Lo shock ipovolemico e altri tipi di shock nel bambino
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Lo shock ipovolemico e altri tipi di shock nel bambino
Lo shock ipovolemico e altri tipi di shock nel bambino Lo shock è una brusca situazione di ipoperfusione periferica, che esprime una sproporzione tra il contenuto ematico (massa circolante) e il letto vasale, dovuta ad una riduzione della prima (ipovolemia) o a dilatazione del secondo (shock vasogenico) o a difetto di pompa (shock cardiogeno). Il risultato più ovvio è l’ipotensione; con una perfusione < 60 mmHg, la perfusione del rene va in crisi (oligoanuria, rene da shock) e si evidenzia progressivamente una insufficienza multiorgano. FISIOPATOLOGIA DELLO SHOCK SI distinguono due fasi dello shock: la prima fase che, a seconda del tipo di shock, è relativamente lunga ( come nello shock da disidratazione) oppure assai breve (come nello shok vasogenico), in cui i meccanismi di controregolazione (feedback negativo) funzionano, e una seconda fase in cui il meccanismo dell’omeostasi è “rotto” e si innesca una catena di effetti svantaggiosi ciascuno dei quali aggrava la situazione (feedback positivo). Shock ipovolemico Se la massa sanguigna si riduce i capillari che irrorano la cute e la muscolatura si restringono e il circolo continua a funzionare entro un letto ridotto: il meccanismo dell’omeostasi è integro, la massa circolante tende a reintegrarsi per un’ autoperfusione del settore interstiziale al settore intravascolare ad opera del gradiente pressorio che si è determinato; appena questa si sia reintegrata, attraverso questo meccanismo di autosalvataggio o per un intervento esterno, tutto è pronto per ritornare come prima. Se la reintegrazione è insufficiente o se l’intervento terapeutico è tardivo, potremo trovarci di fronte ad un sistema vascolare che ha perso o alterato la responsività ai mediatori endogeni, in particolare alle catecolammine, vuoi per esaurimento dei recettori vuoi per l’acidosi locale, vuoi per il danno anatomico della parete; il risultato è uno shock resistente. Se si arriva ancora più tardi, quando cuore, cervello e reni sono danneggiati, lo shock potrà essere irreversibile. Shock vasogenico La rottura dell’omeostasi è molto precoce, anzi, è essa stessa la causa dello shock. Shock settico L’ infezione modifica, anche mediante la messa in circolo di mediatori vasoattivi, il letto capillare, aprendo gli shunt artero venosi precapillari e saltando la circolazione capillare del muscolo e del sottocutaneo; in questo caso l’ipoperfusione avviene in un regime di alta portata, con cuore ipercinetico, circolo veloce e, ciò nonostante, inefficace; la situazione si tramuta successivamente in ipovolemica (paralisi artero-capilllare, uscita di plasma dal letto capillare danneggiato e/o sequestro di liquido nella cavità peritoneale per peritonite). Shock neurogeno Da lesione del midollo spinale, il punto di partenza sta ancora nella rottura del meccanismo di autoregolazione vascolare, questa volta per difetto del neuromediatore noradrenalitico; anche qui può seguire un’ ipovolemia per un meccanismo simile, per passaggio dall’intravascolare all’interstiziale. Shock anafilattico L’ ipovolemia è presente a seguito dell’edema angioneurotico secondario all’aumento della permeabilità capillare prodotto dall’istamina liberata in seguito alla reazione antigeneanticorpo. Nell’ustione la situazione è simile, anche se la lesione capillare è dovuta a cause fisiche. In tutti i casi esposti si instaura un circolo vizioso sostanzialmente simile, ed in tutti casi è tanto meno difficile da interrompere quanto più rapidamente e correttamente si interviene. Shock cardiogeno La causa dello shock è il difetto di portata; automaticamente aumentano le richieste periferiche e questo aggrava la fatica del cuore; ma anche negli altri tipi di shock il cuore è impegnato fin dal principio: dapprima per un tentativo di compensare l’ipoperfusione aumentando la gittata (feedbeck negativo), poi per una progressiva perdita di efficienza dovuta all’acidosi e, nel caso dello shock settico, ad un polipepetide di origine tissutale, il Miocardial dpressor fctor (MDF). L’ insufficienza cardiaca si traduce in un aumento della pressione a monte dei ventricoli ed in una diminuzione ulteriore della perfusione periferica. Circol polmonare = un danno alla parete capillare è prodotto dall’attivazione dei leucociti per opera del complemento attivato: questo accumulo leucocitario nel letto polmonare e le lesioni dell’endotelio che ne derivano fanno sì che il circolo polmonare divenga il punto di minor resistenza del sistema. Se l’quilibrio idrostatico nel circolo polmonare si rompe, se cioè aumenta la pressione negli atri e lo scarico linfatico si fa più difficile, si verifica facilmente il passaggio da uno stato di succulenza dei tessuti peribroncovasali a un accumulo di liquidi nello spazio perialveolare; infine se la pressione idrostatica in questo spazio eccede la resistenza meccanica offerta dalla cellule epiteliali dell’alveolo (più la pressione del gas all’interno di questo, più l’effetto della pressione superficiale dato dal surfactante) si avrà un accumulo di liquidi anche nello spazio intralveolare (edema polmonare). Circolo renale = la riduzione della pressione nel circolo renale è alla base di una componente importante della risposta vasoattiva utille dell’organismo (attivazione del sistema aldosteroneangiotensina, centralizzazione del circolo, aumento del riasssorbimento idro-salino e riespansione della massa); l’effetto immediato di questa risposta è la riduzione della diuresi. Se però si arriva allo scompenso circolatorio, la perfusione glomerulare entra in crisi ed il filtrato cade fino all’oligoanuria. Se l’ipoperfusione si protrae troppo si arriva all necrosi del tubulo per insufficiente portata delle arteriole post-glomerulari che vanno al tubulo. Anche qui come a livello polmonare l’ ipotensioone idrostatica all’interno del tubulo facilita il collasso della parete epiteliale e l’ingombro meccanico del lume. È una fase che va combattuta sia forzando la diuresi (mannitolo, furesomide) sia ristabilendo il circolo. Dunque lo shock è essenzialmente una patologia del microcircolo a livello del quale si instaura un circolo vizioso alla base di tutta la patologia: Ipovolemia ipoperfusione acidosi vasoparalisi danno capillare CLINICA DELLO SHOCK Almento nelle fasi più precoci dipende dalla cause scatenanti poiché ne caratterizzano lo sfondo (ad es. orticaria nello shock anafilattico o esantema emorragico e rialzo termico nella sepsi iperacuta); in seguito si evidenzia una prima fase di vasocostrizione con tachicardia e pallore, ipotermia riduzione dell’attività motoria ed una seconda fase di franco scompenso circolatorio con ipotermia periferica più severa accompagnata ad ipertermia centrale, cianosi, rallentamento del circolo, poli-dispnea, acidosi e infine con oligoanuria e insufficienza multiorgano Anche il laboratorio può essere d’aiuto nel definire il grado dello shock : una lattacidemia < 5mmol/l è moderatamente grave, tra 5 e 10 mmol è grave, > 10 è molto grave. Una riduzione del filtrato glomerulare è un altro segno di allarme e un’ oliguria con diuresi < 15ml/mq/h è segno di grave scompenso renale. Ma il vero indice di gravità è la mancata risposta alla terapia mirata: sostanzialmente non grave quando risponde all’infusione, moderatamente grave se risponde a 5 microgrammi/kg/m, molto grave se necessita di una dose superiore. TERAPIA Gli obbiettivi da raggiungere e i presidi per ottenerli nel trattamento dello shock sono: • Riempire il circolo • Modulare la risposta vasale plasma expander farmaci simpaticomimetici, vasodilatatori, antagonisti degli oppioidi • Riportare alla norma i fenomeni cellulari e umorali che si verificano a livello del microcircolo steroidi Espansione del circolo: il riempimento del circolo vuoto costotuisce il momento essenziale nel trattamento dello shock ipovolemico e di quello settico. Anche lo shock anafilattico e quello neurogeno richiedono frequentemente un aumento della massa plasmatica. Esso non è mai richiesto, anzi, è controindicato, nel trattamento dello shock cardiogeno puro, salvo quando coesista una situazione di disidratazione. La quantità da infondere in acuzie è corrispondente a quello che è il deficit minimo, assoluto o relativo, di volume plasmatico capace di produrre shock cioè 20 ml/kg. Tale volume va infuso molto rapidamente (20-40 minuti). Il volume da infondere va calcolato e regolato successivamente in base alla risposta clinica ed emodinamica. Si utilizzano preferibilmente, per l’espansione del circolo in acuzie, le soluzioni elettrolitiche; si può utilizzzare come plasma expander anche l’albumina (in aggiunta agli elettroliti) oppure il sangue o il plasma. Soluzioni elettrolitiche (cristalloidi): soluzione fisiologica (NaCl 0,9%) e ringer lattato sono le più maneggevoli. Non vanno utilizzate le soluzioni prive di elettroliti (glucosate). In condizioni particolari come nella presenza di una grave acidosi metabolica scompensata con valori di bicarbonato molto elevati può essere utile sostituire alla soluzione fisiologica la soluzione isotonica di bicarbonato (NHCO3 1,4%) che però può inattivare i farmaci vasoattivi se somministrati dalla stessa via di infusione. Questo tipo di soluzioni somministrate rapidamente per infusione edndovenosa costituiscono la terapia di scelta nello shock ipovolemico; nelle altre forme, i cristalloidi presentano lo svantaggio di passare nell’interstizio, soprattutto nei pazienti con shock settico, nei quali a livello del microcircolo vi è un aumento della permeabilità vasale; Albumina: può essere usata nella prima fase della terapia infusionale aggiunta alla soluzione eletrolitica in dose non superiore ad 1g/kg; richiama liquidi nell’interstizio e ricostituisce il volume plasmatico con maggiore prontezza (1g richiama 20 ml di acqua). Questa aggiunta risulta particolarmente necessari nello shock del bambino nefrosico trattato con diuretici e in ogni altra condizione di ipoprotidemia come l’ustione o il sanguinamento protratto o l’insufficienza epatica. Sangue: è di scelta appena disponibile se l’ematocrito è < 30% e/o l’emoglobina < 10 mg/dl. Va ricordato che nella forma acuta dell’emorragia tali parametri possono ancora essere nella norma. Come è ovvio è di prima scelta nello shock emorragico. Plasma: è di scelta nello shock da ustioni nella quntità corrispondente ad ¼ del volume totale infuso. Simpaticomimetici La loro azione si esplica in seguito al legame con il recettore specifico. Sono stati individuati finora cinque tipi di recettori situati su cellule di strutture diverse che mediano azioni diverse. • I recettori alfa sono posti a livello delle arteriole e mediano la vasocostrizione. • I recettori beta 1 sono posti a livello di miocardio, nodo del seno e tessuto di conduzione A-V e mediano rispettivamente l’aumento dell’inotropismo, del cronotropismo e del dromotropismo cardiaci. • I recettori beta 2 sono posti a livello delle arteriole e dei bronchi e mediano rispettivamente la vasodilatazione e la broncodilatazione. • I recettori delta 1 sono posti a livello di arteriole renali, splancniche e cerebrali e delle coronarie e mediano, nei corrispondenti distretti, la vasodilatazione • I recettori delta 2 inibiscono la liberazione di noradrenalina e quindi provocano anch’essi la vasodilatazione. Gli effetti vasodilatatori mediati dai recettori beta 2 e delta 2 si esplicano sugli sfinteri precapillari, evitando la formazione di cortocircuiti che, saltando il circolo capillare, compromettono la perfusione dei tessuti. I diversi simpaticomimetici isolati possiedono la capacità di stimolare in diversa misura i vari tipi di recettori; ciò consente di ottenere effetti diversi sul controllo del circolo a seconda del farmaco usato. L’effetto alfa adrenergico puro (noradrenalina) può esserre sfruttato nello shock neurogeno alla cui base vige un deficit di stimolazione catecolamminica alfa. Gli effetti combinati alfa e beta vengono sfruttati nel trattamento dello shock anafilattico, in cui le sostanze vasoattive liberate in seguito ad una massiva degranulazione IgE mediata dei mastociti, portano a una repentina e generalizzata vasodilatazione, superiore alle capacità di compenso da parte delle amine endogene. Nel trattamento di tutti gli altri tipi di shock (ipovolemico, settico, cardiogeno, da ustioni) l’efetto alfa dovrebbe essere evitato. Infatti il paziente in shock sta già cercando con tutti i mezzi a sua disposizione, cioè con l’increzione massimale di noradrenalina di ripristinare i livelli pressori soddisfacenti; ciò comporta come effetto negativo l’ischemia dei distretti “non protetti” cioè di tutti gli organi e apparati salvo cuore e cervello. Il motivo per cui il paziente non riesce ad uscire dallo shock è rappresentato perciò non da un’insufficiente risposta alfa-adrenergica ma dalla persistenza delle cause prime dello shock stesso, cioè la sproporzione in difetto tra volume plasmatico e letto vascolare ed i fenomeni che si verificano a livello del microcircolo, che mantengono con un meccanismo di feedback positivo le cause dello shock. In questi pazienti vanno ricercate le azioni beta1, beta 2 e delta. Utili allo scopo risultano la dopamina (Revivan) e l’orciprenalina (Alupent). Dunque, se nello shock ipovolemico l’obbiettivo principale è l’spansione del circolo per aumentare la portata cardiaca, è anche vero che il solo utilizzo di liquidi a livelli troppo spinti potrebbe tradursi nel rischio di un sovraccarico non appena la pressione si normalizzi; risulta quindi più utile espandere il circolo alla dose standard di liquidi ed intervenire anche precocemente con i simpaticomimetici in modo da creare un ‘associazione di internto efficace, prudente e maneggievole. Vasodilatattori Il razionale dell’uso dei vasodilatatori nel trattamento dello shock è la presenza di un’arteriolo costrizione periferica con ridotta perfusione del distretto capillare. Ciò può avvenire secondariamente agli eventi emodinamici caratteristici dello shock o può essere un effetto secondario dell’uso dei simpaticomimetici. Il farmaco da usare in tale circostanza dovrebbe essere un arteriolo-dilatatore (Fentolamina) da associare alla terapia su descritta quando ci si trovi di fronte ad una situazione di shock resistente e con una pressione sistolica stabile almeno a 80 mmHg. Antagonisti degli oppioidi Nel caso dello shoch settico, le endotossine batteriche provocano l’increzione di oppioidi endogeni in particolare beta endorfine ed encefaline. Questi mediatori impedirebbero in qualche modo l’interazione fra le catecolammine e iloro recettori costituedo un importante fattore di resistenza allo shock. Tali considerazioni costituiscono il razionele dell’uso del naloxone (Narcan) nel trattamento dello shock settico resistente. Steroidi Nell’uomo si sono dimostrati efficaci aumentando la sopravvivenza nelle prime 24 ore solo a dosi molto alte con successivo aumento della mortalità tardiva. Ossigeno E un presidio quasi sempre necessario e vitale nello shock protratto soprattutto se di origine settica o cardiogena. Gestione dei diversi tipi di shock Shock settico • Iniziare infusione di soluzione fisiologica (eventualmente + albumina) alla velocità di 40 ml/kg/h e continuarla per 20 minuti • Iniziare infusione di dopamina all dose di 3 mcg/kg/m. • dopo 20 minuti sospendere l’albumina se è stata inserita e continuare con fisiologica mantenendo invariata la dopamina ed eventualmente aggiungendo la prostaciclina. • Se la PVC è : < 6 infondere alla velocità di 20 ml/kg/h; se è compresa tra 6 e 10 infondere alla velocità di 10 ml/kg/h; se è > 10 infondere alla velocità di 10cc/kg/h • Ricontrollare ogni 10 minuti e se la PVC: aumenta di 3 cm d’acqua e il paziente migliora, dimezzare la velocità di infusione della fisiologica; aumenta più di 3 cm di acqua e il paziente migliora, arrestare l‘ infusione di fisiologica, aumenta meno di 3 cm di acqua e il paziente non migliora dimezzare al velocità di infusione della fisiologica e portare la dopamina al dosaggio di 8 mcg/kg/m • Se la frequenza cardiaca è inferiore a 160 b/m aggiungere orciprenalina a dose crescente a partire da 0,5 mcg/kg/m fino ad ottenere tale frequenza • Se la pressione sistolica è > 8° mmHg, associare al fentolamina con molta cautela partendo dalla dose di 2,5 mcg/kg/m aumentando fino ad un massimo di 10 mcg/kg/m • In caso di non risposta o di risposta instabile associare naloxone alla dose di 30 mcg/kg/ in bolo seguiti da un mantenimento di 30 mcg/kg/h • Se la PVC aumenta più di 3 cm di acqua e il paziente non migliora arrestare l’infusione di fisiologica ed agire come sopra con i farmaci vasoattivi Bisogna stare molto attenti a non sovraccaricare il circolo e quindi controllare spesso la PVC e soprattutto il reperto toracico ed intervenire tempestivamente in caso di congestione polmonare sia con la sospensione dell’infusione che con i diuretici ed i vasodilatatori venosi. Shock da disidratazione Il terttamento è lo stesso dello shock settico con le seguenti differenze: • Usare fin dall’inizio solo soluzione fisiologica • Non appena il quadro appare stabilizzato, modificare il programma somministrando nelle successive 24 ore liquidi ed elettroliti calcolando come segue: metà del recupero perdite + mantenimento – correzione Recupero perdite liquidi: peso in benessere – peso all’entrata in ospedale. Elettroliti 7 mEq di sodio + 7 mEq di potassio ogni 100 ml di liquidi mantenimento 1800 ml/m2 di superficie corporea. Elettroliti: 40 mEq di sodio + 40 mEQ di K/m2 di superficie corporea Correzione I liqidi e gli elettroliti dati fino a quel momento. Shock emorragico • Iniziare la somministrazione di fisiologica o di un plasma expander colloide a 40 ml/kg/h per 20 minuti • Appena possibile sostituire con sangue e associare dopamina alla dose di 3 mcg/kg/m • Dopo aver infuso i primi 20 ml/kg di liquidi continuare la trasfusione basandosi sulla risposta pressoria e clinica e sui valori della PVC • In caso di mancata risposta usare i farmaci vasoattivi come indicato per lo shock settico. È ovviamente di primaria importanza individuare subito la fonte dell’emorragia e intervenire nel modo più opportuno. Shock anafilattico • Se è conseguente a un’iniezione o puntura d’insetto, mettere un laccio a monte della sede di inoculo • Iniettare intramuscolo 0,01 ml/kg di una soluzione di adrenalina 1/1000 ripetibile dopo 10 minuti (diluire una fiala di adrenalina 1/1000 in soluzione fisiologica fisiologica portandola a 10 cc e iniettare intramuscolo 1cc ogni 10 kg di peso) • Se non c’è effetto iniettare ¼ della dose in vena • Iniziare infusione di soluzione fisiologica e terapia vasoattiva come nello shock da disidratazione • Se c’è sofferenza respiratoria (edema della glottide, asma) somministrare 1 fl + 3 cc di soluzione fisiologica in aereosol Shock cardiogeno • Iniziare infusione di dopamina alla dose di 5 mcg/kg/m • In caso di mancata risposta aumentare fino a 10 mcg/kg/m • Se la pressione sistoloca è > 80 mmHg, associare la fentolamina con molta cautela a partire da 2,5 mcg/kg/m • A meno che non si verifichi un netto miglioramento, trasferire in un centro di terapia intensiva cardiologica in cui saranno disponibili tecniche sofisticate di monitoraggio per effettuare correttamente l’ espansione del circolo o la contropulsazione aortica per rendere ottimale il trattamento vasoattivo Shock da ustione È dovuto al riversarsi del plasma dei vasi verso l’interstizio e le bolle e, attraverso le lesioni di continuo, all’esterno. Tutto ciò avviene qualche ora dopo l’ustione e perciò il trattamento va iniziato subito dopo la stessa onde prevenire lo shock piuttosto che doverlo successivamente trattare. Per evitare un sovraccarico del circolo bisogna tener conto del fatto che, nel giro di 3648 ore, il plasma incarcerato nell’interstizio e nelle bolle integre rientrerà nei vasi. La dose di liquidi da infondere è di 4 ml/kg/24 ore per percentuale della superficie corporea interessata dall’ustione. La quantità totale verrà data per ¾ come fisiologica e per ¼ come plasma. Shock neurogeno Va trattato come lo shock settico. Solo nella fase acuta, in cui ci sia pericolo di vita, il farmaco di scelta è la noradrenalina, ma anche la dopamina, più facilmente disponibile, va bene ma a dosaggi molto alti ( > 10 mcg/kg/m) Trattamento d’urgenza dell’edema polmonare acuto • Sospendere se in atto, l’espansione del circolo, e assicurarsi che il paziente non abbia risposto improvvisamente e vivacemente alla terapia vasoattiva con un rialzo pressorio ed in tal caso sospenderla. • Mettere il paziente in posizione anti Trendelen burg • Iniettare in bolo in 1-2 minuti furosemide (Lasix 1 mg/kg) ripetibile anche 4 volte in rapida successione • Se non c’è risposta iniziare infusione di nitroglicerina (Venitrin 0,5mg/h), raddoppiando fino a risposta. Ritentare con furosemide • Se il quadro persiste disporre per ventilazione assistita • Se in imminente pericolo di vita iniettare venitrin in piccoli boli successivi di 0,025 mg.