I pescatori di tonno nelle Filippine

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I pescatori di tonno nelle Filippine
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buoni&convenienti
I pescatori di tonno nelle Filippine
Pesca sostenibile
nel Pacifico
I grandi tonni non si pescano in qualche minuto. I pescatori
devono essere pazienti e aspettare parecchio prima che
il pesce abbocchi all’amo. Racconto di una notte di pesca.
Cooperazione
N. 23 del 7 giugno 2011
Quando il sole inizia a calare, giunge il
momento di uscire in mare per pescare.
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buoni&convenienti
Un esemplare
di tonno, come
quelli che Peralta
e Calib pescano.
Il pescatore Peralta mostra
l’amo per la pesca al tonno.
Peralta lega
l’esca a
un sasso.
TESTO: THOMAS COMPAGNO
FOTO: YANNICK ANDREA
D
agli scalmi della
barca dei pescatori penzolano quattro lenze. Gli ami
alle cui estremità sono infilzati tre sgombri o un calamaro toccano i 30, 60 metri circa
di profondità. Sono le esche
per i tonni che fra le tre e le
cinque di mattina sono soliti
cacciare a queste profondità.
L’imbarcazione di Johnson
Peralta si trova a circa 20 chilometri dalle coste filippine,
saldamente ormeggiata ad
una boa. Il silenzio in alto
mare è rotto solo dal fracasso
del generatore che produce
1000 Watt di corrente per le
quattro potenti lampade. Il
loro fascio luminoso proiettato a pelo dell’acqua attira le
prede di cui si cibano i tonni
che, affamati, le inseguono
verso la superficie. Forse è vero: questi metodi di pesca
hanno tolto al lavoro del pescatore il suo lato romantico,
ma lo hanno anche reso sicuramente più redditizio. Calib
(37), Jonathan (30), Rogilin
(22) e il capo dell’equipaggio
Johnson (60) sorvegliano i loro ami. Seduti in paziente attesa a volte si appisolano, restando però sempre pronti ad
intervenire non appena il pesce abbocca. Sono le due di
mattina. I quattro pescatori
sanno benissimo che c’è il rischio di rientrare anche a
mani vuote.
La vita di un pescatore consiste fondamentalmente nel
saper aspettare. Nel frattempo uno dei pescatori cattura
un calamaro con la rete: lo
utilizzerà come esca per i
tonni. Di tanto in tanto i pescatori ritirano gli ami e controllano se l’esca è ancora attaccata. Calib Masayang tira
su l’amo vuoto e lo osserva.
Dell’esca non è rimasto che
un brandello di sgombro.
«Molto probabilmente a portarsi via il resto è stata una
tartaruga» commenta il pescatore. In ogni caso chi se l’è
mangiata s’è fatto un lauto
pranzetto e non è restato impigliato all’amo. I pescatori di
questa zona pescano i tonni
con ami circolari di nuova
concezione, i cosiddetti «circle hook». Questi tipi di ami
hanno un grosso vantaggio
per le tartarughe che vi cadono accidentalmente preda: si
fermano a livello della bocca
e non rischiano di essere ingoiati, garantendo quindi la
soppravvivenza delle testuggini. Questi ami sono robusti
e hanno la punta rivolta
all’interno che non lacera i
tessuti delle tartarughe. Calib
deve cambiare l’esca all’amo
e poi potrà continuare a pescare. «È una vittoria per entrambi», sorride Calib lanciando l’esca in mare. Ma
questa non è che una delle
ragioni per le quali questo tipo di pesca è considerato sostenibile. Le lenze a mano
permettono di catturare
esemplari di tonni adulti,
spiega Jose Ingles del WWF
del «Coral Triangle». Il biologo, con un dottorato di ricerca alle spalle, dirige in questa
regione il progetto dei tonni.
A differenza delle reti, le lenze a mano proteggono gli
stock di giovani pesci, dando
loro il tempo per il ripopolamento della specie. Sono le
quattro e mezza e ancora
nessun pesce ha abboccato. I
pescatori mantengono la cal-
ma. L’unico che sta lentamente iniziando ad innervosirsi è il fotografo. La notte è
ormai finita e il reportage di
una battuta di pesca senza
foto che ritraggano la preda
non è degno di pubblicazione.
Improvvisamente nella barca
si sente un gran baccano.
Una delle lenze viene tirata
dal fondo. I tre giovani pescatori balzano subito in piedi.
L’atmosfera è concitata. Calib
afferra la spoletta della lenza
in nylon, la tiene ben ferma
con le mani mentre gli altri ripescano subito tutte le altre
esche. Il tonno che ha abboccato inizia a girare in circolo a
50 metri sotto la barca. Per fare in modo che le otto lenze
non si attorciglino, rendendo
più difficoltoso il recupero
del pesce, vengono subito riportate a bordo. Calib inizia a
riavvolgere la lenza e a tirare
il tonno in superficie. Metro
dopo metro, l’animale si avvicina sempre più a lui. Dopo
cinque minuti il tonno è quasi a pelo dell’acqua. «È un imponente bestione, peserà sui
40 kg», azzarda una stima Jo-
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Il tonno viene subito messo
sotto ghiaccio per fare in modo
che si conservi fresco.
Un tonno ha abboccato
all’amo e i pescatori si
danno da fare per recuperare
il frutto della loro pesca.
Il pescatore Calib prepara
l’esca per i tonni.
hnson. I quattro uniscono le
loro forze e tentano di tirarlo
fuori dall’acqua, lo stordiscono con due, tre forti colpi secchi di bastone alla testa e lo
uccidono praticandogli un
taglio nelle branchie. Questa
procedura riduce al minimo
le sofferenze dell’animale e
ne mantiene inalterata la
qualità delle carni. Appena
catturato, il tonno si dimena
e il suo corpo in preda allo
stress si riscalda, rendendo la
carne molle e bianca. È come
se la carne si «bruciasse». Ridotta così non la possiamo
più esportare, spiega John-
son. Con una morte istantanea, invece, il pesce si raffredda e la carne resta soda e
rosata. Il pesce viene legato
agli scalmi della barca. L’operazione deve essere compiuta in tempi rapidissimi in modo da poter rimettere il prima
possibile nuove esche in acqua. È infatti probabile che il
pesce non fosse l’unico esemplare a gironzolare in quelle
acque. Non passano neanche
dieci minuti che sentiamo di
nuovo qualcosa dimenarsi.
Anche il secondo tonno ha
abboccato. Il rituale è sempre
lo stesso: si recuperano le
esche, si tira il tonno in barca
e si lascia il bastone a portata
di mano. Alle sei di mattina
sono stati pescati due tonni
pronti per essere portati a casa. Un bottino niente male
per una sola notte di pesca. Il
pescatore Johnson è felice. I
due tonni finiscono in un
contenitore ricoperti di
ghiaccio che porterà il prima
possibile la temperatura a
due gradi Celsius.
Nel frattempo si è fatto giorno. Il sole fa capolino all’orizzonte. Johnson disattiva il generatore di corrente per le
lampade. Per un istante in
mare regna un celestiale silenzio. Ma dura per poco. Johnson avvia il motore diesel
del peschereccio e fa rotta
verso casa con il suo piccolo
ma efficiente equipaggio.
Nelle loro «casas» i commercianti aspettano l’arrivo del
pesce fresco che, una volta
passati i controlli di qualità,
verrà esportato in Europa e
arriverà anche da Coop. Due
giorni e i tonni sono già a
Zurigo.
La zona in cui Johnson Peralta pesca s’inserisce in un progetto del WWF per la cattura sostenibile dei tonni. È uno dei progetti per la salvaguardia dell’ecosistema
nel «Coral Triangle», l’area compresa tra le
coste di sei paesi del sud-est asiatico: Indonesia, Filippine, Malesia, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea e Timor Est nella
quali vivono ancora stock di pesci sani ma
a rischio di sovrapesca. Il progetto dei tonni si prefigge di assicurare la soppravvi-
venza degli stock ittici in maniera sostenibile attraverso la certificazione MSC e di
stabilire quote di cattura ecocompatibili
per queste acque. «Cerchiamo di far capire
ai pescatori che, anche pescando di meno,
con la pesca di tonni di qualità possono
guadagnare gli stessi soldi se non di più»,
dice René Benguerel di Blueyou, una ditta
di consulenza per la pesca di cattura sostenibile. Blueyou ha il compito di portare
la pesca di tonni alla certificazione MSC. Il
progetto è fi
finanziato
nanziato in collaborazione con
Coop, Bell Seafood e la DEG, società tedesca di investimento e sviluppo. Nell’arco di
due, tre anni si spera di fare in modo che il
tonno fresco dalle Filippine in vendita da
Coop provenga da pesca sostenibile certificata con il label MSC. Già oggi Coop acquista tonno fresco da questa regione ad un
prezzo superiore, finanziando il progetto.
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link www.coop.ch/pesce
FOTO: CORBIS
Tonno sostenibile dalle Filippine