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922 L’organizzazione dell’emergenza-urgenza N. 210 - 2016 Triage e See & Treat Evoluzione o involuzione? Sabrina Tellini1, Giovanni Becattini2, Marco Ruggeri3 Infermiere coordinatore Dipartimento emergenza-urgenza (Macro zona sud Valdichiana senese e Amiata) Infermiere Dirigente Azienda USL Toscana sud est 3 Infermiere DEA Azienda ospedaliero universitaria Careggi 1 2 Abstract Il triage ospedaliero in Italia si rende indispensabile nel momento in cui il numero dei cittadini che si rivolgono ai Pronto Soccorso supera ampiamente la possibilità delle dotazioni organiche sanitarie di far fronte in tempi adeguati alle richieste di salute dei cittadini. La Regione Toscana ha regolamentato la formazione degli infermieri di triage attraverso la costituzione di una rete di formatori che hanno implementato una metodologia a 5 codici di priorità. Dal 2010 a questo sistema ormai collaudato si è aggiunta la sperimentazione del modello See & Treat, modello assistenziale innovativo, che riconosce all’infermiere, adeguatamente formato, la possibilità di seguire il paziente in tutto l’iter di Pronto Soccorso dalla presa in carico alla dimissione. Questi anni di esperienza sul triage e See & Treat hanno posto le basi perché l’intera organizzazione del Pronto Soccorso sia rivista con l’obiettivo di aumentare efficacia ed efficienza di queste strutture valorizzando al massimo i principi della medicina d’urgenza ed il contributo dei professionisti, medici ed infermieri. La Toscana è stata tra le prime Regioni italiane a rispondere in modo organizzato alle disposizioni del DPR 27/3/92 sull’introduzione della metodica di triage nei PS/DEA: si costituì un gruppo di studio composto da medici ed infermieri (DGRT 706/1998) che portarono alla pubblicazione della DGRT 736/2001 attraverso la quale la Toscana, unica in Italia, adottava un sistema di codifica a 5 livelli di priorità. In seguito, attraverso un costante ed impegnativo lavoro di infermieri e medici dei PS/DEA toscani (nel 2001 è stato istituito il Gruppo formatori regionali triage toscano), si è strutturata una rete di istruttori che ha nel tempo garantito formazione base e retraining a circa mille infermieri di triage, che in questi anni hanno valutato milioni di cittadini che si sono rivolti alle nostre strutture, facendo accoglienza e stabilendo le priorità assistenziali. L’attività di triage si è consolidata nel tempo, in Toscana, soprattutto dopo il processo di omogeneizzazione del sistema, basato sugli algoritmi decisionali (approvati nel 2010), che concorrono fattivamente a perfezionare e potenziare la metodica di triage, permettendo una raccolta dati omogenea e ,grazie agli interventi che ogni Azienda sanitaria e ospedaliera ha fatto sugli applicativi software, consentendo una comparazione dei dati, valida base per il calcolo degli indicatori di performance, a livello regionale. Nonostante i buoni risultati ottenuti dal punto di vista formativo e clinico-assistenziale, il triage è stato da più parti criticato, essenzialmente perché tacciato di essere “creatore di code”, e secondo l’accezione secondo la quale la mission del triage è volta a smistare i pazienti secondo la loro gravità clinica, senza avviare il processo di assistenza propriamente detto, che dipende dalla presa in carico da parte del medico. Nel riaffermare l’importanza del triage nell’organizzazione del PS/DEA - gli effetti dell’overcrowding a cui tutti i nostri PS/DEA sono sottoposti non permettono di rinunciare ad una valutazione professionale e rapida che intercetti le situazioni ad alto rischio evolutivo – ma le critiche sono state valutate avviando un dibattito sull’opportunità del superamento del triage tradizionale per arricchirlo di nuovi contenuti organizzativi e assistenziali. In Toscana si sono avviate numerose esperienze di diversa interpretazione della funzione di triage che hanno in N. 210 - 2016 comune la ricerca di un più precoce avvio del processo assistenziale. Il triage infermieristico viene considerato quindi anche come il momento di scelta del percorso in base all’organizzazione dei singoli PS: dal triage l’infermiere, per i percorsi a bassa complessità, può indirizzare verso il fast-track specialistico, o gestire in prima persona il caso (See and Treat - S&T,); per i percorsi ad alta complessità, seguendo i protocolli stabiliti con l’ equipe medica, può iniziare il percorso diagnostico-terapeutico per particolari quadri sindromici (es. dolore toracico, ipotizzando anche per il futuro il proseguimento del percorso direttamente in OBI). In alcune realtà, recentemente, si è introdotta in triage anche la figura medica. Questa modalità di triage ha come finalità quella di una più precoce presa in carico medica, realizzando così una migliore performance misurabile. Si può però osservare che queste esperienze sono più simili alla definizione di un percorso a presa in carico rapida piuttosto che valutazioni di triage, quindi, oltre a distogliere un medico dalla sua attività clinica principale ( diagnosi differenziale e trattamento dei casi più critici), queste potrebbero essere meglio inserite in un PS organizzato per flussi omogenei che originino dal triage. La performance assistenziale relativa all’attesa, dovrebbe essere misurata come relativa al tempo di “presa in carico sanitaria”, vale a dire il tempo che trascorre dalla fine del triage ai primi interventi del processo diagnostico laboratoristico-strumentale, spesso assicurati dall’infermiere . Ecco quindi che il triage, che nasce come valutazione del paziente per una corretta gestione delle attese, si integra con una serie di altre funzioni ed attività che lo trasformano in una “cabina di regia” dei flussi sia nel DEA di II livello sia nel piccolo ospedale della costa. Ad oggi, a fronte dell’omogeneità metodologica e di formazione, persistono variabili logistiche organizzative e gestionali che differenziano la risposta sotto il profilo dell’efficienza. Gli interventi di miglioramento da fare dal punto di vista logistico e organizzativo coinvolgono giocoforza le diverse figure professionali responsabili della gestione e dell’organizzazione: il direttore della struttura per quanto riguarda i rapporti con i medici radiologi, l’infermiere coordinatore che promuove, attraverso revisione permanente della qualità del triage, il reclutamento dei pazienti di S&T, e fa direttamente la revisione dei verbali di S&T, controllando il rispetto dell’applicazione dei protocolli e la conformità delle rilevazioni riportate dagli infermieri. Considerazioni a più ampio spettro nel contributo del coordinatore infermieristico riguardano anche, di concerto con l’infermiere dirigente, il reclutamento di L’organizzazione dell’emergenza-urgenza 923 nuovo personale da formare, oltre all’allestimento di turni di servizio che garantisca presenze in turno di professionisti con differenti abilità e competenze acquisite. Dopo aver contribuito, con alcune esperienze, alla ricerca di soluzioni all’affollamento delle urgenze minori nei Pronto Soccorso, la Toscana è stata la prima Regione italiana a farsi promotrice del modello assistenziale “See and Treat” come risposta ad una selezione di “problemi minori”, (2007). Anche in questo caso la Regione ha usufruito del contributo progettuale di un gruppo di medici ed infermieri: sulla base di una valutazione estesa della letteratura internazionale, si è giunti ad elaborare un modello organizzativo assistenziale innovativo alle nostre latitudini. Si prevede che i problemi minori siano individuati al triage e trattati, secondo protocolli clinici predefiniti, da un infermiere appositamente formato e certificato. Si configura così un’estensione della funzione di triage, nella quale l’infermiere si fa direttamente carico del problema, negli stessi locali del triage, o adiacenti a questo, senza inserire il paziente in percorsi più complessi. La novità organizzativa, accolta favorevolmente da medici e infermieri dei Pronto Soccorso, ha avuto anche critiche e contestazioni prevalentemente sulla base di posizioni conservatrici che, peraltro, hanno riguardato solo una minoranza del mondo medico e istituzionale. Purtroppo queste voci contrarie, hanno in qualche modo frenato la spinta regionale all’innovazione (richiedendo un nuovo stimolo), e hanno contribuito a lasciar emergere progressivamente le difficoltà incontrate sul campo (insufficienza di infermieri certificati, eccessivo turnover degli infermieri di PS, mancata incentivazione economica, scarso numero di protocolli….). Il risultato è stato, nel tempo, un utilizzo del percorso S&T a macchia di leopardo. Ciononostante , complessivamente, dal 2010 sono circa 60mila i pazienti trattati nei PS/DEA abilitati (21 generalisti, 2 pediatrici) con una valutazione di efficacia e soddisfazione dei pazienti del tutto positiva. Nel 2011 e nel 2013 il MeS ha affiancato alla tradizionale valutazione del PS/DEA anche una sezione di indagine apposita sul S&T, per verificare il valore aggiunto differenziale con evidenza di un reale gradimento del modello da parte dei pazienti trattati (77.6% vs 30.3% del percorso tradizionale), dato confortato anche dal basso tasso degli insoddisfatti, (S&T 4.2% vs percorso tradizionale 12.8%). I risultati positivi del S&T sono apprezzabili, secondo i pazienti, anche per la qualità della comunicazione e dell’assistenza, per il rapporto pazientepersonale e per le informazioni ricevute alla dimissione. 924 L’organizzazione dell’emergenza-urgenza La maggiore soddisfazione dei pazienti S&T rispetto al percorso tradizionale di PS emerge anche per la qualità del servizio ricevuto e la gestione del dolore. L’insieme dei dati, a vario titolo raccolti, producono l’evidenza che il percorso S&T assicurato dagli infermieri è sicuro, ma non è ancora efficiente sul piano organizzativo. Per sfruttare appieno le potenzialità per l’organizzazione e per gli assistiti, dovremmo ripartire dalle difficoltà incontrate, per cercare di superarle : implementazione dell’approccio S&T anche in altri centri ; facilitazione e arricchimento dei percorsi S&T laddove presenti; ottimizzazione delle modalità di gestione della doppia responsabilità, (doppia firma infermiere e medico), almeno finché non sarà chiarito che l’infermiere possa redigere autonomamente un referto di PS. Altro elemento critico da superare è la difficoltà ad avere sempre disponibile un infermiere certificato tra quelli in turno stante la situazione del numero complessivo degli infermieri in servizio e di quelli certificati, pertanto si ribadisce lo sforzo gestionale che non sempre gli infermieri coordinatori sono riusciti a fare; infine il mancato riconoscimento economico collegato alla funzione di triage e See & Treat che garantirà coerenza organizzativa ed un contributo rilevante alla motivazione. Queste azioni porterebbero al completamento organizzativo del modello di risposta del PS, che anche attraverso triage e See & Treat otterrebbero l’abbattimento dei tempi di attesa e di permanenza nei nostri PS, nonché al tasso degli allontanamenti spontanei. Nel futuro quindi il triage diviene differenziato e innescatore di percorsi, in quelli complessi, la “presa in carico” scatta all’inizio fattivo del percorso assistenziale (primi esami laboratoristici strumentali) ovvero all’inizio delle pratiche assistenziali; in quelli semplici, ci si dispone, medici ed infermieri alla rapida soluzione del caso. Gli infermieri di triage sviluppano sempre più attenzione a selezionare la casistica dei diversi percorsi anche quella che può afferire al S&T mentre, il Gruppo dei formatori S&T produce altri protocolli, in modo da fornire a tutti i PS (grandi e piccoli) più ampi margini di intervento. Agli infermieri certificati S&T, alle organizzazioni che li ospitano, si deve chiedere un’attività sempre più aderente all’Evidence Based Practice, assumendo anche decisioni forti quali, ad esempio, la mancata richiesta dell’accerta- N. 210 - 2016 mento radiologico standard nei casi in cui la letteratura indica di non farlo, perché non necessario o addirittura inutile. In questo modo potremmo assistere davvero ad un importante incremento della casistica a bassa priorità, stimando come possibile inserire il 35-40% nel percorso S&T, liberando tempo del medico in particolare, ma anche della struttura e del team d’emergenza da una serie di problemi minori che ostacolano i flussi della vera emergenza . Le competenze S&T degli infermieri potrebbero essere sfruttate anche fuori dall’ospedale, infatti nelle Case della salute: un infermiere con certificazione S&T, di concerto con il coordinamento AFT, potrebbe intercettare nella popolazione di riferimento per quella struttura quei problemi suscettibili di trattamento ed intervenire prima che questi arrivino in Pronto Soccorso. L’esperienza che la Regione Toscana ha fatto con il S&T dimostra che i professionisti possono modificarsi per adattare le proprie risposte di salute alle mutevoli esigenze dei nostri assistiti, le organizzazioni sono chiamate a fare altrettanto, perché solo assieme si ottengono i migliori risultati sugli assistiti. Bibliografia Rosselli A, Becattini G, Cappugi M, Francois C, Ruggeri M (2012), See & Treat Protocolli medico-infermieristici: la sperimentazione toscana nei pronto soccorso, Ed. Giunti, Firenze Panero C, Nuti S, Marcacci L, Rosselli A (2016) il Quaderno del Pronto Soccorso, Ed. Polistampa – Firenze Gerdtz MF, Bucknall TK. Triage nurses’ clinical decision making. An observational study of urgency assessment. J Adv Nurs. 2001 Aug;35(4):550-61 Coordinamento Nazionale Triage , (2012) , Linee d’indirizzo per il Triage di Pronto Soccorso, Monitor, Trimestrale Agenas: Anno XI n. 29 (2012): 44-53 Casalino E et all, Predictive variables of an emergency department quality and performance indicator: a 1-year prospective, observational, cohort study evaluating hospitals and emergency census variables and emergency FitzGerald G, Jelinek GA, Scott D, et al., Emergency department Triage revisited, Emerg Med J (2009). doi:10.1136/ emj.2009.077081