I pescatori di tonno nelle Filippine
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I pescatori di tonno nelle Filippine
44 buoni&convenienti I pescatori di tonno nelle Filippine Pesca sostenibile nel Pacifico I grandi tonni non si pescano in qualche minuto. I pescatori devono essere pazienti e aspettare parecchio prima che il pesce abbocchi all’amo. Racconto di una notte di pesca. Cooperazione N. 23 del 7 giugno 2011 Quando il sole inizia a calare, giunge il momento di uscire in mare per pescare. 45 46 buoni&convenienti Un esemplare di tonno, come quelli che Peralta e Calib pescano. Il pescatore Peralta mostra l’amo per la pesca al tonno. Peralta lega l’esca a un sasso. TESTO: THOMAS COMPAGNO FOTO: YANNICK ANDREA D agli scalmi della barca dei pescatori penzolano quattro lenze. Gli ami alle cui estremità sono infilzati tre sgombri o un calamaro toccano i 30, 60 metri circa di profondità. Sono le esche per i tonni che fra le tre e le cinque di mattina sono soliti cacciare a queste profondità. L’imbarcazione di Johnson Peralta si trova a circa 20 chilometri dalle coste filippine, saldamente ormeggiata ad una boa. Il silenzio in alto mare è rotto solo dal fracasso del generatore che produce 1000 Watt di corrente per le quattro potenti lampade. Il loro fascio luminoso proiettato a pelo dell’acqua attira le prede di cui si cibano i tonni che, affamati, le inseguono verso la superficie. Forse è vero: questi metodi di pesca hanno tolto al lavoro del pescatore il suo lato romantico, ma lo hanno anche reso sicuramente più redditizio. Calib (37), Jonathan (30), Rogilin (22) e il capo dell’equipaggio Johnson (60) sorvegliano i loro ami. Seduti in paziente attesa a volte si appisolano, restando però sempre pronti ad intervenire non appena il pesce abbocca. Sono le due di mattina. I quattro pescatori sanno benissimo che c’è il rischio di rientrare anche a mani vuote. La vita di un pescatore consiste fondamentalmente nel saper aspettare. Nel frattempo uno dei pescatori cattura un calamaro con la rete: lo utilizzerà come esca per i tonni. Di tanto in tanto i pescatori ritirano gli ami e controllano se l’esca è ancora attaccata. Calib Masayang tira su l’amo vuoto e lo osserva. Dell’esca non è rimasto che un brandello di sgombro. «Molto probabilmente a portarsi via il resto è stata una tartaruga» commenta il pescatore. In ogni caso chi se l’è mangiata s’è fatto un lauto pranzetto e non è restato impigliato all’amo. I pescatori di questa zona pescano i tonni con ami circolari di nuova concezione, i cosiddetti «circle hook». Questi tipi di ami hanno un grosso vantaggio per le tartarughe che vi cadono accidentalmente preda: si fermano a livello della bocca e non rischiano di essere ingoiati, garantendo quindi la soppravvivenza delle testuggini. Questi ami sono robusti e hanno la punta rivolta all’interno che non lacera i tessuti delle tartarughe. Calib deve cambiare l’esca all’amo e poi potrà continuare a pescare. «È una vittoria per entrambi», sorride Calib lanciando l’esca in mare. Ma questa non è che una delle ragioni per le quali questo tipo di pesca è considerato sostenibile. Le lenze a mano permettono di catturare esemplari di tonni adulti, spiega Jose Ingles del WWF del «Coral Triangle». Il biologo, con un dottorato di ricerca alle spalle, dirige in questa regione il progetto dei tonni. A differenza delle reti, le lenze a mano proteggono gli stock di giovani pesci, dando loro il tempo per il ripopolamento della specie. Sono le quattro e mezza e ancora nessun pesce ha abboccato. I pescatori mantengono la cal- ma. L’unico che sta lentamente iniziando ad innervosirsi è il fotografo. La notte è ormai finita e il reportage di una battuta di pesca senza foto che ritraggano la preda non è degno di pubblicazione. Improvvisamente nella barca si sente un gran baccano. Una delle lenze viene tirata dal fondo. I tre giovani pescatori balzano subito in piedi. L’atmosfera è concitata. Calib afferra la spoletta della lenza in nylon, la tiene ben ferma con le mani mentre gli altri ripescano subito tutte le altre esche. Il tonno che ha abboccato inizia a girare in circolo a 50 metri sotto la barca. Per fare in modo che le otto lenze non si attorciglino, rendendo più difficoltoso il recupero del pesce, vengono subito riportate a bordo. Calib inizia a riavvolgere la lenza e a tirare il tonno in superficie. Metro dopo metro, l’animale si avvicina sempre più a lui. Dopo cinque minuti il tonno è quasi a pelo dell’acqua. «È un imponente bestione, peserà sui 40 kg», azzarda una stima Jo- Cooperazione N. 23 del 7 giugno 2011 47 Il tonno viene subito messo sotto ghiaccio per fare in modo che si conservi fresco. Un tonno ha abboccato all’amo e i pescatori si danno da fare per recuperare il frutto della loro pesca. Il pescatore Calib prepara l’esca per i tonni. hnson. I quattro uniscono le loro forze e tentano di tirarlo fuori dall’acqua, lo stordiscono con due, tre forti colpi secchi di bastone alla testa e lo uccidono praticandogli un taglio nelle branchie. Questa procedura riduce al minimo le sofferenze dell’animale e ne mantiene inalterata la qualità delle carni. Appena catturato, il tonno si dimena e il suo corpo in preda allo stress si riscalda, rendendo la carne molle e bianca. È come se la carne si «bruciasse». Ridotta così non la possiamo più esportare, spiega John- son. Con una morte istantanea, invece, il pesce si raffredda e la carne resta soda e rosata. Il pesce viene legato agli scalmi della barca. L’operazione deve essere compiuta in tempi rapidissimi in modo da poter rimettere il prima possibile nuove esche in acqua. È infatti probabile che il pesce non fosse l’unico esemplare a gironzolare in quelle acque. Non passano neanche dieci minuti che sentiamo di nuovo qualcosa dimenarsi. Anche il secondo tonno ha abboccato. Il rituale è sempre lo stesso: si recuperano le esche, si tira il tonno in barca e si lascia il bastone a portata di mano. Alle sei di mattina sono stati pescati due tonni pronti per essere portati a casa. Un bottino niente male per una sola notte di pesca. Il pescatore Johnson è felice. I due tonni finiscono in un contenitore ricoperti di ghiaccio che porterà il prima possibile la temperatura a due gradi Celsius. Nel frattempo si è fatto giorno. Il sole fa capolino all’orizzonte. Johnson disattiva il generatore di corrente per le lampade. Per un istante in mare regna un celestiale silenzio. Ma dura per poco. Johnson avvia il motore diesel del peschereccio e fa rotta verso casa con il suo piccolo ma efficiente equipaggio. Nelle loro «casas» i commercianti aspettano l’arrivo del pesce fresco che, una volta passati i controlli di qualità, verrà esportato in Europa e arriverà anche da Coop. Due giorni e i tonni sono già a Zurigo. La zona in cui Johnson Peralta pesca s’inserisce in un progetto del WWF per la cattura sostenibile dei tonni. È uno dei progetti per la salvaguardia dell’ecosistema nel «Coral Triangle», l’area compresa tra le coste di sei paesi del sud-est asiatico: Indonesia, Filippine, Malesia, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea e Timor Est nella quali vivono ancora stock di pesci sani ma a rischio di sovrapesca. Il progetto dei tonni si prefigge di assicurare la soppravvi- venza degli stock ittici in maniera sostenibile attraverso la certificazione MSC e di stabilire quote di cattura ecocompatibili per queste acque. «Cerchiamo di far capire ai pescatori che, anche pescando di meno, con la pesca di tonni di qualità possono guadagnare gli stessi soldi se non di più», dice René Benguerel di Blueyou, una ditta di consulenza per la pesca di cattura sostenibile. Blueyou ha il compito di portare la pesca di tonni alla certificazione MSC. Il progetto è fi finanziato nanziato in collaborazione con Coop, Bell Seafood e la DEG, società tedesca di investimento e sviluppo. Nell’arco di due, tre anni si spera di fare in modo che il tonno fresco dalle Filippine in vendita da Coop provenga da pesca sostenibile certificata con il label MSC. Già oggi Coop acquista tonno fresco da questa regione ad un prezzo superiore, finanziando il progetto. ! " link www.coop.ch/pesce FOTO: CORBIS Tonno sostenibile dalle Filippine