle
9.09 del mattino alle 9.09 di sera,
ora locale, striscioni e manifesti
hanno mostrato l'immagine di un
neonato tra gli ingredienti di un
cocktail alcolico, in continuità con
il visual dello scorso anno. Per amplificare il messaggio, l'azione è
stata integrata con l'uso dei social
media. E’ stato anche lanciato il
N
Social Contest "Diventa Ambasciatore di TYTD2015": i partner sono
stati invitati a coinvolgere più cittadini possibile, chiedendo loro
di fare foto e video con i materiali
della campagna. Le foto e i video
realizzati saranno pubblicati e diffusi nei sociali media usando gli
hashtag #TYTD2015 #tooyoungtodrink. Too Young To Drink è un'idea
di Erik Ravelo, responsabile Social
Engagement Campaigns di Fabrica, centro di ricerca con sede in
Italia dove giovani creativi provenienti da tutto il mondo sviluppano
progetti di comunicazione.
Fin dalla sua fondazione nel 1994,
Fabrica ha sempre avuto una particolare attenzione per una comunicazione socialmente attenta ed
è stata felice di contribuire con la
propria creatività alla diffusione
del messaggio di non usare alcol
durante la gravidanza. Come afferma Erik Ravelo "è stato un grande piacere per Fabrica aiutare EUFASD Alliance a trasmettere un
messaggio così delicato e importante; speriamo che possa raggiungere quante più persone possibile,
non solo le donne ma anche i loro
partner, le famiglie e le istituzioni
della società. Per il visual 2015, abbiamo lavorato ancora con l'eterno
concetto del nascituro che, invece
di essere nel ventre materno, è immerso in un cocktail alcolico, mischiato con altri elementi quali il
lime, i cubetti di ghiaccio e le bollicine. L'atmosfera vibrante e i colori
vividi catturano l'attenzione del
pubblico, immaginando che cosa
il bambino potrebbe provare quando la mamma beve alcol".
I principali obiettivi della campagna
Too Young To Drink sono: aumentare
la consapevolezza dei rischi del
bere in gravidanza tra la popolazione in età fertile e nella comunità;
diffondere informazioni accurate,
basate sull'evidenza scientifica; favorire l'empowerment delle donne
nel fare le loro scelte e incoraggiare
gli amici, le famiglie e la società a
sostenere una gravidanza sana, senza uso di alcol. Verrà anche predisposto uno studio, in collaborazione
con alcuni paesi partner, per valutare l'efficacia della campagna.
"Come madre adottiva di tre bambini con FASD, vedo ogni giorno le
battaglie che devono affrontare a
scuola e nelle loro relazioni sociali.
Sto lavorando per evitare che questo
non accada più ad altri bambini",
dice Diane Black, presidente di
EUFASD Alliance, che anche per la
campagna 2015 si è avvalsa del
sostegno dell'Azienda Ulss 9 della
Regione Veneto sulla scia dell'esperienza di marketing sociale e strategia di comunicazione sulla salute,
già sviluppata con il progetto Mamma Beve Bimbo Beve.
SONO SEMPRE DI PIÙ IN ITALIA GLI ANZIANI CHE PRATICANO DISCIPLINE ANCHE DOPO I 70 ANNI
Lo sport è come l’amore: non ha età
L’esperto: “Benefici cardiovascolari e gastrointestinali. Importante anche per socializzare”
nche in Italia crescono
gli sportivi con una certa età. Quasi un milione
di connazionali intorno ai 70
anni pratica infatti sport, addirittura ben più dei neomaggiorenni che sono invece soltanto 600 mila. E gli over 50
che fanno sport continuativamente sono peraltro in aumento, secondo recenti dati
Istat. Lo ricordano gli organizzatori delle Olimpiadi di
50&Più, associazione di ultracinquantenni aderente Confcommercio. Le gare quest'anno si tengono in Basilicata, a
Marina di Pisticci (Matera).
L'appuntamento con la XXII
edizione è dal 13 al 20 settembre presso il Ti Blu Village
Club. Dieci le discipline in
gara, per quasi 1.000 partecipanti: basket-tiri a canestro,
bocce, ciclismo, freccette, maratona, marcia, nuoto (stile libero e rana), tennis da tavolo,
tennis, tiro con l'arco. Ogni
atleta parteciperà a un massimo di 4 gare. Per ciascuna
A
categoria, ai primi 3 classificati
di tutte le gare, sia maschili
che femminili, verranno assegnate la medaglia d'oro,
d'argento e di bronzo. Mentre
ai migliori 3 classificati, maschio e femmina, che totalizzeranno il maggior punteggio
assoluto, verrà assegnato il titolo di Vincitori dell'Olimpiade
e le Coppe 50&Più. Alle Province che totalizzeranno i 3
migliori punteggi verranno
assegnate le Coppe 50&Più,
mentre alla provincia vincitrice
andrà il Trofeo 50&Più.
"L'aumento dello sport tra gli
over 50 - spiega Alessandro
Mascia, osteopata, fisioterapista
e posturologo, interpellata
dall’Adn Kronos - è dovuto prevalentemente a due motivi.
L'età media è aumentata: rispetto a 30 o 50 anni fa, quello
che una volta era definito anziano ora non lo è più. Un settantenne di oggi è piuttosto
giovane rispetto al passato,
grazie anche alla medicina che
aiuta a star bene e aumenta
l'aspettativa di vita. Inoltre cinquant'anni fa l'anziano non investiva il suo tempo nello sport
o perché non riteneva potesse
essere utile. Oggi abbiamo
soggetti che da giovani sono
stati atleti e che continuano a
fare sport".
"I benefici dello sport, a qual-
siasi età - prosegue Mascia sono molteplici. Il primo è
quello cardiovascolare. Lo sport
consente la vascolarizzazione
generale di tutto il corpo, l'apporto di ossigeno ai muscoli,
agli organi interni, al cervello.
E' quindi un ottimo alleato per
combattere le problematiche
neurologiche legate all'invecchiamento. Poi ci sono i vantaggi legati alle funzioni gastrointestinali. Praticare sport
facilita i movimenti dell'intestino,
del colon, aiuta lo stomaco
nella fase di digestione e dell'eliminazione delle scorie".
"Altro importante vantaggio riguarda la socializzazione, senza contare i benefici sull'umore", continua l'esperto. L'attività
sportiva produce infatti endorfine e queste fanno sì che
la persona anziana stia meglio
di umore ma anche fisicamente, in quanto "le endorfine aiutano a non sentire dolori, a
sentirsi fisicamente meglio, ad
affrontare la giornata". Lo sport
regolarizza infine il ritmo sonno-veglia. "Il ballo - concldue
Mascia - è da privilegiare. Non
sovraccarica il sistema cardiovascolare, ci si muove sempre in un regime aerobico,
con sforzi cardiaci relativamente bassi".