L`infinito piatto – Il Relativismo

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L`infinito piatto – Il Relativismo
Relativismo
La Cassazione al vaffa dà l’accesso
perché lo sgarbo tanto si è diffuso
che ha perso senso e non è più lo stesso
un coltello ferisce ed è recluso
per colpa rara, ma sarà permesso
quando per tutti il colpo sarà d’uso:
carne e metallo, senza più avversione,
sorrideranno stretti in comunione. 1
Avverte il dizionario più “devoto”
del violento rifiuto e del disprezzo,
che però per la toga appare vuoto
Se il tempo non è mai per sempre avvezzo
e cambia senso al senso ch’era noto,
muta soltanto quando è disavvezzo.
Il bordello che adesso è confusione
non ha commercio e non ha più ragione! 2
L’insulto invece che la Corte scusa,
è di parole ancora tutte chiare,
perché il culo non è l’ipotenusa
e si sa in quello quel che si “vaffare”:
dunque, se chi ti manda non abusa,
è solo perché tutto è un lupanare!
passa del resto per il vuoto anale
lo sterco e il sesso meno naturale. 3
L’assoluto che sfugge alla conquista
consacra vera solo l’opinione,
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http://cronacaeattualita.blogosfere.it/2007/07/la-corte-di-cassazione-sdogana-il-vaffa.html Il 17 Luglio 2007, la Corte
di Cassazione ha decretato che il “vaffa” non è più perseguibile come reato, essendosene a tal punto diffusa l’abitudine
da fargli perdere pregnanza (che ha perso senso e non è più lo stesso). La ferita di un coltello porta dunque in prigione
perché non è comune (un coltello ferisce ed è recluso / per colpa rara), ma sicuramente quando il colpo d’arma da
taglio sarà quasi da tutti inferto, non sarà più perseguito: carne e metallo si stringeranno sorridenti senza più temersi
(senza più avversione / sorrideranno stretti in comunione)!
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Il dizionario del Devoto (il dizionario più “devoto” alla lingua corretta), avverte che la triviale interiezione è un “insulto
che esprime un violento rifiuto della propria attenzione o considerazione, o anche adirata avversione o rigetto clamoroso”,
avverte quindi del violento rifiuto e del disprezzo che si è però svuotato di senso per la toga, per la somma Corte di
Giustizia (appare vuoto). Se è vero che il tempo non lega per sempre una parola ad un significato (non è mai per sempre
avvezzo / e cambia senso al senso ch’era noto, al significato che si era imposto) è pur vero che questo avviene quando le
parole cambiano completamente il contenuto semantico (muta soltanto quando è disavvezzo): se si chiede ai ragazzi che
cosa significa “casino”, tutti rispondono “confusione” e tutti ignorano il vecchio senso di postribolo. Dunque la parola non
allude più al commercio del sesso (non ha commercio e non ha più ragione di essere riferita a quel commercio e di essere
di conseguenza volgare).
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La volgare interiezione che la Corte d’Assise non considera più reato (scusa), si compone di parole che hanno conservato
intatto il loro significato, che non sono quindi “superate”, dal momento che culo non significa certo ipotenusa, e tutti
capiscono bene che cosa in quello si va a fare (si “vaffare”, una licenza che intende riecheggiare l’insulto): dunque se ormai
chi ti manda a… non commette abuso, è solo perché tutto è diventato ammissibile in una società volgare (è solo perché tutto è
un lupanare: e non stiamo atteggiandoci a “bacchettoni”! Tutto ha un limite). Del resto per il vuoto anale passano lo sterco e il
pene, nel rapporto meno naturale (un modo sarcastico per indicare il fatto che la “giustificazione” della Corte di Cassazione dà
consenso alla maleducazione e alla volgarità, avallando un modo che si riferisce ad una zona non proprio eletta).
come il pensiero alterno del sofista
che va al compenso ed alla concessione,
e il valore dipende dalla vista,
da come crede giusta la versione.
Meglio una fede, almeno che si orienta,
che l’incerto perenne che scontenta. 4
Qualche certezza è già nella natura,
che nascere e morire non contesta
e qualunque altro modo che misura,
perfino la menzogna e la richiesta
che disconosce come si snatura
se nel binomio omofilo protesta:
il diritto di fatto, non il figlio,
perché l’uomo ha le dita e non l’artiglio! 5
Il principio immutabile morale
forse muta nel tempo e nel contesto,
ma se il buon senso è quello che prevale,
il vero senza senso non fa testo,
ancor meno se nega mentre vale.
Chi smentisce il rapporto manifesto
tra l’arma e la ferita, ha l’impressione
che la necessità sia diserzione. 6
Chi mai convincerà un cervello sano,
sia pure per mirabili torsioni,
che forse un giorno il gesto sarà vano
e sarà indenne il foglio sui carboni?!
Se lo ripeti, lo ripeti piano,
prima che al fuoco tostino i marroni
Pur venerando, il verso, la ricerca
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Il fatto di non poter conquistare la verità assoluta può portare al relativismo (consacra vera solo l’opinione, la “doxa” di
Protàgora), come quello “utilitaristico” dei sofisti, appunto, che erano maestri di una cultura concepita in funzione dei contesti:
dal momento che il permesso di insegnare e il compenso per l’insegnamento dipendevano dalle classi dirigenti, i sofisti erano
interpreti di un ammaestramento utile a quelle classi, diventando magari difensori di valori contrastanti, e fra loro
incompatibili, espressi da ambienti diversi (il pensiero alterno del Sofista / che va al compenso ed alla concessione). È l’uomo
la misura di ciò che è e di ciò che non è: il valore dipende dunque dal punto di vista, che attribuisce ad un’interpretazione
giustezza o inesattezza (da come crede giusta la versione). In definitiva è meglio avere fede costante in un principio, avere
un indirizzo che guidi i comportamenti, piuttosto che affidarsi a mutevoli verità che disorientano e generano contrasti (che
l’incerto perenne che scontenta).
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In fondo già la natura ci dà alcune certezze: non si possono confutare nascita e morte, né qualunque altra espressione che sia
misura stessa della naturalità (e qualunque altro modo che misura), anche la pretesa che inganna se stessa (la menzogna e la
richiesta), che rifiuta di riconoscere la deformazione alla quale aspira (se disconosce come si snatura), quella della coppia
omosessuale che ritiene di avere diritto alla prole (se nel binomio omofilo protesta): i figli sono il frutto di un rapporto
naturale, non di un capriccio! Che reclamino dunque diritti civili, gli omosessuali (sotto questo aspetto espressione della
natura), ma che non esigano l’inesigibile, ciò che è contro natura (perché l’uomo ha le dita e non l’artiglio, rispettino cioè la
legge naturale).
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Forse per quanto riguarda la morale non è possibile fissare un principio immutabile nel tempo (il principio immutabile
morale), almeno sotto certi aspetti, perché ciò che è bene e ciò che è male può essere riconsiderato (forse muta nel tempo
nel contesto), alla luce di processi evolutivi o involutivi, nelle varie epoche, nelle diverse società; se comunque si lascia
prevalere il buon senso (ma se il buon senso è quello che prevale), le verità insensate non fanno testo, non possono essere
verità (il vero senza senso non fa testo), ancor meno se nega mentre vale, specialmente quando negando la possibilità del
vero affermano una verità! Sostenere infatti che non esiste niente di assoluto è già un assoluto, almeno un assoluto, che
viene ammesso. Lo scozzese David Hume, negando la necessità del rapporto di causa-effetto, il rapporto manifesto,
evidente che c’è fra un colpo d’arma e la ferita, dovette avere l’impressione della fuga, della diserzione della inevitabilità
(che la necessità sia diserzione).
contro la quale irriverente alterca.7
Se la disquisizione al “sacro” torna,
- che ormai per nobiltà più non defeca,
ma fragranti baguette piuttosto sforna -,
pregheremo il filantropo che impreca
che pieghi il varco al legno che l’inforna,
perché un invito al pane non si spreca.
E siccome di fare ci è permesso,
anche se griderà, sarà lo stesso! 8
Adatti, chi più pensa, ad altra nocca
questi argomenti strani e trascurati,
perché il tempo che corre cambia brocca,
ornando di pitali i porticati
e orinando sui fiori; che la bocca,
se dichiarasse i casi disgraziati,
direbbe sia L’Orlando che La Secchia
per contenere il mondo che si specchia! 9
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Amato Maria Bernabei
da L'infinito piatto, poema polemico-satirico
in Conoscere la metrica, Vincenzo Grasso Editore, Padova 2011, pp. 47-51
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Chi mai potrà convincere una persona sana di mente (un cervello sano), anche usando la più sofisticata dialettica e i
più contorti ragionamenti (sia pure per mirabili torsioni, contorsioni mentali), che magari il gesto di gettare un foglio
tra le fiamme sarà inutile, perché la carta nel fuoco resterà “illesa” (e sarà indenne il foglio sui carboni): se provi a
ripetere un concetto del genere, devi farlo a bassa voce, per evitare che qualcuno, irritato, metta sul fuoco le “castagne”
per tostarle (prima che al fuoco tostino i marroni…, prima che qualcuno possa procedere alla torrefazione dei tuoi
testicoli), e diciamo questo nonostante la più alta ammirazione per il pensiero del grande filosofo dell’empirismo David
Hume (pur venerando, il verso, la ricerca), per la profonda speculazione con cui bisticcia in modo irriverente (contro la
quale irriverente alterca).
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Se la disquisizione ritorna adesso al punto da cui era partita, e cioè all’osso sacro (al provvedimento della Corte di
Cassazione sul “vaffa”), al deretano che ormai è diventato così nobile che ha smesso di defecare e sforna invece delle
profumate baguette, pregheremo il “filantropo” che fa uso della deprecata espressione, che si pieghi pure per disporsi a
ricevere nell’“apertura” del suo forno pregiato la pala di legno del fornaio, perché bisogna sempre approfittare di un
invito alla panificazione (perché un invito al pane non si spreca: tutta la metafora è piena, naturalmente, di grande
sarcasmo). E siccome è ormai permesso di fare quello che facciamo, poco ci importerà se il “filantropo” griderà dal
dolore!
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Le persone più riflessive e intelligenti puntino l’indice contro qualunque altra anomalia o conseguenza del relativismo,
per le quali queste argomentazioni (questi argomenti strani e trascurati, questi ragionamenti che possono apparire
bislacchi e un po’ volgari) sono ugualmente valide (adatti, chi più pensa, ad altra nocca; per metonimia nocca allude
al dito indice, per cui si ha: chi più medita, adatti queste considerazioni a un altro indice puntato, puntando cioè contro
qualcos’altro), visto che l’epoca corrente (il tempo che corre) inverte l’uso corretto e la collocazione dei “vasi” (cambia
brocca, caraffa: con ironia il termine allude al vaso), disponendo i pitali, i vasi da notte, lungo i porticati e tenendo sotto
il letto i vasi di fiori per orinare (ma l’espressione “orinare sui fiori” vuole anche indicare il disprezzo verso le cose più
pregiate); se il poema (la bocca) infatti dovesse dedicarsi a considerare tutti i “misfatti” (se dichiarasse i casi
disgraziati), non basterebbe l’ampiezza di due poemi come L’Orlando furioso e La Secchia rapita messi insieme
(direbbe sia L’Orlando che La Secchia) per raccontare le “specchiate virtù” del mondo attuale (per contenere il mondo
che si specchia).