Fiume Secchia - Scuole Sassuolo

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Fiume Secchia - Scuole Sassuolo
Il fiume
fiume
Secchia
Il Secchia (o la Secchia a seconda delle zone) è un importante fiume del nord-Italia che
scorre per gran parte in Emilia-Romagna e, nel tratto finale, in Lombardia. È per lunghezza
(172 km), bacino e portata media (42 m3/s), il principale affluente di destra del Po dopo il
Tanaro. Il suo bacino (ampio 2.292 km²) è curiosamente identico come estensione, a quello
del Panaro.
Sassuolo si è sviluppata sulla riva destra, in posizione strategica di crocevia tra la
pianura e la montagna, tra modenese e reggiano, in una zona dove il fiume era facilmente
guadabile.
Il suo nome Secchia , notare che è maschile per i reggiani (il Secchia) e femminile per i
modenesi (la Secchia).
La storia della città è strettamente legata al fiume. Nonostante le frequenti inondazioni (in
passato per di più il Secchia arrivava a lambire la Rocca, mentre oggi risulta allontanato di
un chilometro), dalla vicinanza al fiume Sassuolo ha tratto molti vantaggi: acqua per
irrigare i campi e, più tardi, sabbia, ghiaia e argilla per attività artigianali e industrie.
In passato le berlete del Secchia (il greto del fiume dove da anni non scorreva più l'acqua
e perciò ricoperto di vegetazione) servivano alla comunità per il pascolo del bestiame e la
raccolta di legna. Erano infatti, per antica consuetudine, di uso comune. Il taglio e lo
sradicamento di ginepri, arbusti e alberelli era incontrollato, tanto da far temere già nel XVI
sec. per l'equilibrio geo-morfologico del letto del Secchia e da far intervenire Enea Pio,
signore di Sassuolo.
I Pio proibirono anche la pesca, nei due canali e nel Secchia per un miglio sopra e sotto la
Rocca, allo scopo di limitare l'attività venatoria. Più tardi i duchi estensi si riservarono il
diritto di caccia nelle berlete e poi se ne appropriarono per allargare il Parco Ducale.
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Una rete di canali, imperniata sull'asta del canale di Modena, fu la trama su cui si
organizzò l'agricoltura. Nello stesso tempo dai canali trassero forza propulsiva i mulini e i
primi impianti industriali.
I CANALI COLLEGATI
AL SECCHIA OGGI
Don Antonio Bellini di Carpi, prezioso ricercatore di storia locale, sosteneva che il
ricostruire la storia del fiume Secchia si costituiva come disperazione per quanti vi si
cimentavano. Scorrendo i vari documenti emersi durante i molteplici studi, il Secchia o la
Secchia viene nominato come Sicla o Sicula o Secies che si aggiunge all’Acqualonga e alla
Moclena. Il Secchia, fiume di cui il nostro paese è dono e ragione del suo sorgere,… è tra i
tanti fiumi, il più capriccioso che si conosca.
I DOCUMENTI CHE SEGUONO, FOTOGRAFATI DALL’INSEGNANTE ANNA MARIA MANZINI, SI
RIFERISCONO ALL'EPOCA DI FRANCESCO II D'ESTE, QUANDO I FRATELLI FORESTO E CESARE IGNAZIO
SONO CONSIGLIERI DEL "FRAGILE" DUCA. IL PERIODO È TRA FINE SEICENTO - PRIMA METÀ
SETTECENTO. POSSIAMO NOTARE LE CITAZIONI:
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CANAL DI SECCHIA,
SECCHIA, ILCANAL DI REGGIO, IL CANAL DI CARPI
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1694-
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LUISA, L’ESPERTA , E’ VENUTA IN CLASSE E CI HA PARLATO DEL FIUME, DELL’AZIONE EROSIVA
DELL’ACQUA E DEI MATERIALI TRASPORTATI: GHIAIA, SABBIA, ARGILLA,
LA ZONA ERA PALUDOSA INFATTI LO TESTIMONIANO ANCHE LE COSTRUZIONI DELLA
TERRAMARA DI MONTALE, CAPANNE SU PALI, PER EVITARE CHE MARCISSERO REPENTINAMENTE.
LA BONIFICA E’ STATA EFFETTUATA CON CANALI, DI CUI SI OCCUPA …
Del fiume Secchia se ne occupa la Bonifica Parmigiana Moglia in destra del Po che è il
primo esempio in Italia di bonifica idraulica e agraria totale. Natale Prampolini, l'ingegnere
progettò questo enorme complesso di canali e idrovore. La bonifica Parmigiana Moglia e le
strutture da essa lasciate (linee elettriche e telefoniche, ferrovie, strade ecc) furono il
trampolino di lancio per la bassa reggiano-modenese, fino a fare diventare questi luoghi
alcune delle zone tuttora più innovative e progredite d'Europa.
ANTICHI MESTIERI
IL DUGAROLO– IN DIALETTO AL DUGAROL
Colui che “controlla il defluire
delle acque dei canali”.
Il suo ruolo è fondamentale
nella zona di bonifica che vive
legata da sempre ad un
sensibile equilibrio idraulico.
DUGAROLO MODERNO
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IL BIROCCIAIO
Fino alla prima metà degli anni Cinquanta,
l’estrazione e il trasporto di ciottoli, ghiaia e
sabbia veniva effettuato dai cosiddetti
birocciai. Il mestiere di birocciaio o
carrettiere era tra i più disagevoli e pesanti:
esposti al caldo estivo e alle intemperie
autunnali e invernali su carreggiabili spesso
dissestate per cui, anche i percorsi brevi,
richiedevano tempi lunghi. Necessariamente
obbligati al lavoro di facchinaggio,
ricevevano commesse di ghiaia dalle
imprese edili
I muratori ci ordinavano la ghiaia e noi
l’andavamo a prendere a Campogalliano e
ne portavamo un biroccio tutti i giorni... La
ghiaia del fiume, prima di trasportarla, si
preparava: c’era da picconarla, poi unirla
con un badile, prendere via i sassi grossi e,
col badile, la caricavamo sul carretto... Il
viaggio iniziava alle sei di mattina e si
tornava a casa la sera: ci voleva un giorno
per un metro cubo di ghiaia. Un buon
cavallo portava al massimo venti quintali di
ghiaia, un poco più di un metro cubo... lo
pagavano venti lire... Noi andavamo sempre
a piedi, si teneva la stanga del carretto,
perché il cavallo non si sfiancasse: a volte
tiravamo più noi che il cavallo... L’inverno
non si andava a prendere ghiaia, perché il
fiume era pieno e le strade erano cattive,
non c’era l’asfalto, ma due carreggiate che
ci si stava appena dentro e, se incrociavi un
altro carro che veniva in senso inverso,
bisognava trovare un posto per lasciarli
passare… Erano strade trafficate, c’erano
centinaia di birocciai, una vitaccia.
Servivamo di ghiaia anche il Comune e la
Provincia, per ghiaiare le strade: il lavoro
era suddiviso tra i carrettieri del territori:
Allora le strade erano davvero cattive,
specialmente fuori dalla Provincia: ricordo
che per andare a Rovigo, passando per San
Felice, dove c’era il bosco, era tutta una
curva e una buca e il cavallo faceva fatica
ad andare…”
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LO SCARIOLANTE
Gli scariolanti appartengono alla storia della
zona del Delta del Po e sono figure ancora
molto vive nella memoria popolare delle
genti contadine e vallive. E’ un passato
lontano e quasi mitico, ma il loro duro lavoro
e la loro fatica hanno contribuito a rendere il
territorio quello che oggi noi vediamo e
viviamo.
La carriola, da cui prendono il nome, era la
protagonista della loro vita, poiché con essa
gli operai ferraresi, ma anche romagnoli,
mantovani e rodigini hanno trasportato, “a
braccia”, enormi quantità di terra per
bonificare i terreni e arginare canali e fiumi.
Partivano dalle loro case a notte fonda per
essere sul posto di lavoro all’alba, spesso
legandosi la carriola al dorso o spingendola
su terreni dissestati o ponticelli in legno.
Lavoravano “piantati” nella melma fino al
ginocchio o bruciati dal sole, trasportando la
terra da un luogo all’altro per tornare a
“voltare e rivoltare” il loro pesante e
melmoso carico.
“ A mezzanotte in punto
si sente un gran rumore,
sono gli scariolanti …
che vanno a lavorar.
Volta e rivolta
e torna a rivoltar,
noi siam gli scariolanti…
che vanno a lavorar
SITOGRAFIA
http://it.wikipedia.org/wiki/Secchia
http://www.lalumaca.org/stampa/archivio/da_grande_faroil_dugarolo
http://www.lalumaca.org/images/uploads/dugarolo.jpg
http://www.sassuolonline.it/secchia.htm
http://mappe.bpms.re.it/maps/
http://terredargine.it/cgi/jump.cgi?t=_terre&ID=78398
http://www.polocodigoro.it/documenti/ProgettoFAI/Monumento_scariolante.pdf
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