Politica di sviluppo rurale

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Politica di sviluppo rurale
3. La programmazione delle nuove politiche di sviluppo rurale
di Rossella Pampanini
3.1. Premessa
Le problematiche e le sfide che l’agricoltura si trova oggi ad affrontare sono molto più complesse
rispetto al passato.
La competitività dell’agricoltura europea è oggi messa a dura prova, da un lato, da un mercato sempre
più globalizzato e, dall’altro, dalle richieste sempre più stringenti e mirate della società civile di
compatibilità delle pratiche agricole con l’ambiente, con la sicurezza degli alimenti e con il benessere
animale. Questi aspetti, largamente trascurati in passato nella definizione delle politiche agricole,
assumono oggi un rilievo centrale per i consumatori e i cittadini, come hanno mostrato diverse
mobilitazioni di organizzazioni non governative in occasione della riunione ministeriale dell’OMC a
Seattle nel novembre 1999 (Hervieu B., Guyomard H., Bureau J.-C.)
Far fronte a tali richieste comporta aggravi di costi per le imprese, le quali usufruiscono oggi di una
protezione interna di mercato che, rispetto al passato, si è ridotta di intensità e si è trasformata nella
forma, passando progressivamente dal sostegno ai prezzi al sostegno diretto ai redditi disaccoppiato
dalla produzione. Inoltre la forza dell’Euro penalizza le esportazioni, mentre i costi energetici, e
conseguentemente delle materie prime, sono in aumento.
In questo quadro di riferimento viene da chiedersi come e a quali condizioni l’agricoltura europea
possa raggiungere quella competitività economica che è comunque condizione irrinunciabile per la
vitalità delle imprese, soprattutto nella prospettiva di un possibile disimpegno futuro del sostegno
pubblico ai redditi agricoli.
Questa domanda è ancor più giustificata nel particolare momento di incertezza politica che attraversa
l’Unione europea e la stessa politica agricola comune. Mai come negli ultimi tempi la PAC è stata al
centro del dibattito ed ha alimentato un vero e proprio scontro ideologico tra chi la considera un residuo
del passato e un ostacolo per una più proficua utilizzazione del bilancio comunitario e chi continua a
difenderla.
In questo clima di incertezza, i nuovi PSR 2007-2013 vengono percepiti come una sorta di ultima
occasione e comunque come un appuntamento da utilizzare più proficuamente possibile, nella
consapevolezza che la protezione comunitaria riservata finora all’agricoltura comincia ad essere messa
in discussione.
Il presente contributo è articolato in cinque parti.
Nella prima si torna a riflettere sul concetto di sviluppo e nello specifico di sviluppo rurale,
inquadrandolo nel più ampio contesto della politica di coesione.
Nella seconda viene esaminata l’esperienza finora maturata nei primi sette anni di applicazione della
politica di sviluppo rurale.
Nella terza vengono passate in rassegna le principali novità della programmazione 2007-2013, sia
riguarda agli aspetti procedurali sia alle misure.
Nella quarta viene fornito un breve richiamo alle prospettive finanziarie 2007-2013 e al budget a
disposizione dello sviluppo rurale.
Nella quinta ed ultima parte vengono avanzate proposte per i nuovi PSR 2007-2013.
3.2. Nuove strategie per la politica di sviluppo rurale
Lo sviluppo rurale è uno sviluppo che punta all’affermazione di un modello di agricoltura
multifunzionale, sostenibile e integrata nel territorio rurale.
La multifunzionalità dell’agricoltura (), vale a dire la sua capacità di produrre nello stesso tempo beni
materiali e immateriali, commerciali e non commerciali conduce implicitamente a giustificare la
retribuzione da parte della collettività della produzione di beni pubblici non commerciali. In Europa, il
1992 ha segnato l’ingresso delle politiche agricole in questo tipo di riformulazione. Gli accordi di
Agenda 2000, conclusi a Berlino nel marzo 1999, rappresentano un nuovo passo avanti in questa
direzione, affermando che la PAC si fonda su due pilastri: quello delle organizzazioni comuni di
mercato, da una parte, quello dello sviluppo rurale e della multifunzionalità dell’agricoltura, dall’altra
(Hervieu B., Guyomard H., Bureau J.-C.).
Ma l’agricoltura non può divenire un museo a cielo aperto, che offre solo amenità e paesaggio e venir
meno alla sua missione principale che è e rimane quella di produrre derrate agricole e alimentari. E’ per
questo che il tema della competitività è e deve rimanere l’obiettivo strategico fondamentale su cui
puntare.
Per rimanere competitive, le imprese devono essere in grado, innanzi tutto, di innovare le tecnologie
adottate e diversificare le produzioni, volgendosi anche al settore non alimentare. Per rispondere a
questa sfida, l’agricoltura dovrà privilegiare un approccio strategico di integrazione con le attività di
ricerca, formazione e sviluppo, le quali dovranno contribuire, con innovazioni di prodotto e di
processo, allo sviluppo di un modello multifunzionale dell’agricoltura che sia economicamente
sostenibile ed ecologicamente responsabile.
E’ importante, quindi, che anche le attività di ricerca e sviluppo precompetitivo che sono state
reintrodotte sotto la forma di cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei
settori agricolo, alimentare e forestale acquistino una rilevanza centrale nei nuovi piani di sviluppo
rurale da programmare per il 2007-2013.
Le imprese agricole dovranno inoltre rafforzare la propria forza nelle filiere e nelle trattative
commerciali con l’industria e la distribuzione: per avere successo e raggiungere obiettivi più elevati,
dovranno darsi un’organizzazione economica di tipo associativo più forte di quella attuale e che
governi tutti i temi strategici, dalla qualità alla tracciabilità, dalla definizione di pratiche rispettose
dell’ambiente alla diffusione di questi tipi di esperienze. Dovrebbero quindi conciliare gestione
ambientale ed organizzazione economica, posizioni individuali e collettive nell’ambito di strategie
globali di filiera (Gaymard H.).
La competitività richiederà inoltre un ricambio generazionale, perché il processo di innovazione e
ammodernamento implica imprenditori giovani. Maggiore attenzione dovrà essere posta, nei futuri
PSR, all’incentivazione dell’insediamento dei giovani, dietro il quale è importante che ci sia
un’impresa reale e non un passaggio “sulla carta” delle aziende agrarie da una generazione all’altra o
solo un’accelerazione di un passaggio da padre a figlio all’interno di una famiglia coltivatrice.
L’ultimo aspetto dello sviluppo rurale è il suo carattere integrato. Infatti se è vero che l’agricoltura è
importante per le aree rurali è anche vero che queste ultime, e quindi la loro vivibilità, sono importanti
per l’agricoltura.
Le ricerche in geografia economica hanno mostrato l’importanza degli effetti di scala e di sinergia nella
localizzazione delle attività economiche. Se la popolazione di una zona rurale scende al di sotto di una
soglia, si innesca allora un circolo vizioso che porta alla scomparsa dei servizi collettivi (posta, scuola,
ecc.), delle infrastrutture (mancanza di manutenzione, mancanza di introiti fiscali, ecc.), delle attività di
produzione e all’esodo delle popolazioni. La politica di sviluppo rurale può, a un costo ragionevole,
permettere il mantenimento di una popolazione sufficiente ad evitare questa dinamica negativa
(Hervieu B., Guyomard H., Bureau J.-C.).
Fino al 2006 la politica di sviluppo rurale si ascriveva nel più ampio quadro della politica di coesione
dell’Unione Europea, mentre ne uscirà a partire dal periodo di programmazione 2007-2013 .
Dal punto di vista economico, la politica di coesione trova giustificazione nella tendenza delle attività
produttive ad addensarsi nelle città e nelle zone industriali. Questa tendenza all’agglomerazione
rispecchia rendimenti di scala localmente in aumento: i costi tendono a calare mano a mano che le
attività economiche si concentrano in una data regione. Fenomeni del genere possono compromettere
gli obiettivi di coesione, nel senso che possono generarsi effetti di polarizzazione delle attività
economiche verso le regioni “centrali” piuttosto che in quelle “periferiche”. Queste ultime, anzi,
potrebbero andare incontro ad un declino economico anziché ad una crescita proprio in virtù della
maggiore mobilità delle merci e del lavoro.
La coesione economica e sociale è un elemento centrale del modello europeo di sviluppo, il quale
“mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno
favorite o insulari, comprese le zone rurali (art. 158 del Trattato CE). Ma il presupposto della politica di
coesione è un’economia in crescita, aspetto per il quale si rileva da anni una situazione di stagnazione
in Europa.
Necessita dunque una revisione profonda del sistema economico europeo. Utili sono, a tal riguardo, le
conclusioni del Rapporto Sapir, presentato nel 2003 alla Commissione UE da un gruppo di esperti
indipendenti, incaricati di esaminare le conseguenze di due obiettivi economici strategici che l’UE si è
prefissa per il primo decennio del XXI secolo: diventare la più competitiva e dinamica economia
fondata sulla conoscenza, con una crescita economica sostenibile e una maggiore coesione sociale (la
cosiddetta Agenda di Lisbona); rendere inoltre l’allargamento un successo, innalzando rapidamente il
tenore di vita nei nuovi Stati Membri.
Il Rapporto rileva che, nonostante i notevoli risultati raggiunti dall’Unione sul piano istituzionale
(creazione del mercato unico nel 1993, lancio dell’Euro nel 1999, allargamento a 10 nuovi Stati
Membri nel 2004), i risultati economici non sono stati soddisfacenti. Mentre la stabilità
macroeconomica è aumentata notevolmente e la coesione è stata salvaguardata, il sistema economico
dell’UE non è riuscito a realizzare una crescita soddisfacente. Essendosi attestato intorno al 70% del
PIL procapite americano dall’inizio degli anni ’80. In particolare l’UE, dove i mercati del lavoro sono
più rigidi e lo stato assistenziale è più generoso, non ha saputo cogliere appieno le opportunità di
sviluppo connesse all’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), che
hanno invece consentito agli USA di aumentare la produttività del lavoro e il livello delle retribuzioni e
del tenore di vita.
Secondo le conclusioni del Rapporto Sapir, i deludenti risultati dell’economia europea costituiscono un
sintomo della sua incapacità di trasformarsi in un’economia fondata sull’innovazione.
E’ quindi urgente dare un nuovo assetto al sistema economico per incrementare la crescita, la quale a
sua volta è il presupposto della coesione.
Per quanto riguarda gli strumenti politici e i metodi di governo, il Rapporto raccomanda di tornare ad
una rinazionalizzazione della politica agricola, e ciò per una serie di ragioni. Innanzi tutto perché il
passaggio dal sostegno dei prezzi a quello dei redditi, unitamente alla maggiore diversità derivante
dall’allargamento, rende meno stringenti le argomentazioni a favore di un mantenimento delle
competenze agricole a livello dell’Unione. In secondo luogo perché il bilancio dell’Unione deve
concentrare le spese sui settori economici e sociali capaci di contribuire maggiormente alla crescita
economica (R&S, innovazione, istruzione e formazione, infrastrutture). In terzo luogo perché la PAC
non incentiva l’efficienza e la produzione, ma solo una determinata categoria di cittadini e perciò
costituisce una vera e propria “anomalia” (Rapporto Padoa-Schioppa). Infine perché la PAC non
sembra conforme agli obiettivi di Lisbona, nel senso che il suo contributo alla crescita e alla
convergenza a livello dell’Unione resta al di sotto di quello che potrebbe essere ottenuto con altre
politiche.
3.3. Gli insegnamenti della fase 2000/2006
Mentre i PSR 2000-06, basati sul Reg. 1257/99, si apprestano ad avviare con il 2006 il loro ultimo anno
di attuazione, entro il 2006 dovranno essere approvati i nuovi programmi di sviluppo rurale 2007-2013
basati sul Reg. (CE) 1698/2005, del 20 settembre 2005.
In Umbria, il 2005 si lascia alle spalle i seguenti risultati (tabella 1):
1 obiettivo di spesa pubblica dell’intero periodo di programmazione (aggiornato in base alla
riprogrammazione dell’ottobre 2004): 398,458 milioni di € (56,922 milioni di €/anno) tra risorse
comunitarie, statali e regionali, di cui 179,610 milioni di € di quota FEOGA;
2 volume di investimenti attivati nell’intero periodo di programmazione: 562,058 milioni di € (80,294
milioni di €/anno);
3 effetto leva della spesa pubblica (rapporto fra volume degli investimenti attivati e spesa pubblica):
1,41.
Tabella 1 - Piano finanziario del PSR dell'Umbria 2000-2006 (Meuro)
Spesa
Meuro
Pubblica
Privata
Totale
%
398,458
163,6
562,058
71%
29%
100%
Fonte: Regione dell'Umbria - Valutazione intermedia del PSR per l'Umbria 2000-2006
(Rapporto del valutatore ESA-ECOTER aggiornato al dicembre 2005)
Il riparto della spesa pubblica per assi prioritari e lo stato di avanzamento alla fine del 2005 inteso
come rapporto fra i pagamenti e la spesa programmata sono riportati nella tabella 2, mentre la tabella 3
contiene il dettaglio della spesa pubblica per singole misure.
Confrontando i volumi finanziari degli assi prioritari, come riprogrammati nell’ottobre 2004 (tabella2 ),
rispetto a quelli iniziali del 2000, si evince che c’è stato uno spostamento di risorse verso l’Asse 1, che
ha aumentato il suo peso finanziario dal 22% al 39%, a discapito dell’Asse 2, passato dal 62% al 55%,
e dell’Asse 3, passato dal 16% al 6%.
Tabella 2 - Stato di attuazione del PSR dell'Umbria 2000-2006 per asse
Totale spesa pubblica
Asse 1
Asse 2
Asse 3
Altre spese
Totale assi
Meuro
153,11
218,449
24,562
2,337
398,458
Pagamenti al 15/10/2005
%
38%
55%
6%
1%
100%
Meuro
172,613
242,409
24,707
1,882
441,611
%
113%
111%
101%
81%
111%
Fonte: Regione dell'Umbria - Valutazione intermedia del PSR per l'Umbria 2000-2006 (Rapporto del valutatore ATI ESA-ECOTER
aggiornato al dicembre 2005)
Tabella 3 - PSR dell'Umbria - Totale spesa pubblica 2000-2006 per asse e misura
ASSI PRIORITARI
SOTTOPROGRAMMI
CODUE
Misure
Meuro
%
61,994
15,6%
13,235
3,3%
a
1 Investimenti nelle aziende agricole
p
3
b
4 Insediamento di giovani agricoltori
32,31
8,1%
d
5 Prepensionamento
0,071
0,0%
g
Miglioramento delle condizioni di
1 trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli
31,234
7,8%
Diversificazione delle attività del settore
agricolo e delle attività affini allo scopo di
sviluppare attività plurime o fonti alternative
di reddito
m
2
Commercializzazione di prodotti agricoli di
qualità
9,808
2,5%
l
1
Avviamento di servizi di sostituzione e di
assistenza alla gestione delle imprese
0,038
0,0%
c
2 Formazione
4,385
1,1%
v
3 Ingegneria finanziaria
0,035
0,0%
153,11
38,4%
Totale Asse 1
e
1 Zone svantaggiate
22,155
5,6%
f
2 Misure agroambientali
135,78
34,1%
t
Tutela dell'ambiente in relazione
all'agricoltura, alla silvicoltura, alla
3
conservazione delle risorse naturali nonché al
benessere degli animali
15,604
3,9%
h
1 Forestazione
42,254
10,6%
i
2 Altre misure forestali
2,661
0,7%
218,45
54,8%
0,009
0,0%
Totale Asse 2
1
MIGLIORAMENTO
DELLE STRUTTURE
k
2 Ricomposizione fondiaria
s
1
Incentivazione di attività turistiche e
artigianali
1,849
0,5%
r
2
Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture
rurali connesse allo sviluppo dell'agricoltura
5,079
1,3%
n
3
Servizi essenziali per l'economia e la
popolazione rurale
6,224
1,6%
o
1
Rinnovamento e miglioramento dei villaggi e
protezione e tutela del patrimonio rurale
5,666
1,4%
p
2 Gestione delle risorse idriche in agricoltura
5,735
1,4%
24,562
6,2%
Altre spese
2,337
0,6%
Totale spesa pubblica 2000-2006 per asse e misura
398,46
100,0%
Totale Asse 2
Fonte: Regione dell'Umbria - Valutazione intermedia del PSR per l'Umbria 2000-2006 (Rapporto del valutatore ESA-ECOTER aggiornato
al dicembre 2005)
Entrando nel dettaglio delle misure (tabella 3) si evince che due misure da sole, la (a) (Investimenti
nelle aziende agricole) e la (f) (Misure agroambientali), hanno assorbito il 50% dell’intera dotazione di
spesa pubblica. Con l’aggiunta delle misure (h) (Forestazione), (b) (Insediamento di giovani
agricoltori) e (g) (Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti
agricoli) si arriva al 76%.
Per quanto attiene gli investimenti di carattere produttivo, il PSR Umbria ha raggiunto una vasta platea
di beneficiari. Basti pensare che il 21% delle aziende agricole professionali (>8 UDE) umbre ha
beneficiato degli investimenti della misura a) e il 37% dei giovani agricoltori della misura b).
Nonostante ciò, rimane ancora attuale la necessità di continuare a rafforzare le aziende, soprattutto nei
confronti di un miglioramento qualitativo delle produzioni, che si rifletta concretamente in un aumento
dei redditi aziendali. Infatti, nel corso delle interviste rivolte dal valutatore ai beneficiari è emerso che,
a fronte di un innalzamento degli standard di produzione nella quasi totalità dei casi, non vi sono stati
cambiamenti nei prezzi o nei canali commerciali di riferimento. Tale aspetto testimonia il fatto che gli
investimenti hanno garantito la sopravvivenza delle aziende, in un mercato sempre più competitivo, ma
non una loro crescita. Per questo motivo, nel nuovo periodo di programmazione, la Regione dovrà
valutare l’opportunità di intervenire su nuove frontiere per il rafforzamento della competitività
imprenditoriale. Si tratta, in buona sostanza, di trovare soluzioni innovative che comprendano gli
incentivi diretti, ma non in via esclusiva. Infatti, una debolezza riscontrata nel PSR 2000-2006 si
riferisce alla scarsa organizzazione e integrazione di filiera sia nella fase di trasformazione, ma
soprattutto in quella di commercializzazione. (Rapporto del valutatore ESA-ECOTER, 2005).
Osservando lo stato di attuazione al 15 ottobre 2005 dei PSR italiani (tabella 4), si evince un livello
medio di attuazione pari al 90% a fronte di una variabilità regionale nella capacità di spesa che vede
agli estremi della scala dei valori la Regione Umbria, con il 110%, e la Regione Campania, con il 69%.
Tabella 4 - Quota FEOGA per i PSR 2000-2006 e stato di attuazione al 15 ottobre 2005 (valori in €)
Regioni
Quota FEOGA
Profilo di Berlino
Totale Speso
2000/2005
Spesa residua per il
2006
132.660.000
106.068.406
18.965.532
Abruzzo
183.200.000
163.770.127
27.000.000
Basilicata
118.670.000
117.501.798
25.224.764
Bolzano
223.810.000
232.129.297
28.413.219
Calabria
151.180.000
104.440.704
25.190.000
Campania
386.700.000
358.298.111
69.629.957
Emilia R.
99.740.000
84.316.046
17.503.132
Friuli V.G.
255.390.000
234.962.450
44.964.467
Lazio
87.080.000
85.594.019
11.178.484
Liguria
337.070.000
309.290.469
62.000.000
Lombardia
185.460.000
146.466.842
28.673.093
Marche
33.380.000
30.062.055
9.366.853
Molise
363.240.000
320.589.757
55.126.636
Piemonte
291.940.000
243.375.080
8.365.677
Puglia
302.770.000
285.225.822
54.291.955
Sardegna
420.100.000
361.276.985
47.512.500
Sicilia
328.930.000
286.624.811
49.603.187
Toscana
90.250.000
73.657.172
15.056.869
Trento
179.610.000
197.216.545
41.169.721
Umbria
43.770.000
35.766.906
8.889.594
V. d'Aosta
297.350.000
276.400.585
54.000.000
Veneto
4.512.300.000
4.053.033.986 702.125.641
Totale Italia
Fonte: MIPAF (www//politicheagricole.it, sezione “Sviluppo rurale”)
Diff. % tra
% di
Assegnato e
realizzazione
Speso
80%
89%
99%
100%
69%
93%
85%
92%
98%
92%
79%
90%
88%
83%
94%
86%
87%
82%
100%
82%
93%
90%
20%
11%
1%
0%
31%
7%
15%
8%
2%
8%
21%
10%
12%
17%
6%
14%
13%
18%
0%
18%
7%
10%
% di spesa
aggiuntiva
4%
10%
-
I risultati raggiunti evidenziano quanto siano stati utili la gestione nazionale del piano finanziario
unitamente al meccanismo dell’overbooking, ossia l’assunzione da parte delle Regioni di impegni
finanziari oltre il limite delle rispettive disponibilità finanziarie iniziali. Questi due meccanismi hanno
consentito di trasferire alle Regioni con più capacità di spesa risorse comunitarie (pari a 55,9 milioni di
€) che, in assenza di una gestione finanziaria centralizzata, sarebbero state automaticamente
disimpegnate e reincamerate nel bilancio comunitario (MIPAF, 2005a).
Uno dei risultati più positivi del ciclo di programmazione che sta per chiudersi è stato la
modernizzazione delle amministrazioni coinvolte nell’attuazione dei programmi. Hanno spinto in
questa direzione:
3 la necessità di adempiere alle regole definite a livello comunitario, quali la separazione tra le
attività di gestione, pagamento e controllo e l’impostazione dei sistemi di monitoraggio e valutazione
secondo metodologie comuni;
4 la riserva di premialità del QCS obiettivo 1;
5 il processo di subdelega ad enti locali e soggetti privati dell’espletamento di una o più fasi del
processo di programmazione, selezione e istruttoria, ecc.. Particolarmente interessante si è rivelato, a
questo proposito, il modello di collaborazione pubblico-privato che ha dato corpo, in Umbria, alla
figura del “responsabile del piano di impresa”;
6 l’impulso dato dai meccanismi finanziari del FEOGA Garanzia e Orientamento all’attivazione di
innovazioni procedurali finalizzate al miglioramento dell’efficienza finanziaria, in termini di velocità e
trasparenza della spesa, in maniera tale da accelerare le procedure e gli strumenti per la selezione dei
beneficiari, i controlli, le procedure di erogazione dei pagamenti.
Un altro risultato positivo è stata la crescita del contesto istituzionale in cui operano i programmi,
segnalata dalla capacità di cooperare tra i diversi attori coinvolti, sia all’interno di una filiera che di un
territorio.
D’altro canto l’attuale fase di programmazione ha evidenziato anche una serie di lacune (MIPAF,
2005b), che possiamo così riassumere:
1 forte concentrazione su poche tipologie di misure: premi (giovani e agroambiente), incentivi alle
imprese e strade rurali;
2 scarsa integrazione tra le diverse misure previste all’interno dei programmi, in quanto le modalità
attuative non hanno consentito che diverse misure operassero nella stessa direzione a livello del singolo
beneficiario, territorio o filiera. Va comunque evidenziato come in diversi contesti le Autorità regionali
abbiano sperimentato il ricorso a progetti integrati sul territorio o nelle filiere;
3 forte concentrazione di risorse a favore delle misure che prevedono incentivi alle aziende agricole e
alle imprese agroalimentari, a cui spesso non corrisponde una chiara definizione di strategie finalizzate
alla valorizzazione delle filiere regionali;
4 difficoltà a collegare, in particolare dal punto di vista operativo, l’insediamento dei giovani
agricoltori alla misura relativa agli investimenti aziendali;
5 limitatezza delle risorse destinate ad azioni di sistema, in grado di migliorare sia la dotazione dei
servizi alle imprese (ad eccezione della formazione, sono molto rari interventi finalizzati a migliorare la
capacità imprenditoriale nelle aziende), sia la dotazione infrastrutturale (con le misure di sviluppo
rurale si è intervenuti quasi esclusivamente sulla viabilità rurale).
In generale, sebbene sia un obiettivo esplicitato nella maggior parte dei programmi, si evidenzia la
difficoltà ad integrare/concentrare gli interventi in una logica di filiera, in particolare per la difficoltà di
collegare i diversi strumenti disponibili. Questo è vero non solo con riferimento alle misure che
prevedono l’erogazione di incentivi alle imprese, ma anche con riferimento agli altri strumenti
disponibili come i servizi, la formazione, le infrastrutture, la diversificazione aziendale, l’ingegneria
finanziaria, che spesso non vengono considerati come elementi centrali nel raggiungimento del più
generale obiettivo di competitività del settore agroalimentare.
La scarsa utilizzazione delle misure dell’art. 33 del Regolamento 1257/99, cui la programmazione
2000-2006 ha destinato in Umbria appena il 6%, con ciò discostandosi di poco dal 5,4% della media
dei PSR e dal 10,8% dei POR, e in particolare di quelle orientate a problemi e beneficiari diversi da
quelli agricoli, è indicativa anche della forte resistenza opposta dagli organismi di rappresentanza degli
agricoltori ad un possibile impiego delle risorse del PSR per uno sviluppo territoriale integrato in senso
intersettoriale.
L’eccessiva attenzione rivolta al problema dell’efficienza della spesa, piuttosto che alla sua efficacia e
alla qualità degli interventi realizzati, ha fatto privilegiare misure “di sussidio” di impronta distributiva.
Ciò è dipeso anche dal fatto che il PSR dell’Umbria è stato finanziato dal FEAOG-G, il quale comporta
regole annuali di impegno e pagamento. L’unificazione dei meccanismi finanziari connessa
all’istituzione del FEASR migliorerà, sotto questo profilo, la situazione nelle regioni fuori
dell’obiettivo 1, grazie alla regola generalizzata dell’N+2, che dà due anni di tempo, anziché uno, per
completare i pagamenti rispetto alla data di impegno.
L’Umbria è stata la Regione italiana più efficiente in termini di capacità di spesa: con il 110%, alla fine
del 2005 era al primo posto fra le regioni italiane, è stata in grado di spendere, grazie all’autorizzazione
all’overspending, 39,8 milioni di € in più dei limiti indicati dai piani finanziari 2000-2006.
Un altro inconveniente evidenziato dai PSR 2000-2006 è rappresentato dall’eccessiva rigidità imposta
dal riferimento obbligatorio ad un elenco di misure e di regole predefinite senza una reale applicazione
del principio della sussidiarietà: se da un lato ciò può essere stato utile per fornire regole di
comportamento comuni ed evitare discriminazioni fra imprese e territori, certamente costituisce anche
un freno per la progettualità e l’innovazione. Mi riferisco, ad esempio all’impossibilità di finanziare:
1 azioni di ricerca applicata e di sviluppo precompetitivo, cosa che ha privato i territori rurali della
possibilità di “fare sistema” con le istituzioni di ricerca per poter intraprendere cammini innovativi che,
specie per un settore come quello agricolo, necessitano di sperimentazione, studio e dimostrazione;
2 azioni di promozione e informazione dei consumatori in sinergia e ad integrazione con la politica
della qualità e di valorizzazione dei prodotti del territorio (aspetto, questo, cui il Reg. 1783/03 ha posto
rimedio);
interventi di sviluppo di filiere non alimentari, dal momento che l’Allegato del Trattato di Roma non
contempla alcuni prodotti non alimentari (vedi legno e biomassa per bioenergia) o comunque non
contempla le attività di prima trasformazione dei prodotti non alimentari fra quelli finanziabili
nell’ambito della PAC (vedi prima trasformazione delle piante ad usi non alimentari) .
3.4. La nuova fase di programmazione 2007-2013
Per la nuova fase di programmazione 2007-2013, i riferimenti normativi sono rappresentati dal Reg.
(CE) 1698/2005, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), dal Reg. (CE) 1290/2005 del 21 giugno 2005, relativo al
finanziamento della politica agricola comune, nonché dagli orientamenti strategici per la
programmazione, rappresentati dagli Orientamenti strategici comunitari e dal Piano strategico
nazionale.
Questa nuova fase recepisce gli orientamenti strategici dei Consigli europei di Lisbona del marzo 2000
(“fare dell’Unione Europea entro il 2010 lo spazio economico basato sulla conoscenza più competitivo
del mondo”) e di Göteborg (“protezione dell’ambiente e implementazione di un modello di sviluppo
più sostenibile”) nonché le principali indicazioni emerse dalla 2ª Conferenza europea di Salisburgo.
Le principali innovazioni della nuova politica di sviluppo rurale sono:
1 la semplificazione, resa possibile dalla creazione di un unico strumento di finanziamento e di
programmazione, il Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR), dove confluiranno le risorse
da destinare alla politica di sviluppo rurale e che fino a tutto il 2006 erano ripartite fra il FEAOG-G e il
FEAOG-O . Pertanto si assisterà ad una notevole semplificazione rispetto alla situazione attuale, che
contempla iniziative di sviluppo rurale distribuite in tre tipi di programmi nelle regioni Ob.1 (PSRFEAOG-G , LEADER-FEAOG-O, POR-FEAOG-O) e in due tipi nelle regioni ordinarie (PSRFEAOG-G e Programmi LEADER). Come conseguenza il sistema di programmazione diventerà unico,
nel senso che ogni regione avrà un PSR che, a seconda delle scelte operate dai singoli SM, potrà essere
elaborato a livello nazionale o regionale. Nel primo caso ci sarebbe il vantaggio di una minore perdita
di risorse finanziarie data la possibilità di attuare una compensazione fra regioni che non sarebbe
possibile se il PSR venisse elaborato a livello regionale. Inoltre gli aspetti finanziari saranno gestiti con
uniformità in base al principio unico del “disimpegno automatico” o dell’”N+2”. Quest’ultimo prevede
che la quota di risorse per la quale non sia stata presentata domanda di pagamento dopo due anni
dall’impegno venga automaticamente disimpegnata dalla Commissione, ritornando nel bilancio
comunitario.
2 un approccio strategico, che punti più decisamente sui settori di intervento prioritari per l’UE e lasci
agli SM e alle regioni maggiore flessibilità decisionale nella ulteriore declinazione della strategia
comunitaria a livello nazionale e regionale e nella definizione degli interventi di dettaglio. Tale
approccio, basato su una più chiara distinzione di ruoli fra la Commissione, gli Stati Membri e le
Regioni, intende evitare che i programmi perdano di vista la strategia e tendano ad essere una
collezione di molte misure, rigidamente definite nei dettagli, con scarsa coerenza reciproca. Il secondo
principio dell’approccio strategico è rappresentato da un sistema di programmazione che prevede la
formulazione e l’articolazione della strategia di intervento dal livello comunitario, attraverso
l’elaborazione di Orientamenti Comunitari (approvati dal Consiglio), a quello nazionale (attraverso il
Piano Strategico Nazionale - PSN) e, infine, a quello regionale (attraverso il programma di sviluppo
rurale -PSR). A quest’ultimo riguardo, ciascuno Stato Membro può scegliere il livello territoriale più
opportuno per la definizione del programma di sviluppo rurale (nazionale o regionale).
3 la concentrazione dell’azione su obiettivi/assi prioritari. Gli obiettivi e gli assi sono:
4 asse 1: competitività (quota minima di risorse CE 10%);
5 asse 2: miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale (quota minima di risorse CE 25%);
6 asse 3: diversificazione e qualità della vita (quota minima di risorse CE 10%).
Ai tre Assi ai quali si affianca un quarto asse, definito Leader (quota minima di risorse CE 5%), che
manterrà inalterate le caratteristiche dell’omonimo programma di iniziativa comunitaria in termini di
approccio, soggetti coinvolti, obiettivi e azioni.
•
il rafforzamento dell’impostazione di tipo ascendente (“bottom up"). Gli Stati membri, le
regioni e i gruppi d’azione locale avranno maggiore voce in capitolo per quanto riguarda
l’adeguamento dei programmi alle esigenze locali. Un’altra novità dei futuri PSR è il rafforzamento
della programmazione di tipo ascendente (bottom up), nel caso delle misure dell’asse 3. Per queste
ultime, riferite allo sviluppo rurale in generale, anche se rimarrà possibile l’applicazione orizzontale di
talune misure, “l’implementazione da preferirsi è attraverso strategie di sviluppo locale mirate agli enti
di livello sub regionale, concepite e realizzate in stretta collaborazione tra autorità nazionali, regionali e
locali oppure secondo un approccio tipo Leader, cioè dal basso verso l’alto (selezione dei migliori piani
di sviluppo locale presentati dai GAL rappresentativi di partenariati pubblico-privato).
•
il ritorno alla separazione operativa e gestionale dei fondi strutturali, con la conseguente
separazione della politica di sviluppo rurale dalla politica di coesione. Con la nuova fase di
programmazione tutti i fondi strutturali finanzieranno propri programmi e non interverranno più
contestualmente in un medesimo programma comunitario di interventi, secondo la prassi inaugurata dai
PIM e proseguita poinnelle regioni Obiettivo 1. Questa separazione operativa, già sperimentata nella
fase di programmazione 2000-2006 in tutte le regioni fuori Obiettivo 1, è divenuta definitiva con
l’approvazione da parte del Consiglio Europeo delle prospettive finanziarie per il 2007-2013, che ha
anche enucleato lo SR dalla voce di bilancio “Sviluppo sostenibile”, sottovoce “Coesione per la
crescita e l’occupazione”, includendolo nella nuova voce “Conservazione e gestione delle risorse
naturali”. Questa renderà particolarmente difficile la definizione di strategie integrate e territoriali,
soprattutto con riguardo a specifici settori, come servizi, infrastrutture e ricerca (Viganò L., 2006). Se
la gestione da parte della Comunità ne risulterà semplificata, aumenterà, di converso, il ruolo degli SM
nel coordinamento della politica di SR con le altre politiche di sviluppo socio-economico da attuare nel
medesimo territorio. La separazione non significa, però, che la politica di coesione non sia importante
per le aree rurali, né che la politica di sviluppo rurale non sia importante per quella di coesione,
concorrendo, la prima, ad assicurare l’accesso a servizi e alle infrastrutture di interesse economico
generale e il sostegno ad attività turistiche e ed economiche, la seconda, interventi di più piccola scala
volti a rafforzare il tessuto socio-economico delle aree rurali. L’UE, quindi, affida a ciascuno S.M. il
compito di individuare gli strumenti volti ad assicurare il coordinamento della politica di SR con le
altre politiche di sviluppo socio-economico .
Il tasso di cofinanziamento della Comunità sarà pari ad un massimo del 50% della spesa pubblica (75%
nelle regioni di convergenza) per le misure degli Assi 1 e 3, mentre arriverà al 55% della spesa
pubblica (80% nelle regioni di convergenza) per le misure dell’asse 2 e per il Leader.
Il 3% dell’intero plafond finanziario stanziato dall’UE nell’intero periodo (esclusa la modulazione) sarà
accantonato per essere assegnato, nel 2012 e nel 2013, a quegli Stati Membri che avranno ottenuto i
migliori risultati nell’asse LEADER.
Grazie alla creazione di un unico Fondo per finanziare la politica di sviluppo rurale dell’UE,
quest’ultima verrà notevolmente semplificata nelle modalità di attuazione.
Rispetto alla programmazione 2000-2006 e all’equilibrio finanziario indicato per i tre assi dal Piano
Strategico Nazionale (tabella 5), l’Umbria dovrà investire di più nell’Asse 3, il quale è stato quello
meno utilizzato nel periodo 2000-2006 con un’allocazione di appena il 6% del totale delle risorse
comunitarie, e meno nell’Asse 2. Dovranno perlomeno raddoppiare le risorse per l’approccio Leader.
Tabella 5 - Incidenza del contributo comunitario destinato ai 4 assi nella programmazione 2000-2006 in rapporto al
livello di equilibrio prescritto per il 2007-2013
PSR
Equilibrio finanziario
Descrizione
Livello minimo 2007-2013
Umbria 2000-2006
indicato dal PSN
Asse I: Competitività
39%
35-40%
10%
Asse II: Ambiente
55%
40-45%
25%
Asse III: Sviluppo rurale
6%
15-20% (*)
10%+5% (Leader)
allargato
(*) inclusi gli interventi del programma Leader
Fonte: ns elaborazione su MIPAF - Piano Strategico nazionale e ESA-ECOTER – Valutazione al dicembre 2005 del PSR
Umbria 2000-2006
3.5. Le misure dei nuovi PSR
Riconfermando l’impostazione del precedente periodo di programmazione, il Reg. 1698/2005 offre
una lista di misure possibili. Rispetto al passato le misure sono meno vincolanti nelle condizioni e
modalità, cosa che dovrebbe consentire di costruire programmi di sviluppo rurale più adatti alle
necessità (tabella 6).
Nell’ambito della politica di SR, il Reg. 1783/03 aveva già aggiunto nuovi capitoli al regolamento sullo
SR per accompagnare l’evoluzione della PAC, e, più in particolare, per aiutare i produttori agricoli a
raggiungere gli standard di legge (nel campo dell’ambiente, della sanità pubblica animale e vegetale,
del benessere animale e della sicurezza sul lavoro), a intraprendere la qualità certificata delle
produzioni e a darsi carico in misura maggiore del benessere animale.
Se si escludono le misure precedenti, quelle nuove sono cinque: “cooperazione per lo sviluppo di nuovi
prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello forestale”, tra i produttori
primari, industria di trasformazione e/o terze parti. Il sostegno contribuisce alla copertura dei costi
sostenuti per la cooperazione, cosa che non sembra escludere il finanziamento di azioni di ricerca e
sviluppo precompetitivo (art. 29); “pagamenti per interventi silvoambientali”, analoghi a quelli per
impegni volontari agroambientali (art. 47); “primo impianto di sistemi agroforestali su terreni agricoli”,
per la creazione di sistemi agroforestali che abbinano silvicoltura e agricoltura estensiva (art.44);
“formazione e informazione”, rivolta agli operatori economici impegnati nei settori che rientrano
nell'asse 3 (art. 58); “acquisizione di competenze e animazione” in vista dell'elaborazione e
dell'attuazione di strategie di sviluppo locale (art. 59).
Inoltre anche nelle misure che erano già presenti nel precedente periodo di programmazione, ci sono
novità importanti sul fronte dell’applicazione e dei contenuti (segnalati in neretto nella tabella 6).
Tabella 6 – Le misure dei nuovi PSR 2007-2013
CAPITALE UMANO
i
Azioni di formazione e informazione
ii
Insediamento giovani agricoltori (obbligo di PMA)
iii
Prepensionamento
iv
Utilizzo di servizi di consulenza (non solo per il rispetto degli
standard di legge)
v
Avviamento di servizi di assistenza alla gestione, di sostituzione e di
consulenza aziendale e forestale
CAPITALE FISICO E INNOVAZIONE
i
Ammodernamento delle aziende agricole (qualunque sia lo sbocco
di mercato)
ii
Accrescimento del valore economico delle foreste di privati o di
comuni
iii
Trasformazione/commercializzazione dei prodotti agricoli (senza
esclusione del commercio al dettaglio) (sostegno con aliquota max alle PMI
e dimezzato alle altre) e forestali (sostegno riservato solo alle micro imprese)
(*).
iv
Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e
tecnologie nei settori agricolo e alimentare e nel settore forestale
v
Infrastrutture agricole e forestali (accesso ai terreni agricoli e
forestali, ricomposizione fondiaria, approvvigionamento energetico, gestione
idrica)
vi
Ripristino del potenziale produttivo agricolo danneggiato da
calamità naturali e introduzione di adeguate misure di prevenzione
QUALITA’ DELLA PRODUZIONE AGROALIMENTARE (riforma
2003)
i
Supporto temporaneo e decrescente al raggiungimento degli
standard di legge (max 5 anni)
ii
Sostegno temporaneo agli agricoltori che partecipano ai sistemi
di qualità alimentare (max 5 anni)
iii
Sostegno alle AP per informazione e promozione riferite ai
prodotti che rientrano nei sistemi di qualità
MISURE TRANSITORIE (nSM)
i
Aiuti di semi-sussistenza
ii
Avvio di associazioni di produttori
Minimo 20%
Massimo 50% (75% regioni Ob. convergenza)
(*) In base alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, la categoria delle PMI (micro, piccole e medie imprese) è costituita da imprese che
occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR.
Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio
annuo non superiori a 2 milioni di EUR.
UTILIZZAZIONE SOSTENIBILE DEI TERRENI AGRICOLI
i
Indennità per agricoltori operanti in montagna,
ii
Indennità per agricoltori operanti in zone svantaggiate (da
individuare in base a nuovi criteri)
iii
Indennità per agricoltori operanti in zone agricole Natura 2000
iv
Pagamenti agroambientali agli agricoltori e soggetti diversi
(selezione dei beneficiari anche tramite bandi di gara che applicano
criteri di efficienza economica e ambientale)
v
Pagamenti agli agricoltori per il benessere animale
vi
Sostegno ad investimenti non produttivi
UTILIZZAZIONE SOSTENIBILE DEI TERRENI FORESTALI
i
Imboschimento di terreni agricoli
ii
Primo impianto di sistemi agroforestali (agricoltura estensiva
abbinata a silvicoltura)
iii
Imboschimento di superfici non agricole
iv
Indennità per i proprietari di foreste per compensare i costi e i
mancati guadagni per i vincoli Natura 2000
v
Pagamenti ambientali forestali (analoghi a quelli agroambientali)
vi
Ricostituzione del potenziale produttivo forestale e misure di
prevenzione
vii
Sostegno ad investimenti non produttivi
Minimo 20%
Massimo 55% (80% regioni Ob. convergenza)
DIVERSIFICAZIONE DELL’ECONOMIA RURALE
i
Diversificazione in attività non agricole (tutti i membri della
famiglia agricola)
ii
Supporto alla creazione e sviluppo di microimprese
iii
Incentivazione di attività turistiche (piccole infrastrutture di
servizio, alloggi con capacità di accoglienza ridotta, prodotti turistici)
QUALITA’ DELLA VITA
i
Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale (avvio e
infrastrutture)
ii
Rinnovamento e sviluppo dei villaggi, protezione e conservazione
del patrimonio rurale
iii
Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale
FORMAZIONE E INFORMAZIONE (rivolta agli operatori economici
impegnati nei settori dell’Asse 3)
ANIMAZIONE E ACQUISIZIONE DI COMPETENZE (in vista
dell’elaborazione e attuazione di strategie di sviluppo locale)
Minimo 20%
Massimo 50% (75% regioni Ob. convergenza)
Asse 4
LEADER
% spesa
Riserva
In aree territoriali selezionate con gli obiettivi dei 3 Assi
Minimo 5%
3% di tutti i fondi europei per lo SR (esclusa la modulazione)
Minimo 20%
Massimo 55% (80% regioni Ob. convergenza)
Per ciò che riguarda il ricambio generazionale, la propensione alle innovazioni dei giovani agricoltori
dovrebbe essere sostenuta sia da azioni di tutorato pluriennale, in maniera da accompagnare il giovane
nel suo cammino di crescita imprenditoriale con un’assistenza tecnica e gestionale, sia da iniziative
volte a rafforzare i canali commerciali. In definitiva all’insediamento dei giovani agricoltori
dovrebbero essere associate misure pertinenti, che agevolino la concreta realizzazione del business plan
che i nuovi imprenditori sono chiamati a realizzare.
Per ciò che riguarda l’aumento del reddito aziendale, è importante favorire la diversificazione aziendale
e la vendita diretta.
La misura di “diversificazione in attività non agricole” del Reg. 1698/05 (art.53) premierà il contributo
principale della famiglia nella conduzione delle attività extra-agricole, prevedendo come beneficiari gli
agricoltori oppure i coniugi e i loro figli. Bisogna anche segnalare come occorre puntare maggiormente
sul consolidamento delle imprese agrituristiche esistenti, piuttosto che sulla creazione di nuovi
agriturismi. Da questo punto di vista, la misura specifica destinata agli operatori beneficiari dell’asse III
(art. 58 del Reg. 1698/2005) rappresenta un’interessante occasione per rafforzare il settore.
Per quanto attiene alle misure intese a ristrutturare e sviluppare il capitale fisico, l’assenza di un
esplicito riferimento alla esclusione di investimenti per il commercio al dettaglio non esclude che
possano essere intrapresi interventi di questo tipo, che avrebbero un effetto positivo sulle aziende
agricole umbre soprattutto in sinergia con l’agriturismo. Inoltre l’assenza dell’esplicito divieto ad
eseguire investimenti nei settori produttivi eccedentari a livello comunitario rimuoverà, si spera, quei
vincoli che hanno finora impedito l’utilizzo della politica comunitaria a finalità strutturale per
ammodernare ed espandere l’olivicoltura regionale, che può contare su un prodotto molto apprezzato
sul mercato. Analogamente certe piccole attività collegate agli agriturismi, come allevamenti biologici
di polli, potranno essere intraprese.
In linea generale, in futuro si dovranno attivare investimenti volti a rafforzare l’offerta di servizi alle
aziende (ad esempio la vendita diretta di carne locale potrebbe essere sostenuta realizzando una
struttura per la preparazione e commercializzazione affiancata a quella di macellazione utilizzabile da
parte dei piccoli produttori). Inoltre, è da segnalare l’importanza del miglioramento delle dotazioni
infrastrutturali, che dovrebbe essere ricercato da un lato mediante un sistema maggiormente
partecipativo con gli enti locali e, dall’altro, mediante uno stretto raccordo con le iniziative realizzate
con il FESR.
Infine dovrà essere adeguatamente colta l’opportunità connessa alla nuova misura “cooperazione per
lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello
forestale”, che non sembra escludere la possibilità di finanziare, cosa impedita nel precedente periodo
di programmazione, azioni di ricerca e sviluppo precompetitivo. Ciò è molto importante per lo studio
di filiere innovative alternative a quella del tabacco, che subirà un inevitabile e forte
ridimensionamento a seguito delle modifiche subite dall’OCM.
Per ciò che attiene gli interventi agro-ambientali, i disciplinari dell’agricoltura integrata andrebbero
rivisti e finalizzati maggiormente alla commercializzazione, collegando l’adesione alla misura
all’esistenza di un marchio riconosciuto e commercializzato come tale ed evitando di generare
posizioni di rendita.
Per il consolidamento della produzione biologica, soprattutto in considerazione dell’alto numero di
adesioni registrate nei precedenti programmi agroambientali, potrebbe rappresentare un’opzione
rilevante la concessione degli incentivi per la conversione dell’intera azienda alla produzione biologica.
Tale possibilità potrebbe essere un suggerimento nella predisposizione dei sistemi di priorità introdotti
con il nuovo regolamento. L’auspicato miglioramento delle condizioni di mercato dei prodotti biologici
deve essere legato al miglioramento della conoscenza, della trasparenza e dell’identificazione degli
stessi (anche attraverso la promozione del logo europeo). Pertanto, si raccomanda una particolare
attenzione alla costituzione di circuiti commerciali brevi e di mercati locali che abbiano come oggetto
le differenti produzioni tipiche locali in modo da favorire l’adeguamento dell’offerta, sia in termini
qualitativi, sia per quanto riguarda la formazione dei prezzi.
Con riferimento alla forestazione, cui il il Reg. 1698/05 riserva un’attenzione particolare, si ritiene
necessario riattivare, in primo luogo, le attività di rimboschimento sia delle superfici agricole,
coerentemente con il processo iniziato con il Reg. 2080/1992, interrotto nel 2001, sia delle superfici
forestali, per consolidare la funzione ambientale e di tutela del territorio delle foreste. L’imboschimento
dei terreni agricoli può rappresentare un’interessante opportunità per molte aziende, come alternativa al
massiccio abbandono delle superfici di seminativi che c’è da attendersi dalla riforma della PAC. Oltre
ad assicurare uno sviluppo costante e duraturo nella produzione di legno di qualità, è importante trovare
connessioni con azioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti forestali. A quest’ultimo
proposito, il recente e forte interesse per la produzione di pellet da biomassa richiederà l’uso congiunto
di misure dell’Asse 1 (taglio e coppatura del legno), misure dell’Asse 2 (imboschimento e viabilità di
servizio) e dell’Asse 3 (produzione di pellet, di per sé non finanziabile fra le attività di trasformazione e
commercializzazionedei prodotti agroforestali). L’Umbria si presta, inoltre, all’associazione fra
arboricoltura forestale e lo svolgimento di attività agricole sulla stessa superficie: il caso emblematico è
quello della tartuficoltura o degli allevamenti estensivi sui boschi.
Con riferimento allo sviluppo rurale allargato, la nuova programmazione apre nuovi scenari per il
conseguimento della diversificazione economica delle aree rurali e per il miglioramento della qualità
della vita. Ci si riferisce in primo luogo alla possibilità di utilizzare il metodo LEADER all’interno del
futuro PSR, applicando una strategia più organica e un approccio bottom up e di carattere territoriale
per le misure di questo asse.
Parallelamente, la missione delle misure attinenti alla qualità della vita nelle aree rurali non dovrà
privilegiare tanto la riqualificazione dei beni immobili quanto piuttosto i servizi di base per l’economia
e la popolazione, con particolare riferimento alle attività culturali e sportive/ricreative. Una tale scelta
dovrebbe permettere di attenuare il gap di opportunità presenti sul territorio. La connessione di tali
investimenti con la misura di “sostegno alla creazione e sviluppo di microimprese”, non limitate alle
attività artigianali e turistiche, dovrebbe consentire un potenziamento dell’attrattività dei territori rurali
e un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. In ogni caso, si segnala l’opportunità di
procedere con un’effettiva “territorializzazione” degli interventi, intervenendo in maniera più selettiva
sul territorio.
Per quanto riguarda infine la governance, è importante individuare territori specifici (in particolare per
l’Asse 3 e per la valorizzazione di produzioni tipiche locali), focalizzare gli interventi su
comparti/filiere (in particolare per il rafforzamento qualitativo delle produzioni); rafforzare e trasferire
le competenze destinate a far crescere le capacità professionali e imprenditoriali; tutelare l’ambiente,
sia mediante un’agricoltura sostenibile maggiormente competitiva, sia mediante una gestione
territoriale che promuova un maggiore coinvolgimento degli enti locali; adottare nuove formule di
carattere procedurale che consentano di orientare e concentrare gli investimenti (utilizzo di “pacchetti
di misure”).
3.6. Le prospettive finanziarie 2007-2013 del bilancio comunitario
Il 15-16 dicembre 2005 il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo politico sulle prospettive
finanziarie 2007-2013 , dando concretezza al futuro assetto delle politiche dell’Unione allargata a 2527 Stati membri ed operando un profondo taglio alla dotazione proposta dalla Commissione (-15,9%).
Lo sviluppo finanziario complessivo degli stanziamenti d’impegno approvati dal Consiglio europeo è
di 862 miliardi di Euro nel periodo considerato, per un’incidenza pari all’1,05% in media annua sul PIL
UE (anziché l’1,26% richiesto dalla Commissione) (tabella 7 e figura 1).
Tabella 7 – Prospettive finanziarie 2007-2013 dell’UE approvate dal Consiglio Europeo (Meuro a prezzi
2004)
2007-2013
2006
STANZIAMENTI D’IMPEGNO
Totale
Media
%
Totale
1. Sviluppo sostenibile
1a. Competitività per la crescita e l'occupazione
1b. Coesione per la crescita e l'occupazione
2. Conservazione e gestione delle risorse
naturali
di cui: Agricoltura – misure di mercato e
pagamenti diretti
3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia
4. La UE come partner mondiale
379.739
72.120
307.619
54.248
10.303
43.946
44,0%
8,4%
35,7%
47.582
8.791
38.791
39,40%
7,30%
32,10%
371.244
53.035
43,0%
56.015
46,40%
293.105
10.270
50.010
41.872
1.467
7.144
34,0%
1,2%
5,8%
43.735
1.381
11.232
36,20%
1,10%
9,30%
5. Amministrazione
50.300
7.186
5,8%
3.436
2,80%
6. Compensazioni
800
114
0,1%
1.041
0,90%
Totale stanziamenti d’impegno
862.363
123.195 100,0%
120.688 100,00%
Totale stanziamenti di pagamento
819.380
117.054
114.740
Stanziamenti d'impegno in percentuale del PNL
1,05%
1,15%
Stanziamenti di pagamento in percentuale del
0,99%
1,09%
PNL
Margine disponibile
0,25%
0,15%
Tetto delle risorse proprie in percentuale del
1,24%
1,24%
PNL
Fonte: ns elaborazione su Documento 15915/05 CADREFIN 268 del 19/12/2005.
(a) Per informazione e per facilitare il confronto, le spese 2006 nel quadro delle prospettive finanziarie vigenti
sono state suddivise in funzione della nuova nomenclatura proposta.
FIG. 1 - Prospettive finanziarie 2007-2013 Bilancio Ue - Confronto quote
stanziamenti d'impegno - Media annua 2007-2013 e anno 2006
40,0%
36,2%
35,7%
34,0%
35,0%
32,1%
30,0%
24,3%
25,0%
22,0%
20,0%
15,0%
10,0%
8,4%
7,3%
5,0%
0,0%
Competit ività
Politica di coesione
PA C mercato
Media annua 2007-2013
2006
Altro
Gli stanziamenti per pagamenti ammontano complessivamente a 819,38 miliardi di euro, pari allo
0,99% in media annua sul PIL UE (anziché l’1,14% richiesto dalla Commissione). Essi lasciano un
“margine disponibile” medio pari allo 0,25% per lo sfruttamento massimo del tetto delle “risorse
proprie”, posto dagli attuali accordi all’1,24% del PIL UE.
Rispetto alle precedenti prospettive finanziarie 2000-2006 (Agenda 2000), cambia l’articolazione delle
linee di finanziamento, più orientata al raggiungimento degli obiettivi di crescita e occupazione posti
dalle strategie di Lisbona e Göteborg.
La nuova distribuzione finanziaria, infatti, riserva maggiore, ma ancora modesta attenzione per le
azioni per la “Competitività”, con una quota media annua di risorse pari all’8,4% degli stanziamenti
d’impegno totali, rispetto al 7,3% dell’ultimo anno (2006) di Agenda 2000. In quest’ambito sono
ricompresi gli interventi destinati a: competitività delle imprese nel mercato interno; ricerca e sviluppo;
reti transeuropee; qualità dell’istruzione e della formazione; cambiamenti sociali. Anche le azioni per la
“Coesione” (sviluppo rurale escluso) risultano più consistenti, con una quota media annua pari al
35,7% (rispetto al 32,1% del 2006).
La redistribuzione operata dalle prospettive 2007-2013 ridimensiona il peso delle spese per la PAC (dal
36% del 2007 al 32% del 2013), che vengono collocate nel capitolo di bilancio “Conservazione e
gestione delle risorse naturali”. La loro entità è stata lasciata invariata sul livello già fissato nel 2002,
nonostante la prevista adesione, a partire dal 2007, della Bulgaria e della Romania, che comporterà 8
miliardi di Euro di costi aggiuntivi.
Inoltre la politica di SR rientrerà, d’ora innanzi, nel capitolo di bilancio “Conservazione e gestione
delle risorse naturali” e non più in quello della Politica di coesione.
Le prospettive finanziarie approvate dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 non quantificano
il budget a disposizione dello SR. Quest’ultimo è stato deciso nell’accordo raggiunto il 4 aprile 2006
tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento Europeo: per l’intero periodo 2007-2013 esso
ammonterà a 69,75 miliardi di Euro, di cui 33,01 miliardi di Euro sono destinati ai nuovi SM e 36,74 ai
15 vecchi SM. I fondi disponibili per questi ultimi, senza considerare quelli che proverranno dalla
modulazione obbligatoria dei pagamenti diretti, rappresentano il 34% in meno rispetto alla dotazione
2000-2006. La dotazione finanziaria per i singoli SM, la cui decisione spetta alla Commissione, potrà
essere aumentata dai singoli SM, aumentando la modulazione obbligatoria dal 5% al 20%.
3.7. Conclusioni e proposte per i nuovi PSR
Dall’avvio della costruzione europea la politica strutturale agricola comunitaria è notevolmente
cambiata negli obiettivi e negli strumenti, evolvendo progressivamente da una politica di tipo settoriale,
quale era all’inizio, ad una territoriale, quale mira ad essere oggi la politica di sviluppo rurale.
La portata innovativa della politica di sviluppo rurale inaugurata dal Reg. 1257/99 è stata in realtà
molto meno rilevante di quanto la retorica politica tende ad assegnarle: infatti tutta l’edizione 20002006 dei piani di sviluppo rurale si è rivelata, di fatto, una rielaborazione di vecchie misure settoriali,
destinate più agli agricoltori che alla popolazione rurale. Non solo: in questo periodo di
programmazione, l’allocazione delle risorse, specie nelle regioni non obiettivo 1, è stata guidata da una
logica di efficienza della spesa che è andata a discapito del perseguimento di obiettivi strategici e, in
definitiva, di un reale impatto in termini di crescita dei territori rurali.
La vera innovazione ha riguardato le procedure piuttosto che i contenuti ed è consistita
nell’accorpamento in un unico programma del consistente numero di misure e linee di azione previste
dal Reg. 1257/99 e nella crescita della macchina burocratica regionale, che ha dovuto far marciare
contestualmente l’attuazione del programma con procedure attuative diversificate.
Si ritiene pertanto che la politica di sviluppo rurale non debba essere più concepita ed applicata come lo
è stata finora. Non è perciò fuor di luogo tornare a riflettere sul concetto di sviluppo e, nello specifico,
di sviluppo rurale.
Il concetto di sviluppo rurale si collega al nuovo ruolo attribuito all’agricoltura nei confronti
dell’ambiente e del territorio e della sicurezza e qualità alimentare. Sta emergendo, in sostanza, un
nuovo scenario di ruralità che si potrebbe denominare della ruralità post-industriale. Non è più quello di
un mondo rurale in cui il settore agricolo occupava un posto centrale in termini di addetti e che vedeva
i territori urbani e quelli rurali nettamente separati. Ma non è nemmeno il modello
dell’industrializzazione diffusa all’interno delle aree rurali, che ha sospinto verso una intensificazione
produttivistica le attività agricole. Il cambiamento è dovuto anche al progresso tecnologico, in quanto i
sistemi di mobilità e le tecnologie dell’informazione e comunicazione hanno ridotto la distanza e
l’isolamento delle aree rurali, mentre è cresciuta la disponibilità a risiedere all’esterno delle aree urbane
da parte di soggetti che svolgono funzioni in settori diversi dall’agricoltura.
Con riferimento ai PSR 2007-2013, non è ancora certo se l’’Italia presenterà un Programma Nazionale
unico, articolato in 21 sottoprogrammi o allegati regionali, in maniera da valorizzare l’esperienza della
fase 2000 – 2006 ed evitare la perdita di risorse, dato che le nuove regole del FEASR impediscono
compensazioni finanziarie tra programmi regionali. In caso contrario, i 21 PSR italiani avranno una
gestione finanziaria autonoma e le risorse non spese conformemente alla cosiddetta regola dell’”N+2”,
entro cioè il termine massimo di due anni dall’impegno, torneranno nel bilancio dell’UE.
Fra le novità di maggior rilievo della politica di sviluppo rurale nel prossimo periodo di
programmazione 2007-2013, ci sono:
1 l’unificazione in un solo Fondo, il FEASR;
2 la semplificazione degli strumenti di programmazione e delle regole finanziarie (secondo il
principio dell’”N+2”);
3 una maggiore attenzione per gli obiettivi strategici, in maniera da evitare che i futuri piani siano una
collezione di interventi poco finalizzati al perseguimento di obiettivi strategici;
4 minori elementi di dettaglio e minori vincoli nelle misure, cosa che dovrebbe favorire una
progettualità più libera e flessibile.
Perché i nuovi PSR possano rispondere alle sfide con cui l’agricoltura dovrà confrontarsi nei prossimi
anni è necessario effettuare scelte innovative anche impopolari e, nel contempo, assicurare la coerenza
delle politiche di coesione con quelle di sviluppo rurale.
Riguardo la primo punto, è utile far riferimento alle raccomandazioni del PSN .
Per favorire l’efficacia delle misure e assicurare una maggiore coerenza interna tra gli assi e le misure
del PSR, la Regione dovrà trovare soluzioni innovative che non siano limitate agli incentivi diretti e
che privilegino il ricorso a pacchetti integrati di misure e favorire una maggiore concentrazione
territoriale degli interventi.
A quest’ultimo proposito il PSN individua alcuni strumenti capaci di assicurare l’integrazione delle
diverse misure a livello di singola impresa, filiera o territorio (MIPAF, 2005b):
1 pacchetti integrati di misure per l’impresa (da declinare ulteriormente in “pacchetti di misure per la
qualità”, “pacchetti di misure per i giovani”, “pacchetti di misure per le donne”), per la filiera (progetti
presentati da una partnership formata dai soggetti partecipanti ad una medesima filiera) e per il
territorio (progetti presentati da una partnership formata dai soggetti interessati appartenenti al
medesimo territorio): l’efficacia delle misure sarebbe oltremodo potenziata se l’impresa o la filiera o il
territorio potessero ricorrere, attraverso una progetto unico, all’uso combinato di una serie di misure,
anche se previste in Assi differenti. Sarebbe perciò opportuno prevedere, in parallelo con procedure di
accesso alle singole misure, una modalità che ne favorisca l’adozione combinata da parte dell’impresa
o della filiera o del territorio utilizzando una domanda unica.
2 maggiore concentrazione territoriale: l’efficacia delle singole misure, nonché di gruppi di misure, è
maggiore quando queste vengono concentrate sotto il profilo territoriale. Ciò vale per tutte le misure,
ma in particolare per quelle che possono richiedere una applicazione in alcuni territori per poter
esplicare al meglio i propri effetti: le misure agroambientali, le misure forestali, le misure di sostegno
agli investimenti in filiere corte o localizzate, ecc. Il PSN raccomanda quindi alle regioni di esplicitare
priorità territoriali fornendo una griglia di classificazione del territorio rurale italiano in quattro grandi
categorie: aree rurali limitrofe ai centri urbani e alle grandi aree metropolitane; aree rurali a forte
valenza ambientale e paesaggistica; aree ad agricoltura specializzata e organizzate in sistemi e/o filiere
localizzate; aree rurali fortemente interessate da processi di perdita di competitività e/o di abbandono.
Per aiutare le imprese agricole a stare sul mercato occorre rivolgersi anche a nuove filiere. Ma per
creare nuove filiere occorrono fasi sperimentali, necessariamente collegate con il territorio, e un
collegamento stretto con il mondo della ricerca.
Vanno segnalate, infine, le seguenti problematiche:
1 assenza di pagamenti per il mantenimento del paesaggio;
2 assenza di aiuti per le associazioni di produttori dei vecchi SM, anche se da questi organismi ci si
attende molto nell’ambito del primo pilastro della PAC;
3 vetustà del concetto di filiera agroindustriale, che andrebbe allargato per ricomprendere anche le
produzioni non alimentari, che pure la Commissione incoraggia come direzione cui riorientare le
produzioni agricole.
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