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Università : Università degli studi Catania
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La nascita del mondo moderno, 1780-1914
C. A BAYLY
1° Recensione
La nascita del mondo moderno, 1780-1914
AB
Ct
rib
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om
Le origini della modernità. Molti storici si sono interrogati su tale quesito e in prevalenza si sono dati la
seguente risposta: l
‟età
contemporanea si distingue da quella precedente in conseguenza dei tumultuosi
mutamenti sociali, economici e politici che si sono originati e manifestati, con particolare evidenza
nell
‟Europa
nordoccidentale ma con una simile diffusione nelle aree extraoccidentali, a partire dal ciclo
rivoluzionario dell
‟ultim
quarto
o del secolo XVIII, quando le rivoluzioniindustriale, americana e francese
imposero un diverso ritmo al progresso, riprendendoun termine caro ai coevi illuministi, della civiltà
mondiale. Dagli anni Ottanta delsecolo scorso e più precisamente dall
‟uscita
del famoso saggio di Arno Mayer,
“ThePersistence of the Old Regime: Europe to the Great War ” (1981) , alcuni studiosihanno iniziato a
sostenere la tesi di un sostanziale immobilismo delle societàottocentesche, rivedendo il giudizio prevalente
nella storiografia novecentesca eridimensionando la categoria dei rivoluzionari sommovimenti registratisi nel
corsodel XIX secolo.Bayly, con The Birth of the Modern World , si schiera tendenzialmente conquesti ultimi,
pur mantenendo una posizione intermedia riguardo alcuni dei punti piùcontroversi, distaccandosi da Mayer
in più di una circostanza.
L ‟elemento innovativo e distintivo della sua opera risiede, però, nell ‟allargamento prospettico dell
‟indagine e nella pretesa perdita di un preciso fuoco narrativo, inserendo il consolidato schema del “lungo
„800” in un contesto globale o, come suggerisce Meriggi, transcontinentale. Vedremo in seguito quanto tale
operazione gli sia riuscita o meno.A pervadere, inoltre, l
‟intera
struttura del libro è una critica al modello
diffusionista tipico delle classiche interpretazioni occidentaliste, ultima e più nota delle quali quella presentata
da Niall Ferguson in Civilization: the West and the rest . Bayly ripudia le letture storiografiche che considerano i
principali fenomeni ottocenteschi un prodotto della civiltà europeo-nordamericana poi diffusosi, per il
tramite di una crescente superiorità militare, commerciale e tecnologica, al resto del mondo. Nel presentare
lo spirito della propria ricerca, Bayly scrive che “ gli storici mantengono il loro posto di lavoro demolendo il
sapere ricevuto più o meno al ritmo di ogni generazione”. L
‟intero
libro si presenta, in effetti, come un
vasto ripensamento storiografico, quasi un aggiornamento, di una ampia serie di temi e letture che parevano
consolidate fino agli anni Ottanta e Novanta del Novecento e che svariano dalle radici della modernizzazione
e dell
‟industrializzazione
alla loro diffusione, dalla persistenza di strutture istituzionali gerarchiche ritenute
scomparse o moribonde all
‟im
di posizione
nuovi metodi di controllo e sfruttamento,.
Ma entriamo nel merito delle tesi e della struttura portante dell
‟opera.
La nascita del mondo moderno è una storia tematica del mondo nel periodo compreso tra il 1780 e il 1914.
Esso “ripercorre il sorgere di uniformità globali nello Stato, nella religione, nelle ideologie politiche e nella
vita economica così come si svilupparono nel corso del XIX secolo” di connessioni sempre più stringenti e
fitte tra le diverse società umane e delle ibridazioni cui queste diedero vita. L
‟obiettivo
primario del libro è
pertanto delineare una storia dei processi che caratterizzarono l
‟Ottocento
prescindendo dalla
semplificazione prospettica di un centro dominante che si impone all
‟esterno
e coniugando la consueta
storia verticale, impegnata nell
‟analisi
dello sviluppo di istituzioni e ideologie, con la più innovativa storia
laterale, riguardante lo studio delle interconnessioni globali. Il libro insiste, con un approccio sovranazionale,
“sull
‟im
dell
portanza ‟attività
dei popoli extraeuropei colonizzati o semicolonizzati, e dei gruppi subalterni
all
‟interno
delle società europea e americana, nel foggiare l
‟ordine
moderno contemporaneo”. Ciononostante,
Bayly accoglie la tesi secondo la quale alcune società occidentali detenessero un vantaggio competitivo in
settori decisivi quali quello militare e quello economico-finanziario tale da permettere loro di ricoprire un
ruolo fondamentale nella formazione e nella diffusione della modernità, dando così rilievo al sorgere del
predominio europeo a livello globale pur riconoscendo l
‟origine
multipolare del cambiamento in direzione
della modernità stessa.
Interessante è la struttura narrativa, impostata dall
‟autore
su di un doppio binario al fine di coniugare un
racconto cronologico ad una serie di approfondimenti tematici. Alla prima categoria appartengono i capitoli
III, IV, VI e XIII, rispondenti rispettivamente ai periodi 1780-1820, 1815-65, 1860-1900 e 1890-1914; alla
seconda i capitoli V, VII, VIII, IX, X, XI, XII, relativi ai fenomeni ritenuti da Bayly incarnazione dei
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principali processi di mutamento o stagnazione, a seconda dei casi, che presero corpo nel “lungo „800”, e
cioè industrializzazione e urbanesimo, nazionalismo e imperialismo, nascita dello Stato moderno, diffusione
delle ideologie politiche e del pensiero scientifico, consolidamento delle istituzioni religiose, uniformazione
del mercato artistico, ricostruzione delle gerarchie sociali e distruzione dei popoli nativi. Il passaggio dalla
globalizzazione arcaica o protomoderna, caratterizzata dalle antiche reti createsi con l
‟espansione
geografica di idee e forze sociali, al sistema internazionale segnato da maggiore integrazione e
interdipendenza è raccontato come un percorso tortuoso e incidentato, disseminato di resistenze e persistenze
di forze e attori che i contemporanei già consideravano condannati all
‟oblio.
Ciascuno dei processi prima
elencati, prima di affermarsi a livello mondiale, nei casi in cui ciò effettivamente riesce, deve fronteggiare
uno scenario che non sempre è disposto ad abbandonare e rinnegare gli antichi retaggi, eredità di un passato
premoderno che solo con lentezza e sotto la spinta di motori crescentemente potenti va dissolvendosi in una
modernità contrastata. Sono le parole dell ‟autore a riassumere il senso di un secolo che, se analizzato
prescindendo da una prospettiva rigidamente occidentalista, è tutt
‟altro
che ineluttabilmente destinato alla
modernità: “Secondo molti intellettuali del XIX secolo, il moderno governo razionale, il liberalismo, la
scienza, l
‟industrializzazione
e il nuovo urbanesimo avevano innescato mutamenti che rendevano la loro
epoca diversa da tutte quelle venute prima. In questo libro sono state avanzate forti riserve in merito a questo
giudizio. Il liberalismo restava un
‟aspirazione
nel 1850 e verso il 1900 era sulla difensiva. La ricezione
della scienza era condizionata in misura significativa da modelli preesistenti di attività intellettuale.
L
‟avvento
dell
‟industrializzazione
e delle nuove grandi città procedeva con lentezza in molta parte del
globo. Fatto forse sorprendente, la forza sociale più dinamica dell
‟epoca
erano le credenze religiose, che
molti intellettuali pensavano, e speravano, andassero progressivamente perdendo la loro influenza nel corso
del secolo successivo al 1789” .
La vera cesura, la svolta nel percorso globale verso il mondo moderno, si ha, secondo Bayly, soltanto con il
1890, quando sono gli stessi contemporanei a percepire in maniera sostanziosamente differente la propria
epoca, in netto contrasto con quella precedente. I fenomeni che per tutto l
‟Ottocento
scorrono sottotraccia
riaffiorano e si impongono con evidenza nel quarto di secolo che precede il primo conflitto mondiale:
l
‟industrializzazione
diventa inarrestabile e sempre più diffusa con la seconda rivoluzione industriale, lo
Stato stringe il proprio controllo sui territori e sulle popolazioni a lui soggetti in concomitanza con una
crescente forza espansiva e militare, il pensiero scientifico arriva a dominare la cultura e le istituzioni non
solo occidentali.
Analizzata la struttura tematica dell
‟opera,
si passa in questa seconda parte aduna sua lettura critica. La
suggestione di una storia policentrica o decentrata che tenga conto dell
‟apporto
dato alla modernizzazione
dalle aree periferiche, di una storia che non sia strettamente eurocentrica e tradizionalmente apologetica
rispetto alla categoria dell
‟eccezionalism
europeo, può risultare
o
di notevole valore e può senza dubbio
facilitare la piena comprensione di quei fenomeni che, a partire dalla fine del Settecento, si sviluppano e
crescono su scala non più nazionale o regionale, ma sempre più globale. L
‟idea
di sviluppare una storia
globale tout court suona però irrealizzabile: se la storia è riflessione informata, basata sulla padronanza delle
fonti ,quantomeno su una loro selezione ragionevolmente significativa, la World History, occupandosi di una
tendenzialmente infinita quantità di popoli, e conseguentemente di lingue e risorse, non può perseguire fino
in fondo la propria missione.
Per un
‟opera
con la pretesa di coprire non solo un periodo piuttosto esteso quale appunto il lungo„800, ma
anche un ampio spettro territoriale, la mole di dati da accumulare erielaborare non può che risultare
insufficiente. Nel caso specifico de La nascita del mondo moderno, l
‟autore
sfoggia una notevole quantità e
qualità di conoscenze in diversi settori, dalla storia istituzionale a quella culturale, da quella sociale a quella
economica, e in diverse aree regionali. Il continuo privilegiamento all
‟interno
della sua narrazione dei casi
studio che hanno accompagnato la sua carriera – la storia dell
‟im
britannico
pero
e dell
‟India
in
particolare, dell
opa occidentale e dell
‟Eur
‟Asiasudorientale
con l
‟aggiunta
del Giappone - ne denuncia,
però, un approfondimento selettivo degli argomenti e delle regioni trattate, d ‟altronde più che naturale in
un saggio di tale portata. Con ciò, naturalmente, non si intende affatto sminuire il maestoso lavoro di ricerca
e ricostruzione operato dall
‟autore,
il quale, non va negato, in diversi punti presenta tesi assai stimolanti e
revisioni convincenti, ma semplicemente evidenziare la natura intrinsecamente utopica di una storia
pienamente globale. Va infine sottolineata la contraddizione insita in una delle principali tesi sostenute
nell
‟opera
ovvero, come già richiamato in precedenza, la critica al modello diffusionista: la ricezione
creativa da parte delle aree periferiche delle ideologie che si diramavano dal centro euro-americano
propugnata da Bayly per asserire l
‟im
di portanza
quelle stesse aree nella costruzione della modernità è di
per sé in contraddizione con il teorema di un mondo privo di centro propulsore e di una storia genuinamente
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Preparati con le domande di ABCtribe su .
1. la corte d
Risposta:
La corte (o, in alcuni paesi, tribunale) dei conti è un organo dello Stato, presente in vari ordinamenti, con
funzioni giurisdizionali e amministrative di controllo in materia di entrate e spese pubbliche.La corte dei
conti è solitamente prevista dalla costituzione ed appartiene al potere giudiziario, anche se, come si è
detto, è investita tanto di funzioni giurisdizionali (giurisdizione contabile), in relazione alle quali è giudice
speciale, quanto di funzioni amministrative di controllo.
È un organo collegiale o un organo complesso costituito da una pluralità di organi collegiali (sezioni,
camere ecc.), composto da magistrati contabili con uno status differenziato rispetto ai magistrati che
compongono gli organi della giurisdizione ordinaria. In certi ordinamenti ha un pubblico ministero, che
può essere interno alla corte stessa (come i
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2. perchè H3O+ è pi
Risposta:
H3O+ è l'acido coniugato di H2O
mentre
NH4+ è la base coniugata di NH3
sappiamo che tanto più forte è una base tanto più debole è il suo acido coniugato, per cui se è vero che
H3O+ è più acido di NH4+, allora deve esser
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