IMP Bassignano 2bozza.qxp:Layout 1

Transcript

IMP Bassignano 2bozza.qxp:Layout 1
39
40
tà U4
Quarta uni
gno 2012
u
i
g
7
2
,
o
z
Saluz
s
u
m
e
r
o
d
A
e
t
i
n
e
V
Dalla cantina di via Bodoni 56C
In cantina da anni ed ancora oggi c’è di tutto: i viveri che non
stanno in cucina e che vengono posti in scaffali sempre più stipati
e le tante altre cose, le più svariate, che, comunque sistemate, aumentano senza ritegno, di mese in mese, formando mucchi ingombranti e minacciosi.
Tanto le provviste alimentari quanto gli altri oggetti aspettano
un prossimo riordino, da anni annunciato, sempre rimandato e oggi
più urgente che mai.
Nel 1969 i primi fagotti, spostati dalla cantina di via Mortara, furono messi sul nudo pavimento in attesa di una sistemazione appena fosse finito il trasloco; invece rimasero e sono ancora lì.
In seguito, senza toglier nulla, portai libri, quaderni, giornali da
rileggere, borse e scarpe, tutti i giochi e i vestiti smessi dai miei bambini, i loro primi sci... ed ogni cosa era conservata perchè potesse essere riutilizzata o impiegata per altri scopi.
In autunno mettevo ed ancora metto marmellata, conserve, cassette
di mele, cachi, noci e castagne: i frutti per l’inverno. Continuo poi a tenere pasta, riso, bottiglie d’olio, scatole di tonno da consumarsi, se si
torna a casa di notte, se i negozi sono chiusi, se non si può uscire. Viveri che comunque devono rigorosamente rimanere in quantità costante, in previsioni di oscure congiunture ancora più gravi: potrei
riavere la fame degli anni di guerra e di nuovo soffrirla io e i miei cari.
us | 41
Venite Adorem
Quando raramente ho buttato via qualcosa è sempre stata quella
di cui avrei avuto bisogno poche ore dopo.
Distacchi sofferti ogni volta che tolgo dalla cantina un oggetto a
me caro e quante anche le cose buttate lì e lì dimenticate per essere
poi cercate affannosamente.
Ora, da dodici anni nonna, guardo con occhi più pacati la vita attorno a me e in cantina scendo serena; non metto ordine, cerco fra
quanto è accatastato, mescolato e confuso, oggetti che piacciano ai
nipotini.
Fine Novembre
Alle cinque è penombra, alle sei il buio si diffonde invadente e,
sotto i portici di fronte al Duomo, le vetrine con le luci già accese
espongono i nuovi giochi per le prossime festività. Mi chiedo perché quanto è in vista attiri l’attenzione dei bambini molto piccoli in
tal modo da indurli ad insistenti capricci per averli in regalo mentre in casa si divertono e fanno anche musica con le pentole e i coperchi della cucina.
Io comunque, con caparbia perseveranza, scenderò in cantina
per trovare regali alternativi e li vorrei per il prossimo natale scegliere fra quelli che fecero sognare i miei figli bambini.
La ricerca del regalo per Margherita, la nipotina che compie gli
anni il 20 dicembre, è la più difficile e lunga. Quest’anno cercherò
per lei il tesoro contenuto in un cestino di vimini, messo in cantina
più di venti anni fa. Ci sarà? Dove? Sotto le alte e pericolanti pile di
libri scolastici, fra riviste e giornali ammuffiti, borse sgualcite, scarpe
spaiate? Ricordo con affetto Ivo, ragazzo quattordicenne, che mi
portò il regalo fatto nella bottega della sua famiglia. Forse l’ho
messo fra gli oggetti che all’occasione potrebbero servire e lì fu lasciato al buio, freddo d’inverno, caldo soffocante d’estate.
Nella ricerca da qualche giorno mi aiuta Anna, l’altra nipotina
femmina, quella grande, a cui ho detto di cercare con me il cestino
42 | L’almanac
co di Nonna Id
a
di vimini con la statuetta di gesso del Bambino Gesù. È Lui che ho
lasciato in cantina “al freddo e al gelo” per anni.
Vorrei inoltre che leggesse alla nuova nata un racconto scritto da
zia Emilia (una delle due sorelle di Beppe) ma ogni ricerca è ancora
una volta vana. Per rincuorare Anna giungono però inaspettati quasi
eteree Virgilia e Emilia (la prima è la sorella maggiore) e la conducono in una cantina ordinata dove potrà rovistare in un enorme
baule quello che all’inizio di ogni estate veniva riempito e l’operazione durava settimane per essere poi spedito nei luoghi dove si sarebbero svolte le vacanze, quasi sempre a pochi chilometri da casa.
Le due sorelle ricordano commosse le lunghe estati trascorse a Sampeyre che fu il paese in cui nell’estate del 1938 conobbero Maddalena la santa. Ecco quanto scriverà molti anni dopo Emilia allora
studentessa liceale.
“In un’oziosa e smorta ora domenicale, cercando non so che, forse
nulla, mi ritrovo fra le mani una vecchia foto quattro per sei e mezzo...
Si dipana un filo della memoria, indietro indietro... sì: nel paese la chiamavano Maddalena la santa... La tua casetta bassa, di pietre, era di
una sola stanza, una volta stalla... e dietro una tenda c’era il letto antico, da una piazza e mezza, alto massiccio, ben rassettato, la piccola
catasta ordinata di legna e fascine. Sulle pareti fitte fitte, immagini di
santi, santini e madonne, tutti amici tuoi, tuoi familiari per te che non
avevi più nessuno. Eri povera; filavi e pregavi; eppure nella tua povertà possedevi un tuo tesoro segreto, segretissimo. Stavamo nella stanzetta quella sera e tu, anche tu, avevi bisogno di confidare a qualcuno
perché lì conservassi i tuoi sogni lontani, i tuoi squarci d’azzurro, il
tuo piccolo scrigno di ricordi. Ti alzasti svelta ed andasti ad armeggiare, china, presso il tuo letto, traendo di sotto qualcosa... tornasti
con un cesto, di quelli di vimini scuro e robusto, dai bordi arrotondati,
col manico. Lo deponesti a terra e cominciasti a sollevare ad uno ad
uno i panni puliti e colorati che celavano e serbavano con amore il tuo
tesoro. Ed ecco... guardandoci negli occhi, sollevasti tra le vecchie
mani le tenere membra di un bambino Gesù, una statuetta da grande
us | 43
Venite Adorem
presepe di chiesa, sorridente con le braccine aperte. (Parevi anche tu,
tra i tuoi santi e madonne, una di loro). In paese ti chiamavano Maddalena la santa”.
Anna ed io non abbiamo ancora ritrovato il piccolo Gesù, perché le tante promesse colorate ed abbacinanti del nostro attuale presente soffocano la sua debole voce, ma continuando a svuotare,
fiduciose, la cantina, certamente lo troveremo per averlo con noi almeno a natale e sarà Anna per prima a vederlo fuori del cestino,
tutto impolverato sul freddo pavimento, mentre il peso dei nostri
pregiudizi gli impedisce ogni movimento.
Fulminea, sempre Anna lo libera dai lacci dei nostri egoismi, per
sollevarlo, abbracciarlo e ripulirlo dalla polvere. Insieme trepidanti
lo rimettiamo, perché stia al caldo, nel cestino, anch’esso ritrovato
e ripulito. Poi piano piano perché i suoi occhi non siano feriti dalla
luce improvvisa lo portiamo all’aperto lungo le strade di Saluzzo.
Durante il percorso però il peso del cestino cresce a dismisura
perché, tutti contenti ed euforici per averlo riavuto, gli buttiamo accanto e sopra i nostri affanni, malesseri, rancori e così non possiamo
più lasciarci sorprendere, convertire dalla sua presenza. Che fare?
Maddalena viene in nostro aiuto, toglie i troppi stracci né leggeri
né puliti di ogni nostra presunzione per buttarli nel cassonetto più
vicino.
Il ravì
È Natale e a Saluzzo un gruppo di donne fa festa. Quando?
L’anno, tra il 1990 e il 2000, ha poca importanza; le amiche del Cif,
alcune già nonne, ripensano ai presepi lontani della loro infanzia e
un sacerdote, don Antonio, ricorda che in quelli francesi è sempre
presente il ravì (il rapito dall’Amore). Non ha né bisaccia né borraccia, forse nemmeno il bastone; non tiene fra le mani alcun dono,
sta immobile davanti alla capanna per contemplare il bambino Sal-
44 | L’almanac
co di Nonna Id
a
vatore di tutto e di tutti. Quanto sarebbe bello ogni natale, radunare
intorno ai presepi, da sempre preparati con cura nelle nostre case,
tutti i bambini di ciascun quartiere e farli stare un attimo in silenzio davanti alla grotta, come se ciascuno fosse il ravì.
Nel mio presepio quest’anno sono proprio loro i ravì, perché ho
perso il mio di sempre, un omino impacciato che fa girare fra le
mani il suo cappello in segno di rispetto. Breve sarà il silenzio, perché dopo aver detto loro, da docente incallita, cosa significhi la parola ravì, li lascerò far compagnia a Gesù giocando con le pecore.
Sono tante, diverse, giunte da più presepi, alcune zoppicanti. I
piccoli ravì le spostano, le fanno correre sui nastri argentati dei torrentelli; alcune pecore pascolano tra il muschio e i sassi, altre salgono sul ponticello di legno, altre seguono furtivamente la
contadinella con i covoni di grano, altre ancora vanno ad annusare
i cammelli dei Re Magi, giunti anch’essi per adorare il piccolo re. E
così tutti insieme, magi, pastori, massaie, nonni e nipotini sentiremo
vivo e suadente un canto: “Venite è nato, adoriamolo”.
Guardo commossa i più piccoli e, per non chiedermi quanti altri
natali sarò ancora con loro, sposto qua e là le pecore; domani scenderò in cantina per cercare il ravì perso, certamente rimasto sul
freddo pavimento, quando il pacco col presepio è stato portato nell’alloggio.
POST-SCRIPTUM
Da quando sono sposata è Beppe a preparare ogni anno il presepe e l’albero, contento, ora che è nonno, se un nipotino lo assiste nei suoi preparativi. Il prossimo anno saranno i più piccoli,
fra cui Davide, Margherita e Pietro a costringerlo a modificare
il corso dei torrentelli, forse mettere Gesù Bambino nella mangiatoia molto prima della notte santa. Certamente davranno
giungere pastori, re magi, contadini, nonni e nonne e quant’altri amino la pace.
us | 45
Venite Adorem
Dalla cantina di via Bodoni 56A
Anche nella cantina, non mia, dove entro furtiva e non vista, gli
oggetti deposti sono molti e svelano almeno in parte la storia della
famiglia di Enzo e Cilla, anche per loro, infatti, la cantina è parte vitale della casa, come per me e Beppe. Anche loro tengono il presepio e gli alberi di Natale in cantina. Per i loro bambini è diventato
sacro il giorno (8 dicembre) in cui si scende a prenderli e si fa festa
per sistemare l'alloggio, dove tutto cambia e diventa più bello.
Lia, la secondogenita di Enzo, nel suo diario, così scrive: “Il
giorno dell'Immacolata la mia famiglia prepara gli alberi di Natale,
il presepe e gli altri addobbi natalizi. Mio papà li va a prendere in
cantina e poi ci guarda, mentre li prepariamo, oppure se Rebecca è
sveglia le dà la merenda... mamma mette su uno dei due alberi i lampioncini che appartenevano a nonna Wanda.
Nel presepio mettiamo la punta rossa che Beniamino ogni anno
usa come spada e mamma quasi sempre lo sgrida... poi montiamo
il presepe... prima mettiamo il cielo (che è un foglio di carta stellata), poi la capanna di Gesù, il fieno e le statuine... avendo due
Gesù bambini, uno grosso, uno piccolo tutti gli anni mettiamo il
Gesù bambino più grande, ma quest'anno abbiamo messo quello
piccolo per far contento Simone... il presepio noi lo montiamo in un
buco del mobile, quando è finito tutto, spegniamo le luci della casa,
lasciamo solo accese quelle dell'albero e del presepe. L'effetto finale è bellissimo”.
Credo siano ancora molte in Saluzzo le case in cui si fanno attenti
preparativi per dare una capanna a Gesù Bambino ed accogliere festosi i parenti e gli amici il giorno di Natale e quanto sarebbe auspicabile che i legami si rinnovassero, per divenire più saldi tutto l'anno.
Lia, nel suo diario descrive il Natale 1999. Ci confida che dopo
“una bella giornata di festa, trascorsa tutti insieme, uscendo di casa
per andare a Messa, per incontrare i molti parenti, è tornata contenta nel suo alloggio, per andare a dormire”. Sono con lei Beniamino, Simone e Rebecca, i fratelli coi quali condivise la faticosa gioia
di crescere e vivere i suoi luminosi sedici anni.
46 | L’almanac
co di Nonna Id
a
no 2012
g
u
i
g
1
2
,
o
Saluzz
e
h
c
i
t
t
a
d
i
d
i
Riflession
i
n
i
b
m
a
b
per
Monetine da cinque o cinquanta lire
Quando siamo a Chianale, Beppe ed io posiamo il giornale su
un tavolino circolare a tre gambe, in cui un vetro mette in evidenza
tante monetine da cinque o cinquanta lire, messe sui vertici dei possibili poligoni regolari inscrittibili nel piano d’appoggio del tavolino stesso. Il mobiletto è decisamente brutto, e potremmo
facilmente farne a meno. Non era fra i mobili della famiglia di
Beppe, né fra i miei e tanto meno fra quelli dei Chaix, i padroni di
casa; è stato messo nell’alloggio quando veniva affittato per le vacanze da una famiglia di Genova, per altro appassionata di musica
classica. Come possiamo, in tutte le sere chianalesi, illuminarlo,
usando un’antica e bella lampada, e stare a lungo a leggere in sua
compagnia? Perché aver lasciato e lasciare che lo guardino incuriositi Giacomo, Anna, Marco, Davide, Margherita e fra qualche mese
Pietro? È grave omissione non averlo rimosso? Sono oggettivi i miei
criteri estetici? Perché dovrebbero esserlo?
I rossi frutti del cipresso
Eran rossi e maturi, belli e velenosi, i frutti dolcissimi del grosso
cipresso, nel giardino dei Solìti a fianco della villa, fra i cui rami
Titti, Picco ed io ci nascondevamo per giocare in pace e raccoglierne
i | 47
he per bambin
tic
at
id
d
i
n
o
si
Rifles